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Minime. 55
- Subject: Minime. 55
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 10 Apr 2007 00:26:23 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 55 del 10 aprile 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Terroristi 2. La democrazia paritaria cuore di una riforma elettorale democratica 3. Andreina Emeri 4. Alexander Langer ricorda Andreina Emeri (1985) 5. Andreina Emeri: Perche' una biblioteca delle donne? 6. A Bologna il 9 giugno 7. Caterina Ricciardi: Margaret Atwood 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. TERRORISTI Terroristi di stato deplorano i crimini commessi da altri terroristi (oggi miliziani, ieri anch'essi regime, e quindi terroristi di stato anch'essi). Continuando a commetterne e a provocarne, in una spirale sempre piu' abissale e satanica. * Cessare di fare la guerra. Questo occorre. Cessare di praticare la tortura. Questo occorre. Cessare di uccidere. Questo occorre. Occorre il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti, una politica internazionale fondata sulla solidarieta' e sul riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani. * Solo la pace, il diritto e la misericordia possono sconfiggere il terrorismo. Occorre scegliere la nonviolenza: non vi e' altra politica che possa salvare l'umanita'. 2. RIFLESSIONE. LA DEMOCRAZIA PARITARIA CUORE DI UNA RIFORMA ELETTORALE DEMOCRATICA La proposta formulata dall'"Unione donne in Italia" (la storica Udi che tanti meriti ha nella vicenda democratica dell'Italia nonvecentesca) e da altre esperienze del movimento delle donne di una democrazia paritaria (ovvero di una pari presenza di donne e di uomini nelle istituzioni pubbliche elettive) ci sembra che debba essere il cuore della riforma elettorale di cui si discute in queste settimane. Ad essa anche questo foglio esprime un esplicito persuaso sostegno. Per ulteriori informazioni e utili materiali di documentazione e di riflessione cfr. i siti: www.50e50.it e www.usciamodalsilenzio.org 3. MEMORIA. ANDREINA EMERI [Dal sito della Fondazione Langer (www.alexanderlanger.org) riprendiamo la seguente breve biografia di Andreina Emeri basata su notizie fornite da Valentina Emeri] Andreina Ardizzone Emeri e' nata a Bolzano il primo febbraio 1936. Secondogenita dell'ingegnere Delfino Ardizzone, nato a Rosasco Lomellina (Vercelli) il 20 giugno1901 e di Elsa De Maria, ancora vivente, nata a Como il 29 dicembre 1902. Nel 1927 Delfino, subito dopo aver conseguito la laurea in ingegneria al Politecnico di Torino, si trasferisce a Bolzano per collaborare nella costruzione della centrale elettrica di Cardano. Negli anni successivi insegna all'Istituto tecnico industriale di Bolzano e diventa rappresentante per la "Loro-Parisini" (macchine da costruzione) e per la "Stigler-Otis" (ascensori). Elsa giunge a Bolzano insieme ai genitori Luigi De Maria, ufficiale dei carabinieri di origine napoletana, e Luisa Galeazzi Alpago Novello di origine cadorina. La sorella maggiore di Andreina, Marialuisa Ardizzone, sposata Pan, e' madre di due figli e felice nonna di sei nipoti. L'infanzia di Andreina e' serena e gioiosa. Cresce in una famiglia unita e di profonda osservanza cattolica, ove le figlie vengono educate all'impegno e alla serieta'. Duri sono gli anni di sfollamento a Collalbo del Renon, durante la seconda guerra mondiale, dal 1942 al 1945, anche se verranno poi ricordati dalle sorelle come anni di scoperta e avventura. Inizia a frequentare le elementari a Longomoso (Renon) in una pluriclasse con un'unica maestra. Le medie alle Marcelline di Bolzano e il liceo classico al Carducci. Viene ricordata dai suoi compagni di scuola come un'eccellente studentessa e rappresentante di classe. * Durante l'ultimo anno del liceo (1953-1954) conosce e inizia a frequentare Claudio Emeri. Questa amicizia non viene all'inizio accolta bene dai genitori di Andreina. Considerano eccessiva la differenza di eta': Claudio e' di tredici anni piu' vecchio. Evidenti le differenze religiose: Andreina e' cresciuta nell'osservanza della religione cattolica, mentre Claudio non e' praticante. Rilevanti le divergenze politiche: mentre il padre di Andreina e' rappresentante del Msi, Claudio era stato nel 1947-1948 segretario del Fronte democratico popolare (Pci e Psi), poi assessore e consigliere comunale socialista fino al 1984. Andreina e Claudio decidono di sposarsi e il matrimonio religioso viene celebrato il 22 dicembre 1955. Il 14 agosto 1957 nasce il primogenito Andrea: brillante studente del liceo scientifico, uno dei leader del movimento studentesco di Bolzano, laureatosi a Siena in lettere, attore, colto da morte prematura il 24 marzo1996 a Bergamo, all'eta' di 38 anni, mentre era in tournee con il teatro stabile di Bolzano, lasciando il figlio Martin di 16 mesi e la moglie Stefania Palassini. Andreina ha sempre unito ai suoi grandi interessi intellettuali e lavorativi un profondo desiderio di maternita'. Nonostante i grossi impegni familiari, completa gli studi universitari, si laurea in giusprudenza, da' l'esame di avvocato, continua a lavorare nello studio legale con il marito. L'11 ottobre 1960 nascono i gemelli Gian Claudio e Michele. Gian Claudio studia al liceo classico Carducci e si laurea in giurisprudenza a Firenze, dove esercita la professione di avvocato e vive con la moglie Claudia Artese e la figlia Ginevra. Michele studia al liceo classico Carducci, crea la Mem, azienda che si occupa di consulenza e soluzioni informatiche, vive a Bolzano con la moglie Roberta Francato e i figli Giulio e Giorgia. Il 16 ottobre 1963 nasce l'ultimogenita Valentina: frequenta tutto l'iter scolastico in lingua tedesca, si diploma all'Accademia d'arte drammatica "Silvio D'Amico" a Roma, lavora come attrice in lingua italiana, tedesca e inglese. * Andreina collabora per molti anni al Centro Casa fornendo assistenza gratuita agli inquilini. Per opera di un gruppo di donne fortemente motivate si forma a Bolzano nel 1971 il collettivo femminista Kollontaj e poco dopo, nel 1973, viene aperto il consultorio Aied del quale Andreina sara' presidente, fornendo anche consulenza legale a favore di donne in difficolta'. Entra a far parte del direttivo nazionale dell'Aied. Con il gruppo Kollontaj e con il consultorio promuove e partecipa alle numerose iniziative e manifestazioni volte ad ottenere una nuova legislazione in favore delle donne. Nel novembre 1983 entra in Consiglio provinciale e regionale per la "Lista alternativa dell'altro Sudtirolo". Il 30 luglio 1985, all'eta' di 49 anni, muore durante un viaggio in Norvegia. 4. MEMORIA. ALEXANDER LANGER RICORDA ANDREINA EMERI (1985) [Dal sito della Fondazione Langer (www.alexanderlanger.org) riprendiamo il seguente ricordo di Andreina Emeri scritto da Alexander Langer ed apparso col titolo "Cara Andreina ci mancherai" sul quotidiano "Alto Adige" del 4 agosto 1985. Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bolzano) nel 1946, e si e' tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi' generose di Langer rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992; dopo la sua scomparsa sono state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza mite di Alex Langer, La meridiana, Molfetta 2000; AA. VV., Una vita piu' semplice. Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia, Milano 2005. Si sta ancora procedendo alla raccolta di tutti gli scritti e gli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa). Si vedano comunque almeno i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di giugno 2005; l'opuscolo di presentazione de La Fondazione Alexander Langer - Stiftung, suppl. a "Una citta'", Forli' (per richieste: tel. 054321422; fax 054330421, e-mail: unacitta at unacitta.it, sito: www.unacitta.it), ed il nuovo fascicolo edito dalla Fondazione nel maggio 2000; una nuova edizione ancora e' del 2004 (per richieste: tel. e fax 00390471977691, e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org); la Casa per la nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (per informazioni: tel. 0458009803; fax 0458009212; e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org). Indirizzi utili: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Portici 49 Lauben, 39100 Bolzano-Bozen, tel. e fax 00390471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org] Andreina Emeri, consigliera regionale e provinciale della lista alternativa per l'altro Sudtirolo, morta cosi' improvvisamente ad appena 49 anni, durante un viaggio di vacanze in Norvegia il 30 luglio 1985, ci manchera' moltissimo. A volte si dice che nessuno e' insostituibile - la morte di Andreina ci ricorda drasticamente che e' vero il contrario: nessuno e' sostituibile. Cio' viene avvertito con particolare intensita' rispetto a coloro che non si esauriscono in una funzione, in un ruolo. Morto un re (o un papa, o un funzionario di partito) se ne fa un altro. Morta un'amica, una madre, una compagna di impegno e di lotte, non se ne puo' fare un'altra. Nessuno e' fungibile, tanto meno in una formazione politica di movimento, come l'altro Sudtirolo, che non e' un partito e non ha le sue belle strutture gerarchiche e burocratiche ed una ben ordinata routine che possa dare sicurezza. L'impegno e la capacita delle singole persone danno vita alla lista alternativa, ed una morte cosi' repentina lascia un vuoto specifico che nessuno potra' colmare. Ce ne rendiamo dolorosamente conto in questi giorni in cui piangiamo Siegfried Messner, il giovanissimo e carissimo Stefano Stocker, ed ora anche Andreina. Il suo modo di affrontare, alla fin del 1983, il primo mandato rappresentativo della suo vita, eletta nella lista interetnica "della colomba di pace", era molto concreto, senza enfasi alcuna, ricco di entusiasmo. Le e' capitato in sorte di arrivare a un momento nella vita in cui - per incarico dei suoi elettori - poteva, anzi doveva, gridare dai tetti (o, piu' modestamente, dalle tribune della rappresentanza politica) cio' che aveva pacatamente detto, proposto, criticato anche nei tanti anni prima, in tanti luoghi meno specificamente "politici". Lei continuava a dire - onestamente e con intelligenza - le stesse cose di prima, fondamentalmente, e ne imparava anche nuove, con curiosita' e partecipazione. La giustizia tra l'operaio licenziato o cassintegrato ed il padrone di una fabbrica, tra la cameriera defraudata delle sue ferie o della sua paga e l'albergatore, tra moglie indifesa e marito violento, tra ragazza incinta ed in pena e l'istituzione medica o clericale, tra inquilino sfrattato e speculazione immobiliare - aveva sempre cercato di affermarla, anche con le armi della sua professione legale e delle varie organizzazioni sociali in cui aveva militato e prestato la sua opera capace e generosa. Il suo amore per la natura e per l'ambiente, prima ancora di diventare ecologia politica ed impegno "verde" era fatto di gite in montagne e di rabbia per gli scempi paesaggistici perpetrati in nome del profitto o della faciloneria. La sua lotta contro la separazione etnica e contro ogni forma di razzismo nella societa' sudtirolese, ancor prima di diventare progetto politico, era una scelta di vita quotidiana che l'aveva portata a voler conoscere, incontrare ed apprezzare la cultura e la storia tirolese e tedesca, a privilegiare ambiti di vita associata in cui fosse naturale avere a che fare con persone di diverse madrelingue. Andreina e' parsa particolarmente "laica": non in quel modo a sua volta ostinato e clericale che fa del "laicismo" una bandiera, ma come scelta spontanea di tolleranza (mai indifferenza), pluralismo, curiosita' per i diversi da se', volonta' di intrecciare rapporti e cooperazione tra diversi, senza esclusivismi o ideologie totalizzanti, pretendendo sempre di verificare ogni affermazione ideale sul terreno dei comportamenti pratici, della quotidianita'. Anche le sue collocazioni culturali o politiche le ha vissute in maniera laica e coraggiosamente empirica: la cultura democratica ed antifascista di sinistra, il femminismo, i movimenti spontanei, i rapporti interetnici, l'arcipelago verde-ambientalista... Cosi' finiva per muoversi con agio e senza forzare tra la sua provenienza familiare (molto urbana, italiana e borghese) ed i nuovi amici del sindacato o del "Dachverband fuer Umweltschutz" negli incontri con "l'altro Tirolo" a Innsbruck o anche semplicemente gli amici studenti dei suoi figli. Certo, con tutta la sua sensibilita' e il suo senso di equilibrio, Andreina si e' spesso trovata a dover scegliere ed a fare anche delle rotture. Ma forse si puo' dire che non erano mai rotture respingenti. Nell'ambito della lista alternativa ad Andreina Emeri si deve una grande e costante opera di attiva integrazione, di valorizzazione delle persone magari poco in vista, di attenzione alle ragioni di ognuno. Ben presto dopo la sua elezione tutti cominciavano a rendersi conto che con Andreina non si era "coperta una casella" di un qualche tassello politico-funzionale ("la donna" o "la femminista", "l'italiana", o "l'ecologista", "l'impolitica"...), tanto per far tornare dei conti d'immagine. Il suo contributo, in tutte le sedi, e' stato rispettato ed apprezzato anche da avversari e distanti. Tutte queste cose, e tante altre, le avremmo volute dire ad Andreina in occasione di una bella festa per i suoi 50 anni, nel prossimo febbraio. Ora a noi, ed a tanti altri che stanno testimoniando affetto e stima in molti modi e con grande delicatezza, tocca parlarne al passato, come si fa per chi ci ha lasciato. E' proprio un grande dolore. 5. MEMORIA. ANDREINA EMERI: PERCHE' UNA BIBLIOTECA DELLE DONNE? [Dal sito della Fondazione Langer (www.alexanderlanger.org) riprendiamo il seguente manoscritto inedito di Andreina Emeri] Perche' una biblioteca delle donne? Perche' le donne hanno bisogno di vedersi di guardarsi, di riconoscersi, di identificarsi, di immaginarsi. Per duemila anni sono state oggetto letterario, forse l'oggetto preferito della letteratura, e delle belle arti in genere. Quante protagoniste di romanzi? Quante opere dedicate a una donna? Innumerabili, credo. La donna taceva, si lasciava guardare, si lasciava cantare, si faceva dipingere. Si riconosceva? Ci riconoscevamo in quelle donne? Alcuni momenti di questo essere oggetti sono divenuti mitici: la modella del pittore, la musa del poeta. L'uomo creava i modelli per le altre donne. Modelli-simbolo negativi/positivi, che in un modo o nell'altro erano i punti di riferimento delle donne. Altre scelte non c'erano. Tranne alcune scelte eroiche: si poteva scegliere di scrivere ma bisognava non scegliere la vita. E si', perche' le donne hanno un campo prescritto per creare, sono natura e devono aderire alla natura, sciogliersi in essa, essere il tramite della natura. Per creare hanno la maternita', quella e' la loro opera. E cosi' e' sempre stata altrettanto scandalosa la donna che rifiutava la maternita', come la donna che sceglieva un altro modo di creare. L'aborto punito come delitto, il linguaggio simbolico punito col ridicolo, l'isolamento, l'esclusione dalla vita. I conti non tornano piu' se la modella prende il pennello in mano, e la musa la penna. * Come ci siamo rassegnate a tutto cio' fino a poco fa? Non cerchero' di spiegarlo io ma ricordero' solo alcune che hanno cercato di farlo: Virginia Woolf in "Una stanza tutta per se'", Sylvia Plath nelle sue poesie. E queste due non l'hanno spiegato solo con le loro opere, la loro vita e la loro morte sono la rappresentazione dell'impossibilita' della scelta della creativita' per le donne. Qualcosa e' pero' successo: le donne si sono riconosciute, si sono autodefinite, come individui e come gruppo, come un insieme. E' stato un percorso politico, che ha visto nel separatismo e nella sua pratica lo scatto iniziale. Le donne si sono trovate da parte, ed hanno guardato il mondo; hanno avuto il coraggio di guadare anche l'uomo, e l'hanno trovato a volte anche ridicolo; e hanno guardato anche se stesse e hanno capito che potevano indagarsi, descriversi, immaginarsi, cercare un loro linguaggio e un loro modo. Hanno capito che se il silenzio e' stato il loro grido di protesta, per duemila anni, adesso possono scrivere, parlare, raccontarsi. Possono darsi credito, affidarsi, dopo essersi messe per tanto tempo nelle mani dell'uomo, alle altre donne, perche' le une danno voce alle altre. Ecco noi siamo qui per dare voce alle donne, a donne intere che dopo tanto silenzio vogliono dire una parola non scissa, non sezionata fra corpo, anima, intelletto, a donne che vogliono entrare nel mondo, col loro corpo di donne, la loro ragione di donne, e starvi a loro agio. 6. INCONTRI. A BOLOGNA IL 9 GIUGNO [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo la seguente lettera dei promotori dell'appello "La violenza contro le donne ci riguarda" (per contatti: e-mail: maschileplurale at libero.it, sito: www.maschileplurale.it)] Cari amici, sono passati alcuni mesi dall'incontro promosso a Roma dai firmatari dell'appello "La violenza contro le donne ci riguarda, prendiamo la parola come uomini". Da allora e' cresciuta su questi temi un'attenzione e una discussione che crediamo sia in parte anche frutto del nostro impegno. L'appello ha raggiunto oltre settecento adesioni di uomini a cui si sono aggiunti moltissimi messaggi di donne e associazioni in sostegno alla nostra iniziativa e di proposta di collaborazione. Nelle diverse citta' ci sono stati tantissimi incontri, riunioni, manifestazioni, spettacoli a cui molti di noi hanno partecipato e contribuito. Esiste insomma una grande disponibilita' di impegno e una grande voglia di confronto, di ricerca comune. Contro la violenza maschile sulle donne e' necessario andare oltre un approccio basato esclusivamente sulla repressione e sulla considerazione di questi fenomeni come frutto di una patologia o di un problema criminale. E' necessario riaprire luoghi in cui rimettere in discussione modelli culturali, forme maschili di relazione tra uomini e con le donne, mettere in discussione quello che fino a poco fa sembrava un immaginario condiviso. Dunque vi chiediamo di dare seguito alla vostra disponibilita' dimostrata con l'adesione all'appello. Innanzitutto inviandoci all'indirizzo maschileplurale at libero.it una nuova e-mail che indichi la vostra citta' e, se volete, i vostri recapiti per permetterci di contattarvi o di inviarvi notizie e comunicazioni di eventuali appuntamenti e incontri locali. Questi incontri potranno essere utili per allargare il confronto e la partecipazione a chi non ha potuto essere presente a Roma e a permettere un dialogo tra i gruppi di uomini impegnati su questi temi e singoli eventualmente interessati a conoscere la loro attivita'. Oltre questi incontri locali intendiamo poi promuovere un nuovo incontro nazionale in cui privilegiare una comunicazione e un confronto tra uomini che si terra' il sabato 9 giugno 2007 a Bologna a partire dalle ore 10 fino alle 18 presso la Provincia di Bologna, via Zamboni 13 (a cento metri dalle due torri). In questo incontro presenteremo un'associazione nazionale di uomini in via di costituzione e sara' l'occasione per consolidare una rete di uomini contro la violenza che ci permetta di promuovere iniziative nei diversi territori. Cercheremo inoltre di discutere su come e' possibile continuare questo impegno nel futuro. Crediamo infine sia possibile e utile costruire una riflessione e un'iniziativa pubblica sia su temi piu' "immediati" come la proposta di legge del governo contro la violenza alle donne, sia su nodi piu' generali, piu' profondi, meno "pubblici". Abbiamo anche aperto un sito internet per diffondere riflessioni, proposte, materiale per la discussione: lo trovate all'indirizzo www.maschileplurale.it: visitatelo e inviateci proposte e contributi. Ci interessa anche proseguire un confronto con le donne e con le loro associazioni e iniziative politiche: per questo vogliamo trovare nei prossimi mesi occasioni e luoghi, di cui vi informeremo. Nel frattempo il sito www.donnealtri.it e' uno spazio di confronto e informazione a cui stiamo contribuendo. Fateci avere vostre proposte, messaggi, disponibilita'. A presto, i promotori dell'appello "La violenza contro le donne ci riguarda" 7. PROFILI. CATERINA RICCIARDI: MARGARET ATWOOD [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 aprile 2007. Dalla medesima fonte riprendiamo anche la seguente breve scheda: "Margaret Atwood e' nata a Ottawa, Ontario, nel 1939. Suo padre era un entomologo che lavorava nelle foreste, e lei stessa passo' buona parte della sua giovinezza nei boschi del Quebec del nord. Solo all'eta' di sette anni si trasferi' a Toronto, poi fu nell'universita' locale che consumo' la sua formazione, completata con un master a Radcliffe, Massachusetts. Si e' definita una 'red tory', richiamandosi a una tradizione in cui il denaro non era la misura di tutte le cose. E, forte del suo femminismo, ha rivendicato alle sue protagoniste l'orgoglio di essere a volte peggiori degli uomini, gelose, passionali, cupe, magari anche vittime ambivalenti, dotate di quella profondita' che le rende protagoniste interessanti di romanzi dove 'deve succedere qualcosa', perche' solo cosi' si puo' pretendere di portare il lettore in fondo a un libro". Caterina Ricciardi e' saggista e docente di lingue e letterature angloamericane all'Universita' di Roma Tre; si e' occupata di modernismo americano (Gertrude Stein, Djuna Barnes, F. Scott Fitzgerald, Wallace Stevens, W. C. Williams, William Faulkner, Ezra Pound) e di postcolonialismo. Opere di Caterina Ricciardi: The Lost generation, Liguori, 1978; Poesia canadese del Novecento, Liguori, 1986; Eikones. Ezra Pound e il Rinascimento, Liguori, 1991; Northrop Frye o delle finzioni supreme, Edizioni Empiria, 1992; (a cura di, con Valerio M. De Angelis), Voci dagli Stati Uniti. Prosa, poesia, teatro del secondo Novecento, Universita' La Sapienza, 2004; (a cura di, con Sabrina Vellucci), Miti americani oggi, Diabasis, 2006. Margaret Atwood e' una delle voci piu' note della narrativa e della poesia canadese; nata a Ottawa nel 1939, laureata a Harvard, ha esordito a diciannove anni; scrittrice estremamente prolifica, ha pubblicato oltre venticinque libri tra romanzi, racconti, raccolte di poesia, libri per bambini e saggi; ha scritto, inoltre, sceneggiature per la radio e la televisione canadese; piu' volte candidata al Premio Nobel per la letteratura, vive a Toronto con il marito, il romanziere Graeme Gibbson, e la figlia Jesse; dal quotidiano "Il manifesto" del 4 aprile 2003 riprendiamo la seguente breve presentazione: "Scrittrice canadese di lingua inglese, e' l'autrice piu' interessante del suo paese, di cui ha restituito l'identita' culturale in molte delle sue quindici raccolte poetiche, alcune tradotte da Bulzoni con il titolo Poesie. Tra le altre, Il gioco del cerchio, Procedure per il sotterraneo, I diari di Susannah Moodie, Storie vere, Interlunare. Autrice di circa dieci romanzi, e cinque libri di racconti, quattro libri per bambini e quattro saggi ha fatto attraversare la sua fiction da uno sguardo orientato alla questione femminile, seminandovi spesso una feroce ironia. Con L'assassino cieco, tradotto da Ponte alle Grazie, ha vinto un Booker Prize che ne indicava lo stile 'lungimirante e drammatico'. Sorprendente e' la gamma emotiva in cui la Atwood si esprime, capace com'e' di indagare i meandri della umana psiche. Tra gli altri libri disponibili in italiano, Fantasie di stupro, La tartaruga; La donna che rubava i mariti, L'altra Grace, Le uova di Barbablu', Tornare a galla e Vera spazzatura, da Baldini e Castoldi; La donna da mangiare, per il Corbaccio; Lady Oracolo da Giunti; Il racconto dell'ancella, Occhio di gatto, La principessa Prunella, editi da Mondadori; Negoziando con le ombre, Ponte alle Grazie". Tra le opere di Margaret Atwood: La donna da mangiare, Longanesi, 1976, Corbaccio, 2002, Guanda, 2003; Le uova di Barbablu', La Tartaruga, 1995; Vera spazzatura e altri racconti, La Tartaruga - Baldini Castoldi Dalai, 1997; La donna che rubava i mariti, Baldini Castoldi Dalai, 1998; La principessa Prunella, Mondadori, 1998; Fantasie di stupro e altri racconti, La Tartaruga - Baldini Castoldi Dalai, 2000; Giochi di specchi - Tricks with mirrors, Longo, 2000; Tornare a galla, Baldini Castoldi Dalai, 2000; L'assassino cieco, Ponte alle Grazie, 2001, Tea, 2003; Negoziando con le ombre, Ponte alle Grazie, 2002; Occhio di gatto, Ponte alle Grazie, 2002, Tea, 2005; L'altra Grace, Baldini Castoldi Dalai, 2003; L'ultimo degli uomini, Ponte alle Grazie, 2003; Il rude Ramiro e altre storie, Mondadori, 2004; Il racconto dell'ancella, Ponte alle Grazie, 2004, Tea, 2007; Il canto di Penelope. Il mito del ritorno di Odisseo, Rizzoli, 2005; Microfiction, Ponte alle Grazie, 2006; Disordine morale, Ponte alle Grazie, 2007] Quando e' stato chiesto a Margaret Atwood di scrivere la storia della sua vita si e' detta: troppo tardi, prima sapevo tutto, ed ero piu' disposta a dirlo. Poi, pero', ci ha meditato su e l'ha fatto. Piu' che mettere insieme la sua vita, l'ha disarticolata in una raccolta di racconti, la quinta, titolata Disordine morale (Ponte alle Grazie, trad. Raffaella Belletti, pp. 227, euro 15) una sequenza di undici episodi nella vita di una donna, dagli anni '30 al presente. E' forse tempo di bilanci, avra' deciso, almeno provvisori. Del resto, sono ben quarantasei i titoli che si contano fino a oggi nella bibliografia di Atwood, il suo infatti e' una specie di talento prodigioso. Esordi' nel 1961, a ventidue anni, con un volumetto di poesie chiamato Double Persephone e gia' nella voce che assume tra quelle pagine si sente l'eco di un interesse per la duplicita' e la maschera, insieme al segno di quel maestro della critica mitografica che fu per lei, all'universita' di Toronto, Northrop Frye. Atwood nasce dunque come poetessa, e tale, al fondo, sarebbe restata anche nelle sue migliori prose; gia' alla fine di quell'importante decennio, del resto, si avventuro' nel primo romanzo, La donna da mangiare, una satira dell'emergente femminismo e del consumismo all'americana che ormai era dilagato anche in Canada. * Ambasciatrice di identita' Eccola dunque al confronto con il suo paese, la vasta e quasi invisibile colonia inglese, la piu' fedele e la piu' resistente alle lusinghe del gigante oltrefrontiera, quel Canada che con grande entusiasmo nel 1967 festeggia il centenario di una sua prima forma di autonomia politica: la costituzione in Dominio. C'e' fermento un po' in tutti i campi della vita nazionale, un desiderio di superare la soglia dell'emancipazione anche nelle espressioni artistiche. La carriera di Margaret Atwood puo' essere presa a modello delle trasformazioni del volto di questo paese nel corso di quarant'anni. Ma, al di la' di questo ruolo di ambasciatrice dell'identita', la scrittrice canadese va via via acquisendo una sua specifica individualita' di artista, magari altalenante, e non solo fra i codici della lirica e della narrativa. Cio' che la distingue e' una personalita' forte, tagliente, beffarda, arguta e sovversiva, frutto anche del vanto del suo lignaggio, che ama fare risalire a un puritano del Massachusetts, segnalatosi per aver partecipato alla caccia alle streghe del 1692. E' pero' soprattutto nella conoscenza profonda dei problemi geografici e ideologici che all'inizio intinge la sua penna, nella indagine del luogo in cui e' nata, un luogo che ha percorso bene, a piedi o in canoa, sin dall'infanzia con un padre entomologo. Il suo e' un caso piuttosto precoce di trasformazione che oggi si chiamerebbe postcoloniale, di un circoscritto localismo nel valore di un discorso transnazionale. * Sul profilo di una nazione La geografia, i boschi ancora non battuti, i laghi, i ghiacci, il clima impervio, l'eredita' indigena da un lato e la citta' in mutamento dall'altro, ecologismo e americanizzazione, sopravvivenza/survivance (del Canada) e imperialismo, femminile e maschile, sono gia' nel nodo scorsoio che deve attraversare l'anonima protagonista di Tornare a galla, il secondo romanzo, il piu' lirico e penetrante: quello che, con le sei raccolte poetiche gia' allora pubblicate e il coevo Survival, una guida tematica alla letteratura canadese, la rende celebre anche negli Stati Uniti. Tornare a galla e' la storia di un viaggio di ritorno e di una mistica esplorazione interiore compiuti da una donna alla ricerca del padre scomparso nella selva o nelle acque, sempre ingannevoli, di un'isola primitiva su un lago remoto del Quebec settentrionale. Quello che torna alla superficie, in questo romanzo, e' lo svelamento di un'identita' piu' consapevole e piu' precisa, anche nazionale. Un'immagine, finalmente, della specificita' del Canada, nel bene e nel male, della sua diversita' culturale nel continente nordamericano, dei suoi complessi e inibizioni, le oscure colpe verso le alterita' conquistate (francesi, nativi) del suo passato, tutto da scavare, delle prospettive a venire, ricche di potenzialita'. * Un vero dono della parola Questa fase della produzione di Margaret Atwood segna, insomma, il passaggio necessario alla formazione della fisionomia del paese cosi' come lo conosciamo oggi, una nazione che, spogliatasi, non senza traumi, dell'atavica "britannicita'", si fa multiculturale superando le frontiere dell'isolazionismo e dell'emancipazione. Il discorso nazionalistico e' storicamente parallelo alle conquiste del movimento femminista, eppure parlare di Margaret Atwood significa soprattutto parlare del Canada. Tuttavia, le qualita' di quella che allora prometteva di essere una singolare scrittrice non sono solo di natura ideologica. L'intensita' della sua attivita' creativa e' il risultato di un dono istintivo per la parola che Atwood ha rifinito con la sua grande curiosita' di lettrice e con lo studio di tecniche liriche e narrative, e di mitologie, archetipi, fiabe, fumettisti, canoni letterari, come quello ottocentesco dell'Inghilterra vittoriana, che assimila in un impasto tutto suo personale, eccentrico talvolta, multimediale, femminile senza essere mai univoco. Lo mostrano bene la capacita' che ha di giocare con il collage, la varieta' dei generi in cui si e' espressa e il loro mixaggio - fiaba, giallo, parodia, romanzo rosa, fantascienza, realismo domestico, mito -, il mascheramento di certi misfatti politici e ecologici, i temi che ha affrontato e che non si fermano solo al Canada e alla questione femminile, o al problema dell'artista. La sua voce poliedrica e' al contempo lirica e astuta, sempre da esperta prestigiatrice di trame e di versi che dimostrano la sua sapiente padronanza tecnica; intanto partecipa a iniziative piu' impegnate, da Amnesty International al sostegno per le madri dei desaparecidos. Cede talvolta, e' vero, a tentazioni di mercato. Non tutti i suoi romanzi sono pienamente riusciti. Ma e' pur vero che il consumismo e' da sempre parte dei temi affrontati. Talvolta sembra in qualche modo parodiare ironicamente se stessa: l'ombra dell'artista commerciale abita spesso le sue opere, e quasi ossessiva, patologica, e' l'insistenza sull'immagine della mano destra che non sa quel che fa la sinistra - il suo doppio, piu' malefico o piu' sventato. Basterebbe, per rendersene conto, leggere Lady Oracolo: il personaggio principale e' una artista che da bulimica diventa anoressica, indefessa confezionatrice di romanzi rosa in segreto e rinomata autrice di un solo libro di bellissime poesie, consumista e visionaria, comica e tragica nella sua indeterminatezza. Oppure, basterebbe pensare alla distopia del Racconto dell'ancella, presentata nella veste di fantapolitica buona per tutti i gusti e invece dotata di un solido e coraggioso messaggio. O, ancora, si potrebbe guardare all'Altra Grace, che inaugura la strada del romanzo storico, costruito con materiali alti e vernacolari a un tempo, mentre ruota intorno al mistero di un delitto - all'epoca famoso e mai risolto - commesso nell'Ontario dell'Ottocento, invaso dall'immigrazione dei poveri irlandesi della Grande Carestia. Qui l'accuratezza della ricerca che Margaret Atwood svolge sulle pratiche socio-culturali, incluse quelle mediche, e sullo stato della condizione femminile di quel tempo viene coniugata a una architettura narrativa complessa, colta, ma apparentemente di facile consumo. Altrettanto esemplificativa della sua abilita' nel maneggiare le diverse varianti della scrittura e' la trama del meno realizzato Assassino cieco, vincitore del Booker Prize, un romanzo che pecca di eccesso di ambizione epica, dove pero' si dispiega tutta l'abilita' dell'autrice nel mescolare fantascienza, realismo, giallo e una fetta di storia canadese del Novecento, sotto la guida di una sorta di "metodo mitico" alla T. S. Eliot. L'ultimo volume di poesie di Margaret Atwood, Morning in the Burned House, risale, purtroppo, al lontano 1995. Ma si puo' essere certi del fatto che non ha abbandonato la poesia, poiche' e' questa che ha scritto da sempre con la mano destra. * Undici opere in dieci anni Nel frattempo, e' stata a Oxford per le Clarendon Lecture Series, e da quel soggiorno e' venuto fuori Strange Things, un libro sul malevolo Nord canadese; ed e' andata poi a Cambridge per le Empson Lectures, derivando da questa esperienza Negoziando con le ombre. Uno scrittore sulla scrittura. Insomma, solo nell'ultimo decennio Margaret Atwood e' riuscita a darci ben undici opere, fra le quali tre romanzi, saggistica, libri per l'infanzia, un Canto di Penelope e, infine, due volumi di racconti, entrambi l'anno scorso. E, dunque, quando qualcuno di recente le ha chiesto di scrivere la sua autobiografia, ha pensato bene di restituircela "smontata": cosi', sulla soglia dei settant'anni ha messo insieme le undici storie di Disordine morale. Deve essere questa, percio', l'opera di cui parla nel primo pezzo di Microfiction (Ponte alle Grazie, trad. Raffaella Belletti, pp. 110, Euro 10). "Sto lavorando alla storia della mia vita", mentre pressata dalla fame di storie, pare scoprire ora le virtu' di forbici e "fiammiferi" ("matches", anche, e soprattutto qui: accoppiamenti/accostamenti/collage). Meglio le fotografie delle storie, ammette, le "persone la' dentro non hanno piu' scelte". Come quelle di Disordine morale, anche le trentacinque "microfiction" sono storie di invenzione e Atwood le ha scritte, o cucite insieme, contemporaneamente. Dov'e' allora la differenza fra le due raccolte? Nella lunghezza e nel diverso modo di costruzione delle storie assemblate? Nello smontaggio, sforbiciamento, completamento per le une e frantumazione per le altre? Nell'uso della prima persona per le storie piu' epigrammatiche e nel passaggio dalla prima alla terza persona in quelle del Disordine? E ancora: nella ferma fedelta' a una netta arte del racconto da un lato e nel mescolamento di forme e di genere - poesie, disegni, apologhi, bestiari, riflessioni sulla scrittura - nelle storie "minime"? Che sono raccontini attorno al fuoco, attinti un po' qui un po' la': dal mito, dai Vittoriani, dalla fiaba e dagli Indiani. No, si direbbe, quel che e' in questione non si limita all'elenco di queste differenze. * Visioni distopiche Diversamente dalle altre, le storie di Disordine morale imbastiscono il progresso di una donna dall'infanzia alla eta' avanzata. Si comincia con il presente, le "Brutte Notizie" del giornale del mattino: catastrofi, guerre, assassinii politici, governi instabili, foto che ti costringono a guardare, non solo a leggere; e poi, piu' vicino: incidenti stradali, e lupi in avvicinamento, minacce per gli ultimi cervi. Alcune delle notizie somigliano a vecchie visioni distopiche di Margaret Atwood, timori che nello scorrere dei nostri anni diventano realta', pagine di un quotidiano. Il sangue sparso fuori entra in casa, imbratta il pavimento, rovina la colazione. Lei in questo racconto e' "io", lui e' Tig, il compagno-marito, sul frigorifero una foto della figlia. Questo "io" e' il soggetto che s'inoltra a ritroso nella storia di una vita, indietro fino agli undici anni, quando le estati erano nei boschi del Quebec, e l'"io" gia' si mostrava vorace lettrice di storie e di manuali di sopravvivenza o di utopistico bon ton. Guardando i due volti di una domestica ben addestrata a servire a tavola di giorno o di sera, lei stessa riflette su chi vorrebbe diventare da grande: vuole trasformare o essere trasformata? Proprio su questo dilemma si arrovellano i dieci racconti che seguono, a un certo punto dei quali la narratrice, che nel frattempo e' diventata adulta e lavora in una casa editrice, assume il nome di Nell. * La maschera del personaggio Sembra ora di essere di fronte a una identita' precisa: di questa donna, via via che si entra nel cuore del Disordine morale, ci vengono raccontate tutte le piccole avventure, le disgrazie, le esperienze e i problemi di un'esistenza ordinaria. Soprattutto, questa donna legge. Continua a leggere, come da bambina, romanzi, poesie, gialli, fantascienza, ed e' cosi' contaminata da quelle letture che le capita spesso di assumere lei stessa la maschera del personaggio di cui legge. Ma non e' una artista, ne' una memorialista. E' una donna come noi, che non ci fa mai sapere cosa stia combinando, nel frattempo, la sua mano sinistra. Disordine morale, pero', Margaret Atwood l'ha scritto certamente con la destra, sembra una storia di vita vera: se e' cosi', e' anche il suo miglior ritratto. Il piu' domestico, il piu' abile. Sembra umile, dimesso, eppure, mentre lei, Atwood, qui guarda di sbieco il lettore, riesce, come sempre, a ghermirlo, per catturarlo infine, da esperta predatrice, nella sua perfetta tela di ragno. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 55 del 10 aprile 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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