Voci e volti della nonviolenza. 55



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 55 del 3 aprile 2007

In questo numero:
1. Aldo Capitini: Principi dell'addestramento alla nonviolenza
2. Aldo Capitini: Il manuale di Charles C. Walker sull'azione diretta
nonviolenta
3. Aldo Capitini: La carta ideologico-programmatica del Movimento
Nonviolento
4. Et coetera

1. ALDO CAPITINI: PRINCIPI DELL'ADDESTRAMENTO ALLA NONVIOLENZA
[Riproduciamo ancora una volta il testo del capitolo ottavo, Principi
dell'addestramento alla nonviolenza, del libro di Aldo Capitini, Le tecniche
della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano s. d. (ma 1967).
Successivamente il libro e' stato ristampato nel 1989 da Linea d'ombra
edizioni, Milano (con minimi tagli nella nota bibliografica). E' stato poi
integralmente incluso in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon,
Perugia 1992 (alle pp. 253-347)]

Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta
all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e'
necessaria questa parte sono queste:
a) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un
individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale;
b) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i
modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra;
c) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un
addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante;
d) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici; bisogna gia
sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso
improvvisamente con tutto il loro peso;
e) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora
una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in
minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia.
I maestri di nonviolenza si sono trovati davanti al problema
dell'addestramento, sia per riprodurre nel combattente nonviolento le
qualita' fondamentali del "soldato", sia per trarre dal principio della
nonviolenza cio' che essa ha di specifico. Si sa che le qualita' del
guerriero sono formate e addestrate fin dai tempi della preistoria e si
ritrovano perfino al livello della vita animale. Le qualita' del nonviolento
hanno avuto una formazione piu' incerta, meno consistente ed energica, per
la stessa ragione che la strategia della pace e' meno sviluppata della
strategia della guerra. Ma, prima che Gandhi occupasse il campo della
nonviolenza con il suo insegnamento, il piu' preciso e articolato che mai
fosse avvenuto, indubbiamente ci sono stati addestramenti alla nonviolenza,
contrapposti a quelli violenti; esempi di monaci buddisti, i primi
cristiani, i francescani, che hanno lasciato indicazioni preziose in questo
campo, che qui non e' possibile elencare. Ma basti pensare all'armonia della
posizione di Gesu' Cristo espressa in quella raccolta di passi che e' detta
"il discorso della montagna", dove e' il suscitamento di energia per
resistere, per incassare i colpi, ricordando il "servo di Dio" come era
stato espresso da Isaia (cap. LIII): "Maltrattato, tutto sopportava
umilmente"; l'enunciazione del rapporto con le cose, del valore della
prassi, ma anche l'elemento contemplativo, come un mondo migliore gia' dato
in vista all'immaginazione nelle beatitudini, messe giustamente in principio
perche' sono l'elemento piu' efficace nell'addestramento, anche piu' della
preghiera.
Gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio, il fondatore della Compagnia dei
Gesuiti, sono un testo famoso di addestramento spirituale, e il loro esame
puo' essere utile per vedere il carattere di quell'addestramento incentrato
sulla persona di Gesu' Cristo, sull'istituzione della Chiesa romana,
sull'obbedienza assoluta come se si fosse cadaveri: tali caratteri vanno
posti insieme con quelli dell'addestramento militare, che e' chiuso
nell'immedesimazione con un Capo o Sovrano, nella difesa di un'istituzione
che e' lo Stato, nell'obbedienza che e' rinuncia a scelte e ad iniziative;
"chiuso", perche' il metodo nonviolento non discende da un Capo, ma e'
aperto a immedesimarsi con tutte le persone, a cominciare dalle circostanti:
non fa differenza tra compagni e non compagni, perche' e' aperto anche agli
avversari che considera uniti nella comune realta' di tutti; ne' puo' fare
dell'obbedienza un principio di assoluto rilievo, perche' l'addestramento
nonviolento tende a formare abitudini di consenso e di cooperazione,
riducendo l'obbedienza a periodi non lunghi per i quali essa venga
concordata, per condurre un'azione particolare.
I piu' grandi valori spirituali escono da una concezione aperta, non chiusa;
essi sono per tutti, non per un numero chiuso di persone. Cosi e' per es. la
musica; essa parla come da un centro, ma il suo raggio e' infinito, oltre il
cerchio di coloro che in quel momento sono presenti: ci sono altri che
l'ascoltano per radio e altri, infinitamente, che potranno ascoltarla. Cosi'
e' l'azione nonviolenta: essa e' compiuta da un centro, che puo' essere di
una persona o di un gruppo di persone; ma essa e' presentata e offerta
affettuosamente al servizio di tutti: essa e' un contributo e un'aggiunta
alla vita di tutti. Questo animo e' fondamentale nell'addestramento alla
nonviolenza: sentirsi centro rende modesti e pazienti, toglie la febbre di
voler vedere subito i risultati, toglie la sfiducia che l'azione non
significhi nulla. Anche se non si vede tutto, l'azione nonviolenta e' come
un sasso che cade nell'acqua e causa onde che vanno lontano. Questo animo di
operare da un centro genera a poco a poco il sentimento della realta' di
tutti., dell'unita' che c'e' tra tutti gli esseri, un sentimento molto
importante per la nonviolenza, che e' incremento continuo del rapporto con
tutti.
*
Elementi storici, ideologici, psicologici dell'addestramento
Entriamo ora nell'esame dei vari elementi che compongono l'addestramento.  E
vediamo come primi due elementi storici, uno particolare ed uno generale:
a) nella situazione storica in cui si vive bisogna accertare cio' contro cui
si deve lottare nonviolentemente: un'oppressione, uno sfruttamento,
un'ingiustizia, un'invasione ecc.; questo accertamento e' uno stimolo per
raccogliere le energie e per indurre ad un attento esame della concreta
situazione;
b) l'elemento storico generale e' la persuasione del posto che oggi ha la
nonviolenza nella storia dell'umanita': se si tiene presente il quadro
generale attuale si vede che ai grandi Stati-Imperi politico-militari che si
stanno formando, bisogna contrapporre, come al tempo dei primi cristiani, un
agire assolutamente diverso, una valutazione dell'individuo, una fede che
congiunge persone diverse e lontane. Sentire che questo e' il momento per
l'apparizione e il collegamento del mondo nonviolento fa capire che oggi non
valgono piu' le vecchie ideologie che assolutizzavano la patria: oggi la
patria suprema e' la realta' di tutti, da cui viene il rifiuto di
divinizzare gli Stati e i loro Capi, di bruciare il granello d'incenso in
loro onore.
Anche gli elementi ideologici sono essenziali nell'addestramento:
a) lo studio delle teorie della nonviolenza, la lettura dei grandi episodi e
delle grandi campagne, l'escogitazione di casi in cui uno potrebbe trovarsi
per risolverli con la nonviolenza; l'informazione su cio' che e' stato
finora fatto con il metodo nonviolento e le frequenti discussioni con gruppi
nonviolenti e anche con estranei alla nonviolenza, per ricevere obbiezioni,
critiche, disprezzo o ridicolo;
b) il mutamento della considerazione abituale della vita come
amministrazione tranquilla del benessere: il sapere bene che in questa
societa' sbagliata i nonviolenti sono in un contrasto, che la loro vita
sara' scomoda, che e' normale per loro ricevere colpi, essere trattati male,
veder distrutti oggetti propri.
Da questi due elementi ideologici conseguono due tipi di esercizi:
1. il primo e' la meditazione (che puo' essere fatta dalla persona singola o
dal gruppo nonviolento in circolo silenzioso) di qualche evento culminante
delle passate affermazioni della nonviolenza.  Esempi: Gesu' Cristo al
momento dell'arresto, quando riaffermo' chiaramente la sua differenza dal
metodo della rivolta armata; la marcia del sale effettuata da Gandhi; la
visita di San Francesco al Sultano per superare le crociate sanguinose;
l'angoscia dell'aviatore di Hiroshima;
2. il secondo e' la scuola di nonviolenza istituita appositamente (come
hanno fatto i negri d'America) per abituarsi a ricevere odio, offese,
ingiurie, colpi (esempi: parolacce, percosse, oggetti lanciati; essere
arrestato, legato).
Vediamo ora alcuni elementi psicologici:
a) il nonviolento e' convinto che la cosa principale non e' vincere gli
altri, ma comportarsi secondo nonviolenza; nelle dispute il nonviolento non
vuota tutto il sacco delle critiche, delle accuse, degli argomenti a proprio
vantaggio, e lascia sempre qualche cosa di non detto, come un silenzioso
regalo all'avversario; naturalmente evita le ingiurie, quelle che si
imprimono per sempre come fuoco nell'animo dell'avversario, e che pare
aspettassero il momento adatto per esser dette. Il nonviolento pensa che
l'avversario e' un compagno di viaggio; e puo' avere fermezza e chiarezza,
senza amareggiarlo;
b) il nonviolento e' convinto che non e' la fretta a vincere, ma la tenacia,
l'ostinazione lunga, come la goccia che scava la pietra, come la cultura che
cresce a poco a poco, come il corallo (il paragone e' del Gregg) si forma
lentamente ed e' durissimo. La pressione nonviolenta e' lenta e
instancabile: e' difficile che se e' cosi, non riesca. Perde chi cede, chi
si stanca, chi ha paura;
c) il persuaso della nonviolenza, formandosi, viene collocando la
nonviolenza al contro delle passioni, degli altri affetti, dei sentimenti;
cioe' non e' necessario che egli faccia il vuoto nel mondo dei suoi
sentimenti, perche' il vuoto potrebbe inaridire la stessa nonviolenza; ma
egli stabilisce, con un lungo esercizio di scelte e di freni, la prospettiva
che mette al centro lo sviluppo della nonviolenza, e tutto il resto ai lati;
d) l'interno ordine psicologico puo' essere aiutato dalla persuasione che la
nonviolenza conta su una forza diversa da quella dei meccanismi naturali (la
scienza non dice di aver esaurito l'elenco delle forze che agiscono sulla
realta'): questa forza diversa puo' essere chiamata lo Spirito, puo' essere
personificata in Dio, e la preghiera e' uno dei modi per stabilire e
rafforzare il proprio ordine interno;
e) un altro elemento di forza interiore e' quello conseguito con decisione
come voti, rinunce, digiuni: sono eventi importanti che influiscono sulla
psiche, le danno il senso di una tensione elevata, la preparano a situazioni
di impegno.
Da questi elementi psicologici conseguono importanti modi di comportamento:
1. la costante gentilezza e pronta lealta' verso tutti; la gentilezza e'
un'espressione della vita nonviolenta, come una volta l'eremitismo era una
posizione della vita religiosa; gentilezza vuol dire anche tono generalmente
calmo e chiaro della voce;
2. la cura della pulizia personale, degli abiti, delle cose circostanti;
essa suscita rispetto verso se stessi e rispetto negli altri verso il
nonviolento, mentre e' facile destare violenza contro chi e' sporco, puzza,
non si lava ed e' trascurato nel vestito e nelle sue cose;
3. un buon umore e spesso lo humor (dice giustamente il Gregg che
corrisponde alla "umilta'" raccomandata un tempo). Insomma il nonviolento
lascia ridere gli altri su di se', e si associa spesso a loro;
4. l'attenzione a mantenersi in buona salute e capaci di resistere agli
sforzi, mediante la sobrieta', regole igieniche, cure, e' utile al
nonviolento per possedere una riserva di energia per affrontare prove
straordinarie.
*
Gli elementi sociali
Gli elementi sociali hanno importanza preminente nell'addestramento.
Vediamone alcuni:
a) Una prova di apertura sociale e' la nonmenzogna. E' noto quanta
importanza abbia la veracita' nei voti gandhiani, nei voti francescani.  San
Francesco una volta accetto' che fosse messo un pezzo di pelliccia
all'interno della tonaca dove questa urtava sulla sua piaga, purche' un
identico pezzo di pelliccia fosse messo all'esterno, nella parte
corrispondente. La nonmenzogna rende gli altri potenzialmente presenti alla
propria vita, stabilisce che cio' che uno pensa, e' potenzialmente di tutti.
b) Un addestramento di alta qualita' sociale e' l'unirsi con altri per
costituire assemblee periodiche per la discussione dei problemi locali e
generali, per esercitare il controllo dal basso su tutte le amministrazioni
pubbliche. I nonviolenti sono i primi animatori di questa attivita' aperta
che comprende tutti, e fa bene a tutti, e che si realizza con la regola del
dialogo di "ascoltare e parlare".
c) Un'attivita' particolare esercitano i nonviolenti per diffondere tra
tutti la lotta contro la guerra, la sua preparazione e la sua esecuzione.
d) I nonviolenti impiantano un'attivita' continua di aiuto sociale nel mondo
circostante, sia associandosi nei Pronti Soccorsi, sia realizzando
iniziative di visite ai carcerati, di aiuto agli ex-carcerati, di visitare
malati, di educazione e ricreazione dei fanciulli, di educazione degli
adulti, di cura dei vecchi, di aiuto alla salute pubblica, di amicizia con i
miseri. I nonviolenti fanno le loro campagne nonviolente, movendo da una
normale attivita' di servizio sociale precedente alla campagna e tornando ad
essa, appena finita la campagna con successo o no: e' anche un modo per
ritemprare le forze, per non incassare inerti una sconfitta.
e) Il Gregg ha molto insistito, anche in un saggio speciale, sull'importanza
del lavoro manuale nell'addestramento alla nonviolenza perche' crea un senso
di fratellanza nel fare qualche cosa con gli altri ben visibilmente, e
abitua alla disciplina, a sottomettersi pazientemente ad uno scopo.
f) Un altro elemento sociale e' il cantare insieme, fare balli popolari,
passeggiate ed esecuzioni e sport collettivi, mangiare insieme.
g) Qualcuno suggerisce anche di sostituire a quello che e' l'orgoglio dei
soldati per le glorie del loro "reggimento", l'affermazione di cio' che il
gruppo nonviolento ha fatto. Ma fondamentale e' far comprendere che le
azioni nonviolente sono per tutti, e, non soltanto per il centro che le
promuove.
h) Affiancata all'addestramento nella nonviolenza, e' la conoscenza di
leggi, per il caso dell'urto con la polizia o lo Stato, con arresti,
processi, prigionia.
L'addestramento e' necessario per dare una solida preparazione alle
situazioni. I nonviolenti debbono avere una serie di abitudini consolidate e
possedere una serie di previsioni di probabili conseguenze delle loro azioni
nonviolente. Il Gregg cita l'utilita' dell'imparare a nuotare come segno dei
passaggio al possesso di un'abitudine, della paura iniziale e dell'aiuto
venuto anche da altri nell'addestramento. Chi ha provato che cosa sia la
prigione per un notevole periodo, sa quanto sarebbe utile prepararsi a.
sdrammatizzare l'avvenimento nel proprio animo, visitando le prigioni,
aiutando gli ex-carcerati ecc. Anche la nonviolenza e' certamente
danneggiata dagli improvvisatori, da coloro che pretendono di creare tutto
sul momento; che sono quelli che si stancano prima. E la nonviolenza, se per
un quarto e' amorevolezza, e per un altro quarto e' conoscenza, per due
quarti e' coraggiosa pazienza.
E' stato detto giustamente che gli iniziatori del metodo scientifico non
potevano prevedere quali risultati esso avrebbe dato; e cosi' sara' del
metodo nonviolento.

2. ALDO CAPITINI: IL MANUALE DI CHARLES C. WALKER SULL'AZIONE DIRETTA
NONVIOLENTA
[Riproponiamo ancora una volta il testo del capitolo dodicesimo, Il Manuale
di Charles C. Walker (1961), del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della
nonviolenza, Libreria Feltrinelli, 1967 (poi ristampato da Linea d'ombra,
Milano 1989; e successivamente ripreso anche in Aldo Capitini, Scritti sulla
nonviolenza, Protagon, Perugia 1992). L'opuscolo di Walker, Manuale per
l'azione diretta nonviolenta, arricchito da ulteriori materiali, e' stato
successivamente pubblicato dalle Edizioni del Movimento Nonviolento nei
"Quaderni di azione nonviolenta", cui puo' essere richiesto; e' un materiale
di lavoro utilissimo (per richieste: tel. 0458009803, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it); il solo testo dell'opuscolo di Walker abbiamo
anche piu' volte riprodotto sul nostro quotidiano elettronico, da ultimo ne
"La domenica della nonviolenza" n. 89]

Nel 1961 e' uscito il Manuale dell'organizzatore dell'azione diretta
nonviolenta, redatto da Charles C. Walker, direttore del Laboratorio della
nonviolenza (Cheney, Pa, USA). Jean Frémont lo ha tradotto in francese.
L'opuscolo e' edito dalla War Resisters' International, 88 Park Avenue,
Enfield, Middlesex, Inghilterra. E' un ampio e organico lavoro, e il
confronto con il Piano De Ligt mostra quanto l'esperienza dell'azione
nonviolenta si sia accresciuta negli anni, specialmente per le grandi
campagne gandhiane e per quelle degli Stati Uniti d'America e di altrove.
Del resto, il manuale integra spesso i suoi suggerimenti con indicazioni
bibliografiche. Metteremo in luce la struttura del lavoro, e i punti piu'
rilevanti e utilizzabili.
Il Manuale e' diviso in quindici sezioni.
*
1. Preparazione
Bisogna scegliere e presentare chiaramente gli scopi da raggiungere, dando
rilievo ad una situazione ingiusta e cercando di ottenere l'appoggio del
pubblico. La volonta' di resistenza viene sviluppata diffondendo
continuamente notizie, commentandole e facendo appello all'azione immediata,
indicando alle vittime anche una situazione migliore. Inoltre: assicurarsi
il nome e l'indirizzo di persone che possono cooperare, e consultare gruppi
e associazioni che possono simpatizzare.
Gia' in questa prima sezione si trovano i suggerimenti sempre dati per le
azioni nonviolente: cercare le piu' larghe solidarieta', diffondere
apertamente notizie sulla situazione e sulle prospettive di mutamento. Se ne
deduce: prima di un'azione impiantare un bollettino apposito da diffondere
largamente.
*
2. Lancio di un programma costruttivo
Il programma deve colpire un male alla radice, venire in aiuto alle vittime,
stimolare gli atteggiamenti nonviolenti. Reagire, quindi, attivamente
all'apatia, con pieno altruismo e ispirando fiducia. L'azione puo' essere
preparata da un lavoro costruttivo come campi di lavoro, cooperative,
assistenza alle vittime di ingiustizie, lavoro caritatevole, lavoro in
comunita'. Utile anche un lavoro fisico dopo un'estrema tensione nervosa.
*
3. Apprendimento del metodo
Anzitutto una ricerca sui fatti, sulle forze sociali, politiche, economiche,
implicate nella situazione (come abbiamo gia' visto), sull'atteggiamento dei
vari gruppi.
Impostare la possibilita' di negoziati (uno stadio molto importante prima di
ogni azione nonviolenta).
Appello vastissimo all'opinione pubblica, con tutti i mezzi possibili.
Giorni di digiuno e (oppure) di preghiera, rinuncia a distinzioni onorifiche
date dagli autori dell'ingiustizia; dirsi disposti ad una concessione
importante, purche' non leda il principio.
Presentare un "ultimatum" che espone le lagnanze, i tentativi fatti per
rimediare, le concessioni proposte, e fissare una data limite. Informare
tutti gli implicati nella cosa.
Infine, dopo aver tutto tentato, intraprendere l'azione diretta, senza
rompere definitivamente la possibilita' di riprendere i negoziati.
L'azione diretta ha questi aspetti:
- Veglia in un luogo simbolico;
- Picchetti di militanti;
- Digiuno o sciopero della fame;
- Noncooperazione;
- Boicottaggio;
- Arresto del lavoro per un certo periodo;
- Sciopero;
- Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso);
- Intervento p. es. in un luogo proibito;
- Disobbedienza civile;
- Migrazione;
- Manifestazioni: riunioni, sfilate, proteste.
*
4. L'addestramento
Studiare la teoria e la messa in pratica della nonviolenza, le campagne
nonviolente; organizzare un laboratorio della nonviolenza, proiettare film,
fare riunioni e discussioni pubbliche e anche "scene drammatiche" di
realizzazione di iniziative nonviolente; meditare, cantare in coro,
raccontare fatti eroici, prendere pasti in comune, formare bene gli
individui per i compiti che saranno a loro affidati; distinguere tra
l'addestramento generale e quello per determinate azioni.
*
5. Il piano di campagna dell'azione diretta nonviolenta
L'organizzazione realizzatrice deve avere delle infrastrutture con un
comitato d'insieme e un comitato amministrativo, un direttore del progetto e
comitati speciali (per la pubblicita', per i mezzi di trasporto, per
stampare, per l'alloggio, il cibo ecc.), e deve fare un bilancio
preliminare.
Mettere a punto il piano di esecuzione (utilizzando anche un consiglio
giuridico).
*
6. La preparazione dell'azione
Scegliere un quartiere generale delle operazioni, esponendo materiale
pubblicitario, inaugurandolo con una conferenza stampa. Lettere e visite ai
funzionari interessati; avvisi ai giornali. Raccogliere fondi. Fare riunioni
pubbliche. Tener pronto materiale indispensabile: macchina da scrivere,
anche per fare molte copie, letti e sacchi per dormire, materiale per
affissioni, automobili ecc. (e vedere quali servizi di trasporto sono nella
zona). Stabilire un indirizzo postale. Sviluppare i mezzi di comunicazione:
telefono, altoparlanti, bollettini giornalieri. Preparare istruzioni
appropriate per i capi di gruppi, fare l'elenco dei partecipanti, preparare
manifesti e volantini (da apprestare molto per tempo).
*
7. Studio preliminare della situazione dal punto di vista legale
Conoscere le disposizioni legali del luogo e cercar di avere assistenza
legale.
*
8. Messa a punto di una disciplina collettiva
Il comitato d'azione deve concretare i termini di questa disciplina.
*
9. Sviluppo di una campagna di propaganda
Esporre con grande chiarezza. Fare un "memorandum" generale, e brevi
biografie dei capi e dei partecipanti importanti, frequenti comunicati alla
stampa e alla radio, registrare sul nastro magnetico importanti discorsi,
visitare (o scrivere a) persone influenti della stampa, raccogliere ritagli
di giornali.
*
10. La riunione dei partecipanti all'azione
Farne l'elenco; tenere una riunione degli aderenti, esponendo il piano
dell'azione e discutendolo; scegliere un presidente adatto per le riunioni
(alcune questioni possono esser trattate non dalle riunioni generali, ma dai
comitati).
*
11. L'avvio dell'azione
Scegliere il gruppo che comincera' l'azione; e formare anche il secondo
gruppo d'urto. Recarsi sul luogo (sfilare o star seduti, sempre a testa alta
e tranquillamente). Esser pronti a rispondere ai giornalisti, alle guardie.
Seguire le istruzioni dei capi e non lasciare il proprio posto senza averli
avvisati. Distribuire i fogli (non disturbare mai il passaggio dei pedoni),
e se piove, tenere i fogli in un sacco di materia plastica. Conservare, in
quanto possibile, un silenzio assoluto.
*
12. Fronteggiare le rappresaglie
L'avversario puo' provocare a condursi in modo agitato, a farsi prendere dal
disordine, a lanciare insulti, a fare recriminazioni di un capo verso
l'altro, a far sorgere defezioni nelle file dei nonviolenti, a reagire con
la violenza. Percio' bisogna restare calmi e affabili, stare al proprio
posto disciplinati. Se ci sono urti, il capo fa allontanare i feriti.
In caso di arresto, non opporre resistenza, e accettare i regolamenti della
prigione in cio' che non siano contro la propria coscienza.
Le rappresaglie possono essere molto gravi (colpi, tortura, presa di
ostaggi, linciaggio, cacciata dal posto, proibizioni di assemblee ecc.), e
in tale caso insistere presso i responsabili della societa' perche' agiscano
e reprimano la violenza, chiedere un'inchiesta, aiutare le vittime (le
sofferenze redentrici possono liberare dal veleno della violenza
accumulatosi da tanto tempo).
*
13. Mantenere la vitalita' del movimento
Valersi di nuovi simboli (azioni eroiche, gli eroi di esse, le vittime delle
rappresaglie, gl'imprigionati, anniversari, saluti, vesti, insegne, ecc.).
Sforzi costanti di persuasione anche presso gli avversari, tenere al
corrente gli aderenti.
Incoraggiare e organizzare azioni di sostegno (dichiarazioni di personalita'
eminenti, di gruppi di simpatizzanti ecc.).
Trattare i dissidenti in modo paziente e leale; educare e allenare gli
aderenti, formare nuovi capi, incoraggiare il lavoro teorico e pratico; far
agire il maggior numero di volontari che sia possibile.
*
14. I capi
Sono dei primi tra eguali, sono dei coordinatori, abituati a lavorare in
gruppo.
*
15. Quando la lotta si fa lunga
Secondo Gandhi una campagna nonviolenta provoca cinque reazioni:
l'indifferenza, il ridicolo, l'insulto, la repressione, il rispetto. Per
arrivare al quinto punto talvolta ci vuole molto tempo.
Non si deve tendere alla "sconfitta" dell'avversario, ma ad una
trasformazione dei rapporti tra le parti interessate (una vittoria della
giustizia e dell'onesta' umana).

3. ALDO CAPITINI: LA CARTA IDEOLOGICO-PROGRAMMATICA DEL MOVIMENTO
NONVIOLENTO
[Riproponiamo ancora una volta la "Carta" del Movimento Nonviolento fondato
da Aldo Capitini]

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

4. ET COETERA

Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la
nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande
pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che
contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale -
ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca -
bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato
il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una
raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea
d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo,
Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996;
segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri,
Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a
cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della
nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione
nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org)
sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di
Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di
un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90
e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui
apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un
volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione
ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo
Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il
messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno:
Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di),
Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988;
Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini.
Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi
Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova
Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per
una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini,
Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume
monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante,
La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del
Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta
2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini,
Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un
profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze
2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze
2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi,
Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una
bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito
citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito
dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it,
altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un
altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a
Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni:
l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803,
fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche
redazione@nonviolenti:org, sito: www.nonviolenti.org
*
Un modo per sostenere chi prosegue il lavoro di Aldo Capitini e' quello di
devolvere il 5 per mille della dichiarazione dei redditi al Movimento
Nonviolento; di seguito riproponiamo l'appello del Movimento Nonviolento
gia' pubblicato giorni fa sul nostro foglio: "Con la dichiarazione dei
redditi si ha la possibilita' di devolvere il 5 per mille dell'irpef a
favore del Movimento Nonviolento. Non si tratta di pagare tasse in piu', ma
solo di utilizzare diversamente soldi che comunque dovranno essere versati
allo Stato. Il o la contribuente puo' destinare la quota del 5 per mille
della sua imposta sul reddito delle persone fisiche, relativa al periodo di
imposta 2006, apponendo la firma nell'apposito spazio destinato a "sostegno
delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il
codice fiscale della nostra associazione di promozione sociale.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento e': 93100500235. Coloro che si
fanno compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf,
o da qualsiasi altro ente preposto (sindacato, patronato, Cud, ecc.) devono
dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento
Nonviolento, e fornire il codice fiscale della nostra associazione, poi il
modulo va consegnato in banca o in posta. Sono moltissime le associazioni
cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti
qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza,
mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante
per sostenere attivita', campagne ed iniziative nonviolente che si basano
esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi
raccolti verranno utilizzati a sostegno del Movimento Nonviolento con
particolare riferimento alle iniziative culturali e formative, di
approfondimento  della cultura e dell'informazione nonviolenta, e di
diffusione della rivista 'Azione nonviolenta'. Vi proponiamo di sostenere il
Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la
crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie dal Movimento
Nonviolento". Per ulteriori informazioni e contatti: sede nazionale, via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org o anche azionenonviolenta at sis.it, sito:
www.nonviolenti.org

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 55 del 3 aprile 2007

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