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Nonviolenza. Femminile plurale. 87
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 87
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 26 Oct 2006 12:14:54 +0200
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 87 del 26 ottobre 2006 In questo numero: 1. Orsola Casagrande: Il patriarcato che uccide 2. Adriana Cavarero: Il potere tra i sessi. Una conversazione 3. Annalisa Goldoni presenta il "Diario" di Alice James 1. RIFLESSIONE. ORSOLA CASAGRANDE: IL PATRIARCATO CHE UCCIDE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 agosto 2006. Orsola Casagrande e' giornalista, particolarmente impegnata per i dritti e la liberazione dei popoli] Serap Cileli e' nata in Turchia ma vive in Germania da quando aveva otto anni. Per due volte e' stata promessa in sposa (la prima quando aveva appena quattordici anni) dal padre a uomini che non aveva mai visto. Per due volte e' sfuggita a quello che sembrava un destino ineluttabile. Ne continua a pagare le conseguenze: la famiglia l'ha rinnegata e lei e' costretta a vivere in una cittadina tedesca cercando di tenere un basso profilo. "Ma non posso tacere - dice al telefono - sul destino che continua ad essere imposto a tante donne musulmane". Per questo ha scritto un libro (Siamo le vostre figlie non il vostro onore) e ha messo in piedi progetti di denuncia dei matrimoni forzati ma anche degli omicidi d'onore. "In Germania - dice - anche se non ci sono statistiche certe sappiamo che gli omicidi d'onore sono in aumento. Tra il 1996 e il 2004 ne sono stati provati 49, ma e' chiaro che sono molti di piu'". Una delle critiche che Serap Cileli muove alla societa' occidentale e' quella di "chiudere un occhio e anche due sugli omicidi in nome di una tolleranza di tradizioni culturali. Ma questa - dice appassionata - non e' una tradizione culturale. L'immigrazione turca in Germania esiste da mezzo secolo, eppure matrimoni forzati, omicidi d'onore, diritti violati delle donne sono stati tabu'. Questo idillio multiculturale di cui tanto si parla e' in realta' la scusa usata dall'occidente per non affrontare problemi real i. Non si puo' ignorare il fatto - insiste Cileli - che in Francia almeno settantamila donne l'anno vanno in vacanza e si ritrovano nell'incubo di un matrimonio forzato. Per la Germania si parla di almeno trentamila ragazze". * Dall'altra parte della Manica, in Gran Bretagna, i cosiddetti delitti d'onore sono in aumento. Nazand Begikhani, kurda irachena, ha appena curato un libro in inglese intitolato Honour. E' una ricerca sugli omicidi d'onore nel Kurdistan iracheno e all'interno della comunita' kurda in Gran Bretagna. "La violenza contro le donne - dice Begikhani - e' purtroppo in aumento nei paesi musulmani e nelle comunita' musulmane all'estero. L'omicidio della giovane Banaz Babakir Agha, il cui corpo e' stato ritrovato in aprile, e' solo l'ultimo di una lunga serie di omicidi". Dopo alcuni efferati omicidi nel 2003 e 2004 un gruppo di donne, musulmane e non, ha fondato a Londra la Campaign Against Honour Killings. Le pressioni del gruppo hanno convinto la polizia britannica a riaprire le pratiche di 109 omicidi di donne. Dei 22 finora esaminati, 18 sono stati riconosciuti come omicidi d'onore. "Quella di uccidere e' una decisione presa collettivamente dalla famiglia - dice Begikhani - e generalmente per commettere l'omicidio si sceglie un un membro minorenne, cosi' la pena sara' piu' lieve". In Gran Bretagna, dove si calcolano almeno dodici omicidi d'onore l'anno, pero' le ultime condanne sono state all'ergastolo. E' toccato per esempio al padre della giovane Banaz Babakir, cosi' come al padre e al fratello di Shafilea Amhed, pachistana, uccisa sempre in Inghilterra nel 2004. * Di nuovo in Germania e' molto attiva anche la sociologa turca Necla Kelek, autrice di un libro sulle spose importate. A 17 anni e' scappata di casa dopo che il padre l'aveva minacciata con un'ascia. "Frequentavo una scuola tedesca - racconta - ma non potevo frequentare amici tedeschi perche' infedeli e poi non potevo andare in piscina, fare sport". Anche Kelek critica i tanti nella societa' tedesca che "come molti intellettuali turchi chiudono gli occhi di fronte ai matrimoni forzati e alle spose importate dicendo che si tratta di affari privati. Ma non lo sono - dice Kelek - anzi sono questioni che condizionano e vanno ad intaccare i valori della nostra societa' democratica. La mia critica e' rivolta all'ipocrisia, non all'islam. Ed e' profondamente ipocrita - conclude la sociologa - dire che accettiamo omicidi d'onore e matrimoni forzati per rispetto di una cultura differente". * Serap Cileli parla di un nuovo muro a Berlino, di una societa' parallela che nasce prima di tutto da "ragioni economiche. Gente senza qualifiche, disoccupati, finisce col rinchiudersi in questi ghetti da cui e' praticamente impossibile uscire. Le donne poi sono per lo piu' casalinghe, chiuse in casa. E' dunque - conclude Cileli - su questi ghetti che bisogna lavorare. Lo stesso vale per la Francia e l'Inghilterra. E naturalmente poi non ci si puo' stupire se le banlieues esplodono o Bedford si incendia". Anche la legislazione, per Cileli, Kelek e per l'avvocata berlinese Seyran Ates ha un ruolo da giocare. "Non si puo' piu' accettare - dice Ates che nel 1984 e' rimasta gravemente ferita in un attacco davanti all'universita' dove era andata a denunciare l'esistenza in Germania degli omicidi d'onore - che i tribunali tedeschi facciano sconti di pena nei casi di omicidi d'onore che permettono agli assassini di cavarsela con pochi anni di galera". 2. RIFLESSIONE. ADRIANA CAVARERO: IL POTERE TRA I SESSI. UNA CONVERSAZIONE [Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo il testo della seguente conversazione tenuta al liceo scientifico "Isaac Newton" di Roma e trasmessa nel programma televisivo della Rai "Il grillo" del 10 novembre 1998. Adriana Cavarero e' docente di filosofia politica all'Università di Verona; dal sito "Feminist Theory Website: Zagreb Woman's Studies Center" ospitato dal Center for Digital Discourse and Culture at Virginia Tech University (www.cddc.vt.edu/feminism), copyright 1999 Kristin Switala, riportiamo questa scheda bibliografica delle sue opere pubblicate in volume: a) libri: Dialettica e politica in Platone, Cedam, Padova 1974; Platone: il filosofo e il problema politico. La Lettera VII e l'epistolario, Sei, Torino 1976; La teoria politica di John Locke, Edizioni universitarie, Padova 1984; L'interpretazione hegeliana di Parmenide, Quaderni di Verifiche, Trento 1984; Nonostante Platone, Editori Riuniti, Roma1990. (traduzione tedesca: Platon zum Trotz, Rotbuch, Berlin 1992; traduzione inglese: In Spite of Plato, Polity, Cambridge 1995, e Routledge, New York 1995); Corpo in figure, Feltrinelli, Milano 1995; Platone. Lettera VII, Repubblica: libro VI, Sei, Torino 1995; Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 1997; Adriana Cavarero e Franco Restaino (a cura di), Le filosofie femministe, Paravia, Torino 1999; A piu' voci. Filosofia dell'espressione vocale, Feltrinelli, Milano 2003. b) saggi in volumi collettanei: "Politica e ideologia dei partiti in Inghilterra secondo Hume", in Per una storia del moderno concetto di politica, Cleup, Padova 1977, pp. 93-119; "Giacomo I e il Parlamento: una lotta per la sovranita'", in Sovranita' e teoria dello Stato all'epoca dell'Assolutismo, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1980, pp. 47-89; "Hume: la politica come scienza", in Il politico. Da Hobbes a Smith, a cura di Mario Tronti,Feltrinelli, Milano 1982, vol. II, pp. 705-715; "Il principio antropologico in Eraclito", in Itinerari e prospettive del personalismo, Ipl, Milano 1987, pp. 311-323; "La teoria contrattualistica nei Trattati sul Governo di John Locke", in Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, a cura di Giuseppe Duso, Il Mulino, Bologna 1987, pp. 149-190; "Per una teoria della differenza sessuale", in Diotima. Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, pp. 43-79. (traduzioen tedesca: "Ansatze zu einer Theorie der Geschlechterdifferenz", in Diotima. Der Mensch ist Zwei, Wiener Frauenverlag, Wien 1989); "L'elaborazione filosofica della differenza sessuale", in La ricerca delle donne, Rosenberg & Sellier, Torino 1987, pp. 173-187. (traduzione inglese: "The Need for a Sexed Thought", in Italian Feminist Thought, ed. by S. Kemp and P. Bono, Blackwell, Oxford 1991); "Platone e Hegel interpreti di Parmenide", in La scuola Eleatica, Macchiaroli, Napoli 1988, pp. 81-99; "Dire la nascita", in Diotima. Mettere al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990, pp. 96-131. (traduzione spagnola: "Decir el nacimiento", in Diotima. Traer al mundo el mundo, Icaria y Antrazyt, Barcelona 1996); "Die Perspective der Geschleterdifferenz", in Differenz und Gleicheit, Ulrike Helmer Verlag, Frankfurt 1990, pp. 95-111; "Equality and Sexual Difference: the Amnesias of Political Thought", in Equality and Difference: Gender Dimensions of Political Thought, Justice and Morality, edited by G. Bock and S. James, Routledge, London 1991, pp. 187-201; "Il moderno e le sue finzioni", in Logiche e crisi della modernita, a cura di Carlo Galli, Il Mulino, Bologna 1991, pp. 313-319; "La tirannia dell'essere", in Metamorfosi del tragico fra classico e moderno, a cura di Umberto Curi, Laterza, Rma-Bari 1991, pp. 107-122; "Introduzione" a: B. Head, Una questione di potere, El, Roma 1994, pp. VII-XVIII; "Forme della corporeita'", in Filosofia, Donne, Filosofie, Milella, Lecce 1994, pp. 15-28; "Figures de la corporeitat", Saviesa i perversitat: les dones a la Grecia Antiga, coordinacio de M. Jufresa, Edicions Destino, Barcelona 1994, pp. 85-111; "Un soggetto femminile oltre la metafisica della morte", in Femminile e maschile tra pensiero e discorso, Labirinti 12, Trento, pp. 15-28; "La passione della differenza", in Storia delle passioni, a cura di Silvia Vegetti Finzi, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 279-313; "Il corpo e il segno. Un racconto di Karen Blixen", in Scrivere, vivere, pensare, a cura di Francesca Pasini, La Tartaruga, Milano 1997, pp. 39-50; "Schauplatze der Einzigartigkeit", in Phaenomenologie and Geschlechterdifferenz, edd. Silvia Stoller und Helmuth Vetter, Wuv-Universitatsverlag, Wien 1997, pp. 207-226; "Il pensiero femminista. Un approccio teoretico", in Le filosofie femministe, a cura di Franco Restaino e Adriana Cavarero, Paravia, Torino 1999, pp. 111-164; "Note arendtiane sulla caverna di Platone", in Hannah Arendt, a cura di Simona Forti, Bruno Mondadori, Milano 1999, pp. 205-225] - Studentessa: Salve, professoressa. Volevo sapere quanto l'aspetto esteriore di una donna influisca nella sua ascesa al potere. - Adriana Cavarero: Questa e' una buona domanda. L'aspetto esteriore influisce perche' cio' che viene ritenuto importante ed essenziale, in una donna, e' la bellezza del suo corpo. Storicamente, quando una donna mira ad occupare posizioni importanti e di dominio, vengono sempre enfatizzate la sua bellezza e la sua corporeita', intese allo stesso tempo quali segni di inferiorita'. Mentre l'uomo viene generalmente giudicato per la sua intelligenza e per le sue capacita', la donna e' valutata soprattutto in base al suo aspetto fisico: un individuo di sesso femminile deve essere affascinante per assecondare il desiderio maschile. La donna in quanto corpo, storicamente, si pone nella posizione dell'oggetto, mentre il maschio diviene il soggetto del desiderio. Se una donna raggiunge posizioni di potere usando il corpo, si potrebbe dire che ella approfitta - a mio avviso giustamente - di questa componente. Si tratta tuttavia di un comportamento paradossale, perche' sfrutta un elemento che pone la donna in posizione di inferiorita' all'interno dell'ordine simbolico del potere, ossia dei valori che contano nella opinione comune. * - Studentessa: Perche' e' stato proposto il diritto sessuato? Il diritto non dovrebbe essere un'entita' unica che accomuna tutti senza distinzioni? - Adriana Cavarero: Cosi' dovrebbe avvenire: infatti il diritto moderno - abbiamo qui un testo della Costituzione Italiana - non potrebbe mai essere definito come "sessuato" o anche come maschile, bensi' come "neutro universale". Si tratta tuttavia di un trucco, perche' il soggetto di tale diritto - ovvero il prototipo di individuo per il quale il diritto viene concepito - e' l'essere umano di sesso maschile, a tal punto che il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione Italiana afferma che tutti i cittadini sono uguali senza differenza di sesso: con esso si vuole intendere che le donne sono uguali agli uomini, nonostante siano donne. E' come se tale elemento di subordinazione fosse messo fra parentesi; si tratta di un'inferiorita' sancita dai codici sociali, e non da leggi naturali, e' quindi un'inferiorita' costruita: "C'e', ma non ne teniamo conto e facciamo finta che le donne siano come gli uomini". In questo senso il diritto e' egualitario, ma lo e' solo formalmente. Tale principio di uguaglianza formale non funziona nella sostanza: in Parlamento come nella scuola, le cariche che contano sono quasi tutte occupate da uomini. Il fatto che esso non venga applicato e' un chiarissimo sintomo della pretesa neutralita' del diritto, il quale e' in realta' sessuato al maschile e per questo non funziona. Non crediate che questo sia un argomento astratto: potreste parlarmi delle vostre esperienze, dei vostri rapporti fra sessi, oppure della vostra situazione familiare. La questione dei poteri fra i sessi non deve essere per forza intesa come un elemento essenzialmente teorico, perche' potrebbe manifestarsi nella vita tutti i giorni. Rispondete a questa domanda: c'e' qualcuna tra di voi a cui pesa il fatto di essere una ragazza e non un ragazzo, che vive sulla propria pelle questa differenza? * - Studentessa: Sinceramente non sento tale differenza, probabilmente anche grazie alla mia famiglia e al contesto in cui vivo. Penso pero' che al Sud la diversita' fra i sessi abbia piu' peso e si noti maggiormente, soprattutto rispetto ai paesi del Nord Europa. I movimenti femministi si sono sviluppati infatti in Occidente, e sono quasi tutti partiti dal Nord. - Adriana Cavarero: Esatto. Tu mi stai quindi dicendo che non pensi esistano delle aspettative diverse, da parte della tua famiglia o della societa', verso di te o verso tuo fratello o il tuo fidanzato? * - Studentessa: Ho solamente due sorelle, comunque non credo ci sarebbe stata concorrenza o differenza nelle aspettative. - Adriana Cavarero: La maternita' e la cura della casa - dei compiti sociali tipicamente femminili - sono importanti per te? Li percepisci come naturali? * - Studentessa: Si', penso siano naturali, come credo sia naturale per l'uomo aiutare la donna seguendola nella maternita' o dandole una mano nell'accudire la casa e nel portare avanti la famiglia. Se fra uomo e donna c'e' amore, tale atteggiamento viene da se'. - Adriana Cavarero: Tu hai usato il verbo "aiutare" e penso che questo sia indicativo: sicuramente si puo' parlare di aiuto per quanto riguarda la maternita', ma non penso si possa fare altrettanto relativamente alla cura della casa. * - Studentessa: Una cooperazione. - Adriana Cavarero: Una cooperazione... forse avrai qualche delusione. * - Studentessa: Spero di no! Penso comunque che la mentalita' della cooperazione - abbastanza comune nell'Italia centrale ed in quella del Nord - sia assente al Sud. Ho notato questa differenza in molti ragazzi che ho incontrato: mentre quelli del Nord sono piu' indipendenti e se la sanno cavare da soli, nel Sud persiste la mentalita' secondo la quale deve essere la donna a fare determinate cose: molti ragazzi partono militari senza neanche essere capaci di rifarsi il letto, perche' a casa loro erano la madre o la sorella a svolgere questa mansione. - Adriana Cavarero: Non sono totalmente sicura che questa divisione Nord-Sud sia cosi' netta. Credo che in parte dipenda anche dagli ambienti sociali: io abito al Nord e noto come in certe aree sociali ci sia ancora la mentalita' che vede nella ragazza colei che deve badare alla casa, mentre i ragazzi non si sanno fare neanche il caffe'. In cio' che hai detto trovo interessante la messa a fuoco di determinate "destinazioni naturali": la donna a casa e l'uomo al lavoro o nei luoghi di potere. Tu hai ovviamente sottolineato che tali affermazioni sono solo degli stereotipi, ma dal punto di vista filosofico costituiscono degli stereotipi non casuali, perche' vengono elaborati teoricamente in maniera molto seria. Possiamo citare, ad esempio, la Politica di Aristotele, dove viene definita la natura del genere umano in quanto comprendente i due sessi, ma - e qui sta il trucco - in quanto rappresentata soprattutto dal sesso maschile. Questo e' un passaggio logico che attraversa tutta la nostra cultura, tutta la tradizione occidentale. Ancora oggi, nel linguaggio comune, si pronunciano frasi del tipo: "L'uomo del prossimo millennio sara' totalmente integrato nella tecnica", nelle quali con "uomo" si intende "genere umano". Se invece si dicesse: "La donna, nel terzo millennio, sara' totalmente integrata nella tecnologia", non si avrebbe piu' l'impressione di parlare del genere umano nella sua totalita', ma esclusivamente della sua parte femminile. Fin dalle origini della nostra cultura c'e' stata questa corrispondenza - che si rispecchia anche nella lingua - fra il genere umano in quanto tale e l'uomo maschio che lo rappresenta. Ne segue che chi e' diverso dall'uomo, ossia la donna, e' mancante di qualcosa - del fallo, della ragione, della capacita' di controllo, dell'autorita' - e come tale inferiore. La superiorita' e la perfezione del sesso maschile e l'inferiorita' e l'imperfezione del sesso femminile, appartengono - secondo Aristotele - a due nature differenti: si tratta naturalmente di una natura costruita, di un concetto di natura che non deriva da una spontanea e genuina osservazione. Questi due ambiti - quello pubblico e politico per l'uomo, quello domestico e privato per la donna - vengono a costituirsi come stereotipi e a definire una relazione di potere. Il fatto che una donna sia priva di certe caratteristiche "femminili" - la dolcezza, essere portata per la maternita', essere brava ad accudire la casa - viene a tutt'oggi considerato anomalo. Uno dei luoghi in cui tali stereotipi vengono piu' spesso rappresentati e' la pubblicita'. Nella stragrande maggioranza degli spot, infatti, la donna viene raffigurata o come una casalinga inquieta totalmente presa dal problema di ottenere delle lenzuola piu' bianche del bianco, o come una bellissima seduttrice che reclamizza prodotti a loro volta seduttori, quali possono essere automobili o liquori; l'uomo, da parte sua, e' visto come un brillante uomo d'affari, oppure come un padre premuroso che torna dal lavoro mentre la mamma e' gia' in casa. * - Studentessa: Volevo parlarle di un'esperienza che ho avuto quest'anno andando in vacanza in Sicilia: pensavo che alcune cose non esistessero piu', che certi atteggiamenti radicati nella tradizione e legati ai ruoli sociali fossero scomparsi. Non sono cosi' convinta che il riferimento ad un maggior sessismo del Sud costituisca semplicemente un luogo comune, perche' mi sono accorta che alcuni ragazzi siciliani sperano ancora di potersi "crescere" la donna: vogliono stare insieme ad una ragazza piu' piccola per avere la garanzia che sia "inviolata", desiderano che lei sia vergine per potersela crescere fino alla fine. E' una mentalita' che mi ha scandalizzato e che forse e' legata proprio al concetto secondo il quale la donna non e' in possesso della ragione: una ragazza deve essere cresciuta perche' non e' abbastanza intelligente per farlo da sola. - Adriana Cavarero: La questione della verginita' e' legata ad un'immagine e ad un'organizzazione del potere. La verginita' e' importante perche' testimonia il fatto che quella donna non e' mai stata di nessun altro e, con la deflorazione, il marito vi puo' porre un marchio e farla sua. L'elemento cardine diventa dunque il possesso: fra possesso e potere c'e' un legame anche dal punto di vista terminologico e, in questo caso, la forma del potere e' una forma di possesso. Lo stereotipo della cultura dominante, quindi, vede nella donna un oggetto perche' solo un oggetto puo' essere posseduto, mentre un soggetto puo' casomai possedere. La rivoluzione sessuale, che appartiene alle donne della mia generazione, voleva proprio far notare come la sessualita' e le pratiche sessuali fossero tradizionalmente considerate uno dei luoghi nei quali mettere in scena la cerimonia del possesso. Tale esigenza e' sicuramente stata interpretata in maniera folcloristica: "Le donne che vogliono fare libero sesso sono donne poco serie!", anche se il movimento non era finalizzato a praticare sesso a gogo'. Si voleva affermare la liberta' delle proprie pratiche e delle proprie scelte sessuali e si voleva abbandonare una raffigurazione della verginita' tutta proiettata verso le esigenze dell'uomo e del suo bisogno di apporre un sigillo sul corpo della sua donna. Cio' che si chiedeva era un rapporto alla pari. Nessun ragazzo vuole fare una domanda? * - Studentessa: In che modo la legge tutela la donna? Non mi riferisco solo al periodo della maternita', ma alla donna in quanto persona. E' da poco passata una legge con cui si sancisce che lo stupro e' un atto di violenza contro la persona e non piu' contro il costume... - Adriana Cavarero: Per quanto riguarda la legge nei suoi sviluppi contemporanei, l'Italia si trova in una posizione molto avanzata. Coloro che se ne intendono mi dicono che, in materia di tutela della maternita' sul lavoro, ci troviamo avanti persino a quei paesi che consideriamo piu' progrediti. E' molto importante anche la legge sulla violenza sessuale, di cui hai parlato e che assume la donna come persona. Tuttavia, se si ritiene che un soggetto debba essere "tutelato", significa che in tale soggetto e' vista una sorta di mancanza. Con questo non voglio dire che la maternita' non debba essere tutelata: vorrei solo far notare come molte forme del linguaggio - quali "tutela", "protezione" e cosi' via - sottolineino di nuovo il ruolo storico della donna, la quale viene inserita in rapporti di potere che la vedono in posizioni inferiori o di svantaggio. * - Studentessa: Ci sono donne che vorrebbero fare il servizio militare. Lei pensa che sia giusto dar loro questa possibilita'? - Adriana Cavarero: E' una domanda molto buona, perche' mette in luce un altro paradosso. Dal punto di vista dell'ordine simbolico - ovvero della tradizione - alle donne appartiene l'ambito della famiglia e della maternita', quindi della vita, mentre agli uomini viene attribuita la sfera della guerra e della politica, che e' comunque fondata sulla guerra - pensate all'Iliade. Questo fa parte degli stereotipi. Quindi, se le ragazze vogliono fare il servizio militare, vuol dire che il loro desiderio va nella direzione dell'eguaglianza: "Anch'io sono capace di essere una guerriera". Il paradosso sta nel fatto che tale spinta verso la parita', lungi dal cancellare gli stereotipi li rafforza, perche' la ragazza si ritrovera' a fare il soldato uniformandosi allo stereotipo maschile, quello del guerriero forte dotato di fucile che sfida e stermina il nemico. Alcune volte queste operazioni sembrano fornire una spinta verso l'uguaglianza, ma finiscono col rafforzare gli stereotipi. Tra gli oggetti a nostra disposizione abbiamo una calza; anche a un ragazzo potrebbe venire il desiderio di imparare a fare la calza e penso sarebbe giusto, sebbene molto improbabile: nella scala dei valori, che coincide con la scala dei poteri, la forza militare e' ritenuta come strettamente legata alle abilita' del soggetto, mentre fare la calza o ricamare appartiene alla sfera domestica, che viene vista come molto secondaria al fine della civilizzazione. Anche qui gli stereotipi vengono rafforzati. Se vuoi la mia opinione, fra i desideri di eguaglianza delle ragazze il voler fare la carriera militare e' quello che appoggerei di meno, anche perche' non mi sento supporter di una cultura della guerra. Tu che ne pensi? * - Studentessa: Penso che se una ragazza nutre veramente il desiderio di diventare un soldato non sia giusto negarglielo, cosi' come ritengo sbagliata la leva obbligatoria per i ragazzi. - Adriana Cavarero: Mi pare che anche voi abbiate scelto un oggetto: dei preservativi. Avete pure portato il Viagra. Perche' avete scelto questi oggetti? Chi li ha scelti? * - Studentessa: Secondo me il preservativo rappresenta una forma di potere dell'uomo sulla donna: e' stato congegnato per essere usato dal maschio, il quale puo' decidere quando, come, e se usarlo. E la donna si ritrova spesso a sottostare al desiderio del ragazzo. Tutto cio' che lei ha detto e' fondamentalmente giusto, penso pero' che di sbagli ne siano stati fatti anche da parte delle donne, le quali hanno permesso che succedessero certe cose. Credo sia vero che molto spesso la bellezza puo' rappresentare una marcia in piu', ma il carattere non e' da meno: non mi ritengo particolarmente bella, pero' grazie al mio carattere ho ottenuto molti risultati. - Adriana Cavarero: Quello che hai detto e' indubbiamente importante: "Individualmente sono capace di non restare un semplice oggetto e riesco a mettermi da sola nella condizione di soggetto". Capisco ed apprezzo molto il tuo discorso; tuttavia, rendersi complici di un processo storico profondo ed influente costituisce un problema, perche' tale complicita' ha tanti aspetti ed e' molto complessa. Cosa intendo dire con il termine "complicita'"? Certe volte e' molto piu' facile aderire agli stereotipi che contrastarli, perche' questo atteggiamento ti puo' rendere la vita meno complicata: essere una brava ragazza, fare la mamma e stare a casa puo' risultare piu' facile, mentre combattere contro le convenzioni ed affermare: "Io non mi riconosco in questa immagine" e' estremamente faticoso: spesso alcune donne rinunciano a combattere. L'oggetto e' tradizionalmente passivo, mentre il soggetto e' attivo: farsi soggetto, vuol dire immettersi nella dimensione dell'attivita'. Ci sono cose che mi fanno molto arrabbiare, sia come donna, sia come studiosa: alcuni dei maggiori settimanali culturali e politici italiani presentano spesso in copertina delle donne nude in posizioni oscene, e la fruizione di questi corpi femminili viene del tutto decontestualizzata rispetto al contenuto del settimanale, un contenuto politico-culturale, appunto. A voi che siete giovani, anche ai ragazzi, chiedo: al di la' del comportamento personale - del porsi come soggetto o oggetto nei confronti del partner - e concentrandovi sull'ambito pubblico, quello della rappresentazione, ve la sentireste di fare qualche cosa contro queste copertine? Oppure pensate semplicemente: "Le cose vanno cosi'". Negli Stati Uniti, ad esempio, c'e' una legge che proibisce questo tipo di copertine: una donna nuda puo' andare bene per le riviste pornografiche, ma non puo' essere usata per vendere piu' copie di un settimanale di cultura e politica, solitamente destinato agli uomini. In altri paesi, quindi, oltre alla posizione della singola donna che dice: "Io voglio essere un soggetto e voglio essere attiva", c'e' anche una presa di posizione politica da parte di donne e uomini che non apprezzano questo tipo di volgarita'. In Italia, invece, non e' presente tale interesse a combattere gli stereotipi. Siccome io ho questo interesse, vi chiedo: pensate che le cose debbano andare avanti cosi'? * - Studentessa: Lei ha detto una cosa che condivido pienamente: ha affermato che in altri paesi sono gli stessi uomini a non apprezzare questo tipo di volgarita', mentre in Italia cosi' non succede. Bisognerebbe, allora, ricercarne le cause: perche' all'uomo italiano ancora piacciono queste immagini? Alcune volte si pensa che la risposta stia in una sorta di colpa alla donna, perche' molti uomini potrebbero dire: "L'insoddisfazione tra le mura domestiche mi porta a ricercare qualcosa al di fuori di esse". Io sono indubbiamente d'accordo nel criticare tali copertine, penso pero' che la colpa sia al 50% degli uomini e al 50% di quelle donne che permettono succedano certe cose: se non ci fossero donne disposte a farsi fotografare nude, non ci sarebbe tali copertine. Ritengo comunque che gli uomini italiani che a cinquant'anni ancora vanno alla ricerca di donne nude o dei miracoli del Viagra, abbiano una mentalita' malata: finche' sei giovane sono problemi che puoi risolvere, ma se a 50-60 anni ancora hai bisogno di questo genere di cose, allora la colpa e' solo tua. Anch'io sono convinta che si debba combattere questa strumentalizzazione, sia partendo dalle donne, sia portando avanti una rieducazione degli uomini. - Adriana Cavarero: Hai ragione: una rieducazione degli uomini... ma anche delle donne. Non basta dire semplicemente: "Cari uomini, vi dovete comportare in maniera piu' civile e signorile". Bisogna riuscire ad agire su uno dei nodi fondamentali della nostra tradizione culturale: il potere fra i sessi. Si deve combattere quella gerarchia che da una parte pone l'uomo in posizione di superiorita' rispetto alla donna e lo identifica con tutti gli ambiti del potere - di cui il fallo e' un fortissimo simbolo - e dall'altra relega la donna a ruoli che spaziano tra due estremi significativi - madre casta e ragazza vergine o oggetto del desiderio e corpo che si offre ai desideri maschili. La madre e la prostituta: le due immagini del femminile che vengono offerte. Questa si' che e' una questione di educazione, ma nell'accezione piu' seria della parola "educazione": si tratta di pensare diversamente il rapporto fra i sessi e l'ordine simbolico che vige fra di loro, ovvero di agire contro uno dei centri nodali di una cultura che ha piu' di duemila anni. Perche' certe cose succedono in Italia e in altri paesi no? La cultura e la tradizione sono genericamente patriarcali, tanto in Italia, quanto - ad esempio - negli Stati Uniti, ma mentre negli Stati Uniti vige una sorta di "patriarcato illuminato" con alcune regole di convivenza che impediscono allo stereotipo di arrivare agli estremi, nella cultura italiana e' presente un patriarcato retrivo: anche le minime pratiche di savoir faire e di civilizzazione non vengono messe in atto. Tuttavia, ripeto, la soluzione non sta tanto nell'adeguare il patriarcato retrivo a quello illuminato, quanto nell'agire sulla cultura patriarcale in quanto tale e nel ripensare la differenza fra i sessi senza assimilarla all'uguaglianza. Cio' che i nostri occhi e i nostri sensi percepiscono, tutto cio' che e' reale e che arriva alla nostra conoscenza e al nostro senso comune, pretende di avere un significato che sia realistico e che rispetti tale realta': dire che i sessi sono uguali e' una bugia, una costruzione logica menzognera. Alla differenza sessuale va dato un senso che valorizzi la differenza. C'e' un modo di intendere le differenze in quanto collocate in una gerarchia di poteri: il bianco e' meglio del nero, l'europeo e' meglio del maghrebino, l'uomo e' meglio della donna, il ricco e' meglio del povero. Ma c'e' anche un modo per pensare le differenze in senso non gerarchico: questa e' la grande sfida al patriarcato. * - Studente: La pornografia rappresenta un'espressione del potere, oppure un'espressione della liberta' dell'individuo? - Adriana Cavarero: A mio avviso costituisce un'espressione del potere, perche' la pornografia occidentale - parlo dell'Occidente perche' non conosco l'Oriente - vede come oggetti del desiderio donne e bambini, ossia proprio quegli individui che sono messi in posizione inferiore nell'ordine sociale. Inoltre il corpo ritratto viene offerto ad uno sguardo di tipo "cannibalesco" che fruisce di cio' che e' inerte, di cio' che non partecipa, e che si nutre di quello che e' posto di fronte ad esso a mo' di strumento di eccitazione: tutto cio' fa chiaramente parte di un organigramma del potere e non coincide mai con la liberta'. Forse tu ti riferivi alla liberta' di stampa e di opinione... * - Studente: Ma anche alla liberta' individuale dell'attrice o della ragazza che si presta a sfruttare il proprio corpo per denaro, anche se probabilmente questa non e' liberta', perche' la donna si pone come oggetto. - Adriana Cavarero: Io non la intendo come una liberta': e' semplicemente un modo per guadagnare soldi - alcune volte molti soldi - che, all'inizio, ti permettono di sopravvivere. Da un punto di vista umano posso comprendere un individuo che debba vendere il suo corpo per denaro, ma non riterrei mai questa azione come un'espressione di liberta', anche perche' la persona in questione si troverebbe nella necessita' di fare qualcosa per sopravvivere. * - Studente: Crede che una scelta del genere sia sempre dettata dalla necessita' di sopravvivere o pensa che a volte si provi piacere nell'agire cosi'? - Adriana Cavarero: Ritengo che la sessualita' umana sia estremamente complicata e che, anche in questo caso, contenga elementi di piacere. E' molto difficile definire cosa sia la liberta' sessuale, bisogna pero' non cadere nello stereotipo - che per la prima volta sento tirare in ballo da un ragazzo, mentre di solito e' piu' comune presso i miei coetanei maschi - secondo il quale in certe situazioni di sfruttamento, quali la pornografia o la prostituzione, la donna prova piacere. Tutto questo fa parte di un immaginario maschile; e' frutto del desiderio maschile di possedere una donna oscena e scatenata, un essere dalla sessualita' perduta completamente opposto alla sessualita' delle donne che lo accudiscono: egli, infatti, non vorrebbe mai che la mamma, la sorella e la moglie fruissero di questo tipo di liberta' sessuale. In secondo luogo, si pensa che la donna provi piacere a fare la prostituta o a esporre il suo corpo, perche' si crede che il soggetto - vale a dire l'uomo - sia di per se' cosi' affascinante e cosi' capace di far godere, da far si' che lei non possa non essere soddisfatta. Ripeto: nell'orizzonte cosi' vario e cosi' imprevedibile della sessualita' umana, puo' darsi che qualche volta succeda che tali situazioni provochino piacere. * - Studente: Considerando il problema da un punto di vista religioso - in particolare della religione cristiana - non e' possibile che la religione aumenti il divario fra uomo e donna? Il bambino, quando va a seguire il catechismo, impara che Dio creo' Adamo e poi, da una costola di quest'ultimo, creo' la donna per dargli una compagna: la donna viene quindi vista come seconda all'uomo. - Adriana Cavarero: Come sai nel libro della Genesi esistono due versioni, a distanza di poche righe l'una dall'altra. La prima dice che Dio li creo' maschio e femmina, ovvero che creo' contemporaneamente il sesso maschile e il sesso femminile e, poche righe dopo, e' presente la versione relativa alla costola di Adamo che tu citi, quella piu' nota. Questa seconda versione non fa altro che inserirsi nella tradizione occidentale, dove i simboli corrispondono a un comportamento coatto che dobbiamo per forza assimilare. La religione - cristiana, ebraica, greca o romana che sia - presenta un'omogeneita' nella rappresentazione della differenza sessuale, che viene intesa come rapporto di potere tra il sesso dominante maschile e il sesso dominato femminile. In questo senso l'insegnamento religioso ripete uno stereotipo culturale. Anche le materie che studiate al liceo e che vi sembrano lontanissime dal sacro ripetono lo stereotipo. Quando studiate la storia, per esempio, vi ritrovate ad imparare una serie di guerre e di battaglie che hanno tutte dei protagonisti maschili. Si potrebbe ovviamente citare Elisabetta I, ma capite bene che la presenza di una donna, cosi' come di due o tre, non costituisce realmente un'eccezione: e' casomai un'eccezione che conferma la regola. Vi insegnano la storia come se essa appartenesse all'universalita' del genere umano, mentre sarebbe giusto - quando insegno filosofia mi comporto cosi' - dire: "Vi insegno la storia della filosofia, la quale non si riferisce tanto ad un soggetto universale, quanto alla storia della filosofia virile pensata dagli uomini per gli uomini". Io nutro una grande passione per Platone ed Aristotele, noto pero' che vengono spesso presentati come se parlassero di un'oggettivita' valevole per tutti. Lo stesso Kant - che e' molto piu' vicino a noi di Aristotele - quando parla di etica e del famoso imperativo categorico, pensa a un soggetto universale di sesso maschile, e non femminile. Sarebbe molto piu' onesto che i docenti segnalassero questo fatto, e diverse insegnanti lo fanno gia'. E' vero che la religione costituisce uno dei modi con cui lo stereotipo viene riciclato, ma cio' viene messo in atto dall'intera cultura in tutti i suoi ambiti. * - Studentessa: Anch'io, come l'altra ragazza, ho avuto un'esperienza con degli amici del Sud, e mi sono resa conto del fatto che la' vi sono ragazze coscienti dell'assurdita' della loro situazione, anche se di fronte agli altri continuano a difendere lo stato di cose in cui si trovano. Cio' che mi da' piu' fastidio, appunto, e' che - anche se nell'intimo soffrono profondamente e si sentono impotenti ed oppresse - tendono a nascondere la loro situazione e, soprattutto, non cercano di ribellarsi. In fondo, al giorno d'oggi, ci sono tanti modi per aprirsi al mondo: c'e' la televisione e ci sono numerosi altri mezzi di comunicazione. Proprio non capisco perche' queste ragazze non si pongano a confronto con cio' che vedono intorno a loro e non cerchino di ribellarsi. - Adriana Cavarero: Perche', naturalmente, bisogna tenere conto del contesto. Ci sono certi contesti dove ribellarsi e' piu' facile e ci sono altri contesti in cui risulta piu' difficile. Il tipo di educazione che si riceve in famiglia, a scuola e nell'ambiente in cui si vive, e' fondamentale. Non sono molto convinta delle cose che continuate a ripetermi, dell'accento che ponete sulla diversita' tra il Sud da una parte e il Nord e il Centro dall'altra: penso che il problema riguardi piu' le sfere sociali. Posso solo dire - e in questo concordo con te - che la questione del potere fra i sessi non e' un problema marginale o secondario, riguardante una specie di ritardo storico: non penso che, con un po' di pazienza, tale ritardo sara' riscattato da una societa' felice e paritaria, dove l'uomo e la donna non avranno piu' rapporti di potere. Ritengo invece - lo ho notato persino dalle vostre domande - che il potere fra i sessi sia presente all'interno del nostro modo di vivere nel mondo, e che costituisca un punto nodale le cui ragioni vanno combattute anche a livello di comportamento individuale. Alcuni di voi l'hanno sottolineato, ma e' un problema che va compreso dal punto di vista filosofico o dal punto di vista delle discipline del sapere, che va analizzato in tutti i suoi complicati dettagli: non bisogna soltanto seguire il piacere che si prova nel distruggere un potere che non vogliamo piu', ci si deve anche sforzare di costruire un nuovo modo di intendere la differenza sessuale, ossia di ripensare tale diversita', perche' essa segna il corpo e la vita. E' una grande scommessa nella quale dovrebbero essere impegnate proprio le giovani generazioni, perche' costituisce una chiave per ristrutturare non solo i rapporti di potere fra i sessi, ma i rapporti di potere in quanto tali. Vi saluto e vi ringrazio per la conversazione. 3. LIBRI. ANNALISA GOLDONI PRESENTA IL "DIARIO" DI ALICE JAMES [Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 agosto 2006. Annalisa Goldoni e' docente di letteratura angloamericana presso l'Universita' "Gabriele d'Annunzio" di Chieti-Pescara; si e' occupata di didattica della letteratura e ha coordinato un gruppo di ricerca interuniversitario, ha partecipato ad una ricerca nazionale sull'ibridismo dei generi letterari, ha fondato e dirige una collana del Dipartimento di scienze linguistiche e letterarie (Liguori editore, Napoli); ha scritto sul romanzo d'iniziazione, sul romanticismo americano sul teatro del Novecento, sulla poesia del Black Mountain e sulle poetiche che coinvolgono spazio, fisicita', comunicazione non verbale e censura; ha tradotto e curato poemi intertestuali e riscritture (Robert Duncan - Dante, George Bowering - Rilke); e' condirettrice della rivista "La questione romantica" e fa parte della redazione scientifica delle riviste "Igitur", "Merope", "Traduttologia"; ha promosso e organizzato numerosi convegni e seminari di ricerca. Tra le pubblicazioni di Annalisa Goldoni: "Per una tipologia del romanzo d'iniziazione", in collaborazione con Paola Cabibbo, in Idem, Sigfrido nel Nuovo Mondo, Roma, La Goliardica, 1983; "Le (a)simmetrie in 'The Bell-Tower'" e "The Encantadas: il referente immaginario di H. Melville", in Melvilliana, a cura di Paola Cabibbo, Roma, Bulzoni, 1983; Le metamorfosi del testo drammatico. Introduzione, con un saggio su "Prove d'identita': le trasformazioni nel teatro di Sam Shepard", Roma, Carucci, 1987; Black Mountain. Poesia & poetica. In collaborazione con Marina Morbiducci, introduzione, traduzione e cura, Roma, Euroma La Goliardica, 1987; Frammenti di corpi immaginati. Un seminario. Introduzione e cura, con un saggio su "Cicatrici eccellenti: Odisseo e Ahab", Roma, Carucci, 1988; Lo spazio della poesia: da Poe al Black Mountain, Roma, Nuova Arnica, 1992; La comunicazione non verbale in "The Pupil" di Henry James, introduzione e cura, Roma, Nuova Arnica, 1994; Silenzio cantatore. Forme e generi letterari, in collaborazione con Valerio M. De Angelis, introduzione e cura, con un saggio su "Prima del verbo: la poetica di Robert Duncan", Roma, Euroma La Goliardica, 1996; Elegie di Kerrisdale di George Bowering, introduzione, traduzione e cura, con testo originale a fronte, Roma, Empiria, 1996; Robert Duncan, Dante Etudes, introduzione, traduzione e cura delle poesie, con testo originale a fronte, Roma, Empiria, 1998; Il lettore con la penna in mano, in "Traduttologia", n.1, 1999; Dante. For Use, Now, in collaborazione con Andrea Mariani, introdione e cura; con un saggio su "Robert Duncan e Dante alle origini della lingua", Roma, Euroma La Goliardica, 2000; Herman Melville, Billy Budd, gabbiere di parrocchetto, introduzione e cura, con testo originale a fronte, traduzione di Enzo Giachino, Torino, Einaudi, 2001; Le lettere rubate. Forme, funzioni e ragioni della censura, in collaborazione con Carlo Martinez, introduzione e cura, Napoli, Liguori, 2001; "Unedited from the Olson Archives (C. Olson's essay: "The Mystery of What Happens When It Happens" and "Portrait")", cura e note, in "Igitur" (nuova serie), II, gennaio-dicembre 2001 (numero monografico Melville and/as Myth, a cura di Gordon Poole). Alice James, sorella di Henry e William James, e' autrice di un diario di estremo interesse. Opere di Alice James: Diario, La Tartaruga, Milano 1987, Nutrimenti, Roma 2006. Maria Antonietta Saracino, anglista, insegna all'Universita' di Roma "La Sapienza"; si occupa di letterature anglofone di Africa, Caraibi, India e di multiculturalismo. Ha curato numerosi testi, tra cui Altri lati del mondo (Roma, 1994), ha tradotto e curato testi di Bessie Head (Sudafrica), Miriam Makeba (Sudafrica), la narrativa africana di Doris Lessing e Joseph Conrad, testi di Edward Said, di poeti africani contemporanei, di Aphra Behn; ha curato Africapoesia, all'interno del festival Romapoesia del 1999; ha pubblicato saggi sulle principali aree delle letterature post-coloniali anglofone, collabora regolarmente con le pagine culturali de "Il manifesto" e con i programmi culturali di Radio3] Perche' leggere il diario di Alice James? Per spiare nella sua vita intima, come sempre si fa, piu' o meno intenzionalmente, quando si entra in una scrittura privata. Nel denso testo introduttivo a una nuova edizione del Diario (Nutrimenti, pp. 256, euro 16), Maria Antonietta Saracino sostanzia e dipana i motivi che rendono affascinanti queste pagine scritte per se' e non destinate alla pubblicazione. E' il cognome stesso dell'autrice che muove a curiosita' e rivela l'appartenza a una famiglia americana molto speciale - e soprattutto impegnativa per chi avesse voluto ricavarsi uno spazio tutto per se'. Dei quattro fratelli di Alice James, due sono illustri: Henry, maestro del romanzo e della teoria del romanzo e William, figura di riferimento per la psicologia moderna e filosofo, fondatore del pragmatismo. Ma gia' il padre era stato uomo di cultura, saggista, pensatore, amico di Ralph Waldo Emerson e dell'intellighenzia del New England. Alice, la piu' giovane, riceve una educazione sommaria ed e' troppa la tensione per competere con tanti importanti uomini in casa; ne' ha vocazione matrimoniale o corteggiatori insistenti che la convincano a svolgere l'ovvio ruolo di moglie e madre di famiglia. Cosi', afferma Saracino, "sceglie per se' una terza soluzione: volgere contro se stessa le proprie energie fisiche e mentali per dar vita a quella immagine di 'dittatore paralizzato' e 'zitella inflaccidita' di cui con feroce autoironia parlera' nel diario". Sembra adeguarsi al modello vittoriano di donna fragile che il suo autoritratto di scrittura malgrado tutto smentisce. E' ben vero che Alice parla di una continua lotta fra il corpo e la volonta', ed e' il suo un corpo ribelle che non si conforma alla moderazione imposta dalle convenzioni di pensiero e azione previste per una ragazza del tempo; ben presto esercita una resistenza attiva e passiva, che si manifesta con svenimenti, crisi isteriche, con problemi di varia natura e con una paralisi alle gambe di origine nervosa che interviene alla morte del padre, lui che una gamba aveva perduto. C'e' un complesso rapporto con la famiglia, dunque, per la quale dal diario emerge una adorazione che forse cela rancori non riconosciuti. Tante volte e fino alla fine quel "cane da guardia" che e' la coscienza di se viene menzionato come il blocco mentale che impedisce di vivere e che forse determina il blocco fisico. Nel diario sono registrati gli ultimi tre anni di vita, quando la scrittrice si e' trasferita in Inghilterra per essere vicina a Henry, con cui piu' affettuosa e' la consuetudine. Immobile, ma tutt'altro che isolata: se la vita sociale all'esterno le e' quasi del tutto negata, la sua casa e' frequentata da amici e conoscenti, fra cui rappresentanti illustri della scena letteraria inglese e americana. Dal suo letto di invalida, Alice James e' al centro di una vita culturale intensa, ma soprattutto la rete degli affetti e' ben presente a cominciare dall'amica amatissima Katharine Loring, che vive con lei e a cui affidera' i manoscritti del diario, chiedendole di farne stampare quattro copie per i fratelli. Henry scrisse poi in toni di grande ammirazione per la brillante intelligenza della sorella a William, ma penso' bene di bruciare la propria copia, tanto era il timore di possibili reazioni negative dei benpensanti. Nel diario viene registrata la fitta corrispondenza con i fratelli - le visite, il gossip e tanta lettura, letteraria e politica. Microstorie e macrostoria si giustappongono: storie di vite (lavoro faticoso, maternita' felici o disperate) segnate dalla poverta', che le arrivano dalla sua infermiera, "la piccola Nurse" che e' una delle sue finestre sul mondo - storie cui forse avrebbe prestato minor attenzione se fosse stata presa dagli obblighi mondani di una donna del suo ceto - storie che invece contrappone sistematicamente alle miserie morali e alla cupidigia che contrassegnano l'aristocrazia e la borghesia inglesi. E il giro di interessi e' ampio; veementi e ironici sono i commenti sul comportamento del parlamento nei confronti della questione Irlandese e lucidi e senza attenuanti i suoi giudizi sul colonialismo britannico e i suoi metodi di annientamento delle culture che invade. * Il diario di Alice James e' un testo che va centellinato, anche attraverso le preziose note che ci ragguagliano su riferimenti di una contemporaneita' per noi in parte perduta, per poter gustare quel misto di flash folgoranti e taglienti che il metodo del frammento libera. Una scrittura che procede in modo molto prossimo alla doppia esperienza di immobilita' ordinaria, perche' ormai quotidiana - e straordinaria, perche' fuori dalla norma. E insieme, come ripete piu' volte, e' abbinata al desiderio di compiere un'impresa straordinaria, un capolavoro che Alice si riconosce capace di produrre solo con la morte, flirtando prima col suicidio e che poi sapra' di raggiungere presto nel momento in cui le diagnosticano un tumore. Vera e propria opera d'arte diventera' la fine, nota Saracino: "Alice potra' farsi ora impresario di se stessa, dedicando al raggiungimento di questo obiettivo ogni momento che le resta da vivere, organizzando la propria 'uscita di scena' nei piu' piccoli dettagli, con la maestria di un consumato regista: ne imbastira' la trama, ne scrivera' il copione, distribuira' le parti agli attori, studiera' persino le luci e i costumi. Niente sara' lasciato al caso, nessun particolare dovra' sfuggirle, perche' quando la morte arrivera' dovra' trovarla pronta a recitare la sua 'ultima oscura misera scena'". Non e' un caso che la dimensione teatrale di cui il diario e' intessuto abbia attratto proprio la scena. Nel 1987, due anni dopo la prima edizione italiana del Diario (sempre a cura di Maria Antonietta Saracino per le edizioni La Tartaruga) l'attrice Angiola Baggi presento' un non dimenticato monologo per la regia di Nanni Fabbri. Negli Stati Uniti nel 1979 era uscito un dramma di Joan Schenkar, Segnali di vita (Signs of Life), che accostava Alice James alla Donna Elefante del circo di P. T. Barnum e sottolineava il sadismo degli esperimenti medici di fine Ottocento nei confronti delle donne. Ancora, ci ricorda con dovizia di particolari la curatrice, che nel 1993, quando il Diario e' diventato libro di culto per le femministe, Susan Sontag scrive un dramma, Alice a letto (Alice in Bed), in cui accomuna Alice alla sua omonima ed eccentrica Alice nel/del paese delle meraviglie. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 87 del 26 ottobre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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