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La nonviolenza e' in cammino. 1483
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1483
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 18 Nov 2006 00:55:11 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1483 del 18 novembre 2006 Sommario di questo numero: 1. Oggi 2. Luigi Ciotti, Flavio Lotti: C'e' bisogno di pace in Italia e in Medio Oriente 3. Giancarlo Caselli: Cambiare strada 4. Vandana Shiva: L'Introduzione de "Il bene comune della Terra" 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. OGGI E' cosa buona e giusta che oggi, con accentuazioni diverse (e purtroppo con non poche, gravi ambiguita'), si manifesti per la pace in Medio Oriente, per la cessazione delle stragi e per una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese nel riconoscimento del diritto di ogni popolo e di ogni persona a vivere in liberta', responsabilita', solidarieta', benessere. Ed e' cosa altrettanto buona e giusta l'incontro degli "stati generali dell'antimafia" (e purtroppo anche qui ambiguita' e confusioni non mancano). * Ma si chieda anche al governo e al parlamento italiano che cessi la partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan; che cessi la guerra dello stato italiano ai migranti, una guerra terrorista e stragista che lo stato conduce favoreggiando le mafie schiaviste. Si chieda anche al governo e al parlamento italiano di tornare al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana. Al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. 2. DOCUMENTI. LUIGI CIOTTI, FLAVIO LOTTI: C'E' BISOGNO DI PACE IN ITALIA E IN MEDIO ORIENTE [Da varie strutture e persone amiche riceviamo e diffondiamo. Luigi Ciotti e' nato a Pieve di Cadore nel 1945, sacerdote, animatore a Torino del Gruppo Abele; impegnato contro l'emarginazione, per la pace, contro i poteri criminali; ha promosso numerosissime iniziative. Riportiamo la seguente piu' ampia scheda biografica dalla Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche: "Luigi Ciotti nasce il 10 settembre 1945 a Pieve di Cadore (Bl), emigra con la famiglia a Torino nel 1950. Nel 1966 promuove un gruppo di impegno giovanile, che prendera' in seguito il nome di Gruppo Abele, costituendosi in associazione di volontariato e intervenendo su numerose realta' segnate dall'emarginazione. Fin dall'inizio, caratteristica peculiare del gruppo e' l'intreccio dell'impegno nell'accompagnare e accogliere le persone in difficolta' con l'azione educativa, la dimensione sociale e politica, la proposta culturale. Nel 1968 comincia un intervento all'interno degli istituti di pena minorili: l'esperienza si articola in seguito all'esterno, sul territorio, attraverso la costituzione delle prime comunita' per adolescenti alternative al carcere. Terminati gli studi presso il seminario di Rivoli (To), Ciotti nel 1972 viene ordinato sacerdote dal cardinale Michele Pellegrino: come parrocchia, gli viene affidata "la strada". Sulla quale, in quegli anni, affronta l'irruzione improvvisa e diffusa della droga: apre un Centro di accoglienza e ascolto e, nel 1974, la prima comunita'. Partecipa attivamente al dibattito e ai lavori che portano all'entrata in vigore, nel 1975, della legge n. 685 sulle tossicodipendenze. Da allora, la sua opera sul terreno della prevenzione e del recupero rispetto alle tossicodipendenze e all'alcolismo non si e' mai interrotta. E' invitato in vari Paesi (Gran Bretagna, Usa, Giappone, Svizzera, Spagna, Grecia, ex Jugoslavia) per tenere relazioni e condurre seminari sul tema ed e' chiamato per audizioni presso il Parlamento europeo. Nei primi anni Ottanta segue un progetto promosso dall'Unione internazionale per l'infanzia in Vietnam. Sempre sul piano internazionale, promuove programmi di cooperazione sul disagio giovanile e per gli ex detenuti in alcuni Paesi in via di sviluppo. Nel 1982, contribuisce alla costituzione del Coordinamento nazionale delle comunita' di accoglienza (Cnca), presiedendolo per dieci ann i: al coordinamento, oggi, aderiscono oltre 200 gruppi, comunita' e associazioni. Nel 1986 partecipa alla fondazione della Lega italiana per la lotta all'aids (Lila), nata per difendere i diritti delle persone sieropositive, di cui e' il primo presidente. Nel marzo 1991 e' nominato Garante alla Conferenza mondiale sull'aids di Firenze, alla quale per la prima volta riescono a partecipare le associazioni e le organizzazioni non governative impegnate nell'aiuto e nel sostegno ai malati. Nel marzo 1995 presiede a Firenze la IV Conferenza mondiale sulle politiche di riduzione del danno in materia di droghe, tra i cui promotori vi e' il Gruppo Abele. Nel corso degli anni Novanta intensifica l'opera di denuncia e di contrasto al potere mafioso dando vita al periodico mensile "Narcomafie", di cui e' direttore responsabile. A coronamento di questo impegno, dalle sinergie tra diverse realta' di volontariato e di un costante lavoro di rete, nasce nel 1995 "Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", un network che coordina oggi nell'impegno antimafia oltre 700 associazioni e gruppi sia locali che nazionali. Sin dalla fondazione, "Libera" e' presieduta da Luigi Ciotti. Il primo luglio 1998 riceve all'Universita' di Bologna la laurea honoris causa in Scienze dell'educazione; Ciotti accoglie il conferimento del titolo accademico come un riconoscimento significativo dell'opera di tutto il Gruppo Abele. Alle attivita' del Gruppo Abele, di cui Ciotti e' tuttora presidente, attendono oltre trecentocinquanta persone che si occupano di: accoglienza, articolata in due servizi di pronto intervento a Torino; in otto comunita' che ospitano persone con problemi di tossicodipendenza, di alcolismo o malate di aids; in un servizio di accoglienza notturno per persone senza fissa dimora. Il gruppo Abele ha anche promosso e gestito l'esperienza di una "Unita' di strada" a Torino, la seconda attivata in Italia; lavori di tipo artigianale, informatico, agricolo, condotti attraverso la costituzione di cooperative sociali e di uno specifico progetto Carcere e lavoro; interventi di cooperazione internazionale in Costa d'Avorio, Guatemala, Messico; iniziative culturali, informative, educative, di prevenzione e formazione, che si svolgono attraverso l'Universita' della Strada, l'Universita' Internazionale della Strada, il Centro Studi, documentazione e ricerche, l'Ufficio Stampa e comunicazione, la casa editrice Edizioni Gruppo Abele, la libreria Torre di Abele, le riviste "Animazione sociale" e "Narcomafie", l'Ufficio scuola. Luigi Ciotti e' stato piu' volte membro del Consiglio Presbiteriale ed e' attualmente membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di Torino. Da alcuni anni tiene corsi di formazione presso la Scuola per vigili urbani di Torino e provincia. Nei primi anni Ottanta e' stato docente presso la Scuola superiore di polizia del ministero dell'Interno. Giornalista pubblicista dal 1988, Ciotti e' editorialista e collabora con vari quotidiani e periodici (tra cui: La Stampa, L'Avvenire, L'Unita', Il Manifesto, Il Sole-24 Ore, il Mattino, Famiglia Cristiana, Messaggero di Sant'Antonio, Nuovo Consumo), scrive su riviste specializzate per operatori sociali e insegnanti, interviene su testate locali". Opere di Luigi Ciotti: e' autore di vari libri a carattere educativo, di impegno sociale, di riflessione spirituale; tra le sue pubblicazioni segnaliamo: Genitori, figli e droga, Edizioni gruppo Abele, Torino 1993; Chi ha paura delle mele marce?, Edizioni gruppo Abele - Sei, Torino 1992; Persone, non problemi, Edizioni gruppo Abele, Torino 1994; Terra e cielo, Mondadori, Milano 1998; naturalmente ha anche contribuito con propri interventi a numerosi testi collettanei. Flavio Lotti e' coordinatore della Tavola della pace, la principale rete pacifista italiana, organizzatrice della marcia Perugia-Assisi] Sabato 18 novembre a Milano e a Roma decine di migliaia di ragazzi e ragazze, donne e uomini, organizzazioni della societa' civile, enti locali e forze politiche s'incontreranno per rinnovare il proprio impegno per la pace e organizzare la speranza. A Milano manifesteremo per denunciare l'assenza di iniziative concrete ed efficaci per la pace in Medio Oriente, le complicita' e le inerzie irresponsabili che alimentano la spirale dell'odio e della violenza. A Roma, negli Stati Generali dell'Antimafia "Contromafie", manifesteremo contro le mafie, la corruzione politica e gli intrecci clientelari che alimentano gli affari delle organizzazioni criminali e il malcostume. Saranno manifestazioni piene di proposte concrete per "fare" e non solo "dire" pace, per costruire percorsi efficaci di pace e di giustizia; proposte all'insegna della promozione della dignita' e dei diritti delle persone e dei popoli, della legalita' e del diritto internazionale. * C'e' bisogno di pace in Italia e in Medio Oriente. In Italia: negli ultimi dieci anni abbiamo contato oltre 2.500 morti di mafie, di cui 155 vittime innocenti, 37 tra ragazzi, ragazzine, bambini. In Medio Oriente: i morti non si contano piu', per alcuni popoli, come quello palestinese e israeliano, la guerra non e' mai finita e la scia di sangue si allunga ogni giorno. C'e' bisogno di lavorare insieme per la pace, la giustizia e la legalita' in Italia e in Medio Oriente. Non c'e' un dentro e un fuori: non c'e' una politica "interna" e una politica "estera", siamo tutti cittadini dello stessa societa' planetaria. Non c'e' un prima (sistemiamo le cose di casa nostra) e un dopo (ci occuperemo del mondo): la violenza contro la dignita' e i diritti delle persone esige il nostro intervento al di la' di ogni latitudine e longitudine. La violazione della legalita' nei territori a forte presenza mafiosa, cosi' come la violazione della legalita' e del diritto internazionale in Medio Oriente procurano lo stesso scempio, provocano violenza, mietono vittime tra i piu' deboli in balia della legge dei prepotenti. Per questo siamo impegnati in percorsi e laboratori di educazione alla pace e alla legalita': per affermare, promuovere e diffondere la cultura nuova dei diritti umani, della cittadinanza consapevole, del riconoscimento della dignita' innata di ogni persona. Per fare pace in Italia e in Medio Oriente e' urgente una politica nuova con meno parole e piu' iniziative concrete, piu' attenta alle vere urgenze delle persone, vicine e lontane, rispettosa e aperta alla collaborazione con tutti i soggetti e i movimenti della societa' impegnati ad affrontare le grandi sfide del nostro tempo. Ma non basta. L'altra urgenza riguarda il mondo dell'informazione. Cosi' non va. Cosi' non puo' continuare. Alcune piccole attenzioni occasionali non bastano. C'e' bisogno che il servizio pubblico innanzitutto, e tutto il resto dei media si mettano davvero, con continuita' e professionalita', al servizio della pace. C'e' bisogno di piu' apertura alla societa' e al mondo, piu' attenzione alle persone e ai popoli, piu' informazione e dibattito democratico. La vera sfida della qualita' dell'informazione si gioca innanzitutto qui, sulla pace, sulla volonta' e la capacita' dei media di mettersi al servizio di questa grande impresa che e' la costruzione della pace a casa nostra e nel mondo che oramai ci sta sempre piu' vicino. * Sabato 18 novembre a Milano e a Roma saremo insieme per tutto questo e per dire basta alla violenza, alla guerra, al terrorismo ma anche alle ingiustizie, alle violazioni dei diritti umani, all'illegalita', alle collusioni, ai killer della speranza, all'informazione violentata, alla cultura della guerra che stanno uccidendo anche la capacita' di sognare e di impegnarci tutti per costruire un paese e un mondo dove possiamo essere tutti un po' piu' veri e felici. A ognuno di fare qualcosa. Il tempo di fare pace e' adesso. * Don Luigi Ciotti, presidente di Libera Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace Perugia, 16 novembre 2006 3. RIFLESSIONE. GIANCARLO CASELLI: CAMBIARE STRADA [Dal quotidiano "Liberazione" del 15 novembre 2006. Gian Carlo Caselli (Alessandria 1939), prestigioso magistrato impegnato contro terrorismo e mafia, e' attualmente procuratore generale presso la Corte d'appello di Torino; dal 1964 e' assistente volontario di Storia del diritto italiano presso l'Universita' di Torino; entrato in magistratura nel 1967 ha cominciato sua carriera in magistratura a Torino come giudice istruttore impegnato in indagini sul terrorismo, in particolare sulle Brigate rosse; nel 1984 fa parte della Comissione per l'analisi del testo di delega del nuovo codice di procedura penale, dal 1986 al 1990 e' stato membro del Consiglio superiore della magistratura, nel 1991 e' consulente della Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, ha diretto la Procura di Palermo dal 1993 al 1999, dal 1999 al 2001 ha diretto il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel 2001 e' stato nominato rappresentante a Bruxelles nell'organizzazione comunitaria contro la criminalita' organizzata Eurojust; svolge anche un'intensa attivita' pubblicistica su quotidiani e periodici. Opere di Gian Carlo Caselli: (con Antonio Ingroia), L'eredita' scomoda, Feltrinelli, Milano 2001; Un magistrato fuori legge, Melampo 2005; (con Raoul Muhm), Il ruolo del Pubblico Ministero. Esperienze in Europa, Vecchiarelli, Manziana (Roma) 2005; (con Livio Pepino), A un cittadino che non crede nella giustizia, Laterza, Roma-Bari 2005. Opere su Gian Carlo Caselli: Vincenzo Tessandori, Ettore Boffano, Il procuratore, Baldini & Castoldi, Milano 1995; Riccardo Castagneri, "I miei anni a Palermo". La verita' di Gian Carlo Caselli, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2006] Sarebbe assurdo. Nessuno chiede che si parli sempre e soltanto di mafia. Ma basterebbe che le si dedicasse almeno lo stesso tempo del delitto di Cogne, e non saremmo qui a constatare che della mafia si parla unicamente quando non se ne puo' fare a meno: dopo l'arresto di Provenzano in Sicilia (ma con predilezione per gli aspetti folkloristici...); dopo l'omicidio Fortugno in Calabria; dopo l'arresto di una giudice ancora in Calabria; mentre infuria la mattanza di camorra in Campania. E anche quando se ne parla, il taglio - spesso - e' quello degli "approfondimenti" che aggiungono poco o nulla, dei pregiudizi ben mascherati, dei personaggi di riguardo da imbozzolare... Fino ad oggi, ad esempio, ben pochi italiani sanno che il senatore Andreotti, con sentenza definitiva ed irrevocabile della cassazione, e' stato ritenuto responsabile del delitto di associazione a delinquere con "Cosa nostra", delitto prescritto ma provato e commesso (mica poco!) fino alla primavera del 1980. Dunque, occorre cambiare strada. E' l'obiettivo degli "Stati generali dell'antimafia". Una tre giorni di "idee, percorsi e proposte per un rinnovato impegno" contro le mafie che si svolgera' a Roma il 17/19 novembre. Piu' competenze, esperienze e saperi per ragionare insieme; tracciando una mappa strutturale, non schiacciata sul contingente (l'emergenza di turno), che sappia cogliere le radici e l'essenza delle mafie; che sappia organizzare il contrasto a tutti i livelli con continuita', senza oscillazioni che ogni volta costringano a ricominciare da capo o quasi. La mafia (in tutte le sue articolazioni, nazionali ed internazionali) e' un fenomeno complesso. Per cio' stesso occorrono tante medicine, tante cure. Le manette sono necessarie, ma guai a cedere all'illusione repressiva. Sono altrettanto necessarie l'educazione alla legalita', la promozione seria (non parolaia) di incisive attivita' economico-sociali, l'occupazione. Solo cosi' si puo' sperare di ridurre il grande mare del consenso mafioso, che e' alimentato proprio dalla mancanza di risposte adeguate a bisogni, esigenze e diritti fondamentali di larghi strati di popolazione, soprattutto giovanile. Nello stesso tempo si deve respingere l'illusione sociologica. Se la disoccupazione sparisse d'incanto, non per questo mafie e delinquenza urbana (l'intreccio e' forte soprattutto per la camorra) automaticamente svanirebbero. Anche in zone di piena occupazione, infatti, si registrano fenomeni di delinquenza. Perche' va sempre piu' estendendosi una "economia della delinquenza", che riguarda oltre alle grandi mafie (capaci di spostare grandi capitali da un continente all'altro), anche la microcriminalita', che ricicla i suoi guadagni in appartamenti, esercizi commerciali ecc. Di qui l'assoluta necessita' di un nuovo impulso all'aggressione delle ricchezze illegali (anche creando un'apposita Agenzia per la gestione dei beni confiscati ai mafiosi che sia in grado di operare non con criteri burocratici, ma con un organico disegno politico di impoverimento dei mafiosi). Quel che gli "Stati generali" si propongono di mettere in evidenza e' che troppi ancora rifiutano di ammettere che le mafie sono una grande questione nazionale. Una metastasi che dalle regioni di storico insediamento (e controllo) si e' diffusa un po' dovunque attraverso il riciclaggio. Un condizionamento della politica e uno zavorramento dell'economia del Paese. In definitiva, un azzoppamento della democrazia, svuotata di effettivita' in alcuni suoi passaggi essenziali. Certo, e' anche necessario smetterla di predicare bene e razzolare male. Cio' significa recuperare questione morale e senso della legalita'. Se prevale la tesi che "cosi' fan tutti", se i condoni a raffica penalizzano chi rispetta le regole, se nessuno di quelli che contano paga davvero (anche quando vien trovato con le mani nel sacco), se leggi ad personam cancellano precise responsabilita', se siamo spietati con gli altri, mentre per noi pretendiamo clemenza: ecco l'eclissi della questione morale e della legalita'. Un buio che irrobustisce la malapianta mafiosa. Un lusso che non ci possiamo permettere. 4. MAESTRE. VANDANA SHIVA: L'INTRODUZIONE DE "IL BENE COMUNE DELLA TERRA" [Da "Information guerrilla" (www.informationguerrilla.org), che la pubblica per gentile concessione della casa editrice, riprendiamo l'Introduzione (pp. 7-19) dell'ultimo libro di Vandana Shiva, Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006] Il progetto democratico ed ecologista che ispira questo studio ha origini antiche, ma costituisce anche l'obiettivo di fondo di un movimento politico emergente che difende la pace, la giustizia e la sostenibilita'. Concepire il pianeta come una grande comunita' e come un bene comune inalienabile a tutte le forme di vita che lo popolano significa porre in correlazione il particolare e l'universale, le diversita' specifiche e gli aspetti comuni, le dimensioni del locale e del globale, richiamandosi a quella che in India viene descritta come vasudhaiva kutumbkham, la "famiglia terrestre", l'insieme di tutti gli esseri viventi che traggono sostentamento dal nostro pianeta. I nativi americani, al pari di tutte le culture indigene del mondo, concepivano la vita come un continuum che vincola le sorti dell'essere umano a quelle di tutte le altre specie, attraverso un condizionamento reciproco che coinvolge tutte le generazioni passate, presenti e future. Il discorso che capo Seattle, della tribu' dei Suquamish, pronuncio' nel 1848 evoca bene tale continuita' del vivente: "Come si puo' pensare di vendere o di acquistare il cielo, o il calore della terra? Quest'idea e' davvero strana per noi. "Se la brezza dell'aria e la luminosita' dell'acqua non ci appartengono, come potete pensare di comprarle da noi? "Anche la piu' piccola parte di questa terra e' sacra al mio popolo. Ogni ago di pino lucente, ogni riva sabbiosa, la bruma che si diffonde nell'oscurita' dei boschi, ogni insetto che ronza sereno e' santo nella memoria e nell'esperienza di vita della mia gente. La linfa che scorre negli alberi porta con se' i ricordi dell'uomo rosso. Questo sappiamo: la terra non appartiene all'uomo; e' l'uomo che appartiene alla terra. Questo sappiamo. Ogni cosa e' correlata come il sangue che unisce la nostra famiglia. Ogni cosa e' correlata". Il movimento democratico globale prende forma dal riconoscimento di queste correlazioni, dei diritti e delle responsabilita' che ne derivano. La protesta di capo Seattle: "La terra non appartiene all'uomo", trova eco in altre e piu' recenti forme di contestazione: "Il nostro mondo non e' in vendita", "La nostra acqua non e' in vendita", "I nostri semi e la nostra biodiversita' non sono in vendita". Queste forme di resistenza alle privatizzazioni imposte dall'ideologia insensata della globalizzazione economica costituiscono le fondamenta del nuovo movimento democratico. * Le multinazionali concepiscono il mondo in termini di mero possesso e il mercato in termini di mero profitto. Ma dopo quanto e' accaduto a Bangalore nel 1993, quando mezzo milione di contadini indiani insorsero per opporsi alla classificazione dei semi come proprieta' privata sancita dal Wto (World Trade Organization, Organizzazione mondiale del commercio) con l'accordo Trips (Trade Relate Intellectual Property Rights) relativo agli aspetti attinenti al commercio dei diritti di proprieta' intellettuale, dopo che gli incontri ministeriali sono stati interrotti due volte dalla protesta popolare, dapprima a Seattle nel 1999 e successivamente a Cancun nel 2003, l'agenda delle multinazionali ci appare sempre piu' contrastata dall'apporto creativo, dall'intelligenza e dal coraggio di milioni di persone che concepiscono la terra come una famiglia, come una comunita' che lega tutte le forme di vita e tutti gli esseri umani senza distinzioni di razza, classe sociale, culto o nazionalita'. La globalizzazione imposta dalle multinazionali concepisce il pianeta in termini di proprieta' privata. Al contrario, i nuovi movimenti difendono le risorse locali e globali del territorio perche' lo intendono come bene comune. Le comunita' che insorgono in ogni continente per contrastare la distruzione delle loro diversita' biologiche e culturali, dei loro mezzi di sostentamento e delle loro stesse vite costituiscono l'alternativa democratica alla trasformazione del mondo in un gigantesco supermercato, in cui beni e servizi prodotti con costi ecologici, economici e sociali estremamente alti vengono rivenduti a prezzi stracciati. Opponendosi a questa globalizzazione liberista e suicida che inquina il pianeta, dilapida ogni risorsa e impone la dislocazione forzata di milioni di contadini, lavoratori e artigiani, le comunita' si impegnano a sviluppare delle economie alternative che proteggono la vita e promuovono la creativita' individuale. La globalizzazione economica si configura come una nuova forma di "enclosure of the commons", la recinzione delle terre comuni britanniche, come una privatizzazione imposta attraverso atti di violenza e dislocazioni forzate. Anziche' generare abbondanza, questa privatizzazione subordinata al profitto produce nuove esclusioni, nuove espulsioni e maggiore poverta'. Non solo, ma trasformando in merce ogni risorsa e forma di vita, essa depriva anche i popoli e le specie viventi dei loro fondamentali diritti in termini di spazio ecologico, culturale, economico e politico. La proprieta' privata dei ricchi torna cosi' a fondarsi su una rapina ai danni dei poveri. Le privatizzazioni si traducono in un esproprio delle risorse pubbliche e dei beni comuni dei soggetti piu' poveri, che si ritrovano ad essere economicamente, politicamente e culturalmente depauperati. I brevetti sulla vita e la retorica di un mondo fondato sulla proprieta' privata, in cui qualsiasi cosa, dall'acqua alla biodiversita', dalle cellule ai geni, dagli animali alle piante, viene considerata in termini di merce, si traducono in una visione del mondo che non riconosce il valore intrinseco, l'integrita' e la sovranita' di ogni forma di vita. Secondo questa ideologia, il diritto dei contadini a disporre dei semi, dei malati a ricevere le loro medicine a prezzi accessibili, dei piccoli produttori a una ripartizione equa delle risorse terrene possono essere liberamente violati. La retorica della proprieta' privata nasconde la filosofia di morte di chi, pur scandendo slogan a favore della vita, cerca di impadronirsi di tutte le risorse del pianeta e della creativita' umana per controllarle e monopolizzarle. In Inghilterra, le recinzioni delle terre comuni trasformarono milioni di contadini in forza lavoro disponibile sul mercato. Se queste prime recinzioni si limitavano a sottrarre delle terre, l'attuale privatizzazione si spinge fino a mercificare ogni aspetto della vita, dai saperi comuni alle tradizioni culturali, dall'acqua alla biodiversita', inclusi servizi pubblici quali la sanita' e l'istruzione. * A fronte di tale situazione, la difesa dei beni comuni costituisce l'espressione piu' alta di una concezione democratica dell'economia. La privatizzazione dei beni e dei servizi pubblici e la mercificazione dei mezzi di sostentamento dei poveri altro non sono che un vero e proprio furto ai danni della sicurezza economica e culturale dei popoli. Milioni di persone deprivate della loro identita' e della possibilita' di provvedere dignitosamente alla loro esistenza vengono indotte a ricorrere all'estremismo, al terrorismo e al fondamentalismo religioso. Queste ideologie identificano l'altro con il nemico e rivendicano un'identita' esclusiva per poter sfuggire a una realta' alla quale rimangono invece ecologicamente, culturalmente ed economicamente connesse. Il loro tentativo di sottrarsi si traduce in un comportamento antagonistico e cannibale. L'ascesa dell'estremismo e del terrorismo e' un fenomeno direttamente imputabile alle nuove forme di recinzione o privatizzazione introdotte dal colonialismo della globalizzazione economica. Cosi' come il cannibalismo di polli e maiali soggetti a un allevamento intensivo si sconfigge con il ricorso a metodi piu' naturali, anche il terrorismo, l'estremismo e le ideologie che invocano la pulizia etnica e l'intolleranza religiosa vanno affrontati come aberrazioni prodotte dalla globalizzazione economica, patologie che si possono sanare soltanto democratizzando la realta' globale. La privatizzazione genera esclusione, e l'esclusione e' il prezzo che la globalizzazione economica cerca di occultare. Le nostre azioni di protesta contro la biopirateria del neem, del riso basmati e del grano hanno saputo raggiungere l'obiettivo che si erano preposte, ottenendo un riconoscimento del nostro patrimonio biologico e intellettuale come bene comune. La lotta vittoriosa delle donne di Plachimada, una piccola comunita' tribale dello stato indiano del Kerala, contro la piu' grande multinazionale del mondo, la Coca-Cola, costituisce un esempio tra i piu' significativi delle potenzialita' dei movimenti democratici emergenti. I nuovi diritti sulla proprieta' intellettuale privatizzano un patrimonio comune di natura biologica, intellettuale e digitale. La privatizzazione ci depriva anche delle nostre risorse idriche. Ogni bene comune privatizzato comporta la dislocazione e la perdita d'autonomia di molti soggetti umani, l'arricchimento di una minoranza a scapito di un generale aumento della poverta'. La dislocazione forzata produce precarieta', e nelle sue forme piu' estreme puo' arrivare a negare anche i piu' elementari diritti alla vita. Con la diffusione delle sementi geneticamente modificate e degli aborti indotti per selezionare il sesso dei nascituri, assistiamo alla progressiva scomparsa di un numero crescente di piccoli agricoltori e di donne. L'entita' e il tasso di sviluppo di questo fenomeno sono direttamente proporzionali alla "crescita economica" imposta dai promotori della globalizzazione neoliberista. * Per fortuna pero', queste forme di genocidio brutale non costituiscono l'unica e incontrastata tendenza della storia contemporanea. Un futuro diverso ha preso forma per le strade di Seattle e Cancun, nelle case e nelle comunita' agricole di tutto il mondo. Un futuro che si basa sul principio di inclusione, anziche' di esclusione; sulla nonviolenza e sulla difesa del pianeta come bene comune, anziche' come territorio da recintare; su una libera condivisione delle risorse terrene, anziche' sulla loro privatizzazione e monopolizzazione. Il movimento democratico globale deriva da un'esperienza collettiva di dialogo e solidarieta', di pluralismo e cooperazione, di confronto e di scambio tra le diversita'. Questa e' l'alternativa democratica a piani economici quali il "Progetto per il nuovo secolo americano" (1), un piano di sviluppo definito a porte chiuse e condizionato dalla mentalita' angusta delle multinazionali. Le nostre proposte si qualificano infatti come portato della nostra autonomia organizzativa, di identita' profondamente radicate nello specifico delle realta' locali, della nostra molteplicita' e diversita'. Il nostro intervento non si limita a prendere in considerazione gli interessi del genere umano, ma si estende alla tutela di tutte le forme di vita che popolano il pianeta. E' qualcosa di piu' dell'organizzazione della prossima protesta o del prossimo Social forum: e' quanto intendiamo fare quotidianamente, nella vita di tutti i giorni, per modificare la realta' globale attraverso un impegno individuale e radicato nel tessuto delle nostre realta' locali. I cambiamenti che riusciamo a ottenere possono sembrare di poco conto, ma l'impatto che producono sara' determinante per le sorti del pianeta e dell'umanita'. Essi mirano infatti a contrastare la logica violenta e autodistruttiva perpetrata dalle culture, dalle economie e dalle politiche di morte, per sostituirla con nuovi modelli di sviluppo economico, politico e culturale fondati sulla nonviolenza e sulla creativita' che promuovono, valorizzano e sostengono la vita. Il progetto di costituire una democrazia della comunita' terrena non deve essere inteso come un'astrazione, ma come l'insieme delle pratiche specifiche dei popoli che reclamano i loro beni comuni, le loro risorse e il diritto di vivere liberi e in pace, preservando la loro identita' e la loro dignita'. Poiche' si tratta di una realta' multiforme e composita, ho scelto di soffermarmi su alcuni esempi significativi dei progetti politici, economici e culturali che concorrono a costituirla. Queste tre dimensioni della politica, dell'economia e della cultura sono ovviamente inseparabili. * I modelli economici che adoperiamo per produrre e scambiare beni e servizi sono condizionati dai valori della nostra cultura e dal nostro sistema politico. Anche lo sviluppo di un modello economico alternativo si verifica pertanto in sinergia con l'elaborazione di una nuova cultura e di nuove istituzioni piu' democratiche. Le economie che apportano la vita sono i luoghi e le pratiche in cui le risorse comuni vengono condivise equamente, per provvedere al fabbisogno di cibo e di acqua e per conferire un senso all'esistenza dei singoli e della comunita'. Il movimento democratico globale sorge dalla consapevolezza di essere radicati nello specifico di una realta' locale che tuttavia interagisce con la realta' globale del pianeta, per non dire dell'universo intero. Si tratta di un modello di sviluppo planetario che non puo' fondarsi sulla speculazione finanziaria o sul trasferimento immotivato di beni e servizi, ma sui principi dell'ecologia e della solidarieta'. Un'economia globale che tiene conto dei limiti imposti dall'ecologia non puo' che valorizzare la produzione locale, per ridurre gli sprechi di risorse umane e naturali. E solamente quelle economie che adottano un modello di sviluppo ecologico possono diventare delle economie che apportano la vita, in grado di assicurare un futuro sostenibile. I nostri piani di sviluppo non possono essere condizionati dalla logica aziendale dei profitti trimestrali, come pure dalle scadenze quadriennali o quinquennali dei politici. Occorre considerare ben altro, perche' il futuro coinvolge l'evoluzione di tutte le forme di vita terrene e il benessere di tutti gli individui che compongono la nostra famiglia, la nostra comunita' e l'intera societa' umana. La tutela dell'ecologia costituisce un obiettivo prioritario perche' la nostra identita' principale e' proprio quella ecologica. * Noi siamo cio' che mangiamo, l'acqua che beviamo, l'aria che respiriamo. La nostra liberta' non puo' prescindere dal diritto a un controllo democratico del cibo, dell'acqua e della nostra sopravvivenza ecologica. Le democrazie che tutelano la vita sono gli spazi e gli strumenti politici necessari per riconquistare le nostre liberta' fondamentali, per difendere i nostri diritti e per espletare i nostri doveri e le nostre responsabilita' comuni: proteggere la terra, difendere la pace e promuovere la giustizia sociale. I fautori della globalizzazione economica sostengono che il libero mercato promuove uno sviluppo della democrazia. In realta', le multinazionali distruggono la democrazia in ogni sua forma, a ogni livello. La privatizzazione delle risorse comuni rappresenta l'effetto negativo piu' evidente, perche' cancella le democrazie di base proprio come la recinzione delle terre provoco' la scomparsa delle comunita' contadine in Inghilterra. Ma anche gli stessi accordi economici che promuovono la globalizzazione non vengono decisi democraticamente, poiche' sono sanciti e imposti da organizzazioni come la Banca mondiale, il Wto o il Fondo monetario internazionale a prescindere dalla volonta' delle comunita' e dei paesi direttamente coinvolti. Le multinazionali che controllano la globalizzazione indeboliscono le istituzioni democratiche dei paesi in cui operano, perche' le loro decisioni vengono prese scavalcando le istituzioni parlamentari e i singoli cittadini. Qualsiasi governo appena eletto, indipendentemente dall'orientamento politico, si trova costretto ad approvare una serie di riforme economiche di stampo neoliberista. L'attuale processo di globalizzazione rende impossibile lo sviluppo di un'economia democratica, configurandosi come una vera e propria dittatura economica delle multinazionali. Quando una dittatura economica indebolisce le istituzioni democratiche di una nazione, si assiste anche alla crescita di pericolosi fenomeni quali il fondamentalismo religioso e l'estremismo di destra. Ecco allora che la globalizzazione non provoca soltanto una crisi della democrazia, ma anche l'avvento di una democrazia di morte che ricorre all'odio, al terrore e alla discriminazione sociale per ottenere voti e potere. Impegnarsi in un progetto di democratizzazione ecologica e sociale significa, al contrario, concepire e progettare delle democrazie che tutelino la vita assicurando a tutti la possibilita' di esprimersi su questioni fondamentali come il cibo, che mangiamo o che ci viene negato, come l'acqua, che beviamo o che ci viene sottratta perche' e' stata inquinata o privatizzata, come l'aria, che respiriamo o che forse ci avvelena. Le democrazie che tutelano la vita si fondano sul riconoscimento del valore intrinseco di tutte le specie, di ogni popolo e di ogni cultura, sull'equa ripartizione delle risorse terrene e sulla comune gestione di tali risorse. * Le culture che valorizzano la vita sono spazi in cui possiamo configurare ed esprimere valori, convinzioni politiche o religiose, pratiche e tradizioni diverse, pur restando in sintonia profonda con la nostra identita' comune e universale di esseri umani che condividono la terra, l'acqua e l'aria con tutte le altre specie. Tali culture si fondano sulla nonviolenza e sulla solidarieta', sul pluralismo e sull'uguaglianza, sul rispetto della giustizia, della diversita' e della vita in tutte le sue forme. Una cultura che cresce in seno a un'economia che protegge la vita trova spazio per tutti gli esseri viventi, senza distinzioni di sesso, etnia, religione o specie. Essa esprime un radicamento profondo alla terra e alle specificita' del luogo in cui si origina, ma anche un sentimento di solidarieta' per tutto il genere umano, una coscienza universale che nasce dal sentirsi parte di un'unica famiglia terrena. Le culture che valorizzano la vita si fondano sulla compresenza di molte identita'. La nostra identita' terrena e' data al tempo stesso dall'esperienza concreta della realta' in cui viviamo - della quotidianita' del lavoro e del riposo, del gioco e del pianto - e dalla globalita' delle pratiche che ci correlano al resto del mondo. "Ogni cosa e' correlata," come insegna capo Seattle. Noi esistiamo in rapporto con la terra, localmente e globalmente. Le culture che valorizzano la nostra identita' terrena ci insegnano a seguire dei criteri di sviluppo ecologicamente compatibili. Soltanto ricordandoci di essere cittadini della terra e figli di questo pianeta possiamo riscoprire la nostra identita' comune e superare le scissioni profonde, l'intolleranza, l'odio e il terrore provocati dalle privatizzazioni, dalla polarizzazione del mondo e dagli sconvolgimenti introdotti dalla globalizzazione economica. Le culture indigene che credono in una convivenza pacifica delle specie e dei popoli, nel rispetto delle differenze biologiche e culturali dei singoli percorsi evolutivi, sono ancora vive nella nostra memoria collettiva e ci aiutano a concretizzare il progetto di una democrazia della comunita' terrena. Il principio di interconnessione e inseparabilita' su cui si fonda questa antica visione viene ribadito anche, in maniera significativa, dalla scienza contemporanea: si pensi alla teoria dei quanti, al continuum spazio-temporale della relativita' generale, o alla complessita' delle strutture degli organismi viventi. In tempi piu' recenti, questa visione del mondo si e' espressa attraverso i valori, le prospettive e le azioni dei movimenti impegnati a perseguire la pace, la giustizia e la sostenibilita'. Viviamo in un'epoca in cui l'asservimento della democrazia agli interessi del capitalismo globale ha generato nuove paure, nuove insicurezze, nuovi fondamentalismi e nuove manifestazioni di violenza. In India e negli Stati Uniti, le elezioni del 2004 hanno evidenziato come la disoccupazione e il diffondersi della poverta' possano costituire un terreno fertile per l'ascesa del fondamentalismo religioso, un'ideologia che semina discordia e fa leva sulle differenze culturali per distogliere l'attenzione da quei valori che invece possono unirci: il lavoro, l'ambiente, i diritti umani, la nostra comune appartenenza all'umanita'. * Concepire la Terra come una grande comunita' democratica ci aiuta invece a riappropriarci della nostra identita' di esseri umani e delle correlazioni che ci uniscono a tutte le altre specie. Questa visione del mondo rispetta la sacralita' della vita in tutto il vivente, senza distinzioni di classe, casta, genere o religione, e ci insegna a sconfiggere l'avidita' e la violenza subordinando i nostri interessi individuali a quelli della famiglia terrena. Privatizzare l'acqua o introdurre dei brevetti sulla vita diventa allora impensabile, perche' tutti gli esseri viventi hanno il diritto di vivere e sostentarsi. Se la famiglia terrena riconosce, come capo Seattle, che "ogni cosa respira all'unisono, l'albero, l'animale e l'uomo" e che "l'aria condivide il suo spirito con tutte le creature viventi", essa non consentira' piu' a una parte della comunita' internazionale di alterare il clima, di impadronirsi delle risorse atmosferiche comuni e di produrre il 36% dell'inquinamento da anidride carbonica mondiale, a scapito dei diritti delle altre specie e degli altri popoli. Conservare gli equilibri ecologici necessari per la sopravvivenza del nostro pianeta e difendere i diritti umani fondamentali come quello all'acqua, al cibo, alla salute, all'istruzione, al lavoro e a un'esistenza dignitosa: questo e' l'impegno di una visione democratica e comunitaria che riconosce l'importanza della vita e la rispetta in tutte le specie e in tutti i popoli. Negli ultimi trent'anni, la mia adesione a questa concezione del mondo si e' tradotta in un impegno concreto all'interno dei movimenti che lottano per un'affermazione universale dei diritti umani e di quei movimenti ecologisti e animalisti che riconoscono il valore intrinseco di tutte le specie. La difesa dell'umanita' non puo' prescindere da quella delle altre specie, perche' soltanto una comunita' terrena unita e solidale puo' costituire un'alternativa reale a una globalizzazione economica che riconosce soltanto i diritti delle multinazionali e trasforma gli esseri viventi in materie prime da poter sfruttare o in rifiuti facilmente eliminabili. Sentirsi parte della comunita' terrena significa entrare in sintonia con la fluidita' della vita, che si rinnova e si rigenera costantemente. Significa percepire la continuita' del vivente, dalla nostra esistenza quotidiana a quella dell'universo, e comprendere il significato universale della nostra epoca, della simultanea interazione di diverse realta'. La comunita' terrena deve pulsare in armonia con le potenzialita' infinite di un universo in continua espansione, anche quando si trova ad affrontare minacce che mettono a rischio la sopravvivenza stessa della nostra specie. Essa custodisce le nostre speranze nei momenti piu' critici; ci lascia intravedere la pace in un mondo di guerre senza fine; ci induce ad amare la vita appassionatamente e con coraggio nonostante i messaggi di odio e morte veicolati dai media e dai gruppi di potere. * Principi costitutivi di una democrazia della comunita' terrena 1. Tutte le specie, tutti gli esseri umani e tutte le culture possiedono un valore intrinseco. Tutti gli esseri viventi sono soggetti dotati di intelligenza, integrita' e di un'identita' individuale. Non possono essere ridotti al ruolo di proprieta' privata, di oggetti manipolabili, di materie prime da sfruttare o di rifiuti eliminabili. Nessun essere umano ha il diritto di possedere altre specie, altri individui, o di impadronirsi dei saperi di altre culture attraverso brevetti o altri diritti sulla proprieta' intellettuale. 2. La comunita' terrena promuove la convivenza democratica di tutte le forme di vita. Siamo membri di un'unica famiglia terrena, uniti gli uni agli altri dalla fragile ragnatela della vita del pianeta. Pertanto e' nostro dovere assumere dei comportamenti che non compromettano l'equilibrio ecologico della Terra, nonche' i diritti fondamentali e la sopravvivenza delle altre specie e di tutta l'umanita'. Nessun essere umano ha il diritto di invadere lo spazio ecologico di altre specie o di altri individui, ne' di trattarli con crudelta' e violenza. 3. Le diversita' biologiche e culturali devono essere difese. Le diversita' biologiche e culturali hanno un valore intrinseco che deve essere riconosciuto. Le diversita' biologiche sono fonti di ricchezza materiale e culturale che pongono le basi per la sostenibilita'. Le differenze culturali sono portatrici di pace. Tutti gli esseri umani hanno il dovere di difendere tali diversita'. 4. Tutti gli esseri viventi hanno il diritto naturale di provvedere al loro sostentamento. Tutti i membri della comunita' terrena, inclusi gli esseri umani, hanno il diritto di provvedere al loro sostentamento: hanno diritto al cibo e all'acqua, a un ambiente sicuro e pulito, alla conservazione del loro spazio ecologico. Le risorse vitali necessarie per il sostentamento non possono essere privatizzate. Il diritto al sostentamento e' un diritto naturale perche' equivale al diritto alla vita. E' un diritto che non puo' essere accordato o negato da una nazione o da una multinazionale. Nessun paese e nessuna multinazionale ha il diritto di vanificare o compromettere questo genere di diritto, o di privatizzare le risorse comuni necessarie alla vita. 5. La democrazia della comunita' terrena si fonda su economie che apportano la vita e su modelli di sviluppo democratici. La realizzazione di una democrazia della comunita' terrena presuppone una gestione democratica dell'economia, dei piani di sviluppo che proteggano gli ecosistemi e la loro integrita', provvedano alle esigenze di base di tutti gli esseri umani e assicurino loro un ambiente di vita sostenibile. Una concezione democratica dell'economia non prevede l'esistenza di individui, specie o culture eliminabili. L'economia della comunita' terrena e' un'economia che apporta nutrimento alla vita. I suoi modelli sono sempre sostenibili, differenziati, pluralistici, elaborati dai membri della comunita' stessa al fine di proteggere la natura e gli esseri umani e operare per il bene comune. 6. Le economie che apportano la vita si fondano sulle economie locali. Il miglior modo di provvedere con efficienza, attenzione e creativita' alla conservazione delle risorse terrene e alla creazione di condizioni di vita soddisfacenti e sostenibili e' quello di operare all'interno delle realta' locali. Localizzare l'economia deve diventare un imperativo ecologico e sociale. Si dovrebbero importare ed esportare soltanto i beni e i servizi che non possono essere prodotti localmente, adoperando le risorse e le conoscenze del luogo. Una democrazia della comunita' terrena si fonda su delle economie locali estremamente vitali, che sostengono le economie nazionali e globali. Un'economia globale democratica non distrugge e non danneggia le economie locali, non trasforma le persone in rifiuti eliminabili. Le economie che sostengono la vita rispettano la creativita' di tutti gli esseri umani e producono contesti in grado di valorizzare al massimo le diverse competenze e capacita'. Le economie che apportano la vita sono differenziate e decentralizzate. 7. La democrazia della comunita' terrena e' una democrazia che tutela la vita. Una democrazia che tutela la vita si fonda sul rispetto democratico di ogni forma vivente e su un comportamentodemocratico da adottare gia' a partire dalla quotidianita'. Ogni soggetto coinvolto ha il diritto di partecipare alle decisioni da prendere in merito al cibo, all'acqua, alla sanita' e all'istruzione. Una democrazia che tutela la vita cresce dal basso verso l'alto, al pari di un albero. La democrazia della comunita' terrena si fonda sulle democrazie locali, lasciando che le singole comunita' costituite nel rispetto delle differenze e delle responsabilita' ecologiche e sociali abbiano pieni poteri decisionali riguardo all'ambiente, alle risorse naturali, al sostentamento e al benessere dei loro membri. Il potere viene delegato ai livelli esecutivi piu' alti applicando il principio della sussidiarieta'. La democrazia della comunita' terrena si fonda sull'autoregolamentazione e sull'autogoverno. 8. La democrazia della comunita' terrena si fonda su culture che valorizzano la vita. Le culture che valorizzano la vita promuovono la pace e creano degli spazi di liberta' per consentire il culto di religioni diverse e l'espressione di diverse fedi e identita'. Tali culture lasciano che le differenze culturali si sviluppino proprio a partire dalla nostra umanita' e dai nostri comuni diritti in quanto membri della comunita' terrena. 9. Le culture che valorizzano la vita promuovono lo sviluppo della vita stessa. Le culture che valorizzano la vita si fondano sul riconoscimento della dignita' e sul rispetto di ogni forma di vita, degli uomini e delle donne di ogni provenienza e cultura, delle generazioni presenti e di quelle future. Sono culture ecologiche che non producono stili di vita distruttivi o improntati al consumismo, basati sulla sovrapproduzione, sullo spreco o sullo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Le culture che valorizzano la vita sono molteplici, ma ispirate da un comune rispetto per il vivente. Riconoscono la compresenza di identita' diverse che condividono lo spazio comune della comunita' locale e danno voce a un sentimento di appartenenza che correla i singoli individui alla terra e a tutte le forme di vita. 10. La democrazia della comunita' terrena promuove un sentimento di pace e solidarieta' universale. La democrazia della comunita' terrena unisce tutti i popoli e i singoli individui sostenendo valori quali la cooperazione e l'impegno disinteressato, anziche' separarli attraverso la competizione, il conflitto, l'odio e il terrore. In alternativa a un mondo fondato sull'avidita', sulla diseguaglianza e sul consumismo sfrenato, questa democrazia si propone di globalizzare la solidarieta', la giustizia e la sostenibilita'. * Note 1. Il Pnac e' un think-tank americano con sede a Washington, fondato negli anni Novanta, al centro dell'elaborazione delle strategie "neocons" di politica estera statunitense. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1483 del 18 novembre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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