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Nonviolenza. Femminile plurale. 63
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 63
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 11 May 2006 11:39:48 +0200
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 63 dell'11 maggio 2006 In questo numero: Carla Bausone e Grazia Corrente: Virginia Woolf, Simone Weil, Etty Hillesum. Estranee o in prima linea? (parte prima) STUDI. CARLA BAUSONE E GRAZIA CORRENTE: VIRGINIA WOOLF, SIMONE WEIL, ETTY HILLESUM. ESTRANEE O IN PRIMA LINEA? (PARTE PRIMA) [Ringraziamo di cuore Grazia Corrente (per contatti: mauotti at libero.it), la casa editrice Seb 27 (per contatti: e-mail: edizioni at seb27.it, sito: www.seb27.it), Istoreto e Irri Piemonte, per averci messo a disposizione questo capitolo "Virginia Woolf, Simone Weil, Etty Hillesum. Estranee o in prima linea?" di Carla Bausone e Grazia Corrente (1) apparso nel bel libro promosso da Istoreto (Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Societa' Contemporanea "Giorgio Agosti" e da Irre Piemonte (Istituto Regionale di Ricerca Educativa) a cura di Carla Colombelli, La guerra non ci da' pace. Donne e guerre contemporanee, Edizioni Seb 27, Torino 2005 (oltre a quello della curatrice Carla Colombelli il volume - che si apre con una presentazione di Roberto Alonge e Claudio Dellavalle - raccoglie testi di Carla Bausone, Giorgio Belli, Grazia Corrente, Graziella Gaballo, Cristina Giudice, Franca Miglietta, Enrica Panero, Marisa Peisino, Laura Poli, Paola Porceddu, Emma Schiavon; hano inoltre contribuito alla sua realizzazione Ersilia Alessandrone Perona, Loredana Truffo, Margherita Granero, le Donne in Nero e la Casa delle Donne di Torino, Marina Abramovic, Maja Bajevic, Lala Meredith-Vula, Shirin Neshat, Galleria Massimo Minini, Galleria Marco Noire, Galleria Alberto Peola). Carla Bausone, docente e saggista, collaboratrice dell'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea "Giorgio Agosti", dell'Istituto regionale di ricerca educativa del Piemonte e di altre istituzioni culturali, e' autrice di vari interventi su temi di storia delle donne e questioni educative. Grazia Corrente, storica, docente e saggista, collaboratrice dell'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea "Giorgio Agosti" e dell'Istituto regionale di ricerca educativa del Piemonte, e' autrice di vari studi sulla storia e il pensiero delle donne. Carla Colombelli collabora con l'Irre del Piemonte e con l'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea. Tra le opere di Carla Colombelli: (a cura di, con Laura Derossi), Genere, storia, scuola: sei percorsi didattici, Edizione Irrsae Piemonte - Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea, Torino 1999; (a cura di), La guerra non ci da' pace, Edizioni Seb 27, Torino 2005. Virginia Woolf, scrittrice tra le piu' grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue splendide opere narrative scrisse molti acuti saggi, di cui alcuni fondamentali anche per una cultura della pace. Mori' suicida nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un'edizione di Tutti i romanzi (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) e' stata qualche anno fa pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma; una pregevolissima edizione sia delle opere narrative che della saggistica e' stata curata da Nadia Fusini nei volumi dei Meridiani Mondadori alle opere di Virginia Woolf dedicati (ai quali rinviamo anche per la bibliografia). Tra i saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987 (ma ambedue sono disponibili anche in varie altre edizioni). Numerosissime sono le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980. Segnaliamo anche almeno le pagine di Erich Auerbach, "Il calzerotto marrone", in Mimesis, Einaudi, Torino 1977. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994. Etty Hillesum e' nata a Middelburg nel 1914 e deceduta ad Auschwitz nel 1943, il suo diario e le sue lettere costituiscono documenti di altissimo valore e in questi ultimi anni sempre di piu' la sua figura e la sua meditazione diventano oggetto di studio e punto di riferimento per la riflessione. Opere di Etty Hillesum: Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, 1996; Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001. Opere su Etty Hillesum: AA. VV., La resistenza esistenziale di Etty Hillesum, fascicolo di "Alfazeta", n. 60, novembre-dicembre 1996, Parma; Nadia Neri, Un'estrema compassione, Bruno Mondadori Editore, Milano 1999; Pascal Dreyer, Etty Hillesum. Una testimone del Novecento, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Sylvie Germain, Etty Hillesum. Una coscienza ispirata, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002; Maria Pia Mazziotti, Gerrit Van Oord (a cura di), Etty Hillesum. Diario 1941-1943. Un mondo 'altro' e' possibile, Apeiron, Sant'Oreste (Roma) 2002; Maria Giovanna Noccelli, Oltre la ragione, Apeiron, Sant'Oreste (Roma) 2004] Si possono evitare le guerre? E' legittima la guerra contro chi priva gli esseri umani dei loro diritti? E' giustificabile l'uso delle armi in caso di resistenza o di lotta rivoluzionaria? Si possono arginare la violenza e l'odio? E' necessario usare la forza per realizzare l'ordine e la convivenza? E' possibile porre le basi per un mondo altro? Queste e altre domande, che noi oggi ci poniamo, erano quelle che non poche/i gia' si facevano nel periodo tra il 1933 e il 1943. Nell'ambito di quel dibattito emergono per incisivita', originalita' e umanita' i testi di Virginia Woolf, Simone Weil e Etty Hillesum. A fronte dell'importanza del loro pensiero, si constata pero' l'assenza quasi totale di queste pensatrici nei libri indirizzati alla scuola. Non c'e' da stupirsi, se teniamo presente che, non solo nei testi scolastici, ma in generale nei libri di storia e di letteratura e' molto limitata la presenza delle donne nel corso dei secoli. In un intervento sul tema della guerra e della politica, a proposito di questa assenza Luisa Muraro usa l'espressione "silenzio delle donne", ma poi sottolinea la diversita' e, proprio per questo, l'importanza di una presenza femminile: "C'e' un filo di autorita' femminile che percorre la storia politica dell'occidente. Intendo: autorita' di donne dotate di indipendenza simbolica dal sistema del potere. Questo filo corre dall'antichita' fino ai nostri giorni" (2). E' appunto l'aver trovato in queste pensatrici l'indipendenza simbolica dal potere che ci ha spinte ad approfondire il loro pensiero e a proporre spunti di lettura per un lavoro didattico, incalzate dagli eventi dell'ultimo decennio del secolo scorso e dei primi anni del nuovo millennio. Piu' o meno consapevolmente, e in modi differenti, le tre scrittrici non accettano la logica di un mondo strutturato in modo tale da generare ingiustizie e discriminazioni, massacri e campi di sterminio (dalla guerra di Spagna, alle persecuzioni staliniane, alla soluzione finale). Tutte e tre si sforzano di liberarsi dai luoghi comuni, analizzano lucidamente forme di espressione e miti, mettendo in discussione parole come patria, onore, obbedienza, liberta', nazione, diritti, consapevoli della complessita' delle cause dei conflitti. Nelle foto e nei bollettini di guerra, nell'esperienza diretta in Spagna o nei campi di sterminio esse avvertono che la guerra e' qualcosa di orribilmente fisico e individuano nelle semplificazioni, nell'astrattezza e nell'inadeguatezza delle parole, o addirittura nelle menzogne, il segno dell'incapacita' degli uomini di calarsi nella realta', di pensare al di la' degli stereotipi, delle cristallizzazioni, dei grandi sistemi astratti che, come fantasmi, guidano l'umanita' verso i massacri. Spesso i loro scritti sono provocatori, sgradevoli o irritanti; forse e' questo il segno in qualche misura della loro "estraneita'" rispetto al mondo in cui vivono ed e' quello che le rende per noi oggi particolarmente interessanti, se non vogliamo cessare di metterci in discussione. Trasformare prima di tutto se stesse per trasformare il mondo; educare e formare se stesse per formare gli altri; porre alla base dell'azione politica un cambiamento educativo, una specie di capovolgimento rispetto al passato; dare una testimonianza in prima persona; essere "lievito" per trasformare la massa: sono questi alcuni degli elementi che emergono dalla loro insoddisfazione e dalla loro estraneita' e sono anche un invito ad andare oltre le semplificazioni che vorrebbero farci credere il bene e il male nettamente divisi dietro ogni azione umana, dietro ogni dichiarazione di guerra, un forte richiamo a rivedere i parametri stessi su cui si e' costruita la politica del mondo moderno. Nelle loro analisi esse non si fermano alle pure constatazioni, ma prospettano nuove linee costruttive, percorsi per uscire dagli orrori e dalle divisioni, per non soccombere all'odio, per inventare un mondo sottratto finalmente alla logica della forza. Verrebbe voglia di dire: in "prima linea" proprio perche' "estranee", capaci di dire basta alle menzogne e all'immaginario produttore di sofferenze che c'e' dietro ogni conflitto ieri come oggi. Smontare, svuotare e capovolgere per ricominciare tutto da capo, questo in sostanza il messaggio che emerge dai loro testi; vale la pena leggerli o rileggerli, proporli anche nel mondo della scuola, in tempi in cui il modello politico che ha creduto nel monopolio dell'uso della forza viene messo in discussione. Al di la' degli atteggiamenti comuni, troviamo nei loro scritti personalita' e toni diversi. I testi di Virginia Woolf permettono un discorso sulla diversita', sull'estraneita' e l'impegno, sullo svelamento della complicita' rispetto al mondo in cui si vive e prospettano la liberta' delle donne attraverso il pensiero della differenza sessuale. Simone Weil, particolarmente lucida sul piano dell'analisi critica, al di la' dell'importanza e dell'originalita' dei contenuti, che mirano a una vera e propria teoria filosofica e politica, ci indica un metodo di lavoro, una testimonianza di vita basata sul continuo, ininterrotto interrogare se stessa. I due soli testi pervenutici di Etty Hillesum, il diario e le lettere, per il tono intimo e personale e l'assenza di un pensiero organicamente strutturato, costituiscono piuttosto, nella lettura diretta delle sue parole, un'occasione di incontro con una personalita' ricca e complessa, una traccia per un lavoro su di se', per un percorso di riflessione e di relazione con gli altri, vera e propria via per un mondo altro. Di ognuna presentiamo tracce biografiche introduttive e cenni generali alle opere. In una scheda conclusiva indichiamo alcuni passi dei loro testi per una lettura diretta, la sola che puo' dare l'idea dell'articolazione del dibattito sull'argomento e, permettendo di avvertire il fascino e la bellezza delle loro pagine, puo' essere uno stimolo alla conoscenza delle opere per intero in prima persona. L'indicazione antologica permette inoltre la costruzione di percorsi a livelli diversi e per linee tematiche. * Virginia Woolf Immagini di guerra In un ambiente familiare di agiatezza e raffinata cultura - il padre Leslie Stephen era storico e critico letterario - si svolgono l'infanzia e la giovinezza di Virginia Woolf, nata a Londra nel 1882; ma la morte della madre, avvenuta quando Virginia aveva appena tredici anni, il rapporto conflittuale con il padre e la successiva morte della sorella Stella, costituiscono momenti di dolore e infelicita' destinati a segnare la sua vita futura. Si lega sempre di piu' a Vanessa, la sorella artista e pittrice, insieme alla quale frequenta attivamente il circolo di Bloomsbury, composto da giovani intellettuali anticonformisti. La partecipazione al gruppo e la fondazione insieme al marito, Leonard Woolf, di una propria casa editrice, la Hogart Press, caratterizzano il suo impegno sociale e professionale, ma l'attivita' principale, verso cui sempre dimostrera' grande passione e dedizione totale, e' costituita dalla scrittura, a proposito della quale in Momenti di essere, esplicitamente dira': "Sento che scrivendo faccio qualcosa di gran lunga piu' necessario di tutto il resto" (3). La scrittura con le sue difficolta', le sue soddisfazioni e le sue ansie sara' sempre al centro della sua esistenza e si intreccera' strettamente alla vita quotidiana e alle sempre piu' frequenti crisi depressive, quasi, come afferma Nadia Fusini, la malattia le donasse "accesso a qualcosa ad avvicinare il quale la salute non basta" (4). La dedizione allo scrivere la accompagnera' fino agli ultimi suoi giorni quando, nel 1941, colpita dalla tragedia della guerra e dalle crisi depressive, si lascera' annegare nel fiume Ouse. Per Virginia, testimone del primo conflitto mondiale, pacifista come tutti i componenti di Bloomsbury, la guerra e' stata sempre una realta' drammaticamente sentita e considerata in stretta relazione a quella societa' patriarcale piu' volte da lei analizzata e messa in discussione. L'opera che in modo piu' ampio e articolato tratta questo tema e' il saggio Le tre ghinee, a volte interpretato come un testo nettamente distinto dalla sua produzione letteraria, da alcuni giudicato quasi un po' anomalo e bizzarro, dalle femministe considerato documento fondamentale del pensiero della dferenza sessuale. Un legame non esplicito ma profondo unisce invece Le tre ghinee alla produzione narrativa precedente e, considerandolo in un'ottica di continuita', se ne possono meglio cogliere la complessita' e la ricchezza. Secondo Ginevra Bompiani "e' forse piu' utile alla sua comprensione non considerarlo semplicemente un testo a se', scritto sotto l'urgenza della catastrofe, ma come forma politica di un programma che investe tutta la sua opera, che getta luce su tutta la sua scrittura" (5). Il tema della guerra e' infatti gia' presente in alcuni romanzi degli anni Venti e, anche se soltanto evocato, e' fondamentale per la vita dei personaggi, quasi che drammaticamente l'esistenza dei giovani inglesi, l'impegno dei loro studi e delle loro professioni fossero destinati a terminare nella tragedia della violenza e della morte. * E' questo il caso de La stanza di Jacob in cui il protagonista evoca la generazione dei giovani inglesi morta durante la prima guerra mondiale. Mentre Jacob realizza la sua formazione intellettuale, gli studi a Cambridge, i viaggi a Parigi, in Italia e in Grecia, nella realta' che lo circonda il benessere e il progresso coesistono con le violenze della guerra. Contemporaneamente all'"incessante commercio delle banche, dei laboratori, delle cancellerie, delle aziende industriali... che, dicono, spingono avanti il mondo", si profilano le immagini di navi da battaglia che "dardeggiano sul mare del nord" e si delineano volti di "una dozzina di giovani nel fiore dell'eta' [che] scendono a viso tranquillo nelle profondita' del mare e li' impassibili... affogano insieme, senza un lamento" (6). "Gli uomini dei club e dei Ministeri" scrivono dunque una storia che si esprime con grandiosita' e magniloquenza ma che non portera' altro che distruzione e morte. La societa' inglese e' una realta' in cui la guerra e' voluta da chi ha il potere, quel potere da cui le donne sono escluse, ma il frastuono di una attivita' economica e politica frenetica e incessante sara' destinato a perdersi nel silenzio della morte. Il cammino esistenziale di Jacob viene descritto attraverso sensazioni e frammenti, in modo impressionistico, cosi' come anche la guerra viene evocata solo attraverso cenni e richiami, a cominciare dal cognome stesso di Jacob, Flander (Fiandra) che, secondo Nadia Fusini, "nell'Inghilterra di quegli anni non puo' che evocare la morte in battaglia" (7). Nelle pagine del diario del 26 gennaio del 1920, proprio a proposito di quest'opera, Virginia, rifiutando il realismo, parla di "una nuova forma per un nuovo romanzo" (8) e ribadisce, come aveva gia' precedentemente affermato, che se "la vita e' un alone luminoso, un involucro semitrasparente... compito dello scrittore [e'] rappresentare questo spirito mutevole, sconosciuto, illimitato" (9). Nelle pagine del romanzo il rumore del mare e quello della guerra si potranno quindi quasi confondere e la madre di Jacob potra' scambiare il frangersi delle onde per i colpi del cannone. Mentre nel romanzo ampio spazio viene dato agli studi di Jacob, ai suoi sentimenti e ai suoi viaggi, alla sua morte sul campo di battaglia si accenna soltanto e la notizia viene unicamente affidata al gesto della madre che, trovandosi nella stanza vuota del figlio "che aveva lasciato tutto com'era", solleva un paio di sue vecchie scarpe e chiede all'amico: "Che debbo fare di queste, Bonany?" (10). A questa immagine finale viene affidata la coscienza dell'assenza, della perdita e del dolore. La morte di Jacob e' suggerita soltanto dagli oggetti abbandonati e le scarpe, che sono e saranno per sempre vuote, diventano il simbolo di una presenza che non c'e' piu' e di una morte inutile e vana. * La tragedia della guerra caratterizza ne La signora Dalloway il personaggio di Septimus, il reduce che era stato tra i primi a partire volontario, la cui vita e' collegata a quella della protagonista, Clarissa. Anche in questo caso si nota una stretta relazione tra l'organizzazione della societa' e l'esistenza della guerra, tra i valori che vengono presentati ed esaltati dall'ordine simbolico dominante e la partecipazione alla guerra come realizzazione delle virtu' virili (11). L'iter di Septimus e', infatti, quale la buona societa' inglese si aspetta: Septimus "divento' un uomo, fu promosso di grado, si conquisto' l'attenzione, addirittura l'affetto del suo ufficiale, Evans si chiamava" (12), ma proprio l'indifferenza provata di fronte alla morte dell'amico ("si congratulo' con se stesso per non aver sentito quasi nulla, per aver reagito con tanto buon senso") (13), non sara' priva di conseguenze e creera' in lui un profondo senso di colpa. Ma un ulteriore senso di colpa, piu' intenso e devastante, si impossessera' di Septimus per la consapevolezza di essere stato tanto vicino alla morte ma di essere ancora vivo, mentre gli altri hanno avuto la vita stroncata ("le ultime bombe lo mancarono. Le osservo' esplodere con indifferenza") (14). Il presente si confonde con il passato, il movimento della coscienza esprime il fluire di un tempo interiore che si traduce a volte nel delirio. Sovente nel momento delle allucinazioni vedra' ripresentarsi Evans: "Una voce usci' da dietro il paravento. Era Evans che parlava. I morti stavano dalla sua parte. 'Evans Evans' grido'" (15). L'orrore, la morte, l'atrocita' della guerra non potranno essere dimenticate "perche' anche se ormai era tutto finito, l'armistizio firmato, i morti sepolti, specialmente di sera, lo prendevano d'improvviso quegli attacchi di paura. Non sentiva piu' nulla" (16). La societa', cosi' ipocrita e repressiva, e la guerra che e' parte di essa, non potranno piu' essere tollerate e il suicidio si presentera' come scelta conclusiva e definitiva. Nemmeno l'amore della moglie e la sua visione positiva del reale, potra' distoglierlo dalla morte dal momento che la percezione del mondo e' cosi' profondamente cambiata dopo l'esperienza della guerra. Il desiderio che Virginia indica nel diario del 30 agosto 1923, di volere scavare "caverne dietro i [suoi] personaggi" (17), nel caso di Septimus si tradurra' in una verita' di angoscia e di morte come unica possibile realta'. * Anche nel romanzo Al faro, la presenza della guerra aleggia in tutta la vicenda, si intreccia alle storie dei personaggi e in alcuni punti si fonde simbolicamente con gli spazi del racconto. L'Inghilterra e l'importanza del suo impero si collegano alla guerra, necessaria per accrescere e mantenere un ruolo dominante. Il cenno all'India, in un primo momento evocata come base dell'impero, riferimento degli "uomini [che] negoziavano trattati, governavano l'India, controllavano le finanze" (18), richiama in seguito immagini di morte, e i simboli di gloria e di potere si tramutano in oggetti di rovina e distruzione: "stendardi a brandelli che bucano l'oscurita' delle cripte di fredde cattedrali dove... si racconta di morti in battaglia e di ossa sbiancate e riarse sulle remote sabbie dell'India" (19). Anche un puro pensiero razionale, scisso dalla quotidianita', puo' diventare follia e richiamare la guerra e non a caso il filosofo Mr Ramsay si fantastica al contempo condottiero di una spedizione. Secondo Anna Brawer, "la guerra diviene la realizzazione concreta del binomio filosofo condottiero" (20). Nella seconda parte del romanzo, "Il tempo passa", la presenza di chi passeggia sulla spiaggia, a cui appaiono "immagini le piu' strane - carni trasformate in atomi che il vento trasportava" (21), richiama nello spazio deserto dell'isola l'eco della guerra. Cominciano a delinearsi visioni inquietanti: "Ci fu l'apparizione silenziosa di una nave color cenere, apparve e scomparve; una macchia rosso porpora galleggio' sulla superficie indifferente del mare, come se qualcosa di invisibile ribollisse nel fondo, e sanguinasse" (22). In una casa ormai abbandonata e desolata dopo la morte della signora Ramsay, mentre i deboli cenni di vita che ancora aleggiano ("il lungo drappo ondulo' lievemente ondulo' a caso... il sole rigava, striava le stanze") (23) sono segnali inquietanti e premonitori, si inserisce la presenza della guerra, come eco lontana ma ormai angosciosamente vicina: "ma fosse sonno o dormiveglia, con la fine dell'estate vennero dei suoni premonitori come i colpi ritmici dei martelli... Piu' volte si udi' un tintinnio di vetri nella credenza come se una voce da titano agonizzante avesse urlato... sembro' che in questo silenzio, in questa indifferenza, in questa integrita' rimbombasse il tonfo di qualcosa che cade" (24). L'eco della guerra richiama il destino di Andrea, uno dei figli della signora Ramsay, la cui morte viene indicata in parentesi, con scarne notizie: "aveva saputo della morte di Andrea Ramsay (ucciso in un secondo da una bomba, sarebbe diventato un grande matematico)" (25). Nell'uso delle parentesi si ribalta la gerarchia tradizionale, le parole in parentesi diventano le piu' significative e proprio la morte viene piu' volte indicata con questa modalita'. Ancora una volta, quasi un testo di un telegramma ufficiale e burocratico, si suggerisce come la morte in guerra, colta nella sua inutilita' e vanita', sia il destino dei giovani inglesi come Andrew: "Esplose una bomba in Francia. Saltarono in aria venti o trenta giovani tra cui Andrew Ramsay, la cui morte, grazie a Dio, fu istantanea" (26). La desolazione e l'abbandono della casa si uniscono alla presenza della guerra: la signora Ramsay non puo' piu' proteggere i suoi figli. * Una falena che danza sopra il falo' Mentre una nuova guerra si avvicina, Virginia scrive nel suo diario il 13 marzo 1936: "Ma e' strano come i cannoni si sono di nuovo avvicinati alla nostra vita privata. Li vedo con estrema chiarezza e sento il rombo". L'isolamento viene sentito quasi come una prigione e la violenza delle circostanze tocca anche la scrittura che diventa un "rosicchiare, come un topo condannato, la... pagina quotidiana" (27). Alla volonta' di esprimere ri.essioni e un pensiero piu' organico sulla guerra, di formulare un discorso piu' articolato che in qualche modo desse ordine e sistematicita' alle intuizioni, alle sensazioni e alle emozioni evocate nei romanzi, concorrono eventi personali come la morte del nipote Julian Bell, partito volontario per la Spagna (28), e la presenza in Europa della guerra ormai incombente che suscita numerosi dibattiti e polemiche da parte di molti intellettuali. In queste circostanze Virginia scrive Le tre ghinee impegnandosi a fondo nella stesura dell'opera senza riuscire a smettere di pensarci: "Sono cosi' completamente presa da Tre ghinee che quasi non riesco a staccarmene" (29). * Virginia immagina di ricevere una lettera da un rispettabile avvocato che le chiede di iscriversi a un comitato contro la guerra e di offrire un contributo per questa associazione, ma nella risposta alla domanda che le viene posta: "Secondo lei come si puo' evitare la guerra?" tocca temi piu' vasti quali la discriminazione delle donne e la differenza, collegandosi idealmente a quelli evocati in Una stanza tutta per se'. Risulta cosi' un discorso teorico sulle donne e la guerra, che tiene pero' ben presente la realta' del corpo (30) e dell'esperienza tragica della morte, anche attraverso un continuo richiamo alle fotografie inviate dal governo spagnolo: "Si vede un corpo di un uomo, o forse di una donna, non si capisce bene; e' cosi' mutilato che potrebbe benissimo essere anche il corpo di un maiale. Ma non c'e' dubbio che quelli laggiu' sono corpi di bambini morti e quella e' la sezione di una casa spaccata a meta' da una bomba; in quello che doveva essere un salotto sta ancora appesa la gabbia degli uccelli" (31). Le immagini di distruzione e morte vengono piu' volte ricordate nel corso dell'opera, quasi che i corpi sfigurati o le case squarciate volessero sempre farci ricordare, al di la' di tutti i ragionamenti e le riflessioni, la realta' di una guerra che, come sottolinea Susan Sontag, "svuota, frantuma, spacca, abbatte il mondo costruito" (32). Parallelamente al richiamo a fotografie di cadaveri e macerie Virginia, nel rispondere alla domanda che l'uomo colto le pone su come si possa prevenire la guerra, fa ricorso alla narrazione di biografie. Ancora una volta viene messa in primo piano la singolarita' della vita, la particolare esistenza di ognuno/a, e il ricorso alla biografia diviene quello che Adriana Cavarero definisce "un atto squisitamente politico" (33). L'idea di pacifismo che si basa sulla considerazione dell'unicita' insostituibile dell'essere umano, risulta cosi' piu' profonda e articolata rispetto a quella che semplicemente considera il genere femminile, per la maternita' e l'abitudine alla cura, necessariamente e naturalmente contrario alla violenza (34). Come afferma ancora Adriana Cavarero: "La singolarita' umana, necessariamente incarnata, se adottata come valore primario del senso e dello stare in relazione nel mondo, permette infatti non soltanto di trovare un criterio per giudicare - e non solo aborrire - la barbarie della guerra, ma anche di scovare e denunciare il principio secondo il quale la guerra e' un aspetto inscindibile della politica" (35). Le donne appartenenti alle classi medie, figlie degli uomini colti, non possono intervenire per evitare la guerra ne' attraverso il potere ne' attraverso la forza, ma potranno far pesare la loro influenza tramite l'istruzione quando avranno compiutamente realizzato l'indipendenza economica. L'ingresso delle donne nelle istituzioni culturali non deve pero' condizionarle e le parole e i metodi dovranno essere nuovi e diversi. * Virginia sottolinea la sua qualita' di outsider e sembra affacciarsi al mondo maschile con curiosita' e stupore. L'ironia diventa strumento privilegiato per descrivere il mondo degli uomini: strani appaiono gli abiti del potere ("Gli abiti innanzi tutto ci lasciano a bocca aperta dalla meraviglia. Come sono vari, sontuosi e ricchi di ornamenti gli abiti indossati dagli uomini colti nella loro funzione di uomini pubblici") (36), e le divise oggetto di ironia ("ogni bottone, ogni fiocco, ogni nastro sembra possedere un significato simbolico") (37). Diverso e' il punto di vista culturale delle donne, ma anche diversa l'esperienza stessa della vita in relazione alla guerra: "combattere e' sempre stata un'abitudine dell'uomo non della donna" cosi' come l'"esaltazione", e la "soddisfazione di un bisogno" che gli uomini traggono dal combattimento, alle donne "sono sempre rimaste estranee" (38), ma questa estraneita', lungi dall'essere sentita come limite, dovra' invece sempre essere conservata e difesa, nella consapevolezza della propria differenza. Mentre gli uomini chiedono il contributo delle donne per prevenire la guerra, Virginia dimostra che la guerra fa parte integrante del loro mondo come estrema conseguenza di una logica di potere e di discriminazione esercitata nei confronti delle donne. Per scongiurarla bisogna cambiare il sistema che la incoraggia, aiutare i collegi femminili affinche' educhino la gioventu' a "sentire la disumanita', la bestialita', l'insopportabilita' della guerra" (39), non ricreino ne' tramandino i valori della societa' maschile ma "inventino modi per far lavorare insieme la mente e il corpo" (40). A un fondo per la ricostruzione di un collegio femminile sara' quindi offerta la prima ghinea. * Contributo concreto alla prevenzione della guerra potra' essere inoltre una maggiore presenza femminile nella societa', che esprima valori alternativi e integrita' intellettuale. "Aiutare le donne a guadagnarsi da vivere con le libere professioni equivale ad aiutarle a ottenere l'arma dell'indipendenza di pensiero" (41) e quindi a prevenire la guerra, ma le libere professioni devono essere svolte con criteri diversi, le donne non devono unirsi al corteo dei figli degli uomini colti, al desiderio e alla consuetudine di potere e onori, ma devono pensare una civilta' diversa (´Pensare, pensare dobbiamo... Non dobbiamo mai smettere di pensare - che civilta'e' questa in cui ci troviamo a vivere?") (42). A un'associazione che aiuta le figlie degli uomini colti a trovare lavoro nelle libere professioni viene dunque offerta la seconda ghinea anche se e' presente il timore che quando si entra in un ambito prima privilegio maschile, si possa perdere la propria integrita': "Non abbiamo dunque ragione di pensare che se anche noi eserciteremo le stesse professioni acquisteremo le stesse qualita'? E non sono proprio queste qualita' a provocare la guerra? Tra un paio di secoli, se eserciteremo le professioni allo stesso modo, non saremo anche noi possessive, gelose, aggressive?" (43). Virginia prende quindi le distanze dal femminismo emancipazionista e rifiuta con estrema chiarezza e determinazione l'idea di un'emancipazione pagata al prezzo dell'omologazione. Le sue argomentazioni si inscrivono cosi' nel pensiero della differenza sessuale e ne diventano punto di riferimento, richiamo a quello che Ida Dominijanni definisce "un movimento della liberta' femminile" che "al centro non mette la garanzia dei diritti, ma il rischio di pensare se stesse e il mondo in autonomia dall'altro sesso" (44). * Ne Le tre ghinee l'ironia diventa ancora una volta, per le donne, una modalita' fondamentale per guardare il mondo, per evitare il pericolo di farsi attrarre dal prestigio e dagli onori, e alla risata viene affidato il messaggio di stare lontane dal girotondo del potere ("Ma non appena vi sentite attirare nel vortice del girotondo, smettete subito. Spezzate il cerchio con una risata") (45). Come afferma Paola Cenzon, "l'ironia femminile e' proposta come sguardo consapevole che le donne lanciano al potere maschile dominante per impedirne la riconferma" (46). * Pur condividendo con alcuni uomini gli stessi scopi come il rifiuto della guerra, Virginia auspica che le donne non si uniscano nella stessa associazione, a cui peraltro dona la terza ghinea, ma ne fondino eventualmente una nuova che potra' prendere il nome di Societa' delle Estranee (47). Sara' un'associazione anomala, senza giuramenti ne' cerimonie, accogliera' le donne che intendono, con propri metodi, difendere la liberta' e la pace, mettera' in discussione e rifiutera' anche il patriottismo. Su questo tema particolarmente dibattuto in quel momento storico, e oggi nuovamente cosi' attuale, Virginia si esprime in modo chiaro e netto: "In quanto donna non ho patria. In quanto donna la mia patria e' il mondo intero" (48). Anche molti uomini, e in particolare i giovani, possono avere queste posizioni ma per le donne si tratta di una caratteristica della loro differenza, non importa se innata o frutto di educazione e cultura. Se le donne non si possono identificare in una patria che ha loro negato storicamente "l'istruzione e qualunque partecipazione alle sue ricchezze" (49), il nesso strettissimo tra politica, patria e guerra spiega come l'estraneita' delle donne alla guerra si colleghi alla loro esclusione dal potere e dalla politica. Ma esiste un altro tipo di politica e cosi' come nei romanzi Virginia ricercava una realta' "dietro l'ovatta della vita quotidiana" (50) e il non essere diventava "l'origine del senso, la sede della rivelazione e della novita'" (51), anche per quanto riguarda la sfera politica, solo l'estraneita' e la coscienza della differenza permettono di elaborare pensieri e idee diverse. Proprio a questo aspetto del suo pensiero guardera' il movimento femminista degli anni Settanta (52) e, come nota Luisa Muraro, "questo non essere, non ritrovarsi, non starci che mai prende la figura del rifiuto, diventera' il fondamento della politica delle donne" (53). A loro infatti, non compromesse con il potere, Virginia demanda il compito di "trovare nuove parole e inventare nuovi metodi", e affida l'unica speranza di cambiamento della societa'. Gia' in Una stanza tutta per se' aveva affermato che le donne non devono essere complici ma libere dai ricatti affettivi, non devono piu' essere "gli specchi magici e deliziosi in cui si rifletteva la figura dell'uomo, raddoppiata". Proprio questa modalita' che oggi sembra tristemente ripresentarsi, e' fondamentale per creare consenso e accettazione nei confronti della guerra, infatti, dice ancora Virginia, "senza questa facolta'... tutte le glorie delle nostre guerre non sarebbero esistite" (54). * Nell'ultima parte de Le tre ghinee il richiamo al pianto di un bambino, "un pianto senza parole" nella "notte nera che copre oggi l'Europa", richiama la memoria di un altro pianto antichissimo, quello di Antigone (55). Con questa immagine si delinea un altrove femminile che evoca l'esistenza di leggi non scritte, di estraneita' alla guerra, di rifiuto dell'ordine costituito. "Le voci del passato" sembrano nuovamente risuonare, unirsi e quasi confondersi con le "fotografie di cadaveri e macerie" che dalla Spagna indicano la realta' di una guerra tragicamente vicina. Soltanto una societa' in cui il mondo pubblico e quello privato siano inseparabilmente collegati puo' essere equilibrata, altrimenti, afferma Virginia, "cadaveri e macerie saranno il nostro destino se voi (uomini) nell'immensita' delle vostre astrazioni pubbliche dimenticate l'immagine privata e noi (donne) nell'intensita' delle nostre emozioni private, dimentichiamo il mondo pubblico" (56). Sembra quasi che questo pensiero si rifletta, per quanto riguarda Le tre ghinee, anche nelle scelte stilistiche, dove il procedere argomentativo tipico del saggio si esprime attraverso un "noi" che indica il costante riferimento a una dimensione esistenziale. A uno stretto intreccio tra mondo privato e mondo pubblico viene quindi affidata la speranza di una realta' diversa in cui mente e corpo possano esprimersi nella loro unita'. * Al termine della stesura de Le tre ghinee Virginia dira' di credere profondamente nel suo valore pratico e ancora notera' nel suo diario: "Volevo (e non so dire con quanta insistenza, perseveranza, violenza lo volevo) scrivere questo libro... come se avessi detto la mia parola: prendere o lasciare" (57). La sua fiducia non esclude pero' il senso della realta', la coscienza della fragilita' di un discorso rispetto alla forza del potere e della violenza, la consapevolezza che il suo libro "mentre l'intera Europa puo' andare a fuoco" e "tutto trema", "puo' essere una falena che danza sopra un falo', bruciato in meno di un attimo" (58). Nelle notazioni del diario, dal 1938 in poi, il timore della guerra e' sempre piu' presente e quello che prima era un "brontolio inarticolato" diventa "tenebre, tensione, morte" (59); la realta' appare sempre piu' insensata e assurda: "Tutti questi uomini cupi mi sembrano adulti che contemplano increduli il castello di sabbia di un bambino, castello che per qualche inesplicabile ragione e' diventato vero e enorme e per distruggerlo ci vuole la dinamite e la polvere" (60). In un articolo del 1940, Pensieri di pace durante un'incursione aerea, Virginia riprende i temi de Le tre ghinee e puntualizza ulteriormente il rapporto tra le donne e la guerra. Si raffigura sdraiata nel buio mentre cadono le bombe e nel cielo combattono giovani inglesi contro giovani tedeschi, ma malgrado la tragicita' del presente, pensa che l'unica possibilita', "il solo rifugio antiaereo efficace" sia credere nella pace, "lottare con la mente, fabbricare delle idee" (61). Pur in una situazione disperata, quando l'occupazione tedesca dell'Inghilterra sembrava ormai imminente, ribadisce la fiducia nel pensiero e nella forza delle idee e, ancora una volta, proprio al pensiero delle donne affida la speranza di un cambiamento radicale della societa' e quindi la possibilita' di una pace reale e duratura. Le donne non devono rinunciare al "pensiero privato", a quanto hanno elaborato, ma devono aver fiducia nelle proprie capacita' anche se questo "espone forse all'insulto e al disprezzo", nella convinzione che "se noi (donne) potessimo liberarci dalla schiavitu', avremo liberato gli uomini dalla tirannia" (62). Luisa Muraro sottolinea come il richiamo a lottare con la mente senza rinunciare, ma anzi valorizzando la propria diffeerenza, esprima "l'idea di una politica dell'agire simbolico, la politica dell'estraneita' che inventa nuovi metodi e nuove parole e apre il cielo troppo basso, allarga l'orizzonte troppo stretto" (63). Le parole della propaganda che affermano che l'Inghilterra combatte per difendere la liberta' sono "palloni d'aria", in realta' gli inglesi non sono liberi ("questa sera siamo tutti prigionieri: gli inglesi nei loro aerei, le inglesi nei loro letti") (64). E' nell'organizzazione stessa della societa', nei rapporti tra i sessi, nel desiderio di dominare e di rendere schiavi, l'origine dell'oppressione e della violenza e quindi della guerra. E' tutta una tradizione, un'educazione e una cultura riferita alla guerra che devono essere rifiutate e sono proprio le donne che possono "aiutare i giovani inglesi a togliere dai loro cuori l'amore delle medaglie e delle decorazioni" (65). All'immagine finale di un giovane tedesco atterrato in un campo vicino, a cui un'inglese offre una tazza di te', e alle sue parole di contentezza che la lotta sia finita, viene affidato l'auspicio di un mondo diverso. Quando "tutti i cannoni hanno smesso di sparare" e "il buio naturale della notte ritorna", Virginia decide di spedire le sue "note frammentarie" e le accompagna "con la speranza che vengano ripensate, generosamente e caritatevolmente, e forse rimaneggiate fino a diventare qualcosa di utile". E questa e', oggi piu' che mai, anche la nostra speranza. * Note 1. Il testo e' frutto della collaborazione fra le autrici. In particolare la parte su Virginia Woolf e' stata scritta da Grazia Corrente e la parte su Simone Weil e Etty Hillesum da Carla Bausone. 2. Luisa Muraro, Se la politica vince sulla guerra, in Guerre che ho visto, "Quaderni di Via Dogana", Milano 1999, p. 15. 3. Virginia Woolf, Momenti di essere, in Saggi prose racconti, Mondadori, Milano 1988, p. 1107. 4. Nadia Fusini, Nomi, Feltrinelli, Milano 1996, p. 83. 5. Ginevra Bompiani, Il fare e il non fare di Virginia Woolf, in "Alfabeta", novembre 1979. 6. Virginia Woolf, La stanza di Jacob, in Romanzi, Mondadori, Milano 2002, pp. 170-171. 7. Nadia Fusini, Commento e note ai testi, in Virginia Woolf, Romanzi, cit., p. 1286. Afferma ancora Nadia Fusini che "secondo fonti ufficiali, quasi un terzo dei caduti inglesi della prima guerra mondiale morirono li'. E le perdite piu' alte furono tra i giovani della classe di Jacob". 8. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, Mondadori, Milano 1959, p. 43. Il romanzo si delinea come un continuo intreccio di sequenze separate che ha fatto pensare a Anna Banti a "un lucidissimo specchio che un sasso lanciato violentemente riduca in innumerevoli frammenti. In ciascuno si riflette e si isola un'immagine (o un discorso o un paesaggio o una riflessione) che il lettore collaboratore si impegna a riconoscere ricomponendo l'insieme della pagina" (Virginia Woolf, La Camera di Jacob, Introduzione di Anna Banti, Mondadori, Milano 1983, p. 8). 9. Nadia Fusini, Commento e note ai testi, in Vrginia Woolf, Romanzi, cit., p. 1271. 10. Virginia Woolf, La stanza di Jacob cit., p. 195. 11. Sul rapporto tra gli uomini e la guerra si veda Joanna Bourke, Le seduzioni della guerra, Carocci, Roma 2001. 12. Virginia Woolf, La signora Dalloway in Romanzi, cit., p. 286. 13. Ibidem. 14. Ibidem. 15. Ibidem, p. 293. 16. Ibidem, p. 286. 17. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, cit., p. 91. 18. Virginia Woolf, Al Faro, in Romanzi, cit., p. 406. 19. Ibidem, p. 529. 20. Anna Brawer, Ritratto come autoritratto. Al faro, Tirrenia Stampatori, Torino 1987, p. 91. 21. Virginia Woolf, Al faro, cit., p. 534. 22. Ibidem, p. 536. 23. Ibidem, p. 535. 24. Ibidem. 25. Ibidem, p. 595. 26. Ibidem, p. 535. 27. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, cit., p. 347. 28. Alla morte del nipote Virginia Woolf dira' di aver sentito una "frattura totale, un vuoto, un colpo alla testa" (lettera del 6 agosto 1937 riportata in Virginia Woolf, Saggi prose racconti, Mondadori, Milano 1998, p. 1381). 29. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, cit., p. 361. 30. Si veda a questo proposito Cristina Faccincani, Il pensiero dell'esperienza, in Diotima (a cura di), Il profumo della maestra, Liguori Editore, Napoli 2004. 31. Virginia Woolf, Le tre ghinee, in Saggi prose racconti, cit., p. 438. 32. Susan Sontag, Davanti al dolore degli altri, Mondadori, Milano 2003, p. 7. Le immagini a cui si e' accennato sono oggetto di una puntuale analisi da parte di Susan Sontag che ne riscontra pero' anche alcuni limiti. 33. Adriana Cavarero, Nel nome di Antigone, in "Micromega", supplemento n. 1, 2003, p. 28. 34. Cfr. Joanna Bourke, Le seduzioni della guerra, Carocci, Roma 2001, p. 272. 35. Adriana Cavarero, Nel nome di Antigone, cit, p. 30. 36. Virginia Woolf, Le tre ghinee, cit., p. 448. 37. Ibidem, p. 449. 38. Ibidem, p. 433. 39. Ibidem, p. 453. 40. Ibidem, p. 467. 41. Ibidem, p. 498. 42. Ibidem, p. 503. 43. Ibidem, p. 508. 44. Ida Dominijanni, L'eccedenza della liberta' femminile, in Motivi della liberta', Franco Angeli, Milano 2001, p. 53. 45. Ivi, p. 525. Nelle note al testo Virginia Woolf afferma esplicitamente: "Forse un antidoto indicato contro il piacere del dominio potrebbe essere la risata" (Virginia Woolf, Le tre ghinee, cit. p. 653). Ella stessa rifiuta proposte prestigiose come la laurea ad honorem offertale dall'universita' di Manchester o la presidenza del Pen Club come testimoniano le lettere del 26 marzo 1933 al vicecancelliere dell'universita' di Manchester e del 17 luglio 1935 a Vanessa pubblicate in Virginia Woolf, Falce di luna, Einaudi, Torino 2002. 46. Paola Cenzon, Virginia Woolf: la capra che fa la differenza, in "Dwf", luglio-dicembre 2002, p. 72. 47. Gia' nel racconto La societa' del 1920 Virginia Woolf delineava l'idea di una associazione di donne che investigasse i campi riservati agli uomini e indicava il tema dell'insensatezza della guerra e dell'estraneita' delle donne nei suoi confronti. (Virginia Woolf, La societa', in Tutti i racconti, La Tartaruga Edizioni, Milano 2003). 48. Virginia Woolf, Le tre ghinee, cit., p. 560. 49. Ibidem. 50. Virginia Woolf, Momenti di essere, in Saggi prose racconti, cit., p. 1106. 51. Ginevra Bompiani, Il fare e il non fare, cit. 52. Nel marzo del 1979 ando' in onda una trasmissione radiofonica su Le tre ghinee a cui parteciparono Laura Conte, Manuela Fraire e Biancamaria Frabotta, riportata in Biancamaria Frabotta, Letteratura al femminile, De Donato, Bari 1980. Sul vivace dibattito seguito alla trasmissione si vedano: Rossana Rossanda, Le iscrizioni alla Societa' delle Estranee non si sono chiuse nel 1914?, in "Il Manifesto", 1 aprile 1979; Manuela Fraire, Le iscrizioni alla societa' delle Estranee sono ancora aperte, in "Il Manifesto", 15 aprile 1979; Nadia Fusini, Il femminile dell'artista, in "Rinascita", 27 aprile 1979; Ginevra Bompiani, Il fare e il non fare, cit. 53. Virginia Woolf, Le tre ghinee (introduzione di Luisa Muraro), Feltrinelli, Milano 1992, p. 21. A proposito della Societa' delle Estranee Angela Putino scrive che: "sarebbe sbagliato credere che Virginia Woolf indichi un percorso separato per le donne incapace quindi di incidere concretamente sui rapporti di forza in gioco tra i due sessi. Virginia sottolinea invece come il vantaggio della differenza femminile per ognuna consista nel non sacrificare tale differenza" (Angela Putino, Amiche mie isteriche, Cronocopio, Napoli 1998, p. 28). Si segnala, a lavoro ultimato, l'incontro. Il dono della politica. Seminario su Le tre ghinee di Virginia Woolf, Torino 4 dicembre 2004, Societa' italiana delle Letterate. 54. Virginia Woolf, Una stanza tutta per se', Il Saggiatore, Milano 1980, p. 39. 55. Virginia Woolf, Le tre ghinee, in Saggi prose racconti, cit., p. 599. Sulla figura di Antigone molte studiose hanno scritto. Si veda in particolare Maria Zambrano, La tomba di Antigone. Diotima di Mantinea, La Tartaruga, Milano 1995, e Annarosa Buttarelli, Il gesto politico di Antigone, in Guerre che ho visto, cit. 56. Virginia Woolf, Le tre ghinee, cit., p. 600. 57. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, cit., p. 375. 58. Ibidem, p. 381. 59. Ibidem, p. 391. 60. Ibidem, p. 392. 61. Virginia Woolf, Pensieri di pace durante un'incursione aerea, in Per la strade di Londra, Il Saggiatore, Milano 1981, p. 158. 62. Ibidem, pp. 159-60. A proposito del disprezzo si ricorda che Le tre ghinee avevano non a caso come primo titolo Sull'essere disprezzate. 63. Luisa Muraro, Guerre che ho visto, in Guerre che ho visto, cit., p. 27. 64. Virginia Woolf, Pensieri di pace, cit., p. 159. 65. Ibidem, p. 161. (Parte prima - Segue) ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 63 dell'11 maggio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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