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La nonviolenza e' in cammino. 1420
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1420
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 16 Sep 2006 00:23:29 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1420 del 16 settembre 2006 Sommario di questo numero: 1. La nonviolenza delle donne 2. Alla scuola di Hannah Arendt, a Ferrara 3. Alla scuola di Hannah Arendt, a Torino 4. Maria Hinojosa intervista Mary Robinson 5. Benedetto Vecchi intervista Immanuel Wallerstein 6. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto: Un'evidenza 7. Letture: Lorenzo Benadusi, Giovanni Cerchia (a cura di), L'archivio di Pietro Ingrao 8. Alfiero Presbidazzi: Alcune cose che non e' elegante dire nella buona societa' 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. DOCUMENTI. LA NONVIOLENZA DELLE DONNE [Attraverso Federica Curzi (per contatti: federica_curzi at libero.it) "da parte anche delle altre donne della tavola rotonda del 9 settembre" - che tutte ringraziamo - riceviamo e volentieri diffondiamo il documento emerso dal laboratorio che e' seguito alla tavola rotonda su "La nonviolenza delle donne" del 9 settembre 2006 nell'ambito del convegno svoltosi a Pisa per il centenario della nascita del satyagraha] Riteniamo necessario: 1) Introdurre una prospettiva di genere nel pensiero e nella pratica della nonviolenza: - affermare una visione dell'essere umano che comprenda sia il maschile sia il femminile; - superare il soggetto universale neutro e costituire identita' sessuate, consapevoli della propria parzialita' e percio' stesso aperte all'alterita'. 2) Valorizzare le pratiche delle donne fondate sulla relazione, l'ascolto attivo, l'empatia, l'accoglienza, la cooperazione, il dialogo: - appropriarci dei percorsi di liberazione delle donne come modello per la gestione costruttiva dei conflitti; - diffondere le esperienze dei movimenti e dei gruppi di donne - anche del Sud del mondo - attivi nella promozione della pace, dell'ecologia profonda, della bioetica, ecc. 3) Denunciare la violenza dell'eccesso di medicalizzazione in gravidanza e parto (ad es. fecondazione medicalmente assistita) ma anche per la prevenzione e terapie dei tumori, l'accanimento terapeutico, le biotecnologie ecc.: - mettere in discussione la neutralita', la pretesa di verita', l'universalita' della scienza e individuare i fattori politici, economici e sociali che indirizzano e condizionano la ricerca scientifica; - assumerci il diritto/dovere della denuncia di progetti di ricerca lesivi della dignita' della persona e della biosfera. 4) Introdurre un'ottica di genere nella formazione alla nonviolenza a tutti i livelli: - nelle scuole, per favorire la consapevolezza della propria identita' di genere al di fuori degli stereotipi, in una cultura dell'inclusione e del rispetto; - in tutte le iniziative di formazione alla nonviolenza di livello specialistico. 5) Utilizzare la competenza e l'intelligenza emotiva, anche all'interno dei movimenti nonviolenti, al fine di instaurare rapporti interpersonali che superino dinamiche di divisione e di prevaricazione. Chiediamo agli amici della nonviolenza di pronunciarsi e intervenire attivamente in tutte le circostanze, anche della quotidianita', in cui si verifichino atti di piccola e grande violenza sui soggetti deboli della societa': donne, bambini, anziani, immigrati, ecc. 2. INCONTRI. ALLA SCUOLA DI HANNAH ARENDT, A FERRARA [Dal Centro studi "Alexander Langer" - Associazione Ferrara Terzo Mondo (per contatti: langer at ferraraterzomondo.it) riceviamo e volentieri diffondamo. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000. Elisabetta Pavani e' impegnata nel "Centro donna giustizia" di Ferrara. Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it), nata a Ferrara nel 1970, collabora ad "Azione nonviolenta" e fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora per Promeco, un ufficio del Comune e dell'azienda sanitaria locale di Ferrara dove si occupa di adolescenti con particolare attenzione al bullismo e al consumo di sostanze, e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a Ferrara, insieme ad altri amici, anima la Scuola della nonviolenza. E' autrice di diverse pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi), Bullismo, bullismi, Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo biobibliografico di Elena Buccoliero e' nel n. 836 di questo foglio. Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) e' il segretario nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande] Movimento Nonviolento, Legambiente, Gruppo Ferrara Terzo Mondo, Pax Christi, Commercio Alternativo, con il patrocinio del Comune di Ferrara - Progetto Ferrara citta' per la pace e dell'Istituto di storia contemporanea nell'ambito della Scuola della nonviolenza promuovono il ciclo di incontri sul tema "On Violence. Rileggendo Hannah Arendt, maestra di nonviolenza". Tutti gli incontri saranno introdotti da Elisabetta Pavani e proseguiranno sotto forma di laboratorio con Elena Buccoliero e Daniele Lugli; il ciclo e' a cura del Movimento Nonviolento. - Venerdi' 22 settembre: Le giustificazioni sociali della violenza; - venerdi' 29 settembre: Violenza e politica; - venerdi' 6 ottobre: Le radici della violenza. Gli incontri si tengono alle ore 21 presso il Centro di Documentazione "Alexander Langer", viale Cavour 142, Ferrara. Per ulteriori informazioni: Centro di Documentazione "Alexander Langer", tel. 0532204890, e-mail: langer at ferraraterzomondo.it oppure: daniele.lugli at libero.it 3. INCONTRI. ALLA SCUOLA DI HANNAH ARENDT, A TORINO [Da Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' significative della cultura delle donne e dei movimenti della societa' civile. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; AA. VV., Nonviolenza, Fazi, Roma 2004. Mariella Lajolo, dell'Istituto buddhista Soka Gakkai, e' formatrice alla pace. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Per ricordare Hannah Arendt a cento anni dalla nascita il Centro Studi "Sereno Regis" organizza un incontro nel quale interverranno Lidia Menapace, senatrice, e Mariella Lajolo, formatrice di pace. L'incontro si svolgera' venerdi' 13 ottobre 2006 con inizio alle ore 18, presso il Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13, Torino. Per informazioni: tel. 011532824, e-mail: biblioteca at cssr-pas.org 4. DOCUMENTAZIONE. MARIA HINOJOSA INTERVISTA MARY ROBINSON [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista ripresa da "Whrnet" (Women Human Rights Net). Maria Hinojosa, notissima giornalista radiotelevisiva (ha lavorato per i principali network statunitensi), saggista, per la sua attivita' ha ricevuto molti prestigiosi riconoscimenti; nata a Citta' del Messico, vive a New York. Tra le opere di Maria Hinojosa: Crews: Gang Members Talk with Maria Hinojosa (1995); Raising Raul: Adventures Raising Myself and My Son (2000). Mary Robinson (1944) e' stata la prima presidente donna dell'Irlanda (dal 1990 al 1997) e poi Alta Commissaria per i diritti umani dell'Onu sino al 2002. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] - Maria Hinojosa: Mary Robinson e' stata la prima presidente donna dell'Irlanda e poi Commissaria per i diritti umani all'Onu sino al 2002. Grazie per aver accettato di parlare con me. Come devo chiamarla, presidente o commissaria? - Mary Robinson: La maggior parte delle persone mi chiama semplicemente con il mio nome. Semplifica la vita, e a me piace. * - Maria Hinojosa: Benissimo. Voglio cominciare con una faccenda piuttosto seria. Vorrei sapere cosa pensa di alcune notizie recenti. Il presidente Bush ha per la prima volta ammesso di essere a conoscenza che la Cia usava prigioni segrete, situate fuori dagli Usa, e che in queste prigioni segrete venivano detenuti dei sospettati, catturati durante la "guerra al terrorismo". Cosa ne pensa? E come pensa che dovrebbe reagire la comunita' internazionale? - Mary Robinson: Abbastanza curiosamente, sono qui a Washington per prendere parte ad un seminario stabilito da una decisione presa a Ginevra, che si chiama "Commissione Internazionale dei giuristi". Sapevamo che il presidente stava per fare quella dichiarazione, e abbiamo seguito tutto molto attentamente. Gli esperti che hanno parlato con noi stamattina hanno menzionato questi luoghi segreti di detenzione. In effetti penso sia un bene che almeno il presidente Bush abbia ammesso che esistono. * - Maria Hinojosa: Questo come colloca gli Usa nello scenario internazionale? - Mary Robinson: Francamente di questi luoghi sapevano tutti. Era una delle preoccupazioni concrete, incluso il fatto che la Commissione internazionale della Croce Rossa non aveva avuto accesso alle persone detenute. * - Maria Hinojosa: Cinque anni dopo l'11 settembre, Osama bin Laden e' ancora in giro da qualche parte. Il presidente Bush ha detto, lo cito letteralmente, che le persone venivano detenute in queste prigioni estere segrete perche' "stando in nostra custodia non possono ammazzare la nostra gente". E potrebbe essere che molti americani che lo hanno sentito dir questo pensino: "Fantastico. Teneteli prigionieri. Teneteli fuori dal nostro paese. Teneteli il piu' lontano possibile". Cosa ne pensa Mary Robinson? - Mary Robinson: Prima di tutto vorrei dire che gli atti di terrorismo sono un problema serio. Creare maggior terrore e' sempre possibile. Ma qualcosa di molto preoccupante e' accaduto dai terribili attacchi dell'11 settembre. Ed e' che gli standard degli Usa sul piano dei diritti umani sono crollati. Molti vedevano negli Usa una sorta di guida morale per i diritti umani. E questo spiega in parte le molte critiche che questo paese sta ricevendo, ed e' difficile difenderlo, visto i problemi che ha con i diritti umani in questo momento. Non lo dico con piacere. Io mi sento a casa negli Usa, ho studiato alla facolta' di legge di Harvard. Ma quando sono stata invitata ad unirmi al seminario, sapevo che era mia responsabilita', come era responsabilita' degli eminenti giuristi invitati assieme a me, venire qui e tenere queste pubbliche udienze, di modo che le persone potessero valutare la situazione. Uno dei testimoni che abbiamo ascoltato oggi era il contrammiraglio John Hudson, un ex giudice della marina militare. Lui e' stato inequivocabile sul fatto che la tortura non serve, le dichiarazioni rese sotto tortura non sono attendibili. Abbiamo ascoltato anche l'ex generale dell'esercito James Cullen, anche lui giudice, e anche lui ha ricordato con orgoglio i principi che dovrebbero guidare l'esercito, e che gli Usa erano stati in prima linea contro la tortura, e mi ha fatto bene sentire queste voci. * - Maria Hinojosa: Ma come si fa a fare entrambe le cose, potrebbero chiederle? Come si rispettano i diritti umani a livello internazionale combattendo allo stesso tempo contro un nemico elusivo, sempre presente e mai presente, che e' qui e non c'e'? C'e' una risposta? - Mary Robinson: L'11 settembre 2001 io ero ancora Alta Commissaria Onu per i diritti umani. Venni negli Usa, allora, venni a Ground Zero, incontrai alcune delle coraggiose famiglie delle vittime, i valenti vigili del fuoco e i cosi' tanti bravi volontari che davano una mano. E, lei lo ricordera', il mondo non fu mai cosi' unito come dopo l'11 settembre. Quegli atti furono condannati ovunque. Furono condannati dai paesi musulmani. Furono esecrati a livello internazionale. Persino sull'andare in Afghanistan, quando i talebani rifiutarono di consegnare Osama bin Laden e i suoi accoliti, il mondo ascoltava, voleva capire, era li'. Ma poi salta fuori Guantanamo, e cosa c'e' che non va con Guantanamo? C'e' che infrange la Convenzione di Ginevra. Dopo cinque anni passati ad occuparmi di diritti umani per le Nazioni Unite so quanto e' importante. Il senatore John McCain sa quanto e' importante, perche' lui stesso e' stato prigioniero di guerra. Possiamo affrontare queste questioni. Il modo per farlo e' che le democrazie del mondo si incontrino di piu', condividano le informazioni, seguano i flussi del denaro e delle reti del terrorismo. I terroristi sono criminali, e devono rispondere davanti alla legge. Il fatto che mi preoccupi lo standard dei diritti umani non significa che io, o gli attivisti per i diritti umani, condoniamo il terrorismo. Ho viaggiato in numerosi paesi sconvolti da conflitti e atti terroristici, e conosco che effetto fa vedere la piazza del mercato coperta di brandelli di corpi umani. E' qualcosa che non ti esce piu' dalla mente. * - Maria Hinojosa: Quando lei era molto giovane ha visto questo accadere nel suo stesso paese. Le esplosioni, le bombe, la guerra, le persone in stato di shock, i traumi. Le persone che hanno perso qualcuno l'11 settembre potrebbero dire: "Forse i miei diritti civili sono in pericolo, ma dio mio, io non voglio che nessun altro soffra quello che io ho sofferto". - Mary Robinson: Durante le nostre udienze ascolteremo tre organizzazioni che lavorano con i familiari delle vittime dell'11 settembre. Penso sia bene ascoltare tre gruppi differenti, piuttosto che uno solo, e siamo molto interessati a cosa avranno da raccontare. Certo e' stato importante per me l'impatto del conflitto nell'Irlanda del nord. Aveva conseguenze sulla Repubblica Irlandese dove io mi trovavo, e aveva conseguenze ancor piu' significative in Gran Bretagna. I britannici sono dovuti diventare esperti di terrorismo, forse c'e' qualche lezione che possiamo imparare da loro. Non che abbiano sempre fatto tutto nel modo giusto. Ma hanno cominciato ad avvicinarsi al problema con molto rispetto per il dettato della legge. E so che non e' facile, alcune di queste faccende comportano aspetti difficilissimi. Tuttavia i loro successi non li hanno ottenuti detenendo le persone in situazioni tipo Guantanamo o torturandole. Li hanno ottenuti mediante la sorveglianza, il lavoro tradizionale di indagine poliziesca, la buona comunicazione fra nazioni. Io credo che chi ha a cuore i diritti umani non possa far correre alle persone rischi maggiori. Io credo che la guerra in Iraq e altre cose abbiano messo le persone a maggior rischio. Hanno creato un clima in cui c'e' un senso di umiliazione, e odio, e questo e' molto preoccupante. * - Maria Hinojosa: Questa settimana il presidente Bush ha detto: "La storia insegna che sottovalutare le parole di uomini malvagi ed ambiziosi e' un errore terribile". E poi ha paragonato bin Laden a Lenin ed Hitler. La scorsa settimana, il segretario Rumsfeld ha detto che chi critica la guerra in Iraq e' equiparabile ad un sostenitore dei nazisti. A queste dichiarazioni che reazioni pensa avranno i nostri partner europei? Li porteranno piu' vicini a noi, o li allontaneranno? - Mary Robinson: Non credo che questo approccio abbia una grande credibilita', o che guadagnera' del rispetto. Penso, francamente, sia piu' collegato alle prossime elezioni di medio termine. Mi sembra una retorica di natura politica, che non ha un buon aggancio alla storia, ne' e' un buon approccio alla situazione in cui ci troviamo. Quello di cui abbiamo bisogno ora e' molta attenzione a dove devono aprirsi le discussioni: e il Medio Oriente e' chiaramente una delle aree di maggiori reali difficolta'. Ho ascoltato persone responsabili, che conoscono la situazione molto bene, dirmi ad esempio che sarebbe importante discutere seriamente con Hamas. Hamas e' stato responsabile di atti violenti contro civili, atti che non possono essere condonati, ma e' ora al governo dell'Autorita' palestinese, ed ha delle responsabilita'. Ci sono indicazioni che voglia esercitarla. Nel dopoguerra in Libano, una situazione di enorme devastazione, e vorrei dire inequivocabilmente che la violenza esercitata da Hezbollah contro la popolazione civile israeliana resta inaccettabile, c'e' ora un tentativo di tregua. Ma manca una vera sicurezza in questo luogo. C'e' l'urgenza assoluta di affrontare questo. E cominciare con l'appiccicare etichette emotive, che non hanno nulla a che fare con la situazione effettiva, non aiuta. E' meglio cominciare a capire che abbiamo differenti questioni da fronteggiare. Credo che l'errore fondamentale sia stato il caratterizzare quanto e' avvenuto negli Usa come "guerra al terrorismo", assumendo che gli attacchi, che comunque sono stati crimini contro l'umanita', dovessero essere rintuzzati con la guerra. E se si e' giustificata la guerra in Afghanistan con il fatto che i talebani non consegnavano Osama bin Laden, la guerra in Iraq non riesce ad avere giustificazione alcuna. Ha creato una nuova serie di enormi problemi all'interno dell'Iraq e di tutta la regione mediorientale. Percio' questo tipo di generalizzazione, dire che in tutto il mondo e' la stessa cosa, sta erodendo la nostra capacita' di dare sicurezza alle persone. C'e' la necessita' di un dibattito piu' aperto, che coinvolga un maggior numero di soggetti. Un approccio ristretto del genere "o siete con noi o siete contro di noi" non serve. E' un triste linguaggio retorico il dire: "Se ci contrasti, sei un fiancheggiatore. Se vuoi provare a trovare altre soluzioni sei uno a cui piace Hitler". E penso sia solo collegato al tentativo di rendere fangoso il terreno elettorale. * - Maria Hinojosa: Cinque anni dopo l'11 settembre che fine ha fatto la buona volonta' del mondo, e certamente degli europei, verso gli Usa? Che e' ne stato di quella simpatia? Puo' essere riconquistata? - Mary Robinson: Proprio in questo quinto anniversario e' importante riflettere su quanta vasta la solidarieta' e' stata. Io ne ero particolarmente conscia, a quel tempo, perche' il mio mandato era globale. Rimasi colpita da quanti paesi esprimevano simpatia e cordoglio, paesi africani, paesi asiatici. E veramente non c'era nessuno che non fosse sconvolto e indignato da quegli atti di terrorismo. Se avessimo mantenuto la prospettiva dell'atto criminale, e caratterizzato quanto e' accaduto come crimini contro l'umanita', avremmo potuto mantenere quel senso di unione. E non avremmo avuto centri segreti di detenzione, non avremmo avuto le terrificanti immagini di Abu Ghraib, e il danno derivante da tutto questo. Non si possono avere quelle immagini e parlare di portare liberta' e democrazia al mondo. E' questo il vero messaggio nel quinto anniversario dell'11 settembre, un appello agli Usa: organizzate una grande conferenza, riposizionatevi rispetto agli standard dei diritti umani. E' una cosa di cui abbiamo grande bisogno. * - Maria Hinojosa: Lei e' stata descritta come una "battitrice libera". Quando lei era Commissaria all'Onu per i diritti umani ha fatto arrabbiare parecchi governi. Li ha chiamati pubblicamente a rispondere rispetto ai diritti umani. Da dove prende questa abilita', questa capacita' di chiamare le cose con il loro nome? - Mary Robinson: Non sono sicura che la caratterizzazione sia accettabile. Mi sono confrontata con i governi, e ho affrontato un paio di volte degli atti di bullismo, se e' questo che vuole dire. Ma sono sempre andata nei paesi, persino in quelli molto deboli dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, ed ero interessata ai popoli di questi paesi. I governi non hanno il possesso dei diritti umani, essi appartengono ad ogni persona, alla gente. Ad esempio, io ho compiuto sette visita in Cina, per lavoro. E quando ho terminato il mio incarico di commissaria, il vicepremier cinese dell'epoca, Chin Chee Chen, diede un pranzo in mio onore e mi disse: "Lei e' stata molto severa con noi, per questo abbiamo imparato molto da lei". Lavorare per i diritti umani significa questo, per me. Se serve tenti di essere molto diplomatica. Io sono stata presidente del mio paese per sette anni. Sono sempre stata una persona che tende a mediare, se puo'. Ma ci sono anche i momenti in cui devi confrontarti. L'anno piu' duro per me e' stato l'ultimo, proprio perche' ho detto pubblicamente con molta chiarezza cosa pensavo di quel che accadeva negli Usa. Sapevo che era importantissimo farlo, perche' quando sarei andata, ad esempio, da ministri di paesi asiatici, o in Egitto, e avessi detto: "Non potete usare la legislazione d'emergenza per sopprimere i diritti umani, limitare la liberta' di stampa, bollare gli oppositori politici come terroristi ed imprigionarli", loro non avrebbero potuto rispondermi: "Ma gli standard sono cambiati. Non vede quel che accade negli Stati Uniti?". Percio' gli Usa hanno questo fardello, e questa responsabilita', in senso positivo. * = Maria Hinojosa: Come ha preso questa decisione? Intendo, si e' detta: devo criticare gli Usa, lo devo fare e poi accada quel che accada? - Mary Robinson: No, e' stata una cosa molto misurata, molto concordata non solo con i colleghi interni al mio ufficio, ma anche con i difensori dei diritti umani che operano in tutto il mondo, con gli inviati speciali dell'Onu. Erano loro a dirmi quali reazioni c'erano nei vari paesi, quanto brutta era la situazione. Quelli che si occupano di tortura, di esecuzioni extragiudiziarie, in varie aree, mi dicevano: "E' un problema. Sentiamo che gli Usa hanno queste prigioni segrete in Afghanistan, dove la gente viene detenuta senza processo, dove viene torturata". E tutti sapevamo che cio' che accadeva a Guantanamo non rispettava la Convenzione di Ginevra. Era estremamente importante sollevare la questione. Se vuol sapere come mi sentivo in quel periodo le diro' che mi sembrava di essere del tutto sola. Ero rimasta sconcertata dalla mancanza di dibattito al Congresso. Sono felice di dire che una delle cose che ho notato in questi giorni e' che i sistemi di bilanciamento e controllo democratico in questo paese hanno cominciato a riassestarsi. Penso alle sentenze della Corte Suprema, la sentenza Hanton, per fare un esempio. A queste cose si da' il benvenuto, a livello internazionale. Non so neppure dirle quanto siano le benvenute. Le voci, le voci indipendenti e buone al Congresso, inclusa l'iniziativa del senatore McCain, sono state notate, tutto viene notato, anche i punti non buoni. Gli Usa sono al vaglio, un vaglio molto minuzioso, perche' a lungo sono stati considerati gli alfieri dei diritti umani. Se in questo paese non si mantengono alti gli standard del rispetto dei diritti umani, essi subiscono un contraccolpo ovunque, e questo genera sofferenza. * - Maria Hinojosa: Ci furono ripercussioni, sul suo lavoro all'Onu, per le sue critiche agli Usa? - Mary Robinson: Certamente non mi sono ingraziata il governo. Un governo che disse molto chiaramente che non avrebbe consentito un mio secondo incarico. Ho continuato un solo anno dopo la scadenza del primo mandato. E c'erano stati questi terribili attacchi terroristici, e la pressione che saliva, e preoccupazioni espresse dai difensori dei diritti umani, gruppi di tutto il mondo: sentivo che non potevo lasciare in quel momento. Percio' dissi al segretario generale che se lui voleva che io restassi, sarei restata. E il messaggio che mi arrivo' in risposta fu che cio' non era accettabile per gli Usa. * = Maria Hinojosa: Lei e' anche una donna, la prima donna presidente del suo paese, madre e nonna. Mi ha detto che si sente sola a volte. Cosa fa Mary Robinson quando si sente sola? - Mary Robinson: Ho un grande sostegno familiare, non ultimo da mio marito (pur essendo egli da lungo tempo malato). Ai suoi tempi era un disegnatore di satira politica, e sa sempre come farmi ridere quando ne ho bisogno. * - Maria Hinojosa: Questo aiuta sempre. - Mary Robinson: Si', ci godiamo quei momenti buffi. Comunque, io credo fermamente che questo e' il secolo in cui dobbiamo ascoltare di piu' le voci delle donne. Sono sicura che ci aiutera' molto. Non sto dicendo che le donne siano necessariamente migliori degli uomini. Non e' questo il punto. Ma le donne governano e guidano in altra maniera, ascoltando, dando occasioni, mettendosi in rete, con l'idea di risolvere i problemi. Abbiamo bisogno che si dia riconoscimento a piu' voci femminili, perche' giocano un ruolo incredibile nei processi di pace e riconciliazione. Sto organizzando un forum con alcune colleghe, interculturale ed interregionale, lo inaugureremo alla Columbia University questo mese. Discuteremo delle questioni legate alla sicurezza umana fra culture, regioni e generazioni. Perche' mia figlia, ad esempio, ha visioni differenti da me, soprattutto sulle istanze di genere. E abbiamo bisogno di ascoltarci. E poi porteremo le nostre idee in altri forum, che sono per la maggior parte dominati dagli uomini. Non vogliamo, in questi luoghi, avere solo una donna che prenda appunti, o una Mary Robinson che fa un intervento, cosi' che tutti possano dire: "Bene, le donne c'erano, una l'avevamo". Vogliamo una maggior varieta' di voci differenti, di prospettive diverse, tenendo fermo il punto che le donne in questo secolo vogliono esercitare il loro ruolo guida. E che l'umanita' ne ha davvero bisogno. 5. RIFLESSIONE. BENEDETTO VECCHI INTERVISTA IMMANUEL WALLERSTEIN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 settembre 2006. Benedetto Vecchi e' redattore delle pagine culturali del quotidiano "Il manifesto"; nel 2003 ha pubblicato per Laterza una Intervista sull'identita' a Zygmunt Bauman. Immanuel Wallerstein, economista, docente alla State University di New York, dirige il Fernand Braudel Center; fondamentale il suo contributo nell'elaborazione dell'approccio analitico dell'economia-mondo; una non piu' recente scheda del quotidiano "Il manifesto" cosi' lo presenta: "Autore prolifico, Immanuel Wallerstein ha iniziato ad occuparsi di storia africana. Della sua attivita' di studioso dell'Africa testimoniano i saggi di apertura del volume Alla scoperta del sistema mondo (manifestolibri). Sicuramente la sua opera piu' nota e' Il sistema mondiale dell'economia moderna (tre volumi, Il Mulino), un testo fondamentale per comprendere il suo pensiero. Nato nel 1930 a New York, occupa la cattedra di sociologia alla State University of New York ed e' diventato direttore del Fernand Braudel Center nel 1977, centro di studi che ha raccolto attorno a se' una nutrita schiera di economisti, sociologhi, antropologi e storici. In quegli anni inizia un lungo sodalizio intellettuale con Giovanni Arrighi e Terence Hopkins (con quest'ultimo ha lavorato fino alla sua morte), e' a loro firma il volume Antisystemic mouvement (manifestolibri). Da segnalare inoltre Razza nazione classe (scritto con Etienne Balibar, Edizioni Associate), il Capitalismo storico (Einaudi), La scienza sociale: come sbarazzarsene (Il Saggiatore), e Dopo il liberalismo (Jaca Book). Da ricordare infine l'opera di raccolta e pubblicazione dei suoi ultimi libri da parte delle edizioni Asterios (L'era della transizione, Capitalismo storico e civilta' capitalistica, Geopolitica e geocultura, Liberalismo e democrazia, e Navigando nella transizione)"] Immanuel Wallerstein non ha certo bisogno di molte presentazioni. Docente a Yale, e uno studioso che fa dell'interdisciplinarieta' il suo marchio, ha nella sua quarantennale attivita' messo a punto la teoria del sistema-mondo in numerosi libri, dal trittico sulla formazione dell'economia mondiale pubblicato in Italia dal Mulino ai saggi sul capitalismo storico (Alla scoperta del sistema-mondo e' edito da Manifestolibri, 2003). Non tutti sanno che Wallerstein, animatore del Fernand Braudel Centre assieme a Giovanni Arrighi, ha iniziato la sua attivita' di studioso come storico dell'Africa. Esperienza che lo ha aiutato, successivamente, a guardare all'economia dal punto di vista delle interdipendenze tra le singole realta' nazionali. Parlare con lui dell'11 settembre costringe appunto ad assumere una prospettiva mondiale. E sull'attacco alle Torri Gemelle ha sempre avuto una posizione fuori dal mainstream. In alcuni saggi ha infatti affermato che il crollo del World Trade Centre non ha cambiato il corso della storia. Ed e' da questa affermazione che ha avvio l'intervista. * - Benedetto Vecchi: In passato lei ha invitato spesso a una certa prudenza nel considerare l'attacco alle Torri Gemelle come un evento che ha cambiato il corso della storia. Crede dunque che l'11 settembre non sia stato un evento rilevante per gli assetti del sistema-mondo? - Immanuel Wallerstein: Anno dopo anno, e' una domanda, questa, che ritorna sempre con insistenza a ridosso dell'11 settembre. L'attacco alle Torri Gemelle non ha cambiato nulla nel sistema-mondo. Ma subito dopo aggiungo: ha cambiato molto nei rapporti tra gli stati e nella vita all'interno delle societa'. Puo' apparire una contraddizione sostenere che il crollo del World Trade Centre non si caratterizza come "evento" con la forza di cambiare un sistema-mondo e poi affermare che invece la vita all'interno di quel sistema e' cambiata tantissimo. Eppure contraddizione non c'e'. Un sistema-mondo e' il risultato di un processo di lunga durata che vede all'opera protagonisti molteplici, dalle realta' economiche a quelle statali, dai conflitti di classe allo sviluppo scientifico. Potremmo dire che si sviluppa secondo logiche evoluzioniste, ma non e' sempre cosi': ci possono essere accelerazioni nella sua formazione, deviazioni, rallentamenti. L'attuale sistema-mondo sta in una fase che in altre sedi ho definito di transizione. Il centro dell'economia si sta spostando verso il Pacifico, dando vita a conflitti - politici, interstatuali, economici, culturali - che vedono coinvolti gli Stati Uniti, ma anche l'Europa e l'Asia. Stanno inoltre emergendo nuovi stati, come la Cina, che competono per acquisire posizioni di leadership mondiale. In America Latina abbiamo assistito a cambiamenti politici quasi impensabili solo venti anni fa. Allo stesso tempo il controllo delle fonti energetiche vede il confronto tra multinazionali e stati spesso in conflitto tra loro. Tutti questi sono processi in atto da ben prima dell'attacco alle Twin Towers. Potremmo dire che l'11 settembre puo' essere considerato all'interno di questi processi, ma che non li ha significativamente modificati. Cio' che invece l'11 settembre ha davvero cambiato e' la vita all'interno delle nostre societa': Basta pensare alle leggi varate per la lotta al terrorismo. E poi la guerra. Gli interventi in Afghanistan prima, in Iraq poi sono stati giustificati a partire del crollo delle Torre Gemelle. Forse ci sarebbero stati anche senza l'11 settembre, ma la loro legittimita' e' stata costruita a partire da quell'attacco. * - Benedetto Vecchi: Ma questa relazione di causa ed effetto tra l'11 settembre e le guerre in Afghanistan e in Iraq si interrompe quando il governo Usa si pone l'obiettivo della costituzione di un nuovo ordine mondiale... - Immanuel Wallerstein: Con la guerra permanente, George W. Bush vuole costruire un nuovo ordine mondiale. Ma gli Stati Uniti non la stanno vincendo. La cacciata dei talebani da Kabul non ha infatti significato la loro sconfitta, cosi' come la caduta di Saddam Hussein non ha visto la fine delle ostilita' militari in Iraq. Anzi possiamo dire che le attivita' di guerra si sono intensificate il giorno dopo che i comandi militari statunitensi hanno detto che l'obiettivo era stato raggiunto. Non so se la guerra e' diventato l'unico strumento che regola i rapporti tra gli stati. Storicamente la guerra si e' sempre alternata alla diplomazia. Quello che e' certo e' che queste guerre hanno reso visibile al mondo la potenza militare degli Usa, ma anche la loro crisi. * - Benedetto Vecchi: Alcuni studiosi hanno malignamente sostenuto che gli Stati Uniti hanno fatto la guerra per rilanciare la loro economia. Lei che ne pensa? - Immanuel Wallerstein: Sarei portato a dire che hanno ragione. Ma anche in questo caso c'e' da aggiungere che non e' detto che riescano a superare la crisi economica. Le imprese e le merci statunitensi stanno perdendo la loro competivita' e non basta certo mandare le truppe all'estero per risolvere questo problema. Certo, possono esserci degli effetti benefici nel breve, ma non nel lungo periodo. Inoltre, le scelte di politica economica di questi ultimi anni sono state all'insegna della continuita': ridimensionamento del welfare state e a favore delle multinazionali. Ma il declino economico degli Stati Uniti non e' stato arrestato. Non dico che assisteremo a un collasso, ma e' indubbio che il made in Usa non e' piu' competitivo. * - Benedetto Vecchi: E come e' cambiata la societa' americana? Dopo l'11 settembre sono state introdotte leggi contro il terrorismo che hanno accresciuto il potere dell'Fbi, della Cia e della Nsa. Questo ha indubbiamente cambiato il rapporto tra i cittadini e lo stato. Inoltre, si pone il problema della crisi del multiculturalismo. Lei che pensa? - Immanuel Wallerstein: Che l'Fbi, la Cia e la Nsa abbiano visto accresciuto il loro potere e' indubbio. Che le leggi contro il terrorismo abbiano modificato il rapporto tra i cittadini e lo stato e' altresi' vero. E questo non vale solo per gli Stati Uniti. I cambiamenti introdotti nelle legislazioni sulla sicurezza nazionale, sull'immigrazione, sulla regolazione della mobilita' interna e esterna riguardano anche altri paesi. Ma cio' che e' rilevante per gli Usa e' un altro aspetto. L'immagine di una nazione stretta attorno al suo presidente e unita dietro la bandiera e' stata sapientemente costruita all'indomani dell'11 settembre. Ma non coincide molto con la realta'. La societa' americana si e' divisa su come interpretare e rispondere all'attacco da subito. Sicuramente questa divisione e' stata nascosta, ma e' continuata a permanere nell'opinione pubblica. Il recente discorso di Bush che ammette l'esistenza di prigioni segrete all'estero, che accetta di applicare la convenzione di Ginevra per i prigionieri di Guantanamo, sono il sintomo di una difficolta' dell'amministrazione rispetto alle critiche del suo operato da parte dell'opinione pubblica. Il problema per gli americani ora e' quale rapporto stabilire con il resto del mondo. George W. Bush ha sostenuto, nel recente passato, che gli Stati Uniti avevano una missione: portare, anche con le armi, la democrazia nel mondo. Ora dice che tutto cio' e' stato fatto per garantire la sicurezza nazionale. Un cambiamento non da poco. Credo poco all'immagine di un paese stretto attorno al suo presidente. Quello che constato e' la sua crescente difficolta' di fronte all'opinione pubblica. 6. MAESTRI. GIUSEPPE GIOVANNI LANZA DEL VASTO: UN'EVIDENZA [Da Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Introduzione alla vita interiore, Jaca Book, Milano 1989, p. 206. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto ("Shantidas" e' il nome che gli attribui' Gandhi) e' una delle figure piu' grandi della nonviolenza; nato nel 1901 a San Vito dei Normanni da madre belga e padre siciliano, studi a Parigi e Pisa. Viaggia e medita. Nel 1937 incontra Gandhi nel suo ashram. Tornato in Europa fonda la "Comunita' dell'Arca", un ordine religioso e un'esperienza comunitaria nonviolenta, artigianale, rurale, ecumenica. Promuove e partecipa a numerose iniziative per la pace e la giustizia. E' deceduto in Spagna nel 1981. Tra le opere di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto segnaliamo particolarmente: Pellegrinaggio alle sorgenti, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Che cos'e' la nonviolenza, L'arca aveva una vigna per vela, Introduzione alla vita interiore, tutti presso Jaca Book, Milano (che ha pubblicato anche altri libri di Lanza del Vasto); Principi e precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi; Lezioni di vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze; In fuoco e spirito, La Meridiana, Molfetta (Ba). Le comunita' dell'Arca - cosi' come gruppi e persone amiche di questa esperienza - sono diffuse in vari paesi e proseguono la riflessione e l'esperienza del fondatore; per informazioni e contatti: digilander.libero.it/arcadilanzadelvasto/ o anche xoomer.alice.it/arcadilanzadelvasto/ e ancora (in francese) www.canva.org] I torti altrui non ci giustificano, ecco un'evidenza. Un'evidenza che si oscura appena siamo noi a essere in causa. 7. LETTURE. LORENZO BENADUSI, GIOVANNI CERCHIA (A CURA DI): L'ARCHIVIO DI PIETRO INGRAO Lorenzo Benadusi, Giovanni Cerchia (a cura di), L'archivio di Pietro Ingrao, Ediesse, Roma 2006, pp. 198, euro 12. Un utile strumento di lavoro per conoscere l'archivio Ingrao depositato presso il Centro di studi e iniziative per la riforma dello stato (il benemerito Crs di cui Ingrao fu a lungo presidente), archivio in larghissima parte fin d'ora di pubblico accesso. Il volume descrive dettagliatamente il fondo archivistico "Pietro Ingrao" (930 fascicoli per 112 faldoni, contenenti corrispondenza, scritti e discorsi, atti e materiali, fotografie), ed e' arricchito da un'introduzione di Mario Tronti, due preziosi saggi dei curatori, un'ampia sezione di fotografie, il regolamento per la consultazione del fondo Ingrao presso il Crs, e in appendice il testo integrale di un discorso inedito di Ingrao del 16 marzo 1978, il giorno del rapimento di Aldo Moro (e con esso quello - piu' breve - pronunciato quel giorno da Ingrao alla Camera dei Deputati, di cui era allora presidente). 8. LE ULTIME COSE. ALFIERO PRESBIDAZZI: ALCUNE COSE CHE NON E' ELEGANTE DIRE NELLA BUONA SOCIETA' [Ringraziamo il nostro buon amico Alfiero Presbidazzi per questa gentile missiva] 1. Non ho mai conosciuto un solo criminale - ed ahime' se ne ho conosciuti - che per definire se stesso non si dichiarasse: realista. 2. Non ho mai conosciuto un solo citrullo che per giustificare la sua giuliva volontaria servitu' all'oppressione, alla menzogna e al crimine non si dicesse: realista. 3. Chiamano realismo il loro essersi arresi al male. Chiamano realismo il loro essere complici del male. Chiamano realismo il loro cooperare a distruggere il mondo. 4. Ridendo dicono folle chi ripudia le uccisioni; con la bava rabbiosa alla bocca dicono folle follissimo chi lotta contro le uccisioni. 5. Sanno che basta una parola a cancellare la realta', che basta sottile una lama ad estinguere un uomo, che basta sollevare o abbassare un dito in parlamento a compiere una strage all'altro capo del mondo. Si compiacciono dei loro successi. Si stupiscono quando quella violenza in qualche modo si ritorce loro contro. Si lagnano molto di non essere compresi. 6. I piu' furbi tra loro si danno di gomito e ridono degli imbecilli che hanno ingannato e convinto a macchiarsi con loro e per loro le mani di sangue innocente. 7. So queste cose perche' sono uno di loro, ho il loro stesso volto, la loro stessa storia, ho saputo preferire un'altra via. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1420 del 16 settembre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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