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La nonviolenza e' in cammino. 1486
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1486
- From: "Alessandroni Giacomo" <g.alessandroni at peacelink.it>
- Date: Tue, 21 Nov 2006 18:37:25 +0100
- Sender: g.alessandroni at gmail.com
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1486 del 21 novembre 2006 Sommario di questo numero: 1. La guerra 2. Cristina Ricci: Heinrich Boell. Esplorare le ferite 3. Elena Buccoliero: Due incontri a Ferrara 4. Un fiocco bianco contro la violenza alle donne 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LA GUERRA La guerra, cui l'Italia sta partecipando in Afghanistan. La guerra, che la Costituzione italiana ripudia. La guerra, terrorista e stragista sempre. Cessi la partecipazione italiana alla guerra. Torni lo stato italiano al rispetto della legalita' costituzionale. 2. TESTIMONI. CRISTINA RICCI: HEINRICH BOELL. ESPLORARE LE FERITE [Ringraziamo Cristina Ricci (per contatti: criscristy at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente testo, estratto dalla sua tesi di laurea "Il silenzio di Leni. Una ricognizione intorno al personaggio protagonista di 'Foto di gruppo con signora' di Heinrich Boell" sostenuta all'Universita' degli studi della Tuscia di Viterbo nell'anno accademico 2004-2005. Cristina Ricci e' dottoressa in lingue e letterature straniere, ha preso parte a varie esperienze culturali e di solidarieta'. Heinrich Boell e' nato a Colonia nel 1917, testimone degli orrori del secolo, uomo di tenace, intransigente impegno morale e civile, una delle figure piu belle dell'impegno per la pace e la dignita' umana. Premio Nobel per la letteratura nel 1972. E' scomparso nel 1985. La sua bonta' dovrebbe passare in proverbio. Opere di Heinrich Boell: tra le opere di narrativa (che sono sempre anche di testimonianza) piu' volte ristampate: Il treno era in orario (Mondadori), Viandante, se giungi a Spa. (Mondadori), Dov'eri, Adamo? (Bompiani), E non disse nemmeno una parola (Mondadori), Racconti umoristici e satirici (Bompiani), Il nano e la bambola (Einaudi), Opinioni di un clown (Mondadori), Foto di gruppo con signora (Einaudi), L'onore perduto di Katharina Blum (Einaudi), Vai troppo spesso a Heidelberg (Einaudi), Assedio preventivo (Einaudi), Il legato (Einaudi), La ferita (Einaudi), Donne con paesaggio fluviale (Einaudi). Tra le raccolte di saggi e interventi: Rosa e dinamite, Einaudi, Torino 1979; Lezioni francofortesi, Linea d'ombra, Milano 1990; Terreno minato, Bompiani, Milano 1990; Fraternita' difficile, Edizioni e/o, Roma 1999. Opere su Heinrich Boell: Italo Alighiero Chiusano, Heinrich Boell, La Nuova Italia, Firenze 1974; Lucia Borghese, Invito alla lettura di Boell, Mursia, Milano 1990. Segnaliamo, ma non ce ne dovrebbe essere bisogno, che per esigenze legate alla peculiare forma di trasmissione per e-mail di questo foglio telematico abbiamo costantemente sciolto graficamente l'umlaut nel dittongo "vocale + e", ad esempio: "Boll" (con l'umlaut) e' qui sempre dato nella forma grafica "Boell"; "Koln" (con l'umlaut), il nome tedesco della citta' di Colonia, "Koeln"] 1. La realta' della guerra Avendo Boell stesso partecipato all'esperienza terribile della guerra, sente la necessita' di esprimere nelle sue prime opere quei sentimenti e quelle emozioni che erano stati causati da un avvenimento che sovrastava e travolgeva voleri e destini individuali. Era la seconda guerra mondiale che aveva annullato e alienato gli individui: "una guerra sentita, come la senti' anche l'uomo Boell, soprattutto come stupidita' gigantesca, come crimine elevato alla miliardesima potenza, come ozio e fatica inutile, spreco d'intelligenza e di tempo, distruttrice di ogni cosa bella, civile, disinteressata, allegra, santa della vita" (1). Il motivo principale che accompagna gli uomini durante questa atroce esperienza, le cui protagoniste sono solo violenza, miseria e assurdita', e' la paura costante, il terrore di poter perdere la propria vita, di allontanarsi e forse non ritrovarsi piu' con le persone care. Questo e' cio' che Boell riflette nei suoi primi romanzi: sentimenti che hanno un peso esistenziale, descrizioni di situazioni interiormente strazianti a causa di una totale alienazione dell'uomo. Amore, religione e dolore rappresentano gli strumenti della sua critica all'azione mostruosa della guerra. Nei suoi racconti, dunque, Boell non parla della guerra come di un mito, ma la condanna come immorale, con acume dichiara la ferocia e la ridicolaggine insita in essa; il suo scopo e' quello di "svelarne la stupidita', quelle contraddizioni e quei brutali atteggiamenti che impressionano fino al disgusto" (2). La sua partecipazione a quella situazione di estrema degenerazione alla quale e' impossibile sottrarsi, lo aiuta a testimoniare, nella maniera piu' realistica possibile, sulla catastrofe che sconvolgeva il destino di uomini, donne e bambini, tutti partecipi di un'unica tragedia: "la sua guerra e' una lenta e inesorabile tragedia che si consuma nel lerciume delle caserme e in lazzaretti improvvisati, in campi di concentramento e convogli militari, in bordelli, taverne luride, citta' in fiamme, e in squallide sale d'aspetto di anonime stazioni, in mezzo al mercato nero, alla fame e alla disperazione" (3). Nelle sue narrazioni Boell presenta un quadro estremamente negativo della guerra, senza descrizioni di azioni eroiche o battaglie gloriose perche' chi combatte non e' un eroe ma una vittima di un meccanismo perverso che causa solo grande sofferenza, che ha invaso tutta la vita dell'uomo, calpestato quei luoghi "dove aveva amato, pregato, lavorato, studiato" (4). Boell sente l'esigenza di descrivere "quell'enorme accadimento collettivo, disperso e dispersivo, parte incomprensibile, parte intollerabile, troppo reale per non schiacciarci, troppo surreale per convincerci, che e' la guerra" (5). Per dipanare le vicende, con lo scopo di rappresentare la realta', si serve di un linguaggio il piu' semplice e diretto possibile, nel quale emergono parole di fraternita' cristiana nei confronti di chi muore stupidamente perche' cosi' e' stato deciso in qualche alta sede. La sua e' una "litterature engagee" che realisticamente mostra cio' che la guerra ha fatto degli uomini: delle vittime della storia, "la loro colpa in tutto cio' che succede e' solo di carattere metafisico, mai di natura concreta. Boell non ha tentato di rappresentare i meccanismi che portano alla guerra. Egli mostra soltanto cosa la guerra ha fatto degli uomini. Piu' che di evocazione di fatti bellici si tratta per Boell di dimostrazione della loro crudelta' e assurdita'" (6). * 2. Il dramma del dopoguerra Dopo la fine della guerra, la Germania e' ridotta a un cumulo di macerie, e' distrutta e dilaniata, impegnata in una ricostruzione immediata e veloce, popolata da gente senza casa, senza lavoro, da reduci mutilati sia fisicamente che spiritualmente, che hanno difficolta' nel ricominciare una vita "normale", nel ritrovare conforto presso i loro cari. I sentimenti e le relazioni vengono intaccati dai problemi economici imperanti; la famiglia, che e' l'unica istituzione in cui ci si puo' veramente sentire se stessi, amati e confortati, dopo la guerra e' completamente disintegrata; inoltre, il dolore e l'alienazione hanno portato disagi come l'incomunicabilita' e l'insofferenza di fronte a condizioni di vita destabilizzate. Und sagte kein einziges Wort e Haus ohne Hueter sono i due romanzi che meglio di tutti riflettono questa situazione, una situazione in cui la pace dovrebbe essere la protagonista, e invece non e' che illusoria: "e' solo il silenzio delle armi, un combattimento con modalita' diverse, meno cruento ma spesso ancor piu' disumano, perche' sostituisce al mistero intangibile della morte la miseria quotidiana, l'avvilimento progressivo della persona, il dissolversi di quei legami che rendono possibile la vita dell'uomo tra gli altri uomini" (7). Il conflitto del dopoguerra e' quello della sopravvivenza in un mondo distrutto in cui non si riesce piu' a riannodare i fili della vita. Superstiti in una patria devastata, abulici, che non riescono a dimenticare la terribile vicenda bellica trovandosi in un dopoguerra triste e amaro, sono i protagonisti dell'era della ricostruzione. Gli obiettivi da raggiungere sono inserirsi nuovamente nella societa', trovarsi un lavoro, ristabilire dei rapporti umani, e cercare di "superare il passato" come la nuova politica adenaueriana consiglia. Ancora una volta i romanzi e i racconti boelliani fungono da specchio di una societa' in cui cio' "che affiora decisamente e' la precarieta' della vita dei singoli che nel presente non riescono a ritrovarsi, e lottano contro di esso e soggiacciono; e il narratore ne coglie i tratti come vedendo ogni cosa in uno specchio lucido, e con un senso sicuro nello sceverare le cause alle radici" (8). * 3. L'avvento del boom economico In contraddizione con la miseria che dilagava nell'immediato dopoguerra, comincia a verificarsi una ripresa economica rapida e travolgente che sfocia pero' solo in un rinnovamento estetico della societa' piuttosto che nella restaurazione di quei valori umani straziati da tanto dolore. I protagonisti boelliani diventano in questo caso i portavoce silenziosi e sofferenti di una societa' che pensa alla ricostruzione economica come all'unica strada attuabile e appetibile per una nuova vita in una Germania neomilitarista e neoindustriale dove gli stili di vita sono volti all'insegna degli affari e del profitto. Gli unici obiettivi sono potere, denaro, prestigio, tutti gli altri vengono considerati come assurdi, estranianti, e rendono "diversi". Per sentirsi parte della societa' si devono seguire gli schemi proposti, gli stereotipi, e perdere la propria identita'. "L'efficienza del progresso materiale, il meccanizzarsi di ogni cosa, l'industrializzazione della cultura e il livellamento dei gusti nel nome di una generale funzionalita' e del massimo rendimento erano i nuovi idoli trionfanti... il lavoro prende il posto degli ideali perduti, si fa mezzo collettivo dei problemi della coscienza individuale" (9). Due realta' convivono insieme: quella mistificatoria del consumismo e quella drammatica, ma autentica, delle vittime della storia. Tra queste due realta' contrapposte si concretizza un rapporto stridente, falso, che esaspera l'alienazione dei piu' deboli. Con una critica accesa e pungente, che aveva cominciato ad essere tale con i due racconti (Nicht nur zur Weihnachtzeit e Die schwarzen Schafe) indicatori di una discrepanza tra apparenza e realta', Boell si scaglia contro le istituzioni che non adempiono ai loro doveri e ancor peggio tendono a ricostituire uno Stato conservatore piuttosto che attuare un rinnovamento orientato in direzione democratica. Da fervido cattolico non accetta il comportamento opportunista della chiesa che, in connivenza con il potere, lascia i suoi fedeli allo sbaraglio, proprio coloro che, traumatizzati da avvenimenti storici colossali, si sentono persi e abbandonati in una nuova societa' retta sull'egoismo e l'ipocrisia. Con queste dure parole, Chiusano giudica la situazione di quegli anni: "La bestia, ormai, non e' piu' la violenza nazista, la guerra apocalittica: e' il culto del benessere, l'umiliazione e l'emarginazione dei poveri, tutta una serie di inadempimenti morali e sociali di cui non solo non ci si vergogna ma a cui ci si aggrappa come a lacere bandiere" (10). Boell, dunque, critica fortemente la crescita di un benessere che subdolamente stravolge e disorienta le vite di quei miseri che non ne usufruiscono e tuttavia ne sono travolti mentre rende ancor piu' mostruosi e ipocriti i profittatori, tutti quelli che, con la corsa sfrenata al consumismo, non pensano ad altro se non a produrre e ad accaparrarsi beni materiali credendoli apportatori di una possibile felicita': "una Germania borghese facoltosa o comunque non piu' attanagliata dalla lotta per la sopravvivenza, ma anzi dedita ai capricci, ai lussi, alle nevrosi scaturenti dal benessere... Incomprensione, insofferenza, ripicche, tradimenti: tutto ha un che di poco serio, manca di qualita' umana, non presenta di nobile che la tristezza di un continuo fallire nell'inseguimento di una felicita' da quattro soldi" (11). * 4. Il passato che non passa L'atmosfera della societa' tedesca, negli anni subito successivi alla guerra, non e', dunque, affatto confortevole, perche' basata su un rinnovamento solo apparente, dietro al quale vengono tralasciati gli aspetti piu' importanti: quelli spirituali, quelli dei rapporti umani, quelli che permettono una rinascita a chi e' stato lacerato da tante violenze e assurdita'. La linea guida della ricostruzione e' proprio questa: gettarsi alle spalle il passato e ricominciare da capo senza analizzare precise condizioni e responsabilita' storiche. Boell, nella sua narrativa, ha sempre cercato di fare l'operazione inversa: ricordare, non dimenticare, perche' solo cosi' e' possibile risanare le ferite: "capii allora che la guerra non sarebbe finita mai, finche' da qualche parte sanguinasse ancora una ferita che essa aveva inferta" (12). Drammatico e' inoltre che, in questa Germania che voleva solo tornare alla normalita', si ricadeva in vecchi errori proprio perche' non erano stati analizzati e capiti. "Per vivere responsabilmente il presente e' necessario infatti saper guardare indietro: non quindi dimenticare il passato, ne' lasciarsi paralizzare dal ricordo, ma consapevolmente ricordare per poter consapevolmente affrontare la realta'" (13). Molti dei personaggi boelliani sono ossessionati non tanto dal passato, ma dal fatto che tutti lo hanno dimenticato, rimosso completamente, facendo finta che niente sia realmente accaduto, minimizzando, quindi, fenomeni che hanno segnato la storia e l'esistenza di ognuno, anche di noi oggi. Si tratta di cambiare automaticamente la propria identita', la propria anima, il proprio cuore per essere felici non si sa su quali basi e, peggio ancora, a partire da quali presupposti. A volte si pensa sia piu' facile combattere e superare i mali allontanandoli come se non esistessero, vivendo in un limbo di protezione apparente, falso e irreale. Se la societa' tende a dimenticare e a scaricare le proprie responsabilita', spetta alla letteratura dar voce alla memoria: "rendere giustizia all'umanita' ammutolita, perche' dimenticare e' la colpa piu' grave, il torto piu' atroce che si possa fare alla vita" (14). * 5. La moralita' del linguaggio Dopo dodici anni di nazismo e sei di guerra, dopo oppressione e dittatura, c'e' in Germania la voglia di ricominciare e di ripartire da zero. Per fare questo, pero', e' necessaria una vera e propria opera di purificazione, a partire da un elemento comune a tutti: il linguaggio. "Il linguaggio, questo vecchio opportunista compromesso fin sopra i capelli, era ancora utilizzabile, con le stesse parole, le stesse frasi che erano risuonate in bocca a Goebbels durante i suoi discorsi di propaganda o sulle labbra dei comandanti dei Lager che ordinavano l'incenerazione degli ebrei? Se questa 'vecchia sgualdrina' del linguaggio doveva servire ancora, bisognava raparla a zero, strigliarle di dosso ogni residuo retorico, facendola magari sanguinare e strillare" (15). Questo era quello che lo scrittore Wolfgang Weyrauch intendeva per Kalschlag: disboscamento, ovvero l'operazione che avrebbe portato alla purificazione linguistica. La propaganda nazista e il gergo militare avevano inquinato la lingua, come del resto tutta la nazione, rendendola inservibile; era stata molto ridotta, alcuni termini erano stati addirittura cancellati. Dopo il 1945 gli scrittori non volevano avere piu' nulla a che fare con il recente passato e volevano ricominciare da zero con nuove forme espressive. Boell, al contrario, sente la necessita' di descrivere la sua tragica esperienza, volendo mantenere cosi' una certa continuita' tra passato e presente: "egli ha rigorosamente negato ai suoi personaggi l'autoillusione dell'anno zero" (16), afferma Christa Wolf. Solo grazie al linguaggio Boell puo' tener fede al suo obiettivo; usufruire di questo strumento per rendere testimonianza, per non morire, per non dimenticare: "il linguaggio riflette... il desiderio di rappresentare un dato problema, una data faccenda, una data persona nelle sue difficolta', complessita' e possibili colpe" (17). A questo punto e' necessaria "una lingua abitabile in un paese abitabile" (18), adatta a esprimere l'essenza dei tedeschi, una lingua funzionale ai bisogni e alle esigenze degli uomini, una lingua veicolo per la creazione di rapporti con se stessi e con gli altri. Per lui, quindi, la lingua rappresenta lo strumento piu' significativo per appurare il sentimento di appartenenza dei cittadini al loro paese: "Sono convinto che chi scrive testimonia piu' degli altri, con la propria lingua, la sua appartenenza ad una nazionalita'... perche' la lingua viene usata come mezzo di espressione, e cio' significa assai piu' che il possesso di un passaporto, o di una carta d'identita', o di una scheda elettorale" (19) (questo e' quanto Boell sostiene nell'intervista con Rene' Wintzen, di cui gia' solo il titolo italiano, Intervista sulla memoria, la rabbia, la speranza, sembra riassumere la sostanza dell'atteggiamento dell'autore). Nel '45 i tedeschi avevano perso la guerra; la maggior parte della popolazione, vinta e liberata, negli anni immediatamente successivi alla guerra, voleva pace e democrazia, ma questa iniziale propensione fu presto soverchiata da un sentimento di nazionalismo, accompagnato dalla condizione di ripresa economica e dalla spinta al riarmo. In tale situazione, la lingua era fondamentale per ricreare quella che Boell chiama "estetica dell'umano" in cui "il dimorare, il buon vicinato, e la patria, il denaro e l'amore, la religione e i pasti" (20) possano di nuovo prender forma e vivere. L'umano, il sociale, la quotidianita': e' quello che Boell vuole ricreare nella sua letteratura, valori che sono stati minati da una societa' individualista in cui si mira solo al profitto, al denaro, al consumo, al prestigio, e ancor prima rasa al suolo completamente dalla guerra e dal nazismo: "Se il paese era devastato, anche della lingua non restavano che macerie" (21). Traspare da tutta l'opera di Boell la sua concezione del linguaggio; e' attraverso la sua concezione di linguaggio che ha potuto rappresentare e descrivere momenti, situazioni, conflitti che lo hanno accompagnato durante tutta la sua vita; e' attraverso la sua scelta di linguaggio che ha potuto partecipare alla storia del suo paese e ha cercato di contribuire al miglioramento di una societa' lontana da molti dei suoi stessi cittadini: "Il punto di partenza non e' nemmeno il cosiddetto impegno, bensi' la lingua, il linguaggio; e' con esso che si passa in esame il materiale chiamato Stato, societa'" (22). Ed e' ancora attraverso il linguaggio che si agisce sulla realta': "il linguaggio rivela tutto". Boell critica quella sorta di manipolazione tipica della societa' tedesca del tempo, che avvenne prima con il nazismo e poi ancora nella societa' adenaueriana, in cui, invece di dare libero sfogo ai propri sentimenti perche' favorissero la nascita di uno stato democratico, vennero fatte restrizioni, posti nuovi limiti e tabu'. Cosi' si esprime Boell riguardo alle Memorie di Adenauer: "Non c'e' bisogno di essere un politologo avvertito, il linguaggio rivela tutto: rivela la manipolazione, rivela i trucchi che vennero usati, e tutto questo noi l'abbiamo poi chiamato restaurazione, credo a ragione" (23). Per moralita' del linguaggio, Boell intende rappresentare la verita', senza tabu', senza negazioni. Nel discorso tenuto a Wuppertal nel 1958, Boell descrive i doveri dello "scrittore libero... che, servendosi della parola, le mostra la sua ricchezza e la sua miseria" (24); egli e' consapevole che "le parole possono uccidere piu' della dinamite stessa e inversamente esse possono essere l'ultimo rifugio della liberta', se chi ha commercio con esse si sottomette alla suprema istanza della coscienza. Partendo da tali premesse e' chiaro che il primo oggetto del risentimento dello scrittore saranno gli intellettuali che tradiscono questa loro coscienza e con gli scritti, con i discorsi, con l'esempio trascinano le masse all'odio e all'ingiustizia, alla falsita' e al fanatismo..." (25). Il compito della letteratura e' dunque quello di esprimere, descrivere la realta', perche' e' letale cio' che non viene detto, l'inespresso: "Non si dovrebbe scrivere in modo oscuro, perche' uno scritto ha tanto piu' valore, e tanta piu' speranza di diffusione e di perennita', quanto meglio viene compreso e quanto meno si presta ad interpretazioni equivoche" (26). * 6. Contro il totalitarismo Nelle opere di Boell vive la sua lotta contro tutte le forme di totalitarismo, ed ogni dottrina repressiva che non lascia spazio alle liberta' individuali, che sottomette e incute terrore. Questo era il clima instaurato dal regime nazista, un clima in cui non era permesso essere se stessi ed esprimere liberamente le proprie idee. Il giovane Heinrich aveva respirato l'aria pesante di questa condizione: "Noi sapevamo esattamente dove fossero i nazisti, ed io li ho osservati da ragazzo in strada, quando andavo a scuola: quell'angoscia rimarra' dentro di me fino alla mia morte. Ma tale angoscia io l'avevo gia' prima, prima che andassero al potere" (27). Boell sentiva dunque, gia' da prima dell'avvento del nazismo, la sua essenza: "La paura non agiva affatto cosi' direttamente come si potrebbe pensare: paura della polizia, paura delle denunzie, paura della prigione o del lager, non era affatto cosi' diretta, si raggrumava piuttosto in paura dell'assoluta imprevedibilita' della societa' umana. Una paura vissuta sotto il fascismo che per dir cosi' da un attimo all'altro trasformava le persone. E trasformava tutto il mondo circostante" (28). Boell attribuisce la causa del consolidamento di certe forme di potere alla caratteristica inclinazione alla sottomissione e alla sudditanza che lui osserva prima e dopo: "La cosa piu' tremenda che io conosca e' la sottomissione, la sudditanza oppure il desiderio di sottomettersi incondizionatamente, questo fare come gli altri, correre con gli altri, cantare con gli altri, marciare con gli altri e piombare per di piu' in uno stato penoso di euforia. Una tale paura crea naturalmente un isolamento. In una societa' del genere lei e' un isolato. E fino ad un certo punto, tale isolamento o, diciamo, tale stato di emarginazione e' rimasto, s'intende. Perche' io non credo che una massa di nazisti convinti venga trasformata nello spazio di quindici giorni, soltanto da una data storica, diciamo l'8 maggio 1945, in cittadini democratici; non posso immaginare una cosa simile. Al contrario: cio' che mi ha atterrito in Germania dopo la guerra e' stata la totale assenza di resistenza, per la quale si era improvvisamente democratici e occupati da truppe americane, francesi, inglesi, molto subordinati, straordinariamente cauti, assai perbene" (29). A Boell spaventava molto questa caratteristica perche' permetteva la manifestazione di un pericolo sempre latente: la paura di Boell era proprio quella "dell'improvvisa trasformazione di tutto il mondo circostante in una massa sottomessa" (30). Questo stato di cose poteva facilmente favorire profondi abusi di potere; dopo la guerra, infatti, non vennero puniti molti colpevoli che, di nuovo messi in gioco, ripresero le loro posizioni di comando curando interessi che chiaramente non erano quelli di uno stato democratico. Nel 1949, con la fondazione della Repubblica federale tedesca, crollarono tutte le speranze di una Germania democratica nel senso pieno della parola. Inoltre con il riarmo e il nazionalismo riemersero antiche paure che culminarono negli anni Settanta con i cosiddetti "anni di piombo". Cosi' Riccarda Novello spiega gli effetti nefasti del totalitarismo nel saggio boelliano La capacita' di soffrire: "La natura individuale viene profondamente snaturata da ogni regime totalitario, un 'potere nudo' che plasma gli uomini rendendoli 'sottomessi, vigliacchi e paurosi'. Proprio il pericolo dell'indifferenza e del conformismo ha sempre combattuto Boell, appellandosi al potenziale di resistenza del singolo: la capacita' di ricordare, di sentire, di essere tristi, per se' e per gli altri, la forza di reagire, conservando la propria vitalita' anche se questo significa accettare tutto il dolore e la sofferenza della condizione umana" (31). * 7. L'avventura di un povero cristiano "E' possibile dire di Heinrich Boell che e' uno scrittore cattolico?" (32). Nella sua risposta, in cui Boell parla della letteratura di impronta cattolica e dell'influenza che questa ha avuto su di lui e sull'ambiente cattolico in Germania, si deduce che egli si professa, si', cattolico, ma non si riconosce come portavoce ideologico della chiesa come istituzione cattolica da cui aveva invece preso le distanze. "Boell non poteva ne' voleva essere cristiano alla maniera in cui si presentava come cristiana una certa politica partitica ed ecclesiastica" (33). Si puo' sicuramente affermare che Heinrich Boell era cattolico: la famiglia, la scuola, la citta', le letture, l'intero ambiente sociale da cui proveniva erano cattolici. Bisogna dire, pero', che l'educazione impartitagli dai genitori fu molto liberale, dal momento che essi stessi avevano manifestato dissenso nei confronti della chiesa come istituzione in quanto non sopportavano il sistema gerarchico su cui si fondava. Con il passare degli anni, Boell si rese perfettamente consapevole dei punti di disaccordo con la chiesa istituzionale: "quanto piu' diventava se stesso, tanto meno Heinrich Boell poteva identificarsi e solidarizzare con il proprio ambiente, con questo cattolicesimo tradizionale, tanto piu' critico e distaccato diventava il suo atteggiamento nei confronti di questo mondo cattolico" (34). Nel 1933, l'anno del concordato del Vaticano con Hitler, Boell entro' in aperto conflitto con la chiesa e non volle piu' riconciliarsi. La sua critica piu' aspra era indirizzata al ruolo svolto durante il regime nazista e poi anche in eta' adenaueriana; il suo silenzio e la sua connivenza con il potere erano inconcepibili: "Il peccato capitale e' sempre l'acquiescenza, il compromesso con le forze o le lusinghe del mondo, che allea il pastore d'anime ai potenti della terra e trasforma in 'Turnlehrertheologie' quella dottrina che era nata a conforto e benedizione dei deboli e degli oppressi" (35). Durante gli anni Boell riverso' nelle sue opere, in maniera chiara, aspri rimproveri nei confronti di un'istituzione rimasta in silenzio di fronte alla tragedia della guerra e alle sofferenze del dopoguerra, un'istituzione a cui sarebbe spettato invece il compito di confortare e proteggere le anime dei fedeli e che invece abdicava in favore del potere. Il suo sarcasmo era diretto verso quei cattolici che avevano sostituito la croce con il danaro, il potere, il prestigio. Piu' che predicare i valori di Cristo, la chiesa divulgava messaggi falsificati sotto il velo dell'ipocrisia e dell'opportunismo con lo scopo di occultare i veri pericoli. Ecco allora che la moralita' veniva identificata con la sessualita': "Non so quale pericolo fosse moralmente il piu' grave: cantare con cento ragazzi di dieci anni 'Quando il sangue degli ebrei sprizza dal coltello...' oppure una colpa sessuale" (36). Nella societa' del benessere, poi, veniva talmente incentivata l'ideologia del potere e del profitto che i sacerdoti predicavano addirittura dal pulpito l'accumulo dei beni materiali raggiungendo il culmine dell'avvelenamento delle coscienze con lo slogan pubblicitario "se hai qualcosa sei qualcosa". Piu' che predicare i valori e i messaggi di Cristo, ci si preoccupava di correre dietro ai miti consumistici. Di fronte alle forti accuse di Boell, il clero non rimase in silenzio e la disputa con esso, che lo accompagno' durante gran parte della sua vita, culmino' nel 1976 quando egli decise di uscire definitivamente dalla chiesa cattolica tedesca. Era per lui inconcepibile l'imposta ecclesiale, la tassa che veniva pagata ogni anno alla chiesa per il culto: in questa maniera la religione veniva fiscalizzata, materializzata: "All'individuo non vien data possibilita' alcuna di rifiutare tale pagamento, perche' non si fa che fiscalizzare un rapporto fondamentalmente mistico - non posso immaginarmelo se non mistico, il mio rapporto con una chiesa o una religione. Cio' significa che io sono costretto a uscire da quella chiesa, se non voglio pagare una tale imposta. E in quell'istante le chiese vengono a dirmi: tu vuoi soltanto risparmiare il denaro. Non riescono a formulare se non pensieri materialistici, questo e' il problema, non sono capaci di pensieri spirituali o spiritualistici" (37). Diffidente nei confronti di forme autoritarie e dunque nei confronti di quel clericalismo che, invece di prendere posizione contro il riarmo e i missili, era nascostamente d'accordo e aveva fatto della religione un hobby per le classi dirigenti, Boell rimase sempre un credente, con una forte fede preistituzionale. "Boell cattolico quasi per costituzione fisiologica e' tuttavia fautore di una religiosita' paleocristiana, pre- e anti-istituzionale, che rifiuta qualsiasi forma di dogmatismo per affermare i valori evangelici di un'etica cristiana fondata sull'amore per il prossimo" (38). Innata e indubbia fu sempre la sua religiosita': "Boell, infatti, non e' un convertito dell'ultima ora, uno spirito ribelle domato dopo lungo conflitto, ma uno che nella fede e' nato e che l'ha gradualmente e naturalmente assorbita, fino a farne un elemento inscindibile del suo modo d'essere e di sentire. Il suo cattolicesimo non e' dunque una tesi da sostenere o una conquista da difendere... ma l'atmosfera che bagna le cose, come le cose stesse vulnerabile, ma non per questo meno amata" (39). Boell credeva in un cristianesimo puro, evangelico, lontano dalle mistificazioni di una societa' del potere e dei consumi, in cui falsita' e conformismo religioso l'avevano reso un cattolico assai scomodo. Senza mezzi termini asseriva: "... ma se, al di fuori della beneficenza consentita e perfettamente organizzata, si vuole cercare e trovare un qualunque nesso umano tra il religioso e il sociale, non mi stupirei che le chiese si alleassero con una societa' atea allo scopo di neutralizzare una persona o un gruppo che con piena fiducia in Dio si avventurassero non nella societa', ma nell'umanita'" (40). E' questo il sogno di Boell, contrapporre alla chiesa del potere una chiesa dei poveri, basata "sulle esperienze e sui modelli cristiani e democratici originari di liberta', uguaglianza e fraternita'/sororita'" (41). * 8. Abfaelligkeit "Se hai qualcosa sei qualcosa. L'inversione della frase - se non hai niente non sei niente - venne risparmiata all'anima tedesca" (42). Questo e' lo slogan di una societa' immersa nel boom economico, di una societa' in cui la proprieta' e' metro di giudizio delle persone, "di una societa' cosi' lontana dal figlio dell'uomo, cosi' brigantescamente lanciata verso la spoliazione totale, il suicidio, in nome del profitto" (43). Boell non accetta questo principio e riversa nella sua poetica tutta la sua solidarieta' nei confronti degli "ultimi", tutto "il suo amore per le cose fruste, scalcinate, piene di calore umano, di ricordi, di storia" (44). I poveri, i deboli, gli umili, sono i protagonisti del mondo distrutto della guerra, surreale del dopoguerra, disumano del miracolo economico, esseri umani che si trovano in contraddizione con una societa' che li opprime, che non permette loro di esprimersi e realizzarsi in tutta liberta'. Per vivere in quel nuovo mondo avrebbero dovuto cancellare loro stessi e la tragica esperienza vissuta, e ricominciare seguendo schemi e cliches che la nuova politica aveva stabilito cercando di godere del benessere come se niente fosse successo. Quello che preme a Boell e', dunque, la solidarieta' con gli sconfitti, con coloro che vengono tagliati fuori dal processo di ricostruzione perche' lacerati da anni di dolore, morte e sofferenza, coloro che non riescono a dimenticare. Nelle sue opere, dunque, e' forte la descrizione di "una realta' non imbellettata, anzi frusta, deperita, usata, violentata: chiara estrinsecazione di un'umanita' altrettanto violentata, usata, deperita, frusta" (45). Si possono trasformare le cose materiali, ma non le anime, i sentimenti, le emozioni, ed e' per questo che "la sua simpatia, comunque, va decisamente a questi anticonformisti non chiassosi ma tanto piu' corrosivi, il suo netto rifiuto va al contrario alla gente 'perbene', ligia alle tradizioni borghesi, dedita al culto del lavoro e del guadagno 'onesto'" (46). Nella societa' del profitto non ci si preoccupa di una ricostruzione spirituale: tutti quelli che vivono in balia di disagi e difficolta' vengono lasciati a se stessi con ulteriori problemi, come il sopravvivere in una societa' che e' per loro estranea, anzi a cui loro sono estranei. La societa' e' rifiuto, e' macerie, e Boell non puo' che occuparsi di questo: "la societa', turbata, esteticamente e moralmente turbata, non ci fa tanto passare per pazzi, piuttosto ci rende pazzi; e per questo l'autore trova l'oggetto per eccellenza del suo umorismo solo in cio' che essa dichiara spazzatura o dichiara con disprezzo, in cio' a cui il gran mondo si offre continuamente come modello, sotto il bombardamento, il fuoco di fila della pubblicita', in cio' che non appartiene a questa gran societa'" (47). I protagonisti, soprattutto delle storie degli anni Cinquanta, sono gli alienati e gli asociali, che hanno ancora "ferite di guerra" aperte, ferite morali, ferite sociali. Nei suoi ultimi romanzi Boell trasformera' la speranza di una societa' diversa nella creazione, in zone degradate, di comunita' basate sulla solidarieta' e l'altruismo: vere e proprie "controsocieta'" per combattere l'azione devastatrice dell'ideologia del profitto. * Note 1. Italo Alighiero Chiusano, Heinrich Boell, La nuova Italia, Firenze 1970, p. 13. 2. Italo Maione, La narrativa di Heinrich Boell, in "Il Baretti", 9-10, Napoli 1961, p. 3. 3. Lucia Borghese, op. cit., p. 79. 4. Italo Alighiero Chiusano, Heinrich Boell, cit., p. 24. 5. Ivi, p. 26. 6. Anton Reiniger, Profilo storico della letteratura tedesca, Rosenberg & Seller, Torino 1986, p. 720. 7. Anna Maria Dell'Agli, Moralismo tedesco del dopoguerra nell'opera di Heinrich Boell, in "Annali dell'Istituto Universitario Orientale, Sezione Germanica", Napoli, II, 1959, p. 113. 8. Italo Maione, op. cit., pp. 16-17. 9. Anna Maria Dell'Agli, Moralismo tedesco del dopoguerra nell'opera di Heinrich Boell, cit., p. 116. 10. Italo Alighiero Chiusano, "Boell saggista", in Literatur. Scrittori e libri tedeschi, Rusconi Libri, Milano 1984, p. 568 (si tratta dell'introduzione a Rosa e dinamite. Scritti di politica e di letteratura 1952-1976, a cura e trad. di Italo Alighiero Chiusano, Einaudi, Torino 1979). 11. Italo Alighiero Chiusano, "Il Boell di tutte le stagioni", in Literatur. Scrittori e libri tedeschi, cit., p. 564. 12. Heinrich Boell, Il Messaggio, in Viandante se giungi a Spa..., cit., p. 98. 13. Lucia Borghese, op. cit, p. 96. 14. Ivi, p. 157. 15. Italo Alighiero Chiusano, Heinrich Boell, cit., p. 7. 16. Heinrich Boell, Christa Wolf, op. cit., p. 20. 17. Heinrich Boell, Intervista sulla memoria, la rabbia, la speranza, cit., p. 7. 18. Heinrich Boell, Lezioni francofortesi, cit., p. 37. 19. Heinrich Boell, Intervista sulla memoria, la rabbia, la speranza, cit., p. 4. 20. Heinrich Boell, Lezioni francofortesi, cit., p. 13. 21. Lucia Borghese, op. cit., p. 35. 22. Heinrich Boell, Intervista sulla memoria, la rabbia, la speranza, cit., p. 7. 23. Ivi, p. 10. 24. Henirich Boell, La lingua. baluardo della liberta', in Rosa e dinamite. Scritti di politica e di letteratura 1952-1976, cit., p. 30. 25. Anna Maria Dell'Agli, Moralismo tedesco del dopoguerra nell'opera di Heinrich Boell, cit., p. 119. 26. Primo Levi, L'altrui mestiere, Einaudi, Torino 1985, p. 50. 27. Heinrich Boell, Intervista sulla memoria, la rabbia, la speranza, cit. p. 19. 28. Ivi, p. 27. 29. Ivi, p. 28. 30. Ibidem. 31. Riccarda Novello, prefazione a Visto di transito, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1994, pp. X-XI. 32. Heinrich Boell, Intervista sulla memoria, la rabbia, la speranza, cit., p. 35. 33. Hans Kueng, op. cit., p. 163. 34. Ivi, p. 160. 35. Anna Maria Dell'Agli, Moralismo tedesco del dopoguerra nell'opera di Heinrich Boell, cit., p. 123. 36. Heinrich Boell, Christa Wolf, op. cit., p. 35. 37. Heinrich Boell, Intervista sulla memoria, la rabbia la speranza, cit., p. 67. 38. Lucia Borghese, op. cit., p. 31. 39. Anna Maria Dell'Agli, Moralismo tedesco del dopoguerra nell'opera di Heinrich Boell, cit., p. 122. 40. Heinrich Boell, Lezioni francofortesi, cit., p. 31. 41. Hans Kueng, op. cit., p. 185. 42. Heinrich Boell, Christa Wolf, op. cit., p. 57. 43. Italo Alighiero Chiusano, introduzione a Rosa e dinamite. Scritti di politica e di letteratura 1952-1976, cit., p. XII. 44. Italo Alighiero Chiusano, Heinrich Boell, cit., p. 95. 45. Ivi, p. 19. 46. Ivi, p. 35. 47. Heinrich Boell, Lezioni francofortesi, cit., p. 89. 3. FORMAZIONE. ELENA BUCCOLIERO: DUE INCONTRI A FERRARA [Da Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Elena Buccoliero, nata a Ferrara nel 1970, collabora ad "Azione nonviolenta" e fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora per Promeco, un ufficio del Comune e dell'Azienda sanitaria locale di Ferrara dove si occupa di adolescenti con particolare attenzione al bullismo e al consumo di sostanze psicotrope, e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a Ferrara, insieme ad altri amici, anima la Scuola della nonviolenza. E' autrice di diverse pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi), Bullismo, bullismi, Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo biobibliografico di Elena Buccoliero e' nel n. 836 di questo foglio. Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Claudia Pallottino (per contatti: claudiapallo at yahoo.it), torinese, e' impegnata nella Caritas, nel Movimento Nonviolento, nella Rete italiana per i corpi civili di pace, e in numerose iniziative di pace e di solidarieta'. Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) e' il segretario nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande] Sono felice di informarvi che la "Scuola della nonviolenza" di Ferrara propone per il mese di dicembre due laboratori sulla gestione dei conflitti. Sabato 9 dicembre dalle ore 15 alle ore 19 avremo con noi Giusy Di Rienzo. sul suo laboratorio potete leggere la presentazione allegata - e Giusy e' davvero molto brava. Sabato 16 dicembre, nello stesso orario, avremo con noi Claudia Pallottino che, oltre ad essere un'amica del Movimento Nonviolento, fa parte del gruppo "Teatro Giolli" e ci fara' assaggiare alcune metodologie del "Teatro dell'oppresso" di Augusto Boal. Entrambi i laboratori sono gratuiti ma a numero chiuso, dunque e' necessario iscriversi, ma e' facilissimo: basta mandare una e-mail a e.buccoliero at comune.fe.it oppure a daniele.lugli at libero.it e comunicare la propria adesione. La "Scuola della nonviolenza" di Ferrara e' promossa congiuntamente da Movimento Nonviolento, Pax Christi, Legambiente, Gruppo Ferrara Terzo Mondo e Commercio Alternativo, ed ha il patrocinio del Comune di Ferrara - progetto "Ferrara citta' per la pace". * Presentazione dell'incontro del 9 dicembre Sabato 9 dicembre 2006, alle ore 15-19, presso il Centro di documentazione "Alexander Langer", viale Cavour 142, a Ferrara, si terra' l'incontro "Conflitti in gioco. Laboratorio sul conflitto", con Maria Giusy Di Rienzo, formatrice, scrittrice, giornalista... Il seminario serve a: - riconoscere le proprie capacita' nell'agire i conflitti in modi diversi; - avere il necessario sostegno (la "legittimazione") ad agirli responsabilmente in prima persona; - muoversi oltre l'ostilita', il sospetto ed il rifiuto nel considerare istanze e dispute; - interagire con le differenze personali e culturali; - riconoscere ed interrogare gli schemi di dominio e di potere presenti nelle relazioni (e quindi nei conflitti); - riconoscere ed usare proficuamente i propri "linguaggi d'attitudine" nei gruppi. Cosa serve ai partecipanti: carta, penna, curiosita' e allegria. Chi lo conduce: Giusy Di Rienzo (Convenzione permanente di donne contro le guerre) e' pubblicista, storica, formatrice alla nonviolenza, regista teatrale e commediografa. Collabora regolarmente con "Azione nonviolenta", con "Marea" e con "La nonviolenza e' in cammino". Negli ultimi anni ha svolto un'intensa attivita' in corsi di formazione, conferenze, incontri per far conoscere la storia, i metodi, le azioni, le possibilita' della nonviolenza. Iscrizioni: inviare una e-mail a: daniele.lugli at libero.it oppure e.buccoliero at comune.fe.it 4. INIZIATIVE. UN FIOCCO BIANCO CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo e diffondiamo] In occasione del 25 novembre 2006, Giornata Internazionale contro la violenza alle donne, viene lanciata per la prima volta in Italia La Campagna del Fiocco Bianco. L'iniziativa vuole dare spazio e visibilita' a quegli uomini che vogliono impegnarsi contro la violenza alle donne. L'obiettivo e' quello di lavorare insieme, uomini e donne, per trasformare gli stessi presupposti sociali e culturali di cui si alimenta la violenza alle donne. Il fiocco e' un simbolo, indossato dagli uomini, che esprime in modo visibile un impegno personale a non commettere mai, a non tollerare ne' a rimanere in silenzio nei confronti della violenza alle donne. La campagna prevede azioni di sensibilizzazione rivolte alle scuole secondarie. Sono previsti workshop rivolti a studenti e insegnanti. Terra' questi workshop e sara' ospite in Italia uno dei fondatori della Campagna del Fiocco Bianco, Michael Kaufman, un esperto canadese sui temi degli uomini impegnati contro la violenza alle donne. L'iniziativa e' attualmente presente in venti citta' italiane ed e' promossa dall"associazione Artemisia di Firenze. Informazioni nel sito www.fioccobianco.it 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1486 del 21 novembre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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