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La nonviolenza e' in cammino. 1299
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1299
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 18 May 2006 00:13:02 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1299 del 18 maggio 2006 Sommario di questo numero: 1. Un'agenda per il disarmo 2. Lidia Menapace: Nonviolenza e politica 3. Per il 2 giugno: la Costituzione, la pace, il diritto alla vita e alla dignita' di ogni essere umano 4. Umberto Santino: Sulla cattura di Provenzano. L'incubo, la farsa e lo stereotipo 5. Roberto Mancini: La lunga transizione italiana 6 La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. MATERIALI. UN'AGENDA PER IL DISARMO [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per averci inviato la relazione del Gruppo di lavoro "Agenda per il disarmo" che si e' riunito durante i lavori del XXI seminario nazionale della Tavola della pace "Per un'Italia nonviolenta: una politica di pace" (Riccione, 13 maggio 2006). Scrive Mao Valpiana nella lettera di accompagnamento del documento: "Il gruppo di lavoro e' stato coordinato da Lisa Clark dei 'Beati i costruttori di pace'; la relazione preparata ed illustrata in assemblea generale da Renzo Craighero del Movimento Nonviolento di Bologna. Hanno partecipato al gruppo di lavoro, tra gli altri, Lorenzo Scaramellini (Campagna Osm/Dpn), Renato Fiorelli (Movimento Nonviolento di Gorizia), Tiziano Tissino (Beati i costruttori di pace di Pordenone), Mao Valpiana (Movimento Nonviolento di Verona), e mi scuso con le altre due persone presenti di cui non ricordo il nome"] Proposta di agenda per il disarmo. Relazione svolta in plenaria il 13 maggio 2006 come esito del gruppo di lavoro coordinato da Lisa Clark nell'ambito del seminario "Per un'Italia nonviolenta: una politica di pace". * Premessa: anche il nostro gruppo non ha avuto una grande partecipazione: una decina di persone per lo piu' amiche e amici della nonviolenza. Assenti i rappresentanti degli enti locali: una assenza forse giustificata dalla priorita' data ad altre commissioni e che pertanto ci auguriamo non sia frutto di una disattenzione al tema del disarmo ma che derivi da una situazione contingente. * Abbiamo colto e apprezzato il titolo di questo seminario "Insieme per una Italia nonviolenta", e da questa visione e impostazione, dal profilo alto e impegnativo, siamo partiti nel delineare le nostre proposte di una agenda per il disarmo. "Insieme per una Italia nonviolenta" ci fa fare i conti con la prospettiva di una Italia senza armi, una prospettiva non di immediata attuazione ma un percorso. Un percorso che deve tener conto del punto da cui si parte: quello di un paese il cui modello di difesa e' caratterizzato in senso offensivo. Da qui una prima osservazione di carattere strategico: dobbiamo cambiare il nostro modello di difesa passando dall'attuale "difesa offensiva" ad una "difesa difensiva armata" almeno in coerenza con l'art.11 della nostra Costituzione, per arrivare poi ad una "difesa civile non armata" o "difesa popolare nonviolenta". Dobbiamo in sostanza richiedere al nuovo Governo di attuare un processo di transarmo. Riteniamo che a questo fine si debba operare contemporaneamente lungo tre direttrici di marcia: - dismettere gli apparati offensivi; - ridurre le spese militari; - avviare e sostenere forme alternative di difesa. * Relativamente al primo punto (dismettere gli apparati offensivi), abbiamo preso in considerazione subito la questione del nucleare militare. Una questione tornata alla ribalta della cronaca per il contenzioso sul caso Iran, ma che sarebbe sbagliato circoscrivere a questo fatto: riteniamo infatti che l'instabilita' e le minacce alla sicurezza derivino in primo luogo da quegli Stati che gia' producono e detengono bombe nucleari. Sappiamo peraltro, sul tema del nucleare, di cogliere l'attenzione e sensibilita' della Tavola per la pace in quanto furono proprio alcuni enti locali contrari al nucleare (anche civile) a dar vita diversi anni fa al Coordinamento degli enti locali per la pace. Occorre, rispetto al nucleare militare, prendere posizione e prevedere: - lo smantellamento delle testate nucleari presenti nel nostro Paese e nel contempo la chiusura delle basi portuali riservate alle navi nucleari. Per questo riteniamo necessario chiedere al nuovo Governo di partecipare all'Assemblea Nato di novembre esprimendo una chiara posizione di rinuncia all'opzione nucleare e di richiesta di smantellamento degli arsenali nucleari presenti nel nostro Paese. E' una posizione che gi altri Governi hanno assunto in passato, pur mantenendo l'adesione alla Nato, e che alcuni altri Governi sono oggi orientati ad assumere; - il sostegno ad azioni legali contro il Governo Usa per i potenziali danni derivanti alle popolazioni presenti in vicinanza delle basi militari, in conseguenza di possibili incidenti o attacchi. Invitiamo pertanto gli enti locali, le associazioni, le singole persone, ad aderire al Comitato in via di costituzione "Via le bombe" da Aviano e dall'Italia. Nel contempo occorre, rispetto all'apparato militare convenzionale, prevedere la rinuncia e dismissione di tutti i mezzi e sistemi d'arma di carattere strutturalmente offensivo, dai cacciabombardieri alle portaerei, sia quelli gia' esistenti che in fase di costruzione. * Relativamente al secondo punto (ridurre le spese militari), abbiamo condiviso che non basta una riduzione una tantum ma che ci interessa il trend di riduzione della spesa e il complesso delle azioni messe in campo. Per questo: - chiediamo al nuovo Governo di ridurre le spese militari di almeno il 5% l'anno per tutta la durata della legislatura, riducendo in primo luogo - nell'ambito del bilancio militare - le spese della funzione Difesa; - invitiamo lo stesso Governo a ripristinare e rafforzare i controlli sulla legge 185 limitativa del commercio d'armi; - chiediamo a tutti di sostenere la Campagna "ControlArms", alle sue ultime battute, e al Governo di sostenere la proposta per un Trattato internazionale sul commercio delle armi leggere, in occasione della conferenza di giugno dell'Onu sui traffici illeciti di armi leggere; - invitiamo ad impegnarci per la riconversione delle fabbriche d'armi avviando sul territorio, in stretto raccordo con le organizzazioni sindacali, studi e progetti pilota di riconversione. * Relativamente al terzo punto (avviare e sostenere forme alternative di difesa), pensiamo che non basta dire no alla difesa armata e eliminare le armi, ma dobbiamo accompagnare queste azioni con lo sviluppo dell'educazione alla pace e il sostegno istituzionale e civile a progetti e forme di difesa alternativa a quella militare. Con questo fine proponiamo al Governo: - di istituire un "Ministero per il disarmo e la pace" dotato di adeguate risorse, recuperate anche dalle minori spese derivanti dal Ministero della Difesa; - consentire ai cittadini, con una apposita legge, di esercitare l'opzione fiscale come proposto da anni dalla Campagna nazionale di obiezione alle spese militari; - di sostenere e sviluppare l'attivita' dei Corpi civili di pace; - di sostenere e sviluppare le ricerche sulla pace. * Concludo segnalando che come gruppo di lavoro auspichiamo: - che la Tavola per la pace mantenga e accentui l'attenzione al tema del disarmo, riservando allo stesso uno spazio adeguato nell'ambito degli appuntamenti futuri; - che, nel contempo, la Tavola attivi una azione di monitoraggio sullo stato di avanzamento e sull'esito delle proposte e iniziative attuate su questo tema; - che si costituisca un tavolo di lavoro stabile di confronto e discussione fra Tavola/movimenti e parlamentari per il disarmo; - che la Tavola inviti i parlamentari ad aderire alla rete internazionale dei parlamentari per il disarmo nucleare; - che la Tavola inviti gli enti locali a rafforzare la loro presenza all'interno della rete internazionale dei sindaci per la pace "Mayors for peace". 2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: NONVIOLENZA E POLITICA [Ringraziamo di cuore Giovanna Providenti (per contatti: providen at uniroma3.it) per averci messo a disposizione questa ampia sintesi della trascrizione dell'intervento conclusivo di Lidia Menapace al convegno su "Nonviolenza e politica" svoltosi a Firenze il 6 maggio 2006 su iniziativa del Movimento Nonviolento. (Trattandosi di un intervento orale e di una trascrizione non rivista dall'autrice si e' reso opportuno come di consueto in questi casi un minimo lavoro di editing per ricondurre - entro i limiti del possibile e del ragionevole, e cercando di mantenere almeno la fragranza del vivido e scintillante colloquiare di Lidia - al registro linguistico proprio della forma-scrittura le digressioni, i movimenti e le altre peculiarita' proprie della comunicazione a voce da volto a volto, che - ça va sans dire - sempre e' la forma comunicativa piu' vibrante di calore e luminosa venusta'. I titoli dei paragrafi sono naturalmente redazionali. Degli eventuali fraintendimenti si scusa qui chi sigla questa nota - p. s.). Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Contro il riduzionismo, la preziosa ricchezza della molteplicita' Sono d'accordo con chi ha detto che dobbiamo applicare il metodo del consenso per prendere le decisioni, ma questo non per raggiungere unita' forzate o sintesi omologatrici: io sono contrarissima a questi termini, che in ambito sociale e politico recano una pretesa per cosi' dire "monoteista", ed impongono una uniformizzazione da cui io resto sempre fuori. Naturalmente anche un generico pluralismo e' un'altra trappola: perche' non e' assolutamente detto, ad esempio, che un paese dove ci sono otto partiti sia piu' democratica di uno dove ce ne sono quattro. Il problema sta nel fatto di stabilire nel partito l'unica forma della politica, mentre invece bisogna avere a cuore una molteplicita' di forme. Ad esempio i movimenti non sono, come dice qualcuno, "pre-politica": bensi' sono altre forme della politica. In una societa' complessa come la nostra non e' piu' possibile avere una sola forma che interpreta la societa', ed e' necessario che i soggetti si organizzino secondo le proprie caratteristiche; la sfida, a mio parere, e' quella di riuscire a gestire la molteplicita' lasciandola molteplice, e non cedere al riduzionismo. * Breve un elogio della buona lentezza Io sento molto forte l'urgenza di fare qualcosa per cambiare le cose per come stanno andando, ma al tempo stesso so che quando c'e' un'urgenza bisogna essere lenti. Cio' di cui avremmo piu' bisogno sarebbe distendere in un tempo ristretto un ragionamento calmo. Per esempio, noi donne elette in parlamento, che siamo riunite in un comitato, siamo state gia' sorpassate dalle decisioni che sono state prese rapidamente da quelli che si sono subito insediati perche' sono attaccati al loro potere. Per non parlare della possibilita' di portare in parlamento le rivendicazioni come quelle ad esempio venute fuori in una giornata come quella di oggi. Arriva sempre tutto troppo tardi. E ci ritroviamo a fare i giochi di risulta. Mentre invece cio' che piu' servirebbe e' avere la forza di dire: "no, fermiamoci un momento, piu' che di andare veloce adesso serve mantenere una relazione molto fervida tra rappresentanze e rappresentati/e". Bisogna fermare il vorticoso moto della politica, rallentare i tempi per fare spazio alla democrazia, perche' altrimenti ci troviamo sempre di fronte al fatto che altri, che certo avevano la legittimita' di farlo, hanno preso le decisioni... * Movimenti, forma-partito e limpida un'apologia dell'infedelta' ad ogni atteggiamento omertoso Sulla necessita' che i movimenti si autosostengano io ho un atteggiamento per cosi' dire di dialettica, cio' che mi sembra piu' importante e' non rimanere sempre in una posizione marginale o peggio sacrificale, una nobile testimonianza che forse passera' alla storia, ma non la modifica... I movimenti dovrebbero chiedere un'interlocuzione alla pari con i partiti. Ad esempio, e' stato detto che il programma dell'Unione e' stato scritto con il metodo del consenso, ma e' necessario che i movimenti facciano chiarezza sulle proprie posizioni, anche facendo forza perche' emergano in maniera chiara. Soprattutto e' necessario superare un linguaggio troppo generico. Non basta dire "superamento di una determinata legge", e' necessario anche specificare che cosa si intende per "superamento", che per alcuni puo' essere andare avanti, per altri tornare indietro. Rispetto al partito nelle cui liste sono stata eletta come indipendente, ho intenzione di mantenere un atteggiamento che definirei "laico", e rispetto a scelte non nitide o non accettabili sono disposta a fare cose come spionaggi, infedelta'; non ho nessun problema da questo punto di vista dal momento che le infedelta' che si pongono a mio carico sono assolutamente senza numero. Del resto io non credo piu' di tanto a questa forma politica straordinariamente rispettabile-rispettata che ha finito la sua storia, e che comunque continua a mantenere un grande potere, che si chiama il partito. * Quel che e' mancato. Di Attila, del linguaggio della violenza, del nascere e del femminismo Se devo dire che cosa mi manca in questa giornata: si e' accennato al '68, all'ecologismo, a molte altre buone cose, ma il femminismo a molti non esce di bocca neanche sotto tortura, eppure qualsiasi discorso non puo' essere fatto senza anche questo elemento che e' stato, ed e', una cosa grandiosa; forse inquietante, perche' mette in gioco le certezze piu' profonde di chi ha gestito tutto al mondo fino a ieri mattina, e che ha dalla sua la gloria, la storia, il potere, tutto. Non per niente tutto quello che fa il padre si studia a scuola, mentre niente si sa di cio' che fa la madre. Anche solo come si mettono al mondo i bambini... eh, non si raccontano queste cose... Attila si', ma come si nasce no! Un modo di osservare il reale che fa gia' partire inosservate piu' di meta' delle persone che compongono la specie umana. Un pensiero politico che non includa cio' che e' il femminismo, e non si aggiorni (perche' il femminismo non e' mica lo stesso sempre, e inoltre i femminismi sono tanti), e' un discorso incompleto e sostanzialmente violento. Anche solo dal punto di vista del linguaggio non inclusivo, il fatto di dire uomo per intendere l'essere umano comporta un genocidio simbolico di natura violenta. * Ci sono piu' cose tra cielo e terra... Poi volevo dire qualcosa a proposito del lamentarsi. E' possibile lamentarsi della mancanza di movimenti e non accorgersi che c'e' stato "usciamo dal silenzio" e "144 parole di liberta'", entrambi confluiti nel "no vat"? C'e' un grande movimento laico, che e' nuovo: come hanno detto le donne di Napoli "la laicita' tradizionale non ci basta". Si puo' parlare della miserabilita' della politica siciliana e non fare il nome della novita' grande e luminosa di Rita Borsellino? E' importante accorgerci di cio' che c'e'. Io lamento questa cecita', questa frequente incapacita' di leggere il reale nella sua complessita': per questo vedo male l'unita' e la sintesi perche' sono sempre movimenti riduzionistici. Noi invece abbiamo bisogno di una straordinaria capacita' di leggere la complessita' e di non ridurla. * Vincere il referendum costituzionale per respingere il disegno golpista Luhmann ha scoperto la complessita', ma le ricette che Luhmann ha formulato, in quanto uomo del corporativismo tedesco, sono insufficienti: tutti i movimenti vanno bene, basta che non abbiano un disegno generale, poi sopra ci metti un bel governo con un esecutivo forte, il presidente eletto dal popolo... Come avviene con quell'assurda legge di riforma costituzionale contro cui andremo a votare al referendum di giugno in difesa della Costituzione della Repubblica Italiana; una legge che se venisse ratificata distruggerebbe fondamentali elementi di democrazia del nostro ordinamento giuridico: ad esempio, ditemi voi quale parlamento voterebbe contro il presidente del consiglio - anzi "capo del governo", come recita il testo del progetto costituzionale berlusconiano - che lo potrebbe sciogliere? * Politica e cultura: la preziosa qualita' dei movimenti di base Sui movimenti di base come forma politica: i vari movimenti dovrebbero contaminarsi tra di loro utilizzando meno l'aspetto populista, l'unita' di popolo, e piu' i contenuti di cultura politica che recano, percha' la cosa nuova di questi movimenti (quelli contro la Tav in Val di Susa o simili) e' che hanno compiuto una crescita culturale straordinaria ed hanno elementi di conoscenza della realta', di collocazione nel tempo, di attualita': sono assolutamente movimenti presenti, e questo ha una grande importanza. * Dalle tessere musive all'ologramma: la parte, il tutto, la liberta', il rischio, i compiti dell'ora e sorridente una chiusa Mi premeva di trasmettere l'idea che siamo a uno dei tanti punti di svolta... I movimenti non hanno piu' la forma del mosaico, in cui qualcuno ha fatto il disegno e poi colloca gli altri nei posti delle varie tessere del mosaico. I movimenti oggi sono olistici, in un piccolo pezzo di realta' leggono tutto il reale e questo stabilisce un'altra forma della conoscenza politica e delle relazioni, naturalmente pero' ti priva del fatto che qualcuno abbia fatto prima il disegno generale. Risulta una cosa piu' affascinante, piu' avventurosa, piu' libera se si vuole, ma anche c'e' il rischio che cosi' ci si arrocchi, non si abbia piu' la capacita' di mettersi in comunicazione con gli altri. Io credo che all'interno del movimento ci si debba preoccupare di piu' di questo genere di problematiche. Ed occuparsi piu' del presente, questo presente cosi' complesso che ci sfugge sotto i piedi e che se non lo analizziamo per tempo, e non troviamo il modo di affrontarlo, ci travolgera'. A me forse no, perche' me ne andro' prima... 3. APPELLI. PER IL 2 GIUGNO: LA COSTITUZIONE, LA PACE, IL DIRITTO ALLA VITA E ALLA DIGNITA' DI OGNI ESSERE UMANO [Riproponiamo - aggiungendo le ulteriori adesioni pervenute - l'appello per il 2 giugno festa della Costituzione, senza l'abusiva parata militare, scritto da Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) e sottoscritto gia' da numerose persone; invitiamo tutte le persone che ci leggono ad aderire all'iniziativa e a diffonderla ulteriormente. Segnaliamo che anche altre persone, associazioni e comitati in queste ultime ore hanno promosso appelli affinche' il 2 giugno non abbia luogo l'oscena esibizione degli apparati e degli strumenti di guerra] Signor Presidente della Repubblica, insieme ai nostri vivi auguri per il Suo alto compito, Le rivolgiamo una calda richiesta, che viene dal popolo della pace, di festeggiare il prossimo 2 giugno come vera festa della Costituzione, come festa del voto popolare che ha voluto la Repubblica e eletto la Costituente, e niente affatto come festa militare. Ammessa, per amore di dialogo, e non concessa la necessita' dell'esercito - che noi come tale discutiamo (tra esercito e polizia democratica la differenza e' essenziale, come tra la violenza e la forza, la forza omicida e la forza non omicida) - esso non e' assolutamente il simbolo piu' bello e vero della patria, non e' l'esibizione giusta per il giorno della festa della Repubblica: nell'ipotesi piu' benevola, e' soltanto una triste necessita'. La parata militare e' brutta tristezza e non e' festa. La parata delle armi non festeggia la vita e le istituzioni civili del popolo, non dimostra amicizia verso gli altri popoli, non e' saggezza politica. Non e' neppure un vero rispetto per chi, sotto le armi, ha perso la vita. Rispettando le diverse opinioni, e' un fatto inoppugnabile che l'esercito non ha avuto alcuna parte nell'evento storico del 2 giugno 1946, quando unico protagonista e' stato il popolo sovrano e l'azione democratica disarmata: il voto. Nella festa del 2 giugno l'esercito e' fuori luogo, occupa un posto che non e' suo. * Primi firmatari: Enrico Peyretti, Lidia Menapace, Anna Bravo, Giancarla Codrignani, Angela Dogliotti Marasso, Alberto L'Abate, Marco Revelli, Luigi Sonnenfeld, Gianguido Crovetti, Michela Vitturi, Patrizia Rossi, Alessandra Valle, Gennaro Varriale, Clara Reina, Enzo Arighi, Fabio Ragaini, Pasquale Pugliese, Nella Ginatempo, Stefano Longagnani, Martina Pignatti Morano, Ilaria Giglioli, Francesca Vidotto, Simone D'Alessandro, Carlo Corbellari, Franca Maria Bagnoli, Mario Signorelli, Lucia Ceccato, Nandino Capovilla, Maria G. Di Rienzo, Carlo Minnaja, Melo Franchina, Carmine Miccoli, Doriana Goracci, Mariagrazia Campari, Stefano Dall'Agata, Enea Sansi, Alfredo Izeta, Claudia Cernigoi, Michele de Pasquale, Antonio Sorrentino, Aldo e Brunella Zanchetta, Roberto Fogagnoli, Franco Borghi, Enza Longo, Annalisa Frisina, Alessandro Cicutto, Marcella Bravetti, Giuliana Beltrame, Giuliano Cora', Mariangela Casalucci, Mao Valpiana, Margherita Del Bene, Sergio Giorni, Claudia Marulo, Dario Cangelli, Carlo Ferraris, Danila Baldo, Gino Buratti, Marco Tarantini, Elisabetta Donini, Francesco Cappello, Donato Zoppo, Antonella Sapio, Franca Franchini, Franco Franchini, Francesco D'Antonio, Maurizio Campisi, Letizia Lanza, Adriana Mascoli, Francesco Boriosi, Agostino Regnicoli, Assunta Signorelli, Maria Edoarda Trillo', Giovanni Sarubbi, Angela Lostia, Antonia Sani, Lidia Maggi, Renzo Craighero, Antonio Campo, Franco Bardasi, Giancarlo Nonis, Maria Laura Massai, Piergiorgio Acquistapace, Maria Teresa Pellegrini Raho, Tiziano Tissino, Antonio Dargenio, Mirella Sartori, Pierpaolo Loi, Sergio Vergallito, Alessandra De Michele, Luisa Gissi, Margherita Moles, Bortolo Domenighini, Norma Bertullacelli, Giuseppe Pavan e Carla Galetto, Giorgio Grimaldi, Giovanni Santoruvo, Paolo Rosa', Sashinka Gorguinpour, Alidina Marchettini, Luca Bolognesi, Edoardo Daneo, Patrizia Parodi, Antonio Bianciardi, Francesco Pavanello, Riccardo Borgioli, Leila d'Angelo, Alberto Procaccini, Giorgio Gallo, Giuseppina Catalano, Pasquale Iannamorelli, Maria Rosaria Mariniello, Luigi Pirelli, Osvaldo Ercoli, Rodolfo Carpigo, Pierluigi Ontanetti, Bruno Fini, Marco A. Lion, Anna Maria Bruzzone, Massimo Dalla Giovanna, Bruno (Alberto) Simoni, Fabio Corazzina, Sofia Del Curto, Sandra Cangemi, Giuseppe Reitano, Katia Bouc, Lucilla Mancini, Giuliana Cupi, Tommaso Gamaleri, Alberta Pongiglione, Alessandro Gamaleri, Daniele Dalmazzo, Daniela Musumeci, Claudia Berton, Cristiano Rodighiero, Francesca Mele, Massimiliano Carra, Luciano Ghirardello, Irene Campari, Gianluca Carmosino, Evelina Savini, Maria Pia Simonetti, Giuliano Falco, Laura Picchi, Andrea Picchi, Marcella Fasciolo, Carlo Olivieri, Gabriele Aquilina e Elena Dall'Acqua, Carlo Schenone, Silvano Tartarini, Maria Stella Ruffini, Maurizio Berni, Agnese Manca, Elisabetta Badessi, Francesco Fiordaliso, Vito Correddu, Pierangelo Monti, Annamaria Rivera, Antonino Drago, Gianfranco Laccone, Michele Stragapede, Giacomo Grasso, Floriana Lipparini, Chiara Cavallaro, Albino Bizzotto, Marcello Storgato, Fabrizio Canaccini, Marta Giraudo, Flavia Neri, Giusi Lauro, Paola Bientinesi, Andrea Maggi, Marco Giubbani, Lucia Salemi, Marco Mamone Capria, Alberto Trevisan, Tiziana Bonora, Roberto Varone, Maria Luisa Paroni, Chiara Pedersoli, Eugenio Lenardon, Paola Vallatta, Davide Ballardini, Rosa Graziuso, Eleonora Parlanti, Antonio Ariberti, Simone Mantia, Francesca Vecera, Osvaldo Dino del Savio, Barbara Todaro, Costanza Vecera, Augusta De Piero, Renato Mirabile, Elena Malan, Ronal Mirabile, Dina Losi, Michele Gramazio, Franco Verderi, Giuseppe Gonella, Silvia Trombetta, Luca Giusti, Gigi Perrone, Silvia Vienni, Piero Coltelli, Margherita Granero, Roberta Ronchi, Ezio Bertaina, Rosaria Lombardi, Anna Culpo e Andrea Piazza, Andrea Montagner, Roberto Vignoli, Marneo Serenelli, Giuliano Pontara, Sara Michieletto, Elvio Arancio, Luisa Mondo, Carla Capella, Daniele Biagiotti, Attilio Aleotti, Gianpaolo D'Errico, Silva Falaschi, Antonio Versari, Daniele Vasta, Cristina Ferrando, Daniele Todesco, Renato Solmi, Alfredo Panerai, Giovanni Pellegrini Raho, Tarcisio Alessandrini, Francesco Lo Cascio, Pio Russo Krauss, Alberto Marcone, Tommasina Squadrito, Lucia Russo, Tiziano Cardosi, Maria Perino, Stefano De Guido, Vincenzo Dipierro, Fabiola Campillo, Guy Fontanella, Teresa Maria Sorrentino, Sante Gorini, Daniela Giammarco, Pina Garau, Roberta Consilvio, Gaetano Pascoletti, Isabella Sardella Bergamini, Carla Pellegrini Raho, Anna Maria Livierato... * Per aderire all'iniziativa: scrivere lettere recanti il testo dell'appello al Presidente della Repubblica (all'indirizzo di posta elettronica: presidenza.repubblica at quirinale.it, ricordando che si deve firmare con il proprio nome, cognome e indirizzo completo, altrimenti le lettere non vengono prese in considerazione), e comunicare a "La nonviolenza e' in cammino" (e-mail: nbawac at tin.it) di avere scritto al Presidente. 4. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: SULLA CATTURA DI PROVENZANO. L'INCUBO, LA FARSA E LO STEREOTIPO [Dal sito del Centro Impastato (per contatti: via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it) riprendiamo questo intervento di Umberto Santino dell'aprile 2006 (estratto dalla sua prefazione al libro di Ernesto Oliva, Salvo Palazzolo, Bernardo Provenzano, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006). Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su questo stesso foglio nei nn. 931-934] Con la cattura di Provenzano e' finito un incubo (quello del supercapomafia onnipotente, al centro di tutte le trame criminali del nostro tempo), e' finita la farsa (quella della "primula rossa" inafferrabile, nonostante fosse, come tutti pensavano e dicevano, a due passi da casa, e inconoscibile, nonostante la pioggia di identikit presentati pure a "Chi l'ha visto", delle esternazioni che lo davano per morto o dei filmati che lo reclutavano tra i fantasmi), ma non e' detto che sia finito lo stereotipo (secondo cui Provenzano avrebbe incarnato l'"altra mafia", quella della moderazione e della pax mafiosa). La "pista del bucato" (il latitante da 43 anni e' stato trovato seguendo il viaggio di un pacco con la biancheria pulita inviato dalla moglie, dalla sua casa di Corleone) questa volta e' andata in porto e non ci si puo' non chiedere quante altre piste, in piu' di quattro decenni, sono state percorse invano o sono state lasciate a meta' o non sono state neppure avviate. Premono altre domande: chi e' stato realmente Provenzano, chi ha coperto la sua latitanza, cosa puo' succedere dopo la sua cattura? Provenzano e' stato presentato come lo stratega e il garante della pax mafiosa e il campione della moderazione. In realta' e' stato un uomo per tutte le stagioni: killer con Luciano Liggio in gioventu', stragista con Riina negli anni '80 e nei primi anni '90, ha riverniciato la moderazione quando Cosa nostra ha ricevuto dei colpi e bisognava far buon viso a cattivo gioco. Piu' una scelta obbligata che una vocazione. Un'ennesima dimostrazione della capacita' della mafia di coniugare continuita' e trasformazione, rigidita' formali ed elasticita' di fatto. Chi ha coperto la sua latitanza? Ormai e' il segreto di Pulcinella: Provenzano e' stato coperto da professionisti, imprenditori, politici, uomini delle istituzioni. Di parecchi si sanno nome e cognome, qualcuno e' sotto processo, con varie incriminazioni, che vanno dall'associazione mafiosa al concorso esterno e al favoreggiamento. Non so se Provenzano collaborera' (piu' d'uno pensa di no), comunque ora che e' stato catturato ci sara' modo di aggiungere altri nomi a una lista che e' gia' abbastanza nutrita. E va ribadito che coloro che hanno garantito una latitanza cosi' lunga, sono gli stessi o sono amici e colleghi di tutti coloro che hanno messo in piedi la struttura imprenditoriale-finanziaria e assicurato proficui collegamenti con il mondo politico e istituzionale. Ormai tutti, o quasi, parlano di "borghesia mafiosa", espressione che utilizzo dai lontani anni '70 e che fino a poco tempo fa era considerata frutto di fantasie estremistiche e di "suggestione", ma si tratta di un concetto concretissimo che, lungi dal configurare una criminalizzazione generalizzata, individua in soggetti del mondo delle professioni, dell'imprenditoria, della pubblica amministrazione, della politica e delle istituzioni, lo zoccolo duro su cui si regge il fenomeno mafioso. Se la mafia fosse soltanto qualche migliaio di criminali di professione, sarebbe certamente un fenomeno grave, ma e' questo legame, storico e attuale, con questa frazione di classe dominante e con un piu' vasto blocco sociale che ne fa un protagonista del sistema di accumulazione e di potere. Avere puntato i riflettori solo su Provenzano e su altri campioni della mafia militare ha significato ignorare tutto il resto, nonostante che in ogni occasione il presunto "sommerso" viene a galla: ma si fa finta di non vederlo. Un tempo la lotta contro la mafia avveniva soprattutto sul terreno politico; da decenni la politica ha delegato tutto alla magistratura, rilasciando una cambiale in bianco quando si tratta di rispondere all'esplosione della violenza mafiosa, e ritirando la delega quando la violenza si attenua o viene a cessare; battendo le mani quando si arrestano e condannano capimafia e gregari e gridando al complotto delle "toghe rosse" quando si comincia a far luce piu' in profondita'. Quello che e' avvenuto negli ultimi anni va ben oltre l'oscenita'. Un governo e una maggioranza che hanno teorizzato e praticato la "legalizzazione dell'illegalita'" e hanno attaccato frontalmente chi esercita il controllo di legalita', magistrati in testa. L'illegalita' e' diventata una risorsa, l'impunita' una bandiera. E in questo contesto si puo' anche arrestare Provenzano, ma l'alt ad andare oltre e' piu' esplicito che sottinteso. Per averne una riprova si legga la relazione di maggioranza della Commissione parlamentare antimafia che esclude il rapporto mafia-politica, ma anche l'opposizione non ha fatto il suo dovere (non per caso nel 2005 mi sono dimesso da consulente della Commissione). Cosa rispondere all'altra domanda che mi ponevo all'inizio: che succedera' dopo l'arresto di Provenzano? Riprendera' la vocazione stragista, ci sara' una guerra di successione? Non e' da escludere, ma credo che parecchi mafiosi abbiano capito che la pax e' un ottimo affare. Il problema e' un altro: il sistema relazionale che fa forte l'organizzazione criminale reggera' o sara' incrinato dal quadro socio-politico che si profila in Sicilia e nel Paese? L'arresto del capomafia cade in un momento emblematico, che puo' preludere a dei cambiamenti che possono essere solo marginali e di facciata o delle autentiche rotture. C'e' da augurarsi che i giorni a venire portino a un impegno non solo contro l'organizzazione criminale ma anche contro un sistema di accumulazione e di dominio, che sappia misurarsi su vari terreni, andando oltre il folklore delle ricotte della masseria corleonese e l'ermeneutica dei pizzini di un criminale che si e' inventato un ruolo di maestro di sapienza e sacerdote di un dio che maschera la ferocia sotto le vesti del paciere. 5. RIFLESSIONE. ROBERTO MANCINI: LA LUNGA TRANSIZIONE ITALIANA [Ringraziamo Fabio Ragaini (per contatti: grusol at grusol.it) per averci trasmesso il seguente intervento di Roberto Mancini svolto al convegno "In cammino, tra memoria e speranza" del 17-19 febbraio 2006 a Milano promosso dalla Caritas Italiana, il Coordinamento nazionale delle comunita' d'accoglienza, la Federazione servizi civili e sociali dei salesiani, il Jesuit Social Network, i missionari comboniani, con le riviste "Aggiornamenti Sociali", "Il Regno", "Jesus". Roberto Mancini, nato a Macerata nel 1958, docente di filosofia teoretica e di ermeneutica filosofica presso la facolta' di lettere e filosofia dell'Universita' di Macerata, ha dato rilevanti contributi alla riflessione nonviolenta. Tra le opere di Roberto Mancini: L'uomo quotidiano. Il problema della quotidianita' nella filosofia marxista contemporanea, Marietti, Casale Monferrato 1985; Linguaggio e etica. La semiotica trascendentale di Karl Otto Apel, Marietti, Casale Monferrato 1988; Comunicazione come ecumene. Il significato antropologico e teologico dell'etica comunicativa, Queriniana, Brescia 1991; L'ascolto come radice. Teoria dialogica della verita', Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1995; Esistenza e gratuita'. Antropologia della condivisione, Cittadella Editrice, Assisi 1996; Etiche della mondialita'. La nascita di una coscienza planetaria, Cittadella Editrice, Assisi1997 (in collaborazione con altri); Il dono del senso. Filosofia come ermeneutica, Cittadella Editrice, Assisi 1999; Il silenzio, via verso la vita. (Il codice nascosto. Silenzio e verita'), Edizioni Qiqajon, Magnago 2002; Senso e futuro della politica. Dalla globalizzazione a un mondo comune, Cittadella Editrice, Assisi 2002; L'uomo e la comunita', Qiqajon, Magnago 2004; Il senso del tempo e il suo mistero, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005] 1. Portarsi altrove Nel mio intervento vorrei tracciare un quadro sintetico-valutativo della situazione della societa' e, piu' brevemente, anche della chiesa in Italia in confronto al cammino dei diritti umani, della pace e di quella che il Vangelo chiama la giustizia piu' grande (Mt 5, 17-20). La mia prospettiva di lettura muove da una domanda: puo' una societa' viaggiare, portarsi altrove da dove si e' collocata come stile della sua esistenza? Se non si tratta di una migrazione forzata di massa, a quale tipo di viaggio si puo' pensare? La societa' italiana non puo' semplicemente contare sulla continuita' rispetto alle sue migliori tradizioni, ne' tantomeno su false discontinuita' (quella cosiddetta, finta e insopportabile, de "l'Italia che cambia"); deve avere anzitutto la coscienza e il coraggio necessari a una partenza, a un viaggio verso qualcosa di molto diverso da cio' che ci e' abituale. La transizione e' una trasfigurazione concreta, quotidiana del modo di essere societa'. Non e' un marciare sul posto, e' un portarsi altrove che ci e' richiesto dal tempo attuale. Altrove dall'iniquita' e dall'indifferenza, verso una cura diffusa dei diritti e verso l'esercizio appassionato dei doveri umani, verso una societa' in cui, come diceva Brecht, "l'uomo sia un aiuto all'altro uomo". * 2. Ripiegamento e disgregazione Il dato iniziale e piu' rilevante, per un'analisi della societa' italiana oggi, mi sembra quello dell'impatto che su di essa ha avuto e sta avendo la globalizzazione neocapitalista. Senza tentare qui una descrizione e una lettura articolata di tale fenomeno, bastera' ricordare che la globalizzazione, da una parte, erode i legami interpersonali, comunitari e sociali, generando piuttosto controspinte xenofobe, particolariste, razziste, leghiste. D'altra parte, essa acutizza e persino produce la precarieta' delle vite e dei destini umani, costringendo individui, gruppi e classi sociali a disporsi in difesa in un clima di conflittualita' permanente e nell'ottica di un crescente autocentramento delle soggettivita', sia singole che collettive. Entro una prospettiva di questo genere molti sono presi dentro gli schemi della lotta per la sopravvivenza e dell'accelerazione dei loro tempo di reazione utile. Percio' l'incontro, la relazione con gli altri, il dialogo, la disponibilita' alla solidarieta', le dinamiche di condivisione e l'impegno per i diritti di tutti e per il bene comune vengono sospinti sullo sfondo dell'attenzione sociale, se non apertamente considerati un intralcio al benessere individuale e alla crescita del Pil . L'etica concreta di questa autocomprensione della societa' e' l'etica di Caino, che reclama il diritto di abbandono dell'altro al suo destino. L'impatto di questo modo di essere in societa' e di stare al mondo sul tessuto sociale e sulla cultura diffusa del nostro paese e' stato spesso particolarmente negativo e ha determinato fenomeni di ripiegamento egoistico e di disgregazione degli spazi della solidarieta' sociale. Dobbiamo cosi' registrare complessivamente una regressione prevalente nel grado di umanita' presente nella qualita' della convivenza. Indico tre fenomeni principali che la manifestano: a. l'offuscamento diffuso nella percezione del valore del legame sociale, della solidarieta', dei diritti umani, dell'attenzione alle nuove generazioni. Basti pensare al trattamento riservato alla scuola, alle persone straniere, alla dignita' del lavoro, a quanti portano il peso di un disagio psicologico, sociale, fisico. E si pensi anche alla visione della vita raffigurata dall'industria culturale; b. la mutazione genetica dell'ordine democratico, gia' avvenuta: il quadro delle riforme (della giustizia, della Costituzione, dei media, della scuola, delle norme elettorali, della legittima difesa, dell'accoglienza dei migranti); c. l'irrilevanza sociale, culturale e politica in cui sono costrette le nuove generazioni. In un quadro simile, risulta scoraggiante il panorama delle iniziative e dei comportamenti dei partiti, nonche' della vita pubblica in genere. Il mondo politico dei soggetti partitici e istituzionali appare ripiegato su se stesso, sui suoi giochi, sulle rivalita' interne, sulla ossessiva ricerca di visibilita', sul dare risposte alle domande di superficie, piu' facili da realizzare ma sterili o persino peggiori del male che dicono di voler combattere. Lo stato della giustizia, in tutte le sue dimensioni, rappresenta l'indicatore ricapitolativo del grado di sviluppo umano e civile di un paese. A uno sguardo d'insieme, chi considera oggi la situazione italiana ravvisa il profilo di una giustizia neppure puramente retributiva, ma palesemente arbitraria, punitiva con i deboli, iniqua, che premia l'illegalita'. E' l'effetto dell'incapacita' di vedere e di assumere una giustizia piu' grande, la giustizia restitutiva, quella che sistematicamente ha cura della restituzione della dignita' e dei diritti umani. L'oscuramento che grava su questa giustizia maggiore impedisce nel contempo di cogliere in essa l'orizzonte attrattivo di una speranza credibile. Di qui anche la miopia e l'ambiguita' delle forze di opposizione e dei loro incerti programmi. Non c'e' alternativa tra la giustizia iniqua e la giustizia restitutiva. Se questa viene dimenticata, quella trionfa. In questa situazione anche le energie e le fioriture nel mondo dell'impegno sociale, dei movimenti e del volontariato subiscono una strozzatura e rischiano di arrestarsi a una solidarieta' senza giustizia. E' vero che i processi negativi ora segnalati non esauriscono il quadro della societa' italiana. Essi sono anzi indicati come gli ostacoli per attuare, invece, una svolta verso la giustizia restitutiva come prassi sistematica nella societa' italiana. L'arcipelago delle soggettivita' di accoglienza, di pace e di impegno civile per la tutela dei diritti e' vivo e forse piu' consapevole che in passato e puo' rafforzare i processi di apprendimento di un diverso modo di essere societa'. Ma appunto questa potenzialita' sara' compromessa se non si agisce con chiarezza e lucidita' per far maturare non un pensiero unico, ma l'evidenza collettiva di un ethos dialogico dei valori viventi incarnati (persone, relazioni, comunita', natura, futuro). Rispetto al compito di promuovere la maturazione di questo ethos e anche in rapporto alla lettura delle dinamiche principali della vita sociale nel nostro paese non si puo' tacere sulla situazione della Chiesa cattolica. * 3. La Chiesa italiana oggi Nella valutazione del cammino della Chiesa vanno rilevati anzitutto i pericoli che possono deformarne la presenza e l'azione. Da questo versante occorre denunciare, intanto, uno spirito di fondo, tenace, che porta lo sguardo a volgersi indietro. Cosi' la necessita' di tornare sempre di nuovo all'essenziale - tipica del cristianesimo - si confonde con la nostalgia del tempo non secolarizzato. Come se il Medioevo in quanto tale e qualche altra eta' (ad esempio quella antecedente il 1968) fossero epoche di puro e cristallino cristianesimo e non stagioni in cui invece, in effetti, il materialismo della logica di potenza e dello spirito di predominio non fosse largamente operante. La linea maggioritaria nell'azione della Cei (si direbbe anche per il tipo di itinerario instauratosi per giungere alle nomine dei vescovi sino alla sua attuale composizione), il Progetto culturale e i vari convegni ecclesiali non sono riusciti, sinora, a imprimere una svolta tale da configurare una presenza diffusa e chiara per fedelta' e fecondita' evangeliche in Italia. Per esempio: quale progetto culturale puo' promuovere - ammesso che una cultura si progetti - una chiesa che puo' permettersi di "correggere" apertamente il Concilio Vaticano II per farlo apparire una specie di pericolosa fuga in avanti? Emerge cosi', sovente, il profilo di una cristianita' certa di se stessa: conformista, devozionista, sempre compatibile con il nocciolo della mentalita' borghese, mediatica, spiritualmente centrista, prima che politicamente, ignara di qualsiasi tensione o differenziazione con la cultura tipica delle forze di centro-destra, anzi contigua oppure omogenea rispetto a quella cultura (talora anche nella versione autocentrata e xenofoba delle Leghe). Non di rado la chiesa appassionata ai temi della scuola privata, dell'aborto, della regolamentazione della sessualita', ma abituata a delegare alla Caritas il rapporto con i respinti e gli impoveriti. Una Chiesa che fatica molto a lasciare che sia la Parola di Dio la fonte della sua comunione, che fatica ad ascoltare, a specchiarsi, a leggere insieme Scrittura e quotidianita', ad articolarsi sul territorio in comunita' vere, aperte, capaci di contribuire alla "giustizia piu' grande". Una Chiesa simpatica con i potenti e pronta, con quanti giudica irregolari, a invertire l'indicazione evangelica dell'agire misericordioso come tratto tipico dei figli e delle figlie di Dio; il suo motto potrebbe essere: "sacrificio io voglio, e non misericordia" (inversione di Os 6, 6, Mt 9, 13 e 12, 7). Anche queste osservazioni non vogliono tracciare un quadro da profeti di sventura, ma indicare cio' che minaccia una reale fioritura di vita comune evangelica. Quella attestata dal fatto che in tutte le esperienze legate alla prassi di una "giustizia piu' grande" (volontariato critico, comunita' di accoglienza, impegno civile per la legalita' costituzionale e contro le mafie, scuole e movimenti di pace, anticipazioni di economia sociale, comunita' di confronto del popolo di Dio con la Parola, promotori dell'ecumenismo intracristiano e interreligioso) c'e' la presenza importante di cristiani e di cattolici. * Conclusione In un contesto sociale ed ecclesiale simile l'ambiguita' e il pensiero acritico prevalgono. Si pensi alla contrapposizione laici-cattolici, dove la laicita' perde il suo riferimento al "popolo" in quanto universalita' della famiglia umana e creaturale e l'essere cattolici equivale all'appartenere a un gruppo ideologico in cerca di una sua egemonia. La chiesa intera dovrebbe arrivare a riconoscere che perdiamo continuamente di vista cio' per cui vale la pena di vivere. Ci serve un trauma con esito autocritico, una sospensione, un'interruzione. Quella racchiusa nel "non" di cio' che Bonhoeffer chiamava cristianesimo non religioso. Bisogna lasciare che la Parola di Dio e la vita dei respinti ci interrompano. Credo che da una distanza critica da noi stessi, come cristiani, come cattolici, potremmo iniziare a vedere la necessita' di partire, di arrivare insieme all'ascolto della Parola, alla misericordia accolta e comunicata, alla prassi nonviolenta di restituzione dei diritti degli altri e a quel movimento di condivisione con la vita dei respinti che e' l'unico luogo da cui si sprigiona una vera efficacia storica. Lo schiudersi di questo orizzonte potrebbe farci capire che, con l'umilta' dei servi inutili, possiamo ancora essere utili a questa societa' in Italia. E che essere testimoni di Gesu' risorto significa accogliere in noi una diversa qualita' di esistenza, aprendosi a vivere gia' qui e ora le dinamiche della resurrezione dal male, ossia da quelle morti sociali, giuridiche, culturali, affettive, economiche che ci infliggiamo ancora gli uni gli altri. La speranza della resurrezione con Gesu' Cristo, attestata da Paolo come valida e assumibile sin d'ora nell'esistenza, squarcia l'universo chiuso della razionalita' vittimaria che, facendo della morte la verita' ultima della vita, spinge a esistere ed agire facendo vittime. Oltre questa disperazione accecata e oltre questa abitudine mortifera, vivere ora con responsabilita' restitutiva un frammento della vita risorta significa essere noi stessi, senza trionfalismi o privilegi, fonti di speranza e di liberazione per i sopraffatti e i resi disperati da una societa' allegramente e ipocritamente iniqua come la nostra. Solo accogliendo in noi questa qualita' di esistenza e di azione, come comunita' e come singoli, si potra' recuperare la vita stessa della Chiesa come continuita' di una storia di salvezza e come tradizione di sequela di Cristo. La Chiesa continua in chi vive croce e resurrezione senza cercare nessuna potenza. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1299 del 18 maggio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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