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La nonviolenza e' in cammino. 1294
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1294
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 13 May 2006 00:11:07 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1294 del 13 maggio 2006 Sommario di questo numero: 1. Cindy Sheehan: Per la festa della mamma 2. Lidia Menapace: Terzo racconto dal Parlamento 3. Daniele Lugli: Omnicrazia 4. Marco Palombo: Un convegno a Firenze 5. Angela Dogliotti Marasso: Via le bombe atomiche dall'Italia 6. Enrico Peyretti: Eco del salmo 22 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: PER LA FESTA DELLA MAMMA [Riingraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente lettera di Cindy Sheehan dell'11 maggio 2006. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey nella guerra in Iraq; per tutto il mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli per chiedergli conto della morte di suo figlio; intorno alla sua figura e alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio movimento contro la guerra; e' stato recentemente pubblicato il suo libro Not One More Mother's Child (Non un altro figlio di madre), disponibile nel sito www.koabooks.com] Mia cara amica, la prossima domenica segnera' la terza Festa della Mamma che io passo priva del mio figlio maggiore. Casey fu ucciso in Iraq giusto cinque settimane prima di questa ricorrenza, nel 2004. Da allora, ogni giorno e' un'incredibile esperienza di dolore e di nostalgia: per Casey e per il suo perduto futuro. I giorni speciali, come le vacanze e i compleanni, sembrano diventare sempre piu' duri. Casey non mi chiamera' piu' al telefono per augurarmi una felice Festa della Mamma. Non ricevero' piu' da lui buffi bigliettini di auguri. Non avro' mai una nuora o dei nipotini, da Casey. George e Laura Bush probabilmente celebreranno la Festa della Mamma con le loro figlie, nella sicurezza e nella felicita' che danno lo stare insieme. Jenna e Barbara non verranno mai messe in pericolo dalle politiche rapaci e distruttive del loro padre, politiche che hanno precipitano troppe di noi madri, in tutto il mondo, in una spirale di sofferenza e di vuoto. Quest'anno, per la Festa della Mamma, io mi uniro' a Codepink e ad altre madri provenienti da tutto il paese in una veglia di 24 ore di fronte alla Casa Bianca, che comincera' sabato 13 maggio alle 3 del pomeriggio. Chiederemo la fine dell'occupazione in Iraq, prima che vengono prodotte altre Cindy e altri Casey. Noi madri e figlie e figli di tutto il mondo chiederemo anche che il nostro governo non invada l'Iran, e non distrugga le possibilita' che ancora abbiamo di vivere in un mondo di pace. Con noi ci sara' l'attrice Susan Sarandon e molte altre madri che hanno il coraggio della pace, e stanno lavorando per gli stessi scopi. George Bush non si e' mai incontrato con me per rispondere fu quale fosse la nobile causa grazie alla quale Casey, oltre 2.400 giovani americani e migliaia di innocenti civili iracheni sono morti. Combattere la "guerra al terrorismo" con una guerra di terrorismo per arricchire la macchina della guerra non e' una nobile causa. La pace lo e'. Per favore, unitevi a noi per rendere realta' il nostro sogno di questa nobile causa. Se potete, venite a Washington, oppure partecipate ad una delle attivita' locali. Sostenete il nostro impegno mandando una rosa o facendo una donazione (tutte le informazioni sulle rose inviate alle madri irachene, le veglie in altre citta', ecc. possono essere trovate su www.democracyinaction.org). E lavorate con noi nei mesi che verranno, a costruire un movimento di madri ed altri abbastanza potente da fermare questa guerra, e la prossima. 2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: TERZO RACCONTO DAL PARLAMENTO [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Il terzo racconto si situa nel pieno delle elezioni istituzionali: convalida degli e delle elette, fornitura alle Camere delle persone che ne dovranno dirigere e ordinare l'attivita', formazione degli uffici di presidenza e dei segretariati delle Camere, formazione dei gruppi parlamentari e relative dirigenze di gruppo, elezione del Presidente della Repubblica, cerimonia del giuramento, incarico a Prodi di formare il governo e inizio del lavoro parlamentare vero e proprio, a partire da un folto gruppo di iniziative legislative "avanzate" dalla legislatura precedente e che i proponenti ripropongono per il nuovo iter. Tutti gli inizi di legislatura sono pressappoco cosi', ma questo e' particolarmente difficile per molte circostanze, la principale delle quali e' il cosiddetto "ingorgo istituzionale". In effetti ogni volta che riusciamo a mettere in moto un altro pezzo delle istituzioni, a me sembra di sentire quel noto rumore che fa l'acqua nel lavandino quando sgorga un ingorgo: le brutture vanno giu' per gli scarichi e il lavandino respira. Una impressione di sollievo respiro apertura viene in effetti, anche se le nomine sono stranamente all'insegna di una decantata trasparenza e poi avvengono tutte per designazioni "clandestine" e soprattutto ad opera e tra pochissime persone. Questo andazzo oligarchico sembra sia antico, ma certo le ultime legislature l'hanno accentuato. Spero che si riesca attraverso l'immane lavoro di ricostruzione di una coscienza civile politica democratica o anche solo decente, anche a sbrogliare i vincoli, che sono un po' pesanti. * A me e' capitato di trovarmi in mezzo alle segrete cose e poi di interrompere per fare un salto tra i comuni mortali: che respiro! Potrei raccontare alla svelta cosi' l'effetto che mi ha fatto, dopo alcuni giorni fitti di ore passate nelle nostre gabbie dorate, catacombe sontuose, loculi di lusso, arrivare a Firenze per il convegno del Movimento nonviolento, in una sede molto meno prestigiosa (un sindacato, pensate un po', con annessa mensa) e sentire circolare aria, sentire parole vere, scherzose, intelligenti, pazienti, curiose: che differenza! probabilmente una platea come questa, fatta di persone mature e determinate, di tutte le eta' e dei due generi, fa un po' paura a una accolta di persone che passano dalla pomposita' piu' gonfia alla goliardia stupida, senza equilibrio. L'impressione che danno i palazzi del potere e' di inautenticita'. * Probabilmente non e' cosi', ma cosi' a me e' apparsa la vicenda, forse anche in parte perche' legata al mio nome, nel corso della elezione presidenziale. Innanzitutto non ho finito ne' finiro' di ringraziare per l'ondata calda di affetto apprezzamento amicizia tenerezza che mi e' arrivata addosso attraverso le moltissime firme che hanno promosso o aiutato l'idea politica di una presidente, che avesse fatto la Resistenza, la scelta nonviolenta e fosse femminista: l'ho detto alla riunione del gruppo senatoriale di Rifondazione: non si e' trattato di un affettuoso scherzo (che gia' sarebbe stata una cosa gentile e piacevole), ma di una indicazione molto precisamente politica. La comunicazione tra Firenze e Roma (pur messa nelle condizioni migliori perche', sia li' che qui le persone coinvolte erano e sono amiche compagne oneste e di sinistra) non si e' attivata: non e' stato possibile far entrare il discorso della societa' civile organizzata negli spazi delle istituzioni (dei quali il partito come forma politica e' inestricabilmente avvolto). C'erano patti di ferro nell'Unione e anche dichiarando che la mia candidatura aveva un puro valore simbolico e avrebbe semplicemente introdotto nell'elezione del presidente i temi della Resistenza nonviolenza e femminismo, non e' stato possibile, la mia candidatura o del resto qualsiasi altra che non fosse gia' stata inclusa nel giro degli oligarchi, non era proponibile. Ho chiesto che comunque alle innumerevoli firme raccolte si dia una risposta politica e porro' la questione ancora una volta martedi' 16, quando ci sara' la seduta del gruppo. Inoltrero' la risposta che e' politica e quindi rivolta a tutti e tutte voi che leggete. Che fare? Mi pare che sia gia' successo tutto e adesso comincio a pensare al domani. * La prima cosa e' il 2 giugno. Enrico Peyretti ha scritto un bell'indirizzo a Giorgio Napolitano per chiedergli di mutare subito la natura e caratteristica della festa della Repubblica, che sia davvero una festa e non una maledetta (l'aggettivo e' mio) e sprecona pompa militare. Vedremo. Vi abbraccio Lidia 3. RIFLESSIONE. DANIELE LUGLI: OMNICRAZIA [Ringraziamo Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta", per averci messo a disposizione come anticipazione il testo di Daniele Lugli predisposto per il convegno svoltosi a Firenze dal 5 al 7 maggio su "Nonviolenza e politica", che sara' pubblicato su "Azione nonviolenta" di giugno insieme agli altri materiali del convegno. Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) e' il segretario nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande] "Puo' essere che la democrazia per il suo sviluppo chieda alle persone maggiori garanzie di quelle che chiede ora: una garanzia sarebbe l'apertura alla compresenza di tutti" (Aldo Capitini). La democrazia appare sotto assedio. Un pugno di manager di immense multinazionali fanno e disfano quello che vogliono. Gli altri miliardi di uomini sono complici o schiavi. Se si rifiutano, nella migliore delle ipotesi, sono emarginati e non contano niente. Questa era la previsione di Lelio Basso, un trentennio fa. Pare avverata. Gli stati contano sempre meno. Le organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Onu, sono screditate. In grave difficolta' appare la stessa Unione Europea. Gli stati "democratici" sembrano differenziarsi dagli altri per una minor ferocia verso i propri cittadini e per la volonta' di esportare "democrazia", consistente unicamente in rituali elettorali e nel rispetto delle multinazionali. Contrastare questo processo non e' semplice. Uno stimolo ci puo' venire da Aldo Capitini e dalla sua omnicrazia. E' una strana parola per indicare democrazia diretta e consiliare, potere di tutti e di ciascuno, inventata da Capitini negli anni del dopoguerra e riproposta, nell'azione e con scritti teorici, fino agli ultimi giorni. La riforma religiosa e la rivoluzione nonviolenta, che avrebbero dovuto realizzarla, non sono in vista. Capitini ne era consapevole: "non voglio dire affatto che proprio le mie proposte religiose e politiche troveranno chi le fara' proprie e le svolgera'. Tutt'altro che questo!". Cosi' annotava infatti nel suo ultimo scritto Attraverso due terzi di secolo, che si conclude cosi': "Questa unita' o parte interna di tutti, la loro possibilita' infinita, la loro novita' pura, il loro 'puro dopo' la finitezza e tante angustie, l'ho chiamata la compresenza". Anche senza la persuasione capitiniana nella compresenza si puo' pero', con Edgard Morin, condividere la necessita' di conoscere la condizione umana - l'unita' complessa della sua natura, fisica, biologica, psichica, culturale, sociale, storica - e il legame indissolubile tra l'unita' e la diversita' di tutto cio' che e' umano. La proposta di Capitini merita di essere ricordata come aggiunta possibile e necessaria allo stato democratico, costituzionale, in crisi nei suoi elementi costitutivi di pluralismo politico, sociale, informativo e nella sua tensione alla costruzione di ordinamenti superiori, che ne regolino i rapporti esterni. Non si contrappone alla democrazia rappresentativa, fondata sullo spirito critico, della quale afferma il progresso rispetto alle societa' militare e religiosa, fondate su obbedienza pronta e cieca e su formazione alla fede. Se finalita' dello Stato democratico pluralista e' l'inclusione nel circuito politico-istituzionale del massimo numero possibile di gruppi, interessi, idee, valori presenti nella comunita', l'omnicrazia, che e' inclusione di tutti, ne appare il compimento. E' assieme adempimento della solenne promessa che, nella nostra Costituzione, e' ben formulata all'articolo 3. "Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Possiamo esaminare piu' da vicino la proposta secondo cinque direttrici fondamentali. * 1 Il ripudio della guerra "Il rifiuto della guerra e' la condizione preliminare per un nuovo orientamento" (Aldo Capitini). Se lo Stato appare in crisi quanto alla sua connotazione democratica non lo e' per l'aspetto militare. Anzi la sua capacita' offensiva, da solo o in bellicose alleanze, e' la principale e decisiva misura del suo peso, del suo ruolo internazionale. La guerra e' tornata ad essere normale, e micidiale, elemento della politica. Il crollo dell'ex Unione sovietica, nel cui atteggiamento l'Occidente ha per anni indicato l'impossibilita' di un virtuoso funzionamento dell'Onu, non ha portato a rapporti tra gli Stati regolati dal diritto anziche' dalla forza. L'attacco della Carta costitutiva "Noi popoli delle Nazioni unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra..." non trova conseguente traduzione pratica. Addirittura i Diritti umani, universalmente dichiarati, sono presi a pretesto delle guerre condotte dai paesi piu' ricchi, potenti e democratici nei confronti dei paesi piu' poveri, deboli e autoritari. Nel nostro Paese nessuna applicazione si da' al disposto costituzionale che ripudia la guerra. La Chiesa stessa, nella sua gerarchia (attenta al diritto alla vita quando si tratti di un embrione o di "vivente" per artifici tecnici, magari sofferente e senza alcuna coscienza), si e' ritratta, nonostante la bella formulazione contenuta nel catechismo per gli adulti, dalla solenne proclamazione della Pacem in terris: "Qua re aetate hac nostra, quae vi atomica gloriatur, alienum est a ratione, bellum iam aptum ad violata iura sarcienda". Se e' irragionevole pensare che in questa era atomica (nel frattempo le armi di distruzione di massa si sono arricchite di nuovi orrori) la guerra possa essere usata come strumento di giustizia bisogna riconoscere che la sua pratica distrugge ogni diritto, che non sia ulteriore arma nelle mani dei potenti, e, certamente, ogni giustizia. La giustizia, ricorda Gustavo Zagrebelsky, ha come fondamento minimo il rifiuto dell'ingiustizia, che e', tipicamente, la sofferenza inferta agli innocenti, esito sicuro della guerra. Percio' il rifiuto della guerra e' necessario e preliminare per una convivenza civile. Il suo ripudio e' cosa da praticare e non vuotamente proclamare. E' quindi il primo terreno sul quale impegnarsi, cosi' come il diritto alla vita e' condizione per tutti gli altri diritti. Corpi civili di pace, difesa popolare nonviolenta, diplomazia dal basso sono elementi di costruzione di un intervento per i diritti umani non affidato a carneficine di massa. In questa direzione va la proposta del Movimento Nonviolento di ridurre le spese militari del 5% annuo progressivo, per finanziare forme di intervento e difesa nonviolenta, quali i Corpi Civili di Pace; usare il denaro cosi' risparmiato, per adottare, magari attraverso il Ministero per la Pace, una rigorosa politica costituzionale di ripudio effettivo della guerra; ritirare i militari italiani da ogni teatro di occupazione e guerra; espellere dall'Italia le bombe nucleari presenti nelle basi Usa; ripristinare e rafforzare la legge 185, limitativa del commercio delle armi. Mentre la guerra, come osserva Giuliano Pontara, non ha mai trovato positiva applicazione nella tutela dei diritti umani, invocati a sua giustificazione, ne' appare scongiurata la prospettiva di una catastrofe nucleare, costituiscono invece esiti certi della guerra i massacri su scala industriale, la violazione dei diritti degli innocenti, presenti e futuri, per gli strascichi letali a lungo termine delle armi impiegate, l'alimento a nuove guerre e alla loro escalation, il rafforzamento del complesso militare-industriale, alimentato ed alimentante la guerra, l'avvio ed il sostegno a processi di deumanizzazione (genocidi e simili). Occorre al contrario, condividendo il pensiero di Edgard Morin, insegnare ed apprendere l'identita' terrestre, il complesso della crisi planetaria, nella quale ci troviamo, per cui tutti gli umani, ormai alle prese con i medesimi problemi di vita e di morte, vivono una medesima comunita' di destino, che lo scannarsi reciproco non puo' in alcun modo migliorare. E' l'uomo planetario del quale gia' ci parlava Ernesto Balducci. * 2 Controllo dal basso "Nonviolenza e controllo dal basso per superare il militarismo e la burocrazia" (Aldo Capitini). L'impotenza di fronte alla guerra, la complessita' del vivere associato, l'enormita' dei problemi percepiti, la fondata sensazione della propria scarsissima influenza aiuta la passivita', l'apatia dei cittadini, spettatori (meglio telespettatori) di vicende politiche di difficile comprensione. Alle scadenze istituzionali si assiste a un risveglio, piu' o meno accentuato, secondo le stimolazioni ricevute, che si traduce in voto. Molto efficaci si rivelano gli stimoli elementari e ripetuti, che non impegnano capacita' critiche, ma si affidano a riflessi, piu' o meno, condizionati. Si assiste pero' a risvegli collettivi quando nei pressi di casa le amministrazioni vogliano depositare cose o persone sgradevoli: scorie, inceneritori, nomadi, immigrati... Nascono comitati, che non solo si oppongono, ma suggeriscono usi creativi dei siti, dei quali si scoprono valori e bellezze fino a quel momento sconosciuti. Amministratori avveduti cercano di evitare queste opposizioni - si verificano sempre e sono sempre inaspettate - attraverso procedure di partecipazione e coinvolgimento: Via (Valutazioni di impatto ambientale) ben fatte, Agende 21, piani sociosanitari, urbanistica, bilanci, e quant'altro, partecipati, pratiche innovative, importate dall'America o dal Nord Europa, focus group, citizen jury, planning cells, consensus conference, open space... Non e' detto che la cosa funzioni: quando li chiami i cittadini non vengono, ma si fanno puntualmente vivi quando gli amministratori non ne sentono il bisogno. Nell'immediato dopoguerra si colloca la straordinaria esperienza dei Centri di Orientamento Sociale, promossi da Capitini e da un ristretto gruppo di amici, che ebbe tuttavia significativa diffusione e risonanza, nonostante il modestissimo e periferico sostegno ricevuto dalle forze politiche e sindacali e dalle istituzioni. E' proprio il luogo del controllo dal basso sull'operare delle istituzioni. Ci si va per ascoltare e parlare, non l'uno senza l'altro. Chi puo' parlare ascolta piu' profondamente, diceva Capitini. E' un'esperienza che non supera le elezioni del '48. Chi oggi la rivisita vi trova ricchezza di ispirazioni, confronto su problemi etici, suggerimenti all'assemblea costituente, esperimenti di democrazia partecipata, anticipazione di questioni emerse decenni piu' tardi, buone pratiche di cittadinanza... Non e' stata questa la strada imboccata e sostenuta da partiti, sindacati, formazioni religiose e sociali poco interessati, quando non ostili, alla formazione di cittadini, di lavoratori, competenti e consapevoli, capaci di esprimere direttamente, nel confronto in appropriate assemblee, il proprio orientamento o di scegliere, quando necessario, propri rappresentanti. Pensava Capitini a Cos non solo diffusi sul territorio (in ogni parrocchia), ma in ogni istituzione, dalla fabbrica, alla scuola, all'ospedale, al carcere. Una democrazia consiliare, che almeno affiancasse il sistema dei partiti, che si veniva affermando, garantendo circolazione di proposte e di esperienze. E' questo un terreno di impegno per il nostro piccolo movimento e per chi vorra' con noi praticarlo. Un maestro liberale, Luigi Einaudi, indicava come corretto percorso del governare conoscere, discutere, agire. Non e' detto che il percorso sia sempre questo. Il punto di partenza puo' variare: I'importante e' che questi elementi siano il piu' possibile collegati ed, alla fine, compresenti ed includenti. E' la base perche' la democrazia sia di tutti e non democrazia di amministrazione, come la chiamava Capitini, diventata nel frattempo di cattiva, se non pessima e corrotta, amministrazione. Per dirla con Toto' e' la scelta tra essere uomini o caporali e come tali rapportarsi e dar vita a congruenti istituzioni. Il lavoro per lo sviluppo e la qualificazione del controllo dal basso, da parte di chi e' coinvolto nelle decisioni di ogni ente, pubblico o privato, ad ogni livello e' un passo ineludibile. E' anche occasione di apprendimento condiviso di altri saperi, che Morin indica come essenziali per stare decentemente nel tempo che ci e' dato: riconoscere l'errore e l'illusione, che accompagnano la nostra conoscenza, acquisire principi di una conoscenza pertinente, che colga i problemi globali e fondamentali e sappia inserirvi le conoscenze parziali e locali. Il pensiero va a Alexander Langer e ancora a Capitini. Nei Cos si parla di patate e ideali. E' questo un elemento della sua forza: il Cos e' umile e alto. * 3 Metodo nonviolento "Bisogna prepararci tutti al potere per il bene di tutti, cioe' per la loro liberta', per il loro benessere per il loro sviluppo" (Aldo Capitini). Si tratta dunque di aggiungere al metodo democratico il metodo nonviolento, a partire dal controllo dal basso per la difesa e lo sviluppo della democrazia. Questa aggiunta puo' e deve farsi ovunque: nelle lotte politiche, sociali, economiche. Solo cosi' la riforma delle corrispondenti istituzioni puo' accompagnarsi ad un positivo mutamento delle persone. E' la sola speranza di un futuro migliore. Gia' lo scriveva Condorcet: progresso e' eguaglianza tra popoli di paesi diversi, eguaglianza tra le persone all'interno dello stesso paese, perfezionamento del genere umano. Di metodo, non di sole tecniche, si tratta. Il boicottaggio, strumento classico delle lotte nonviolente, dei negozi degli ebrei precedette e preparo' la notte dei cristalli e i forni crematori. L'ispirazione nonviolenta - cioe' l'apertura all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo di ogni essere - e' necessaria. E' apertura contro chiusura, apertura ai singoli tu fino all'apertura alla realta' di tutti, diceva Capitini. Non e' cosi' lontano un altro dei saperi necessari indicati da Morin: "La mutua comprensione tra umani, sia vicini sia stranieri, e' ormai vitale affinche' le relazioni umane escano dal loro barbaro stato di incomprensione". E' un sapere indispensabile a chi opera nelle istituzioni, come a chi opera nei movimenti. Al metodo nonviolento conduce anche la consapevolezza della nostra fallibilita' e lo stesso principio di precauzione. Puo' condurvi tutt'altro che l'amore. La nonviolenza e' arte che si puo' apprendere per fare di ogni agire politico, dal piu' complesso al piu' elementare, un'opera d'arte. Gia' l'avevano scritto i ragazzi di don Milani: "Cosi' abbiamo capito cos'e' l'arte. E' voler male a qualcuno o a qualche cosa. Ripensarci sopra a lungo. Farsi aiutare dagli amici in un paziente lavoro di squadra. Pian piano viene fuori quello che di vero c'e' sotto l'odio. Nasce l'opera d'arte, una mano tesa al nemico perche' cambi". Non c'e' un nemico da sopprimere, da sconfiggere, da mettere sotto. C'e' una violenza agita in diverse forme, incorporata nelle strutture e giustificata dalla cultura, che vogliamo far cessare, una relazione ingiusta e dolorosa che vogliamo cambiare. Dobbiamo essere pronti ad assumere i sacrifici che un'azione a cio' rivolta necessariamente comporta, per liberarci da un condizionamento nel quale viviamo e del quale avvertiamo l'insopportabilita' ed aiutare anche gli altri a farlo assieme a noi. I nostri avversari resisteranno e attaccheranno duramente, quanto piu' convinti sono di difendere la posizione migliore, se non l'unica realistica e possibile. Occorre anche di questo tener conto. Percio' e' necessario che l'azione degli amici della nonviolenza si fondi sulla massima obiettivita' nell'analisi dei problemi; non nasconda i propri punti deboli; li affronti nel modo piu' trasparente possibile, sotto il controllo dei partecipanti. Miri ad un programma costruttivo che allarghi la partecipazione e proponga la collaborazione delle parti in conflitto. Di qui ancora la necessita' di un'attenta considerazione dei mezzi di lotta impiegati. Se ci opponiamo ad una situazione, che percepiamo come di violenza nei suoi vari aspetti (strutturale, culturale, diretta) primo obiettivo sara' non alimentarla. La graduazione dei mezzi impiegati, l'attenzione agli effetti prodotti sugli avversari e sull'opinione in generale e' una modalita' che tende a rendere le parti, la nostra inclusa, piu' attente e competenti nella conduzione. Mira a trasformare il conflitto evitandone la distruttivita' e favorendone il miglior esito per tutte le parti. Fonda la politica, come gia' quarant'anni fa la indicavano i ragazzi di Barbiana: "il problema degli altri e' eguale al mio. Uscirne tutti insieme e' la politica. Sortirne da soli e' l'avarizia". * 4 Il centro per l'innovazione della politica "Per trasformare la democrazia in omnicrazia vi sono due elementi: le assemblee e l'opinione pubblica" (Aldo Capitini). Sentiamo come compito nostro contribuire a costruire luoghi e modalita' che consentano ai cittadini di pensare la politica e, con procedure decenti, determinarla, anche scegliendo i propri rappresentanti nelle diverse istituzioni. Occorre almeno integrare, se non radicalmente mutare e sostituire i partiti, che a tale compito male assolvono, ammesso che se lo pongano. Nelle ultime elezioni, ancor piu' che per il passato e in modo piu' esplicito, un pugno di segretari di partiti (della cui democrazia interna meglio non parlare) hanno deciso la composizione del nuovo parlamento e cioe' coloro che dovrebbero rappresentare i cittadini. Impossibile riconoscere, nel modo di essere e di agire dei partiti, la previsione della Costituzione. Art. 49: "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale". Non si tratta di contrapporre democrazia diretta a democrazia rappresentativa. Si tratta di fondare (o rifondare) le basi di una democrazia decente. Giovanni Sartori, che vede un rischio in ogni tentativo di massimizzare una democrazia incerta del suo futuro, la caratterizza secondo tre coordinate fondamentali: 1 governo di ideali, alimentato e arricchito da ideali; 2 un governo di idee (ideocrazia), per dire che deve essere ragionata e capita; 3 un governo di opinione, e cioe' fondato su opinione e consenso dei cittadini. E' una visione sulla quale si puo' concordare, ma che e' una severa condanna per la democrazia che viviamo. In essa questi elementi sono, con tutta evidenza, assenti da tempo. Gli uomini della politica (vi sono fortunatamente eccezioni, forse piu' numerose tra le donne) non sembrano mossi da grandi ideali, ne' interessati ad un'ideocrazia (piuttosto al suo rovescio che e' la videocrazia) ne' al formarsi di un consenso informato e di un'opinione pubblica, potenzialmente scomodi. Stanno piuttosto bene nei loro privilegi. Qualcuno, incontentabile, li chiama pane e cicoria. Sono privilegi minimi, d'accordo, se paragonati a quelli di chi condanna il teatrino della politica, quando rilutta a rappresentare il suo musical preferito. La politica immota, richiusa su se stessa, marcisce. Occorre altro. Il centro e' aperto al mondo circostante, non delimita e chiude la sua azione, non registra cio' che riceve, va oltre gli iscritti, gli iniziati, i battezzati, gli aderenti, i fruenti delle stesse idee e degli stessi beni. Al posto della societa' circoscritta che esclude trova posto il centro che da' e non sa piu' dove arriveranno le onde che partono da esso. Il pensiero torna ai Centri di orientamento sociale, all'esperienza consiliare, dove potere e sapere stanno assieme. E' un'indicazione che puo' dar vita a strutture non effimere, articolarsi in procedure. E' avvenuto in passato, quando ancora i sindacati non fornivano magari sindaci e presidenti, ma cercavano nuovi istituti, sperimentavano lotte ed organizzazione, partendo dai gruppi omogenei di base. E' la condizione per affrontare il mare di incertezza nel quale ci troviamo (un altro dei saperi indispensabili secondo Morin). Vi sono donne e uomini, nei partiti, nelle istituzioni che avvertono tutta la pochezza di una visione aziendale, che ha conquistato ogni luogo e che al piu' si ripromette di fare del cittadino un cliente, che ha sempre ragione (di quella ragione che si concede, appunto, a chi non ragiona). Vi sono donne e uomini impegnati, come si dice, nel sociale che ne avvertono i limiti. Vi sono ancora cittadini che sentono l'incompletezza di una vita, che non passi per la vita pubblica, che non si rassegnano ad essere clienti. I clienti sono persone che dipendono e sono controllate da chi li aiuta e li guida. I clienti sono persone che concepiscono la propria esistenza in funzione delle proprie carenze, persone che aspettano che altri agiscano per loro conto. I cittadini sono invece persone che capiscono i propri problemi. I cittadini avvertono che esiste un legame tra loro e credono nella loro capacita' di agire. I buoni clienti sono cattivi cittadini, scrivono Osborne e Gaebler in Dirigere e governare. * 5 Nuova socialita' per la comunita' aperta "L'apertura alla compresenza, la persuasione di un'interdipendenza infinita, eterna perche' crescente tra tutti gli esseri che mai sono stati, che sono e che saranno" (Aldo Capitini). L'ultimo dei saperi, che Morin indica come indispensabili per entrare nel XXI secolo, e' l'etica del genere umano, che non si insegna con lezioni di morale. Muove dalla coscienza di essere sia individuo, che parte di una societa', che di una specie. Promuove le azioni politiche e le forme giuridiche che mirano alla realizzazione della cittadinanza terrestre. Segni di quanto questa necessita' sia avvertita non mancano. I vari Forum, piu' o meno sociali, che si svolgono in giro per il mondo (con tutti i loro limiti), lo testimoniano. Ma e' importante anche rispondere in modo adeguato alla frana delle istituzioni democratiche, che da vicino ci minaccia. Il pensiero va al referendum costituzionale che deve bocciare l'attacco portato alla Costituzione. Anche in questo caso si tratta dell'esito ultimo di un processo le cui responsabilita' riguardano l'intero ceto politico e una popolazione priva di una decente educazione civica. Si inscrive in un mutamento epocale, del quale Marco Revelli ci parla ne La politica perduta. Meglio di molti politologi ha descritto questo tipo di processi Emily Dickinson: "Sgretolarsi non e' un evento istantaneo o una cesura fondamentale i processi di dilapidazione sono deperimenti sistematici. E' dapprima una ragnatela dell'anima una pellicola di polvere un insetto che scava nella trave una ruggine degli elementi. La rovina e' metodica - consecutivo e lento e' il lavoro del diavolo - cadere in un istante, a nessuno e' successo scivolare - e' la legge del crollo. Gli strumenti tradizionali della politica non hanno saputo vedere i segnali di questa frana, tuttora in corso a vari livelli (statale, infrastatale e sovrastatale). Occorre una nuova socialita', capace di cogliere per tempo i segni delle crisi e di affrontarle, ai livelli e nei campi in cui si manifestano. Questa socialita' non si produce spontaneamente. Va alimentata quotidianamente facendosi Centro, come suggeriva Capitini, a partire dalla singola persona, dal piccolo gruppo, per giungere ai contatti piu' vasti. L'attenzione va alle forme istituzionali, alle attivita' produttive, all'ambiente, in cui si scarica l'incapacita' di dare soluzioni non distruttive ai nostri conflitti, alla soddisfazione dei nostri bisogni, al nostro vivere associato. "L'individuo si trova in gruppi di condizionamenti, che per semplificazione abbiamo ridotto a tre: lo Stato, l'Impresa, la Natura", scriveva Capitini. La costruzione del potere di tutti si confronta con questi ambiti, a tutti i livelli, per farne luoghi di liberazione e non di oppressione. Si misura quindi nella capacita' di trasformare i conflitti, nelle esperienze di pianificazione dal basso, nelle varie forme di democrazia inclusiva, nel dare dignita' e sicurezza a chi lavora e a chi lavorare non puo' ancora o piu', nell'impostare un rapporto con la Natura piu' maturo e responsabile... Non mancano, nel mondo e nel nostro paese, persone che su questa strada si sono messi e, fortunatamente, ci precedono. Non e' persa la speranza che qualcuno un giorno dica, come Capitini si augurava, "Ieri eravamo violenti". 4. INCONTRI. MARCO PALOMBO: UN CONVEGNO A FIRENZE [Ringraziamo Marco Palombo (per contatti: tabaccheriapalombo at tiscali.it) per questo intervento. Marco Palombo, amico della nonviolenza, e' tra i promotori dell'appello di Verona dell'8 novembre 2003 per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta] Sabato 6 maggio si e' svolto a Firenze l'incontro nazionale su "Nonviolenza e politica". L'assemblea e' stata vivace e piena di spunti, molti dei quali meriterebbero di essere ulteriormente approfonditi. Tra gli argomenti trattati: La Pira, servizio civile, difesa popolare nonviolenta, picco petrolifero, editoria nonviolenta, minaccia atomica ed altri ancora. Tra tutti gli interventi vorrei sottolineare soprattutto quanto e' stato detto da Nanni Salio, che non ha svolto un intervento rituale ma ha fatto un forte richiamo a comprendere e non sottovalutare i rischi del momento storico che stiamo vivendo. Gli elementi sui quali Nanni Salio ha basato la sua riflessione sono: il picco petrolifero ineluttabile con i problemi ancora irrisolti di sostituzione del greggio soprattutto nei trasporti e nella catena agroalimentare, il nuovo aumento delle spese militari che erano calate dopo il 1989, la forte opposizione Usa all'ipotesi che il dollaro perda il monopolio come moneta degli scambi petroliferi, la minaccia atomica sempre presente. Sarebbe bello e utile avere un testo o alcuni testi di Nanni Salio su questi temi e impostarci una discussione; e poi magari, partendo da alcuni punti di analisi condivisi, programmare anche azioni comuni da parte della galassia nonviolenta e pacifista. Sulla necessita' di azioni e posizioni comuni su alcuni temi centrali si e' espresso anche Alfonso Navarra, riferendosi soprattutto alla difesa popolare nonviolenta. Perplessita' le ha espresse invece Lidia Menapace che vede nella ricerca di sintesi un rischio che limita le differenze di approccio alle questioni. Concludo queste brevi note con l'auspicio che la bella discussione di sabato continui su questo giornale e in altre sedi, i temi trattati sono stati molti e rilevanti, e che alle analisi seguano anche azioni concrete, perche' le guerre si evitano lavorando in tempi di pace e, come ho sentito una volta dire a Pietro Pinna, "fermare una guerra quando e' gia' cominciata e' come fermare un uragano con un retino per acchiappare farfalle". 5. RIFLESSIONE. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO: VIA LE BOMBE ATOMICHE DALL'ITALIA [Ringraziamo Angela Dogliotti Marasso (per contatti: maradoglio at libero.it) per questo intervento. Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, svolge attivita' di ricerca e formazione presso il Centro studi "Sereno Regis" di Torino e fa parte della Commissione di educazione alla pace dell'International peace research association; studiosa e testimone, educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza in Italia. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente Aggressivita' e violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona 1999; con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003; Con Elena Camino (a cura di), Il conflitto: rischio e opportunita', Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2004] La proposta di Zanotelli e' essenziale, importante, da sostenere. Tra le cose che suggerisce come iniziative da prendere, al fine di promuovere una rete attiva dei movimenti nonviolenti e per la pace contro il nucleare, mi sembra particolarmente opportuna quella di convocare un incontro all'Arena di Verona, che riprenderebbe quelli passati organizzati dai Beati. Cosi' come mi sembra di particolare concretezza ed efficacia, e dunque da sostenere, l'azione del comitato "Via le bombe", per l'eliminazione degli ordigni nucleari da Aviano e dall'Italia, comitato che sara' costituito domenica 28 maggio (www.vialebombe.org). 6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: ECO DEL SALMO 22 [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Il salmo 22 (21 nella numerazione della Vulgata) e' uno dei piu' noti, perche' si apre con l'urlo che - come narrano i vangeli di Marco e di Matteo - Gesu' lancio' sulla croce prima di morire: "Dio mio, Dio mio, perche' mi hai abbandonato?". Lo seguiamo nella traduzione di Gianfranco Ravasi (I Salmi, Rizzoli, Milano 1996). Per gli ebrei, citare il primo versetto di un salmo significava richiamare il salmo intero. Questo salmo 22 comincia con quel grido, ma comprende anche toni ben diversi. E' un lamento del misero colpito, un doloroso rimprovero a Dio che resta assente, e poi diventa improvvisamente un ringraziamento a Dio che ascolta, un inno a Dio re universale. Possiamo darne una sintesi schematica: all'urlo dell'abbandonato (vv. 2-3) segue un canto di richiamo, un doloroso rimprovero al Dio assente (vv. 4-22), del quale l'orante riconosce le opere compiute nel passato (vv. 4-6), ma per me - gli dice - non fai nulla! (vv. 7-9), eppure tu mi hai creato e protetto (v. 10), io ho avuto sempre fede in te (v. 11), ora ti invoco, non restare lontano! (v. 12). Quindi il salmista tormentato canta il proprio sfacelo (vv. 13-22), la sua dignita' calpestata (vv. 13-19) e insiste nell'invocazione (vv. 20-22). Improvviso e breve come un lampo, l'ultimo stico del v. 22 grida che Dio ha risposto all'appello! Segue l'annuncio universale (vv. 23-32) - nello spazio di tutti i viventi e persino dei morti (vv. 23-30), e nel tempo delle generazioni venture (vv. 31-32) - che Dio presta attenzione, che il suo potere salva, e dunque merita di essere riconosciuto e ringraziato. * Ripercorriamo questa esperienza. Il derelitto grida a Dio un duro interrogativo, ma il suo lamento ricade impotente, resta lontano dalla salvezza. Di giorno e di notte grida, ma Dio tace, non risponde. Dopo il rimprovero audace e accorato, l'orante ricorda a Dio cio' che Dio dimentica: tu sei attorniato dalle lodi di Israele per la tua santita' e per cio' che facesti nella liberazione dei padri antichi. Anch'essi gridarono, come lui ora grida, ebbero fiducia e non furono delusi. Ma ora, per lui disprezzato e rifiutato, deriso perche' confida inutilmente in Dio, per lui che Dio ha creato e protetto fin dalla nascita, che fino dalle viscere materne si e' appoggiato con fede al suo Dio, per lui Dio resta lontano, gli e' vicina solo l'angoscia, e nessuno che lo aiuti. Egli e' allo sfacelo: come belve numerose e variamente terribili, i nemici lo assediano, minacciano di divorarlo. Si sente dissolto nella debolezza, ossa cuore e viscere sono fusi come cera, e' legato mani e piedi, stretto tra i malvagi, che sono una banda. Ha tutti gli occhi addosso, le ossa a pezzi, tutte le sue cose, persino le vesti, se le spartiscono i nemici, lasciandolo nudo e ferito. Di nuovo grida a Dio: non restare lontano, tu sei la mia forza, affrettati in mio aiuto! Che Dio liberi la sua vita, l'unico bene che gli e' rimasto, dalla spada e dalle fauci dei divoratori! In questa situazione, dopo il lamento senza fiato, scoppia un nuovo diverso grido: mi hai esaudito! E' tanto sincero e drammatico l'urlo iniziale che questa non puo' essere l'appiccicatura di un lieto fine, ma un'esperienza irrompente, o emergente, egualmente autentica. Il salmista non si sofferma sul momento della liberazione, o illuminazione, ma lo sorpassa subito, ne tralascia i particolari, mentre prima aveva descritto in dettaglio la sua disgrazia, e guarda avanti. I verbi, che erano inchiodati al presente e rivolti tristemente al passato, ora saltano al futuro. Egli parlera' di Dio a tutti, lo ringraziera' e invitera' tutti a lodarlo, perche' non ha sdegnato la miseria del povero, ha ascoltato la sua invocazione, non gli ha piu' nascosto come prima il suo volto. Si rivolge direttamente a Dio: tu sei la mia lode, davanti a tutti mi ricordero' sempre di te! I poveri, come era lui stesso fino a poco fa, saranno saziati. I cercatori di Dio lo riconosceranno, e il loro cuore sara' pieno di vita, per sempre. Tutti i popoli, in ogni terra, lo sappiano e si rivolgano a Dio, che tutti governa con regale giustizia. Persino i morti, che dormono laggiu', fuori da questa vita, si inchinino a lui. Lo faranno anche i nostri discendenti, che parleranno di lui ai loro figli, annunceranno la sua salvezza a chi non e' ancora in questa vita. Ecco cio' che Dio opera! Ci sono, nel salmo, parole e idee scandite e modulate, affini e opposte, come le note di un canto veritiero sulla vita: abbandono, lontananza, grido, rispondere, lodare, confidare, affidarsi, assediare, sbranare, proteggere, aiutare, vigore, sfinitezza, esaudire, salvare, annunciare, i poveri, i padri, la terra, i popoli, i morti, i posteri, il tempo, l'attesa. Che cosa e' cambiato, a meta' del salmo? La seconda parte e' una profezia, lanciata nel futuro, che chiama qui il futuro intravisto. Non e' un bollettino di vittoria piantato nel presente, come i monumenti di pietra dei vincitori. Forse la soluzione improvvisa e' soltanto un cambio di visuale, una diversa luce sulle stesse cose, come quando il sole fora le nubi, ma non le scaccia. Ci sono ancora i malvagi, belve che assediano il povero. Ancora il perseguitato e' sfiancato nelle ossa e nell'anima. Dio tace ancora. Ma la memoria di qualche bene, venuto una volta, diventa risposta e promessa: un bene piu' forte resiste sotto la tempesta del male, un soffio sottile nel silenzio - la dumija' udita da Elia dopo i fragori delle potenze - e' risposta esaudimento e vicinanza. La piccola voce ha colmato la distanza, nell'intimo. * In generale, i salmi sono uno specchio della vita, prima che della fede. I vari tempi del nostro vivere, le oscurita' e le luci, sono esperienza di tutti, tutti le viviamo e conosciamo. I salmi non sono chiusi nella libreria religiosa, se non per ignoranza e pregiudizio. Essi stanno a buon diritto nella grande letteratura morale, in quella drammatica poesia e narrazione del profondo, modulazioni della lingua umana universale, atmosfera del nostro respiro, voce che percorre senza rumore le carni, le anime, i giorni di chi vive, e tenta di vivere; voce di voci della nostra umanita', che avvolge la terra umana, che accompagna il corteo delle generazioni, che conforta, interpreta, orienta la fatica di vivere, e accoglie la sorpresa attesa - o non piu' attesa; voce che puo' riconoscere chiunque ha un cuore pensante e interrogante, un cuore che sa soffrire, cercare, attendere. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1294 del 13 maggio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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