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Voci e volti della nonviolenza. 53
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 53
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 20 Mar 2007 13:01:06 +0100
- Importance: Normal
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 53 del 20 marzo 2007 In questo numero: 1. Giacomo Leopardi 2. Giacomo Leopardi: La ginestra o il fiore del deserto 3. Et coetera 1. GIACOMO LEOPARDI Da Leopardi apprendemmo la necessita' della scelta della nonviolenza. Una scelta fondata non sulle illusioni, ma sul nudo vero. Che proprio perche' ogni essere umano e' per statuto biologico esposto al male e alla morte, e' assurdo ed infame a questo dolore aggiungere quello che deriva dall'esercizio della violenza da parte di esseri umani su altri esseri umani, laddove e' palese che tutti gli esseri umani tra loro dovrebbero sentirsi ed essere solidali. Come magnificamente dimostra La ginestra, uno dei grandi manifesti politici dell'umanita'. 2. GIACOMO LEOPARDI: LA GINESTRA O IL FIORE DEL DESERTO "E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce" (Giovanni, III, 19) Qui su l'arida schiena Del formidabil monte Sterminator Vesevo, La qual null'altro allegra arbor ne' fiore, Tuoi cespi solitari intorno spargi, Odorata ginestra, Contenta dei deserti. Anco ti vidi De' tuoi steli abbellir l'erme contrade Che cingon la cittade La qual fu donna de' mortali un tempo, E del perduto impero Par che col grave e taciturno aspetto Faccian fede e ricordo al passeggero. Or ti riveggo in questo suol, di tristi Lochi e dal mondo abbandonati amante, E d'afflitte fortune ognor compagna. Questi campi cosparsi Di ceneri infeconde, e ricoperti Dell'impietrata lava, Che sotto i passi al peregrin risona; Dove s'annida e si contorce al sole La serpe, e dove al noto Cavernoso covil torna il coniglio; Fur liete ville e colti, E biondeggiar di spiche, e risonaro Di muggito d'armenti; Fur giardini e palagi, Agli ozi de' potenti Gradito ospizio; e fur citta' famose Che coi torrenti suoi l'altero monte Dall'ignea bocca fulminando oppresse Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno Una ruina involve, Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi I danni altrui commiserando, al cielo Di dolcissimo odor mandi un profumo, Che il deserto consola. A queste piagge Venga colui che d'esaltar con lode Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto E' il gener nostro in cura All'amante natura. E la possanza Qui con giusta misura Anco estimar potra' dell'uman seme, Cui la dura nutrice, ov'ei men teme, Con lieve moto in un momento annulla In parte, e puo' con moti Poco men lievi ancor subitamente Annichilare in tutto. Dipinte in queste rive Son dell'umana gente Le magnifiche sorti e progressive. Qui mira e qui ti specchia, Secol superbo e sciocco, Che il calle insino allora Dal risorto pensier segnato innanti Abbandonasti, e volti addietro i passi, Del ritornar ti vanti, E procedere il chiami. Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti, Di cui lor sorte rea padre ti fece, Vanno adulando, ancora Ch'a ludibrio talora T'abbian fra se'. Non io Con tal vergogna scendero' sotterra; Ma il disprezzo piuttosto che si serra Di te nel petto mio, Mostrato avro' quanto si possa aperto: Ben ch'io sappia che obblio Preme chi troppo all'eta' propria increbbe. Di questo mal, che teco Mi fia comune, assai finor mi rido. Liberta' vai sognando, e servo a un tempo Vuoi di novo il pensiero, Sol per cui risorgemmo Della barbarie in parte, e per cui solo Si cresce in civilta', che sola in meglio Guida i pubblici fati. Cosi' ti spiacque il vero Dell'aspra sorte e del depresso loco Che natura ci die'. Per questo il tergo Vigliaccamente rivolgesti al lume Che il fe' palese: e, fuggitivo, appelli Vil chi lui segue, e solo Magnanimo colui Che se' schernendo o gli altri, astuto o folle, Fin sopra gli astri il mortal grado estolle. Uom di povero stato e membra inferme Che sia dell'alma generoso ed alto, Non chiama se' ne' stima Ricco d'or ne' gagliardo, E di splendida vita o di valente Persona infra la gente Non fa risibil mostra; Ma se' di forza e di tesor mendico Lascia parer senza vergogna, e noma Parlando, apertamente, e di sue cose Fa stima al vero uguale. Magnanimo animale Non credo io gia', ma stolto, Quel che nato a perir, nutrito in pene, Dice, a goder son fatto, E di fetido orgoglio Empie le carte, eccelsi fati e nove Felicita', quali il ciel tutto ignora, Non pur quest'orbe, promettendo in terra A popoli che un'onda Di mar commosso, un fiato D'aura maligna, un sotterraneo crollo Distrugge si', che avanza A gran pena di lor la rimembranza. Nobil natura e' quella Che a sollevar s'ardisce Gli occhi mortali incontra Al comun fato, e che con franca lingua, Nulla al ver detraendo, Confessa il mal che ci fu dato in sorte, E il basso stato e frale; Quella che grande e forte Mostra se' nel soffrir, ne' gli odii e l'ire Fraterne, ancor piu' gravi D'ogni altro danno, accresce Alle miserie sue, l'uomo incolpando Del suo dolor, ma da' la colpa a quella Che veramente e' rea, che de' mortali Madre e' di parto e di voler matrigna. Costei chiama inimica; e incontro a questa Congiunta esser pensando, Siccome e' il vero, ed ordinata in pria L'umana compagnia, Tutti fra se' confederati estima Gli uomini, e tutti abbraccia Con vero amor, porgendo Valida e pronta ed aspettando aita Negli alterni perigli e nelle angosce Della guerra comune. Ed alle offese Dell'uomo armar la destra, e laccio porre Al vicino ed inciampo, Stolto crede cosi' qual fora in campo Cinto d'oste contraria, in sul piu' vivo Incalzar degli assalti, Gl'inimici obbliando, acerbe gare Imprender con gli amici, E sparger fuga e fulminar col brando Infra i propri guerrieri. Cosi' fatti pensieri Quando fien, come fur, palesi al volgo, E quell'orror che primo Contra l'empia natura Strinse i mortali in social catena, Fia ricondotto in parte Da verace saper, l'onesto e il retto Conversar cittadino, E giustizia e pietade, altra radice Avranno allor che non superbe fole, Ove fondata probita' del volgo Cosi' star suole in piede Quale star puo' quel ch'ha in error la sede. Sovente in queste rive, Che, desolate, a bruno Veste il flutto indurato, e par che ondeggi, Seggo la notte; e su la mesta landa In purissimo azzurro Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle, Cui di lontan fa specchio Il mare, e tutto di scintille in giro Per lo voto seren brillare il mondo. E poi che gli occhi a quelle luci appunto, Ch'a lor sembrano un punto, E sono immense, in guisa Che un punto a petto a lor son terra e mare Veracemente; a cui L'uomo non pur, ma questo Globo ove l'uomo e' nulla, Sconosciuto e' del tutto; e quando miro Quegli ancor piu' senz'alcun fin remoti Nodi quasi di stelle, Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo E non la terra sol, ma tutte in uno, Del numero infinite e della mole, Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle O sono ignote, o cosi' paion come Essi alla terra, un punto Di luce nebulosa; al pensier mio Che sembri allora, o prole Dell'uomo? E rimembrando Il tuo stato quaggiu', di cui fa segno Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte, Che te signora e fine Credi tu data al Tutto, e quante volte Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro Granel di sabbia, il qual di terra ha nome, Per tua cagion, dell'universe cose Scender gli autori, e conversar sovente Co' tuoi piacevolmente, e che i derisi Sogni rinnovellando, ai saggi insulta Fin la presente eta', che in conoscenza Ed in civil costume Sembra tutte avanzar; qual moto allora, Mortal prole infelice, o qual pensiero Verso te finalmente il cor m'assale? Non so se il riso o la pieta' prevale. Come d'arbor cadendo un picciol pomo, Cui la' nel tardo autunno Maturita' senz'altra forza atterra, D'un popol di formiche i dolci alberghi, Cavati in molle gleba Con gran lavoro, e l'opre E le ricchezze che adunate a prova Con lungo affaticar l'assidua gente Avea provvidamente al tempo estivo, Schiaccia, diserta e copre In un punto; cosi' d'alto piombando, Dall'utero tonante Scagliata al ciel profondo, Di ceneri e di pomici e di sassi Notte e ruina, infusa Di bollenti ruscelli O pel montano fianco Furiosa tra l'erba Di liquefatti massi E di metalli e d'infocata arena Scendendo immensa piena, Le cittadi che il mar la' su l'estremo Lido aspergea, confuse E infranse e ricoperse In pochi istanti: onde su quelle or pasce La capra, e citta' nove Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello Son le sepolte, e le prostrate mura L'arduo monte al suo pie' quasi calpesta. Non ha natura al seme Dell'uom piu' stima o cura Che alla formica: e se piu' rara in quello Che nell'altra e' la strage, Non avvien cio' d'altronde Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde. Ben mille ed ottocento Anni varcar poi che spariro, oppressi Dall'ignea forza, i popolati seggi, E il villanello intento Ai vigneti, che a stento in questi campi Nutre la morta zolla e incenerita, Ancor leva lo sguardo Sospettoso alla vetta Fatal, che nulla mai fatta piu' mite Ancor siede tremenda, ancor minaccia A lui strage ed ai figli ed agli averi Lor poverelli. E spesso Il meschino in sul tetto Dell'ostel villereccio, alla vagante Aura giacendo tutta notte insonne, E balzando piu' volte, esplora il corso Del temuto bollor, che si riversa Dall'inesausto grembo Su l'arenoso dorso, a cui riluce Di Capri la marina E di Napoli il porto e Mergellina. E se appressar lo vede, o se nel cupo Del domestico pozzo ode mai l'acqua Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli, Desta la moglie in fretta, e via, con quanto Di lor cose rapir posson, fuggendo, Vede lontan l'usato Suo nido, e il picciol campo, Che gli fu dalla fame unico schermo, Preda al flutto rovente, Che crepitando giunge, e inesorato Durabilmente sovra quei si spiega. Torna al celeste raggio Dopo l'antica obblivion l'estinta Pompei, come sepolto Scheletro, cui di terra Avarizia o pieta' rende all'aperto; E dal deserto foro Diritto infra le file Dei mozzi colonnati il peregrino Lunge contempla il bipartito giogo E la cresta fumante, Che alla sparsa ruina ancor minaccia. E nell'orror della secreta notte Per li vacui teatri, Per li templi deformi e per le rotte Case, ove i parti il pipistrello asconde, Come sinistra face Che per voti palagi atra s'aggiri, Corre il baglior della funerea lava, Che di lontan per l'ombre Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge. Cosi', dell'uomo ignara e dell'etadi Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno Dopo gli avi i nepoti, Sta natura ognor verde, anzi procede Per si' lungo cammino Che sembra star. Caggiono i regni intanto, Passan genti e linguaggi: ella nol vede: E l'uom d'eternita' s'arroga il vanto. E tu, lenta ginestra, Che di selve odorate Queste campagne dispogliate adorni, Anche tu presto alla crudel possanza Soccomberai del sotterraneo foco, Che ritornando al loco Gia' noto, stendera' l'avaro lembo Su tue molli foreste. E piegherai Sotto il fascio mortal non renitente Il tuo capo innocente: Ma non piegato insino allora indarno Codardamente supplicando innanzi Al futuro oppressor; ma non eretto Con forsennato orgoglio inver le stelle, Ne' sul deserto, dove E la sede e i natali Non per voler ma per fortuna avesti; Ma piu' saggia, ma tanto Meno inferma dell'uom, quanto le frali Tue stirpi non credesti O dal fato o da te fatte immortali. 3. ET COETERA Giacomo Leopardi (Recanati 1798 - Napoli 1837) "filologo ammirato fuori d'Italia / scrittore di filosofia e di poesie altissimo / da paragonare solamente coi greci": cosi' nella lapide dettata da Pietro Giordani ("perfetta", amava dire il nostro amico Annibale Scarpante, "a cui solo aggiungeremmo: eroico combattente per la dignita' umana, fedele al vero e al giusto, amico della nonviolenza"). ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 53 del 20 marzo 2007 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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