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La domenica della nonviolenza. 71
- Subject: La domenica della nonviolenza. 71
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 30 Apr 2006 13:02:31 +0200
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 71 del 30 aprile 2006 In questo numero: 1. Lidia al Quirinale. Un sogno sognato insieme 2. Lidia al Quirinale. Minima un'agenda 3. Giuseppe Moscati: Presenza alla persona nell'etica di Aldo Capitini. Considerazioni su alcuni scritti minori (parte prima) 1. EDITORIALE. LIDIA AL QUIRINALE. UN SOGNO SOGNATO INSIEME Come dicono le nostre sorelle e i nostri fratelli del continente desaparecido, un sogno sognato insieme e' la realta' che comincia. 2. MATERIALI. LIDIA AL QUIRINALE. MINIMA UN'AGENDA [Riproponiamo ancora alcune cose che si possono fare] "Di questa gioiosa avventura in cui mi avete imbarcato mi piace tutto, il carattere avventuroso, il gusto, i sentimenti, le idee, anche il forte valore simbolico, che nessun insuccesso comunque ormai cancella...Mi piace la forma che ha questa campagna, che non si potrebbe rappresentare ne' con la piramide di tutte le architetture del potere, ne' con il quadrato delle strutture militari, ma come il crocchio al mercato, la cerchia al tavolo di casa o del bar, le allusioni sui bus, insomma con tutte le forrne del parlare vero, anche occasionale, anche leggero..." (Lidia Menapace) 1. Scrivere lettere ai parlamentari per segnalare loro la proposta di eleggere Lidia Menapace a Presidente della Repubblica, le ragioni di tale proposta, i consensi che essa sta ottenendo, e per sollecitare un loro impegno in tal senso. Ovviamente occorre che siano lettere scritte con linguaggio adeguato: non proclami o peggio ancora requisitorie. Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i parlamentari si trovano nel sito della Camera dei Deputati (www.camera.it) e in quello del Senato della Repubblica (www.senato.it). * 2. Scrivere lettere ai consiglieri regionali (come e' noto all'elezione del Presidente della Repubblica prendono parte oltre a tutti i parlamentari anche tre rappresentanti per ogni Regione) per segnalare loro la proposta di eleggere Lidia Menapace a Presidente della Repubblica, le ragioni di tale proposta, i consensi che essa sta ottenendo, e per sollecitare un loro impegno in tal senso. Ovviamente occorre che anche queste lettere siano scritte con linguaggio adeguato. Gli indirizzi di posta elettronica dei consiglieri regionali si trovano agevolmento nei siti dei relativi Consigli Regionali. * 3. Scrivere lettere ai mass-media locali e nazionali per segnalare loro l'appello per l'elezione di Lidia Menapace a Presidente della Repubblica, le ragioni di tale proposta, i consensi che ha gia' ottenuto, e per sollecitare che ne diano informazione. Ovviamente per i mass-media locali o settoriali e' preferibile che vi sia anche una specificita' locale o settoriale della notizia (ad esempio l'adesione di persone o associazioni del territorio o del campo di interessi di riferimento dello specifico giornale, radio, tv, rivista, sito, etc.). Ed altrettanto ovviamente occorre un linguaggio adeguato: conciso e chiaro; alle redazioni giornalistiche interessa ricevere notizie, non esercizi di retorica sia pur la piu' alata. * 4. Valorizzare le mailing list e i siti nel web per far circolare l'appello (chiedendo anche, a chi gestisce un sito, se sia possibile che nella home page di esso sia segnalato l'appello "Per Lidia Menapace Presidente della Repubblica" con un rinvio ad una piu' ampia notizia e possibilmente anche un link alla o alle pagine web in cui e' possibile reperire maggiori informazioni (ad esempio la pagina web da cui si possono raggiungere tutti i fascicoli di questo notiziario, che e' la seguente: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html ). * 5. Laddove possibile promuovere raccolte di adesioni nei luoghi di lavoro, di studio, di incontro, di impegno: a tal fine potra' essere utile predisporre dei volantini da affiggere ove consentito che rechino almeno: a) un testo sintetico dell'appello (ad esempio: "Ci piacerebbe un Presidente della Repubblica che avesse fatto la Resistenza. Un Presidente della Repubblica che avesse fatto la scelta della nonviolenza. Un Presidente della Repubblica femminista. Una Presidente della Repubblica. Lidia Menapace"): b) una breve notizia su Lidia (ad esempio: "Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004"); c) un punto di riferimento locale e come sia contattabile (ad esempio telefonicamente o per e-mail); d) l'indicazione di dove trovare ulteriori informazioni (ad esempio la pagina web - che abbiamo segnalato sopra - che ospita i fascicoli di questo notiziario, "La nonviolenza e' in cammino", in cui si da' notizia dell'iniziativa, delle sue ragioni, delle dichiarazioni di adesione fin qui rese pubbliche). * 6. Con l'avvertenza di cercar di non sommergerla di richieste, si potrebbe anche proporre a Lidia Menapace (scrivendole alla sua casella di posta elettronica, sopra segnalata) di partecipare a iniziative pubbliche (non necessariamente centrate sulla proposta di elezione al Quirinale, e' ovvio: con Lidia si possono fare appassionanti incontri su tanti argomenti). * 7 Ma soprattutto parliamone: con le persone con cui condividiamo opinioni, esperienze, interessi, impegni; con le persone che riteniamo possano essere interessate ad avere una Presidente della Repubblica come Lidia; parliamone guardandoci nei volti e reciprocamente ascoltando le nostre voci. Una proposta come questa va "elaborata", cioe' meditata e discussa superando anche alcune frequenti e comprensibili resistenze interiori: in tante e tanti l'abbiamo pensata come desiderabile, ma non c'e' dubbio che forse molte e molti esitano ad esprimerla come proposta concreta su cui impegnarsi praticamente ritenendo che non sia sufficientemente "realistico" che persone che non appartengono alle gerarchie del palazzo propongano un ragionamento e un'indicazione per la Presidenza della Repubblica: invece proprio questa rottura culturale, questa uscita dall'apatia e dalla subalternita', questo ripudio della rassegnazione, questa presa di parola per una democrazia partecipata, costituiscono uno degli aspetti piu' interessanti della proposta. * 8. Infine: saremo grati a tutte le persone che vorranno comunicarci adesioni e iniziative affinche' anche sul nostro notiziario si possa darne notizia (il nostro indirizzo di posta elettronica e': nbawac at tin.it). 3. RIFLESSIONE. GIUSEPPE MOSCATI: PRESENZA ALLA PERSONA NELL'ETICA DI ALDO CAPITINI. CONSIDERAZIONI SU ALCUNI SCRITTI MINORI (PARTE PRIMA) [Dal sito www.aldocapitini.it riprendiamo il seguente saggio. Giuseppe Moscati (per contatti: giuseppe.moscati at tiscalinet.it) e' dottore di ricerca presso l'Universita' degli Studi di Perugia dove svolge attivita' di collaboratore scientifico, tutore di sostegno e cultore della materia presso le cattedre di filosofia morale e storia della filosofia morale del professor Mario Martini, con cui condivide tra l'altro gli studi capitiniani. Formatore sui temi dell'intercultura, della pace, del dialogo tra i popoli e della cooperazione allo sviluppo, e' segretario e membro supplente del Premio di laurea "Aldo Capitini". E' redattore della rivista "Rocca". Ha pubblicato numerosi articoli su riviste specializzate occupandosi in particolar modo degli aspetti etico-politici dell'opera di Capitini e in generale del pensiero nonviolento, tra cui: "Il libero-socialismo di Aldo Capitini", in AA. VV., Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; La presenza alla persona nell'etica di Aldo Capitini. Considerazioni su alcuni scritti "minori", "Kykeion", n. 7, Firenze University Press, Firenze 2002; Mazzini, Capitini, Gandhi. Intervista a Mario Martini, "Pensiero Mazziniano", nuova serie LVII, n. 4, Bologna University Press, Bologna 2002; Pensare la pace, scacco matto alla guerra. Una riflessione filosofica su conflitto e dintorni, "Foro ellenico", VI, n. 53/2003; Dietrich Bonhoeffer: Essere-per-gli-altri, "Rocca", LXIII, n. 8/2004; E il settimo giorno ando' alla guerra. Religioni tra scenari di guerra e orizzonti di pace, "Apulia", XXX, n. 4/2004; Capitini, la nonviolenza e il dialogo tra i popoli, "L'altrapagina", XXII, n. 5/2005; Maria Zambrano, violenza e creazione, "Rocca", LXIV, n. 12/2005; Simone Weil: dal mito al cuore dell'uomo, "Rocca", LXIV, nn. 16-17/2005. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it] Si puo' partire da una significativa definizione del negativo data da Aldo Capitini sessant'anni fa per approfondire alcune delle tematiche cruciali del pensiero del filosofo della nonviolenza. Mi riferisco, in particolare, ai temi di responsabilita', persona, liberta' e valore, e alle posizioni capitiniane di anti-dualismo, critica dell'idealismo e integrazione-aggiunta all'esistenzialismo: tutto cio', esplicitato da Capitini in alcune sue opere di ampio respiro, puo' essere letto, peraltro, anche attraverso gli scritti meno conosciuti dell'autore. Il testo in questione, innanzitutto, e' quello di una conferenza tenuta da Capitini nel febbraio 1941 e dedicata al problema della persona (1). Esso, del resto, e' ancor piu' fecondo se letto alla luce di altre considerazioni di Capitini presenti, sotto forma di questioni, suggerimenti e risposte alle provocazioni di pensatori come Guido Calogero, Giuseppe Granata, Guido De Ruggiero ed altri "dialoganti" dell'epoca, nei testi di questi, soprattutto in Individuo e persona del Calogero e in Azione e valore del De Ruggiero. Capitini, dunque, definisce il negativo come dolore di qualcuno, come dolore di un essere determinato: esso "e' sempre dolore di una persona; non esiste il dolore di 'nessuno'" (2). Da qui, poi, egli puo' dedurre la necessita' di un certo atteggiamento etico: la "presenza al dolore della persona" (3). Ecco, allora, che ci appare subito chiaro come Capitini voglia connotare come etico il rapporto fra persone, fra l'io ed il tu che l'io si ritrova davanti sofferente, in condizioni di bisogno. Ne consegue che l'uomo e' l'essere nel bisogno, che l'uomo e' tale in quanto bisognoso dell'altrui presenza. La quale, dovere morale di ciascuno, diventa l'argine all'indifferenza e il balsamo della solitudine. Ma per comprendere la presenza, il suo valore e la sua azione, va prima presa in considerazione la persona: la priorita' di ogni discorso morale spetta, secondo Capitini, al "porre le persone". Un atto che costituisce il vero baluardo contro due pericolosi nemici di una visione morale del mondo, e cioe' solipsismo e vitalismo "grezzo": "Il solipsismo e' l'ombra che sempre accompagna la nostra decisione, ed e' il dubbio che ci poniamo sempre... corrispettivo della nostra liberta', autonomia o infinita' di volere" (4). E qui, in un luogo kantiano - ma di un Kant "riformato" (5) -, il Nostro afferma che "porre gli altri e' valore in me, e siccome avverto che posso far cio' e non farlo, ne consegue una nobilta' intima nel porre le persone... Ponendo le persone, da un lato superiamo il solipsismo, dall'altro il grezzo vitalismo" (6). Anzi, l'interesse di Capitini si incontrera' con maggiore evidenza nelle sue riflessioni sul come porre la persona: e' sentendola davvero nel tempo che posso avvicinarne la vera essenza, che coincide con l'esistenza, ed e' nel calarmi io stesso nel tempo, vicino ad essa, che posso sentire la sua esistenza come viva, vitale, creatrice direi; cogliere l'esistenza di una persona vuol dire prenderne a cuore e sul serio tutti i frammenti vissuti, finanche ogni desiderio, progetto, speranza, senza mai pensarli quali accidenti (7). Tutto questo e' possibile se si e' in una certa disposizione etica, se si ha, cioe', l'intenzione gratuita e disinteressata di porsi come liberta' vicino alla persona che ci e' davanti, e quindi di offrirci come atto libero al tu che, costituzionalmente, mi richiede e insieme mi completa e arricchisce. Tempo e liberta' sono pertanto le due coordinate principali del percepire l'altro come persona, le due categorie fondamentali che ci consentono di coglierne l'esistenza. Troviamo conferma di cio' nella caducita' dell'esistere dell'uomo e nella fallibilita' dell'agire di questo: "bisogna che io provi lo spavento di vedere la persona come esistente nel tempo e suscettibile di cessare, perche' l'assuma veramente col mio atto; bisogna che veda con spavento la persona come suscettibile di errare, perche' io sia vicino alla sua liberta' di elevarsi invece al dolore" (8). Siamo ancora una volta all'interno della possibilita' del negativo: della morte in quanto fine della persona come mortale e finita e del male in quanto caduta nello strumentalismo e nell'atteggiamento totalitario. L'uomo, da una parte e' ente finito ed esposto all'estinzione, quindi caduco e bisognoso di aiuto, dall'altra e' attore etico-sociale esposto a mille situazioni, percio' fallibile e bisognoso, ancora una volta, di un tu che lo motivi alla conquista dei valori. * Questo legame tra gli uomini fondato sul confronto, sulla comprensione reciproca e sulla condivisione del negativo (9) - possiamo sintetizzare: sulla vicinanza-presenza - rappresenta il vero di piu' della visione capitiniana del mondo. Il rapporto tra gli uomini e' letto in base alla considerazione del bisogno come radice dell'esistenza umana ed in vista dell'elevazione a valore prioritario della condivisione di quell'ineludibile fondo opaco della vita di ciascuno, l'elemento drammatico di fondo dell'essere qui ed ora. A proposito di quest'ultimo, poi, che e' un negativo nietzschianamente "umano, troppo umano", come non citare uno dei passi piu' suggestivi di una delle opere maggiori del nostro autore, La compresenza dei morti e dei viventi? Il passo significativo, in questo senso, non puo' che essere quello che prende le mosse dall'interrogazione retorica di un Capitini indagatore dell'origine del male: "Perche' noi troviamo il male? Proprio perche' la compresenza, nel far nascere l'individuo, lo colloca in una condizione nella quale egli puo' farsi, o tendere a farsi, esclusivamente forza, vitalita', accentramento nell'io isolato, come egoismo o egotismo; quanto piu' egli tende a realizzarsi a questo livello, tanto piu' si realizza quella forma di realta' che noi chiamiamo naturalita', con tutte le sue chiusure, i suoi limiti, il suo male. Quanto piu', invece, l'individuo svolge il suo essere nella compresenza, tanto piu' si intravede la possibilita' che gli impedimenti si riducano e cessino fino al punto di una realta' liberata, attuazione della compresenza" (10). Ma, sia ben inteso, la naturalita' non e', in Capitini, il dato da superare senza esitazioni perche' malattia dell'umanita': essa e' cio' che va recuperato, credo, a quel "vitalismo grezzo" di cui leggevamo sopra, e' la base sulla quale l'uomo e' invitato dal suo stesso esistere e dalla sua consapevolezza di essere nel mondo a costruire i valori. Responsabilita', compresenza, condivisione del drammatico dell'esistenza, la stessa idea di persona non hanno senso se non in relazione ad un teatro - il mondo umano - nel quale entrano in scena i corpi come le volonta', le passioni come le leggi morali, gli istinti come le idee. E se accanto alla memoria o all'"attivita' spirituale" di un uomo c'e' la sua stessa presenza fisica, i rapporti tra gli uomini non possono prescindere da quella base di naturalita'. Tornando alle pagine del Capitini meno noto de Il problema della persona, ci appare evidente proprio questo, attraverso una sorta di reazione del filosofo al dualismo atto/corpo: "oggi sentiamo [il nostro atto] troppo scisso dal corpo fisico" (11). Questo, ferma restando la sottolineatura dei limiti di una concezione materialistica tout court del mondo, limiti che per Capitini investono una vera e propria questione di diritto: la persona e' rispettata solo da colui che la avverte come tale allo stesso modo in cui il diritto richiede in chi lo tutela il dovere di prenderlo come diritto (12). La materia, qui, funge da stimolo, pone la finitudine, che e' poi la spinta al superamento della condizione finita stessa, ma non puo' costituire il fondamento della persona, come prevede il materialista; parallelamente, l'esistenzialista parla del limite dimenticando, secondo Capitini, che questo sorge solo la' dove c'e' la volonta' di superarlo (13). Ma se e' vero che tali avvertenze critiche permetteranno al Nostro di definire, in positivo, cosa sia la "fede nel valore", la "vicinanza alla liberta'", nonche' la "presenza alle persone", e' vero anche che la sua conseguente concezione del bene si espone ad una possibile critica. Prendendo ad esempio il concetto di provvidenza, il testo del '41 porta alle estreme conseguenze l'idea della fede al valore e arriva a dire che, "se io compio una qualsiasi azione, mi sento certo che essa e' un bene, e il bene dunque c'e'" (14); ma e' chiaro che l'inferenza del bene dalla semplice certezza soggettiva lascia delle perplessita'. * Se facciamo riferimento ai valori e al legame tra azioni e valori, dobbiamo chiamare in causa un altro rapporto fondamentale tematizzato da Capitini in queste sue pagine "minori" eppure cosi' stimolanti, quello tra responsabilita' e legge. A Guido Calogero, che lo invita a pronunciarsi sulle questioni dell'etica classica (principalmente sulla dottrina della virtu'), egli risponde che, in realta', "in noi stessi e' la responsabilita', la fonte medesima della legge" (15). Ma allora, se e' proprio nell'essere responsabili il fondamento della legge, l'individuo si fa persona nel mentre si fa responsabile di ogni suo atto, a monte del quale vi e' la scelta del valore; quest'ultimo, dunque, implica necessariamente l'impegno, che e' da considerare e a livello sociale, comunitario (l'uomo tra gli uomini), e a livello personale, a priori rispetto al mondo esterno (l'uomo davanti a se stesso). Con intonazioni ancora una volta kantiane, Capitini pone questo rapporto valore-impegno in stretta relazione con quello io-tu, perche', se il valore coinvolge un impegno rispetto ad esso, cio' e' possibile sulla base della presenza di un tu all'esistenza dell'individuo. Questa e' senz'altro una delle riflessioni piu' alte del testo capitiniano dedicato al problema-valore della persona e merita pertanto un approfondimento maggiore. "Si studi pure per lungo e per largo il dramma dell'individuo, si accumulino i documenti - incalza il Nostro -, tutto cio' non toglie che possa esser detto all'individuo nel suo dramma un tu dall'intimo. Questo tu non spunta finche' l'individuo si sente come cosa tra le cose, vivente tra i viventi, morituro tra i morituri" (16). L'individualita' viene qui presa ad oggetto per una messa in crisi, ancora una volta (anche se qui indirettamente), dalla posizione del solipsismo, ma anche di quella dell'idealismo. Quanto all'individualismo in senso stretto, sara' qui necessario ricordare che il tu di cui parla questo come tanti altri luoghi dell'opera capitiniana e' un tu, in definitiva, che "sorge come presenza esplicita al dramma della persona, che percio' non e' tutto" (17). Ed il senso, mi si passi la ripetizione, e' tutto in quel "non e' tutto": la stessa persona, valore primo da porre per una visione che intenzioni eticamente il mondo (del dramma, ma non solo) dell'uomo, proprio la persona, valore dei valori, non e' tutto, non e' bastante a se stessa! Capitini rivoluziona l'orizzonte della concezione della persona ponendo questa come dipendente, all'interno di una condizione sempre segnata dal negativo, e dipendente non tanto dall'essere di un tu, bensi' dalla presenza di quel tu all'esserci della persona stessa. La persona, in ultima analisi, risulta tale solamente in quanto "oggetto di un atto di tu", quindi vera e propria sintesi di se' e dell'atto del tu che presenzia al suo esistere, soffrire, e cosi' via (18); di seguito troviamo l'affermazione che, "quando io definisco e caratterizzo, e parlo di atto, unita', presente, liberta', etc. parlo di cose immanenti a me stesso e interessanti me, possibili da me (altrimenti non potrei nemmeno definirle). Quando io parlo di liberta', tocco cosa che gia' e' in me e in me si muove, e parlandone come di un valore, assumo l'impegno di attuarla" (19). * Quanto, invece, all'idealismo, la critica capitiniana e' diretta contro la presunzione di quello di far passare l'ideale per cio' che e' (al posto di cio' che dovrebbe essere); tale critica si esplicita, nello specifico, nel corso della discussione avuta dal pensatore umbro con Giuseppe Granata, e si esplicita con estrema chiarezza: "Il pericolo e' nel prendere la realta' ideale come essere e non come dover essere" (20). Ribaltando i termini della questione realta'-utopia, Capitini ravvisa il pericolo piu' grave della filosofia non nel suo porre l'ideale come imperativo, ma nel suo scambiare l'ideale per reale, anzi nel suo confondere il piano ideale con quello effettivo. In altri suoi interventi, comunque, Capitini torna ad affrontare il problema delle posizioni dell'idealismo dal punto di vista dei rischi possibili che da tali posizioni discendono. Ma lo fa gia' approfonditamente nel dialogare con lo stesso De Ruggiero, specie quando - sempre a chiare lettere - invita a "far scendere l'idealismo in terra" (21). Non mi pare fuori luogo ricordare qui una vivace affermazione di Ludwig Feuerbach: "Come e' sciocco... venerare, come verita' divina, l'idealismo in cielo, cioe' l'idealismo dell'immaginazione, e respingere invece come un errore umano l'idealismo in terra, cioe' l'idealismo della ragione!" (22). In realta', un po' tutte le considerazioni di Capitini sul rapporto tra idealismo e realta' fanno capo alla riflessione intorno ad un'antitesi fondamentale, quella di forma e contenuto, presentata anche come opposizione di conscio e subconscio e simili. Secondo Capitini, va evitato, in primo luogo, l'accrescimento eccessivo dell'elemento della forma, del conscio (come del presente e dell'unita') rispetto a quello del contenuto, dell'inconscio (come del passato e del molteplice); pena la riduzione a vuota forma, vuoto conscio, ecc. (23). Ma, in considerazione del fatto che un'eccedenza di contenuto, subconscio e simili condurrebbe ad un pessimismo accentuato che pare avere, a giudizio di Capitini, tutte le caratteristiche di un vero e proprio nichilismo, il filosofo perugino si affretta a porre un'altra questione. Quella del "punto di arresto" nel processo innescato dal pensiero di un Granata che si era fatto promotore di una sorta di "pessimismo conoscitivo" lontano dalla morale e dal dovere morale (24). Affinche' "non si vada nel nulla - e' il monito capitiniano in proposito -, io pongo... la persona in atto aperta ai molteplici contenuti" (25). * Si ritorna cosi', direttamente, al concetto di valore, piu' volte da Capitini messo in relazione con quello di persona e di liberta' e legato di per se' ad un atto di fede. "La fede nel valore la raggiungo vivendo concretamente la vita umana, incarnandomi nei miei sentimenti e nei miei pensieri, e allora non posso fare a meno di sperimentare il valore della bellezza nell'intuire, della verita' nel ricercare, della fedelta' nell'amore, della bonta', della giustizia, etc." (26). Ma la fede nel valore implica di necessita' la vicinanza alla liberta', la quale si ha nel "porre delle persone non il loro contenuto, ma la forma del loro agire" (27). Questa e' una convinzione capitiniana che merita sicuramente un'attenzione particolare, perche' va presa per nodo cruciale del discorso sui valori, societa' e visioni del mondo. Vi si puo' ritrovare un Capitini che si pronuncia contro le ingiustizie sociali e le discriminazioni classiste - indirettamente - ed anche contro le visioni totalizzanti in genere - esplicitamente. E infatti egli chiarisce: "Il contenuto la persona, appunto percha' libera, se lo dara' da se': se io dovessi porre i contenuti sarebbe questo un infinito quantitativo e totalitario" (28). E' la liberta' della persona a fondare la scelta dei valori e, mancando la possibilita' personale di questa, verrebbe meno ogni forma di liberta'. La figura del dittatore (o del pensiero totalizzante in generale), quindi, ne esce come chiaramente determinata e caratterizzata dalla volonta' di soppressione non solo della liberta', ma pure dello stesso "darsi i contenuti", diritto inalienabile di ogni individuo. Dalla fede nel valore e dalla vicinanza alla liberta', finalmente, la presenza alle persone, che "e' il di piu', e' l'aggiunta al loro dramma, e' il loro interiorizzarle come viventi, come sofferenti proprio come esseri di finitezza..." (29). Veniva cosi' posta una stretta connessione fra tre elementi fondamentali del pensiero capitiniano, valore liberta' e persona, e definita, tra le righe, la vita nei termini di presenza dell'io al tu. Questa presenza, tra l'altro, si struttura in Capitini sotto forma di piu' "figure", forse ben rappresentabili da quella del Tu-tutti (o tu-Tutti), e comunque riconducibili tutte ad un intento fondamentale, quello di "drammatizzare" nella vita comune, quotidiana, la "realta' di tutti" (30). Ma perche' una filosofia dei valori ha da occuparsi di tutti? Essenzialmente perche' tutti sono valori per me. La spiegazione di cio' e' insita in una nostra contraddizione, in una contraddizione tutta umana di cui soffriamo: "io supero la mia individualita' isolata e limitata, che cadrebbe come oggetto, nel portarmi ad essere Soggetto, cioe' presenza eterna di qua dal mondo; sento anche altre persone individuate dalla parte del soggetto, mediante l'amore che volgo ad esse come singole: nel tu le faccio io, le aggiungo al mio io" (31). Proprio qui e' la contraddizione: la scoperta del fatto esistenziale di non essere soli, per giunta individui finiti e mortali, non e' ancora identificazione del mio io con l'io di tutti; siamo ancora su di un piano "assimilatorio", non c'e' unione integrale di persone, ma, possiamo dire, solo addizione. La contraddizione, svela infine il nostro autore, "si supera affermando la presenza, non solo la mia e di chi amo, di coloro a cui ho volto il tu, ma di tutti" (32). * E' dunque un atto etico a fondare la mia presenza agli altri, tutti gli altri, e questo ci conduce a due considerazioni, innanzitutto: a) il religioso, per Capitini, e' la categoria dell'unione che regola - o, almeno, dovrebbe farlo - il mondo dei rapporti umani (religio come legame); b) in una tale concezione, il valore e' eterno, nel senso di antico quanto l'uomo e sempre presente all'uomo (l'onnipresenza ne fa una costante della presenza dell'umanita' al mondo). Quanto al primo punto, la religione di cui ci parla Capitini, da una parte "e' contrasto col mondo, protesta e tensione al superamento dei limiti di una realta' insufficiente, urto ai dormienti nell'angustia del gusto effimero, e' separazione, e' lotta, e' guerra..." (33). Dall'altra, essa e' cio' che "indica un'unita' piu' profonda, la possibilita' di una vera pace" (34). Se la religione di cui dicono tante pagine del pensatore umbro non corrisponde affatto con quella cattolica, e se egli rifiuta decisamente i canoni fondamentali assunti dalla religione istituzionalizzata in genere, e' vero anche che una simile concezione del religioso non puo' prescindere dalla testimonianza dell'impegno concreto di ciascuno nei confronti di ognuno: l'invito in questione "non e' quello di 'credere per agire', bensi' l'altro del 'provare per persuadersi'" (35). Riguardo poi al valore, c'e' ancora da dire che Capitini ha affrontato la questione del rapporto di questo con l'azione, e lo ha fatto in un suo breve lavoro, sempre degli anni Quaranta (36). In esso Capitini chiarisce, preliminarmente, che valore "e' termine moderno per l'antico di Bene. Valore si puo' definire cio' che e' desiderato (individualmente) e che dovrebbe essere desiderato (universalmente)" (37). Ma se, secondo lui, va in primo luogo distinta l'azione - "modificazione della realta'", per iniziativa del soggetto (38) - dall'atto - "cio' che fa essere" (39) -; e' bene poi, sempre secondo Capitini, riferirsi all'idea di azione per poter parlare dei valori, in quanto sempre strettamente connessa, l'idea di azione, al mondo umano; non cosi', invece, il concetto di atto, legato soprattutto alla tradizione teologica. Viene dichiarata qui, pertanto, la preferenza per il termine (e l'idea) di azione in qualita' di elemento della ricerca eminentemente etica, per poi definire il "valore centrale" come quello che, "secondo liberta' e responsabilita', si impegna nei singoli valori, e operando per essi li immette nella societa', e in tutte le forme, cioe' come valore estetico se fa dell'arte o la studia, valore di pensiero, valore sociale, etico, etc." (40). Dal confronto tra pensiero e azione e dall'incontro tra quest'ultima e il valore risulta che la fede nel valore, di cui dicevamo, trova nel terreno della pratica un riscontro ed un significato che non possono essere di tipo affermativo o di tipo polemico (41): nell'azione s'impone, possiamo dire, sempre e comunque una certa scelta del valore da incarnare e, con questo, una scelta di campo. Per questo, infatti, il valore e' eterno; ed anzi, lo e' proprio perche' coincide con la causa che ci fa accettare di vivere nel tempo insieme costruendolo (42). Sono i valori a rendere "accettabile" la vita e l'uomo stesso e' per il valore e, in quanto tale, e' persona (43). * Date tali premesse, Capitini arrivera' in seguito a concludere che il valore ha in se' anche una funzione emancipatrice, perche' esso "e' creazione, e' liberazione continua dalla schiavitu' ad un'immaginata realta' mostruosa ed esterna" (44). Certo, l'affermazione della fede nel valore, di cui abbiamo letto, reca con se' tutta una serie di problemi: una fede, obietterebbe Emanuele Severino, e' pur sempre "una certezza smentibile, che potrebbe rivelarsi falsa, e il cui contenuto potrebbe non convincere piu' chi ne era convinto" (45); e percio' colui che "ha una fede qualsiasi deve essere cosciente di cio' in cui egli crede, ma... cio' in cui crede... gli si deve dunque presentare nel suo esser qualcosa di smentibile" (46). Capitini, del resto, non si e' tirato indietro la' dove c'era la necessita' di problematizzare il tema: "Orfeo - nota il pensatore perugino -, quando col valore del suo canto e' riuscito a vincere la morte della persona amata, cede al desiderio di vederla e interrompe il canto, si volge e cosi' la perde. Questa dura legge e' la legge del valore. Esso porta con se' una severita' invincibile, che lo costituisce: che il valore e' piu' della realta' che si incontra, con cui si urta e che crediamo ci sazi, mentre non ci sazia appunto perche' la prima realta' che si incontra non e' il valore" (47). E poi, vivere un valore e', in Capitini, costruirne uno dialogando con altri che possono arricchire la mia stessa visione di quel valore; per la fede nel valore, in definitiva, possono essere ricordate le caratteristiche che egli attribuisce a quello che chiama "sacro di apertura". Si tratta dell'assenza di istituzioni o circoli chiusi, negatori della liberta' e promotori di omologazione e settarismo; della presenza di una lingua comune; del rispetto delle opinioni di ciascuno, fosse pure il piu' emarginato e "lontano"; del sentimento della compresenza (tutti ci sono presenti, sempre); e infine di un altro elemento positivo, assai centrale nell'opera capitiniana, cioe' della ricerca comune - condotta alla luce di una ragione coscienziosa oltre che dell'esperienza di chi ci ha preceduto, di "cio' che e' da fare" e di cio' che non lo e' (48). * Note 1. Il problema della persona, appunto, e' il titolo della conferenza: titolo che dobbiamo, pero', all'"Archivio di Filosofia", mancando di un titolo proprio il manoscritto, come segnalano i curatori del bel volume antologico AA. VV., Filosofi nel dissenso. Il "Reale Istituto di Studi Filosofici" a Perugia dal 1941 al 1943, a cura di E. Mirri e L. Conti, intr. di A. Montesperelli, Editoriale Umbra, Foligno (Pg) 1986, p. 60. 2. A. Capitini, Il problema della persona, in AA. VV., Filosofi nel dissenso..., cit., p. 68. 3. Cfr. ibidem. 4. A. Capitini, Discussione, in G. Calogero, Individuo e persona, in AA. VV., Filosofi nel dissenso..., cit., p. 49. 5. Fra i tre aspetti che la vita concreta, quotidiana, presenta, Capitini inserisce quello per cui consideriamo le persone - "almeno alcune" - alla stregua non di mezzi, ma di fini (cfr. ivi, p. 47). 6. Ibid. 7. Cfr. A. Capitini, Il problema della persona, cit., p. 69. In una parola, lo vedremo piu' avanti, persona e' l'uomo per il valore. 8. Ibid. Abbiamo davanti ai nostri occhi, aveva gia' detto l'autore, "l'esperienza diretta della propria finitezza, della possibilita' cioe' di errare e di soffrire: quando questa esperienza e' vissuta realmente, essa e' di un determinato individuo in un concreto dramma" (ivi, p. 62). La sottolineatura credo vada ai termini "determinato individuo" e "concreto dramma", proprio per ribadire come l'accento Capitini lo faccia cadere sulla natura sempre determinata (e umana) del negativo. Il filosofo scrivera', nel '47, sempre riguardo alla negativita' del punto di partenza dell'uomo nel mondo, eppure con tono speranzoso: "Sulla scena sempre un po' fosca del mondo i fatti riluttano tanto piu' quanto piu' uno rifiuta di un'ispirazione del valore" (A. Capitini, Saggio sul soggetto della storia [1947], in Id., Scritti filosofici e religiosi, a cura di M. Martini, Fondazione Centro Studi Aldo Capitini, Perugia 1998, p. 222). 9. Sempre in riferimento a tempo e liberta' quali termini della comunicazione tra gli individui, leggiamo che "la vicinanza dell'atto alle persone non le supera, le vive nel dramma del tempo e della liberta'; se l'atto vuole volgersi alla persona, a cominciare dalla propria, non puo' che farsi presente cosi'. Vivendo gli elementi drammatici che la persona porta con se', viene eliminata la descrizione e l'impersonalita' da ogni angolo del reale" (A. Capitini, Il problema della persona, cit., p. 70). L'indifferenza e' combattuta cosi' a partire dal fatto-valore del dramma dell'uomo, che viene convissuto grazie alla presenza dell'altro al mio tempo e alla mia liberta', dove - appunto - tempo e' caducita' e liberta' e' possibilita' di "errare". 10. A. Capitini, La compresenza dei morti e dei viventi (1966), in Id., Scritti filosofici..., cit., pp. 264-265. Questione di non secondaria importanza sarebbe quella del ricadere, su di noi, del male compiuto dagli altri, per cui cfr. ivi, p. 265. 11. A. Capitini, Il problema della persona, cit., p. 67. 12. Cfr. ibid. 13. Cfr. ibid. 14. Ivi, p. 69. 15. A. Capitini, Discussione, in G. Calogero, Individuo e persona, cit., p. 48. 16. A. Capitini, Il problema della persona, cit., p. 62. 17. Ibid. 18. Cfr. ibid. 19. Ivi, p. 63. 20. A. Capitini, Discussione, in G. Granata, Le contrastanti posizioni teoretiche di Allmayer e Calogero sul problema della persona, in AA. VV., Filosofi nel dissenso, cit., p. 59. 21. A. Capitini, Discussione, in G. De Ruggiero, Azione e valore, in AA. VV., Filosofi nel dissenso, cit., p. 102. Ed anche qui e' chiamata in causa, stavolta in modo esplicito, la filosofia critica kantiana di contro al disinteresse dello Hegel verso una "sintesi" di idealismo e realismo. Si tratta, comunque, di un capovolgimento dell'idealismo che Capitini si augura possa venir attuato dalla filosofia contemporanea. 22. L. Feuerbach, Grundsaetze der Philosophie der Zukunft, Zuerich und Winterthur (1843), trad. it. e cura di C. Cesa, Principi della filosofia dell'avvenire, Laterza, Roma-Bari 1984, p. 80. 23. Cfr. A. Capitini, Il problema della persona, cit., p. 66. 24. Cfr. G. Granata, Le contrastanti posizioni teoretiche..., cit., p. 58. ´"Solo nella luce della conoscenza - aveva infatti affermato il Granata -, non della morale, cercheranno gli uomini la pace con se stessi" (ibid.). In una prospettiva palesemente lontana da quella capitiniana, egli aveva auspicato che un domani, in un mondo che si interessera' meno di morale, potesse regnare una morale piu' alta di quella in vigore nel mondo contemporaneo. 25. A. Capitini, Il problema della persona, cit., p. 66. 26. Ivi, p. 68. 27. Ibid. 28. Ibid. "A me sembra - nota poi - di piu' alto valore porre la tua persona come libera che determinare il contenuto della tua liberta'" (ibid.). 29. Ibid. 30. Cfr. A. Capitini, La realta' di tutti (scritto nel 1944, ma edito nel '48), in Id., Scritti filosofici..., cit., p. 214. L'espressione e' della prefazione che al suo libro il Nostro scrisse, il 22 novembre '64, e che compare, in nota, nel volume citato, alla fine del testo del '44, La realta' di tutti appunto, cui l'autore dice di essere molto legato. Non a caso, questo libro, quarto di quelli ideologici e piu' propriamente antifascisti - dopo Elementi di un'esperienza religiosa, Vita religiosa e Atti della presenza aperta - "strutturava organicamente la sintesi del valore e della presenza, come 'realta' di tutti' che nessuno esclude e la cui unita' e' la produzione del valore" (ibid.). 31. A. Capitini, Saggio sul soggetto della storia, cit., p. 240. 32. Ibid. 33. A. Capitini, Religione aperta (1955), in Id., Scritti filosofici..., cit., p. 473. 34. Ibid. 35. F. Truini, Aldo Capitini, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989, p. 152. "La vera regola della saggezza pratica - ricorda John Stuart Mill - non e' quella di rendere egualmente importanti nelle nostre abituali contemplazioni tutti gli aspetti delle cose, ma di dare la massima importanza a quegli aspetti che dipendono dalla nostra condotta o possono esserne modificati. Nelle cose che non dipendono da noi, non e' soltanto per amore di una vita piu' comoda che e' desiderabile l'atteggiamento di chi guarda alle cose ed agli uomini di preferenza dal loro lato gradevole; e' anche allo scopo di poterli amare di piu' e poter lavorare con maggior lena per il loro perfezionamento" (J. S. Mill, Il teism o, in Id., Saggi sulla religione (1885), trad. it. e cura di L. Geymonat, Universale Economica, Milano 1953, p. 151). 36. Si tratta di pochi fogli che documentano una relazione sul tema, con particolare riferimento alla centralita' del valore nell'agire dell'uomo in societa': ad essa e' stato dato il titolo (anche in questo caso altrimenti mancante) de Il rapporto fra azione e valore dai curatori del volume citato Filosofi nel dissenso. 37. A. Capitini, Il rapporto fra azione e valore, in AA. VV., Filosofi nel dissenso, cit., p. 108. 38. Cfr. ibid. 39. Cfr. ibid. 40. Ivi, p. 109. 41. Cfr. ibid. 42. Cfr. ivi, p. 110. 43. Cfr. ibid. 44. A. Capitini, Saggio sul soggetto della storia, cit., p. 222. 45. E. Severino, Se la "buona fede" non basta alla morale. L'etica tra scienza e politica, "Corriere della sera", 6 agosto 2000. 46. Ibid. 47. A. Capitini, Saggio sul soggetto della storia, cit., p 223. 48. A. Capitini, Religione aperta, cit., p. 476. (Parte prima - segue) ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 71 del 30 aprile 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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