[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 1272
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1272
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 21 Apr 2006 00:07:58 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1272 del 21 aprile 2006 Sommario di questo numero: 1. Lidia Menapace: Come volevasi dimostrare 2. Severino Vardacampi: Le elezioni di Baskerville 3. Cindy Sheehan: Non attaccate l'Iran 4. Contro tutti i terrorismi 5. Margot Badran: Femminismo islamico 6. Enrico Peyretti: Costituzione 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: COME VOLEVASI DIMOSTRARE [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Come volevasi dimostrare: Berlusconi - dopo cinque anni di governo incontrastato per maggioranza ampia quanto mai successe nella storia repubblicana, con tutte le televisioni che voleva, una stampa non particolarmente eroica e indipendente, una condotta del tutto spregiudicata della campagna elettorale e un calcolo molto attento dell'intrico dei tempi del cosidetto "ingorgo istituzionale" - non vince e si dimostra incapace di governare l'Italia; pero' nel contempo e' in grado di rendere quasi impossibile a chicchessia di farlo al suo posto. Lo stallo politico e' grande. A questo punto se il centrosinistra non sa ritrarsi dalle sue meschine logiche di concorrenza interna e di manuale Cencelli, allora l'Italia e' davvero un paese sull'orlo della crisi di nervi. Sto per dire che addirittura, per dimostrare indifferenza agli equilibrismi, non mi spiacerebbe che - a parte Prodi, indicato dall'elettorato stesso come laeder della coalizione che ha vinto - tutti gli altri fossero sorteggiati, dato che la sorte per pure ragioni statistiche forse tirerebbe su anche qualche nome di donna, mentre per intanto non se ne vede o sente nemmeno mezzo, vergogna! Non so che cosa dobbiamo ancora fare: mi aspetto che sara' fatto appello al nostro ben noto senso di responsabilita', al nostro non meno noto spirito di servizio, alla nostra eterna capacita' di sopportazione di mariti figli suocere nuore e cognate, sicche' persino i nostri colleghi parlamentari dovrebbero essere da noi sopportabili. * Cominciamo a dire che non e' cosi' e che in ogni modo non rinuncero' a far presente per iscritto e a divulgare le richieste che intendo avanzare, dopo averle confrontate con le colleghe e compagne elette. Ne ho accennato in alcuni primi dibattiti di bilancio elettorale e politico e trovo approvazioni. Una elezione cosi' risicata ha bisogno del consenso attivo, attivato, richiesto, organizzato, canalizzato con apposite forme di espressione, degli elettori e delle elettrici, non certo di una corte di uomini ben troppo visti e venuti a noia al mondo intero, che si parlano addosso: serve intanto una buona analisi del voto per sapere quali sommovimenti sono avvenuti. Ad esempio le donne erano fino alle ultime elezioni le piu' astensioniste, forse rispondono poco agli exit poll, forse il campione scelto era poco equilibrato dal punto di vista del genere; causa dell'astensione era considerata una politica astratta e litigiosa e virtuale che non ci interessa molto mentre siamo alle prese con problemi concreti pesanti e urgenti: e' successo qualcosa? l'aumento dei voti viene dalle donne, e da quali? si e' spostata a destra una parte considerevole dell'elettorato femminile, per paura del peggio? per paura dei "comunisti"? e in cio' ha pesato la pressione della chiesa? Si e' anche palesata una corrente di donne che si sposta coscientemente dall'astensione a sinistra anche sulla base di candidature femminili significative. Se e' cosi', che cosa si pensa di fare per intercettare questa corrente e favorire la sua capacita' di discorso verso le altre donne? Femministe, donne delle associazioni, del movimento, soprattutto del sindacato, dopo "Usciamo dal silenzio" si sono decise a votare il centrosinistra e si sono dette molto interessate a stabilire una relazione politica autonoma e libera, ma stretta, con le elette, per rimanere attive e costruire (e' la prima volta che succede) una relazione tra movimento e donne che stanno anche nelle istituzioni. * Il centrosinistra finora non ha nemmeno trovato il tempo per ringraziare elettori ed elettrici per il risultato, ottenuto spesso piu' per decisione degli stessi che per abilita' nostra. Stanno ad aspettare improbabili e del resto inutili telegrammi tra loro (per una volta ha persino ragione Berlusconi che dice essere quella un'abitudine americana che non si e' mai vista da noi: e' vero, non ricordo Togliatti e De Gasperi che si mandano telegrammi di reciproco riconoscimento). Ma un minuto per dire grazie non lo trovano? C'e' una espressione nel mio dialetto nativo che e' "scoeur", scuore, scoramento, caduta del coraggio, sentimento di delusione e perdita di voglia di fare: a me non capita, perche' sono una testa durissima, ma non mi meraviglierei che ad altre/i invece venisse lo "scuore". 2. EDITORIALE. SEVERINO VARDACAMPI: LE ELEZIONI DI BASKERVILLE Forse non sara' inopportuno che un vecchio barbogio scriva qui tre cosucce, e le scriva chiare e tonde. * Le elezioni politiche eleggono i membri del parlamento, non i capi di governo: la finzione della scelta diretta del premier da parte del corpo elettorale e' solo una scelleraggine golpista cui anche il cosiddetto centrosinistra si e' adeguato dal '96 in qua nella sua sostanziale crescente subalternita' a questo che e' un vecchio progetto sia del partito neofascista sia della P2. Poiche' si eleggono i membri del parlamento il risultato della consultazione elettorale si esprime non in altro che in attribuzione di seggi alla Camera e al Senato. Che la legge elettorale attualmente in vigore sia un'aberrazione e meriti di essere abrogata al piu' presto e' cosa di dominio pubblico, ma con essa si sono svolte le elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 ed e' invero bizzarro che proprio coloro che tale legge hanno spavaldamente imposto ora si lagnino dei risultati conseguenti alla sua applicazione. E i risultati sono che al Senato sono stati eletti in maggioranza, sia pur di strettissima misura, i candidati presentatisi nelle liste della coalizione del cosiddetto centrosinistra; ugualmente alla Camera, ove il premio di maggioranza attribuito sulla base del collegio unico nazionale - e non su base regionale come per il Senato - enfatizza la differenza, hanno vinto, sia pure di poche decine di miglaiia di voti, i candidati delle liste della coalizione del cosiddetto centrosinistra. Tutto qui: la coalizione del cosiddetto centrosinistra ha vinto sia al Senato che alla Camera - sia pure di un soffio, ma ha vinto in entrambi i rami del Parlamento. Che adesso, a bocce ferme e a risultati proclamati, chiunque abbia da eccepire sull'esito del voto possa adire tutte le forme di verifica e controllo previste dalla legge, e' cosa buona e giusta; ma fino a prova contraria i risultati sono validi e il Parlamento e' composto da quanti sulla base dei risultati accertati sono stati legittimamente eletti. Quando poi il Presidente della Repubblica attribuira' l'incarico di formare il governo, e il governo si formera' e si presentera' alle Camere, ebbene, allora si vedra' se esso avra' la maggioranza dei voti dei membri del Parlamento. E questo sul piano, come dire, aritmetico, e tecnico-giuridico. * Poi c'e' il piano politico. Anche se il ceto politico e il sistema dei mass-media hanno fatto di tutto per nasconderlo (trovando anche una sconcertante complicita' in vasti settori dell'intellettualita' diffusa, quell'opinione pubblica composta da chi avendo accesso a consistenti livelli di benessere puo' permettersi di amabilmente conversare mentre sempre piu' esseri umani sono trascinati nella poverta', nell'umiliazione, nella sofferenza, nella paura, nella morte), il nocciolo di queste elezioni era la vittoria o la sconfitta del colpo di stato pianificato e in corso d'opera da parte del blocco berlusconiano (e intendiamo dire, gramscianamente, del blocco storico di cui e' stato espressione il governo Berlusconi). Golpe bianco che aveva gia' raggiunto uno stadio assai avanzato con la recente legge che faceva a pezzi la Costituzione della Repubblica Italiana e che sara' oggetto tra alcune settimane di un referendum decisivo per la democrazia, la legalita' e la liberta' nel nostro paese, non meno delle elezioni appena concluse. E se sul piano dell'attribuzione dei seggi il risultato del voto e' stato di una prevalenza di stretta misura del cosiddetto centrosinistra rispetto alla coalizione berlusconiana, sul piano politico il risultato e' invece di una evidenza palmare: il progetto golpista berlusconiano e' stato sconfitto. Tutto qui. Ed e' stato sconfitto nonostante l'astuta gestione della campagna elettorale da parte di Berlusconi e dei suoi infiniti complici (gerarchi del cosiddetto centrosinistra compresi), gestione che e' riuscita a distrarre l'attenzione da cio' che era in gioco spostandola altrove, su argomenti di gran lunga meno rilevanti come l'arte dell'ingiuria, o certe brillanti trovate come quella sull'Ici (che peraltro e' tassa ragionevolmente abolibile per la prima casa, e il cui mancato introito effettivamente surrogabile con diversa fonte). Consapevole o meno che fosse la gran parte del corpo elettorale della posta realmente in gioco, il progetto berlusconiano e' stato sconfitto dal voto popolare. Amen. * Ma il fatto che il voto abbia sancito la secca sconfitta del golpe berlusconiano, non significa automaticamente che esso abbia espresso una netta vittoria del fronte democratico. Anche perche' il fronte democratico e' stato appunto un fronte, inclusivo di soggetti assolutamente eterogenei, ed ha avuto come referente elettorale obbligato liste bloccate e dirigenze di partiti in gran parte peggio che discutibili. E qui non diciamo delle liste inventate per sedurre la parte piu' beota dell'elettorato (esiste anche quella, anche quella vota avendone pieno diritto; cosi' come del resto esitono anche i mascalzoni e anch'essi votano avendone pieno diritto), ma delle liste maggiori. Poiche' la coalizione cosiddetta di centrosinistra ha candidato in posizioni dominanti - imponendone quindi l'elezione - anche non pochi personaggi che non vorremmo certo incontrare in un vicolo di notte: bombardieri e squadristi, ladroni di lungo corso e pagliacci per tutte le stagioni, irresponsabili parassiti ed impenitenti totalitari, personaggi rotti ad ogni corruttela, manutengolii, vassalli ed eredi del sistema di potere che ha saccheggiato il nostro paese lungo mezzo secolo ed oltre, e - last but not least - le camarille che incessantemente con il berlusconismo hanno cercato il compromesso e trescato sottobanco. Intendiamoci: sono state elette anche svariate brave persone, ed alcune bravissime; e comunque almeno alcuni dei partiti del centrosinistra non sono riducibili a fameliche clientele di dirigenze malversatrici (nella storia della sinistra italiana ci sono pur stati Anna Kuliscioff e Giacomo Matteotti, Piero Gobetti e Antonio Gramsci, i fratelli Rosselli e i fratelli Cervi, Placido Rizzotto e Pippo Fava, Laura Conti e Giulio A. Maccacaro, e Mario Tommasini che ci appena lasciato...); ed infine sia per necessita' obiettiva, sia per interesse materiale, sia per mera ragionevolezza, la maggioranza parlamentare dovra' pur esprimere un governo e svolgere un'attivita' legislativa che ripristini la legalita' e la democrazia abolendo almeno le leggi berlusconiane piu' spudoratamente criminali e cirminogene. Ma detto questo, c'e' ancora una terza cosuccia da dire. E diciamola dunque. * Ha chiarito una volta per sempre Norberto Bobbio che una democrazia si regge su due pilastri: il pilastro delle leggi e delle istituzioni, e il pilastro dei costumi e della cultura. Per quanto attiene alle istituzioni e alle leggi, una volta salvata la Costituzione antifascista col prossimo voto referendario, una volta ristabilito il principio della separazione dei poteri, una volta riaffermato il principio di legalita', una volta abolite le leggi piu' scellerate imposte dal governo berlusconiano (ed anche alcune non meno scellerate frutto dei governi precedenti), si potra' tornare a ragionare. Con un po' di buona volonta', far piazza pulita almeno del peggio non sarebbe intrapresa particolarmente ardua. Sul versante dei costumi e della cultura invece sara' un impegno lungo e faticoso; come ognuno intuisce, anni e anni di pervasivo rimbambimento, di spasmodica esibizione di immoralita' fino a farne paradigma di affermazione sociale, di promozione dell'ignoranza e della volgarita', di irrisione e fin negazione di ogni decenza e di ogni sentimento civile, di corruzione sfrenata e di abietta prostituzione di ogni bene e valore, ebbene, tutto cio' ha scavato in profondita', e un risanamento, una riforma intellettuale e morale non sara' un impegno lieve, ci vorra' uno sforzo tenace e protratto (e proprio perche' si trattera' di un lungo lavoro, prima si comincia a ripristinare il rispetto del vero e del giusto, l'amore del bene e del degno, la serieta' e la misericordia, e meglio e'). Un segnale che si potrebbe e dovrebbe dare subito sarebbe quello di stabilire subito la parita' di genere nelle cariche istituzionali e negli incarichi governativi: meta' donne e meta' uomini; sarebbe un buon inizio, e una riforma feconda e aggettante, di grande valore sia politico che culturale. Alcune intellettuali ed alcuni movimenti femlministi anno promosso un appello a tal fine: sarebbe interesse di tutte e di tutti che su esso convergesse il consenso persuaso dell'intera parte democratica del parlamento e del paese. * Ci attendono adesso due passaggi decisivi: le elezioni amministrative di maggio; il referendum costituzionale subito dopo. Le elezioni amminsitrative, consultazioni nelle quali solitamente il cosiddetto centrosinistra ha risultati piu' favorevoli rispetto alle elezioni politiche poiche' la potenza propagandistica berlusconiana e' per ovvi motivi meno efficiente, possono notevolmente consolidare il risultato delle elezioni politiche (e favorire anche qualche processo disgregativo nella stessa coalizione berlusconiana e nella sua base di consenso elettorale). Occorre quindi che esse siano considerate non solo negli aspetti locali, ma anche nel loro valore politico nazionale complessivo: da questo punto di vista esse sono prolungamento e verifica delle elezioni politiche, ed e' essenziale che il fronte democratico sconfigga di nuovo il blocco berlusconiano ed anzi incrementi lo scarto. Pertanto almeno chi scrive quesate righe ritiene che in senso generale e globalmente occorre non solo votare per le coalizioni cosiddette di centrosinistra anche nelle elezioni amministrative ovunque possibile, ma anche sostenerle esplicitamente, se non altro per le stesse identiche ragioni per cui occorreva sostenere la coalizione cosiddetta di centrosinistra alle politiche del 9-10 aprile. Fatta salva, come e' ovvio, una verifica caso per caso, luogo per luogo. Un'importanza particolare hanno le elezioni regionali siciliane: la vittoria di Rita Borsellino e della coalizione che si e' riconosciuta nella sua figura e quindi nel suo programma che ha al suo cuore la lotta contro la mafia, e' decisiva: decisiva a livello nazionale ed internazionale. Cosicche' da tutta Italia, come molte e molti hanno proposto, tutte le persone di volonta' buona devono fare quanto in loro potere per sostenere la campagna elettorale di Rita Borsellino in Sicilia: innumerevoli sono le cose che si possono fare, a ciascuna e ciascuno di fare la propria parte. E' inutile dire che se per sventura perdessimo il referendum sulla Costituzione e venisse confermata la legge di riforma costituzionale golpista, la stessa sconfitta berlusconiana alle politiche sarebbe effettualmente revocata in dubbio; l'assetto istituzionale democratico sarebbe squassato; si aprirebbe una fase politica confusa e convulsa i cui esiti potrebbero essere catastrofici. E' imperativo (nel senso dell'imperativo categorico kantiano) vincere il referendum, salvare la Costituzione repubblicana. Quindi nessun dorma, nessuno si adagi sui discutibili allori della risicata vittoria del fronte antigolpista alle elezioni politiche, ma tutte e tutti ci si impegni per le amministrative e per il referendum. Ci attendono un paio di mesi di impegno intenso e concentrato, ed insieme occorre esercitare la massima vigilanza democratica rispetto a possibili tentativi di destabilizzazione eversiva da parte del blocco golpista. * Se tutto andasse nel migliore dei modi, se alla fine di giugno avessimo un presidente della Repubblica decente, un governo democratico, un parlamento rispettabile, una conferma della tenuta della democrazia nel voto amministrativo, e soprattutto la conferma della Costituzione antifascista come esito del referendum, allora, e solo allora, si riaprira' la prospettiva di una nuova e piu' limpida dialettica politica, e si aprira' lo spazio per un'opera ad un tempo di chiarificazione e costruttiva nella direzione di una sinistra nuova, una nuova sinistra responsabile e solidale, antiautoritaria e antipatriarcale, libertaria e socializzatrice, dei diritti e dei doveri, fondata sull'assunzione persuasa della scelta pienamente consapevole della nonviolenza. * La scelta della nonviolenza: che non e' la pagliacciata o l'ideologia di ricambio di cui cianciano i mascalzoni che se ne riempiono la bocca per cercar di far dimenticare i loro sciagurati trascorsi sui quali hanno costruito le loro presenti carriere. La nonviolenza di cui parlano costoro e' il contrario della nonviolenza, e' vergogna ed infamia, e' ciancia e ipocrisia, e' menzogna e corruttela, e' crimine e stoltezza. Ben altra cosa e' la scelta della nonviolenza. E' la scelta del rigore morale e intellettuale, la scelta del riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, la scelta della lotta la piu' nitida e la piu' intransigente contro tutte le violenze e le menzogne, la scelta della solidarieta' con l'umanita' intera. La nonviolenza e' hic et nunc non solo l'eredita' di Gandhi e di King, di Capitini e di Dolci, di Marianella Garcia e di Chico Mendes, di Etty Hillesum e di Simone Weil; e' anche lo sviluppo necessario del pensiero critico antitotalitario di Rosa Luxemburg e di Victor Serge, di Ernst Bloch e di Herbert Marcuse; e' l'ascolto del pensiero e delle prassi delle donne: la massima esperienza storica e teoretica nonviolenta; e' la ripresa della corrente calda della tradizione delle lotte del movimento operaio; la consapevolezza olistica della nuova ecologia; la decolonizzazione culturale e mentale che le lotte e le riflessioni degli infiniti sud del mondo da Mariategui a Mandela ci hanno insegnato; la costruzione di una societa' conviviale fondata sul riconoscimento delle differenze e sull'uguaglianza di diritti di tutte e tutti; l'inveramento delle tradizioni autenticamente liberali, libertarie e liberatrici, come di quelle socialiste e solidali; l'adeguamento della politica alle etiche fondate sulla relazione all'altro e sul principio responsabilita', l'apprendimento della lezione di Emmanuel Levinas e di Hans Jonas, di Hannah Arendt e di Guenther Anders, di Franco Basaglia e di Franca Ongaro Basaglia; la verace essenziale lezione delle grandi tradizioni religiose fondate sul principio dell'amore che da' vita; l'assunzione del portato delle grandi tradizioni giuridiche e dei grandi monumenti giuridici contemporanei; l'accoglimento e l'estrinsecazione di cio' che ci hanno insegnato Virginia Woolf e Simone de Beauvoir, di cio' di cui sono viventi esempi Vandana Shiva e Rigoberta Menchu'. La nonviolenza e' in cammino. 3. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: NON ATTACCATE L'IRAN [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di Cindy Sheehan. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey nella guerra in Iraq; per tutto il mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli per chiedergli conto della morte di suo figlio; intorno alla sua figura e alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio movimento contro la guerra; e' stato recentemente pubblicato il suo libro Not One More Mother's Child (Non un altro figlio di madre), disponibile nel sito www.koabooks.com] Fresco del rinomato successo in Iraq, George Bush si e' gonfiato sul ponte della Uss "Abraham Lincoln", e con orgoglio e fiducia ha dichiarato la vittoria. E' stata una bella guerra, una guerra pulita, non c'e' mai stata una vittoria americana cosi' veloce e sorprendente, ed e' venuta meravigliosamente bene sugli schermi della Cnn. Con oltre 2.000 soldati uccisi, miliardi di dollari buttati via, migliaia di giovani mutilati, centinaia di migliaia di innocenti iracheni uccisi, e ancora niente elettricita' o acqua pulita nel loro paese, questo spaccone imbecille ha la faccia tosta di tentare di venderci una nuova guerra in Iran. I neocon ed il loro presidente fantoccio pensano davvero che siamo tutti stupidi? Se ci avete preso in giro una volta, la vergogna e' nostra, ma se ci prendete in giro ancora... ebbene, non lo farete. "Il nostro obiettivo e' impedire loro di avere armi nucleari" (George W. Bush sull'Iran, alla Johns Hopkins University, il 10 aprile scorso). Allora, fatemi capire: per prevenire l'Iran dall'acquisire armi nucleari, noi useremo contro di loro armi nucleari! La continua ipocrisia di questo regime toglie letteralmente il fiato. Se il solo possedere armi nucleari e', com'e', una follia, parlare di usarle e' pazzia furiosa. Il generale in pensione Anthony Zinni ha detto oggi alla Cnn che l'Iran non restera' fermo, se attaccato: hanno i mezzi e la capacita' di contrattaccare. I nostri giovani in Iraq saranno bersagli fissi, e cosi' Israele, le nostre riserve di gas naturale e di petrolio verranno grandemente compromesse. Ma io ho ragioni piu' spaventose di queste: non sono la sola a credere che un attacco nucleare all'Iran potrebbe dare inizio alla terza (o quarta) guerra mondiale. Mentre i fanatici religiosi pregano per l'avvento dell'Armageddon, questa riflessione diventa ancora piu' spaventosa se si pensa che i finti credenti della Casa Bianca stanno usando l'idea dei fanatici che Gesu' fosse un guerrafondaio e che quindi qualsiasi cosa il nostro grande leader faccia e' ben fatta, perche' lui e' un cristiano! E attacchi nucleari a parte, ci stiamo dimenticando il terribile potere distruttivo delle armi convenzionali. Non dobbiamo, neppure un solo momento, contemplare l'ipotesi di un'invasione convenzionale dell'Iran. Non ha importanza quanto George Bush menta su come vanno bene le cose in Iraq, non vanno bene affatto, e l'Iraq e' la prova che la guerra, di qualsiasi tipo, e' un modo orribilmente sbagliato di affrontare i problemi. Non dobbiamo credere a Bush e compagnia sull'Iran: il presidente ha mentito per la gola troppe volte in passato. Dalle armi di distruzione di massa al terrorismo in Iraq, al fatto che nessuno poteva prevedere il disastro a New Orleans. Non dobbiamo permettergli di terrorizzarci un'altra volta. La dottrina della guerra preventiva e' abominevole, soprattutto quando si ha un tale vuoto di leadership politica in questo paese, un vuoto che permette di sottoscrivere ogni atto maniacale venga in mente al presidente di compiere. Non possiamo permettere al nostro governo di distruggere il mondo combattendo contro i mulini a vento, contro chi non minaccia la nostra sicurezza ne' la nostra vita. Dobbiamo eleggere politici che vadano alle radici delle cause del terrorismo, e non pretendano la morte di ogni terrorista come soddisfazione a quella sorta di primordiale sete di sangue che scaturisce dalla macchina della guerra. Quando costoro vanno a caccia di terroristi uccidono uomini, donne e bambini innocenti, e diventano essi stessi la cosa che stanno tentando di insegnarci a odiare. Per favore, andate al sito "Don't attack Iran" e firmate la petizione con cui diciamo di non sostenere un attacco all'Iran. Noi membri di Gold Star Families for Peace, Code Pink Women for Peace, Traprock Peace Center, AfterDowningStreet.org, Democrat.com, Progressive Democrats of America, The Velvet Revolution e Global Exchange vi chiediamo con urgenza di proibire ai nostri leader di commettere ulteriori crimini di guerra e crimini contro l'umanita' in nome nostro. Dobbiamo ripudiare questi crimini a voce alta, almeno per non esserne complici. Non possiamo permettere un attacco all'Iran. Dobbiamo ristabilire la sanita' di mente nel nostro paese, se non e' gia' troppo tardi per farlo. 4. RIFLESSIONE. CONTRO TUTTI I TERRORISMI E' terroristica sia la strage compiuta dal singolo, sia quella compiuta dal gruppo criminale, sia quella compiuta dallo stato, sia quella compiuta dall'impresa economica o dalla formazione ideologica, sia quella compiuta dalle coalizioni ed istituzioni inter e sovrastatali. Pensare di opporsi al terrorismo con altri atti di terrorismo il terrorismo reduplica, e moltiplica le vittime. Delle diverse epifanie del terrorismo la guerra e' la piu' ampia e profonda, la guerra e' il terrorismo nella forma piu' massiva, piu' distruttiva. Opporsi a tutte le guerre e' il primo passo per opporsi a tutti i terrorismi. 5. RIFLESSIONE. MARGOT BADRAN: FEMMINISMO ISLAMICO [Dal sito www.socialpress.it riprendiamo il seguente articolo, che riprende una conferenza tenuta dall'autrice all'American Research Center del Cairo. La traduzione dall'inglese e' di Jolanda Guardi. Margot Badran e' senior fellow al Center for Muslim-Christian Understanding, alla Georgetown University, specializzata in studi di genere nelle societa' musulmane] Cosa indica un nome? Cosa si cela dietro un nome? Cos'e' il femminismo musulmano? Possiamo darne, innanzitutto, una definizione concisa: e' un discorso e una pratica femminista articolata all'interno del paradigma islam. Il femminismo islamico che deriva il suo discernimento e il suo mandato dal Corano, ricerca diritti e giustizia per le donne e per gli uomini nella totalita' della loro esistenza. Il femminismo islamico e' tanto contestato fermamente quanto abbracciato fermamente. Relativamente a questo movimento ci sono state diverse incomprensioni, rappresentazioni menzognere, e divergenze. Questo nuovo femminismo ha dato simultaneamente vita a paure e speranze. Vedremo chi lo produce, dove, perche' e a quale scopo. * Femminismo Come giustamente e' stato notato i concetti e i termini - cosi' come le pratiche nate intorno ad essi - hanno una storia. Il termine femminismo e' stato coniato in Francia nel 1880 da Hubertine Auclert, che lo introdusse nella sua rivista "La Citoyenne" per criticare la predominanza (e la dominazione) maschile e per farsi portavoce dei diritti e dell'emancipazione delle donne promessi dalla rivoluzione francese. La storica del femminismo Karen Offen ha dimostrato che, sin dal suo apparire, al vocabolo sono stati dati molti significati e definizioni; e' stato utilizzato a scopi diversi e ha ispirato movimenti diversi. Nel primo decennio del XX secolo il termine fa la sua apparizione in inglese, prima in Gran Bretagna e, successivamente, nel 1910, negli Stati Uniti; all'inizio degli anni '20 era utilizzato in Egitto, dove circolava in lingua francese e in arabo come nisa'iyya. Si', il vocabolo ebbe origine in occidente, nello specifico in Francia. No, il femminismo non e' occidentale. Il femminismo americano non e' quello francese (come affermerebbero a gran voce sia le americane che le francesi). Il femminismo egiziano non e' quello francese e non e' occidentale. E' egiziano, come affermano le sue fondatrici e come chiarisce la storia. I femminismi si generano in luoghi particolari e sono articolati in termini locali. Le studiose e coloro che hanno fatto la storia delle donne, che prese forma come nuovo campo di studi negli anni sessanta e si diffuse specialmente tra il 1970 e il 1980, registrano l'esistenza di una pletora di femminismi in luoghi differenti. Il volume Feminisms and Nationalism in the Third World della studiosa dello Sri Lanka Fumari Jayawardena, pubblicato nel 1986, documenta i movimenti femministi emergenti in diversi paesi asiatici e del Medio Oriente all'interno dei movimenti di liberazione nazionali o di riforma religiosa, inclusi i movimenti di riforma islamica. L'Egitto, come sappiamo, e' stato un pioniere nell'articolare il pensiero femminista e nell'organizzarne l'attivismo. Nonostante un'ampia letteratura in molte lingue che documenta questo femminismo sparso ovunque, tuttavia, l'idea che il femminismo sia occidentale viene ancora diffusa da coloro che ignorano la storia o che, forse, volontariamente, utilizzano il termine in modo da delegittimarlo. Alcuni parlano ancora di "femminismo occidentale" in termini essenzialisti, monolitici e statici, per mascherare una certa mentalita' occidentalista o, forse, per un progetto politico che vuole "frammentare" il femminismo. Il femminismo, in ogni caso, e' una pianta che cresce nel suo stesso terreno (il che non significa che sia impermeabile a influenze esterne). Femminismo islamico: il termine femminismo islamico comincia ad apparire negli anni novanta negli scritti delle musulmane. Le studiose iraniane Afsaneh Najamabadeh e Ziba Mir-Hosseini hanno spiegato la sua nascita e utilizzo in Iran da parte delle donne che scrivono nella rivista "Zanan", fondata da Shahla Sherkat nel 1992. La saudita Mai Yamani ha usato il termine nel suo libro - pubblicato nel 1966 - Feminism and Islam. Le turche Yesim Arat e Feride Acar nei loro articoli, e Nilufer Gole nel suo The Forbidden Modern (pubblicato in turco nel 1991 e in inglese nel 1996), usano l'espressione femminismo islamico nei loro scritti degli anni novanta per descrivere un nuovo paradigma femminista emergente in Turchia. L'attivista sudafricana Stamina Shaikh ha utilizzato l'espressione femminismo islamico nelle sue conferenze e nei suoi articoli negli anni '90, imitata da attivisti di ambo i sessi nel suo paese. Gia' alla meta' degli anni '90 l'espressione femminismo islamico circolava fra musulmani in diversi angoli della umma. E' importante distinguere tra femminismo islamico come progetto esplicito dichiarato, come termine analitico, e femminismo islamico come termine di identita'. Alcune donne musulmane, come evidenziato nelle considerazioni precedenti, descrivono il loro progetto di articolare e avocare a se' la pratica, insita nel Corano, di equita' di genere e giustizia sociale come femminismo islamico. Altre lo descrivono come un progetto islamico di rilettura del Corano, di letture dei testi religiosi centrate sul genere femminile o di "attivismo dottrinale", come viene denominato nel testo di Gisela Webb Windows of Faith (2001). Usano e producono discorsi di femminismo islamico anche molti che non accettano di essere etichettati o identificati come "femministi islamici", inclusi i cosiddetti musulmani religiosi (termine con il quale si intende l'osservante), i cosiddetti musulmani secolarizzati (il cui essere musulmano puo' essere meno evidente in pubblico), nonche' i non musulmani. Molti musulmani usano gli aggettivi religioso e secolare per denotare se stessi e gli altri; altri si sentono a disagio con questi termini. E' importante storicizzare e contestualizzare l'uso di questi vocaboli, poiche' hanno un significato diverso in luoghi e tempi diversi. Va pertanto sottolineato che i termini religioso e secolare non sono impermeabili; ci sono, e ci sono sempre state, interazioni fra i due. Alcune delle donne impegnate nell'articolazione e nella pratica del femminismo islamico affermano un'identita' femminista e musulmana fin dall'inizio. Queste includono autrici della rivista "Zanan", esegete e attiviste sudafricane, nonche' donne appartenenti al gruppo "Sister in Islam" in Malesia. Altre, fra cui molte delle pensatrici chiave del discorso femminista islamico, o della nuova interpretazione del Corano sensibile al genere, sono state riluttanti a identificare se stesse come femministe musulmane. Alcune, tuttavia, hanno modificato la loro posizione in anni recenti. Amina Wadud, la teologa musulmana afro-americana autrice del libro chiave Qur'an and Woman (1991), ad esempio, si opponeva all'essere "bollata" con questa etichetta. Oggi si mostra meno preoccupata che gli altri la identifichino come tale; cio' che e' importante per lei e' che il suo lavoro venga compreso. Quello che irrita Wadud e' l'essere classificata come "femminista occidentale". Nella prefazione all'edizione inglese del suo libro (1999), denuncia l'utilizzo peggiorativo dei termini "occidentale" e "femminista". Questa musulmana devota si chiede: cosa c'e' di male a essere occidentale (non dimentichiamo che il numero dei musulmani occidentali e quello dei musulmani in occidente, cui Wadud appartiene, e' in aumento.) Quanto allo screditare il femminismo rimbrotta: "Non viene mai associata alla definizione di femminismo la consapevolezza radicale che le donne sono esseri umani". La teologa Riffat Hassan, di origine pakistana, ma residente negli Stati Uniti, ha anch'essa accettato la designazione di femminista islamica, preoccupata piuttosto, come lo e' Wadud, che il suo lavoro sia compreso. * Fenomeno globale Il femminismo musulmano e' un fenomeno globale. Non e' un prodotto dell'est o dell'ovest. Trascende entrambi. Come gia' suggerito, il femminismo islamico viene prodotto in luoghi diversi nel mondo da donne all'interno del proprio paese sia che provengano da paesi a maggioranza musulmana sia che appartengano a una minoranza di vecchia data. Il femminismo islamico e' in aumento nella diaspora musulmana e nelle comunita' di convertiti in occidente. Il femminismo islamico circola con frequenza crescente nel ciberspazio - per nominare solo un sito: marymams.com L'inglese e', globalmente, la lingua principale nella quale il discorso femminista islamico viene espresso e in cui circola. Allo stesso tempo, viene espresso in un gran numero di lingue locali. Per poter interpretare il Corano e leggere attentamente gli altri testi religiosi musulmani la conoscenza dell'arabo e' essenziale. Tuttavia, poiche' l'inglese viene usato come lingua comune del femminismo islamico, la terminologia disponibile e' in questa lingua. E, con il diffondersi dell'esegesi femminista, molti prestiti dall'arabo, come il termine "ijtihad", stanno entrando nell'uso comune in inglese. Il femminismo islamico trascende e distrugge i tradizionali binomi religioso/secolare, oriente/occidente, riduce le differenze e manifesta interessi e scopi comuni, a cominciare dall'affermazione fondamentale dell'uguaglianza di genere e della giustizia sociale. Suggerire un possibile scontro fra femminismo secolare e femminismo religioso puo' essere il prodotto della mancanza di conoscenza storica o, come accade in molti casi, un tentativo motivato politicamente di nascondere una piu' vasta solidarieta' fra donne. Le pioniere del femminismo secolare in Egitto e in altri paesi arabi hanno sempre dato spazio alla religione. Il discorso fondante del femminismo egiziano era ancorato contemporaneamente al discorso della riforma islamica e a quello del nazionalismo secolare. Il femminismo secolare (spesso chiamato semplicemente femminismo) aveva argomenti islamici quando rivendicava il diritto delle donne all'educazione, al lavoro, ai diritti politici insieme al nazionalismo secolare, ai diritti umanitari (poi umani) e alla democrazia. Quando le femministe chiedono modifiche al Codice dello Statuto Personale, ovviamente lo fanno sulla base di motivazioni islamiche. Il femminismo islamico rivendica i diritti delle donne, l'eguaglianza di genere, la giustizia sociale utilizzando il discorso islamico come un paradigma, anche se non e' necessariamente l'unico: in Iran si basa su discorsi e metodologie secolari per rafforzare ed estendere le sue rivendicazioni. Wadud, nella sua interpretazione del Corano dal punto di vista femminile, combina metodologie islamiche classiche coi nuovi strumenti scientifici e con discorsi secolari sui diritti e la giustizia, mantenendo una ferma e fondamentale base nel pensiero islamico. * Costruire un discorso Come viene costituito il discorso femminista islamico? Questo argomento include cio' che alcuni chiamano teologia musulmana femminista. L'argomento base del femminismo islamico e' che il Corano afferma il principio di uguaglianza di tutti gli esseri umani, ma che, nella pratica, l'uguaglianza di uomini e donne (e altre categorie di persone) e' stata impedita o sovvertita da idee (ideologie) e pratiche patriarcali. La giurisprudenza musulmana, fiqh, consolidata nella sua forma classica nel IX secolo, era essa stessa pesantemente saturata dal pensiero patriarcale e dai comportamenti dell'epoca. E' stata questa giurisprudenza influenzata dall'ideologia patriarcale che ha informato le diverse formulazioni contemporanee della shari'a. Anche gli hadith, cioe' i detti e i fatti del profeta Muhammad, non sempre autentici, sono stati spesso utilizzati per sostenere idee e pratiche patriarcali. A volte gli hadith sono di provenienza dubbia e a volte vengono usati fuori dal contesto. Una priorita' del femminismo islamico e' dunque quella di andare direttamente al testo sacro fondamentale e centrale dell'islam, il Corano, in uno sforzo di recuperare il suo messaggio ugualitario. Alcune donne si concentrano esclusivamente sul Corano (Amina Wadud, Rifaat Hassan, la saudita Fatima Naseef); altre applicano la loro lettura del Corano all'esame delle diverse formulazioni della shari'a (la libanese Aziza al-Hibri, la pakistana Shaheen Sardar Ali); altre ancora si concentrano sul riesame degli hadith (Fatima Mernissi, la turca Hidayet Tuksal). La metodologia base di questo femminismo islamico e' quella classica dell'ijtihad (ricerca indipendente sulle fonti religiose) e del tafsir (interpretazione del Corano). Oltre a questi metodi vengono utilizzate la linguistica, la storia, la critica letteraria, la sociologia, l'antropologia, e cosi' via. Nell'approccio al Corano le donne portano nella loro lettura la propria interpretazione e si interrogano in quanto donne. Sottolineano come l'interpretazione classica e post-classica sia basata sull'esperienza dell'uomo e sull'influenza patriarcale diffusa nelle societa' in cui gli interpreti vivevano. * Ermeneutica femminista Questa ermeneutica sensibile al genere o femminista, fornisce conferma dell'uguaglianza di genere nel Corano persa di vista dagli interpreti maschi che hanno costruito un corpus di tafsir che promuovono la superiorita' del maschio. Esistono molti versetti (ayat) del Corano che sembrano affermare l'uguaglianza uomo-donna. Uno di questi si trova nella sura aI-hujarat: "Oh umani, vi abbiamo creato da un'unica coppia di uomo e donna, abbiamo fatto di voi poi tribu' e nazioni in modo che possiate conoscervi l'un l'altro [non disprezzarvi l'un l'altro]. Il piu' nobile fra di voi agli occhi di Dio e' colui che e' piu' giusto [colui che maggiormente pratica taqwa, devozione]" (1). Essenzialmente, ontologicamente, tutti gli esseri umani sono uguali, si distinguono fra loro solo in virtu' della loro pratica del principio coranico fondamentale della giustizia. Dunque non c'e contraddizione tra essere femminista e musulmana, una volta che intendiamo il femminismo come la consapevolezza delle costrizioni imposte alle donne in relazione al genere, il rifiuto di queste costrizioni e lo sforzo per costruire e incrementare un sistema piu' equo fra i generi. L'ermeneutica femminista distingue tra principi universali e particolari e contingenti o effimeri. Nel caso di questi ultimi alcune pratiche erano concesse in modo limitato e controllato per limitare comportamenti prevalenti nella societa' al tempo della rivelazione, incoraggiare i credenti e porli sulla via della completa giustizia ed uguaglianza nelle interazioni umane. L'ermeneutica femminista utilizza tre tipi di approccio: - rivisitazione di ayat del Corano per correggere storie false in circolazione, come ad esempio i racconti sulla creazione e gli eventi nel giardino dell'Eden utilizzati a sostegno della superiorita' dell'uomo; - citazione di ayat che enunciano inequivocabilmente l'uguaglianza di uomini e donne; - decostruzione di versetti attenti alla differenza fra uomini e donne comunemente interpretati in modo da giustificare la dominazione maschile. Come esempio di nuova interpretazione possiamo osservare la sura IV, verso 34: "Gli uomini sono responsabili (qawwamun) per le donne perche' Dio ha dato ai primi piu' che alle seconde (bima faddaIa), e perche' essi le mantengono con i loro beni". Sebbene fondamentalmente uguali, gli esseri umani sono stati creati biologicamente differenti per perpetuare la specie. Solo in particolari eventi e circostanze gli uomini e le donne assumono ruoli e funzioni contingenti diversi. Solo le donne possono partorire e allattare e quindi, in questa circostanza particolare, al marito viene ingiunto dal Corano di fornire supporto materiale come indicato nel verso citato. Wahdud-Muhsin, Hassan, Al-Hibri, Naseef, ecc. dimostrano che qawwamun trasmette la nozione di "provvedere per" e che il termine e' usato in modo prescrittivo per indicare che gli uomini devono provvedere alle donne nel contesto della gravidanza e dell'allattamento. Non significa necessariamente che le donne non possano provvedere a se stesse in quella circostanza. Il termine qawwamun non e' un'affermazione assoluta della superiorita' e dell'autorita' del maschio sulle donne una volta per sempre, come gli interpreti maschi tradizionalisti hanno affermato. Le donne esegeti, dunque, mostrano come le interpretazioni classiche maschili abbiano trasformato il contingente e lo specifico nell'universale. Non vogliamo entrare qui in una disputa esegetica, quanto piuttosto indicare le motivazioni interpretative delle femministe islamiche. Riguardo all'argomento maschilista che gli uomini hanno autorita' sulle donne, mentre vengono smantellati versetti specifici come quello succitato, le esegeti pongono anche la loro attenzione su altri versetti che affermano la mutua responsabilita' come IX, 71 che afferma: "I credenti, uomini e donne, sono protettori gli uni delle altre". * A quale fine? Il femminismo islamico e' d'aiuto ai singoli individui e puo' anche essere una forza nel promuovere lo stato e la societa'. La seconda generazione di donne musulmane che vivono nelle comunita' occidentali della diaspora e nelle comunita' musulmane minoritarie si trova spesso stretta tra le pratiche e le regole delle culture d'origine dei genitori emigrati dal Medio Oriente o dai paesi dell'Asia meridionale e i modi di vita nelle loro nuove patrie. Il femminismo islamico aiuta queste donne a districarsi tra religione e sistema patriarcale; fornisce loro modi islamici di comprendere l'uguaglianza di genere, le opportunita' sociali e il loro proprio potenziale. D'altro canto il discorso femminista islamico e' altrettanto rilevante nei paesi a maggioranza musulmana. Costituisce una formulazione diversa della visione, della comprensione e dell'attaccamento alla religione e alla cultura in quanto tentativo di articolazione forte e islamica dell'uguaglianza di genere. Riesaminando il Corano e gli hadith, le femministe islamiche portano argomenti forti affermando che l'islam non condona le pratiche di violenza contro le donne e promuovendo la nozione che la violenza contro le donne e' anti-islamica. Questo non porra' certo fine a tali pratiche, ma e' una delle molte armi contro di esse. Il gruppo malese "Sisters in Islam" e' uno dei tanti che hanno descritto la violenza contro le donne perpetrata nel nome dell'islam in una brochure che viene diffusa capillarmente. La sudafricana Saadiya Shaikh ha completato uno studio sull'argomento e attualmente compie ricerche sulla nozione di sessualita' nei testi religiosi. Il femminismo islamico, nel complesso, e' piu' radicale del femminismo secolare. Esso insiste sulla completa uguaglianza fra uomini e donne nello spettro pubblico/privato (il femminismo secolare, storicamente, accettava l'idea di uguaglianza nel pubblico e la nozione di complementarita' nel privato). Il femminismo islamico argomenta che le donne possono essere capi di stato, giudici e mufti e possono condurre la preghiera congregazionale. In alcuni paesi a maggioranza musulmana le donne sono giudici, alcune primo ministro e una e' capo di stato. Il femminismo islamico, dunque, e' a beneficio di tutte noi, musulmane di entrambi i sessi e non musulmane che vivono fianco a fianco con i musulmani in ogni parte del mondo. Crediamo che il femminismo islamico sia per tutti. Il femminismo islamico e' un discorso femminista espressamente articolato all'interno del paradigma islamico e i comportamenti e l'attivismo da esso ispirati vengono attuati nel nome dell'islam. Alcune musulmane che parlano del femminismo islamico sono fra le produttrici del nuovo discorso o attiviste ispirate da esso. Altre musulmane, come le studiose, le giornaliste e le intellettuali, commentano il femminismo islamico, partecipano a dibattiti e ne scrivono stando al di fuori di questo movimento emergente. La sociologa e femminista marocchina Fatima Mernissi, ad esempio, e' stata una delle prime ad articolare il femminismo islamico senza assumere un'identita' femminista islamica. * Note 1. La traduzione dei versetti del Corano e' stata condotta dall'arabo all'inglese dalla stessa autrice e quindi resa in italiano. 6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: COSTITUZIONE [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Possiedo una preziosa copia della Costituzione firmata nientemeno che da Pietro Ingrao e da Oscar Luigi Scalfaro. Ottenni senza alcuna difficolta' il loro autografo il 15 gennaio 2003, a Roma, palazzo Marini, in occasione di un dibattito tenuto da loro due sull'art. 11. Mi sembra di vedere nelle loro persone come le due gambe del cammino dell'Italia repubblicana. E' vero, non ci sono solo le gambe in un corpo vivo: esse si saldano nel busto che rappresenta la continuita', la storia centrale, per l'Italia lunghi secoli, la liberta', l'unita', il travaglio di guerre, tirannia, riscatto, liberazione, col contributo di tanti. La testa contiene tutti i ricordi e i pensieri del passato e sogni e progetti per il futuro, e discute tra se' e se'. Ma le gambe, guidate dagli occhi, fanno il lavoro del procedere, su terreni e sotto stagioni diverse. Non sono uguali le gambe: se mettete la scarpa destra nel piede sinistro, e viceversa, i piedi soffrono, camminano male. Ma sono entrambi ugualmente necessari per fare un passo dopo l'altro. Mi si perdoni il paragone, tutt'altro che irrispettoso... Ora che si deve parlare e pensare alla nostra preziosa Costituzione, in vista del referendum, ho voluto partecipare l'orgoglio di questa copia autografata, che sta sempre, ben protetta in una busta trasparente, ritta sul mio tavolo. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1272 del 21 aprile 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Nonviolenza. Femminile plurale. 60
- Next by Date: La nonviolenza e' in cammino. 1273
- Previous by thread: Nonviolenza. Femminile plurale. 60
- Next by thread: La nonviolenza e' in cammino. 1273
- Indice: