La nonviolenza e' in cammino. 1404



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1404 del 31 agosto 2006

Sommario di questo numero:
1. Buridano e l'altra stalla
2. Cindy Sheehan: Elogio dell'irrilevanza
3. Grazia Bellini e Flavio Lotti: Il primo giorno di scuola per la pace
4. Filippo Trasatti: Alcune voci da un lessico minimo di pedagogia
libertaria
5. Enrico Peyretti presenta "La differenza cristiana" di Enzo Bianchi
6. Le stupefazioni di Giangrullo
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. BURIDANO E L'ALTRA STALLA

No, non sono scelte equivalenti un intervento armato e un intervento
disarmato, non e' la stessa cosa finanziare gli eserciti o gli aiuti
umanitari, c'e' differenza tra le armi che uccidono e i soccorsi che curano,
sostentano, salvano le vite. Sono scelte alternative, reciprocamente
incompatibili.
No, non solo equivalenti la violenza e la nonviolenza, gli apparati della
guerra e gli strumenti della pace, il riarmo e il disarmo, le spese militari
e le spese sociali. Sono scelte opposte, o l'una o l'altra.
La pace si costruisce con la pace, la democrazia con la democrazia, la
giustizia con la giustizia. Chi pensa il contrario replica ancora lo
sciagurato ritornello delle streghe di Macbeth e del Socing orwelliano, la
solfa del parabellum, la litania del fine che giustifica i mezzi e via
delirando e fucilando. Una volta per tutte spiego' Mohandas Gandhi che tra i
mezzi e i fini vi e' lo stesso rapporto che intercorre tra il seme e la
pianta.
Scegliere occorre, e non sono affatto due identici mucchi di fieno.

2. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: ELOGIO DELL'IRRILEVANZA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di
Cindy Sheehan. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey nella guerra in Iraq;
per tutto il mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch
in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di
parlargli per chiedergli conto della morte di suo figlio; intorno alla sua
figura e alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio
movimento contro la guerra; e' stato recentemente pubblicato il suo libro
Not One More Mother's Child (Non un altro figlio di madre), disponibile nel
sito www.koabooks.com]

Mentre sto qui nella stanza dell'hotel, a riprendermi dalla quarta visita al
pronto soccorso in poco piu' di due settimane e da due interventi
chirurgici, scopro leggendo la "Waco Tribune" del 27 agosto di essere
divenuta "irrilevante" per il movimento contrario alla guerra.
Sulle prime, mi sono sentita un po' sulla difensiva rispetto a questa frase.
Pensavo che l'articolo era ingiusto, perche' in queste due settimane sono
stata veramente male e ho passato piu' tempo in ospedale che fuori.
Camp Casey si e' tenuto in piedi in mia assenza, facendo anche cose
notevoli, come la promozione del "telefono amico" per i diritti umani dei
soldati a Fort Hood, cose che non sono state riportate dai media, perche' i
media stanno correndo dietro alle "toccate e fughe" di George Bush in tutto
il paese.
Ma poi ho riflettuto sull'essere divenuta ininfluente e sulle implicazioni
di cio'. L'anno scorso mi sono consumata la schiena a viaggiare per il mondo
per parlare contro la guerra in Iraq e a favore della pace, e per capire. Ho
sopportato le calunnie di una destra degna del Reich, e le bugie che sono
state dette su di me sono quelle che solitamente si riservano a chi cerca
una carica politica. Sono stata soggetta a minacce di morte e a vili
attacchi alla mia persona. Ho passato dieci mesi lontana da casa e dai miei
tre figli viventi. Essere irrilevante puo' avere le sue difficolta'! Perche'
mi sono consumata sin quasi, letteralmente, a morire? Perche' ho sopportato
le calunnie e le aggressioni? Stando alle parole della "Waco Tribune" l'ho
fatto per diventare irrilevante: missione compiuta.
L'articolo sottolinea che l'opinione pubblica e' in stragrande maggioranza
contraria a George Bush ed alla guerra, e che c'e' un settore di critica
bipartisan nel Congresso rispetto all'Iraq, e percio' io sarei diventata
meno radicale e meno influente. Quando un anno fa mi sedetti in un fossato
vicino al ranch di Bush, ero radicale. Era una delle poche persone nel paese
a chiamare il presidente e la sua amministrazione bugiardi. Ero l'unica a
pronunciare le parole "genocidio" e "impeachment". Ero una dei pochi che
dicevano pubblicamente: "illegale ed immorale". Ora senatori, deputati, star
del cinema e della musica rock, ufficiali dell'esercito, circa due terzi
degli statunitensi ed il 95% del resto del mondo stanno dicendo le stesse
cose, il che mi mette nel mezzo di una folla assai vasta.
Percio' sia ringraziato Iddio per l'irrilevanza. Ora posso anche andare un
po' a casa e riprendere le forze, passare del tempo con i miei figli, e
prepararmi a lavorare per una pace vera e duratura. La pace e' stata la
nobile causa che io ho perseguito sin da quando Casey fu ucciso.
Camp Casey non diverra' mai irrilevante sino a che il complesso
militare-industriale comandera' con la sua rozza bacchetta il nostro governo
ed il nostro paese. Stiamo pianificando di trasformare Camp Casey in un
posto sicuro, un rifugio e un santuario, per i soldati come il tenente Ehren
Watada, che si oppone a questa guerra e non vuole combatterla. E sara' anche
un rifugio per i soldati che sono lontani da casa e vogliono fermarvisi per
un giorno o una settimana.
La fondazione intitolata a Camp Casey sara' anche una forza che lavorera'
per una pace vera. Daremo sovvenzioni ai giovani attivisti perche' possano
continuare il loro lavoro di pace. Incoraggeremo le famiglie a pensare
alternative al militarismo rampante della nostra societa'. Saremo un porto
sicuro per i soldati intrappolati in quel circolo vizioso che va dal
ricevere il bambolotto militare GI Joe a tornare a casa in un feretro
avvolto da una bandiera.
Camp Casey sara' la mecca della pace nel Texas centrale, proprio dove il
"signore oscuro" ha la sua casa delle vacanze. La pace non diverra' mai
irrilevante, fino a che la guerra verra' usata come strumento diplomatico.
Un grosso peso mi e' scivolato via dalle spalle. Il movimento contrario alla
guerra e' forte e sta lottando, e non ha piu' bisogno di un "volto". Sono
stata promossa all'irrilevanza e mi sento dannatamente bene per questo. La
guerra in Iraq finira', con me o senza di me, e le nostre truppe torneranno
a casa... presto o tardi. Tuttavia, la macchina della guerra si sta gia'
preparando per il prossimo conflitto, mentre l'opinione pubblica contraria a
quello iracheno sta tentando di forzare un cambiamento nelle politiche del
governo.
Percio' mi sto muovendo per raggiungere il movimento pacifista. Spero di
essere viva quel giorno in cui sara' la guerra a diventare irrilevante.

3. PROPOSTE. GRAZIA BELLINI E FLAVIO LOTTI: IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA PER LA
PACE
[Dalla Tavola della pace (per contatti: info at perlapace.it) riceviamo e
diffondiamo questa lettera indirizzata a presidenti e responsabili di varie
associazioni impegnate per la pace e i diritti umani. Grazia Bellini e
Flavio Lotti sono coordinatori nazionali della Tavola della pace]

Egregio signor presidente,
alla vigilia dell'ormai prossima apertura del nuovo anno scolastico, La
invitiamo a sollecitare le scuole del Suo territorio a dedicare il primo
giorno di scuola alla pace.
La invitiamo a fare in modo che il primo giorno di scuola ogni insegnante e
studente abbia l'opportunita' di cominciare il nuovo percorso formativo con
una riflessione sulla pace, (a partire dai conflitti aperti in Medio
Oriente), sul ruolo della scuola e di ciascuno.
La invitiamo inoltre a sollecitare le scuole del Suo territorio ad aderire
al programma nazionale di educazione alla pace e ai diritti umani denominato
"La mia scuola per la pace", inserendo nel Piano dell'Offerta Formativa un
progetto di educazione alla pace e ai diritti umani e inviandolo alla Tavola
della pace.
Mercoledi' 4 ottobre 2006, festa di San Francesco, si svolgera' inoltre la
"Giornata nazionale della pace, della fraternita' e del dialogo" istituita
dal Parlamento italiano con iniziative e incontri in tutte le scuole e
citta' italiane.
Infine, tutte le scuole aderenti s'incontreranno dal 26 al 28 ottobre 2006
ad Ancona dove si terra' il terzo Meeting nazionale delle scuole di pace.
Maggiori informazioni sul programma "La mia scuola per la pace" e sul
meeting sono disponibili sul sito www.scuoledipace.it
Certi che sapra' trovare i modi per sviluppare questo impegno, restiamo in
attesa di ricevere un segno del Suo interesse.
Con l'occasione Le trasmettiamo i piu' cordiali saluti.
Grazia Bellini e Flavio Lotti, coordinatori nazionali della Tavola della
pace
Perugia, 30 agosto 2006

4. MATERIALI. FILIPPO TRASATTI: ALCUNE VOCI DA UN LESSICO MINIMO DI
PEDAGOGIA LIBERTARIA
[Da "A. rivista anarchica", anno 34, n. 304, dicembre 2004 - gennaio 2005,
riprendiamo alcune delle voci ivi riportate estratte dal libro di Filippo
Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria, Eleuthera, Milano 2004.
Ovviamente trattandosi di testi assai sintetici, le scelte, le accentuazioni
e i giudizi in essi espressi possono essere discutibili: ed in effetti li
proponiamo come contributo alla discussione comune, alla comune riflessione
critica, come del resto tutti gli interventi e i materiali ospitati su
questo foglio. Filippo Trasatti insegna filosofia e storia in un liceo alla
periferia di Milano. Si occupa di pedagogia libertaria e di formazione nella
didattica della filosofia. E' stato redattore di "Volonta'" e attualmente e'
redattore per la sezione pedagogia della rivista "Ecole", oltre a
collaborare da anni con il mensile "A. rivista anarchica"]

Sebastien Faure e La Ruche
"Con le riserve dettate dalla prudenza e rivolte alla sicurezza e agli
interessi del bambino, il sistema della liberta' non da' che risultati
felici. Porta il bambino, giunto all'eta' della ragione, all'esercizio delle
facolta' piu' nobili: l'abitua alla responsabilita', rischiara il suo
giudizio, nobilita il suo cuore, fortifica la sua volonta', stimola in lui
gli slanci piu' fecondi e generosi, lo rende consapevole delle conseguenze
dei suoi atti, favorisce il suo spirito di iniziativa, lo rende dinamico,
sviluppa la sua personalita'. Costruisce in modo lento e sicuro un essere
degno, privo di arroganza, fiero, senza boria, intraprendente, rispettoso
della liberta' altrui e geloso della propria e dei propri diritti, e pronto
a difenderli" (Sebastien Faure)

Sebastien Faure (1858-1942) e' stato uno dei piu' importanti educatori e
teorici della storia dell'educazione libertaria, conosciuto soprattutto per
la creazione e la conduzione di quello straordinario laboratorio pedagogico
libertario che e' stata La Ruche.
Nato da una famiglia altoborghese filobonapartista e cattolica, ebbe
un'educazione confessionale, e notato fin da giovane per le sue notevoli
qualita' intellettuali, entro' nel noviziato gesuita, da secoli l'esercito
spirituale al servizio della Chiesa. Li' imparo' quella retorica che poi
utilizzo' ampiamente nella sua fortunata attivita' di conferenziere
libertario per tutta la vita.
Dal 1904 al 1917, Sebastien Faure affitto' presso Rambouillet un terreno di
25 ettari che comprendeva una grande casa, diversi edifici, orti, boschi e
prati. Lo chiamo' "La Ruche", l'alveare, e li' creo' il suo laboratorio di
educazione libertaria: un esperimento che ebbe successo a giudicare dalle
migliaia di domande di iscrizione negli anni successivi. L'ispirazione gli
venne dall'opera e dal lavoro di Paul Robin che a Cempuis aveva fondato un
orfanotrofio modello per l'educazione libertaria alla fine del XIX secolo.
A La Ruche vivevano una sessantina di persone: quaranta tra bambini e
ragazzi dei due sessi, figli di proletari o orfani, e una ventina di adulti
che avevano scelto di dedicarsi a tempo pieno a quell'attivita'. I bambini
per essere ammessi dovevano essere in buona salute, avere tra i 6 e i 10
anni e dovevano restare fino ai sedici anni compiuti a La Ruche. Non
dovevano pagare alcuna pensione. Talvolta all'"alveare" soggiornavano
militanti di passaggio, o esiliati o desiderosi di partecipare a
quell'esperimento rivoluzionario concreto.
Principi ispiratori dell'esperimento di Faure erano alcuni concetti tipici
della tradizione libertaria:
1. l'educazione era considerata uno strumento rivoluzionario fondamentale
per il cambiamento sociale: educare gli individui alla liberta' avrebbe
preparato una societa' piu' libera;
2. in vista di un'educazione integrale, lo scopo perseguito era quello di
sviluppare al massimo grado tutte le facolta' del bambino, fisiche,
intellettuali e morali: dunque varieta' di occupazioni;
3. ai fini di un'educazione razionale si dovevano bandire storielle,
indottrinamenti vari, e invece portare gradualmente il bambino a scoprire da
se' le verita' fondamentali attraverso l'aiuto degli educatori;
4. era dunque una comunita' educativa in cui sperimentare quotidianamente in
ogni attivita' i principi pedagogici libertari.
Faure riusci' a far vivere per piu' di dieci anni un'impresa del tutto
autosufficiente, che si manteneva attraverso le numerose conferenze da lui
tenute in giro per la Francia, attraverso il lavoro degli atelier interni,
soprattutto la tipografia, e infine grazie a donazioni.
Inoltre ogni anno La Ruche organizzava un viaggio che costituiva nello
stesso tempo una vacanza e un'occasione per altri introiti: in ogni citta'
che attraversava il gruppo dava un concerto a pagamento e nell'intermezzo
c'era una conferenza di Faure durante la quale i bambini vendevano i suoi
libri e le cartoline della loro comunita'. Fu la lunga e logorante grande
guerra a fermare l'esperimento di La Ruche.
Per approfondire: Sebastien Faure, Ecrits pedagogiques, Editions du Monde
libertarie, Paris 1992. Un bello studio su Faure e sull'esperienza della
Ruche e' quello di Roland Lewin, Sebastien Faure et la Ruche, Edition Ivan
Davy, La Botelerie Vauchretien 1989.
*
Alexander Neill e Summerhill
"Summerhill e' sorta come scuola sperimentale. Ora non lo e' piu'; ora e'
una scuola dimostrativa e dimostra che la liberta' funziona" (Alexander
Neill)

E' la scuola creata da Alexander Neill (1883-1973) in Inghilterra (Suffolk)
nel 1924, e tuttora attiva sotto la guida della figlia Zoe Readhead,
diventata celebre negli anni Sessanta sull'onda del movimento
antiautoritario e soprattutto grazie ad alcuni libri dello stesso Neill, che
si e' impegnato tutta la vita per far conoscere questa esperienza
straordinaria di scuola comunitaria basata su principi antiautoritari.
Contestata e idealizzata, Summerhill e' stata per anni un punto di
riferimento per quanti nel mondo hanno progettato e sperato di realizzare
una scuola fondata sulla liberta' del bambino.
Neill e' stato influenzato da Homer Lane, dalla psicoanalisi e in
particolare dalle idee dell'eretico Wilhelm Reich sulla sessualita' e sulla
formazione della personalita'. Soprattutto da quest'ultimo, con cui ha
collaborato, Neill ha assunto l'idea che l'infelicita', il dolore,
l'aggressivita', la cattiveria del bambino sono un risultato dell'educazione
autoritaria e repressiva cui e' sottoposto. Con Reich, Neill concorda su due
punti fondamentali: il ruolo della tradizionale famiglia patriarcale nella
formazione del carattere autoritario e la necessita' di superare la
repressione sessuale che la civilta' impone.
Si tratta dunque di modellare una societa'-comunita' diversa con regole
diverse, basata sul principio dell'autodeterminazione perche' i bambini e i
ragazzi imparino a comportarsi in modo diverso.
I principi su cui si basa Summerhill sono teoricamente abbastanza semplici:
1. far sperimentare al bambino la liberta' all'interno di una comunita'
protetta: liberta' di giocare, di seguire oppure no i consigli degli adulti,
liberta' dal senso di colpa, liberta' di seguire oppure no il programma di
studi proposto dalla scuola;
2. far comprendere al bambino l'importanza della responsabilita' all'interno
della comunita', attraverso l'autodeterminazione del gruppo, senza
interventi censori e punizioni degli adulti.
A Summerhill ogni settimana c'e' una riunione dell'Assemblea generale e del
Tribunale che hanno il compito fondamentale di regolamentare la comunita',
all'interno della quale gli adulti non hanno privilegi speciali, se non
quelli dati loro dall'esperienza. Molta importanza viene data alla ricerca
individuale, ma senza alcuna costrizione.
C'e' nell'esperimento Summerhill anche una radice roussoviana. Che cosa
accade se i ragazzi, abituati da sempre a rispettare regole e divieti
imposti dagli adulti, vengono lasciati liberi? Neill nutre una profonda
fiducia nella natura del bambino che nasce buono e viene corrotto dalla
societa'. Non si puo' imporre nulla al bambino semplicemente perche' gli
adulti pensano che sia giusto farlo.
A Summerhill si realizza qualcosa che nella societa' mercantile e' aborrito:
l'improduttivita'. Non e' obbligatorio frequentare alcuna lezione, non ci
sono lavori e attivita' cui si deve prendere parte. Si puo' giocare tutto il
giorno, senza rendere conto a nessun altro della propria liberta', della
propria capacita' di autoregolarsi.
La maggior parte dei bambini e ragazzi che arrivano in questo mondo nuovo
sono del tutto disorientati: devono lentamente superare l'ansia iniziale per
la mancanza di struttura, di direttive, per l'improvviso vuoto di quel
potere che fin dalla nascita li aveva costretti a determinati comportamenti.
Devono imparare che li' non si e' giudicati, si viene trattati con rispetto,
non si e' considerati diversi dagli adulti e si puo' cercare di seguire
liberamente una propria strada, imparando dagli altri si', ma partendo da se
stessi. In qualche modo i bambini hanno il lusso di dedicarsi pienamente a
se stessi.
Summerhill e' uno straordinario e prezioso laboratorio di liberta' in un
luogo chiuso. E' un "modello" di educazione libertaria? No, nel senso che e'
nata dall'impronta di Neill e giustamente cerca di conservare la propria
diversita'; si', nel senso che induce a confrontarsi con un modo di pensare
l'educazione che ha come centro la dignita', il rispetto e la liberta' del
bambino.
Per approfondire: Alexander Neill, I ragazzi felici di Summerhill, Red, Como
2004;  AA. VV. (a cura di Egle Becchi), Summerhill in discussione, Franco
Angeli, Milano 1975. Il sito ufficiale di Summerhill e'
www.summerhillschool.co.uk
*
Lev Tolstoj e Jasnaja Polyana
"L'unico metodo di istruzione e' nell'esperimento e l'unico criterio
pedagogico e' la liberta'" (Lev Tolstoj)

"Un signorotto russo, molto istruito": cosi' Proudhon definisce Lev Tolstoj
(1828-1910), uno dei piu' grandi scrittori di tutti i tempi che, in viaggio
per l'Europa, nel 1861 si reca a trovarlo a Londra. Fervido ammiratore di
Proudhon, deriva il titolo del suo capolavoro dal proudhoniano La guerre et
la paix. Tolstoj, anarchico cristiano, come si definisce lui stesso, vuole
incontrare i grandi punti di riferimento della cultura europea, ma e' anche
interessato a esaminare la situazione dell'educazione e delle scuole in
Europa. Nel 1859 ha infatti dato vita a Jasnaja Polyana (che significa
"prato, radura chiara e serena"), nella tenuta che ha ereditato dalla madre
e a cui sara' legato per tutta la vita, a una scuola di campagna per i figli
dei contadini. Sono gli anni in cui si discute in Russia sull'abolizione
della servitu' della gleba e sulla necessita' e i pericoli dell'educazione
del popolo.
Tolstoj assume una posizione per certi versi rivoluzionaria, per altri
reazionaria: si sente investito della missione dell'educazione del popolo, e
continuera' a farlo attraverso i suoi saggi e i suoi interventi per tutta la
vita, ma non vuole che l'educazione si trasformi in una nuova forma di
servitu' per il contadino che finalmente ne sta uscendo dopo secoli.
Dall'osservazione delle scuole in Russia, ma anche in Europa, della
tristezza quotidiana degli alunni, trae la conclusione che c'e' qualcosa di
profondamente sbagliato nel metodo impiegato e nella struttura. La scuola in
qualche modo uccide la vita ed e' proprio dalla vita che nascono le domande
essenziali che suscitano il bisogno dell'educazione. Tolstoj, osservatore
profetico, afferma che e' in atto il tentativo di "meccanizzare
l'istruzione", in modo che le persone siano sostituibili, sia gli insegnanti
sia gli alunni, e che il metodo resti lo stesso.
Descrive in modo impareggiabile lo "stato scolastico dell'anima" come uno
stato psicologico in cui le facolta' piu' elevate lasciano il posto a
facolta' semianimalesche; in realta' si cerca di reprimere tutte le facolta'
piu' elevate per sviluppare solo quelle che coincidono con l'ordine
scolastico, il terrore, lo sforzo della memoria e l'attenzione. E finche'
non si arriva a questo stadio semianimalesco, ogni alunno costituisce
un'anomalia, appunto non e' scolarizzato.
"Ogni studio deve rappresentare solo una risposta alle domande suscitate
dalla vita. La scuola pero' non solo non stimola le domande, ma non risponde
neppure a quelle sollevate spontaneamente. La scuola risponde continuamente
alle stesse domande, poste alcuni secoli fa all'umanita' e con le quali il
fanciullo non ha niente a che fare".
Tolstoj si cimenta in prima persona non solo come teorico dell'educazione,
ma come maestro. Tiene dei diari, pubblica dei resoconti sulla rivista che
esce con lo stesso nome della scuola.
La scuola e' gratuita e i figli dei contadini arrivano al mattino dalle loro
case, intabarrati, per frequentarla. Appena entrati si trovano evidentemente
in un altro mondo: un mondo in cui non solo i bambini e i ragazzi hanno dei
diritti, sono ascoltati, trovano stimoli culturali vivaci, ma sono alla pari
con l'insegnante che per scelta non usa alcuna coercizione su di loro. Nel
saggio Caratteri generali della scuola descrive minuziosamente una lezione.
Tolstoj cerca di demolire tutti i pilastri dell'organizzazione scolastica: i
programmi, gli orari, gli esami, l'eta' scolastica, i metodi di
insegnamento, l'obbligo scolastico.
Tuttavia il ruolo dell'insegnante resta fondamentale: in primo luogo perche'
e' centrale il rapporto diretto che si instaura tra insegnante e allievo; in
secondo luogo perche' con la sua attivita' l'insegnante puo' diventare un
facilitatore e un catalizzatore dei processi di apprendimento, che pero' in
ogni caso devono rispondere ai bisogni dell'allievo e alle sue motivazioni.
A patto pero' che l'educatore voglia veramente occuparsi dell'altro che ha
di fronte.
L'educazione come normalmente la si intende e' per Tolstoj una forma
d'oppressione, la negazione della liberta' dell'altro e l'imposizione di
modelli, concezioni, modi di vivere che indirizzano il bambino verso un
cammino, una strada da noi decisa preventivamente. In piu' l'educazione
viene intesa per lo piu' in modo intellettualistico, come se solo le
conoscenze e le nozioni apprese, il programma in breve, avessero importanza.
"L'educatore e' la prima persona vicina su cui fanno le loro osservazioni e
le loro conclusioni, che poi estendono all'intera umanita'. E quanto piu'
quest'uomo e' dotato di passioni umane, tanto piu' ricche e fruttuose sono
queste osservazioni".
E' dall'osservazione della relazione di potere tra maestro e scolaro, tra
genitore e bambino, che nasce l'attenzione estrema a forme di relazione che
salvino l'altro nella sua individualita' e nella sua liberta'. Non possiamo
sottrarre del tutto il bambino all'influenza dell'adulto, facciamo almeno in
modo che l'adulto interpreti il proprio ruolo facendo un passo indietro,
ponendo in primo piano le esperienze e non il proprio narcisismo.
E' quella che viene chiamata "educazione negativa", una concezione derivata
da Rousseau: l'uomo nasce libero e lo troviamo ovunque in catene. Il giovane
contadino viene un po' romanticamente visto come un rappresentante
dell'umanita' primigenia, capace di incarnare l'unione armoniosa di verita',
bellezza e bene. Se adesso tale atteggiamento puo' apparirci mero
sentimentalismo, la strada intrapresa da Tolstoj, anche per l'enorme fama
raggiunta da lui come scrittore, moralista e anarchico, diventera' punto di
riferimento essenziale per tutte le esperienze di scuole libertarie del XIX
e XX secolo.
Ecco, per concludere, una sorta di breve catechismo per i maestri, una volta
tanto:
"1. E' necessaria per insegnare l'adesione volontaria dell'allievo? Si' e
per far questo e' necessario suscitare l'interesse vivo dell'allievo,
guadagnarlo cioe' a cio' che si ha da dire.
"2. Come e che cosa si deve insegnare? Tutto puo' essere insegnato, ma al
centro dell'insegnamento sta l'allievo con i suoi bisogni, i suoi ritmi e le
sue capacita'.
"3. Maestro non e' colui che sa, ma colui che ama cio' che fa con i suoi
allievi".
Per approfondire: Lev Tolstoj, Quale scuola?, Emme edizioni, Milano 1975;
Lev Tolstoj, "La scuola di Jasnaja Polyana in novembre e dicembre", in La
scuola di Jasnaja Polyana e altri scritti pedagogici, a cura di Ugo
Zandrino, Minerva Italica, Bergamo 1965.
*
Marcello Bernardi e la liberta' del bambino
"Le limitazioni alla liberta' di un bambino sono giustificate solo quando
sono indispensabili per la difesa della sua persona. Altrimenti sono dei
veri e propri attentati alla sua persona" (Marcello Bernardi)

Marcello Bernardi (1922-2001) in un'intervista del 1987 diceva: "Io non uso
il vocabolo pedagogia e per la verita' non uso neanche il termine
libertario. Bisogna pero' riconoscere che libertario e' oggi un termine
indispensabile per indicare un rispetto per la liberta' [del bambino] che
altri non hanno".
Pediatra, docente di puericultura e di auxologia all'universita', Bernardi
era noto al pubblico italiano soprattutto come l'autore di libri di grande
successo come Il nuovo bambino e Imperfetti genitori rivolti agli adulti, ma
scritti stando dalla parte dei bambini.
Era provocatorio, scontroso, burbero verso quegli adulti che accusava di
distruggere la liberta' e la dignita' dei bambini, quei presunti educatori
che diseducavano sistematicamente all'umanita'.
I bambini non sono una nostra proprieta' privata, sono piuttosto ospiti che
dovremmo trattare con rispetto e con cura. Invece le cosiddette istituzioni
educative, la Famiglia e la Scuola, in primo luogo, fanno di tutto per
impadronirsene, per controllarli, manipolarli, trasformarli in quei
cittadini-modello amorfi, incapaci di critica, di libero pensiero, di
ribellione, formati a inchinarsi e obbedire, e chiamano tutto questo
educazione.
In effetti c'e' bisogno di una profonda distorsione della personalita' per
accettare la normalita' di questo mondo ingiusto, sempre piu' inumano,
dominato dalla schiavitu' e dalla religione del nostro tempo, il profitto.
Questo adattamento al sistema, questa rinuncia a se' che chiamiamo
educazione produce violenza distruttiva rivolta contro se stessi e gli
altri. E' un tema , questo della distruttivita' causata da un'educazione
violenta, sviluppato da Erich Fromm, da Arno Gruen e Alice Miller, tra gli
altri.
Per rovesciare tutto questo, bisogna aver ben chiaro prima di tutto che cosa
non e' l'educazione:
- Non e' condizionamento, nel senso di un addestramento che produce risposte
automatiche; come gia' diceva Sebastien Faure dovete scegliere se educare
bambini o addestrare animali; in positivo si potrebbe dire che l'educazione
e' la capacita' di comprendere e di sfuggire ai condizionamenti;
- Non e' adattamento alle norme che la societa' ci propone; adattamento
significa un adeguamento acritico, la rinuncia al cambiamento, rassegnazione
di fronte al mondo e alla societa' cosi' com'e' e rinuncia alla propria
individualita';
- Non e' persuasione; si vuol convincere il bambino ad adottare certi
comportamenti;
- Non e' formazione: c'e' nell'idea del formare, un modello, uno stampo in
cui si finira' per rinchiudere la personalita' del bambino.
Tutti questi aspetti insieme, condizionamento, adattamento, persuasione e
formazione, costituiscono insieme le operazioni fondamentali della
diseducazione.
In questo senso Bernardi riprendendo il modello dell'educazione negativa, si
pone in contrapposizione alle correnti dell'educazione libertaria che
adottano dei criteri educativi positivi, cioe' che tendono a formare in
positivo certi tratti caratteriali, fisici e morali del bambino.
L'educazione, se proprio si vuol definirla in positivo e' "aiutare qualcuno
a evolvere", senza dominarlo, ne' manipolarlo. E' prima di ogni cosa un
rapporto umano tra eguali, un rapporto orizzontale, perche' anche quando
l'altro e' in condizione di debolezza, ha dignita' e diritti pari ai miei e
non va dominato, approfittando della mia posizione di superiorita'.
L'educatore dovrebbe mettere a disposizione del bambino gli strumenti che
progressivamente gli servono all'evoluzione, ossia creare un ambiente
favorevole alla sua evoluzione, in primo luogo dal punto di vista
relazionale: affetto, un clima di fiducia, sicurezza, l'esperienza.
Bernardi pensa in vista di una rivoluzione culturale che non puo' che
partire da noi qui e ora e che rovesci il mondo di ingiustizie e di orrori
in cui viviamo, e nello stesso tempo il modello educativo prevalente. Anche
per questo conduce battaglie contro l'educazione sessuale mistificante, a
favore della contraccezione; tiene rubriche sui periodici in cui discute dei
piu' diversi argomenti, proponendo punti di vista controcorrente, come la
difesa dei fumetti intelligenti ("Si pensi al discorso ecologico e
demografico di Mafalda, che forse e' piu' lucido e incisivo di quanto non
siano i rapporti del Mit") (Educazione e liberta'), oppure il rifiuto della
censura ("ci sarebbe da stupirsi del fatto che non sia criminale vendere la
Bibbia, la quale contiene parecchio materiale idoneo alla iniziazione
sessuale").
Nonostante lo sguardo lucido e disincantato sul mondo, che poteva anche
essere molto amaro, Bernardi manteneva sempre accesa la fiaccola dell'utopia
che per un rivoluzionario e' una fede che coincide con la vita stessa.
Per approfondire: Marcello Bernardi, Educazione e liberta', De Vecchi,
Milano 1980; Marcello Bernardi, Gli imperfetti genitori, Rizzoli, Milano
1988; Roberto Denti, Conversazioni con Marcello Bernardi, Eleuthera, Milano
1986.
*
Francisco Ferrer e la scuola moderna
"La scuola imprigiona i bambini fisicamente, intellettualmente e moralmente,
per dirigere lo sviluppo delle loro facolta' in una direzione prefissata.
Essa li priva del contatto con la natura per poterli meglio modellare a suo
piacimento (...). L'educazione attualmente non e' altro che un
addestramento" (Francisco Ferrer)

Francisco Ferrer y Guardia (1859-1909), anarchico catalano definito
"missionario dell'educazione", e' stato il promotore della Escuela moderna
(Scuola moderna), un'esperienza di scuola libertaria realizzata a Barcellona
che nel giro di pochi anni avrebbe prodotto in Europa il movimento delle
scuole Ferrer, ispirando anche altre esperienze educative come le case dei
bambini montessoriane, la scuola rinnovata di Pizzigoni, Freinet e il
movimento delle scuole cooperative. Cresciuto in una scuola autoritaria e
clericale in cui alla religione veniva dedicato gran parte del tempo, Ferrer
dira' in seguito che per tracciare la sua linea pedagogica gli sarebbe
bastato fare il contrario di cio' che aveva vissuto e subito ai tempi della
scuola di base. E' appunto da qui che derivano i caratteri essenziali della
sua scuola moderna, laica e razionalista: laica in contrapposizione alla
scuola clericale nella quale, come si diceva, si spendono piu' soldi per
ceri e incenso che per l'educazione; razionalista e scientifica, perche' la
scienza, in contrapposizione alle superstizioni anche religiose, rende
liberi. Anche se a noi oggi puo' sembrare troppo insistente questo continuo
riferimento ai principi scientifici, in Ferrer, come gia' in Bakunin, esso
funziona invece come principio di liberta' in contrapposizione a quello di
autorita'. In questo senso la scienza e' l'unica autorita' che serve a
distruggere il principio di autorita' e a favorire lo sviluppo dell'umanita'
verso la liberta'.
Divenuto militante, Ferrer e' piu' volte arrestato con vari pretesti e
costretto all'esilio. In Francia conosce diversi personaggi di rilievo che
hanno un ruolo di primo piano nella formulazione delle sue idee: soprattutto
Paul Robin, il creatore di Cempuis, Sebastien Faure, che dara' vita a La
Ruche, il geografo Elisee Reclus, Jean Grave, Anatole France, che diventera'
il presidente della Lega internazionale per l'educazione dell'infanzia,
fondata da Ferrer stesso. All'interno del movimento anarchico e socialista
e' allora vivo il dibattito sul rapporto tra educazione e rivoluzione;
Ferrer vi partecipa cercando di mostrare come proprio l'educazione
emancipatrice possa servire a promuovere un progetto di emancipazione
sociale: "L'azione rivoluzionaria piu' giusta - scrive - consiste nel dare
agli oppressi, ai diseredati e a coloro che sentono impulsi di giustizia,
quella verita' che e' stata loro truffata e che determina le energie
sufficienti e necessarie per la grande opera della rigenerazione della
societa'".
Grazie a Mademoiselle Meunier, una sua allieva benestante convertita alla
causa, Ferrer eredita una forte somma che gli consente di aprire nel 1901 a
Barcellona la scuola che sogna. Ironia della sorte, affitta un ex convento e
lo ristruttura, ma il compito piu' difficile, superati gli ostacoli
burocratici, e' quello di mettere insieme un gruppo di educatori valido,
convinto degli ideali libertari, e del materiale di insegnamento adatto.
Anche per questo da subito nascera', strettamente legata alla scuola, una
casa editrice, La Editorial, e una tipografia che stampera' non solo i libri
per la scuola, ma anche il bollettino di informazione mensile, la rivista
"La Escuela renovada" e libri destinati ai genitori e piu' in generale
all'educazione permanente degli adulti.
Gli inizi non sono facili per una scuola che deliberatamente cerca di
prendere le distanze tanto dalla scuola statale che da quella clericale:
I'Escuela moderna e' una scuola a pagamento che non ha alcuna sovvenzione e
si regge sulle entrate che i genitori versano nelle sue casse, sotto forma
di tasse scolastiche stabilite in base alle loro possibilita' economiche.
Cosi' nella scuola possono entrare figli di borghesi illuminati come pure
figli di proletari.
Con l'aiuto di amici si inizia a delineare il piano generale della scuola.
Qui il bambino gode di un'ampia liberta' di movimento: va alla lavagna, esce
dalla classe, consulta un libro, si abbandona alle fantasticherie, discute
con i compagni e con l'insegnante. Non c'e' una sola strada che possa valere
per tutti. In questo contesto diventa assai piu' duro il compito
dell'educatore, che e' costretto a catturare l'interesse del bambino,
rispettando i suoi desideri e la sua personalita' e avendo sempre in mente
che il fine perseguito deve essere quello della sua liberazione e felicita'.
Il gioco, dice Ferrer, e' il lavoro del bambino; non bisogna dunque
impedirgli di giocare, ma gradualmente passare a giochi diversi, piu'
complessi, che richiedono piu' sforzo e studio. Spontaneamente il bambino
impara manipolando, costruendo, facendo, osservando le trasformazioni che
avvengono intorno a lui. Sara' dunque compito dei laboratori stimolare la
curiosita' del bambino per le varie discipline, realizzando un apprendimento
attivo. La guida teorica generale per la scuola e per gli insegnanti e' il
metodo razionale, derivato dalla scienza. Secondo la tradizione
dell'educazione integrale, si concepisce inoltre l'educazione come strumento
non solo per la formazione dell'intelligenza, ma anche per "lo sviluppo del
carattere, la coltivazione della volonta', per la preparazione di un essere
moralmente e fisicamente ben equilibrato, le cui facolta' siano associate
armoniosamente e portate al massimo grado possibile di sviluppo".
Ferrer da' molta importanza anche all'igiene, all'educazione fisica, agli
sport, allora assai poco diffusi. Insomma i principi pedagogici delle scuole
Ferrer cercano nell'insieme di sintetizzare alcuni tratti importanti della
pedagogia libertaria ottocentesca. Di fatto il successo della scuola e'
enorme: nel 1908 solo a Barcellona ci sono gia' dieci Escuelas modernas e
piu' di centoquaranta in provincia. Ferrer e' ben consapevole che molto
ancora resta da fare e da sperimentare per migliorare la scuola e i metodi
di un'educazione emancipatrice, ma gliene manca il tempo. Accusato di essere
l'istigatore dell'insurrezione del 1909 a Barcellona contro l'invio
dell'esercito in Marocco, dopo un processo infame, con torture, senza
sentire testimoni, viene fucilato. Il suo assassinio provoca manifestazioni
e rivolte in tutta Europa. La revisione del processo, due anni dopo, lo
scagionera'.
Per approfondire: Francisco Ferrer y Guardia, La scuola moderna, M&B
Publishing, Milano 1996; Francisco Ferrer y Guardia, La scuola moderna e lo
sciopero generale, con prefazione di Mario Lodi, La Baronata, Lugano 1980.
Sul movimento delle scuole moderne negli Usa, si veda il classico di Paul
Avrich, The Modern School Movement, Princeton University Press, Princeton N.
J. 1980.

5. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "LA DIFFERENZA CRISTIANA" DI ENZO BIANCHI
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questa
recensione.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio,
ed uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha
insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e
diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora
regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno
Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e'
membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace
delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista
"Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario.
Enzo Bianchi e' animatore della comunita' di Bose. Dal sito
www.festivaletteratura.it riprendiamo questa scheda: "Enzo Bianchi e' nato a
Castel Foglione nel Monferrato nel 1943 ed e' fondatore e priore della
comunita' monastica di Bose. Nel 1966 ha infatti raggiunto il villaggio di
Bose a Magnano (Vercelli) e ha dato inizio a una comunita' monastica
ecumenica cui tuttora presiede. Enzo Bianchi e' direttore della rivista
biblica "Parola, Spirito e Vita", membro della redazione della rivista
internazionale "Concilium" ed autore di numerosi testi, tradotti in molte
lingue, sulla spiritualita' cristiana e sulla grande tradizione della
Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi.
Collabora a "La stampa", "Avvenire" e "Luoghi dell'infinito"". Tra le opere
di Enzo Bianchi: Il radicalismo cristiano, Gribaudi, 1980; Lontano da chi,
Gribaudi, 1984; Un rabbi che amava i banchetti, Marietti, 1985; Il corvo di
Elia, Gribaudi, 1986; Amici del Signore, Gribaudi, 1990; Pregare la parola,
Gribaudi, 1990; Il profeta che raccontava Dio agli uomini, Marietti, 1990;
Apocalisse di Giovanni, Qiqajon, 1990; Magnificat, benedictus, nunc
dimittis, Qiqajon, 1990; Ricominciare, Marietti, 1991; Vivere la morte,
Gribaudi, 1992; Preghiere della tavola, Qiqajon, 1994; Adamo, dove sei,
Qiqajon, 1994; Il giorno del signore, giorno dell'uomo, Piemme, 1994; Da
forestiero, Piemme, 1995; Aids. Vivere e morire in comunione, Qiqajon, 1997;
Pregare i salmi, Gribaudi, 1997; Come evangelizzare oggi, Qiqajon, 1997;
Libro delle preghiere, Einaudi, 1997; Altrimenti. Credere e narrare il Dio,
Piemme, 1998; Poesie di Dio, Einaudi, 1999; Altrimenti. Credere e narrare il
Dio dei cristiani, Piemme, 1999; Da forestiero. Nella compagnia degli
uomini, Piemme, 1999; Giorno del Signore, giorno dell'uomo. Per un
rinnovamento della domenica, Piemme, 1999; I paradossi della croce,
Morcelliana, 1999; Le parole della spiritualita'. Per un lessico della vita
interiore, Rizzoli, 1999; Ricominciare. Nell'anima, nella Chiesa, nel mondo,
Marietti, 1999; Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia e
sull'accompagnamento dei malati, Qiqajon, 2000; L'Apocalisse di Giovanni.
Commento esegetico-spirituale, Qiqajon, 2000; Come vivere il Giubileo del
2000, Qiqajon, 2000; La lettura spirituale della Bibbia, Piemme, 2000; Non
siamo migliori. La vita religiosa nella Chiesa, tra gli uomini, Qiqajon,
2002; Quale fede?, Morcelliana, 2002; I Cristiani nella societa', Rizzoli,
2003; La differenza cristiana, Einaudi, 2006]

In che cosa i cristiani sono differenti? Ma lo sono davvero? In Europa e in
Italia come si distinguono e come si collocano nella societa' secolarizzata,
pluriculturale e plurireligiosa? Ci sono, e cosa significano, le differenze
tra i cristiani? Con l'ascolto che si e' guadagnato anche sui media laici,
oltre l'ambito cattolico, il priore del monastero ecumenico di Bose affronta
con pacata chiarezza domande come queste (Enzo Bianchi, La differenza
cristiana, Einaudi, Torino 2006, pp. 117, euro 8).
Il paventato scontro planetario di civilta' avverra' all'interno delle
societa' occidentali con attacchi laicisti e anticlericali ad una chiesa
antagonista di societa' e modernita', con un suo presenzialismo politico
diretto? Riesce la chiesa a  testimoniare l'umanesimo che puo' offrire di
fronte al liberismo etico diffuso, causa anche di sfruttamento umano e
barbarie? Contribuiscono i cristiani allo spirito della societa' senza
complesso di persecuzione e in atteggiamento positivo, sapendo che le leggi
dello stato si fanno insieme a tutti gli altri, nel possibile punto
d'incontro? Se ci fosse persecuzione verso i discepoli autentici di Gesu',
dovrebbero i cristiani meravigliarsi?
La religione e' solo un fatto privato? Puo' esprimersi nel rispetto di tutte
le differenze nella societa' civile? Che cosa significa la "religione
civile", propugnata come cemento etnico, fattore di identita' nazionale e di
ordine pubblico, in una societa' carente di valori morali comuni? I credenti
che accettano questo, coi relativi vantaggi materiali, che ne fanno del
cristianesimo?
Cosa significa la richiesta ai cristiani di comportarsi nella societa' "come
se Dio non ci fosse"? Con quali laici i cristiani possono trovare punti
d'incontro morali e civili per la liberta, la giustizia e la pace? Se
l'etica e' risultato di esperienza e dono, le religioni, senza esclusivismi,
sapranno elaborare un'etica comune con chi vive nella polis senza religione?
Un "relativismo cristiano" che cosa significa? In che cosa consiste? Cosa
comporta "essere nel mondo senza essere del mondo"? Qual e' la "differenza"
cristiana nella qualita' delle relazioni umane, data la difficile
accettazione e perdono? Quale libera comunicazione c'e' nella chiesa? Oppure
c'e' lo "scisma sommerso"? Senza vivo dialogo interno la chiesa puo'
dialogare col mondo? C'e' il coraggio e la liberta' del "dissenso leale",
dove non occorre l'unita' della fede?
Quale "pluralita'" nel cristianesimo stesso, fin dalle origini? Ci sono
"diversi cristianesimi", allora come mai sopravvengono fondamentalismi e
integralismi?  Quando "la definizione della verita' rischia di sostituirsi
alla verita' vivente"? Quando la verita' e' fondamento della pace, e quando
e' arma di ostilita' e guerra?
Come ripensare l'universalismo cristiano, "tendenza che ha suscitato nella
storia atteggiamenti di violenza e persecuzione da parte dei cristiani"? Che
cosa e' l'arte dell'ascolto, il "pensare con l'altro"?
Scomparso un partito "dei cattolici", come si atteggia la gerarchia riguardo
alla politica, e come meglio potrebbe, pur ricordando le esigenze etiche del
vangelo, non pretendere che "la legge evangelica sia tradotta in legge
vincolante per tutti"?
Quale evangelizzazione e' possibile, se i cristiani non appaiono essi stessi
evangelizzati? E che cosa testimonia nelle relazioni umane una vita
evangelizzata? Manifestano i cristiani in gratitudine la bellezza del
vivere, pur nelle fatiche, e "la felicita' che e' la risposta alla ricerca
di senso", senza pretenderne il monopolio?
All'accoglienza dello straniero nelle societa' occidentali, Enzo Bianchi
dedica pagine chiare: e' "occasione per vivere il mistero fecondo
dell'accoglienza". Dove sta quella virtu' della ospitalita' interiore con la
quale si puo' procedere in giustizia e umanita', con norme sagge? Il
cristiano deve attendersi anzitutto la reciprocita', oppure e' direttamente
responsabile per l'altro?
La pace e' "il sogno per cui combattere". Come "immaginarla", come tradurla
nel quotidiano, verso il prossimo e verso i popoli? Se le religioni hanno
"logiche di vita", come accade che dalle religioni vengano "pensieri e
azioni di guerra e non di pace"? La carica di "identita'" e la presunzione
di "verita'" di cui le religioni sono portatrici, come arrivano a dare
ragioni opposte, per la vita e per la morte degli altri? Anche tra i
cristiani nel mondo sono presenti tali deformazioni nefaste della religione?
Che cosa significa "Il successo non e' uno dei nomi di Dio", come disse
Martin Buber?
Sono domande ne' poche ne' piccole con cui Enzo Bianchi si misura in queste
pagine chiare, con saggezza.

6. LE ULTIME COSE. LE STUPEFAZIONI DI GIANGRULLO

Gnaffe, io proprio non mi ci raccapezzo.
Ma come, non si era andati anche in Iraq con l'avallo dell'Onu a portar pace
e tante buone cose?
Ma come, non si era andati anche in Afghanistan con l'Onu a portar pace,
amore e fantasia?
Non sara' mica che tutti i governi militaristi e colonialisti mandano gli
eserciti ad occupare le terre altrui e a prender parte alle guerre con le
stesse belle parole?
E non sara' mica che chi ieri tuonava contro la politica delle cannoniere
del governo guerrafondaio di cui non faceva parte il partituccio suo oggi ha
smesso di farlo - anzi: tuona ancora, ma per sostenere l'esatto contrario -
perche' le cannoniere le manda il governo guerrafondaio di cui invece ora il
Partito fa parte?
E quest'Onu di cui tanto si parla e per cui si sventolano striscioni da
stadio non sara' mica per caso quell'Onu dei dieci anni di embargo genocida
contro il popolo iracheno? Non sara' che anche l'Onu avrebbe bisogno di una
riforma che inveri le premesse contenute nella carta che la fondava? (Siamo
troppo estremisti? Ma non era la posizione di tutto il pacifismo italiano
prima della recente conversione militarista di tanti bennati ingegni e
garzoncelli scherzosi?).
Gnaffe, io proprio non mi ci raccapezzo.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1404 del 31 agosto 2006

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