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La nonviolenza e' in cammino. 1318
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1318
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 6 Jun 2006 00:19:49 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1318 del 6 giugno 2006 Sommario di questo numero: 1. Tutte le vittime 2. Michele Boato: Nonviolenza e politica 3. Mao Valpiana: Una lettera al Presidente del Consiglio 4. Raissa Maritain: E questa 5. Iaia Vantaggiato intervista Stefano Rodota' 6. Valeria Muccifora presenta "Dai maltrattamenti all'omicidio" di Anna Baldry 7. Enrico Peyretti presenta "Militia Christi" di Adolf von Harnack 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. LUTTI. TUTTE LE VITTIME Tutte le vittime la stessa vittima. Tutte le guerre sono assassine. Tutte le armi sono assassine. Tutte le vittime la stessa umanita'. 2. EDITORIALE. MICHELE BOATO: NONVIOLENZA E POLITICA [Ringraziamo Michele Boato (per contatti: ecoveneto at tin.it) per averci messo a disposizione la sintesi del suo intervento al convegno del Movimento Nonviolento svoltosi a Firenze il 6 maggio 2006. Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander Langer", aniamtore del bellissimo periodico "Gaia". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel 1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre, contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna "Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. E' una delle figure più significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone dignita' e sensibilita'. Tra le opere di Michele Boato: ha curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda); Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli); In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri)] Mi sono avvicinato alla nonviolenza dal 1972, quando, a 25 anni, ho cominciato a capire, durante un convegno nazionale semi-clandestino di Lotta Continua a Rimini, il suicidio umano e culturale della prospettiva della "guerra di popolo", tipo Irlanda del Nord (Ira) o Paesi Baschi (Eta), che veniva proposta con sempre maggior insistenza da una buona parte del gruppo dirigente, forzando in senso insurrezionalista la lettura delle lotte di quegli anni (dai cortei della Fiat del '69, alle barricate delle imprese d'appalto di Marghera del '70, alle lotte dei carcerati e dei soldati, fino ai moti per Reggio Calabria capoluogo di regione). Cosi' Lotta Continua tendeva ad assumere (ma per fortuna si e' sciolta prima) i connotati di un partitino leninista, gerarchizzato, con un "servizio d'ordine" numeroso ed aggressivo, tradendo l'ispirazione anti-autoritaria e spontaneista (alla Rosa Luxemburg) con cui l'avevamo costruita anche a Venezia e Marghera nell'autunno del 1969. * Sono partito da questa vicenda personale, perche' credo che, nella seconda meta' del '900 in Italia si siano abbondantemente sprecate le due piu' importanti esperienze di rinnovamento "politico" nate dopo la stagione dei Cln del 1943-'46: l'anti-autoritarismo del '68 e l'ambientalismo degli anni '80. * L'"arcipelago verde" ha compiuto una parabola diversa da quella di Lc, ma simile nella sostanza: e' nato nel giugno 1981, come coordinamento di gruppi ed associazioni locali che (dalla fine degli anni '70) agivano sui temi della mobilita' ciclabile, alimentazione sana e agricoltura biologica, nonviolenza e antimilitarismo, riduzione e riciclo dei rifiuti, difesa dei consumatori, animalismo, antinucleare e promozione delle energie e tecnologie "dolci" e, in generale, diffusione di una cultura ecologista e nonviolenta. Sono nate le prime Universita' Verdi (Universita' popolare di ecologia a Mestre nel 1982 e poi, dal 1983, altre decine), i primi Amici della bicicletta (Firenze), le prime riviste ecologiste (Smog e dintorni a Venezia, Azione nonviolenta di Verona, Aam-Terra Nuova di Firenze, i Quaderni di Pistoia, la Malaerba a Pescara ecc.), le prime trasmissioni ambientali alle radio libere (da Radio Cooperativa di Mestre a Radio Irene di Comiso, in Sicilia), i nuovi gruppi nonviolenti della Loc, quelli di Tra la gente di Cesena e dintorni, e cosi' via. Si e' dato vita anche ad una agenzia stampa quindicinale, si chiamava "Arcipelago verde", appunto, ed era curata da ecologisti milanesi, con sede presso il Wwf locale; ci si incontrava ogni due mesi circa a Bologna in sale dei quartieri, e si decidevano assieme iniziative comuni. Senza rapporti gerarchici di alcun tipo; si trattava, insomma, di quella che oggi si chiamerebbe Rete. Nel 1983 alcuni gruppi locali hanno presentato a Mantova, Trento, Viadana (dove volevano costruire una centrale nucleare) ecc. le prime Liste Verdi; l'esperienza era quasi sempre molto positiva, con forte partecipazione popolare, apertura delle istituzioni locali all'informazione pubblica, controllo degli eletti con frequenti assemblee, impegno alla rotazione negli incarichi. Nel 1984 l'arcipelago verde ha convocato la prima assemblea nazionale a Firenze sull'ipotesi di presentare, l'anno successivo, Liste Verdi in molte citta' e regioni d'Italia. E subito si sono cominciate a vedere le prime manovre "romane", per omologare, imbrigliare, gerarchizzare il movimento ancora in fase nascente. Arrivano le segreterie nazionali delle associazioni ambientaliste che si erano messe d'accordo per creare una dirigenza nazionale: Legambiente (Mattioli e Scalia), Wwf (Amendola) e Amici della Terra (Signorino, Rosa Filippini e, dietro a loro, Pannella). Il processo (nonostante la resistenza di Alex Langer, mia, di Mao Valpiana, di Giannozzo Pucci e di molti altri gruppi locali) e' proseguito velocemente con la creazione della Federazione delle Liste Verdi in forma di "partito" nel 1987 e l'entrata organizzata, nel 1990, degli ex radicali (con Rutelli) ed ex demoproletari (con Ronchi), che si erano inventati i Verdi Arcobaleno alle elezioni europee del 1989 per contare di piu' e dare la definitiva svolta partitaria ai Verdi, ancora troppo spontaneisti. Dal 1991 in poi si puo' parlare di un partito quasi esclusivamente di consiglieri, assessori, parlamentari ed aspiranti tali. Il modello partecipativo, permeabile ai movimenti e ai comitati locali, sopravviveva, a stento, solo in alcune esperienze locali, localizzate soprattutto nel Nord-est, e nell'esperienza (rimasta unica) del Forum nazionale Risorse e Rifiuti, coordinato dal sottoscritto a nome dei verdi, ma composto da persone, gruppi e associazioni di ogni colore politico (da Rifondazione a Fare Verde di Paolo Colli, allora legato ad Alleanza nazionale) uniti dalla condivisione della linea e dell'attivita' di prevenzione e riduzione dei rifiuti, della raccolta differenziata spinta (porta a porta), della tariffa che premia chi produce meno rifiuti, del compostaggio domestico, del conseguente rifiuto degli inceneritori. * Oggi, di fronte alla miseria del panorama politico ed alla asfissia di tutti i partiti politici (salvo rarissime esperienze locali), mi domando: c'e' ancora spazio per la proposta di Capitini del "potere di tutti", della democrazia vera, della partecipazione che e' informazione diffusa, trasparenza dei processi decisionali, strumenti di democrazia diretta come i referendum comunali? In che modo e' possibile (come scrive Daniele Lugli su "Azione nonviolenta" di marzo 2006) "accompagnare le istituzioni", controllarle, far loro sentire il fiato della gente sul collo? La risposta non e' scontata; alla luce delle cocenti delusioni appena descritte, non basta il "rimbocchiamoci le maniche" dell'ottimismo della volonta'. Provo a indicare alcuni possibili "paletti": a. Sostenere, valorizzare, collegare tra loro le esperienze di base, dal popolo dei ciclisti, a quello dei consumatori critici, dei riciclatori e anti-inceneritori o i tantissimi comitati contro l'elettrosmog. Queste esperienze, che quasi sempre nascono per motivi strettamente locali, possono arricchirsi, non scomparire alla fine della singola lotta (vinta o persa), non essere vampirizzate dalla politica istituzionale che, soprattutto in Italia, sopravvive succhiando e, spesso, tradendo le idee che vengono dal basso. b. A partire da queste esperienze, costruire strumenti di nuova democrazia, costringendo la politica istituzionale a fare i conti con l'iniziativa popolare, senza dover rincorrere continuamente i tempi assurdi, i minuetti dei partiti, molto piu' interessati agli assetti di potere che ai problemi reali. c. Contemporaneamente moltiplicare i "ponti" con le istituzioni, fatti di persone elette nei vari organismi (dal Quartiere al Comune, fino al Parlamento) che, prima di rispondere alla propria parte politica, si mettono realmente al servizio delle lotte e delle iniziative ecologiste, nonviolente e solidali. Ho detto ponti e non spie o transfughi, perche' non si tratta di contrapporre le iniziative di base (buone) alle istituzioni (cattive), ma di aprire varchi significativi in esse perche' il potere cominci a diventare di tutti. Questo e' molto piu' facile se c'e' una solida sponda all'interno delle varie istituzioni, che puo' essere esplicita o, talvolta, anche un po' "coperta" per non essere spazzata via prima di consolidarsi. d. Essenziale comunque, sia per chi agisce fuori che per chi sta dentro le istituzioni, una forte coerenza tra le idee proclamate e il proprio stile di vita: non si puo' lottare contro l'elettrosmog ed essere perennemente attaccati al telefonino, cosi' come non si fa la lotta all'inquinamento da traffico, viaggiando prevalentemente in auto in citta' e fuori. Cosi' come i mezzi di lotta e di organizzazione vanno scelti esclusivamente alla luce della nonviolenza piu' assoluta. Solo una tale coerenza puo' permettere di cambiare le regole della politica e dei partiti. 3. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UNA LETTERA AL PRESIDENTE DEL C0NSIGLIO [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Leggo su "il Messaggero" del 4 giugno 2006 un articolo di Fabrizio Rizzi a colloquio con il presidente del Consiglio dopo le polemiche sul 2 giugno. Nell'articolo trovo scritto: "'Non capisco perche' la pace e gli uomini in divisa non debbano andare d'accordo'. Il premier, Romano Prodi, risponde cosi', in un colloquio con 'Il Messaggero', alle critiche del fronte pacifista seguite alla parata militare del 2 Giugno ai Fori imperiali. Il Professore trascorre un week-end in famiglia, e' sereno, ha il tono pacato. 'Questi uomini che hanno sfilato sono quelli che difendono e tutelano la pace. Non c'e' alcuna contraddizione sul valore della pace e della liberta' di tutti. Questo e' quanto pensa il governo che cosi' interpreta in maniera autentica lo spirito dell'articolo 11 della Costituzione. La pace e' il fondamento della nostra Carta. Ed e' l'obiettivo primario per l'Italia. Sono proprio gli uomini in divisa, che ne sono custodi, a vegliare su di essa in Italia e all'estero'". Dopo queste stupefacenti dichiarazioni, sono andato a rileggermi, per l'ennesima volta, il dettato dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo". * Signor Presidente del Consiglio, come lei stesso puo' constatare, non si parla in questo articolo ne' di militari ne' di Forze Armate. Il soggetto e' l'Italia, cioe' l'insieme di donne e uomini che formano la comunita' italiana. Insomma, la gente, i cittadini, gli italiani, il "popolo" cui spetta la sovranita', come dice la Costituzione stessa. Dove lei abbia potuto intendere che sono i militari a dover difendere il valore della pace, e pretendere cosi' di interpretare in maniera autentica addirittura lo spirito dell'articolo 11, proprio non riesco a capirlo. Le sue parole stravolgono la verita' scritta. Signor Presidente del Consiglio, comprendo la necessita' del realismo politico cui lei e' tenuto per l'importante compito che gli elettori le hanno assegnato, ma non posso accettare che per mantenere il delicato equilibrio su cui si regge la sua maggioranza, lei stravolga la lettera della Costituzione, sulla quale ha giurato fedelta' davanti al Presidente della Repubblica. "L'Italia ripudia la guerra": questa e' la lettera e lo spirito dell'articolo 11, che lei ha il dovere di osservare. Gia' troppe volte quell'articolo e' stato ignorato, calpestato, vilipeso dalle scelte fatte dai governi del passato, non si arrivi ora a negarne anche il senso compiuto. Non giochi anche lei con le parole, signor Presidente. Rispetti almeno la lettera, se non puo' salvare la sostanza. 4. MAESTRE. RAISSA MARITAIN: E QUESTA [Da Jacques e Raissa Maritain, Situazione della poesia, Morcelliana, Brescia 1979, p. 22. Raissa Maritain, nata Raissa Oumancoff a Rostov sul Don, il 31 agosto 1883; nel 1893 la famiglia si trasferisce a Parigi per sfuggire alle persecuzioni antiebraiche; pensatrice, poetessa, mistica, e' stata la compagna e collaboratrice di Jacques Maritain; e' deceduta a Parigi il 4 novembre 1960. Opere di Raissa Maritain: tutti gli scritti di Raissa Maritain nella edizione definitiva in lingua originale si trovano nei volumi XIV e XV di Jacques e Raissa Maritain, Oeuvres Completes, Editions Universitaires, Fribourg - Editions Saint Paul, Paris, 1993-1995. Opere su Raissa Maritain: E. Bortone, Raissa Maritain, Libreria editrice salesiana, Roma 1972; M. A. La Barbera, Silenzio e parola in Raissa Maritain, Omnia editrice, Palermo 1980; J. Suther, Raissa Maritain, pilgrim, poet, exile, Fordham University Press, New York 1990; M. Zito, Gli anni di Meudon, Istituto Orientale di Napoli, Napoli 1990; AA. VV., Simone Weil e Raissa Maritain, L'Antologia, Napoli 1993; L. Grosso Garcia, El amor mas aca' del alma, Ediciones Ensayo, Caracas 1997] E questa poesia ci persuade che il mistero del sole e di una giornata radiosa non e' minore di quello della notte oscura. 5. RIFLESSIONE. IAIA VANTAGGIATO INTERVISTA STEFANO RODOTA' [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 giugno 2006. Iaia Vantaggiato e' una prestigiosa intellettuale e giornalista impegnata per la pace e i diritti. Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933, giurista, docente all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo, Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e' Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e Professor alla Stanford School of Law, California), direttore dele riviste "Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al 2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati personali. Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994; Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997; Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e liberta', Laterza, Roma-Bari 2005] Della discussa iniziativa di Fabio Mussi, neoministro all'univerita' e alla ricerca, parliamo con Stefano Rodota', docente di diritto civile presso la Sapienza di Roma e gia' Garante per la Privacy. * - Iaia Vantaggiato: Partiamo dagli aspetti tecnici. Il ministro Fabio Mussi ha ritirato l'adesione dell'Italia alla dichiarazione etica che impegna alcuni paesi dell'Unione Europea a non utilizzare embrioni per la ricerca. Che significa? - Stefano Rodota': Germania, Austria, Polonia, Malta, Slovacchia e Italia - utilizzando una regola europea - hanno costituito quella che si definisce una "maggioranza di blocco" il cui fine e' stato quello di impedire che l'Unione Europea potesse finanziare, nell'ambito di programmi quadro, la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Si trattava, a mio parere, di una posizione in se' discutibile dal punto di vista di principio. A cio' aggiungererei che la decisione dei "sei" intendeva trasferire, nell'intera area dell'Unione, opinioni rilevanti a livello nazionale. * - Iaia Vantaggiato: La giudica una colpa? - Stefano Rodota': Si', se si considera che quelle opinioni rapresentavano l'espressione di una minoranza e tuttavia erano state imposte a tutti gli altri Paesi dell'Unione ai quali veniva impedito di ricorrere a fondi comunitari per la ricerca sulle embrionali. * - Iaia Vantaggiato: Una forzatura poltica? - Stefano Rodota': Assolutamente si'. Un forzatura della quale e' responsabile il governo Berlusconi. * - Iaia Vantaggiato: Cosa cambia con il ritiro della firma italiana deciso da Mussi? - Stefano Rodota': La presenza italiana e' determinante. Con la decisione di uscire da questa "minoranza di blocco" viene automaticamente a mancare il numero di voti necessario per bloccare i finanziamenti. Lo ripeto: quello che qui si cerca di fare - e a cui Mussi si ribella - e' l'esportare posizioni nazionali di totale chiusura cercando di trasformarle in inaccettabili regole europee. * - Iaia Vantaggiato: Resta centrale, comunque, la questione dei finanziamenti. - Stefano Rodota': Trattasi di questione estremamente ambigua. Da un lato, infatti, l'Europa - attraverso l'utilizzo delle risorse di cui dispone - e' in grado di finanziare attivita' finalizzate alla ricerca. Dall'altro lato, tuttavia, c'e' sempre la possibilita' che i finanziamenti europei in materia di staminali vengano puntualmente subordinati a una serie di controlli preventivi e nazionali nonche' alla valutazione della serieta' e dell'accettabilita' del progetto. Ed e' chiaro che si tratta di valutazioni meramente etiche. * - Iaia Vantaggiato: Ci sarebbe dunque un'Europa d'ampio respiro che si scontra con chiusure nazionali. - Stefano Rodota': In parte si'. I finanziamenti europei danno il massimo di garanzie per quanto riguarda la serieta', gli scopi, l'accettabilita' in se' di questo tipo di ricerca. Ma puo' sempre succedere che legislazioni nazionali differenziate possano determinare divieti. E' accaduto, oltre che in Italia, anche in Germania. Avere una regola europea che normi le legislazioni nazionali - di per se' meno rigorose - sarebbe assolutamente necessario. * - Iaia Vantaggiato: Va in questa direzione, secondo lei, la decione presa dal ministro Mussi? - Stefano Rodota': Mussi ha fatto una mossa estremamente ragionevole perche' bene ha compreso che tutto si puo' esportare tranne che il proibizionismo, soprattutto per quanto riguarda la ricerca. E rimuovendo l'ostacolo della cosiddetta pregiudiziale etica - cosi' guardando, peraltro, all'esperienza di altri paesi dell'Unione come Gran Bretagna, Spagna, Olanda e Belgio - ha aperto la strada affinche' la stessa soglia europea possa tornare ad essere parametro di garanzia. * - Iaia Vantaggiato: La civile America e' piu' avanti di noi? - Stefano Rodota': Non direi. Le faccio un esempio cosi' ci intendiamo meglio: negli Stati Uniti l'amministrazione Bush ha vietato qualsiasi tipo di finanziamento pubblico relativo alla ricerca sulle staminali, la quale pero', non considerata di per se' illegittima, gode dei fondi erogati dai privati. Vuole sapere qual e' il risultato? La ricerca - privata di fondi pubblici - e' meno controllabile e piu' soggetta a interessi di tipo immediatamente commerciale. Superfluo denunciare la fondamentale ipocrisia di questi atteggiamenti: quella del "lavarsene le mani" e' un'arte antica e noi rischiamo di riprodurla anche in Europa. * - Iaia Vantaggiato: In che modo? - Stefano Rodota': Bloccando i finanziamenti pubblici e cosi' eludendo le garanzie piu' che rigorose previste dall'Unione. Del resto il discorso non riguarda solo le staminali. Qualsiasi stato - e su qualsiasi argomento - puo' decidere che le sue risorse non debbano essere utilizzate per ricerche "sgradite". Si tratta di una deriva pericolosissima perche' in tal modo ciascuno stato finirebbe con l'impugnare la logica del veto. * - Iaia Vantaggiato: Professore, torniamo per un momento a questo concetto della pregiudiziale etica. Perche' fa tanta paura? - Stefano Rodota': Io penso che se guardassimo alle situazioni concrete invece di adoperare parole che potrebbero anche essere fuorvianti ci intenderemmo meglio. Che vuol dire pregiudiziale etica? Io ritengo che ci siano materie nelle quali "insista" un valore, un principio sul quale io non ritengo che sia possibile negoziare. La pregiudiziale etica descrive l'imposizione di una posizione particolare che bene ha fatto Mussi a smontare cercando di ricostruire una situazione di corretta liberta' e di totale autonomia per la ricerca. * - Iaia Vantaggiato: Professore, torniamo alla sempre piu' attuale contrapposizione tra etica e politica. A Mussi Rutelli lancia l'altola' e afferma: "La legge non si cambia perche' sull'etica dobbiamo decidere insieme". Lei come valuta questa dichiarazione? - Stefano Rodota': Io su questo ho una opinione abbastanza netta. E' chiaro che le decisioni del governo debbano essere decisioni collegiali, allo stesso tempo pero' questa presa di posizione sembra voler mettere le mani avanti e dire, in fondo, che ci sono alcune materie nelle quali non a tutti e' permesso di entrare. * - Iaia Vantaggiato: Non ritiene improprio, parlando di staminali, il richiamo alla legge 40 sulla procreazione assistita? - Stefano Rodota': Lo stesso Mussi aveva avvertito il pericolo quando aveva affermato la sua intenzione di non mettere assolutamente in discussione la legge 40. Anche se, io credo, questa e' una operazione alla quale si puo' tranquillamente procedere. E tuttavia, qui si sovrappongono due problemi diversi. Non si puo' utilizzare la legge 40 per bloccare i finanziamenti sulla ricerca per le staminali ne' per riaffermare il divieto di clonazione terapeutica e riproduttiva sancito dall'articolo 3 della carta dei diritti fondamentali dell'Unione. * - Iaia Vantaggiato: E torniamo cosi' alla "vexata quaestio" del rapporto tra etica e politica. - Stefano Rodota': In democrazia, il principio e' che nessuno puo' imporre agli altri una particolare posizione etica. Questo e' il principio e ogni discussione da qui deve partire. * - Iaia Vantaggiato: I vescovi che ieri hanno attaccato Mussi non sembrano pensarla cosi'. - Stefano Rodota': Che i vescovi facciano il loro mestiere e' fuori discussione ma anche la politica deve fare il suo. Mi ha colpito sentire, in campagna elettorale, interventi in cui agli argomenti tratti dalla Costituzione italiana veniva contrapposta una enciclica di Benedetto XVI o di Karol Wojtyla. Qui evidentemente c'e' un elemento che tocca i fondamenti stessi della nostra organizzazione democratica. 6. LIBRI. VALERIA MUCCIFORA PRESENTA "DAI MALTRATTAMENTI ALL'OMICIDIO" DI ANNA BALDRY [Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 maggio 2006. Valeria Muccifora scrive su varie testate. Opere di Valeria Muccifora, Grazie, Raffa!, Castelvecchi, 2000. Anna Costanza Baldry e' docente di Psicologia sociale alla Seconda Universita' di Napoli. Tra le opere di Anna Costanza Baldry: (con Gilda Scardaccione e Melania Scali), La mediazione penale, Giuffre', 1998; Bullying in school. A psycho social approach, Edizioni Carlo Amore, 2003; (con Ritagrazia Ardone), Mediare i conflitti a scuola, Carocci, 2003; Il bullismo. Un approccio psicosociale, Edizioni Carlo Amore, 2004; Focus group in azione, Carocci 2005; Dai maltrattamenti all'omicidio, Franco Angeli, 2006] Ogni anno in Italia centinaia di migliaia di donne (verosimilmente una su cinque, ma un'indagine Istat in corso fornira' le cifre esatte a partire forse gia' dalla fine dell'anno) subiscono un qualche tipo di violenza domestica, cioe' agita dalla mano di un partner o di un ex: psicologica, fisica, economica, sessuale (piu' di una su tre) o - ed e' la variante emergente - di tipo persecutorio, stalking). Molte riportano lesioni gravi o gravissime. Una ogni novantasei ore viene uccisa. In genere le cronache applicano agli uxoricidi lo schema del delitto passionale, commesso durante un raptus o una temporanea follia assassina. In questo modo pero' si perpetuano due gravi malintesi: che si tratti di uccisioni inevitabili perche' impossibili da prevedere e, in quanto tragedie "familiari", che esse restino un fatto privato slegato da un contesto sociale piu' ampio, che invece ha le sue responsabilita'. In realta' - come afferma Anna Baldry, psicologa e criminologa, autrice di Dai maltrattamenti all'omicidio (Franco Angeli, pp. 189, euro 20) - "e' raro che vi siano casi di uxoricidio non preceduti da minacce, aggressioni fisiche e/o sessuali". Per la maggior parte dunque gli omicidi sono "annunciati": le vittime, prima di essere uccise, erano state perseguitate, assalite, terrorizzate, stuprate. Alcune di loro avevano chiesto aiuto, rivolgendosi ai servizi sociali, alle forze dell'ordine o ai centri antiviolenza. Una via crucis dolorosa e umiliante segnata da stazioni individuabili, che si succedono quasi sempre secondo il medesimo, riconoscibile, modello ciclico, quasi mai - come dicono le statistiche - destinato a interrompersi da se'; ma sul quale - diversamente da quanto accade nella aleatorieta' del raptus - e' possibile intervenire preventivamente. Una tempestiva valutazione dei fattori di rischio presenti all'interno della (ex) coppia (individuati vagliando metodicamente le caratteristiche del partner violento e della vittima nonche' il tipo di relazione e di contesto socio-familiare), potrebbe infatti contribuire a salvare alcune vite. Nel suo libro, Baldry promuove e illustra la procedura di valutazione del rischio denominata Sara (Spousal Assault Risk Assessment), messa a punto in Canada nel '95 e in fase di sperimentazione in Italia. Nessuna sorpresa se tra i fattori ritenuti "sensibili" ci sono anche le convinzioni nutrite da alcuni partner violenti nei confronti dei rapporti interpersonali uomo-donna e verso i ruoli all'interno della famiglia: convinzioni fondate su "stereotipi non rispettosi del ruolo e della funzione altrui". 7. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "MILITIA CHRISTI" DI ADOLF VON HARNACK [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contattu: e.pey at libero.it) per questa recensione che subito si trasforma in un piu' ampio saggio e profonda e nitida una parenesi. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Adolf von Harnack (Dorpat in Livonia [oggi Tartu] 1851 - Heidelberg 1930), storico e teologo protestante, docente di storia della chiesa, membro dell'Accademia prussiana delle scienze, ebbe grande influenza nella vita culturale coeva e fu tra i principali rappresentanti della teologia liberale tedesca, ricevette il titolo nobiliare per meriti culturali, negli ultimi anni si impegno' nel movimento ecumenico. Su Sergio Tanzarella (per contatti: sergiotanzarella at virgilio.it) dalla rivista "Quaderni satyagraha" riprendiamo la seguente scheda: "Sergio Tanzarella insegna Storia della Chiesa presso la Facolta' Teologica dell'Italia Meridionale di Napoli (sez. San Luigi). Ha curato tra l'altro: il volume"Costruire la pace sulla terra. A trent'anni dalla Pacem in terris (La meridiana, Molfetta 1993); e le voci: "Pace" nel Dizionario delle idee politiche (AVE, Roma 1993); "La Chiesa nei primi secoli. Non violenza e pace nella Chiesa antica" nel Dizionario di Teologia della Pace (Edb, Bologna 1997); "Pace e nonviolenza nel cristianesimo antico (I-III secolo)" in Mai piu' la guerra. Per una teologia della pace (La meridiana, Molfetta 1998); tra le sue piu' recenti pubblicazioni: La purificazione della memoria (Edb, Bologna 2001). Socio dell'"Associazione italiana dei professori di Storia della Chiesa", e' membro del consiglio di redazione della rivista "Rassegna di Teologia". Attualmente sta curando con Donatella Abignente il volume Tra Cristo e Gandhi. L'insegnamento di Lanza del Vasto, per le edizioni San Paolo. E' stato parlamentare nella XII legislatura. E' vicepresidente della Fondazione "don Peppino Diana" contro l'usura e per la legalita'"] Adolf von Harnack, Militia Christi. La religione cristiana e il ceto militare nei primi tre secoli, (1905), a cura di Sergio Tanzarella, Edizioni L'Epos, Palermo 2004, pp. 189, euro 15,80. Sergio Tanzarella, studioso di storia del cristianesimo, ha curato e introdotto la prima traduzione italiana di questa opera classica negli studi su cristianesimo antico e servizio militare. Il curatore avverte che negli ultimi decenni questi studi rispondono piu' alla precomprensione degli studiosi (pacifisti o giustificazionisti della guerra) che all'impostazione scientifica. Le tesi di Harnack (1851-1930), a loro volta, risentono dello stato degli studi su chiesa antica e patrologia nel 1905. Il rapporto chiesa-impero e' una questione molto delicata perche' coinvolge la sostanza stessa del "vangelo della pace" (l'espressione e' nella lettera paolina agli Efesini 6, 15, proprio nel contesto di una metafora militare, di "militia Christi". In Atti 10, 36 e' detto che Dio "evangelizza la pace" per mezzo di Gesu'). Nell'esercito imperiale il soldato aveva ampi compiti, anche amministrativi, anche di polizia, ma non esclusivamente pacifici. Tertulliano distingue militare (in tempo di pace) da bellare (combattere, uccidere). Il rapporto tra cristiani e mondo militare dell'impero era complesso e sfumato, nel piu' vasto e incerto terreno della ricerca di soluzioni a problemi morali. La chiesa non dette particolare attenzione al problema del servizio militare e della nonviolenza, ma esiste un filo rosso di sensibilita' pacifista e nonviolenta, minoritaria e circoscritta, che da' testimonianza fino al martirio. Tale situazione, del resto, non e' molto diversa da quella di oggi, in cui la chiesa predica la pace, ma non impegna quanto impegna in altri campi morali nella scelta di nonviolenza attiva, che resta propria di minoranze profetiche. Harnack si poneva due problemi: 1) in che misura il cristianesimo ha assorbito nella sua organizzazione caratteristiche militaresche, cioe' la visione della fede come combattimento in una guerra santa da parte dei "soldati di Cristo"? (Chi ha l'eta' sufficiente, oggi ricorda che questo titolo veniva conferito ai bambini col sacramento della cresima, confermazione del battesimo). 2) Quale fu la posizione della chiesa riguardo alla professione militare dei singoli cristiani? Effettivamente, nei Vangeli, nell'Apocalisse, in Paolo si riscontra talvolta un linguaggio militare come figura letteraria, che pero' esercita un'influenza e un'assuefazione concreta. Tra i padri della chiesa, Origene ha il problema (che fu gia' di Marcione) di conciliare la Buona Novella col Dio delle battaglie e degli eserciti del primo Testamento. Per lui, i cristiani sono milites Christi, il bellicismo e' spiritualizzato, il battesimo e' sacramentum (giuramento militare), Cristo e' imperator; i martiri e confessori sono veri guerrieri. Harnack riscontra una differenza tra le opere letterarie (idealizzanti) e la prassi quotidiana dei cristiani. Le fonti, silenziose fino al 170, successivamente presentano un "esercito percepito con sempre maggiore familiarita' nella Chiesa", a causa sia del diffuso linguaggio militare cristiano, il quale ottenne il pericoloso effetto di rendere familiari immagini e azioni di un universo tanto lontano dal vangelo, sia delle molte conversioni nell'esercito. La fede cristiana e' intesa come militanza nell'esercito di Cristo. Vi sono importanti eccezioni (Massimiliano e Marcello, obiettori martirizzati), ma la linea e' quella, e si compira' nella svolta costantiniana. Il Dio cristiano e' riconosciuto come Dio di guerra e di vittoria. I piu' anziani di noi ricordano l'inno abituale nell'Azione Cattolica, simile a un barbaro-liturgico grido di guerra: "Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat". Cio' che ieri sembrava esprimere la fede, oggi la umilia. * Sulle tesi di Harnack vi furono reazioni e discussioni che Tanzarella documenta. Pare certo che la prassi, nella chiesa antica, sopravanzi definitivamente ogni norma o preoccupazione morale, anche perche' la grande conversione al cristianesimo avvenne a partire proprio dall'esercito. Tuttavia, nelle chiese africane (poi soppiantate dall'islam) si trova una comune sensibilita' al tema della nonviolenza e una coerenza tra le affermazioni degli scrittori e le scelte concrete dei cristiani: Tertulliano scrive il De Corona; vi sono testimoni della pace fino al martirio. Eppure, anche questi scrittori adottano, persino piu' di altri, immagini militari della vita cristiana, ma insieme al rifiuto del servizio militare e della violenza. Non si tratta solo, per esempio nel martire Massimiliano, di opposizione politica all'occupazione romana; sarebbe una lettura riduzionista. Massimiliano e' la voce di quel cristianesimo sommerso che ci e' pervenuta generalmente attutita dalla mediazione dei vescovi e dei teologi (si vedano gli studi di Remo Cacitti). E' da rigettare la tesi che in questi martiri non vi sarebbe obiezione antimilitarista, ma solo antidolatrica, e che ci sarebbe per loro piena compatibilita' tra servizio militare e religione cristiana. Il testo originale degli atti processuali di san Massimiliano martire, decapitato, si legge nel lavoro storico-filologico di Paolo Siniscalco, Massimiliano: un obiettore di coscienza del tardo impero (Paravia, Torino 1974, pp. 159-161). Da questo testo e dall'analisi di Siniscalco risulta che il motivo dell'obiezione di Massimiliano sta nelle parole: "Non possum militare; non possum malefacere", dove il malefacere riguarda non pratiche idolatriche, ma l'uso delle armi (Siniscalco, p. 72 e 133-135). Le immagini militari come modello della vita cristiana sono soltanto spirituali, non fanno impugnare le armi, ma quel linguaggio non restava innocente. Origene, per rispondere all'accusa di Celso ai cristiani di abbandonare l'imperatore durante le guerre (dunque, era un fatto avvertibile) dice che i cristiani fanno piu' e meglio che combattere, pregano Dio per la vittoria! Cosi' si avvia una bellicosita' spirituale. La battaglia spirituale tende a diventare reale, guerra santa. La militia metaforica si trasformo' in servizio militare alla causa di Cristo: pax romana e pace di Cristo, del tutto estranee, finiscono per identificarsi. Il Sinodo di Arles del 314 punisce i disertori, su richiesta di Costantino. Ma cio' dimostra che c'erano non pochi casi di disertori! Lattanzio e Eusebio di Cesarea offrono appoggio alla collaborazione dei cristiani con l'impero, facendo una vera teologia politica, imitata fino a tempi recenti, e inseriscono Costantino nel disegno divino! Le vittorie sono attribuite all'intervento divino, nasce una "teologia della vittoria" (Lepanto, del 1571, e' un modello anche per certi cristiani di oggi). Il miles Christi diventa un eroe che uccide i nemici della Chiesa. Bernardo di Chiaravalle, nel De laude novae militiae (1128), dice papale papale che uccidere il nemico non e' un omicidio ma un "malicidio". Oggi l'imperatore d'Occidente dichiara, in un discorso dopo l'11 settembre 2001, che la sua "guerra infinita" durera' fino a "togliere il male dal mondo". Padre Gemelli, durante la prima guerra mondiale porra' i soldati italiani sotto la protezione del Sacro Cuore di Gesu', cosi' esortandoli a restare docilmente ubbidienti alle esigenze di quella folle guerra. Padre Sertillanges, un maestro, quando Benedetto XV defini' "inutile strage" quella guerra, chiedendo la pace, proclamo': "Santo Padre, non vogliamo saperne della vostra pace!". Scoprirlo mi ha scandalizzato. * La militarizzazione del critianesimo, antitesi del vangelo, e' l'ennesima sacralizzazione della violenza scaricata sul capro espiatorio, nell'illusione di liberarne la societa'. Rene' Girard mostra la capacita' demistificatrice dei Vangeli, che ingiustificano sacrifici e violenza dal momento che il "capro" Gesu' e' il pienamente innocente, colui che pienamente "prende su di se'" il male del mondo, per sostituirlo con l'amore senza limite, invece di respingerlo con quell'aggiunta di male che e' la violenza "giustificata". Anche la teologia sacrificale della redenzione, dominante per secoli nella catechesi, e solo oggi generalmente abbandonata, dipende dal fascino tetro della violenza purificatrice, attribuita anche a Dio Padre, che vorrebbe l'unica soddisfazione adeguata all'offesa infinita fatta dall'umanita' alla sua infinita maesta', con la morte sacrificale del proprio Figlio divino! Per tutto cio' le chiese cristiane, salvo minoranze, hanno evitato la scelta chiara della nonviolenza evangelica, quasi allarmate perche' tale opzione, effettivamente, toglie la possibilita' di confidare ancora nella guerra, seppure come extrema ratio. Evitare l'opzione nonviolenta, o anche solo prendere le distanze dal pacifismo, significa volersi riservare la possibilita' morale della guerra. * Torniamo alla storia. Ipazia, filosofa pagana (stimata dal vescovo Sinesio), fu linciata nel 415 ad Alessandria da cristiani fanatici che l'accusavano di perseguitare il vescovo Cirillo (responsabile indiretto di quel delitto). Militia Christi diventa cosi' intolleranza, prima verso i pagani poi verso eretici e infedeli. L'espansione della cristianita' avviene in modo anche bellico, da Carlo Magno alla Reconquista spagnola alla conquista americana, denunciata dal vescovo Bartolome' de Las Casas. La crociata non e' solo un evento storico ma diventa una categoria perenne dello spirito cristiano. All'inizio del XVI secolo, negli stessi anni di Machiavelli e di Lutero, Erasmo da Rotterdam scrive nel grande Dulce bellum inexpertis: "Si scontrano eserciti cristiani, tutti sotto l'insegna della croce [rimasta fino ad oggi in tanti stemmi statali], che da sola ammonisce come dovrebbero vivere i cristiani. Sotto quel segno della perfetta comunione dei cristiani ci si precipita alla reciproca strage". Ho pubblicato una lettera di Ernesto Balducci, inviatami il 21 gennaio 1989, nella quale egli afferma che la riforma pacifista di Erasmo, se fosse stata capita, avrebbe inciso sulla modernita' piu' positivamente della riforma di fede, ma non pacifica, avviata da Lutero, perche' la vera questione evangelica era la pace (cfr "il foglio" n. 238, aprile 1997, p. 7; v. anche David Maria Turoldo, Ernesto Balducci, La terra non sara' distrutta, l'uomo inedito la salvera', Gribaudi 2002, pp. 38-39. Le mie lettere di Balducci sono depositate presso la Fondazione Balducci). Guerre di religione intercristiane; guerra sacra ai turchi; valore religioso del giuramento militare; benedizioni della bandiera e delle armi; preghiere del fante e del marinaio; cappellani militari in tuta mimetica e stola (spettacolo, quest'ultimo, dei nostri giorni, in televisione); "croci" al merito militare, guadagnate sul campo di guerra; "altare" della patria al milite ignoto; omaggi all'eucarestia e al papa mediante esibizione di uomini in armi; retorica della "religione civile", fino all'ipocrisia offensiva dei monumenti ai "caduti" - non alpinisti precipitati, ma soldati ammazzati - eretti in ogni piu' piccolo villaggio ai contadini strappati a famiglia e terra per essere mandati a morire e uccidere: dilaga cosi' l'inverosimile possibilita' di una fedelta' cristiana armata e disposta a guerreggiare da buon soldato cristiano. Ecco, allora, che il soldato ucciso in guerra diventa un eroe, anzi un martire, come letteralmente e' stato detto da vescovi celebranti anche nei funerali recenti dei soldati italiani morti in Iraq, portando la "pace" con la guerra! Ma quel titolo usurpato spetta soltanto a chi viene ucciso per non uccidere, da Massimiliano a Franz Jaegerstaetter (decapitato come Massimiliano e come i giovani della Rosa Bianca), e a tanti altri conosciuti o sconosciuti, ma scritti nel libro della vita. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1318 del 6 giugno 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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