[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 1389
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1389
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 16 Aug 2006 01:13:31 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1389 del 16 agosto 2006 Sommario di questo numero: 1. Prima di ricominciare la guerra di Troia 2. Anna Bravo presenta "La storia dell'altro" del Peace Research Institute in the Middle East 3. Pierre Vidal-Naquet presenta "Les palestiniens" di Nadine Picadiou 4. Giulio Vittorangeli: Ferragosto di guerra e di morte 5. Nando dalla Chiesa: Camillo De Piaz. Aria pura dalla Valtellina 6. Bruna Peyrot: Una nuova cultura politica 7. Hannah Arendt: L'enorme 8. Un'antica storiella cinese del Settecento francese 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PRIMA DI RICOMINCIARE LA GUERRA DI TROIA E' cosa buonissima che la guerra tra Israele ed Hezbollah sia stata fermata. E merito sia dato ai soggetti che si sono impegnati in modo efficace ottenendo questo risultato. Sul prosieguo occorre ragionare con cautela. * Una forza internazionale nel Libano meridionale per rafforzare la precarissima pace e' una buona cosa. Una forza internazionale nel Libano meridionale per proseguire e ulteriormente internazionalizzare la guerra no. Siamo certi che sia una buona idea la presenza di militari italiani nel Libano meridionale quando l'Italia e' uno stato le cui forze armate sono presenti nelle coalizioni che stanno eseguendo guerre e stragi contro popolazioni islamiche in Afghanistan e in Iraq? Noi crediamo di no. Non sarebbe piu' ragionevole che nella forza di interposizione non ci fossero contingenti di paesi coinvolti in guerre attualmente in corso (e come effettuali aggressori, percepiti anche come stragisti imperialisti e razzisti)? Noi crediamo di si'. E siamo certi che, laddove e' del tutto evidente che occorre un'interposizione disarmata e nonviolenta, sia una buona idea un'interposizione militare e armata? Noi crediamo di no. Non sara' il caso di definire con assai maggior precisione il mandato e i vincoli della missione Onu, fin qui tutt'altro che chiari su punti assolutamente decisivi? Noi crediamo di si'. * Il cessate il fuoco e' stato ottenuto. Bene, si perseveri, si consolidi. La possibilita' di recare soccorsi umanitari urgenti a tutte le popolazioni colpite e' finalmente effettiva: li si realizzi subito. Lo spazio per l'iniziativa politica, diplomatica e umanitaria e' aperto: l'iniziativa politica, diplomatica e umanitaria si dispieghi. Quanto all'invio di forze armate internazionali, e alla realizzazione di operazioni militari internazionali, si rifletta attentamente prima di combinare ulteriori disastri. Il disarmo e la smilitarizzazione sono la scelta necessaria e urgente. La nonviolenza e' la via. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. LIBRI. ANNA BRAVO PRESENTA "LA STORIA DELL'ALTRO" DEL PEACE RESEARCH INSTITUTE IN THE MIDDLE EAST [Ringraziamo Anna Bravo (per contatti: anna.bravo at iol.it) per averci messo a disposizione questa sua recensione scritta per la rivista "L'indice" nel 2004 (giuntaci nel 2004, in un periodo in cui le pubblicazioni del nostro notiziario erano sospese, solo recentemente l'abbiamo ritrovata). Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003] Peace Research Institute in the Middle East, La storia dell'altro. Israeliani e palestinesi, Una citta', Forli' 2003, presentazione di Walter Veltroni, prefazione di Pierre Vidal-Naquet, pp.140 (a cura di B. Bertoncin e A. N. Salah). * Uno dei lasciti piu' nefasti del secolo scorso e' la scoperta che il migliore investimento per la prima linea, comunque intesa, sono i giovanissimi. Con il risultato, fra gli altri, che le pressioni sulla scuola sono straordinariamente cresciute. Anche in tempo di pace i libri di testo sollevano querelles; dove c'e' guerra, spesso non fanno che rifletterne la logica: mitologie etno-nazionaliste, vittimizzazione della propria parte, silenzio sulle ragioni della parte avversa, inchiodata all'immagine del nemico assoluto. E' stato cosi' nella seconda guerra mondiale, e ai giorni nostri nei Balcani; e' cosi' in Medio Oriente. Questa Storia dell'altro, breve manuale di storia israelo-palestinese, e' il primo e finora l'unico tentativo in controtendenza, nato all'interno del Peace Research Institute in the Middel East, una ong creata da docenti israeliani e palestinesi per contribuire alla coesistenza attraverso ricerche comuni - ad esempio sul danno ambientale prodotto dall'uso di mezzi pesanti, armi, esplosivi. La prima singolarita' del libro sta nel retroterra che lo ha reso possibile, una serie di incontri fra insegnanti e studenti dei due popoli, iniziati nel 2000 e dedicati prima alla conoscenza reciproca e al confronto delle rispettive visioni, poi alla stesura del testo. Altrettanto singolare la struttura, che presenta tre snodi storici delicatissimi - la Dichiarazione Balfour, gli eventi del '47-'48, l'Intifada - nelle versioni palestinese e israeliana, affiancate anche visivamente, la prima, scritta in arabo, sulle pagine destre, la seconda, in ebraico, sulle sinistre: si puo' evitare di leggere l'una o l'altra, non si puo' non vederla. Al centro, uno spazio bianco dove gli studenti possono scrivere le loro riflessioni. Alla fine di ogni capitolo un glossario elenca personaggi, luoghi, definizioni. Svariate le fonti, storiografiche, letterarie, di cultura popolare, di memoria. Destinato a ragazzi di 14-15 anni, discusso in bozza da 700 studenti e adottato in alcune scuole, La storia dell'altro e' un manuale anomalo, che per sfuggire ai controlli ministeriali non si presenta neppure come tale. Un libro utopico e moderato, che non pretende di creare un racconto unico in cui includere le due narrazioni, ne' di sostituirsi in toto agli altri manuali, ma che si da' il compito rivoluzionario di far riconoscere l'esperienza dell'altro come storia possibile, vissuta da soggetti immersi a loro volta nella sofferenza e nella paura. Impresa disperatamente difficile in Medio Oriente, dove gli eroi dell'uno sono i mostri dell'altro e ci si e' talmente abituati a fondare le identita' sulla contrappozione reciproca, che ogni iniziativa di apertura innesca il sospetto del tradimento. Impresa anche materialmente rischiosa: gli insegnanti hanno continuato a incontrarsi in regime di coprifuoco e di drastica restrizione dei visti, fra attentati kamikaze e bombardamenti di case e villaggi. * Il risultato e' un libro imperfetto e prezioso. Piccole sciatterie si devono forse alla traduzione - Theodor Herzl compare come Benjamin Zeev Herzl, il nome che aveva assunto in Israele, e nessuna nota dell'editore lo chiarisce. Ci sono disomogeneita' strutturali, dal sistema di note alle bibliografie al diverso peso assegnato agli avvenimenti - la guerra dei sei giorni occupa varie pagine nella versione israaeliana, poche righe nella versione palestinese. A volte si direbbe che le citazioni letterarie siano un modo per sorvolare su punti troppo amari per l'autoimmagine di un popolo. Non e' un manuale diligente e esauriente, questo libretto per la cui pubblicazione in Italia si deve essere grati all'ottima rivista "Una citta'"; ma e' di piu', e' uno sforzo creativo per "disarmare la storia" grazie alla strategia della fiducia e della negoziazione del conflitto - lo hanno ripetuto i due docenti universitari animatori del lavoro, l'israeliano Dan Bar-on e il palestinese Sami Adwan. Alcuni effetti sono evidenti, come la concordanza di giudizi negativi sul ruolo degli stati arabi e sulla militarizzazione della prima Intifada, o il riconoscimento da parte palestinese delle persecuzioni antiebraiche, da parte israeliana dei costi dell'espulsione del '48. Ma anche vuoti e incongruenze lasciano intuire molto, dalla strenua opera di mediazione che e' stata necessaria, alla fatica di raccontare il dolore senza far esplodere il senso di colpa dell'altro, di ascoltare il suo dolore senza contrapporgli il proprio. Durante i colloqui di Ginevra per un piano di pace alternativo, molti dei partecipanti lamentavano la difficolta' di trovare un linguaggio per comunicare fra loro, e per trasmettere i risultati ai due popoli. Frutto di un lavoro che a qualcuno puo' sembrare da formica, La storia dell'altro ci ha provato. 3. LIBRI. PIERRE VIDAL-NAQUET PRESENTA "LES PALESTINIENS" DI NADINE PICADIOU [Da "Le monde diplomatique", edizione italiana, settembre 1998 (disponibile anche nel sito: www.monde-diplomatique.it) riprendiamo la seguente recensione. Pierre Vidal-Naquet (1930-2006), resistente antifascista, oppositore della guerra d'Algeria, storico e militante democratico, intransigente difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani. I suoi genitori furono deportati e uccisi ad Auschwitz, giovanissimo prese parte alla Resistenza; tra gli intellettuali francesi piu' impegnati contro la guerra d'Algeria, fu tra i primi a denunciare l'uso della tortura da parte delle truppe francesi in Algeria, e fu tra i promotori del "Manifesto dei 121"; illustre studioso dell'antichita' classica, direttore di studi all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, con Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant uno dei fondatori del Centre de recherche comparee sur les societes anciennes; sempre impegnato contro ogni oppressione ed ogni misitficazione, e' uno dei nostri indimenticabili maestri. Tra le opere di Pierre Vidal-Naquet tradotte in italiano: Lo stato di tortura, Bari 1963; Il buon uso del tradimento, Editori Riuniti, Roma 1980; Gli ebrei, la memoria e il presente, Editori Riuniti, Roma 1985; Il cacciatore nero, Editori Riuniti, Roma 1988, Feltrinelli, Milano 2006; Gli assassini della memoria, Editori Riuniti, Roma 1993; La democrazia greca nell'immaginario dei moderni, Il Saggiatore, Milano 1996; Il mondo di Omero, Donzelli, Roma 2001; Lo specchio infranto. Tragedia ateniese e politica, Donzelli, Roma 2002; (con Jean-Pierre Vernant), Mito e tragedia nell'antica Grecia, Einaudi, Torino 1976; (con Jean-Pierre Vernant), Mito e tragedia due. Da Edipo a Dioniso, Einaudi, Torino 1991, 2001. Un'ampia intervista a Pierre Vidal-Naquet e' riprodotta nel n. 1383 di questo foglio. Nadine Picadiou e' storica e docente universitaria] Si ha la tentazione di dire: finalmente! Finalmente un vero libro di storia (Nadine Picadiou, Les Palestiniens, un siecle d'histoire. Un drame inacheve', coll."Questions au XX siecle", Editions Complexe, Bruxelles, 1997, 336 pagine, 139 franchi). Il che non vuol dire un libro neutro, pallido, incolore, ma un libro che non e' stato scritto in conformita' al mito nazionalista, sviluppato dagli israeliani e del quale alcuni cominciano a sbarazzarsi, ne' al contro-mito di una Palestina eterna dai tempi dei filistei. Chi, se non qualche ideologo, puo' dubitare che i palestinesi formano una nazione? E neppure si puo' piu' contestare che che tale nazione sia stata plasmata nel XX secolo, in parte sul modello importato in Palestina dai colonizzatori sionisti. Pensiamo all'Algeria e alla difficolta' di questo paese a assumere la propria storia. Nadine Picadou e' storica di mestiere. Insegna all'Istituto nazionale di lingue e civilta' orientali (Inalco), e ha letto tutto: fonti israeliane e fonti arabe. Ha un vero talento nel dar conto della complessita' di questo dramma: una nazione che emerge poco a poco dai tempi degli sceicchi rurali, sostituiti piano piano dai notabili urbani e poi dalle masse esiliate dalle loro case e dai loro campi da un altro movimento nazionale, di tipo europeo, forgiato dal fuoco di persecuzioni troppo reali, insensibile al malessere degli altri. I palestinesi sono stati presi in una trappola storica dalla quale non sono ancora usciti. Si definiscono arabi? Divengono oggetto di bramosie mal dissimulate, venute come ai tempi della Bibbia dal Nord e dal Sud. Vogliono affermare la loro identita' palestinese? Non sono all'altezza dei bulldozer israeliani. Sono arcaici, sono rivoluzionari? L'uno e l'altro, dipende. Hanno provato tutto: resistenza passiva e terrorismo. Solo l'Intifada ha portato un abbozzo di soluzione: il processo inaugurato a Oslo e allegramente calpestato dal governo Natenyahu. Che resta oggi della Palestina? Frammenti di terra e un popolo vivo e ardente ma che rischia di passare, grazie al suo nemico, dalla parte del partito di Dio. Che ciascuno giudichi come puo'. Ma non potra' ormai piu' farlo senza aver letto il libro di Nadine Picadiou. 4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: FERRAGOSTO DI GUERRA E DI MORTE [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] C'e' in giro un oceano di odio che ha il suo volto piu' crudele e feroce in Medio Oriente. Nella palese e terribile negazione fra israeliani e palestinesi. Sembra talvolta che nessuno dei due popoli riesce a figurarsi l'altro; di certo sono entrambi terrorizzati (e purtroppo sono ancora relativamente poche - ma fortunatamente in notevole crescita - le persone di entrambi i popoli che si stanno impegnando per costruire ponti invece che muri, per promuovere pace e giustizia, dialogo e convivenza in pienezza di diritti e dignita', riconoscimento reciproco e reciproca solidarieta', una via nonviolenta per la coesistenza, il benessere e la sicurezza di due popoli e due stati). Gli avvenimenti drammatici che hanno portato a questa disumana situazione sono estremamente chiari, e noi occidentali ne siamo i principali responsabili. Arabi e palestinesi con la persecuzione antiebraica, i pogrom e la Shoah non avevano niente a che fare, la persecuzioen antiebraica, i pogrom e la Shoah sono stati opera dell'Europa razzista e antisemita. Oggi si torna ad evocare forzosamente la Shoah, da un lato per chiedere di condannare la politica del governo di israeliano; dall'altro per legittimare la stessa politica. In entrambi i casi ci sembra un errore; perche' la Shoah e' un'altra cosa. E' un dramma che ha colpito il popolo ebraico, ma che pesa su tutta l'umanita', semplicemente perche' c'e' stata e perche' non deve ripetersi mai piu'. E' questo l'insegnamento che ne dobbiamo trarre. Per opporsi all'ingiustizia, ai massacri, agli stermini, non servono paragoni, ne' tantomeno oscene contabilita'. * La giovane Israele comunque, nata anche per una decisioni delle Nazioni Unite, avrebbe dovuto essere il primo stato a rispettare le convenzioni internazionali e le risoluzioni dell'Onu, invece le ha ignorate e continua ad ignorarle in modo plateale, sistematico e cruento. Dall'altra parte il popolo palestinese, il piu' colto e laico del Mediorente, alla fine e' diventato, durante quasi quaranta anni di occupazione in cui non e' stato mai un giorno libero, seguace di un fondamentalismo che ne esprime la collera. Gli Hezbollah prima del 1982 (ricordate il mattatoio consentito da Sharon di Sabra e Chatila nel settembre di quell'anno?) non esistevano, e nemmeno i kamikaze durante la prima Intifada (quest'ultima era una lotta per la liberta' senza calpestare la dignita' della persona umana). Il fondamentalismo omicida, in gran parte del mondo arabo e islamico, apparteneva solo a minuscoli gruppi, prima che la politica di Israele in Palestina, e poi americana in Afghanistan, e poi l'invasione dell'Iraq lo moltiplicasse. * Naturalmente non giustifichiamo alcuna violenza e condanniamo e respingiamo tutte le violenze che divorano il Medio Oriente e che riguardano, in particolare, i popoli di Israele e della Palestina. Non possiamo accettare che chi combatte per una giusta causa possa usare la violenza, in particolare contro civili. Con la consapevolezza che oggi, come non mai, e' impossibile separare i mezzi dai fini: sono la stessa cosa, e ogni tentativo di distinguere gli uni dagli altri non fara' che confermarne l'inseparabilita'. Ma l'immoralita' dei "due pesi e due misure" della comunita' internazionale ci scandalizza e ci addolora. Bisogna dirlo alto e forte che il governo di Israele sbaglia e non si accorge neanche dell'odio che si attira addosso... Perche', come ha scritto giustamente Luciana Castellina: "Io ho paura per Israele. Io non ho paura per la sua esistenza, noi tutti la difenderemo a ogni costo. Ho paura delle sofferenze che Israele impone e si impone in una spirale di errori". Intanto noi non troviamo la forza di indignarci e se la troviamo non sappiamo esprimere la nostra indignazione in una forma politica che abbia una qualche incisivita'. "Infine disastro e speranza parlano di noi. In questo ferragosto di guerra e' morto Angelo Frammartino, ucciso la' dove era andato a soccorrere e aiutare, in una Palestina negata e nel baratro e - questo e' il punto - in una stagione a dir poco di vuoto dell'iniziativa politica in Italia dei pacifisti e della sinistra tutta, a parlamento chiusa e con governo 'amico' satollo delle rassicurazioni sulla guerra afgana. Si', e' ferragosto, ma lo e' anche a Londra dove sono scesi in piazza centomila pacifisti. La morte violenta di Angelo ci riguarda. Quanto e' diventato frainteso, difficile, se non impossibile il non-luogo di chi volontariamente parla di pace?" (Tommaso Di Francesco, da "il manifesto" del 13 agosto 2006). 5. PERSONE. NANDO DALLA CHIESA: CAMILLO DE PIAZ. ARIA PURA DALLA VALTELLINA [Dal sito di Nando dalla Chiesa (www.nandodallachiesa.it) riprendiamo il seguente articolo del 30 aprile 2006. Nando dalla Chiesa e' nato a Firenze nel 1949, sociologo, docente universitario, parlamentare, attualmente sottosegretario del governo in carica; e' stato uno dei promotori e punti di riferimento del movimento antimafia negli anni ottanta; e' persona di straordinaria limpidezza morale. Dal sito sopra citato riprendiamo anche questa breve autopresentazione di Nando dalla Chiesa: "Chi sono? Uno che ama impegnarsi, specialmente se sono in gioco la liberta' e la giustizia. Ma anche la decenza mentale e morale. Insomma, mi piace la democrazia e ho cercato di darmi da fare per lei in tanti modi, anche se non ho ancora capito se lei me ne sia grata. Ora sono senatore ma domani non lo saro' piu'. Sono della Margherita ma sono soprattutto un ulivista convinto, praticamente un fan del partito democratico che si vorrebbe fare. Il mestiere, dite. Gia', sono un sociologo dell'economia, laureato in Bocconi e insegno la mia materia a Scienze Politiche di Milano (ma per ora sono in aspettativa). Scrivo libri (fino a oggi una ventina) e collaboro con diversi giornali. In particolare mi onoro di essere tra gli editorialisti dell'Unita' di Furio Colombo e Antonio Padellaro. Da qualche tempo sono anche editore. Ho fondato una casa editrice che non e' nemmeno piu' solo una promessa e che si chiama Melampo. Soci d'avventura, Lillo Garlisi e Jimmy Carocchi, miei allievi bocconiani arrivati al successo nell'editoria per i fatti loro. Faccio pure del teatro. O meglio, a tanto mi ha spinto l'era berlusconiana. E penso che nei prossimi anni mi ci dedichero' un bel po'. E infine, mi piace fondare. Mica solo la casa editrice. Ho fondato un circolo di nome 'Societa' civile' nella Milano degli anni ottanta. Una splendida creatura collettiva che ha tenuto botta al regime della corruzione di quel periodo. Poi, con il mio amico Gianni Barbacetto, ho fondato il mensile omonimo, grande esperienza giornalistica fatta da ragazzi irripetibili. Ho fondato con Leoluca Orlando e Diego Novelli la Rete, un movimento che diede agli inizi degli anni novanta dignita' politica nazionale all'idea che si dovesse combattere la mafia. Ho fondato il piccolo movimento di Italia democratica, anche quello con mensile, che conflui' nell'Ulivo battendosi contro il razzismo e la secessione. E pure Omicron, rivista sulla criminalita' organizzata al nord, sempre con Gianni Barbacetto. E il comitato di parlamentari 'La legge e' uguale per tutti' per fronteggiare l'offensiva del signor B.; un comitato alla testa di tante manifestazioni degli ultimi cinque anni e che ha prodotto l'unica esperienza di teatro civile al mondo fatto da parlamentari. Ho anche fondato con Fabio Zanchi e Lidia Ravera il Mantova Musica Festival, giunto ormai alla terza edizione e nato per contestare Sanremo finito nelle mani di Tony Renis. Soprattutto ho fondato una famiglia con Emilia. Ne sono nati Carlo Alberto e Dora, i miei gioielli, che se li avesse visti Cornelia ne sarebbe rimasta folgorata, altro che i suoi Gracchi, con tutto il rispetto...". Opere di Nando dalla Chiesa: Il potere mafioso. Economia e ideologia, Mazzotta 1976; Delitto imperfetto. Il generale, la mafia, la societa' italiana, Mondadori 1984, Editori Riuniti 2003; (con Pino Arlacchi), La palude e la citta'. Si puo' sconfiggere la mafia, Mondadori 1987; Il Giano bifronte. Societa' corta e colletti bianchi: il lavoro, la cultura, la politica, Etas libri 1987; Storie di boss ministri tribunali giornali intellettuali cittadini, Einaudi 1990; Dizionario del perfetto mafioso. Con un breve corso di giornalismo per gli amici degli amici, Mondadori 1990; Il giudice ragazzino. Storia di Rosario Livatino assassinato dalla mafia sotto il regime della corruzione, Einaudi 1992; Milano-Palermo: la Nuova Resistenza (a cura di Pietro Calderoni), Baldini & Castoldi 1993; I trasformisti, Baldini & Castoldi 1995; La farfalla granata. La meravigliosa e malinconica storia di Gigi Meroni il calciatore artista, Limina 1995; La politica della doppiezza. Da Andreotti a Berlusconi, Einaudi 1996; (a cura di), Carlo Alberto dalla Chiesa, In nome del popolo italiano. Autobiografia a cura di Nando dalla Chiesa, Rizzoli 1997; Storie eretiche di cittadini perbene, Einaudi 1999; Diario di fine secolo. Della politica, della giustizia e di altre piccolezze, Edizioni Pequod 1999; La partita del secolo. Storia di Italia-Germania 4-3. La storia di una generazione che ando' all'attacco e vinse (quella volta), Rizzoli 2001; La legge sono io. Cronaca di vita repubblicana nell'Italia di Berlusconi. L'anno dei girotondi, Filema edizioni 2002; La guerra e la pace spiegate da mio figlio, Filema edizioni 2003; La scuola di via Pasquale Scura. Appassionato elogio dell'istruzione pubblica in Italia, Filema edizioni 2004; La fantastica storia di Silvio Berlusconi. Dell'uomo che porto' il paese in guerra senza avere fatto il servizio militare, Melampo 2004; Capitano, mio capitano. La leggenda di Armando Picchi, livornese nerazzurro, Limina 1999, nuova edizione 2005; Vota Silviolo!, Melampo 2005. Scritti su Nando dalla Chiesa: suoi ritratti sono in vari libri di carattere giornalistico (tra gli altri di Giorgio Bocca, Giampaolo Pansa, Corrado Stajano); tra le intervista si veda ad esempio quella contenuta in Edgarda Ferri, Il perdono e la memoria, Rizzoli 1988. Il sito di Nando dalla Chiesa e': www.nandodallachiesa.it Padre Camillo de Piaz e' nato nel 1918 a Tirano, religoso cattolico, fa parte dell'ordine dei Servi di Maria (serviti); ha condotto studi umanistici e filosofici a Vicenza e Venezia, e teologici a Roma; a Milano durante la Resistenza ha doto vita, assieme a David Maria Turoldo e altri, al foglio clandestino "L'uomo"; nell'immediato dopoguerra, sempre con David Maria Turoldo, partecipa alla fondazione del centro cultuale della Corsia dei Servi; attualmente vive a Madonna di Tirano (Valtellina), suo paese natale. Ha pubblicato vari libri, ne ha tradotti altri ed e' stato collaboratore di varie case editrici. Sulla sua figura si legga il bel libro (a cura di Giuseppe Gozzini), Sulla frontiera. Camillo De Piaz, la Resistenza, il Concilio e oltre, Schewiller, Milano 2006 (dal sito della casa editrice - www.librischeiwiller.it - riportiamo la seguente breve scheda di presentazione del libro: "Camillo De Piaz e' nato a Madonna di Tirano nel 1918 (il padre lavorava nelle Ferrovie Retiche). Ne e' partito bambino, per il seminario, vi e' ritornato nel 1957, dopo che il Sant'Uffizio lo allontano' dalla Corsia dei Servi di Milano. Qui, con padre Davide Maria Turoldo, negli anni della Resistenza e del dopoguerra, aveva svolto una preziosa azione culturale in stretto rapporto con il mondo milanese, cattolico e laico, e con la cerchia sempre piu' larga dei gruppi del cattolicesimo italiano che prepararono e vissero le stagioni del "dialogo" e del Concilio: stagione di liberta' e di felicita', di attesa e speranza. Quelle stagioni indimenticabili, e le successive esperienze di vita, di studio, di riflessione che ad essa seguono, ritornano qui in un dialogo a due voci, tra passato e presente, silenzio e coraggio, parola e ascolto. A interrogarlo, a ritessere insieme i fili della memoria, e' Giuseppe Gozzini con lunghe conversazioni, con letture e pazienti ricerche. Ne esce non una biografia, ma un discorso corale: tante sono le presenze, gli interessi, i grandi temi che entrano in queste pagine e ruotano anzitutto intorno ad una convinzione: 'Alla base di tutto l'esserci della Corsia fu la consapevolezza che sia la fede sia le scelte politiche non si possono vivere e praticare se non all'interno di una cultura. Di qui la necessita' di uscire dall'inerzia di una fede accolta per tradizione, la capacita' di lasciarsi "tentare" per trarre invece tutto il profitto possibile dalla cultura'"). Giuseppe Gozzini e' nato nel 1936 a Cinisello Balsamo in una famiglia operaia (il padre era saldatore alla Breda); negli anni di universita' frequenta la Corsia dei servi a Milano e conosce padre Camillo De Piaz. Nel novembre del 1962, chiamato alle armi, rifiuta di indossare la divisa militare: e' il primo obiettore cattolico italiano; esplode, clamoroso, il "caso Gozzini": e' incarcerato e processato, ma ne prendono le difese due preti toscani: padre Ernesto Balducci, denunciato per un articolo apparso su "La Nazione", condannato in Corte d'appello a otto mesi di reclusione (15 ottobre '63), sentenza poi confermata in Cassazione (giugno '64) e don Lorenzo Milani, che diffonde una Lettera aperta ai cappellani militari che sara' pubblicata su "Rinascita" (citato in giudizio, don Milani e' assolto il 17 febbraio '66: dalla lettera e dagli atti del succesivo processo scaturira' un libro fondamentale: L'obbedienza non e' piu' una virtu'); soltanto dieci anni dopo, nel 1972, fu finalmente approvata la legge sull'obiezione di coscienza al servizio militare. Uscito dal carcere nel 1963, si avvicina al gruppo dei "Quaderni rossi" e quindi - negli anni in cui l'identita' di cattolico coincide quasi sempre con quella di democristiano - Gozzini si presenta come un cattolico di formazione marxista, come lo erano stati Felice Balbo o Franco Rodano (gli amici di padre Camillo). Convinto dell'importanza della "nonviolenza di parte", s'impegna costantemente soprattutto nella controinformazione di base, scrivendo e promuovendo - dal '68 a oggi - iniziative editoriali per i movimenti, documentando, ad esempio, l'opposizione alla guerra nel Vietnam degli obiettori americani. Dopo la prima guerra del Golfo (1991) riprende i contatti in Italia con l'area pacifista ed e' tra i fondatori della rivista "Guerre & pace"] Camillo De Piaz. Conoscete questo nome? A molti, purtroppo, non dira' niente. A me e a molti altri, invece, dice tanto. Padre Camillo oggi ha ottantotto anni. E' stato amico fraterno di David Maria Turoldo, il frate-poeta dalla voce tonante. Con lui ha fatto la Resistenza. Con lui, nel dopoguerra, ha animato a Milano la Corsia dei Servi, da cui fu cacciato dal Sant'Uffizio (aveva scritto, tra l'altro, un articolo in difesa del cinema neorealista). Da tempo vive in convento in Valtellina, a Madonna di Tirano. Li' medita e da li' sostiene le buone cause: lui, una delle coscienze piu' limpide del cattolicesimo, costretto in un angolo mentre tanti tromboni in tonaca trovano spazio in tivu' a ogni schioccar di dita. Lo andai a trovare piu' di dieci anni fa. Un incontro emozionante, era una campagna elettorale in cui chiedevo il voto per la Rete. Lui, ovviamente senza dire una parola di politica, mi diede il benvenuto in chiesa davanti ai suoi fedeli. Mi ha telefonato ora dopo tanto tempo. Con un'umilta' che non si trova piu' in giro (ormai ci sono consiglieri comunali che si presentano al telefono come l'"onorevole" taldeitali) ha chiesto a mia moglie se pensava che io mi ricordassi di lui. "Sa, sono Camillo De Piaz, forse non si ricorda, ho fatto un libro, mi piacerebbe che suo marito ne parlasse". Lo faro' senz'altro. Intanto ai miei amici blogghisti dico subito che libro e'. Titolo: Sulla frontiera. Sottotitolo: Camillo De Piaz. La Resistenza, il Concilio e oltre. Editore Scheiwiller. A cura di Giuseppe Gozzini. E' la storia di un grande maestro. Una storia collettiva. Con dentro, oltre a Turoldo naturalmente, Franco Fortini, don Milani, Giovanni Raboni, Luigi Santucci, Camilla Cederna e tanti altri. Essendo lui un montanaro, si respira aria pura. 6. RIFLESSIONE. BRUNA PEYROT: UNA NUOVA CULTURA POLITICA [Da Bruna Peyrot, La cittadinanza interiore, Citta' Aperta, Troina (Enna) 2006, p. 141. Bruna Peyrot (per contatti: peyrotb at libero.it), torinese, scrittrice, studiosa di storica sociale, conduce da anni ricerche sulle identita' e le memorie culturali; collaboratrice di periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, autrice di vari libri; vive attualmente in Brasile. Si interessa da anni al rapporto politica-spiritualita' che emerge da molti dei suoi libri, prima dedicati alla identita' e alla storia di valdesi italiani, poi all'area latinoamericana nella quale si e' occupata e si occupa della genesi dei processi democratici. Tra le sue opere: La roccia dove Dio chiama. Viaggio nella memoria valdese fra oralita' e scrittura, Forni, 1990; Vite discrete. Corpi e immagini di donne valdesi, Rosenberg & Sellier, 1993; Storia di una curatrice d'anime, Giunti, 1995; Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese, Giunti, 1997; Dalla Scrittura alle scritture, Rosenberg & Sellier, 1998; Una donna nomade: Miriam Castiglione, una protestante in Puglia, Edizioni Lavoro, 2000; Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita', Citta' Aperta, 2002; La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta, 2004; La cittadinanza interiore, Citta' Aperta, 2006] Fare entrare la spiritualita' nella politica e' impegnarsi in una nuova cultura politica in cui c'e' posto per le parole della vita, in cui i programmi politici osino parlare d'amore, perdono, paura e mitezza, in cui le lingue "di mezzo" siano rispettate, in cui la lingua faccia risuonare la verita' del corpo, in cui i linguaggi siano radicati in qualcosa di vero e non siano maschere difensive. 7. MAESTRE. HANNAH ARENDT: L'ENORME [Da Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999, p. 292 (e' un passo da una lettera di Hannah Arendt a Mary McCarthy dell'autunno 1963). Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000. Mary McCarthy (1912-1989), scrittrice americana di vivace impegno intellettuale e civile. Tra le opere di Mary McCarthy: Vivere con le cose belle, Il Mulino, Bologna 1990; Ricordi di un'educazione cattolica, Mondadori, poi Il Saggiatore, poi SE, Milano; Le pietre di Firenze e le acque di Venezia, Vallecchi, Firenze 1974; Il gruppo, Mondadori, Milano 1986; Il romanzo e le idee, Sellerio, Palermo 1985; Una giovinezza americana, Il Mulino, Bologna 1991; Intellettuale a New York, Il Mulino, Bologna 1984; cfr. anche il bel carteggio con Hannah Arendt, Tra amiche, Sellerio, Palermo 1999; ha curato la pubblicazione della grande opera postuma di Hannah Arendt, La vita della mente] E cio' che mi sorprende e mi colpisce di piu' e' l'enorme quantita' di odio e di ostilita' in giro, che aspetta solo l'occasione di venire allo scoperto. 8. LE ULTIME COSE. UN'ANTICA STORIELLA CINESE DEL SETTECENTO FRANCESE [Diversi mesi fa ricevemmo dal nostro vecchio amico Dionigi D. Derotti, di buona famiglia di coltellinai in Langres, di tuttologi in Lutezia e - secondo certi abati - di insorti nelle infinite banlieues del mondo, la seguente sua traduzione di un'antica pergamena - manco a dirlo - di tale Cide Hamete Benengeli, ne' ci risolvemmo fin qui a pubblicarla. Ma ci resto' come una spina nella carne, come sempre quando per non urtare altrui suscettibilita' ci imponiamo di non dire quel che invece ci sta a cuore: che sempre occorre essere solleciti in primo luogo di questo: della vita degli esseri umani; e che solo e' buona quell'azione che parimenti nei mezzi e nei fini quella sollecitudine e quel principio invera (Giobbe Santabarbara)] In quella remota Provincia delle Terre Basse giunse un tempo il signor Li il Benevolente. Veniva dall'illustre Paese del Tramonto e seco recava una mazza, che si era procurato nella Citta' delle Mille Benedizioni. Con essa mazza, penetrato furtivamente nell'accampamento della guardia imperiale, colpi' il carro da guerra volante dell'imperatore. Scampato a immediata uccisione, in ceppi fu tratto, per sentenza degli imperiali giureconsulti. Fu piu' e piu' volte chiesto al maestro Chi di esprimere il suo giudizio sulla vicenda, e il maestro Chi, che in gioventu' era stato edificatore di citta' future e in vecchiaia cupo indovino di eventi passati, cosi' ebbe ad esprimersi. * Ora che e' stata pronunciata la sentenza con la quale Li il Benevolente e' stato condannato a pene assai gravose per la sua azione di danneggiamento di alcune macchine da guerra volanti in un accampamento dell'armata imperiale in quella remota Provincia delle Terre Basse, posso dire cosa di questa vicenda penso senza piu' il timore che l'espressione delle mie opinioni possa danneggiarlo. E cio' che penso, succintamente espresso, e' questo. * Non e' nel Lume della Verita' che Fortifica un'iniziativa che per potersi realizzare deve avvalersi del sotterfugio del furtivo introdursi; e non e' nel Lume della Verita' che Fortifica un'iniziativa che per potersi realizzare deve mettere gratuitamente a rischio una vita umana; e non e' nel Lume della Verita' che Fortifica un'iniziativa che per potersi realizzare deve mettere gratuitamente altri esseri umani nella condizione di rischiare di divenire assassini; e non e' nel Lume della Verita' che Fortifica un'iniziativa che mette un gesto, un atto, un simbolo, al di sopra del valore infinito di una umana vita. * Tutti coloro che erano stati informati da Li il Benevolente della sua intenzione, e che non lo hanno dissuaso, possono dirsi assai fortunati che lui sia ancora vivo, e che una sentinella dell'accampamento imperiale non lo abbia ucciso, cosa che sarebbe potuta facilmente accadere. Se fosse accaduto, di quel sangue sarebbero or maculate anche le belle mani e le candide vesti loro. * La Dottrina dell'Innocenza che Combatte e che Salva sa che ogni vita umana e' un valore infinito, preziosa piu' dell'intero firmamento: la Dottrina dell'Innocenza che Combatte e che Salva si oppone a tutte le uccisioni e mai invita qualcuno a dare o ad esporsi alla morte, mai consente che qualcuno alla morte consegni altri o se stesso. * La Dottrina dell'Innocenza che Combatte e che Salva sa che ogni gesto deve essere educativo, esemplare, che ogni azione e' per sempre, e che solo e' buona quell'azione che fa il bene e salva le vite. L'azione di Li il Benevolente e' invece, per disdoro suo e nostro, il contrario di quell'omnicrazia cui ci esortava l'antico maestro della Citta' della Dolcezza; sacrificale, ovvero interna a quel sistema vittimario che e' da abolirsi per poter instaurare una civile convivenza; condotta senza quella coerenza tra mezzi e fini che e' caratteristica fondamentale dell'azione nel Lume della Verita' che Fortifica; militarista, ovvero interna a quella modalita' di gestione del conflitto che e' sempre nemica dell'umanita'; diseducativa quindi infine, ed inammissibile pertanto. * Quel gesto segnala uno scacco e una disperazione. Ci dice che non basta essere indignati contro le armi e le guerre, ma occorre anche saper comprendere, giudicare ed agire in modo adeguato. Ci dice che non basta ritenersi amici della Dottrina dell'Innocenza che Combatte e che Salva perche' le proprie azioni siano ipso facto nel Lume della Verita' che Fortifica. Ci dice che non ci sono scorciatoie, che i mezzi pregiudicano i fini, che nell'essenziale aveva ragione l'antico maestro di Treviri: e' la presa di coscienza della propria condizione da parte degli oppressi la premessa e il motore della lotta per la liberazione dell'umanita'. * Chiedo mille volte perdono se mi sono permesso di esprimermi con tanta franchezza e senza i convenevoli di rito, ma ho un'eta' e una storia che mi consentono di farlo. Molte e molte volte mi e' capitato che persone che intendevano commettere gesti che potevano recar loro i piu' gravi danni venissero a chiedere il mio consiglio: non ho mai permesso a nessuno di loro di fare il proprio male, non li ho giammai lasciati uscire dalla modesta mia dimora finche' non mi avessero giurato che non si sarebbero esposti alla morte. Non c'e' bisogno di essere persone amiche della Dottrina dell'Innocenza che Combatte e che Salva per capir questo, basta essere persone oneste. Di gente che ha fatto morire altra gente, e che ancora, scandalosamente, osa prendere la parola e impancarsi a maestra di verita', troppa ve ne e' per doverne aumentare il numero. * Tutto questo detto, ai magistrati di quella Provincia delle Terre Basse va chiesto un atto di clemenza nei confronti di Li il Benevolente: per quel che vale la mia persona e la mia parola, anch'io chiedo un atto di clemenza. Li il Benevolente e' infatti persona buona e generosa, la sua azione era intesa a distruggere strumenti di morte per affermare il diritto alla vita di ogni essere umano, e se anche e' mancata l'adeguazione del mezzo al fine, quel fine e' un valore e la legge lo afferma: un atto di clemenza per Li il Benevolente e' un atto di clemenza verso l'umanita', e per l'umanita' un gesto di speranza. E se l'azione di Li il Benevolente per come e' stata condotta ci trova non consenzienti, la distruzione delle armi - che era il suo fine - ci trova invece del tutto concordi, poiche' tutte le armi sono nemiche dell'umanita' intera, e quindi di tutte le leggi che sono ordinate a salvaguardare la vita e la dignita' di ogni essere umano e di tutta l'umanita': cosicche' abolire le armi e' non solo anche la nostra persuasione, ma altresi' il mandato di ogni ordinamento giuridico degno di questo nome. * Questo pensava il maestro Chi, ed aggiungeva mesto e lieve: "invecchio, e divento ogni giorno piu' cieco, e assai ne sono grato al tempo, artefice sovrano, poiche' questo mi impedisce di vedere tanti nuovi orrori, tante nuove stoltezze, tante empieta' ulteriori, e presto avro' pace ove soltanto pace si da'". Questo diceva, e questo ci piacque trascrivere qui. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1389 del 16 agosto 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Voci e volti della nonviolenza. 35
- Next by Date: La nonviolenza e' in cammino. 1390
- Previous by thread: Voci e volti della nonviolenza. 35
- Next by thread: La nonviolenza e' in cammino. 1390
- Indice: