La nonviolenza e' in cammino. 1291



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1291 del 10 maggio 2006

Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana: Ieri e oggi a Verona
2. Benito D'Ippolito: Sul torpedone
3. Osvaldo Caffianchi: Sul torpedone
4. E adesso le amministrative e il referendum
5. Alcune altre adesioni all'appello per Lidia Menapace Presidente della
Repubblica
6. Maria G. Di Rienzo: Sulle macerie della convivenza ipnotizzati folli
danzatori
7. Tonio Dell'Olio: Da Atene
8. Enrico Peyretti: Dopo Atene
9. Peppe Sini: Tre subalternita': da Seattle a Praga (2000)
10. Pierangelo Monti: A sostegno della proposta di padre Zanotelli
11. Simone Weil: Come
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. LUTTI. MAO VALPIANA: IERI E OGGI A VERONA
[Ringraziamo di cuore Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso
la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax  0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una
delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato
nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista;
fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e'
diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di
intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale
del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di
Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel
1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese
militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il
riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega
obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante
la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta
per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e'
stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di
solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in
Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]

Abbiamo partecipato ai funerali dei due giovani Enrico Frassanito,
carabiniere, morto a Nassiriya, e Manuel Fiorito, alpino, morto a Kabul,
portando il cordoglio degli amici della nonviolenza. Cordoglio e lutto che
e' per tutte le vittime di tutte le guerre.
Le bandiere della nonviolenza, con il fucile spezzato, erano la', nel
sagrato del Duomo di Verona, a testimoniare vero rispetto per chi ha perso
la vita in guerra.
Quelle bandiere sono il simbolo dell'impegno contro le cause e gli strumenti
che le guerre determinano. Rispettare i morti di ieri e di oggi, significa
impedire che ci siano morti anche domani.
La nonviolenza e' l'unica strada per non dover piangere altri morti.
"Basta morte, basta armi, basta guerre", sembravano dire le lacrime di tanta
gente che fissava attonita la bara.
Quelle bandiere arcobaleno con il fucile spezzato, silenziose, discrete,
contrite, contrastavano con la retorica patriottarda, con i fucili esposti
in chiesa, con l'ipocrisia di chi quella guerra ha voluto, di chi ha
costruito e finanziato le armi per quelle guerre, che tanto dolore hanno
portato e altro porteranno.
Piangere i morti di oggi e preparare i morti di domani e' una bestemmia!
Quelle bandiere della nonviolenza sono vera pieta' per i giovani morti.
Quelle bandiere della nonviolenza vogliono far tacere gli sciacalli.
Quelle bandiere della nonviolenza preparano un futuro di vita.

2. EDITORIALE. BENITO D'IPPOLITO: SUL TORPEDONE

"Al momento di marciare molti non sanno
che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
e' la voce del loro nemico.
E chi parla del nemico
e' lui stesso il nemico"
(Bertolt Brecht)

Sul torpedone me ne sto zitto e ingrugnito
sospetto che chi guida non lo sappia
che li' c'e' il strapiombo e a quella svolta
il capitano Flint coi suoi briganti.

E mi preoccupa la sua zoppia:
sapra' guidarlo bene questo pullman?

E invece lo sa bene, Long John Silver.

3. EDITORIALE. OSVALDO CAFFIANCHI: SUL TORPEDONE

"Quando lo stato si prepara a uccidere si fa chiamare patria"
(Friedrich Duerrenmatt)

Non disturbatelo il manovratore:
di avere la tivu' siate contenti
mangiate merendine, e dopo i denti
lavateli con cura, per favore.

E' poco fine emettere lamenti
mentre vi governiam con tanto ardore:
non lo vedete il nostro gran pallore?
soffriamo tanto anche noi prominenti.

Votaste, no? e allora non scocciate
che' a noi un gran lavoro adesso incombe
di governare e tra le mareggiate

la nave dello stato, e tra le tombe
le bare delle genti assassinate.
Taccian le voci, e squillino le trombe.

4. EDITORIALE. E ADESSO LE AMMINISTRATIVE E IL REFERENDUM

Proprio perche' la sconfitta della coalizione golpista berlusconiana non e'
stata netta, e proprio perche' nelle rappresentanze politico-istituzionali
del cosiddetto centrosinistra non possono non prevalere ambigue manovre e
piu' ambigue figure, e' assolutamente necessario che il fronte democratico
consolidi l'esito delle elezioni politiche del 9-10 aprile e renda piu'
netta la sconfitta della coalizione golpista nelle due decisive prove che ci
attendono alla fine di maggio e alla fine di giugno.
Occorre sostenere le liste piu' coerentemente espressione del fronte
democratico antigolpista ed antimafioso in occasione delle elezioni
amministrative di fine maggio. Ed in particolare occorre sostenere la
coalizione democratica ed antimafiosa guidata da Rita Borsellino nelle
elezioni regionali siciliane.
Ed occorre vincere il referendum costituzionale di fine giugno, respingendo
l'assalto piduista, salvando la Costituzione della Repubblica Italiana del
1948.
Non facciamoci illusioni, sara' un durissimo impegno. Al lavoro, dunque.

5. DEMOCRAZIA PARTECIPATA. ALCUNE ALTRE ADESIONI ALL'APPELLO PER LIDIA
MENAPACE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

A tutte le persone che hanno promosso e sostenuto l'appello per Lidia
Menapace Presidente della Repubblica naturalmente anche questo foglio
esprime gratitudine.
Nei prossimi giorni continueremo a riflettere insieme su questa bella
esperienza e sui suoi esiti ben degni di analisi.
Riportiamo di seguito alcune altre adesioni all'appello per Lidia Menapace
Presidente della Repubblica (che continuano a pervenirci in copia o che nei
giorni scorsi non eravamo riusciti a pubblicare per disguidi vari).
*
[Ringraziamo Daniele Barbieri (per contatti: pkdick at fastmail.it) per questo
sorridente intervento]
Ascoltando i titoli del tg pensavo: "avrei preferito Vandana Shiva
presidente e Marcos agli esteri ma se proprio non si puo' eleggere stranieri
mi accontento (!) di Lidia Menapace al Quirinale e di Albino Bizzotto
("Beati i costruttori di pace") alla Farnesina; mi pare anche una calibrata
scelta fra laici e cattolici".
Fatto fermo che stavolta e magari pure la prossima il presidente ha da esse'
donna, il resto si puo' discutere.
In politica so' un mago, eh?
(Poi apro gli occhi ma comunque non mi pento).
Daniele Barbieri
*
[Ringraziamo Titti De Simone (per contatti: tittidesimone at libero.it) per
questo intervento]
Aderisco all'appello per Lidia Menapace Presidente della Repubblica.
Titti De Simone
*
[Ringraziamo Luciano Martocchia (per contatti:
lucianomartocchia at virgilio.it) per questo intervento]
Aderisco all'appello per l'elezione della  senatrice Lidia Menapace al
Quirinale.
Ritengo la mia adesione un omaggio ad una persona storica di tutta la
sinistra italiana, del femminismo, della cultura della nonviolenza, della
ragione: sono convinto che la sua ascesa alla carica piu' prestigiosa dello
Stato Italiano possa rappresentare il piu' alto momento di democrazia utile
in questo momento di bassi valori mercantilistici in cui la Repubblica si
dibatte.
Luciano Martocchia
*
[Dalla mailing list "Pace" di Peacelink (lists.peacelink.it/pace)
riprendiamo il seguente intervento di Marco Trotta (per contatti:
matro at bbs.olografix.org)]
Sono un po' perplesso dal dibattito che si e' avviato nella lista di
discussione "Pace" [dibattito in cui taluni sostenevano la scarsa rilevanza
dell'appello a un impegno a sostegno della proposta di Lidia Menapace come
Presidente della Repubblica in quanto donna, resistente, amica della
nonviolenza, femminista - ndr] intorno all'appello per Lidia Menapace
Presidente.
Il motivo? Mi sembra che si stanno esprimendo delle posizioni molto
arretrate rispetto al dibattito che c'e' stato in questi anni.
Un dibattito che, secondo me, dovrebbe partire da almeno una evidenza: c'e'
stato in questi anni il movimento contro la guerra piu' forte che si sia mai
visto nella storia. Il pacifismo ha sempre avuto ragione. Aveva ragione il
pacifismo degli inizi del Novecento. Ha avuto ancora piu' ragione il
pacifismo degli anni '60. Era assolutamente fondato il pacifismo che ha
lottato contro le guerre degli anni '90. Era irriducibilmente dalla parte
della ragione il pacifismo che si e' battuto contro la guerra in Afghanistan
e in iraq ora.
Cosa ha determinato questo? Certamente non il fatto che le guerre siano
state evitate, ma in tutto questo tempo l'opinione pubblica generale e'
stata spostata su questi temi. Il movimento contro la globalizzazione
neoliberista, impropriamente e mediaticamente definito no global, e' stato
il primo di dimensione davvero internazionale che ha saputo mettere in
pratica un'idea della nonviolenza che vive nella costruzione di relazioni
altre da quelle che regolano la societa' attuale. Relazioni che hanno chiuso
con l'idea della presa del potere ed hanno posto, agendolo concretamente, il
superamento delle economie industriali novecentesche con temi come
decrescita, stili di vita, uscita dal modello energetico degli idrocarburi,
ecc. Relazioni e cambiamento che fanno a meno dell'unico soggetto
rivoluzionario per trovare un nuovo equilibrio tra identita' e differenze.
Di fronte a tutto questo ha ancora senso fare discorsi del tipo se sia
prioritario l'uovo del presidente o la gallina del paese pacifista? Io dico
di no. Penso, anzi, che sia sbagliato e deleterio. E lo dico perche', che ne
discuta o meno una lista di qualche centinaio di iscritti, vedo che intorno
si muove ben altro nella direzione che ho provato ad abbozzare sopra.
Un "ben altro" che fino ad ora ha agito la strategia del "come se". Ovvero
quella strategia che ha mosso persone, idee, culture ed energie nella
direzione dei temi contro la guerra, come se non dovessimo fare i conti ogni
giorno col fatto di avere le atomiche nel nostro paese, una classe politica
che oscilla tra ignoranza e corruzione, un'economia di rapina basata
sull'ingiustizia, un apparato mediatico forgiato sui bisogni di questa
economia. E' probabilmente vero che, poi, in certi nodi della storia la
strategia del "come se" non puo' piu' bastare quando ti rendi conto che e'
di un significato non solo simbolico il fatto che una guerra venga
dichiarata o meno, che quella personalita' diventi o meno presidente del
consiglio, ecc. Ma e' ancora piu' vero che se non ci fosse stata questa
consapevolezza, questo movimento reale nella societa' che ha rotto anche con
forme di pacifismo un po' troppo d'elite e poche calate nel contesto reale,
non saremmo arrivati fin qui. Fino al punto, mai visto nella storia, di
vedere dei leader dichiarare guerra in maniera palese contro gli interessi
del proprio paese, il buon senso ed il consenso della maggioranza.
E' per questo che ha un senso chiedere che Lidia Menapace diventi Presidente
della Repubblica. Perche' se anche la si voglia classificare come una
provocazione, se anche con ogni probabilita' non avra' chances, dimostra
ancora una volta il cinismo del potere, il suo scollamento in quanto
processo di rappresetanza da chi dovrebbe rappresentare. Chiedere, insomma,
che Lidia Menapace diventi presidente della repubblica "come se" non
sapessimo che con ogni probabilita' verra' eletto Massimo D'Alema o Giuliano
Amato, e' un modo coerente per chiedere ancora una volta che le istituzioni
rappresentino i cittadini, gli interessi ed i beni comuni. Per questo non
c'e' contraddizione, perche' chiedere che Lidia Menapace diventi Presidente
della Repubblica, chiederlo ora dentro questo percorso, e' il gesto piu'
limpido ed estendibile per riappropriarsi della parola nella vita pubblica
di questo paese, per non lasciarla solo agli altri. Un gesto che, in questo
senso, ha lo stesso valore della campagna delle bandiere di pace e che, per
questo, concorre a costruire un paese pacifista che abbia o meno un
presidente che riteniamo tale.
Marco Trotta
*
[Ringraziamo Luisa Zanotelli (per contatti: luisa.zanotelli at infinito.it) per
questo intervento]
Ho inoltrato l'appello per Lidia ai parlamentari trentini...
Luisa Zanotelli
*
[Ringraziamo Mariangela Zecchini (per contatti: mary.zec at libero.it) per
questo intervento]
Esprimo il mio pieno appoggio alla candidatura di Lidia Menapace a
Presidente della Repubblica.
Sarebbe molto bello e cosa buona per la nostra Res Publica, dopo decenni di
schifezze ai vertici  delle nostre istituzioni.
Buon cammino di liberazione e buon coraggio,
Mariangela Zecchini

6. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: SULLE MACERIE DELLA CONVIVENZA
IPNOTIZZATI FOLLI DANZATORI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione questo intervento inviato come contributo
scritto al convegno su "Nonviolenza e politica" svoltosi a Firenze il 5-7
maggio 2006. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di
questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005]

"Come fa questo criminale ad avere venti milioni di complici?". Con queste
parole, ad un certo punto della notte del 10 aprile, una notte che abbiamo
passato svegli ad interrogarci sul risultato delle elezioni politiche, il
mio compagno ha messo il dito nella piaga.
Non e' da oggi che rifletto sul consenso che circonda il dominio, ma ora sto
concentrando la riflessione sul "fenomeno Italia", un fenomeno che per me ha
i volti dei miei vicini di casa, del fruttivendolo e del vigile urbano,
dell'impiegata all'ufficio postale e della giornalaia.
L'analisi per cui costoro avrebbero beneficiato a livello economico dei
cinque anni di governo della destra e' evidentemente fallace. Non fanno
parte del ristrettissimo numero di benestanti che possono fare a meno di una
sanita' o di una scuola pubblica, di politiche eque sul lavoro, di servizi
territoriali puliti ed efficienti. L'analisi per cui il voto alla destra
sarebbe un voto "valoriale" e' parimenti inadeguata: con il governo
Berlusconi abbiamo assistito al picco di circa vent'anni di distruzione di
senso comune e valori condivisi. L'Italia che ci si e' mostrata nelle aule
parlamentari e sui media e' un'Italia rancorosa, ignorante, volgare,
dispotica. Ne', rispetto alla regione in cui vivo, mi pare tenga la
spiegazione relativa alle aree produttive del paese, che avrebbero votato a
destra per garantirsi esigenze connesse a viabilita' ed infrastrutture.
Sfido chiunque a dimostrarmi che il Veneto ha bisogno di un maggior numero
di capannoni, di strade e di inceneritori: il territorio e' stato devastato
con tale insensata avidita' che persino chi l'ha governato malissimo negli
ultimi dieci anni comincia a sentire puzza di bruciato.
Il consenso ad un gruppo di inquisiti, pregiudicati e mafiosi, gruppo dedito
principalmente alla conservazione dei propri privilegi ed alla creazione di
nuove impunita' per le proprie malversazioni, deve quindi fondarsi su altro.
Una delle mie impressioni e' che gran parte degli italiani analizzi la
propria realta' attraverso una catena di fantasie, una visione retorica in
gran parte creata dai media e dalla propaganda. Essa contiene emozioni e
motivazioni per le quali non si usano nuove parole, ma si sono attribuiti
nuovi significati alle parole di sempre. Liberta' come liberta' di non avere
alcuna responsabilita' all'interno della comunita' umana, per esempio.
Organizzando politicamente questo scenario, che contiene buoni e cattivi,
sostenitori di entrambi, agenti comminatori di sanzioni e ovviamente una
trama, l'amoralita' e' divenuta una griglia "identitaria" e persino una
sorta di culto. L'imbarbarimento delle relazioni tra esseri umani viene
percepito come giusto e necessario. La violenza e' spacciata come
inevitabile pilastro per l'ottenimento di soddisfazioni, beni, ricompense.
L'aggressione e' diritto alla difesa.
Molti uomini e donne in Italia stanno dormendo, ma il loro sogno e' questo
incubo, in cui gli e' stato suggerito di danzare follemente sulle macerie
del diritto, della Costituzione, della convivenza, della democrazia. Per
quanti milioni siano, sono soli, ed io provo una gran pena per la rabbia e
la paura insensate che mi mostrano ogni giorno.
Come innescare un circolo virtuoso che porti alla ricostruzione di una
societa' un po' piu' giusta e civile, un po' piu' sveglia e felice, che
parte abbiamo noi in questo, che parte avra' il nuovo assetto parlamentare,
che legami possiamo stringere, che visioni alternative possiamo incarnare ed
offrire, sono le domande che mi si affollano in mente. Una cosa mi e'
chiara, e cioe' che non ho mai apprezzato di piu' le mie compagne ed i miei
compagni sulla via della nonviolenza, e che voglio fare questo lavoro con
loro: ovvero, con voi.

7. RIFLESSIONE. TONIO DELL'OLIO: DA ATENE
[Ringraziamo Tonio Dell'Olio (per contatti: olei60 at yahoo.it) per questo
intervento. Tonio Dell'Olio e' infaticabile animatore di Pax Christi e di
tante iniziative nonviolente, e prosecutore dell'opera di Tonino Bello]

Ad Atene, la giornata di sabato 6 maggio 2006 del corteo conclusivo del
Social forum europeo e' stata segnata da una pessima manifestazione. Essendo
stato presente anche a Genova nel 2001 non posso dire che sia stata la
peggiore delle mie esperienze di manifestazioni. Sicuramente non e' stato
bello. Non e' stato bello registrare la lite furibonda prima della partenza
tra rappresentanti di diversi schieramenti della sinistra greca per assumere
la testa del corteo. Ma assolutamente tutto il percorso si e' ben presto
rivelato una sorta di corsa ad ostacoli. Ho coperto l'intero percorso stando
in apertura del corteo e proprio in questa zona si sono verificati tutti gli
incidenti di cui probabilmente in Italia non si e' parlato affatto o solo in
qualche foglio quotidiano e forse solo di sfuggita. Viverla - vi
garantisco - e' stato a tratti drammatico.
Ragazzi poco piu' che adolescenti, vestiti di nero e col volto coperto da
passamontagna o fazzoletti, con una strategia pianificata e geometrica,
hanno cominciato a fare delle vere e proprie incursioni su vetrine e negozi,
contro la polizia e cassonetti della spazzatura. Armati di bulloni di ferro,
di bottiglie incendiarie, di pietre e arnesi vari, colpivano, si dileguavano
nelle strade adiacenti e poi ritornavano confondendosi nel corteo. La
polizia reagiva lanciando lacrimogeni in direzione dei manifestanti e
creando per questo molto panico, confusione e qualche problema in piu'. Per
fortuna non e' avvenuto come a Genova dove le forze dell'ordine hanno
caricato violentemente sulla folla inerme. Quando siamo riusciti in qualche
modo ad organizzarci per isolare questi imbecilli sputandoli fuori dal
corteo - ahime' - il problema si e' complicato. Da quel momento i neri hanno
cominciato a dirigere le loro incursioni oltre che sugli stessi obiettivi di
prima, anche sugli spezzoni di corteo che li avevano allontanati. In alcuni
casi hanno identificato alcune persone precise circondandole e picchiandole.
Qualcuno ha dovuto ricorrere alle cure ospedaliere con relativo intervento
di ambulanza. A farne le spese anche operatori televisivi e giornalisti che
sono stati picchiati selvaggiamente rimettendoci anche l'attrezzatura. Il
tutto tra urla, spintoni, fughe, ricerca di un riparo, e tanta tanta paura.
Di alcuni di questi episodi sono stato testimone diretto. Sicuramente
l'episodio piu' drammatico e' stato quello della molotov lanciata nell'auto
della polizia con due agenti a bordo. Uno dei due e' finito in ospedale. Ma,
scene gia' viste, ci sarebbe scappato facilmente anche il morto nell'una o
nell'altra direzione.
Grande discussione - che vi risparmio - sugli errori e le inadempienze
dell'organizzazione e sui deficit della polizia greca. Altrettanta
discussione sull'identita' "politica" (?) degli imbecilli violenti contro
cose e persone. Personalmente mi sono fatto l'idea che siano semplicemente
dei teppisti che si esaltano in situazioni e contesti come questi. Non fanno
differenza tra una manifestazione politica e uno stadio. A loro interessa
semplicemente sperimentare schemi, rapporti di forza, violenza. si gasano,
si esaltano. Secondo altri si tratta di gruppi estremi che hanno anche un
loro fondamento o ispirazione ideologica da cercarsi in alcune aree
dell'anarchia e che giudicano una perdita di tempo tutte le discussioni e i
Forum, fossero pure social! In questo caso dirigono le proprie attenzioni
contro i simboli del "sistema" e simbolicamente li distruggono. Come sempre
la verita' delle cose non e' cosi' netta e allora si puo' ipotizzare che si
tratti di formazioni "sul campo" composte da persone con interessi e
retroterra differenti: teppisti e anarcoidi, in ogni caso violenti.
Mi conforta avere la certezza che sicuramente questi tali non possono essere
in alcun modo annoverati tra i no global che hanno organizzato e partecipato
al Social forum europeo e al corteo conclusivo. Anzi il movimento, pur cosi'
variegato e composito, ha rivelato grande maturita' nell'isolare,
stigmatizzare ed espellere questi gruppi (non piu' di un centinaio di
persone in tutto).
Ritornano le grandi considerazioni del dopo-Genova su violenza e
nonviolenza. Resto ancora piu' convinto che se la nonviolenza non diventa
una nota costitutiva del movimento contro la guerra e la globalizzazione,
esso non riuscira' a parlare alla gente, non si rendera' credibile, non
avra' parole. La nonviolenza e' l'unica parola nuova che possiamo dire alla
storia. E' l'unica strada che possiamo percorrere per essere realmente,
concretamente, sostanzialmente alternativi alle violenze che vengono pagate
a caro prezzo dalle vittime di questo sistema economico, politico e
culturale.
Il corteo greco si e' fermato davanti al palazzo del Parlamento di Atene e
la' si e' sciolto, ma la strada da fare e' ancora lunga. Dobbiamo
organizzare la speranza dei nuovi schiavi, dobbiamo intravedere percorsi
progettuali di liberazione, dobbiamo inventarci ancora forme nuove per dare
voce al dolore e alla sete di liberta'.

8. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: DOPO ATENE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha
fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del
"non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto
il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

Caro Tonio,
la tua conclusione e' la cosa piu' importante, piu' dei brutti fatti di
Atene che racconti, quando scrivi: "Resto ancora piu' convinto che se la
nonviolenza non diventa una nota costitutiva del movimento contro la guerra
e la globalizzazione, esso non riuscira' a parlare alla gente, non si
rendera' credibile, non avra' parole. La nonviolenza e' l'unica parola nuova
che possiamo dire alla storia. E' l'unica strada che possiamo percorrere per
essere realmente, concretamente, sostanzialmente alternativi alle violenze
che vengono pagate a caro prezzo dalle vittime di questo sistema economico,
politico e culturale".
Perche' non dedicare tutto un Social forum, almeno europeo, al metodo
nonviolento positivo, attivo?
La sola protesta, la denuncia, anche ben documentata, non e' attiva, non si
dimostra costruttiva, se lascia spazio ai violenti di professione, che
abusano dell'occasione (quando non sono infiltrati manovrati).
Gandhi scrive addirittura: "Se la disobbedienza civile non e' accompagnata
da un programma costruttivo, e' un atto criminale e una dispersione di
energie... e' soltanto una bravata ed e' peggio che inutile" (Gandhi, citato
nel mio libro Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi,
Pazzini editore, 2005, p. 69 (da Dhawan, The Political Philosophy of Mahatma
Gandhi, Navaijivan, Ahmedabad 1957, p. 191, riferito da Giuliano Pontara in
"Il pensiero etico-politico di Gandhi", Introduzione a Mohandas K. Gandhi,
Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1996, p. CXVI).
Chi vede solo i disordini, o magari li provoca, e poi li enfatizza
nell'informazione come unico avvenimento degno di nota, ignorando tutto il
lavoro costruttivo del Forum, vuole appunto fare apparire la protesta
giusta, fino alla disobbedienza civile, come "una bravata peggio che
inutile". E' una precisa strategia.
Anche Gandhi ha avuto a che fare spesso con frange violente che deturpavano
le azioni nonviolente positive da lui promosse. In questi casi, egli
bloccava l'azione (a costo di essere criticato dai suoi compagni) e pagava
di persona con digiuno, silenzio, gesti amichevoli verso l'avversario. In
questo modo riguadagnava il significato dell'azione frustrando l'effetto
rovinoso della violenza.
Gandhi ha lavorato (contro cio' che ne dicono i banalizzatori, e che molti
credono) in condizioni anche piu' difficili delle attuali: il dominio
inglese era molto violento, tutt'altro che gentile; la violenza tra gli
indiani era molta.
Ha avuto a che fare con due terrorismi: quello inglese e quello indiano
(vedi il capitolo 4 del bel libro di Fulvio Cesare Manara, Una forza che da'
vita. Ricominciare con Gandhi nell'eta' dei terrorismi, Unicopli, Milano
2006. Ne ho scritto su "La nonviolenza e' in cammino" del 9 maggio).
Per evidenziare il programma costruttivo del movimento new-global (per la
globalizzazione dei diritti umani) bisognera' forse rinunciare al corteo
tradizionale, immagine di forza massiccia, nonostante le migliori
intenzioni, e inventare altre forme di vasta comunicazione
inequivocabilmente nonviolenta. C'e' da imparare dalla storia, e da
inventare.

9. HERI DICEBAMUS. PEPPE SINI: TRE SUBALTERNITA': DA SEATTLE A PRAGA (2000)
[Ripubblichiamo un intervento diffuso il 4 ottobre 2000 e gia' pubblicato su
questo foglio nel n. 7 del 6 ottobre 2000 (ivi, nella nota di presentazione
segnalavamo l'urgenza di "promuovere una riflessione che ci sembra
improcrastinabile", ahinoi, mia cara Cassandra]

Una lettera aperta a tanti amici che sono nel giusto e in errore
Tre subalternita': da Seattle a Praga
*
La prima subalternita'
La prima subalternita' e' nei confronti dei potenti: essi decidono quando
concedere sfogo alla protesta, essi decidono di fatto luoghi e forme.
Manifestare solo in occasione dei meeting ufficiali in cui come e' noto
solitamente si fa pressappoco solo passerella, e' poca cosa, seppur
necessaria; e rispetto a certe forme della protesta gia' Guenther Anders
aveva spiegato bene che recitare la rivoluzione nei week-end e' una
mistificazione, una ridicolaggine ed infine una resa e una complicita',
tanto piu' grave quanto piu' ambigua e ignara (si legga almeno il duro
volumetto andersiano: Stato di necessita' e legittima difesa).
La Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l'Organizzazione
Mondiale del Commercio, insomma la "trinita' satanica" della globalizzazione
neoliberista (come l'ha definita con linguaggio icastico Alessandro
Zanotelli concludendo la stupenda marcia per la nonviolenza del 24
settembre), va contrastata giorno dopo giorno, tutti i giorni, e non "semel
in anno" (una volta all'anno) come fosse un carnevale.
Certo: anche le manifestazioni a Seattle, a Praga, ed il prossimo anno a
Genova, servono: e servono molto. Ma non ci si limiti a quelle come fossero
eventi taumaturgici.
*
La seconda subalternita'
La seconda subalternita' e' nei confronti dei mass-media: troppo spesso si
calibrano le iniziative in forme adatte ad essere masticate dalle
televisioni; si decidono le forme espressive in ossequio alle stritolatrici
esigenze dei network tv; non si dice ne' si fa cio' che pensiamo e come lo
pensiamo noi, ma quello che i mass-media pretendono di sentirci dire e fare.
Ma anche i mass-media sono parte del potere oppressivo, ed una parte
rilevantissima. Il potere mediale su cui Enrico Chiavacci (nella sua
utilissima Teologia morale, e particolarmente nei tomi 3/1 e 3/2, che tutto
il movimento farebbe bene a leggere) ha scritto pagine decisive. Cosi' come
Anders nel suo straordinario L'uomo e' antiquato.
*
La terza subalternita'
La terza subalternita' e' nei confronti della violenza: che e' sempre l'arma
dei ricchi, che e' sempre strumento di oppressione, che e' sempre nemica
della dignita' umana.
E' necessario essere chiari: se puo' talora suscitare ammirazione chi
sacrifica la propria vita, proviamo solo orrore per chi sacrifica quella
altrui. Non e' ammissibile manifestare insieme a persone che da come
agiscono danno a vedere che si augurano che accada l'incidente, che
desiderano fare "la battaglia", che auspicano che ci scappi il morto. Non e'
ammissibile essere complici degli adoratori della morte. Poi magari anni
dopo i sopravvissuti te li ritrovi professori, scrittori, giornalisti,
parlamentari, capitani d'industria: ed i morti restano morti. Io provo
orrore e disgusto di chi marcia sui cadaveri. Come ebbe a dire all'incirca
Albert Camus: preferisco essere sconfitto senza aver causato vittime, che
aver ragione su un cumulo di cadaveri.
E quindi trovo inaccettabile organizzare una manifestazione che preveda, per
usare il linguaggio orwelliano e kafkiano della recente vicenda di Praga, la
presenza dei cosiddetti "blu" (ovvero di manifestanti che programmaticamente
intendono provocare uno scontro fisico): e trovo che da parte degli
organizzatori della protesta aver accettato, cooptato e coordinato la
presenza dei cosiddetti "blu" nel movimento che manifestava a Praga abbia
sporcato e reso correi di una ambiguita' inammissibile anche i cosiddetti
"gialli" e i cosiddetti "rosa". Sia chiaro: nulla giustifica le violenze
militari e poliziesche, nulla giustifica i pestaggi e le umiliazioni e le
nefandezze fatte subire ai giovani manifestanti picchiati, fermati,
arrestati, gravemente maltrattati; ma neanche le molotov e le sassaiole
possono essere giustificate.
Per il futuro chiedo: che quando si manifesta, e manifestare e' necessario,
si sia chiari dall'inizio nel chiedere a tutti i partecipanti di attenersi
rigorosamente alle regole di condotta della lotta nonviolenta; chi non ci
sta, se ne resti a casa o manifesti un'altra volta per conto suo. Non
intendo precludere a nessuno il diritto di manifestare, ma a tutti va
chiesto rispetto per la vita e l'integrita' fisica altrui. Ad iniziative
ambigue e pericolose per l'incolumita' altrui credo che non si possa
partecipare.
*
L'urgenza di una discussione onesta
Di tutto questo credo sia urgente discutere onestamente tra le persone
impegnate nel movimento che si batte contro la globalizzazione neoliberista
e per l'umanita'.
Dobbiamo essere capaci di illimpidire, e cosi' fortificare il movimento,
uscire dalla subalternita' e dalle ambiguita', che non sono meno pericolose
dell'apatia e della rassegnazione.
*
Contrastare la violenza
Occorre contrastare la violenza, quella cristallizzata come quella
dispiegata, nel modo piu' rigoroso: con la nonviolenza.
Occorre lottare contro la violenza ed i suoi strumenti: le armi, esse si',
sono sempre nostri nemici; occorre lottare contro i poteri oppressivi avendo
a cuore le sorti del mondo; occorre lottare agendo in modo che ogni nostra
azione possa essere fondativa di socialita', possa essere esempio di azione
solidale, istitutiva di convivenza, promotrice di giustizia e fraternita':
solo la nonviolenza garantisce questo.
Occorre lottare seguendo il "principio responsabilita'" (Hans Jonas): la
nonviolenza e' l'unica forma di lotta (strategia, tecnica, progetto,
empatia) che quel principio invera.
Occorre lottare in modo coerente con i nostri scopi, che sono la liberazione
dell'umanita' oppressa, e la dignita' di ogni essere umano: dunque occorre
la nonviolenza come unico metodo coerente con questi obiettivi, unica scelta
che questi obiettivi realizza nel corso stesso della lotta.
Alle menzogne dei potenti occorre contrapporre la verita' che e' sempre
rivoluzionaria: dunque occorre la nonmenzogna, che e' un altro nome, ed una
decisiva specificazione, della nonviolenza.
*
Il diritto fondamentale e' il diritto a vivere
Dobbiamo essere chiari su un punto: il diritto e' sempre in ultima istanza
il diritto di persone. E se ad una persona si toglie la vita, si estingue
per sempre la possibilita' di riconoscerle qualsivoglia diritto.
La dittatura, il potere oppressivo, e' nella sua essenza uccidere l'altro
(lo ha spiegato definitivamente Elias Canetti in Massa e potere). Alla
dittatura, al potere oppressivo dobbiamo contrapporci nel modo piu'
rigoroso, mirando sempre a salvare la vita dell'altro, di ogni altro;
l'altro: il cui muto volto sofferente ci interroga e convoca alla
responsabilita' (Emmanuel Levinas).
Mi permetto una postilla ad uso di chi ha una visione del mondo materialista
(come il sottoscritto, che e' un vecchio leopardiano): proprio perche' si
ritiene che nulla vi sia per il singolo, per ogni singolo essere umano,
oltre questa vita, ebbene, a maggior ragione occorre difendere la sua vita,
la sua unica, fragile, addolorata e meravigliosa vita. Il principio del "non
uccidere" vale a maggior ragione per chi non aderisce a fedi religiose e non
ha speranze di vita oltremondana.
*
La scelta della nonviolenza
La scelta della nonviolenza e' quindi una necessita' intellettuale e morale;
e' l'unica strategia e metodologia di lotta coerente con la dignita' umana e
la liberazione degli oppressi; e' l'unica teoria-prassi di intervento
solidale e di iniziativa rivoluzionaria che realizzi nel suo stesso farsi
democrazia, diritti umani, difesa della biosfera.
*
Tutto cio' andava pur detto
Tutto cio' andava pur detto, e non avendolo fin qui dichiarato persone piu'
note ed autorevoli di me, ho infine sentito di doverlo dire io.
Spero che a queste considerazioni altri vogliano rispondere, e che possa
aprirsi una riflessione ed una discussione ampia e profonda, anche aspra
perche' urgente e concreta, condivisa in quanto polifonica.
*
Analisi concreta della situazione concreta
Chiedo solo che mi si risparmino le solite inquietanti scempiaggini in nome
di un Marx teologizzato e mistificato sulla "violenza levatrice della
storia" e simili arcaismi (di prima di Auschwitz, di prima dell'eta'
atomica), arcaismi che sarebbero amenita' se non producessero orrori: Marx
avrebbe riso di cuore, omericamente, se qualcuno invece di analizzare la
situazione reale attuale avesse bloccato il proprio cervello ad analisi
riferite ad un contesto di centocinquant'anni prima. Si usi di Marx quel che
di Marx resta straordinariamente valido e fecondo, l'unico marxismo onesto
e' quello concreto e creativo.
*
La nonviolenza e' lotta
Analogamente mi si risparmi la solita serqua di stupidaggini secondo cui chi
propugna la nonviolenza e' uno squallido quietista, un losco attendista e
dunque un complice degli oppressori: mi permetto di preventivamente
controreplicare che Mohandas Gandhi, Martin Luther King, Marianella Garcia,
e come loro tanti altri lottatori nonviolenti sono stati assassinati; che la
nonviolenza non solo non rimuove, ma anzi suscita e organizza il conflitto
contro la violenza, l'ingiustizia, la menzogna.
Come amici della nonviolenza esortiamo alla lotta, esortiamo alla
rivoluzione: ma una lotta coerente ed intransigente, di autentica resistenza
e autentica liberazione, la lotta nonviolenta; ma una rivoluzione che non
rinvii la dignita' umana in un futuro che mai arriva, bensi' inveri la
dignita' umana nel suo stesso farsi: la rivoluzione nonviolenta.
Di tutto il resto, discutiamo.
Peppe Sini, responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo
Viterbo, 4 ottobre 2000 (che per avventura e' il giorno in cui si ricorda un
grande rivoluzionario egualitario e nonviolento di diversi secoli fa:
Francesco d'Assisi)

10. APPELLI. PIERANGELO MONTI: A SOSTEGNO DELLA PROPOSTA DI PADRE ZANOTELLI
[Ringraziamo Pierangelo Monti (per contatti: pierangelo.monti at fastwebnet.it)
per questo intervento.
Pierangelo Monti, amico della nonviolenza, docente di religione nelle scuole
medie superiori, e' stato coordinatore della Tavola della pace del Canavese
e della campagna "Pace in Uganda".
Alessandro Zanotelli (per contatti: alex.zanotelli at peacelink.it),
missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista "Nigrizia" conducendo
inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del governo italiano ai
paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere politico, economico e
militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in Africa a condividere
per molti anni vita e speranze dei poveri, solo recentemente e' tornato in
Italia; e' direttore responsabile della rivista "Mosaico di pace" promossa
da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di Lilliput" ed e' una delle
voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro paese. Tra le opere di
Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo,
Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I
poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il
potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade
di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses
mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna
2000; R...esistenza e dialogo, Emi, Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non
ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003; (con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri
senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi,
Emi, Bologna 2003; Nel cuore del sistema: quale missione? Emi, Bologna 2003;
Korogocho, Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Alessandro Zanotelli: Mario
Lancisi, Alex Zanotelli. Sfida alla globalizzazione, Piemme, Casale
Monferrato (Al) 2003]

Condivido la proposta di padre Alex Zanotelli di riunire tutte le
organizzazioni che in vari modi si adoperano per la pace, il disarmo, la
nonviolenza [cfr. "La nonviolenza e' in cammino", n. 1286].
A quelle indicate aggiungo la Tavola della pace che dovrebbe gia' essere
l'ente che raccoglie le organizzazioni per la pace.
All'inizio della nuova legislatura e del nuovo governo bisogna far sentire
la voce di chi vuole un'Italia nuova, che ripudia la guerra, promotrice,
nelle aree di conflitto, di iniziative di dialogo, con l'offerta di forze
disarmate. Questo potra' farlo con le risorse economiche e umane liberate
dalla decisa riduzione degli investimenti militari.
Chiediamo al nuovo governo un Ministero della Pace.
In questi giorni  l'Italia chieda con forza all'Iran di non fare la scelta
del nucleare ne' militare ne' civile. Tenendo presente che l'appello puo'
essere preso in considerazione, solo se proviene da chi coerentemente ha
rifiutato quella scelta.
Siamo vicini al 2 giugno, sessantesimo anniversario della Repubblica; e
sarebbe opportuno riunire a Roma, in tale data, le organizzazioni per la
pace. Cosi' da mostrare in quella occasione il volto dell'Italia senza armi.
Perche' in futuro l'Italia anziche' far sfilare le armi e i soldati, metta
in mostra il meglio della nazione senza armi. Questo servira' da esempio
anche per gli altri stati.
Si dimostri finalmente che l'Italia vuole cambiare.

11. MAESTRE. SIMONE WEIL: COME
[Da Simone Weil, La condizione operaia, Edizioni di Comunita', Milano 1952,
Mondadori, Milano 1990, p. 272. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva
di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra
classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di
Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine
a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di
generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una
descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto
della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o
intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle
prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag:
"Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se
l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara.
Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da'
nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta'
consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil
aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale
della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le
raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la
grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi
Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio
(Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni
sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla
Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla
guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni,
nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil:
fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone
Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la
passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone
Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura
della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil.
L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela
Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani,
Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]

Come abolire un male senza aver visto chiaramente in che cosa consista?

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1291 del 10 maggio 2006

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