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Minime. 47
- Subject: Minime. 47
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 2 Apr 2007 00:14:19 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 47 del 2 aprile 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Katherine Spillar intervista Sima Samar 2. Mao Valpiana: Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 3. Marco Dotti intervista Amos Oz 4. Enzo Bianchi presenta "Sono ebreo, anche" di Arturo Schwarz 5. Augusto Cavadi presenta "La pace incomincia da me" di Fulvia Masi e Mosa Masi Tanksley 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. AFGHANISTAN. KATHERINE SPILLAR INTERVISTA SIMA SAMAR [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista del 28 marzo 2007. Katherine Spillar, intellettuale e attivista femminista, e' coordinatrice nazionale della Feminist Majority Foundation e direttrice di "Ms. Magazine". Sima Samar, storica attivista afgana per i diritti delle donne e i diritti umani, dottoressa, fondatrice della ong sanitaria afghana "Shuhada", ha lungamente prestato assistenza sanitaria nei campi profughi in Afghanistan e Pakistan, guida attualmente la Commissione indipendente afgana per i diritti umani] - Katherine Spillar: La dottoressa Sima Samar e' un'eroina per le donne afgane: la sua intera vita e' stata dedicata alla lotta per i diritti delle donne e i diritti umani, ed il suo impegno continua a disturbare i fondamentalisti. Oggi Sima Samar guida la Commissione indipendente afgana per i diritti umani. Sima, l'amministrazione Bush continua a dichiarare che l'Afghanistan e' un successo e che la democrazia e i diritti hanno rimpiazzato il terrore. Com'e' davvero la situazione? - Sima Samar: Abbiamo una lunga strada davanti, sebbene non voglia negare che ci sono stati alcuni passi positivi, come la Costituzione che abbiamo adottato, la quale prevede eguali diritti per le donne e garantisce la loro rappresentanza in Parlamento. Sono state tenute le prime elezioni presidenziali e parlamentari dopo tre decenni, con una discreta partecipazione delle donne, che hanno avuto il 25% dei seggi. Tuttavia, le elezioni hanno avuto le loro pecche. In alcuni distretti sono state rarissime le elettrici, ed hanno ottenuto seggi al Parlamento numerosi violatori dei diritti umani e signori della guerra, nonostante i requisiti costituzionali e regolamentari li squalificassero come soggetti eleggibili. Ma i risultati che abbiamo ottenuto stanno franando. Negli ultimi tre anni c'e' stato un aumento grave della violenza e degli attacchi terroristici. Le persone che si fanno esplodere bombe addosso non erano assolutamente un fenomeno afgano, ma ora stanno uccidendo innocenti in tutto il paese, anche nelle strade di Kabul. Le tattiche di intimidazione e di aperta violenza impediscono la partecipazione sociale, economica e politica di molti afgani, ed in particolare delle donne. * - Katherine Spillar: C'erano ottimismo e speranza all'inizio. Cos'e' andato storto? - Sima Samar: La gente vede pochissimi cambiamenti nella vita di ogni giorno. Manca loro il cibo, la casa ed il lavoro. Questa situazione e' rimasta praticamente immutata dal 2001. Il sistema giudiziario, poi, si e' riempito di magistrati corrotti o non qualificati. Le persone non riescono a vedere il primato della legge, e non credono vi sia giustizia. I problemi collegati ai diritti umani in Afghanistan restano enormi: arresti arbitrari, torture, condizioni di detenzione disumane che si protraggono in assenza dei processi. Non abbastanza soldati e poliziotti afgani hanno ricevuto istruzione ed addestramento, e le loro paghe sono assai basse, cosi' possono essere comprati facilmente. Nel frattempo, comandanti di eserciti privati governano larghe aree del paese, anche se le milizie sono state messe fuorilegge. L'esercito Usa aveva stipulato accordi con molte di queste milizie, permettendo loro di restare intatte. I comandanti degli eserciti privati proteggono gli spacciatori di droga ed estorcono prebende e "tasse" illegali dalle persone comuni. I rapimenti e gli omicidi sono all'ordine del giorno. * - Katherine Spillar: Percio', la decisione degli Usa di prendere accordi con questi signori della guerra regionali ha contribuito alla violenza ed alla mancanza di stabilita'? - Sima Samar: Si'. Costoro hanno usato le connessioni con gli americani per commettere violazioni ai diritti umani. Poiche' erano considerati "alleati" non c'era controllo neí valutazione dei loro atti e del loro comportamento. * - Katherine Spillar: C'e' progresso per l'ottenimento dei diritti per le donne e le bambine? - Sima Samar: Anche se le cose sono differenti, oggi, per le donne rispetto al regime talebano, le violazioni dei loro diritti umani sono ancora assai diffuse, fra cui i matrimoni imposti, i matrimoni di bambine, le restrizioni sulla capacita' di movimento, le discriminazioni sul lavoro ed il rapimento e il traffico di bambine. La violenza domestica e' molto comune in Afghanistan. Le donne afgane hanno scarso accesso alla protezione della legge: anche se una donna riesce ad arrivare alla polizia o in tribunale essa viene trattata da criminale, non da vittima di un crimine. Le donne che fuggono da familiari che abusano di loro finiscono in prigione, o vengono uccise da altri familiari. Costoro non vengono giudicati per gli omicidi, perche' si tratta di "delitti d'onore". E' per sfuggire a queste situazioni che le donne afgane tentando di uccidersi, soprattutto dandosi fuoco. Anche se le donne hanno conseguito vittorie nelle elezioni parlamentari, al momento presente nessuna donna e' fra i consiglieri del Presidente e ve ne e' una sola al governo (prima delle elezioni erano tre). Se le donne non hanno parte nel processo decisionali, le decisioni verranno prese da uomini che non hanno alcuna comprensione dei problemi delle donne e che non li solleveranno mai. * - Katherine Spillar: Cosa possono fare i gruppi femministi? - Sima Samar: Se non vi fosse stata la formidabile pressione dei gruppi per i diritti delle donne in tutto il mondo, sia quando eravamo esposte agli abusi dei talebani, sia quando stavamo sviluppando il Trattato di Bonn per il governo di transizione afgano, sia quando stavamo discutendo la nuova Costituzione, le donne sarebbero state completamente messe da parte. Abbiamo bisogno di solidarieta' per liberare le donne, ovunque nel mondo. Le donne devono sostenersi con forza l'un l'altra. 2. PROPOSTE. MAO VALPIANA: IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it o anche mao at nonviolenti.org, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento e' cosa buona e giusta. Quel denaro non sara' sprecato e non rimarra' inutilizzato, ma sara' gestito nel migliore dei modi per sostenere la nonviolenza organizzata, per diffondere piu' e meglio la rivista di Aldo Capitini, per moltiplicare le manifestazioni del movimento, per far sentire piu' forte la voce degli amici della nonviolenza, per mantenere l'autonomia e l'indipendenza delle Case per la nonviolenza, centri propulsori di tante iniziative per la pace. Questo riguarda "la sostanza". Ma c'e' anche un altro motivo, "di metodo". Il Movimento Nonviolento, seguendo gli insegnamenti di Gandhi, e proseguendo la prassi avviata in Italia da Capitini e da Pietro Pinna, ha una gestione attenta e trasparente del denaro: nessuno spreco, nessuna spesa inutile, attenzione anche ai dettagli e alle piccole cose, risparmio, riciclo, per quel rispetto che si deve anche alle "cose". Troppo spesso, invece, dobbiamo lamentarci del cattivo esempio che viene dallo stato, con sperpero di denaro pubblico, soldi buttati in opere faraoniche, il piu' delle volte inutili, quando non dannose. Per non parlare del denaro pubblico utilizzato per finanziare strumenti e missioni belliche. Quel 5 per mille dato al Movimento Nonviolento e' denaro sicuramente ben investito per la nonviolenza, e quindi sottratto alla guerra. E' facile: basta firmare e scrivere 93100500235. 3. RIFLESSIONE. MARCO DOTTI INTERVISTA AMOS OZ [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 marzo 2007. Marco Dotti e' saggista e redattore di Stampa Alternativa. Amos Oz, scrittore israeliano, nato a Gerusalemme nel 1939, militante pacifista. Opere di Amos Oz: Conoscere una donna, Guanda, Parma 1992; In terra d'Israele, Marietti, 1992; Fima, Bompiani, Milano 1997; Michael mio, Bompiani, Milano 1997; Soumchi, Mondadori, Milano 1997; Pantera in cantina, Bompiani, Milano 1999; Lo stesso mare, Feltrinelli, Milano 1999; Conoscere una donna, Feltrinelli, Milano 2000; Michael mio, Feltrinelli, Milano 2001; La scatola nera, Feltrinelli, Milano 2002; Una storia di amore e di tenebra, Feltrinelli, Milano 2003; Contro il fanatismo, Feltrinelli, Milano 2004; Non dire notte, Feltrinelli, Milano 2007; cfr. anche il libro-intervista a cura di Matteo Bellinelli, Amoz Oz, Il senso della pace, Casagrande, Bellinzona 2000. Dalla medesima fonte dell'intervista di seguito riprodotta riportiamo anche la seguente breve scheda biografica: "Nato a Gerusalemme nel 1939, Oz e' stato tra i fondatori di 'Peace Now', il movimento che, a partire dal 1979, si e' battuto per la creazione di due stati indipendenti, Palestina e Israele, lungo i confini del 1967. Dal punto di vista politico, non si e' mai sottratto al confronto con temi e problemi legati al ritorno del fanatismo religioso nel contesto della modernita' (Contro il fanatismo, Feltrinelli 2004) o al sorgere di nuove immagini e rappresentazioni del 'nemico' (non a caso, per una felice scelta editoriale, un suo intenso scritto accompagna l'edizione italiana, per Feltrinelli Real Cinema, del film Orso d'oro a Berlino nel 2005, 'Paradise Now' firmato dal regista palestinese Hany Abu-Assad). Chi volesse conoscere la biografia di Amos Oz ha a disposizione il poderoso volume titolato Una storia di amore e di tenebra, in cui lo scrittore risale la storia della sua famiglia, il passaggio drammatico del suicidio della madre, e le vicende del nascente Stato di Israele, dalla fine del protettorato britannico"] A distanza di cinque anni dalla pubblicazione di A Tale of Love and Darkness, corposa autobiografia che si presentava al tempo stesso come un monumentale affresco storico su speranze, drammi e disillusioni legate alla fondazione, alle contraddizioni e alla sorte dello Stato d'Israele, Amos Oz torna nelle librerie italiane con un'altra storia "di amore e di tenebra", scritta nel '94 ma solo ora tradotta. Non dire notte (traduzione di Elena Loewenthal, Feltrinelli, pp. 202, euro 15), questo il titolo del romanzo, racconta della relazione fra Theo, sessantenne, disilluso architetto, e Noa Dubnow, una giovane e frenetica professoressa di lettere. Scossa dalla morte per overdose di uno dei suoi studenti, con l'aiuto di amici e volontari, Noa accetta la sfida di costruire dal nulla un centro di recupero per tossicodipendenti. Se, inizialmente, il suo incontenibile e maldestro entusiasmo mettera' in crisi il rapporto con Theo, in un secondo tempo proprio l'inesausta combattivita' di Noa fara' riemergere, rafforzandoli, l'affetto, la tenerezza e l'amore che ancora li legano. Sullo sfondo, il deserto del Negev, i suoi silenzi, ma anche le ostilita' nei confronti del lavoro di Noa da parte della popolazione di Tel Kedar, citta' in cui si svolge la vicenda: il tutto visto attraverso la narrazione parallela, sempre in prima persona, dei due protagonisti. Ma lasciamo la parola a Amos Oz, in Italia per partecipare a "Dedica", la rassegna che fino al 17 marzo lo vedra' al centro di dibattiti e letture a Pordenone. * - Marco Dotti: Messo a confronto con Una storia di amore e di tenebra, questo suo romanzo, Non dire notte, sembra quasi un libro in tono minore, anche per la sua deliberata volonta' di operare sottotraccia su temi e registri di stile molto differenti fra loro. Piu' che il soggetto del romanzo, quel che appare cambiato e' il calibro della scrittura. E' d'accordo? - Amos Oz: Certamente, Non dire notte e' un libro "minore" ed e' composto quasi a voce bassa. Lo e' perche' racconta storie di gente di provincia, i suoi protagonisti sono proprio quelle persone che, in inglese, si definiscono "very ordinary people", gente comunissima. Mentre Una storia di amore e di tenebra potrebbe essere paragonata, per la sua struttura e la molteplicita' delle sue voci, a una composizione sinfonica, Non dire notte e' piu' prossimo alla musica da camera. E concordo anche sul fatto che il libro segue un tono minore soprattutto nella scrittura, che lo rende quasi confidenziale, "familiare". Del resto, l'ho scritto tenendo presente la lezione di Cechov e di Natalia Ginzburg. Anche da un punto di vista politico, si riferisce a quell'Israele che non raggiunge mai le prime pagine dei giornali. Non si parla di coloni, non si parla di Cisgiordania, non si parla della West Bank. Soprattutto, non si parla di Gerusalemme e di tutte quelle "grandi questioni" che in qualche modo avrebbero richiamato, nella mente del lettore, il problema-Israele e la rete, altrettanto problematica, delle sue contraddizioni interne e dei suoi rapporti con il mondo arabo. In Non dire notte sono protagonisti il deserto e la provincia, e' questo il contesto "ordinario" in cui i due personaggi - una donna e un uomo, Noa e Theo - vivono, soffrono, sperano e lavorano. * - Marco Dotti: Protagonista, oltre alla provincia, e' anche la notte. Al di la' del titolo di questo suo romanzo, il richiamo all'elemento notturno torna nei suoi libri come una costante. Se in D'un tratto nel folto del bosco (Feltrinelli, 2005), la notte e il buio erano forti presenze attraversate dal silenzio, in un altro suo libro fra i piu' intensi, Lo stesso mare (Feltrinelli, 2000), si fa cenno all'attesa di qualcosa che si nasconde alla vista, e che e' possibile cogliere soltanto mettendosi all'ascolto della notte. - Amos Oz: E' di fatto un punto chiave di tutto il mio lavoro. Vede, io scrivo proprio su questo livello di indecisione e di attesa. E' il favore del buio, o la musica della notte a interessarmi. Attimi ne' chiari, ne' scuri, ma sempre sul punto di scomparire o apparire. A volte appaiono, altre volte no. Apparentemente e' tutto molto semplice. Ma c'e' un'oscurita' che contiene elementi di luce, e qui le cose si complicano. Tornando a Non dire notte, direi proprio che tutta l'esistenza di Theo e Noa e' giocata su momenti - rari, in verita', ma determinanti - di epifania. Questi momenti costituiscono l'essenza profonda del libro, e affiorano nelle brevi descrizioni affidate spesso a poche parole. D'altronde, Non dire notte e' un romanzo che ha il deserto, la solitudine, la luce come suoi elementi protagonisti. Occorre conoscerlo, il deserto. Conoscere la sua notte, il suo buio, la sua musica. * - Marco Dotti: Questo sembra un tratto molto "cinematografico" della sua poetica. Gia' nei primi anni '60, alcuni fra i registi della Nouvelle Vague ritenevano che alternare alle immagini, nel montaggio, alcuni fotogrammi neri - quasi a raddoppiare il battere delle ciglia - servisse a far capire allo spettatore di avere gli occhi davvero aperti. Jean-Luc Godard, in Notre musique, uno dei suoi ultimi film che ha per tema la Palestina, definiva il "principio del cinema" un "andare alla luce e indirizzarla sulla nostra notte". Potremmo definire anche la sua una musica della notte? - Amos Oz: Vado poco al cinema, non conosco il film di Godard, ma credo che la definizione che mi propone, "musica della notte", sia molto vicina al cuore della mia poetica. Anche la lingua in cui ho scelto di scrivere, l'ebraico, ha qualcosa di straordinariamente musicale. E' il mio strumento, su di esso accordo le parole che scelgo, e anche i miei fotogrammi neri... * - Marco Dotti: Lei che e' particolarmente attento al ritmo e alle sfumature della lingua, come reagisce alle tante traduzioni dei suoi romanzi? Rappresentano un problema o la lasciano indifferente? - Amos Oz: Mi serviro' ancora di un'immagine musicale: scrivo, nella mia lingua, concerti e partiture per violino, che vengono tradotte - o trascritte, se preferisce - e infine eseguite al pianoforte. Naturalmente, e' moltissimo cio' che va perso in questo passaggio. I miei libri sono tradotti non solo nelle lingue occidentali, ma anche per esempio in cinese, e - sempre - quello che chiedo ai traduttori e' di essere infedeli. Siate infedeli, dico loro, allo scopo, pero', di essere leali. * - Marco Dotti: Lei e' anche autore di una cospicua produzione saggistica e critica, forse meno conosciuta, almeno in Italia, rispetto alla sua attivita' di romanziere. Che rapporto c'e' tra questi due aspetti della sua scrittura? - Amos Oz: Devo dire che non si tratta di una combinazione semplice. Non e' facile, intendo, essere romanziere, saggista e critico al tempo stesso. Comporta una certa fatica, contraddizioni e persino molto, molto imbarazzo. * - Marco Dotti: Nella sua autobiografia, Una storia di amore e di tenebra, ci sono moltissimi riferimenti, non solo sul piano della memoria e del ricordo, a intellettuali (da Kafka a Buber, da William Golding a Scholem, ma anche accenni a Edward Said, Ibsen, Knut Hamsun, tra gli altri) che, in modo e misura diversa, rappresentano un po' il contesto della sua formazione letteraria. Eppure, neanche le figure che si potrebbero pensare piu' vicine al suo modo di sentire appaiono del tutto esenti da quelle caratterizzazioni vagamente grottesche che, nei suoi romanzi, di solito definiscono i tratti e la figura, quasi una tipologia, dell'intellettuale. - Amos Oz: Ho sempre creduto che gli intellettuali siano come quei maestri di nuoto che pretendono di insegnare agli altri come nuotare, standosene pero' comodamente seduti sulla spiaggia. La loro e' certamente una posizione infelice, in cui si sposano tragedia e commedia. E' un tema che traspare tanto in Una storia di amore e di tenebra, quanto in Non dire notte. Il conflitto, la contraddizione, la tragicommedia di Noa e Theo non sta in uno sguardo freddo gettato sul mondo, ma nel troppo amore. Qualcosa si blocca, nelle loro vite, non per il poco, ma proprio per il troppo amore che vi hanno riversato. Vivono a Tel Kedar, al confine col deserto del Negev, uno spazio ampio, abitato da luce e silenzio, eppure sono sempre sul punto di soffocare. Perche'? Perche' provano una sorta di dipendenza nei confronti delle loro passioni. * - Marco Dotti: Non e' un caso che lei abbia usato, ora, la parola "addiction" per definire la dipendenza affettiva dei suoi due personaggi. L'immagine della "dipendenza", infatti, torna anche in uno degli elementi attorno a cui ruota la storia, il centro per il recupero dalle tossicodipendenze che Noa cerca di costruire, attirandosi i sospetti della comunita' e mettendo a dura prova il suo legame con Theo... - Amos Oz: La dipendenza, infatti, e' presente a diversi livelli e oltre un certo grado diventa vera e propria assuefazione. Noa e' dipendente da Theo allo stesso modo in cui Theo dipende dall'affetto di Noa, ma nel loro rapporto quel che e' incredibile e' proprio che i problemi non sono creati dalla mancanza, ma dall'eccesso di amore... Troppi sono i ruoli che ognuno richiede all'altro. Noa e' moglie, amante, madre e sorella di Theo. Theo le e' marito, padre, fratello... E per creare un effetto di contrasto con i loro sentimenti claustrofobici ho pensato di fare svolgere la loro vicenda sullo sfondo del deserto, con i suoi spazi e il suo silenzio. * - Marco Dotti: Bertolt Brecht sosteneva che nessuna immagine delle fabbriche Krupp, prodotta o realizzata dalle stesse fabbriche Krupp, avrebbe mai potuto dire alcunche' sulla realta' della vita nelle fabbriche Krupp. E' evidentemente un paradosso, che ci dice molto sulla questione della presunta aderenza della realta' alle sue rappresentazioni, ma lascia insoluto il problema del "che cosa fare". Lei crede che sia possibile cogliere, almeno in parte, una "realta' di vita" dal suo interno, rappresentandola anche nei dettagli, senza cadere nel pericolo di valorizzarne alcuni a discapito di altri di pari importanza? - Amos Oz: E' evidentemente una questione difficilissima, ma bisogna almeno provarci. Anche nel mio romanzo, Noa e Theo hanno visioni diverse delle stesse cose. Quanto al piano politico e al paese in cui vivo, penso che ci si debba calare nella mentalita' e dietro lo sguardo del "nemico". Proprio perche' ci troviamo coinvolti in una tragedia, dobbiamo ricordarci degli sguardi degli altri, viverli, se possibile, con i nostri stessi occhi. Sia la Palestina che Israele partono dalla stessa condizione di diritto e non possono vicendevolmente negarla. Mi chiedo sempre: "che cosa penseresti, che cosa sentiresti, che cosa proporresti se sentissi, pensassi, soffrissi come un palestinese?". Questo non significa assumere la posizione di un palestinese, ma vederne la legittimita'. I media europei, anche quelli italiani, spesso sottovalutano la complessita' di questa tragedia. A favore di una parte o dell'altra, si propongono petizioni, si firmano appelli, si conta chi sta da una parte, chi dall'atra, ci si lava la coscienza e, alla fine della giornata, ci si rimette a letto tranquilli. I politici europei, d'altra parte, assomigliano a quei vecchi insegnanti dell'epoca vittoriana: fanno finta di nulla e, ogni tanto, alzano il dito, giudicano, strillano e ogni volta condannano indiscriminatamente. * - Marco Dotti: Non pochi scrittori israeliani fanno sentire spesso la loro voce esprimendo dure critiche alla condotta del governo e alle sue derive verso il fanatismo religioso. Lei crede che queste prese di posizione abbiano la possibilita', se non di smuovere le decisioni pubbliche, almeno di incrinare il piano di certe rappresentazioni - del "nemico", della sicurezza, della paura - cosi' importanti nella vita quotidiana di quelle persone comuni che stanno al centro del suo ultimo romanzo? - Amos Oz: Devo confessarle che non credo di riuscire a influire molto sui processi in atto. Le dinamiche tramite le quali si arriva a condizionare non solo le istituzioni, ma anche la mentalita' delle persone, sono davvero misteriose. Non mi risulta che chi legge i miei saggi abbia mai cambiato la propria opinione. Non mi e' ancora successo che qualcuno, fermandomi per strada, mi abbia detto: "Signor Oz, ho cambiato parere leggendo il suo libro". Sul piano pubblico, quando esprimo una critica particolarmente dura, quel che vedo e' che si innesca un processo di risposte che porta quasi sempre a un dibattito cavilloso, basato sui soliti, presunti malintesi. Finisce sempre che mi si accusa di avere equivocato, di avere compreso male. In effetti, almeno per quanto mi riguarda, credo di avere scarso impatto sulla realta', o quantomeno non ho quasi mai visto concretizzarsi alcuni dei miei piu' sentiti propositi. In piu' di un'occasione mi sono augurato che i governanti di Israele finissero all'Inferno. Purtroppo non e' ancora successo. Continuo comunque a sperarlo, e soprattutto, a scriverlo. 4. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "SONO EBREO, ANCHE" DI ARTURO SCHWARZ [Dal supplemento settimanale di segnalazioni librarie "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 10 marzo 2007 riprendiamo la seguente recensione (disponibile anche nel sito www.lastampa.it). Enzo Bianchi e' animatore della comunita' di Bose. Dal sito www.festivaletteratura.it riprendiamo questa scheda: "Enzo Bianchi e' nato a Castel Foglione nel Monferrato nel 1943 ed e' fondatore e priore della comunita' monastica di Bose. Nel 1966 ha infatti raggiunto il villaggio di Bose a Magnano (Vercelli) e ha dato inizio a una comunita' monastica ecumenica cui tuttora presiede. Enzo Bianchi e' direttore della rivista biblica "Parola, Spirito e Vita", membro della redazione della rivista internazionale "Concilium" ed autore di numerosi testi, tradotti in molte lingue, sulla spiritualita' cristiana e sulla grande tradizione della Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi. Collabora a "La stampa", "Avvenire" e "Luoghi dell'infinito"". Tra le opere di Enzo Bianchi: Il radicalismo cristiano, Gribaudi, 1980; Lontano da chi, Gribaudi, 1984; Un rabbi che amava i banchetti, Marietti, 1985; Il corvo di Elia, Gribaudi, 1986; Amici del Signore, Gribaudi, 1990; Pregare la parola, Gribaudi, 1990; Il profeta che raccontava Dio agli uomini, Marietti, 1990; Apocalisse di Giovanni, Qiqajon, 1990; Magnificat, benedictus, nunc dimittis, Qiqajon, 1990; Ricominciare, Marietti, 1991; Vivere la morte, Gribaudi, 1992; Preghiere della tavola, Qiqajon, 1994; Adamo, dove sei, Qiqajon, 1994; Il giorno del signore, giorno dell'uomo, Piemme, 1994; Da forestiero, Piemme, 1995; Aids. Vivere e morire in comunione, Qiqajon, 1997; Pregare i salmi, Gribaudi, 1997; Come evangelizzare oggi, Qiqajon, 1997; Libro delle preghiere, Einaudi, 1997; Altrimenti. Credere e narrare il Dio, Piemme, 1998; Poesie di Dio, Einaudi, 1999; Altrimenti. Credere e narrare il Dio dei cristiani, Piemme, 1999; Da forestiero. Nella compagnia degli uomini, Piemme, 1999; Giorno del Signore, giorno dell'uomo. Per un rinnovamento della domenica, Piemme, 1999; I paradossi della croce, Morcelliana, 1999; Le parole della spiritualita'. Per un lessico della vita interiore, Rizzoli, 1999; Ricominciare. Nell'anima, nella Chiesa, nel mondo, Marietti, 1999; Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia e sull'accompagnamento dei malati, Qiqajon, 2000; L'Apocalisse di Giovanni. Commento esegetico-spirituale, Qiqajon, 2000; Come vivere il Giubileo del 2000, Qiqajon, 2000; La lettura spirituale della Bibbia, Piemme, 2000; Non siamo migliori. La vita religiosa nella Chiesa, tra gli uomini, Qiqajon, 2002; Quale fede?, Morcelliana, 2002; I Cristiani nella societa', Rizzoli, 2003; La differenza cristiana, Einaudi, 2006. Arturo Schwarz, poliedrico intellettuale, vivacissimo animatore culturale, storico e critico d'arte e poeta. Dal sito www.derbylius.com riprendiamo la seguente scheda di presentazione di una mostra a lui dedicata: "Arturo Schwarz e' nato ad Alessandria d'Egitto il 3 febbraio 1924. Storico dell'arte, saggista, poeta e conferenziere, e' autore di importanti opere sul surrealismo e il dadaismo; ha inoltre scritto libri e numerosi saggi sulla Kabbalah, sul tantrismo, sull'alchimia, sull'arte preistorica e tribale, sull'arte e la filosofia dell'Asia. Con la mostra 'Omaggio a Marcel Duchamp' inaugura nel maggio del 1954 a Milano in via Sant'Andrea la Libreria galleria Schwarz. Dopo le esperienze del carcere e del campo d'internamento, Arturo Schwarz, surrealista da sempre, laureato in filosofia alla Sorbona di Parigi, si stabilisce definitivamente a Milano nel 1949. Nell'aprile del 1952, avvia un'attivita' editoriale (conclusasi nel 1959) e pubblica, tra gli altri, testi di A. Breton, A. Einstein, D. Guerin, M. Nadeau, P. Naville, B. Peret e L. Trotsky. Importante anche il posto che la poesia occupa nella sua attivita' editoriale. Vengono pubblicati, tra gli altri, testi di R. Carrieri, F. Fortini, E. Isgro', M. Luzi, A. Merini, E. Pagliarani, A. Porta, S. Quasimodo, R. Sanesi e G. Ungaretti. Dal 1954 nella sua libreria, che nel 1961 si trasforma in galleria, presenta (spesso e' la prima mostra italiana) i protagonisti del dadaismo e del surrealismo, cosi' come i nomi piu' significativi delle avanguardie storiche, mentre allestisce anche mostre degli artisti piu' vitali delle avanguardie del dopoguerra. Tra i saggi piu' importanti pubblicati in Italia ricordiamo: Pittura italiana del dopoguerra (Schwarz, Milano 1957), La Sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche (Einaudi, Torino 1974), Andre' Breton, Trotsky e l'anarchia (1974, 3a ed. Roberto Massari, Roma 1997), Almanacco Dada (Feltrinelli, Milano 1976), Man Ray, il rigore dell'immaginazione (Feltrinelli, Milano 1977), Intensa anche l'attivita' di poeta. La prima raccolta e' del 1945: Papier Hygienique (Culture et progres, Alessandria d'Egitto). Seguira' Avant que le coq ne chante (Pierre Seghers, Paris 1951). Da allora ha pubblicato oltre quaranta raccolte di poesie tra le quali: Il reale assoluto, illustrato da Marcel Duchamp e Man Ray (1964); Il reale dissoluto, illustrato da Cesar (1973); Meta.morphoses, illustrato da Andre' Masson (1976); I miei quattro punti cardinali, illustrato da Emilio Tadini (2000); Ouverture, illustrato da Mimmo Paladino (2002); Ottava, illustrata da Ceccobelli, Chia, Cucchi, Dangelo, Nespolo, Paladino, Parmiggiani e Tadini (2004)". Tra le opere di Arturo Schwarz attualmente in catalogo presso vari editori: Marcel Duchamp, Fabbri; Satyavati, La Salamandra; L'immaginazione alchemica, La Salamandra; Anarchia e creativita', La Salamandra; L'arte dell'amore in India e Nepal, Laterza, 1980; Il culto della donna nella tradizione indiana, Laterza, 1983; Introduzione all'alchimia indiana, Laterza, 1984; Marcel Duchamp, la sposa... E i Readymade, Electa Mondadori, 1988; Maurice Henry. Catalogo della mostra, Mazzotta, 1991; La Sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche, Einaudi, 1997; L'avventura surrealista. Amore e rivoluzione, anche, Massari, 1997; Fabio De Sanctis. La memoria del viaggio, Bora, 1997; Breton e Trotsky. Storia di un'amicizia, Massari, 1997; Man Ray, Giunti Editore, 1998; Cabbala' e alchimia. Saggio sugli archetipi comuni, La Giuntina, 1999; L'immaginazione alchemica, ancora, Moretti & Vitali, 2000; Ouverture, Moretti & Vitali, 2002; Klapheck, Gabrius, 2002; Renzo Margonari. Alchimie dell'inconscio, Casa del Mantegna, 2003; Pietro Coletta. La virtu' del virtuale, Moretti & Vitali, 2003; Scultura italiana 1960-2004. Catalogo della mostra (Matera, giugno-settembre 2004; Milano, novembre-dicembre 2004), 5 Continents Editions, 2004; Cabbala' e alchimia. Saggi sugli archetipi comuni, Garzanti, 2004; Il mondo accanto, Book, 2006; Sono ebreo, anche. Riflessioni di un ateo anarchico, Garzanti, 2007; Tutte le poesie, quasi (1941-2006), Moretti & Vitali, uscita prevista nel 2007] "Noi abbiamo solo le Scritture e la liberta'". Questa affermazione - che Antonio, il padre del deserto egiziano nel IV secolo, applicava ai monaci - mostra a volte un'assoluta pertinenza anche in riferimento a persone totalmente estranee al mondo monastico cristiano, come Arturo Schwarz che nel titolo stesso della sua opera - Sono ebreo, anche. Riflessioni di un ateo anarchico (Garzanti, pp. 110, euro 10) - non fa mistero della sua alterita' nei confronti della religione. Infatti, da dove, se non da uno "sta scritto" accolto nella liberta', viene la linfa che ha alimentato la sua "filosofia di vita"? In pagine densissime e al tempo stesso scorrevoli come una conversazione a cuore aperto, l'autore fa emergere come "il rifiuto del principio di autorita', la brama di conoscenza, il rispetto del diverso, l'anelito di giustizia, il rispetto della natura, il diritto alla felicita', il riconoscimento della valenza salvifica e iniziatica della donna" - sono anche i titoli dei brevi capitoli dell'opera - affondino le proprie radici nel testo biblico e nella tradizione del pensiero ebraico che quel testo ha letto, interpretato, commentato nel corso dei secoli. Cosi', in un percorso che si sofferma con particolare insistenza e sagacia sulla letteratura talmudica, midrashica e cabbalistica, per toccare il culmine con Spinoza, e giungere fino al nostro secolo, ritroviamo gli ideali che hanno mosso e muovono il cuore, il pensiero e l'agire di questo "ebreo, anche" e che, come lui stesso afferma, "sono contenuti in una sola parola: Rispetto". E' un esempio sintomatico di come non solo esista, ma sia anche feconda un'etica laica, di come la spiritualita' non sia appannaggio esclusivo dei credenti, ma dilati il suo soffio vitale ben al di la' degli steccati confessionali. Scorrendo le pagine di Schwarz si ha poi anche un'altra piacevole conferma: le Scritture, cioe' i testi che i credenti ritengono ispirati e attribuibili a Dio in modo diretto o mediato, si mostrano ricche di ulteriore senso e profondita' quando vengono accostate da non credenti con discernimento e intelligenza. Si finisce per ritrovare in esse principi capaci di parlare a ogni essere umano, strumenti di autentica liberazione interiore, piste di umanizzazione della vita personale, comunitaria e sociale. Si', "le Scritture e la liberta'", cioe' l'eredita' di sapienza di quanti ci hanno preceduto e lo spazio vitale nel quale ci e' dato di accoglierla, e' in fondo tutto quello che ciascuno di noi ha diritto di possedere e dovere di custodire: forse oggi ci pare divenuta merce rara, ma se ripercorriamo l'avventura umana sulla terra vediamo che la salvaguardia di questi due elementi ha sempre avuto, per il singolo come per le collettivita', un prezzo altissimo. Un prezzo che a volte solo delle minoranze perseguitate o dei profeti solitari hanno saputo pagare: ma e' proprio grazie a simili testimoni di una controcultura marginalizzata e osteggiata che sono sopravvissute a beneficio di tutti le istanze piu' profonde che abitano e nobilitano il cuore umano. 5. LIBRI. AUGUSTO CAVADI PRESENTA "LA PACE INCOMINCIA DA ME" DI FULVIA MASI E MOSA MASI TANKSLEY [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at alice.it) per averci messo a dsposizione questa recensione apparsa sulla rivista " Centonove" del 9 marzo 2007. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla mafia, DG Editore, Trapani 2005; E, per passione, la filosofia, DG Editore, Trapani 2006. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa). Fulvia Masi e' un'intellettuale palermitana emigrata a New York, ricercatrice e traduttrice. Mosa Masi Tanksley e' la giovane figlia di Fulvia Masi] "Poiche' le guerre hanno origine nella mente degli uomini, nella mente degli uomini si debbono costruire le difese della pace": cosi' recitava, all'indomani della seconda guerra mondiale nel 1945 l'atto costitutivo dell'Unesco. Una convinzione elementare e, proprio per questo, disattesa a cui invece ritornano Fulvia Masi e la giovane figliuola Mosa Masi Tanksley , autrici rispettivamente dei testi e dei disegni di un delizioso libretto (La pace incomincia da me, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2006, pp. 32, euro 5,90, in edizione bilingue - italiano e inglese). All'apparenza la pubblicazione sembra destinata solo ai bambini, ma una sorta di prefazione avverte che e' invece "per bambini e per grandi". Il protagonista, infatti, il "bambino filosofo" Memmo, vive "una storia semplice nel linguaggio e nel contenuto, eppure sottilmente profonda nel significato". Siamo, insomma, nella tradizione di quei racconti, come Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupery, che si lasciano leggere - come palinsesti - a diversi livelli di profondita'. E, in effetti, anche un piccolo alunno delle scuole elementari puo' cogliere il messaggio di Memmo: la pace mondiale e' un albero immenso che puo' formarsi solo a partire da piccoli semi piantati nel cuore dei singoli. Ma la stessa verita' - che potrebbe diventare oggetto di conversazione in una sperimentazione circolare di "philosophy for children" alla Lipman - non sfigurerebbe in simposi per adulti: dove, tramontate le visioni collettivistiche e deresponsabilizzanti, si fa strada (anche grazie alla lezione della psicoanalisi) la consapevolezza che la soggettivita' individuale e' "la radice originaria del legame sociale"; che tale soggettivita' e' costitutivamente "posta nella relazione con gli altri umani e con la biosfera"; e che solo un contagio progressivo, a macchia d'olio, di tale consapevolezza puo' diventare "evento cosmopolitico" (cosi' Romano Madera nel volume, scritto in collaborazione con Luigi Vero Tarca, La filosofia come stile di vita. Introduzione alle pratiche filosofiche, Bruno Mondadori, Milano 2003, a p. 72). La pace di cui e' alla ricerca Memmo ha molti nomi: perche' altrettanti sono i volti della non-pace, della guerra, della violenza. In particolare essa e' anche la pace come cessazione della criminalita' camorristica: il titolo del libro, infatti, e' stato suggerito alle autrici da uno slogan scelto dai bambini della scuola media ed elementare "Virgilio IV" di Scampia per una manifestazione organizzata sul loro territorio al fine di chiedere "il silenzio delle armi dei clan". Ma se lo spunto e' nato da una circostanza locale ben determinata, lo sguardo si e' poi lentamente alzato su un orizzonte planetario: verso una "universalita'... senza frontiere (geografiche o religiose)". Perche', tra i tanti paradossi della pace, si registra anche questo: non c'e' pace fra le nazioni se non c'e' pace dentro gli individui, ma sarebbe solo una pia illusione "alla new age" coltivare una pace privata in un contesto storico-politico dilaniato dalla dialettica terrore degli Stati - terrorismo delle minoranze esasperate. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 47 del 2 aprile 2007 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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