Minime. 47



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 47 del 2 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Katherine Spillar intervista Sima Samar
2. Mao Valpiana: Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
3. Marco Dotti intervista Amos Oz
4. Enzo Bianchi presenta "Sono ebreo, anche" di Arturo Schwarz
5. Augusto Cavadi presenta "La pace incomincia da me" di Fulvia Masi e Mosa
Masi Tanksley
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. AFGHANISTAN. KATHERINE SPILLAR INTERVISTA SIMA SAMAR
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista del
28 marzo 2007.
Katherine Spillar, intellettuale e attivista femminista, e' coordinatrice
nazionale della Feminist Majority Foundation e direttrice di "Ms. Magazine".
Sima Samar, storica attivista afgana per i diritti delle donne e i diritti
umani, dottoressa, fondatrice della ong sanitaria afghana "Shuhada", ha
lungamente prestato assistenza sanitaria nei campi profughi in Afghanistan e
Pakistan, guida attualmente la Commissione indipendente afgana per i diritti
umani]

- Katherine Spillar: La dottoressa Sima Samar e' un'eroina per le donne
afgane: la sua intera vita e' stata dedicata alla lotta per i diritti delle
donne e i diritti umani, ed il suo impegno continua a disturbare i
fondamentalisti. Oggi Sima Samar guida la Commissione indipendente afgana
per i diritti umani. Sima, l'amministrazione Bush continua a dichiarare che
l'Afghanistan e' un successo e che la democrazia e i diritti hanno
rimpiazzato il terrore. Com'e' davvero la situazione?
- Sima Samar: Abbiamo una lunga strada davanti, sebbene non voglia negare
che ci sono stati alcuni passi positivi, come la Costituzione che abbiamo
adottato, la quale prevede eguali diritti per le donne e garantisce la loro
rappresentanza in Parlamento. Sono state tenute le prime elezioni
presidenziali e parlamentari dopo tre decenni, con una discreta
partecipazione delle donne, che hanno avuto il 25% dei seggi. Tuttavia, le
elezioni hanno avuto le loro pecche. In alcuni distretti sono state
rarissime le elettrici, ed hanno ottenuto seggi al Parlamento numerosi
violatori dei diritti umani e signori della guerra, nonostante i requisiti
costituzionali e regolamentari li squalificassero come soggetti eleggibili.
Ma i risultati che abbiamo ottenuto stanno franando. Negli ultimi tre anni
c'e' stato un aumento grave della violenza e degli attacchi terroristici. Le
persone che si fanno esplodere bombe addosso non erano assolutamente un
fenomeno afgano, ma ora stanno uccidendo innocenti in tutto il paese, anche
nelle strade di Kabul. Le tattiche di intimidazione e di aperta violenza
impediscono la partecipazione sociale, economica e politica di molti afgani,
ed in particolare delle donne.
*
- Katherine Spillar: C'erano ottimismo e speranza all'inizio. Cos'e' andato
storto?
- Sima Samar: La gente vede pochissimi cambiamenti nella vita di ogni
giorno. Manca loro il cibo, la casa ed il lavoro. Questa situazione e'
rimasta praticamente immutata dal 2001. Il sistema giudiziario, poi, si e'
riempito di magistrati corrotti o non qualificati. Le persone non riescono a
vedere il primato della legge, e non credono vi sia giustizia. I problemi
collegati ai diritti umani in Afghanistan restano enormi: arresti arbitrari,
torture, condizioni di detenzione disumane che si protraggono in assenza dei
processi. Non abbastanza soldati e poliziotti afgani hanno ricevuto
istruzione ed addestramento, e le loro paghe sono assai basse, cosi' possono
essere comprati facilmente. Nel frattempo, comandanti di eserciti privati
governano larghe aree del paese, anche se le milizie sono state messe
fuorilegge. L'esercito Usa aveva stipulato accordi con molte di queste
milizie, permettendo loro di restare intatte. I comandanti degli eserciti
privati proteggono gli spacciatori di droga ed estorcono prebende e "tasse"
illegali dalle persone comuni. I rapimenti e gli omicidi sono all'ordine del
giorno.
*
- Katherine Spillar: Percio', la decisione degli Usa di prendere accordi con
questi signori della guerra regionali ha contribuito alla violenza ed alla
mancanza di stabilita'?
- Sima Samar: Si'. Costoro hanno usato le connessioni con gli americani per
commettere violazioni ai diritti umani. Poiche' erano considerati "alleati"
non c'era controllo neí valutazione dei loro atti e del loro comportamento.
*
- Katherine Spillar: C'e' progresso per l'ottenimento dei diritti per le
donne e le bambine?
- Sima Samar: Anche se le cose sono differenti, oggi, per le donne rispetto
al regime talebano, le violazioni dei loro diritti umani sono ancora assai
diffuse, fra cui i matrimoni imposti, i matrimoni di bambine, le restrizioni
sulla capacita' di movimento, le discriminazioni sul lavoro ed il rapimento
e il traffico di bambine. La violenza domestica e' molto comune in
Afghanistan. Le donne afgane hanno scarso accesso alla protezione della
legge: anche se una donna riesce ad arrivare alla polizia o in tribunale
essa viene trattata da criminale, non da vittima di un crimine. Le donne che
fuggono da familiari che abusano di loro finiscono in prigione, o vengono
uccise da altri familiari. Costoro non vengono giudicati per gli omicidi,
perche' si tratta di "delitti d'onore". E' per sfuggire a queste situazioni
che le donne afgane tentando di uccidersi, soprattutto dandosi fuoco. Anche
se le donne hanno conseguito vittorie nelle elezioni parlamentari, al
momento presente nessuna donna e' fra i consiglieri del Presidente e ve ne
e' una sola al governo (prima delle elezioni erano tre). Se le donne non
hanno parte nel processo decisionali, le decisioni verranno prese da uomini
che non hanno alcuna comprensione dei problemi delle donne e che non li
solleveranno mai.
*
- Katherine Spillar: Cosa possono fare i gruppi femministi?
- Sima Samar: Se non vi fosse stata la formidabile pressione dei gruppi per
i diritti delle donne in tutto il mondo, sia quando eravamo esposte agli
abusi dei talebani, sia quando stavamo sviluppando il Trattato di Bonn per
il governo di transizione afgano, sia quando stavamo discutendo la nuova
Costituzione, le donne sarebbero state completamente messe da parte. Abbiamo
bisogno di solidarieta' per liberare le donne, ovunque nel mondo. Le donne
devono sostenersi con forza l'un l'altra.

2. PROPOSTE. MAO VALPIANA: IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it o anche
mao at nonviolenti.org, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta",
via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax  0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto
con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]

Destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento e' cosa buona e giusta.
Quel denaro non sara' sprecato e non rimarra' inutilizzato, ma sara' gestito
nel migliore dei modi per sostenere la nonviolenza organizzata, per
diffondere piu' e meglio la rivista di Aldo Capitini, per moltiplicare le
manifestazioni del movimento, per far sentire piu' forte la voce degli amici
della nonviolenza, per mantenere l'autonomia e l'indipendenza delle Case per
la nonviolenza, centri propulsori di tante iniziative per la pace.
Questo riguarda "la sostanza". Ma c'e' anche un altro motivo, "di metodo".
Il Movimento Nonviolento, seguendo gli insegnamenti di Gandhi, e proseguendo
la prassi avviata in Italia da Capitini e da Pietro Pinna, ha una gestione
attenta e trasparente del denaro: nessuno spreco, nessuna spesa inutile,
attenzione anche ai dettagli e alle piccole cose, risparmio, riciclo, per
quel rispetto che si deve anche alle "cose".
Troppo spesso, invece, dobbiamo lamentarci del cattivo esempio che viene
dallo stato, con sperpero di denaro pubblico, soldi buttati in opere
faraoniche, il piu' delle volte inutili, quando non dannose. Per non parlare
del denaro pubblico utilizzato per finanziare strumenti e missioni belliche.
Quel 5 per mille dato al Movimento Nonviolento e' denaro sicuramente ben
investito per la nonviolenza, e quindi sottratto alla guerra.
E' facile: basta firmare e scrivere 93100500235.

3. RIFLESSIONE. MARCO DOTTI INTERVISTA AMOS OZ
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 marzo 2007.
Marco Dotti e' saggista e redattore di Stampa Alternativa.
Amos Oz, scrittore israeliano, nato a Gerusalemme nel 1939, militante
pacifista. Opere di Amos Oz: Conoscere una donna, Guanda, Parma 1992; In
terra d'Israele, Marietti, 1992; Fima, Bompiani, Milano 1997; Michael mio,
Bompiani, Milano 1997; Soumchi, Mondadori, Milano 1997; Pantera in cantina,
Bompiani, Milano 1999; Lo stesso mare, Feltrinelli, Milano 1999; Conoscere
una donna, Feltrinelli, Milano 2000; Michael mio, Feltrinelli, Milano 2001;
La scatola nera, Feltrinelli, Milano 2002; Una storia di amore e di tenebra,
Feltrinelli, Milano 2003; Contro il fanatismo, Feltrinelli, Milano 2004; Non
dire notte, Feltrinelli, Milano 2007; cfr. anche il libro-intervista a cura
di Matteo Bellinelli, Amoz Oz, Il senso della pace, Casagrande, Bellinzona
2000. Dalla medesima fonte dell'intervista di seguito riprodotta riportiamo
anche la seguente breve scheda biografica: "Nato a Gerusalemme nel 1939, Oz
e' stato tra i fondatori di 'Peace Now', il movimento che, a partire dal
1979, si e' battuto per la creazione di due stati indipendenti, Palestina e
Israele, lungo i confini del 1967. Dal punto di vista politico, non si e'
mai sottratto al confronto con temi e problemi legati al ritorno del
fanatismo religioso nel contesto della modernita' (Contro il fanatismo,
Feltrinelli 2004) o al sorgere di nuove immagini e rappresentazioni del
'nemico' (non a caso, per una felice scelta editoriale, un suo intenso
scritto accompagna l'edizione italiana, per Feltrinelli Real Cinema, del
film Orso d'oro a Berlino nel 2005, 'Paradise Now' firmato dal regista
palestinese Hany Abu-Assad). Chi volesse conoscere la biografia di Amos Oz
ha a disposizione il poderoso volume titolato Una storia di amore e di
tenebra, in cui lo scrittore risale la storia della sua famiglia, il
passaggio drammatico del suicidio della madre, e le vicende del nascente
Stato di Israele, dalla fine del protettorato britannico"]

A distanza di cinque anni dalla pubblicazione di A Tale of Love and
Darkness, corposa autobiografia che si presentava al tempo stesso come un
monumentale affresco storico su speranze, drammi e disillusioni legate alla
fondazione, alle contraddizioni e alla sorte dello Stato d'Israele, Amos Oz
torna nelle librerie italiane con un'altra storia "di amore e di tenebra",
scritta nel '94 ma solo ora tradotta. Non dire notte (traduzione di Elena
Loewenthal, Feltrinelli, pp. 202, euro 15), questo il titolo del romanzo,
racconta della relazione fra Theo, sessantenne, disilluso architetto, e Noa
Dubnow, una giovane e frenetica professoressa di lettere. Scossa dalla morte
per overdose di uno dei suoi studenti, con l'aiuto di amici e volontari, Noa
accetta la sfida di costruire dal nulla un centro di recupero per
tossicodipendenti. Se, inizialmente, il suo incontenibile e maldestro
entusiasmo mettera' in crisi il rapporto con Theo, in un secondo tempo
proprio l'inesausta combattivita' di Noa fara' riemergere, rafforzandoli,
l'affetto, la tenerezza e l'amore che ancora li legano.
Sullo sfondo, il deserto del Negev, i suoi silenzi, ma anche le ostilita'
nei confronti del lavoro di Noa da parte della popolazione di Tel Kedar,
citta' in cui si svolge la vicenda: il tutto visto attraverso la narrazione
parallela, sempre in prima persona, dei due protagonisti. Ma lasciamo la
parola a Amos Oz, in Italia per partecipare a "Dedica", la rassegna che fino
al 17 marzo lo vedra' al centro di dibattiti e letture a Pordenone.
*
- Marco Dotti: Messo a confronto con Una storia di amore e di tenebra,
questo suo romanzo, Non dire notte, sembra quasi un libro in tono minore,
anche per la sua deliberata volonta' di operare sottotraccia su temi e
registri di stile molto differenti fra loro. Piu' che il soggetto del
romanzo, quel che appare cambiato e' il calibro della scrittura. E'
d'accordo?
- Amos Oz: Certamente, Non dire notte e' un libro "minore" ed e' composto
quasi a voce bassa. Lo e' perche' racconta storie di gente di provincia, i
suoi protagonisti sono proprio quelle persone che, in inglese, si
definiscono "very ordinary people", gente comunissima. Mentre Una storia di
amore e di tenebra potrebbe essere paragonata, per la sua struttura e la
molteplicita' delle sue voci, a una composizione sinfonica, Non dire notte
e' piu' prossimo alla musica da camera. E concordo anche sul fatto che il
libro segue un tono minore soprattutto nella scrittura, che lo rende quasi
confidenziale, "familiare". Del resto, l'ho scritto tenendo presente la
lezione di Cechov e di Natalia Ginzburg. Anche da un punto di vista
politico, si riferisce a quell'Israele che non raggiunge mai le prime pagine
dei giornali. Non si parla di coloni, non si parla di Cisgiordania, non si
parla della West Bank. Soprattutto, non si parla di Gerusalemme e di tutte
quelle "grandi questioni" che in qualche modo avrebbero richiamato, nella
mente del lettore, il problema-Israele e la rete, altrettanto problematica,
delle sue contraddizioni interne e dei suoi rapporti con il mondo arabo. In
Non dire notte sono protagonisti il deserto e la provincia, e' questo il
contesto "ordinario" in cui i due personaggi - una donna e un uomo, Noa e
Theo - vivono, soffrono, sperano e lavorano.
*
- Marco Dotti: Protagonista, oltre alla provincia, e' anche la notte. Al di
la' del titolo di questo suo romanzo, il richiamo all'elemento notturno
torna nei suoi libri come una costante. Se in D'un tratto nel folto del
bosco (Feltrinelli, 2005), la notte e il buio erano forti presenze
attraversate dal silenzio, in un altro suo libro fra i piu' intensi, Lo
stesso mare (Feltrinelli, 2000), si fa cenno all'attesa di qualcosa che si
nasconde alla vista, e che e' possibile cogliere soltanto mettendosi
all'ascolto della notte.
- Amos Oz: E' di fatto un punto chiave di tutto il mio lavoro. Vede, io
scrivo proprio su questo livello di indecisione e di attesa. E' il favore
del buio, o la musica della notte a interessarmi. Attimi ne' chiari, ne'
scuri, ma sempre sul punto di scomparire o apparire. A volte appaiono, altre
volte no. Apparentemente e' tutto molto semplice. Ma c'e' un'oscurita' che
contiene elementi di luce, e qui le cose si complicano. Tornando a Non dire
notte, direi proprio che tutta l'esistenza di Theo e Noa e' giocata su
momenti - rari, in verita', ma determinanti - di epifania. Questi momenti
costituiscono l'essenza profonda del libro, e affiorano nelle brevi
descrizioni affidate spesso a poche parole. D'altronde, Non dire notte e' un
romanzo che ha il deserto, la solitudine, la luce come suoi elementi
protagonisti. Occorre conoscerlo, il deserto. Conoscere la sua notte, il suo
buio, la sua musica.
*
- Marco Dotti: Questo sembra un tratto molto "cinematografico" della sua
poetica. Gia' nei primi anni '60, alcuni fra i registi della Nouvelle Vague
ritenevano che alternare alle immagini, nel montaggio, alcuni fotogrammi
neri - quasi a raddoppiare il battere delle ciglia - servisse a far capire
allo spettatore di avere gli occhi davvero aperti. Jean-Luc Godard, in Notre
musique, uno dei suoi ultimi film che ha per tema la Palestina, definiva il
"principio del cinema" un "andare alla luce e indirizzarla sulla nostra
notte". Potremmo definire anche la sua una musica della notte?
- Amos Oz: Vado poco al cinema, non conosco il film di Godard, ma credo che
la definizione che mi propone, "musica della notte", sia molto vicina al
cuore della mia poetica. Anche la lingua in cui ho scelto di scrivere,
l'ebraico, ha qualcosa di straordinariamente musicale. E' il mio strumento,
su di esso accordo le parole che scelgo, e anche i miei fotogrammi neri...
*
- Marco Dotti: Lei che e' particolarmente attento al ritmo e alle sfumature
della lingua, come reagisce alle tante traduzioni dei suoi romanzi?
Rappresentano un problema o la lasciano indifferente?
- Amos Oz: Mi serviro' ancora di un'immagine musicale: scrivo, nella mia
lingua, concerti e partiture per violino, che vengono tradotte - o
trascritte, se preferisce - e infine eseguite al pianoforte. Naturalmente,
e' moltissimo cio' che va perso in questo passaggio. I miei libri sono
tradotti non solo nelle lingue occidentali, ma anche per esempio in cinese,
e - sempre - quello che chiedo ai traduttori e' di essere infedeli. Siate
infedeli, dico loro, allo scopo, pero', di essere leali.
*
- Marco Dotti: Lei e' anche autore di una cospicua produzione saggistica e
critica, forse meno conosciuta, almeno in Italia, rispetto alla sua
attivita' di romanziere. Che rapporto c'e' tra questi due aspetti della sua
scrittura?
- Amos Oz: Devo dire che non si tratta di una combinazione semplice. Non e'
facile, intendo, essere romanziere, saggista e critico al tempo stesso.
Comporta una certa fatica, contraddizioni e persino molto, molto imbarazzo.
*
- Marco Dotti: Nella sua autobiografia, Una storia di amore e di tenebra, ci
sono moltissimi riferimenti, non solo sul piano della memoria e del ricordo,
a intellettuali (da Kafka a Buber, da William Golding a Scholem, ma anche
accenni a Edward Said, Ibsen, Knut Hamsun, tra gli altri) che, in modo e
misura diversa, rappresentano un po' il contesto della sua formazione
letteraria. Eppure, neanche le figure che si potrebbero pensare piu' vicine
al suo modo di sentire appaiono del tutto esenti da quelle caratterizzazioni
vagamente grottesche che, nei suoi romanzi, di solito definiscono i tratti e
la figura, quasi una tipologia, dell'intellettuale.
- Amos Oz: Ho sempre creduto che gli intellettuali siano come quei maestri
di nuoto che pretendono di insegnare agli altri come nuotare, standosene
pero' comodamente seduti sulla spiaggia. La loro e' certamente una posizione
infelice, in cui si sposano tragedia e commedia. E' un tema che traspare
tanto in Una storia di amore e di tenebra, quanto in Non dire notte. Il
conflitto, la contraddizione, la tragicommedia di Noa e Theo non sta in uno
sguardo freddo gettato sul mondo, ma nel troppo amore. Qualcosa si blocca,
nelle loro vite, non per il poco, ma proprio per il troppo amore che vi
hanno riversato. Vivono a Tel Kedar, al confine col deserto del Negev, uno
spazio ampio, abitato da luce e silenzio, eppure sono sempre sul punto di
soffocare. Perche'? Perche' provano una sorta di dipendenza nei confronti
delle loro passioni.
*
- Marco Dotti: Non e' un caso che lei abbia usato, ora, la parola
"addiction" per definire la dipendenza affettiva dei suoi due personaggi.
L'immagine della "dipendenza", infatti, torna anche in uno degli elementi
attorno a cui ruota la storia, il centro per il recupero dalle
tossicodipendenze che Noa cerca di costruire, attirandosi i sospetti della
comunita' e mettendo a dura prova il suo legame con Theo...
- Amos Oz: La dipendenza, infatti, e' presente a diversi livelli e oltre un
certo grado diventa vera e propria assuefazione. Noa e' dipendente da Theo
allo stesso modo in cui Theo dipende dall'affetto di Noa, ma nel loro
rapporto quel che e' incredibile e' proprio che i problemi non sono creati
dalla mancanza, ma dall'eccesso di amore... Troppi sono i ruoli che ognuno
richiede all'altro. Noa e' moglie, amante, madre e sorella di Theo. Theo le
e' marito, padre, fratello... E per creare un effetto di contrasto con i
loro sentimenti claustrofobici ho pensato di fare svolgere la loro vicenda
sullo sfondo del deserto, con i suoi spazi e il suo silenzio.
*
- Marco Dotti: Bertolt Brecht sosteneva che nessuna immagine delle fabbriche
Krupp, prodotta o realizzata dalle stesse fabbriche Krupp, avrebbe mai
potuto dire alcunche' sulla realta' della vita nelle fabbriche Krupp. E'
evidentemente un paradosso, che ci dice molto sulla questione della presunta
aderenza della realta' alle sue rappresentazioni, ma lascia insoluto il
problema del "che cosa fare". Lei crede che sia possibile cogliere, almeno
in parte, una "realta' di vita" dal suo interno, rappresentandola anche nei
dettagli, senza cadere nel pericolo di valorizzarne alcuni a discapito di
altri di pari importanza?
- Amos Oz: E' evidentemente una questione difficilissima, ma bisogna almeno
provarci. Anche nel mio romanzo, Noa e Theo hanno visioni diverse delle
stesse cose. Quanto al piano politico e al paese in cui vivo, penso che ci
si debba calare nella mentalita' e dietro lo sguardo del "nemico". Proprio
perche' ci troviamo coinvolti in una tragedia, dobbiamo ricordarci degli
sguardi degli altri, viverli, se possibile, con i nostri stessi occhi. Sia
la Palestina che Israele partono dalla stessa condizione di diritto e non
possono vicendevolmente negarla. Mi chiedo sempre: "che cosa penseresti, che
cosa sentiresti, che cosa proporresti se sentissi, pensassi, soffrissi come
un palestinese?". Questo non significa assumere la posizione di un
palestinese, ma vederne la legittimita'. I media europei, anche quelli
italiani, spesso sottovalutano la complessita' di questa tragedia. A favore
di una parte o dell'altra, si propongono petizioni, si firmano appelli, si
conta chi sta da una parte, chi dall'atra, ci si lava la coscienza e, alla
fine della giornata, ci si rimette a letto tranquilli. I politici europei,
d'altra parte, assomigliano a quei vecchi insegnanti dell'epoca vittoriana:
fanno finta di nulla e, ogni tanto, alzano il dito, giudicano, strillano e
ogni volta condannano indiscriminatamente.
*
- Marco Dotti: Non pochi scrittori israeliani fanno sentire spesso la loro
voce esprimendo dure critiche alla condotta del governo e alle sue derive
verso il fanatismo religioso. Lei crede che queste prese di posizione
abbiano la possibilita', se non di smuovere le decisioni pubbliche, almeno
di incrinare il piano di certe rappresentazioni - del "nemico", della
sicurezza, della paura - cosi' importanti nella vita quotidiana di quelle
persone comuni che stanno al centro del suo ultimo romanzo?
- Amos Oz: Devo confessarle che non credo di riuscire a influire molto sui
processi in atto. Le dinamiche tramite le quali si arriva a condizionare non
solo le istituzioni, ma anche la mentalita' delle persone, sono davvero
misteriose. Non mi risulta che chi legge i miei saggi abbia mai cambiato la
propria opinione. Non mi e' ancora successo che qualcuno, fermandomi per
strada, mi abbia detto: "Signor Oz, ho cambiato parere leggendo il suo
libro". Sul piano pubblico, quando esprimo una critica particolarmente dura,
quel che vedo e' che si innesca un processo di risposte che porta quasi
sempre a un dibattito cavilloso, basato sui soliti, presunti malintesi.
Finisce sempre che mi si accusa di avere equivocato, di avere compreso male.
In effetti, almeno per quanto mi riguarda, credo di avere scarso impatto
sulla realta', o quantomeno non ho quasi mai visto concretizzarsi alcuni dei
miei piu' sentiti propositi. In piu' di un'occasione mi sono augurato che i
governanti di Israele finissero all'Inferno. Purtroppo non e' ancora
successo. Continuo comunque a sperarlo, e soprattutto, a scriverlo.

4. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "SONO EBREO, ANCHE" DI ARTURO SCHWARZ
[Dal supplemento settimanale di segnalazioni librarie "Tuttolibri" del
quotidiano "La stampa" del 10 marzo 2007 riprendiamo la seguente recensione
(disponibile anche nel sito www.lastampa.it).
Enzo Bianchi e' animatore della comunita' di Bose. Dal sito
www.festivaletteratura.it riprendiamo questa scheda: "Enzo Bianchi e' nato a
Castel Foglione nel Monferrato nel 1943 ed e' fondatore e priore della
comunita' monastica di Bose. Nel 1966 ha infatti raggiunto il villaggio di
Bose a Magnano (Vercelli) e ha dato inizio a una comunita' monastica
ecumenica cui tuttora presiede. Enzo Bianchi e' direttore della rivista
biblica "Parola, Spirito e Vita", membro della redazione della rivista
internazionale "Concilium" ed autore di numerosi testi, tradotti in molte
lingue, sulla spiritualita' cristiana e sulla grande tradizione della
Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi.
Collabora a "La stampa", "Avvenire" e "Luoghi dell'infinito"". Tra le opere
di Enzo Bianchi: Il radicalismo cristiano, Gribaudi, 1980; Lontano da chi,
Gribaudi, 1984; Un rabbi che amava i banchetti, Marietti, 1985; Il corvo di
Elia, Gribaudi, 1986; Amici del Signore, Gribaudi, 1990; Pregare la parola,
Gribaudi, 1990; Il profeta che raccontava Dio agli uomini, Marietti, 1990;
Apocalisse di Giovanni, Qiqajon, 1990; Magnificat, benedictus, nunc
dimittis, Qiqajon, 1990; Ricominciare, Marietti, 1991; Vivere la morte,
Gribaudi, 1992; Preghiere della tavola, Qiqajon, 1994; Adamo, dove sei,
Qiqajon, 1994; Il giorno del signore, giorno dell'uomo, Piemme, 1994; Da
forestiero, Piemme, 1995; Aids. Vivere e morire in comunione, Qiqajon, 1997;
Pregare i salmi, Gribaudi, 1997; Come evangelizzare oggi, Qiqajon, 1997;
Libro delle preghiere, Einaudi, 1997; Altrimenti. Credere e narrare il Dio,
Piemme, 1998; Poesie di Dio, Einaudi, 1999; Altrimenti. Credere e narrare il
Dio dei cristiani, Piemme, 1999; Da forestiero. Nella compagnia degli
uomini, Piemme, 1999; Giorno del Signore, giorno dell'uomo. Per un
rinnovamento della domenica, Piemme, 1999; I paradossi della croce,
Morcelliana, 1999; Le parole della spiritualita'. Per un lessico della vita
interiore, Rizzoli, 1999; Ricominciare. Nell'anima, nella Chiesa, nel mondo,
Marietti, 1999; Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia e
sull'accompagnamento dei malati, Qiqajon, 2000; L'Apocalisse di Giovanni.
Commento esegetico-spirituale, Qiqajon, 2000; Come vivere il Giubileo del
2000, Qiqajon, 2000; La lettura spirituale della Bibbia, Piemme, 2000; Non
siamo migliori. La vita religiosa nella Chiesa, tra gli uomini, Qiqajon,
2002; Quale fede?, Morcelliana, 2002; I Cristiani nella societa', Rizzoli,
2003; La differenza cristiana, Einaudi, 2006.
Arturo Schwarz, poliedrico intellettuale, vivacissimo animatore culturale,
storico e critico d'arte e poeta. Dal sito www.derbylius.com riprendiamo la
seguente scheda di presentazione di una mostra a lui dedicata: "Arturo
Schwarz e' nato ad Alessandria d'Egitto il 3 febbraio 1924. Storico
dell'arte, saggista, poeta e conferenziere, e' autore di importanti opere
sul surrealismo e il dadaismo; ha inoltre scritto libri e numerosi saggi
sulla Kabbalah, sul tantrismo, sull'alchimia, sull'arte preistorica e
tribale, sull'arte e la filosofia dell'Asia. Con la mostra 'Omaggio a Marcel
Duchamp' inaugura nel maggio del 1954 a Milano in via Sant'Andrea la
Libreria galleria Schwarz. Dopo le esperienze del carcere e del campo
d'internamento, Arturo Schwarz, surrealista da sempre, laureato in filosofia
alla Sorbona di Parigi, si stabilisce definitivamente a Milano nel 1949.
Nell'aprile del 1952, avvia un'attivita' editoriale (conclusasi nel 1959) e
pubblica, tra gli altri, testi di A. Breton, A. Einstein, D. Guerin, M.
Nadeau, P. Naville, B. Peret e L. Trotsky. Importante anche il posto che la
poesia occupa nella sua attivita' editoriale. Vengono pubblicati, tra gli
altri, testi di R. Carrieri, F. Fortini, E. Isgro', M. Luzi, A. Merini, E.
Pagliarani, A. Porta, S. Quasimodo, R. Sanesi e G. Ungaretti. Dal 1954 nella
sua libreria, che nel 1961 si trasforma in galleria, presenta (spesso e' la
prima mostra italiana) i protagonisti del dadaismo e del surrealismo, cosi'
come i nomi piu' significativi delle avanguardie storiche, mentre allestisce
anche mostre degli artisti piu' vitali delle avanguardie del dopoguerra. Tra
i saggi piu' importanti pubblicati in Italia ricordiamo: Pittura italiana
del dopoguerra (Schwarz, Milano 1957), La Sposa messa a nudo in Marcel
Duchamp, anche (Einaudi, Torino 1974), Andre' Breton, Trotsky e l'anarchia
(1974, 3a ed. Roberto Massari, Roma 1997), Almanacco Dada (Feltrinelli,
Milano 1976), Man Ray, il rigore dell'immaginazione (Feltrinelli, Milano
1977), Intensa anche l'attivita' di poeta. La prima raccolta e' del 1945:
Papier Hygienique (Culture et progres, Alessandria d'Egitto). Seguira' Avant
que le coq ne chante (Pierre Seghers, Paris 1951). Da allora ha pubblicato
oltre quaranta raccolte di poesie tra le quali: Il reale assoluto,
illustrato da Marcel Duchamp e Man Ray (1964); Il reale dissoluto,
illustrato da Cesar (1973); Meta.morphoses, illustrato da Andre' Masson
(1976); I miei quattro punti cardinali, illustrato da Emilio Tadini (2000);
Ouverture, illustrato da Mimmo Paladino (2002); Ottava, illustrata da
Ceccobelli, Chia, Cucchi, Dangelo, Nespolo, Paladino, Parmiggiani e Tadini
(2004)". Tra le opere di Arturo Schwarz attualmente in catalogo presso vari
editori: Marcel Duchamp, Fabbri; Satyavati, La Salamandra; L'immaginazione
alchemica, La Salamandra; Anarchia e creativita', La Salamandra; L'arte
dell'amore in India e Nepal, Laterza, 1980; Il culto della donna nella
tradizione indiana, Laterza, 1983; Introduzione all'alchimia indiana,
Laterza, 1984; Marcel Duchamp, la sposa... E i Readymade, Electa Mondadori,
1988; Maurice Henry. Catalogo della mostra, Mazzotta, 1991; La Sposa messa a
nudo in Marcel Duchamp, anche, Einaudi, 1997; L'avventura surrealista. Amore
e rivoluzione, anche, Massari, 1997; Fabio De Sanctis. La memoria del
viaggio, Bora, 1997; Breton e Trotsky. Storia di un'amicizia, Massari, 1997;
Man Ray, Giunti Editore, 1998; Cabbala' e alchimia. Saggio sugli archetipi
comuni, La Giuntina, 1999; L'immaginazione alchemica, ancora, Moretti &
Vitali, 2000; Ouverture, Moretti & Vitali, 2002; Klapheck, Gabrius, 2002;
Renzo Margonari. Alchimie dell'inconscio, Casa del Mantegna, 2003; Pietro
Coletta. La virtu' del virtuale, Moretti & Vitali, 2003; Scultura italiana
1960-2004. Catalogo della mostra (Matera, giugno-settembre 2004; Milano,
novembre-dicembre 2004), 5 Continents Editions, 2004; Cabbala' e alchimia.
Saggi sugli archetipi comuni, Garzanti, 2004; Il mondo accanto, Book, 2006;
Sono ebreo, anche. Riflessioni di un ateo anarchico, Garzanti, 2007; Tutte
le poesie, quasi (1941-2006), Moretti & Vitali, uscita prevista nel 2007]

"Noi abbiamo solo le Scritture e la liberta'". Questa affermazione - che
Antonio, il padre del deserto egiziano nel IV secolo, applicava ai monaci -
mostra a volte un'assoluta pertinenza anche in riferimento a persone
totalmente estranee al mondo monastico cristiano, come Arturo Schwarz che
nel titolo stesso della sua opera - Sono ebreo, anche. Riflessioni di un
ateo anarchico (Garzanti, pp. 110, euro 10) - non fa mistero della sua
alterita' nei confronti della religione. Infatti, da dove, se non da uno
"sta scritto" accolto nella liberta', viene la linfa che ha alimentato la
sua "filosofia di vita"? In pagine densissime e al tempo stesso scorrevoli
come una conversazione a cuore aperto, l'autore fa emergere come "il rifiuto
del principio di autorita', la brama di conoscenza, il rispetto del diverso,
l'anelito di giustizia, il rispetto della natura, il diritto alla felicita',
il riconoscimento della valenza salvifica e iniziatica della donna" - sono
anche i titoli dei brevi capitoli dell'opera - affondino le proprie radici
nel testo biblico e nella tradizione del pensiero ebraico che quel testo ha
letto, interpretato, commentato nel corso dei secoli.
Cosi', in un percorso che si sofferma con particolare insistenza e sagacia
sulla letteratura talmudica, midrashica e cabbalistica, per toccare il
culmine con Spinoza, e giungere fino al nostro secolo, ritroviamo gli ideali
che hanno mosso e muovono il cuore, il pensiero e l'agire di questo "ebreo,
anche" e che, come lui stesso afferma, "sono contenuti in una sola parola:
Rispetto".
E' un esempio sintomatico di come non solo esista, ma sia anche feconda
un'etica laica, di come la spiritualita' non sia appannaggio esclusivo dei
credenti, ma dilati il suo soffio vitale ben al di la' degli steccati
confessionali. Scorrendo le pagine di Schwarz si ha poi anche un'altra
piacevole conferma: le Scritture, cioe' i testi che i credenti ritengono
ispirati e attribuibili a Dio in modo diretto o mediato, si mostrano ricche
di ulteriore senso e profondita' quando vengono accostate da non credenti
con discernimento e intelligenza. Si finisce per ritrovare in esse principi
capaci di parlare a ogni essere umano, strumenti di autentica liberazione
interiore, piste di umanizzazione della vita personale, comunitaria e
sociale.
Si', "le Scritture e la liberta'", cioe' l'eredita' di sapienza di quanti ci
hanno preceduto e lo spazio vitale nel quale ci e' dato di accoglierla, e'
in fondo tutto quello che ciascuno di noi ha diritto di possedere e dovere
di custodire: forse oggi ci pare divenuta merce rara, ma se ripercorriamo
l'avventura umana sulla terra vediamo che la salvaguardia di questi due
elementi ha sempre avuto, per il singolo come per le collettivita', un
prezzo altissimo. Un prezzo che a volte solo delle minoranze perseguitate o
dei profeti solitari hanno saputo pagare: ma e' proprio grazie a simili
testimoni di una controcultura marginalizzata e osteggiata che sono
sopravvissute a beneficio di tutti le istanze piu' profonde che abitano e
nobilitano il cuore umano.

5. LIBRI. AUGUSTO CAVADI PRESENTA "LA PACE INCOMINCIA DA ME" DI FULVIA MASI
E MOSA MASI TANKSLEY
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at alice.it) per averci
messo a dsposizione questa recensione apparsa sulla rivista " Centonove" del
9 marzo 2007.
Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e'
impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a
Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di
problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia.
Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della
consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a
questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo,
Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad.
portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera,
Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad.
portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico,
ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa
puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova
edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la
lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A
scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze
didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza
cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain
fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo.
Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di
documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce
"Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie,
Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici.
Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000;
Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato
in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente
bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla
mafia, DG Editore, Trapani 2005; E, per passione, la filosofia, DG Editore,
Trapani 2006. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste
antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito:
http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa).
Fulvia Masi e' un'intellettuale palermitana emigrata a New York,
ricercatrice e traduttrice.
Mosa Masi Tanksley e' la giovane figlia di Fulvia Masi]

"Poiche' le guerre hanno origine nella mente degli uomini, nella mente degli
uomini si debbono costruire le difese della pace": cosi' recitava,
all'indomani della seconda guerra mondiale nel 1945 l'atto costitutivo
dell'Unesco. Una convinzione elementare e, proprio per questo, disattesa a
cui invece ritornano Fulvia Masi e la giovane figliuola Mosa Masi Tanksley ,
autrici rispettivamente dei testi e dei disegni di un delizioso libretto (La
pace incomincia da me, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2006, pp. 32, euro
5,90, in edizione bilingue - italiano e inglese).
All'apparenza la pubblicazione sembra destinata solo ai bambini, ma una
sorta di prefazione avverte che e' invece "per bambini e per grandi". Il
protagonista, infatti, il "bambino filosofo" Memmo, vive "una storia
semplice nel linguaggio e nel contenuto, eppure sottilmente profonda nel
significato". Siamo, insomma, nella tradizione di quei racconti, come Il
piccolo principe di Antoine de Saint-Exupery, che si lasciano leggere - come
palinsesti - a diversi livelli di profondita'.
E, in effetti, anche un piccolo alunno delle scuole elementari puo' cogliere
il messaggio di Memmo: la pace mondiale e' un albero immenso che puo'
formarsi solo a partire da piccoli semi piantati nel cuore dei singoli. Ma
la stessa verita' - che potrebbe diventare oggetto di conversazione in una
sperimentazione circolare di "philosophy for children" alla Lipman - non
sfigurerebbe in simposi per adulti: dove, tramontate le visioni
collettivistiche e deresponsabilizzanti, si fa strada (anche grazie alla
lezione della psicoanalisi) la consapevolezza che la soggettivita'
individuale e' "la radice originaria del legame sociale"; che tale
soggettivita' e' costitutivamente "posta nella relazione con gli altri umani
e con la biosfera"; e che solo un contagio progressivo, a macchia d'olio, di
tale consapevolezza puo' diventare "evento cosmopolitico" (cosi' Romano
Madera nel volume, scritto in collaborazione con Luigi Vero Tarca, La
filosofia come stile di vita. Introduzione alle pratiche filosofiche, Bruno
Mondadori, Milano 2003, a p. 72).
La pace di cui e' alla ricerca Memmo ha molti nomi: perche' altrettanti sono
i volti della non-pace, della guerra, della violenza. In particolare essa e'
anche la pace come cessazione della criminalita' camorristica: il titolo del
libro, infatti, e' stato suggerito alle autrici da uno slogan scelto dai
bambini della scuola media ed elementare "Virgilio IV" di Scampia per una
manifestazione organizzata sul loro territorio al fine di chiedere "il
silenzio delle armi dei clan". Ma se lo spunto e' nato da una circostanza
locale ben determinata, lo sguardo si e' poi lentamente alzato su un
orizzonte planetario: verso una "universalita'... senza frontiere
(geografiche o religiose)". Perche', tra i tanti paradossi della pace, si
registra anche questo: non c'e' pace fra le nazioni se non c'e' pace dentro
gli individui, ma sarebbe solo una pia illusione "alla new age" coltivare
una pace privata in un contesto storico-politico dilaniato dalla dialettica
terrore degli Stati - terrorismo delle minoranze esasperate.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 47 del 2 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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