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Voci e volti della nonviolenza. 32
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 32
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 25 Jul 2006 13:18:37 +0200
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 32 del 25 luglio 2006 In questo numero: 1. Judith Malina 2. Roberta Corbo intervista Judith Malina 3. Francesca De Sanctis intervista Judith Malina 4. Maria Dolores Pesce intervista Judith Malina 5. Et coetera 1. JUDITH MALINA C'e' un testo di Judith Malina, le sue Note di regia a The Brig (in Kenneth H. Brown, La prigione, Einaudi, Torino 1967, 1977, pp. 83-106), che quando le leggesti la prima volta subito ti apparvero un testo capitale. Sono non molte pagine, che possono essere lette ad un primo livello come un eccellente testo tecnico di drammaturgia come metacomunicazione. Ma possono essere lette altresi' come un manifesto politico libertario, un acuto saggio sociopsicoantropologico, e come un appello alla scelta nonviolenta consapevole di se' e dell'altro proprio nell'acuta percezione e nella presa in carico dell'affrontamento pieno e rigoroso delle dinamiche e delle strutture della violenza. Come i grandi scritti analitici e teorici del suo maestro Piscator, del suo amato Artaud, come quelli di Brecht, e' un testo aggettante, pluridimensionale, aperto, che interroga e convoca al dibattere senza reticenze, al deliberare in comune, e all'azione che riveli ed illumini, che liberi e riscatti, che rompa le catene esterne e quelle interiorizzate, che riconosca e quinde resusciti umanita'. Ed e' anche, tra l'altro, una sorta di piccolo manuale portatile di addestramento all'ermeneutica nonviolenta, indispensabile primo passo per giungere all'azione diretta nonviolenta. Judith Malina, artista ed intellettuale, militante anarchica e femminista, maestra di nonviolenza. 2. ROBERTA CORBO INTERVISTA JUDITH MALINA [Dal sito www.mclink.it/n/dwpress (ed anche nel sito www.ilportoritrovato.net). Roberta Corbo, intellelttuale femminista, giornalista e saggista, e' una delle animatrici dell'esperienza di informazione e documentazione femminista dell'Agenzia Delt@ (www.deltanews.it)] I capannoni industriali dell'ex Snia-Viscosa, sulla via Prenestina, hanno ospitato negli ultimi dieci giorni di ottobre il Living Theatre, con la messa in scena di un rifacimento di Mysteries and smaller pieces e l'ultimo lavoro Utopia di Hanon Reznikov, attore del Living e compagno anche nella vita di Judith Malina. Lo storico gruppo americano, fondato nel 1947 a New York da Julian Beck e Judith Malina, si trasformo' ben presto in laboratorio collettivo scegliendo un impegno politico piu' esplicito: luoghi di rappresentazione negli anni '70 divennero allora le strade delle favelas, i cortili delle carceri, le baracche delle periferie piu' degradate, gli spiazzi antistanti le fabbriche occupate. E' dunque in continuita' con un percorso artistico di grande coerenza che il Living ha scelto di ripresentarsi al pubblico romano in uno spazio politico come quello dell'ex Snia-Viscosa, oggi centro sociale grazie ad un comitato di quartiere che si batte da anni per la creazione di un parco naturale e per l'apertura di spazi di socialita' ai cittadini. Judith Malina mi accoglie mentre si prepara l'ultima rappresentazione di Utopia. Con lei abbiamo parlato della affettuosa accoglienza del pubblico che, numeroso, e' accorso per rivedere il Living, degli ultimi spettacoli, ma soprattutto della sua vita. * - Roberta Corbo: Nel '64 Mysteries and smaller pieces debuttava a Parigi. Lo spettacolo segna una svolta nel vostro lavoro: finisce il teatro di finzione, la cosa piu' importante e' la presenza dell'attore sul palco che interagisce con gli spettatori. Come e' cambiato il pubblico in questi 30 anni? - Judith Malina: Credo che oggi si viva in un momento storico di grande attesa e gli spettatori convogliano questa tensione in un forte bisogno di rassicurazione; esitano ad interagire con noi piu' di prima perche' hanno paura di commettere qualche passo falso che li scopra troppo. Negli anni '60 sentivi che era necessario svegliare le persone, scuoterle dal torpore dell'incoscienza; ci si metteva in gioco senza un obiettivo preciso piu' facilmente che oggi. Sappiamo dove vogliamo andare, una societa' piu' giusta e libera dalla violenza e dalle costrizioni di ogni sorta, ma non sappiamo come arrivare: senza l'energia della speranza, senza un briciolo di utopia, e' pero' impossibile per noi cercare la strada insieme agli spettatori. * - Roberta Corbo: 50 anni di lavoro del Living Theatre. Quali sono stati i momenti piu' importanti di questa lunga esperienza? - Judith Malina: Tanti sicuramente. Ma e' il '68, con i suoi fermenti rivoluzionari, quando l'attivita' teatrale, sociale e politica era bruciante, ad essere per me, ancora oggi, un punto di riferimento artistico ed esistenziale. Noi oggi certo andiamo avanti verso il prossimo momento di energia con difficolta' ed e' certo piu' piacevole fare teatro rivoluzionario in tempi rivoluzionari; ma in un momento storico di tensione pre-rivoluzionaria come e' questo, e' fondamentale perseverare, e' molto piu' necessario. * - Roberta Corbo: Liberta', pace, antimilitarismo, anarchia: tutto cio' sta alla base del teatro del Living. L'elaborazione politica ed artistica di Judith Malina incontra il femminismo? - Judith Malina: Io credo che le donne abbiano una tendenza naturale verso una risoluzione dei conflitti non bellicosa. Gli uomini risolvono ogni cosa giocando alla guerra; la nostra e' una societa' maschilista che, in quanto tale, produce esercito e polizia. Appartiene alle donne la possibilita' di insegnare un modello alternativo che superi la necessita' di distruggere tutto quanto e' diverso. Creare un nuovo mondo non puo' essere che compito nostro. * - Roberta Corbo: L'apprendistato con Piscator, il lavoro con Julian Beck, la riflessione di Artaud, vengono dopo una formazione teatrale gia' ricevuta in famiglia grazie a tua madre, Rose Zamore, che era un'attrice... - Judith Malina: Quando mia madre era giovane e viveva nell'ambiente artistico di Weimar, penso' di seguire il lavoro di Piscator e aggregarsi alla sua compagnia. Le sue aspirazioni artistiche dovettero fare i conti con il fatto che mio padre era un rabbino: subito dopo sposati rinuncio' a tutto perche' era impensabile allora che la moglie di un rabbino potesse essere attrice. Nel '28 ci trasferimmo a New York; qualche anno dopo Piscator, anche lui ebreo e dichiaratamente comunista, abbandono' la Germania per fondare una scuola nella quale entrai subito dopo aver finito il liceo. Come vedi, ero destinata al teatro ancor prima di nascere. * - Roberta Corbo: La formazione con Piscator e' stata determinante, ma avrebbe voluto che tu rimanessi un'attrice e non diventassi una regista. - Judith Malina: Piscator era un maschilista. Dopo tre giorni alla sua scuola come attrice, avevo gia' capito che volevo diventare regista, anche se in modo molto diverso: volevo produrre, creare, recitare, tutto insomma. Nel suo rifiuto iniziale Piscator fu durissimo: "Le donne abbandonano il lavoro quando si sposano - mi disse - e' meglio che tu diventi attrice, sara' piu' facile", definendo il lavoro dell'attrice come un impegno che puo' essere rispedito indietro davanti alla prima grande vocazione di ogni donna che e' la famiglia. Ero a confronto con un machismo implacabile! Allora ho fatto una cosa della quale mi vergogno un po', ma era l'unico modo per spuntarla: ho pianto e singhiozzato fino a quando lui, non potendone piu', mi ha "concesso" di formarmi come regista. Ma ha sempre avuto sfiducia nella mia capacita' di creare teatro. Ed e' morto troppo presto per vedere che anche una donna puo' riuscire in quello che egli riteneva un compito solo maschile: l'atto creativo e' degli uomini, si sa, ed e' autoritario. Sarebbe stato impensabile per Piscator un lavoro collettivo come il nostro. * - Roberta Corbo: Le altre donne della tua vita: Rachel Felix, la grande attrice francese dell'800 che hai detto essere stata fondamentale per te, il magistero irriverente di Valeska Gert, l'esperienza in carcere con Dorothy Day... - Judith Malina: Ci sono molte donne che mi hanno dato coraggio, idee, ispirazione. Rachel Felix era una ragazza ebrea che cantava per le strade di Parigi; divento' un'attrice classica, un idolo dell'alta societa' parigina dalla quale fu estromessa bruscamente per un gesto di intemperanza. Pensavo di voler diventare come lei: la mia Phedre e' stata un omaggio alla sua migliore interpretazione. Valeska Gert era una artista un po' folle che gestiva il Begger-Bar, un cabaret nel quale giovanissima lavoravo: era una danzatrice grottesca che ha contribuito all'espressionismo di base inventando il "principio di irregolarita'", uno stile molto frammentato che ha rotto la simmetria e l'armonia classica. Mi ha dato una visione pre-artaudiana sulle possibilita' del grido, del movimento non liscio bensi' energico, ma non avrebbe mai riconosciuto il suo magistero. Era una donna che viveva fuori dalle regole, una vera femminista. Dorothy Day era una ispirazione per molti. Nel '55 ci trovammo nella Women's House of Detenction a condividere la stessa cella per un mese (Malina fu arrestata nel '55 per aver partecipato ad una manifestazione pacifista - ndr); Dorothy aveva fondato il "Catholic Workers" molti anni prima e si definiva una cattolica anarchica. Aveva rifiutato le forme date dalla chiesa ma senza uscirne, riusciva a conciliare l'autorita' della chiesa con la liberta' dell'anarchia. Grazie a lei imparai a guardare alle altre detenute - circa 900 e quasi tutte prostitute e tossicodipendenti che morivano ogni giorno per astinenza - senza avere la pretesa di cambiare tutto e subito o di "guidarle". Mi insegno' a guardare senza la superiorita' della compassione, ascoltando cio' che questa donne avevano da dire. La sua lezione e' stata strardinaria. * - Roberta Corbo: Tua figlia, Isha Manna, lavora con te al Living. Che significato ha per te questa presenza? - Judith Malina: E' difficile pensare alla lezione che, come madre, lascio a mia figlia. Isha e' nata durante la rappresentazione di Antigone ed ha girato con me da subito per l'Europa. E' cresciuta in un ambiente abbastanza libero e credo che la trasmissione non autoritaria del sapere produca molti piu' vantaggi che danni. E' una donna sensibile; adesso fa la pittrice ma lavora anche a Wall Street. Naturalmente discutiamo molto ma la ribellione e' necessaria in ogni sua forma. * - Roberta Corbo: I personaggi femminili che hai interpretato - Fedra, Antigone, Maudie - esprimono tutti una grande forza, la volonta' di rompere con un ordine dato... - Judith Malina: Ognuna di queste figure esprime un aspetto delle possibilita' di una rivoluzione femminista. Fedra rifiuta le limitazioni sessuali di una donna abbandonata dal proprio sposo e vuole infrangere persino le barriere del tabu' dell'incesto. Antigone e' il rifiuto della legge dello stato, l'assunzione di responsabilita' che la porta, da sola, ad andare contro tutto. Maudie incontra Jane e le cambia la vita: l'esistenza lussuosa e regolare di Jane e' sconvolta dall'irruzione violenta di una vecchia poverissima e disordinata che la reclama tutta per se'. Questa e' la storia di Jane e di come e' importante la verita' del dolore, della miseria di altre vite per capire la propria... * Nel frastuono dei preparativi per la messa in scena, vicinissime, a proteggere parole e risate dell'altra dalle voci degli attori della compagnia, ci siamo congedate. Mi sarebbe piaciuto farmi raccontare ancora della sua vita, delle attrici con cui lavora, dei suoi progetti, ma nella sala accanto il pubblico rumoreggia e sono costretta a lasciarla andare. 3. FRANCESCA DE SANCTIS INTERVISTA JUDITH MALINA [Dal sito www.stradanove.net riprendiamo la seguente intervista del 27 marzo 2001. Francesca De Sanctis e' giornalista e si occupa prevalentemente di temi culturali] Il Living Theatre torna ancora una volta a Bologna e soprattutto torna con un altro spettacolo che prosegue quel tipo di ricerca da anni portato avanti dallo storico gruppo statunitense. Nato a New York nel 1947 il Living, oggi diretto da Judith Malina e da Henon Reznikov (che ha sostituito Julian Beck dopo la sua scomparsa), porta i propri spettacoli in giro per il mondo. L'ultimo lavoro della compagnia, "64, oratorio per attori in 64 movimenti", e' in scena Bologna il 2 aprile 2001 (Arena del Sole, ore 21). A promuovere lo spettacolo e' il Centro di promozione teatrale "La soffitta" in collaborazione con Arena del sole - Nuova scena e a presentarlo, insieme a Judith e a Hanon, sono Grm-ina e il Teatro del suono (Andrea Liberovici e Ottavia Fusco). * - Francesca De Sanctis: Judith Malina, come e' nato il vostro ultimo spettacolo, "64"? - Judith Malina: "64" e' un progetto di Andrea Liberovici, che ha seguito da vicino il lavoro della nostra compagnia. Liberovici e' un musicista molto interessato alla casualita' di John Cage e ha creato lo spettacolo ideando una composizione basata da un lato sul lavoro del Living in scena, dall'altro sulle sonorita' registrate. Andrea Liberovici ha consultato il nostro archivio e ha ascoltato centinaia di nastri per realizzare la sua idea. Utilizzando la casualita' di Cage e' riuscito a creare un nastro con le nostre voci. * - Francesca De Sanctis: E in scena chi interagisce con il nastro registrato? - Judith Malina: In scena ci siamo io, Hanon Reznikov e Ottavia Fusco. Il nostro lavoro creativo non si concentra sull'intenzione, ma piuttosto sull'azione, perche' l'intenzione e' azione. * - Francesca De Sanctis: La vostra continua ricerca, i gesti di protesta che da anni accompagnano i vostri lavori sono ancora validi? - Judith Malina: Finche' continueranno le guerre, la fame, le esecuzioni, finche' tutto questo non sara' finito, avremo sempre lo stesso problema da risolvere, quindi andremo avanti con la nostra lotta. * - Francesca De Sanctis: Qual e' stato fino ad ora l'impatto dei vostri spettacoli sulla gente? - Judith Malina: Purtroppo l'impatto non e' ancora abbastanza forte, eppure, dopo spettacoli come "Paradise now", ci chiediamo come e' possibile che la gente ancora non riesca a capire? La gente non comprende. I giovani sono un po' piu' svegli, loro rifiutano la vecchia societa'. Molti giovani diciassettenni sono davvero meravigliosi, sono riusciti a capire qualcosa che deriva dagli anni '60. I giovani hanno capito quali sono i valori fondamentali della vita, del rapporto umano. Gli adulti oggi non capiscono piu' nulla. Nei giovani, invece, c'e' ancora un vero spirito di ribellione... * - Francesca De Sanctis: Dunque, la soluzione potrebbe essere proprio nei giovani. E la rivoluzione anarchica? E' ancora possibile? - Judith Malina: La rivoluzione anarchica e' necessaria per cambiare questo mondo che non va bene cosi' com'e'. Io ho un nipote di 17 anni che e' stato in prigione con il Puppet theatre, loro mi ispirano. * - Francesca De Sanctis: A questo proposito, esistono altri gruppi teatrali che seguono un percorso parallelo al vostro? - Judith Malina: Esistono trecento milioni di persone che vogliono un mondo migliore, vogliono la pace, vogliono porre fine una volta per tutte alla fame e alla guerra. Il problema e' che tutti lo vogliono, ma credono che non sia possibile perche' questo hanno imparato a scuola, credono che sia un'utopia avere un mondo migliore, e' questo l'errore. Per questo motivo dobbiamo lottare. La rivoluzione e' possibile in ogni momento della vita, anche in questo preciso istante. * - Francesca De Sanctis: Cosa e' rimasto di Julian Beck, che insieme a te ha fondato il Living nel '47, nel Living Theatre di oggi? - Judith Malina: La nostra compagnia porta avanti il suo lavoro. L'ispirazione di Julian rimane con noi, la sua arte continua ad ispirarci. * - Francesca De Sanctis: E l'arrivo di Hanon Reznikov ha cambiato il vostro modo di lavorare? - Judith Malina: Hanon ci ha arricchito: ha portato avanti l'esplorazione del nostro rapporto con gli spettatori, ha trovato nuove forme creative riuscendo ad includere il pubblico in azione nei nostri spettacoli. Hanon ci ha insegnato che e' possibile reagire, ispirare qualcosa, dare la speranza, dare energia dinamica alla gente. * - Francesca De Sanctis: Come sara' il futuro del Living theatre? - Judith Malina: Ora che abbiamo una sede a Rocchetta Ligure (Alessandria), vogliamo creare un ponte tra l'avanguardia newyorkese e quella italiana. 4. MARIA DOLORES PESCE INTERVISTA JUDITH MALINA [Dal sito di "Parol - quaderni d'arte e di epistemologia" www3.unibo.it/parol (che ne detiene i diritti) riprendiamo la seguente intervista. Maria Dolores Pesce e' drammaturga, saggista, giornalista culturale] - Maria Dolores Pesce: Judith, nel settembre del 1994, in occasione del trentesimo compleanno dell'Odin Teatret, sei stata invitata a Holstebro quale figura tra le piu' importanti del teatro del secondo Novecento, insieme a Jerzy Grotowski, Kazuo Ohno, Sanjukta Panigrahi. Questo e' stato l'ultimo, in ordine di tempo, segno di una vita dedicata al teatro. Mi vuoi raccontare come hai iniziato e, soprattutto, quali sono stati i tuoi maestri? - Judith Malina: Il mio primo maestro, quello con cui invero ho iniziato, mi ha iniziato al teatro, e' stato Piscator (1). Ho lavorato con lui, nella sua scuola negli anni 1945-'47, e dopo questa ho collaborato in varie attivita' drammaturgiche. Adesso sto scrivendo un libro sulla sua vita. Lui era, insieme a Bertolt Brecht, l'inventore del teatro politico moderno. Io ho appreso e ho preso molto sul serio le sue idee e le sue lezioni e spero di essere tra quelli che seguono le strade che lui ha aperto. * - Maria Dolores Pesce: Nella tua biografia racconti di avere incontrato Julian Beck a 16 o 17 anni. Cosa faceva Julian all'epoca e quando si e' manifestata tra voi la volonta' di fare teatro assieme? - Judith Malina: Julian Beck allora faceva pittura e, ancora adesso, i suoi quadri sono considerati una delle principali voci dell'espressionismo astratto della scuola di New York. Ha fatto mostre, in quel tempo, al "Peggy Guggenheim" insieme a quelli che sono ora reputati i maestri di quel movimento artistico (2). Solo dopo anni le mie idee, le idee sue, le idee su cos'e' il teatro, cosa e' l'arte, a cosa possono entrambi servire, ci hanno condotto tra lunghe discussioni al punto in cui abbiamo deciso di fare il nostro teatro, perche' l'altro teatro non serve per gli scopi che ci volevamo porre. Il teatro di Broadway, pensavamo, e' eminentemente una operazione commerciale e non aveva in se' uno spirito, una forza di sperimentazione. Uno sperimentalismo interessante c'era gia' nel teatro di Provincetown (3) e in alcuni teatri regionali, ma noi eravamo piu' legati ed ispirati dalla sperimentazione drammaturgica europea, quella dell'immediato dopoguerra. In particolare ci sentivamo di ispirarci al lavoro di Cocteau, di Camus, di Pirandello anche, insomma alle sperimentazioni di forme che venivano tentate e sviluppate in Europa. Abbiamo dunque cominciato da questo punto di vista, da un teatro che fa ricerca intorno alla forma del teatro e, anche, del soggetto. Un teatro tematico e di significazione. * - Maria Dolores Pesce: Da subito, dunque, mi sembra abbiate pensato ad una forma di teatro di avanguardia, sperimentale, di rottura della tradizione. Durante questi primi anni quali testi drammaturgici avete scelto, per quale ispirazione e, soprattutto, in quali luoghi li avete rappresentati e perche', se c'e' un perche', avete scelto proprio quei luoghi? - Judith Malina: Per quanto riguarda i testi preferisco rimandarti alla lista che gia' hai potuto leggere nei testi sul Living che esistono. Lo stesso per i luoghi, certo non erano luoghi usuali del teatro, ma era sempre il teatro. Erano piccoli luoghi che noi sceglievamo per fare il teatro e cosi' diventavano il teatro. Invece per quanto riguarda il perche', e' una domanda interessante cui voglio provare a rispondere anche se non so se c'e' una risposta. Eravamo cosi' entusiasti, nei nostri 18 anni, di fare "La macchina infernale" o di fare spettacoli di Paul Witmann, era un desiderio cosi' bruciante, non una discussione razionale. Dovevamo trovare il modo e il luogo per realizzare quello spettacolo. * - Maria Dolores Pesce: Proprio perche' venute sulla spinta di un desiderio cosi' bruciante e necessario, credo che le vostre scelte non siano state casuali ma siano state consapevoli e motivate. Da cosa? - Judith Malina: La domanda non e', credo, posta correttamente perche' forse ha un vizio di razionalita'. Noi non discutevamo per poi scegliere tra le diverse opportunita'. Noi eravamo costretti a fare quella scelta, la scelta di quel testo e di quel luogo, costretti da motivazioni interiori ma anche esteriori quali il colore dei capelli di una persona, dalla sua faccia, dalla posizione e dal movimento delle cose. Noi facciamo quello che dobbiamo fare. Noi siamo costretti da certe idee e certi posti a fare quello che facciamo, se non lo facciamo moriamo e muoiono le idee. E' la vita che ci indica la via, e questo non e' cambiato. * - Maria Dolores Pesce: Siamo ad un punto importante per capire il vostro teatro e voi stessi. La passione e la necessita' che guida la vostra attivita'. Affinche' io e chi leggera' nei sia consapevole, vuoi approfondire questo aspetto? - Judith Malina: Eravamo posseduti da certi testi e da certe idee. Attraverso quei testi particolari potevamo esprimere in maniera adeguate le nostre idee fondamentali per il nostro lavoro e questo non e' cambiato, e' cosi' anche oggi. L'idea che e' possibile creare una societa' anarchica, pacifista, umanistica, vegetariana, femminista, e' possibile perche' nella realta' non ci sono ostacoli effettivi, naturali, alla creazione di questa societa'. Generalmente, invece, la gente ha il dubbio, ha interiorizzato il dubbio che questa nuova societa' sia effettivamente irrealizzabile, e questo dubbio rappresenta il vero ostacolo verso il cambiamento. L'ostacolo e' il cinismo, il finto realismo che fa pensare sia impossibile cambiare verso una societa' piu' giusta. E cosi' ogni testo che puo' aiutare a capire, mostrandolo, che questo mondo puo' in effetti essere, che queste idee non sono utopistiche, che puo' dunque aprire nel pubblico e nella gente la speranza che un cambiamento e' possibile, anzi e' necessario, questi testi ci fanno bruciare. E' questa la storia da cinquant'anni, e' la storia di oggi, e' la storia del Living Theatre. * - Maria Dolores Pesce: In America, durante quegli anni, avete avuto difficolta' - anche gravi - con la societa', che vi hanno portato anche in carcere e che, alla fine, vi hanno indotto alla scelta dell'esilio. In quel periodo quali artisti, se vi sono stati, vi hanno appoggiato ed aiutato? - Judith Malina: Forse piu' di oggi l'ambiente degli artisti di New York era una comunita' e tutti, ricordo, condivisero e ci aiutarono. Danzatori, pittori, musicisti si ritrovavano due, tre volte la settimana tutti in una stanza per vedere l'ultimo lavoro, l'ultima creazione, uno dell'altro. Per dire Jackson Mac Low, John Cage, Pollock o Rocco Parilli e Paul Goodman; oppure attivisti come Dorothy Day (4), o tanti altri che non posso qui elencare. Eravamo un gruppo numeroso di persone che hanno creato una visione del futuro che e' ancora valida, ma che e' ancora nel futuro, per cui, dunque, continuiamo a lottare. * - Maria Dolores Pesce: Ho avuto l'impressione, studiando la documentazione riguardante il vostro teatro che tu, oltre naturalmente a recitare, ti sia occupata in particolare della regia, mentre Julian Beck ha curato in prevalenza la scenografia. Esisteva veramente una strutturata divisione dei compiti o, nella realta', le cose erano piu' sfumate? E dall'ensamble del Living, quale contributo veniva a tutto questo? - Judith Malina: In effetti Julian, visto che era pittore, ha fatto molto per la scenografia, ma ha dato anche un grande contributo alle scelte di regia e nella selezione dei lavori e degli indirizzi generali. Non erano cosi' rigidamente strutturate le funzioni, abbiamo sempre cercato di rendere collettiva la nostra creazione, attraverso il contributo della creativita' di tutti. Questo, ora che abbiamo una sede proprio qui dove ti trovi, continua con piu' facilita' e tranquillita'. Continua qui la ricerca e la sperimentazione per rispondere alle domande che dall'inizio ci siamo posti e continuiamo a porci: come possiamo creare un teatro veramente rivoluzionario? come possiamo fare un teatro con un impatto sociale? come possiamo creare un teatro in cui gli spettatori abbiano veramente uno spazio creativo non solo di partecipazione? come possiamo creare un teatro in cui noi siamo non solo e sempre una finzione ma possiamo anche essere noi stessi? Tutti questi quesiti problematici che abbiamo affrontato per cinquant'anni, continuiamo ad affrontarli ancora oggi per cercare di vederli piu' approfonditamente. * - Maria Dolores Pesce: Per esprimere queste idee, per approfondire questa ricerca e ricercare la comunicazione migliore per i vostri obiettivi penso abbiate utilizzato e voi stessi elaborato delle tecniche teatrali. Me ne vuoi parlare? Mi vuoi dire se e come si sono modificate od evolute nel tempo? - Judith Malina: Ogni nostro spettacolo e' pensato come comunicazione verso il pubblico, la nostra visione e' verso il pubblico. Quando abbiamo deciso cosa vogliamo dire al pubblico, quale e' la cosa piu' importante che abbiamo da trasmettere, quali sono gli impegni che vogliamo assumere, le idee che vogliamo esprimere, le proposizioni che vogliamo rappresentare, allora noi cerchiamo oppure creiamo i testi e le forme migliori per farlo. Allo stesso tempo, prima, proprio per ottenere le modalita' migliori della nostra espressione, elaboriamo esercizi che ci insegnino a farlo nel modo piu' appropriato. Esercizi che rispondano a questa esigenza, alla domanda "come possiamo spiegarlo, come possiamo mostrare le nostre idee?". Tutti i nostri esercizi sono specificamente finalizzati a trovare l'occhio teatrale per spiegare le idee che vogliamo esprimere. * - Maria Dolores Pesce: Dunque il vostro e' un lavoro di continua ricerca, di sperimentazione legata alle diverse circostanze, con l'unico scopo di rappresentare correttamente le idee che si vogliono esprimere. Se il fine di liberazione e' la continuita' nella storia del vostro teatro, c'e' stata, per tornare alla domanda precedente, una evoluzione nel vostro operare? - Judith Malina: E' difficile da spiegare: e' sempre diverso perche' e' sempre diverso, non e' la stessa cosa come sono diversi Edda Gabler e Max Ernst, come sono diversi uno spettacolo del Living da un altro. Perche' se, come e' ovvio, abbiamo sempre qualcosa di comune, di nostro, nell'operare, ogni spettacolo e' sempre un'altra esperienza, una nuova ricerca. Quando il nostro scopo e' la ricerca del modo piu' appropriato per esprimere, per far capire l'oppressione culturale che c'e', che crea mostri alla Frankenstein nelle nostre teste, nel nostro ambiente, dobbiamo usare modalita' diverse rispetto a quando vogliamo esprimere l'opposizione di Antigone alla forza smisurata dello stato militare facendo capire anche come puo' ogni individuo farlo. E' sempre un'altra cosa, io non so dire cosi' semplicemente quale sia la differenza nelle modalita' tecniche tra l'una esperienza e l'altra. Forse questa differenza c'e' ma e' una cosa accademica che in fondo non mi interessa. Io faccio cio' che nel momento mi interessa, mi sembra importante, e non dico mai "questo si puo' storicamente inserire o definire"; no, dico cosa vuole esprimere quello che sto facendo, cosa voglio dire ora e, in tutto cio', non ha significato per me una domanda su come si e' evoluto, come si e' modificato il mio modo di operare, io vivo nel lavoro, nel significato del momento, che e' gia', di per se stesso, inclusivo di tutto quello che e' passato. Sono, credo, piu' esistenziale che accademica. * - Maria Dolores Pesce: Voi avete portato i vostri spettacoli nei luoghi piu' inusuali, le strade, le fabbriche, gli ospedali psichiatrici, le favelas brasiliane. Ovunque avete ritenuto di trovare un luogo da sperimentare avete portato il vostro contributo, la vostra parola. In particolare vorrei chiederti quale e' stata l'esperienza, il lavoro all'interno degli ospedali psichiatrici, sia per te che per il vostro gruppo? - Judith Malina: E' stata una esperienza molto emozionante, molto importante per noi, e forse abbiamo piu' imparato che insegnato. Abbiamo avuto un buon rapporto con i cosiddetti "pazzi", termine insultante e non politicamente corretto perche' anche noi siamo pazzi come loro, o loro sono sani come noi, abbiamo e usiamo solo un linguaggio diverso. La prima cosa che generalmente facciamo tra di noi, quando entriamo in un ospedale psichiatrico, e' di sperimentare quei comportamenti estremi caratteristici degli attori, comportamenti che sono pazzi perche' fuori dalla razionalita', perche' espressione degli impulsi immediati. Impulsi non pensati. Facciamo piccole azioni teatrali insieme a loro, movimenti non "normali" ma pazzi in un senso leggero, in un senso gioioso, accessibili ad ognuno di noi ma che in ognuno di noi "normali" sono generalmente nascosti, cancellati, come tende ad essere soppresso ogni nostro impulso fisico spontaneo. E' un problema che non hanno quelli che sono rinchiusi, che non controllano i modi di espressione quando vogliono esprimere interamente quello che sentono, che preme sulla loro coscienza, perche' essendo rinchiusi non trovano senso, non danno senso alle loro azioni. Noi rompiamo questo tabu' e cominciamo una comunicazione in termini di azione teatrale, di suono, di attivita', di corpo, voce e tatto non tradizionale. E poi cominciamo a comunicare con l'esterno portandoli fuori, con l'onore di qualche "guardiano", e poi, certamente, riportandoli all'interno dell'ospedale. Facciamo cosi' varie azioni teatrali con loro, generalmente con un buono spirito ma sempre con una certa tristezza a causa della situazione, perche' non abbiamo saputo curare la nostra civilta', non sappiamo dare un qualche giusto benvenuto a coloro che sono usciti, per cosi' dire, dalla strada normale, quotidiana. Dobbiamo trovarlo ancora un modo di accettare questa sofferenza, questa alienazione evitando di trattarla esclusivamente con le diverse prigionie. * - Maria Dolores Pesce: Certamente sai che in Italia sono stati chiusi gli ospedali psichiatrici... - Judith Malina: Si', si', in un certo senso abbiamo partecipato e siamo stati partecipi di quel periodo e di quel movimento. Ma non tutta la societa' ha partecipato a questo movimento e non ha saputo creare una forma diversa e adeguata di ospitalita' per queste persone che hanno bisogno di un particolare aiuto e di un certo ambiente. Ho visto anche molta sofferenza in relazione a cio'. Sono d'accordo sul punto di chiudere questi ospedali psichiatrici e che fosse una cosa da fare, ma era anche necessario creare socialmente un nido di possibilita' per quelli che hanno bisogno di un nido, di un ambiente sociale in grado di accoglierli. Hanno bisogno di vari posti, perche' alcuni sono in grado di vivere in famiglia, altri sono troppo in difficolta'. Abbiamo bisogno di trovare, e' un nostro obbligo di trovare alternative. Anche se reinserirli in questa societa' e' difficile se si considera che anche noi che siamo i cosiddetti "sani" facciamo fatica a sopravvivere in una societa' che ci schiaccia. E' difficile per chi ha tutte le sue forze non essere coinvolto e travolto dalla rivalita', dalla concorrenza, non essere nauseato dalla situazione complessiva. Siamo tutti schiacciati e possiamo sopravvivere perche' siamo forti, perche' siamo artisti o perche' abbiamo avuto dei buoni genitori. Ma chi e' rinchiuso ha perso le sue forze e cerca di ritrovarle. Alcuni le ritrovano, ma altri non le ritrovano mai piu'. Come possono dunque loro vivere in questa societa' in cui anche per i piu' forti e' quasi impossibile. Dobbiamo percio' fare qualcosa per dare ospitalita' anche a loro nella nostra societa'. Sono necessari dunque molti meno pregiudizi riguardo ai loro comportamenti. Il fare teatro in quei luoghi e con loro voleva insegnare che la differenza e' minore di quanto i pregiudizi lasciano credere. Ad esempio ho appena finito di recitare in una rappresentazione tratta da un romanzo di Doris Lessing (5), non prodotta dal Living Theatre, nella quale interpreto il ruolo di una barbona che incontra una giornalista di moda, elegante, ricca e affermata. Nonostante le apparenze emerge infatti che le distanze non sono cosi' grandi perche', alla fine, l'una ha bisogno dell'altra. Nella societa' dunque il ricco ha bisogno del povero. * - Maria Dolores Pesce: Proprio con quanto mi hai detto confermi la volonta', il tentativo da parte vostra di cercare il coinvolgimento del pubblico. In proposito, secondo te, che differenza c'e' tra attori in scena e pubblico? - Judith Malina: La differenza, semplice ma per questo feconda, e' che noi attori siamo preparati, studiamo, mentre il pubblico improvvisa, e' spontaneo. Come dicevo prima il lavoro dell'attore e' preparato, perfezionato attraverso mesi di training, esercizi con i quali cerca il modo migliore di esprimere cio' che vuole comunicare, ma nell'incontro con il pubblico questo lavoro si apre ad esiti sempre diversi. L'incontro con il pubblico ci aiuta a creare, anzi a rendere lo spazio creativo, con risultati spesso unici. * - Maria Dolores Pesce: Dunque avete anche cambiato delle azioni sceniche dopo e a causa dell'incontro con il pubblico? - Judith Malina: Sempre noi cambiamo, continuamente il nostro lavoro si evolve e si modifica e cambia la sua struttura nella relazione con i luoghi e il pubblico. * - Maria Dolores Pesce: E adesso cosa state rappresentando con il Living Theatre? - Judith Malina: Stiamo portando in giro lo spettacolo "1460-1470 Il complesso capitale", che ormai e' in tournee dal 1994. Inoltre il Living e' impegnato in uno spettacolo di protesta contro la pena di morte, intitolato "Noth in My Name". A New York, per esempio, scende per Time Square nei giorni in cui vengono eseguite condanne capitali. * - Maria Dolores Pesce: In queste occasioni come vengono accolte dai newyorchesi le vostre performance? - Judith Malina: Oh, molto male, si arrabbiano molto e ci insultano, gridandoci anche molte oscenita'. Pero' io sono sicura che, la sera, quando il capofamiglia si riunisce con la moglie, il figlio e la figlia e racconta di quegli stupidi del Living, forse suscita una reazione inattesa e positiva, forse la figlia si alza e gli dice "aspetta, parliamone", e cosi' anche lui comincia a ragionare. Questo e' quello che in fondo vogliamo. Gli americani, infatti, vogliono la pena di morte perche' hanno paura, paura ad esempio dei serial killer, e pensano che cosi' lo stato li difenda. Forse se cominceranno a pensare e a capire, cominceranno anche ad avere meno paura. Voi italiani su questo avete capito prima, siete stati piu' intelligenti, e avete da tempo abolito la pena capitale. * - Maria Dolores Pesce: Nonostante queste e le difficolta' degli anni passati, come riuscite a lavorare in America? - Judith Malina: In America lavoriamo grazie al lavoro che facciamo in Europa e in particolare in Italia, attraverso il quale ci finanziamo (6). In America, infatti, non ci sono finanziamenti per teatri come il nostro. Per rappresentare dovremmo vendere i biglietti a prezzi molto alti e noi non vogliamo, e neanche il nostro pubblico lo vuole o lo capirebbe. La' continuiamo a lavorare per l'entourage che da anni ci segue e ci conosce. In Italia invece abbiamo trovato spazi e possibilita' maggiori, e soprattutto piu' interesse. Qui a Rocchetta Ligure abbiamo potuto aprire il nostro laboratorio, dove possiamo preparare i nostri lavori per poi portarli in tournee in tutto il mondo. * - Maria Dolores Pesce: Nel 1985 e' scomparso Julian Beck. Cosa e' cambiato da allora per il Living Theatre e come avete proseguito il lavoro? - Judith Malina: Julian era un grande spirito e naturalmente ha lasciato un vuoto, insomma ci manca molto. Da allora pero' abbiamo voluto e cercato di portare, comunque, avanti i suoi, anzi i nostri ideali. Con Hanon Reznicov, che e' poi diventato mio marito, abbiamo proseguito. Lui si e' assunto con me il compito di proseguire il lavoro con il gruppo, senza di lui e senza sostituirlo. * - Maria Dolores Pesce: Vorrei ora parlare delle tue piu' recenti performance. Hai interpretato una parte nel Macbeth Remix di Sanguineti e Liberovici. Stai conducendo o hai in mente altre collaborazioni con Andrea Liberovici? - Judith Malina: Si', nella prima settimana di aprile (7) esordira' a Parigi un lavoro sul Living Theatre ispirato alle musiche, in parte inedite, di Cage e preparato da Andrea. Andrea ha raccolto, registrato e montato, su quel filo rosso musicale, brani di quasi tutti gli spettacoli del Living. Ne e' risultato un lavoro molto interessante. * Con queste ultime parole, l'intervista si chiude materialmente, ma solo materialmente, perche' idealmente il dialogo con Judith e, tramite lei, con il Living non ha conclusione, e' un cammino intrapreso, aperto sul futuro come aperto sul futuro, teso a rappresentare il futuro per renderlo realizzabile e' il teatro del Living. Questo inatteso miscuglio di razionalita' e spontaneita' che, testardamente Judith continua ad alimentare e a giustificare. La razionalita' di identificare e avere chiaro un mondo tout court giusto e la fede che attraverso la liberazione qui e ora delle forze spontanee dello spirito, attraverso certamente esercizi e lavoro creativo, puo' indicare la strada per rappresentarlo, mostrarlo possibile ed esistente inizialmente nel teatro perche' possa essere poi realizzato anche nella societa' e nella storia. Certo ho sentito in Judith Malina, nel corso del nostro incontro, una forza interiore non comune. Durante gli oltre cinquant'anni di vita del Living, e' in effetti passata attraverso esperienze spesso molto difficili, come carcere ed esilio. La sua convinzione e' stata piu' forte. Il teatro dell'utopia ha continuato a vivere e proprio per la convinzione che quella utopia e' piu' reale del mondo quale ce lo rappresentiamo. Si doveva cercare in tutti i modi di svelare l'inganno che ci circonda e rende ciechi, opprimendoci. Cosi' Judith, Julian ed il Living Theatre, sono passati attraverso alti e bassi, ostacoli e successi, perche' hanno cercato di essere presenti laddove pensavano, sentivano di essere spesso necessari, nei modi e con i gesti che sentivano ineludibili... Nei tempi attuali puo' far sorridere, come puo' far sorridere l'idea di un'arte al servizio di un'idea e non di un portafogli, ma la coerenza di un'opera di cinquant'anni credo non possa che affascinare. Coerenza peraltro sostenuta dalla fiducia che il lavoro sotterraneo di smascheramento del presente e di rappresentazione di un possibile mondo giusto, prosegue al di la' anche della consapevolezza dei singoli e dovra' avere uno sbocco. In effetti le ultime parole pronunciate da Judith nel corso del nostro incontro sono state: "Le cose adesso in America non vanno bene, loro hanno bisogno del nostro teatro. Io vorrei lavorare sei mesi in Italia e sei mesi in America. Sono convinta che le cose in futuro cambieranno e voglio essere presente quando iniziera' questo cambiamento". * Note 1. Erwin Piscator, 1893-1966, regista e teorico del teatro tedesco considerato con Bertolt Brecht il fondatore del teatro politico. 2. I suoi lavori sono stati esposti alla Art of This Century Gallery dove nel 1945 aveva partecipato ad una importante mostra collettiva insieme a Jackson Pollock e ad altri tra i piu' importanti artisti della Action Painting. 3. Teatro di Provincetown, dove negli anni Venti avevano lavorato Eugene O'Neill, Robert Edmund Jones, James Ligth, Edna St.Vincent Millay. 4. Fondatrice del "Catholic Worker", con lei fu incarcerata dopo una manifestazione pacifista. 5. Maudie e Jane, prodotto dalla Societa' teatrale Alfieri di Asti, diretto da Luciano Nattino, che ha debuttato al festival di Santarcangelo l'8 luglio 1994, testo tratto da Il diario di Jane Somers di Doris Lessing. 6. Per finanziare gli spettacoli ed il teatro della Terza strada, che poi comunque ha dovuto chiudere, Judith Malina ha accettato ruoli nei film: Dog Day Afternoon (Quel pomeriggio di un giorno da cani, 1965) di Sidney Lumet, China Girl di Abel Ferrara, Radio Days di Woody Allen, Enemies, a Love Story (Nemici, una storia d'amore, 1989) di Paul Mazursky, Awakeniengs (Risvegli, 1990) di Penny Marshall, The Addams Family (La famiglia Addams, 1991) di Barry Sonnenfeld, Household Saints (1993) di Nancy Savoca. 7. 64, concerto per attori in 64 movimenti, attori, canto e suoni fissi. Ha debuttato a Parigi, alla sala Olivier Messiaen della Maison de Radio France il 5 aprile 2000. Lo spettacolo e' tratto da un inedito di John Cage, un nastro che il compositore americano aveva creato nel 1959 per uno spettacolo del Living Theatre dal titolo The Marring Maiden. 5. ET COETERA Judith Malina, straordinaria artista, intellettuale, regista e attrice, attivista nonviolenta e libertaria, anima del Living Theatre, e' nata a Kiel, in Germania, nel 1926, figlia di un rabbino e di un'attrice teatrale emigrati negli Usa dopo la sua nascita; e' stata allieva di Erwin Piscator al Dramatic Workshop di New York; nel 1947 ha fondato a New York insieme al pittore Julian Beck il Living Theatre, una compagnia teatrale libertaria e nonviolenta. Con oltre cento produzioni teatrali realizzate, Judith Malina e' ancora attiva come regista e attrice, in produzioni come The Connection, The Brig, Mysteries and smaller pieces, Antigone, Frankenstein, Paradise Now, The Legacy of Caine e Not in My Name, e come formatrice e militante per la pace e i diritti umani. Bibliografia di e su Judith Malina: Julian Beck and Judith Malina, Paradise Now, Pantheon, New York 1972; Julian Beck e Judith Malina, Il lavoro del Living Theatre, a cura di Franco Quadri, Ubulibri, Milano 1982; Judith Malina, The Diaries of Judith Malina: 1947-1957, Grove Press, New York 1984; Judith Malina, The Enormous Despair (diaries, 1968-'69), Random House, New York 1972; Cristina Valenti, Conversazioni con Judith Malina, L'arte, l'anarchia, il Living Theatre, Eleuthera, Milano, 1995, 1998. Cfr. anche la bibliografia esenziale sul Living Theatre. Filmografia essenziale di Judith Malina: come regista: The Brig (1965); come interprete: Amore, Amore (1966); Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975); China Girl (1987); Radio Days (1987); Risvegli (1990); La famiglia Addams (1991); Verso Il Paradiso (1993); Sessantotto. L'utopia della realta' (2006). Alcuni altri materiali di e su Judith Malina sono ne "La domenica della nonviolenza" n. 83 del 23 luglio 2006. * Sul Living Theatre dal sito ufficiale www.livingtheatre.org riprendiamo la seguente scheda in italiano: "Fondato a New York nel 1947 da Judith Malina e Julian Beck, il Living Theatre e' stato sin dall'inizio un teatro di impegno civile che ridefinisce le forme teatrali. Attivo in Italia sin dal 1961, il Living ha recitato in centinaia di citta' in ogni regione del paese, lavorando in maniera trasversale, facendo spettacoli sia nei grandi teatri che nei cantieri, nelle scuole, negli ospedali e per le strade. Lungo l'arco di quest'attivita', la compagnia ha fatto conoscere al pubblico italiano opere che hanno cambiato la fisionomia del teatro moderno, tra le quali The Connection, The Brig, Mysteries and smaller pieces, Frankenstein, Antigone, Paradise Now, L'Eredita' di Caino e Non in mio nome. Il cuore dell'arte del Living e' rappresentato dall'ensemble degli attori, molti dei quali hanno alle spalle trent'anni di ricerca comune. Il gruppo lavora sempre in maniera autonoma e collettiva, con la direzione di Judith Malina e di Hanon Reznikov, alla guida del Living dopo la scomparsa di Julian Beck nel 1985. Il Living conduce presso la sua nuova residenza di Rocchetta Ligure uno studio approfondito circa la partecipazione attiva del pubblico all'evento teatrale, tema sul quale il gruppo indaga gia' da diversi decenni, ma che resta sempre il nodo centrale del ruolo del teatro oggi. Vivendo un momento storico in cui l'attenzione del pubblico e' stata "sequestrata" dai mass-media, il Living ha deciso di dedicarsi alla ricerca di mezzi teatrali capaci di fare il massimo uso della co-presenza in sala di attori e spettatori. Servendosi di questo incontro esistenziale come modello di coinvolgimento sociale, il gruppo crea spettacoli che dipendono dall'intervento diretto da parte del pubblico nell'azione teatrale. Il percorso particolare dello spettacolo e' determinato dalla partecipazione attiva degli "spettatori", e quindi risulta che ogni performance e' essenzialmente unica ed irripetibile. Presso il Centro Living vengono creati tutti i nuovi spettacoli del gruppo e vengono presentati a Palazzo Spinola in anteprima, per il pubblico locale. Partono poi in tournee per i teatri del mondo. Un'altro tipo di incontro con il pubblico, fondamentale per il lavoro del Living, e' quello che si crea nel "laboratorio", esperienza che di solito termina con una rappresentazione pubblica dei risultati. Al Centro Living Europa, Malina, Reznikov ed altri membri del gruppo insegnano le tecniche teatrali adottate e sviluppate dalla compagnia. Tra queste: l'improvvisazione, l'espressione corporea corale, il canto rituale, l'espressionismo artaudiano, la biomeccanica mejer'choldiana, il teatro politico di Piscator e Brecht, la bioenergetica cinese, il respiro yoga e la meditazione zen. Nei vari seminari, si lavora sulla formazione dell'attore-ricercatore, quello che sa utilizzare tutte le sue risorse fisiche, affettive e spirituali per maneggiare l'equilibrio fluttuante tra la vita interiore e le esigenze del mondo esterno. I dintorni del Centro offrono importanti possibilita' di integrare gli esercizi di training e di sviluppo attoriale con l'ambiente naturale circostante, pieno di sentieri aperti agli esploratori dei boschi, delle "strette" e delle rupi. Presso il Centro Living Europa si tengono anche vari incontri pubblici incentrati sul lavoro del gruppo. Il Centro dispone inoltre di un'archivio che propone video, fotografie, libri ed altri materiali di documentazione sul gruppo. Nel 1999, grazie all'ospitalita' del Comune di Rocchetta Ligure e all'appoggio della Provincia di Alessandria, e' nato il Centro Living Europa. Collocato in mezzo al paese, nei piani superiori del Palazzo Spinola, il Centro Living comprende una sala prove, un'aula didattica, camere e servizi per 15 membri del gruppo, spazi comuni per vivere e lavorare. All'interno del palazzo, che ospita anche gli uffici comunali e un Museo della Resistenza, c'e' anche un grande salone, al piano nobile, dove il pubblico locale puo' incontrarsi con il lavoro della compagnia. Il recente restauro di questo luogo storico ha creato un'ambiente che conserva gli elementi caratteristici della costruzione e della decorazione seicentesca, pur contemplando tutte le necessita' moderne. Rocchetta Ligure si trova in seno alla Valle Borbera, zona montanara a 17 km dall'autostrada Genova-Milano. Sito di una repubblica partigiana durante la guerra, la popolazione manifesta tutt'oggi la sua storica solidarieta' civile. Vivendo in modo comunitario, i componenti del Living trovano ampio riscontro alle loro ricerche sociali nel dialogo continuo con la gente della zona che sbocca in frequenti scambi reciproci a tutti i livelli". Bibliografia essenziale di e sul Living Theatre: Julian Beck, The Life of the Theatre, City Lights, San Francisco 1972, Limelight Editions, New York 1986, edizione italiana Einaudi, Torino 1975, edizione francese Gallimard, Paris 1976, ve ne sono anche edizioni in spagnolo, portoghese, greco, polacco e ceco; Julian Beck, Theandric, Harwood Academic Press, London 1992, edizione italiana Edizioni Socrates, Roma 1994, edizione francese Harmattan, Paris 1998; Julian Beck and Judith Malina, Paradise Now, Pantheon, New York 1972; Julian Beck e Judith Malina, Il lavoro del Living Theatre, a cura di Franco Quadri, Ubulibri, Milano 1982; Judith Malina, The Diaries of Judith Malina: 1947-1957, Grove Press, New York 1984; Judith Malina, The Enormous Despair (diaries, 1968-'69), Random House, New York 1972; Conversazioni con Judith Malina, a cura di Cristina Valenti, Eleuthera, Milano 1995; Hanon Reznikov, Living/Reznikov: Four Plays of The Living Theatre/Quattro Spettacoli del Living Theatre, (bilingual edition/edizione bilingue: english/Italiano), Piero Manni, Lecce 2000; John Tytell, The Living Theatre: Art, Exile and Outrage, Grove Press, New York 1995; Pierre Biner, Le Living Theatre, L'age de l'homme, Lausanne 1968, traduzione inglese New York, 1971, traduzione italiana De Donato, Bari 1968; Carlo Silvestro, The Living Book of The Living Theatre, Mazzotta, Milano 1971, edizione inglese Greenwich Art Press, New York 1971; Jean-Jacques Lebel, Entretiens avec le Living Theatre, Editions Pierre Belfond, Paris 1968; Aldo Rostagno and Gianfranco Mantegna, We The Living Theatre, Ballantine, New York 1969; Giuseppe Bartolucci, The Living Theatre, Samona' e Savelli, Roma 1970; Jean Jacquot, Les voies de la creation theatrale, Editions du Centre National de la Recherche Scientifique, Paris 1970. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 32 del 25 luglio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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