La domenica della nonviolenza. 69



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 69 del 16 aprile 2006

In questo numero:
1. Leggere Fatema Mernissi
2. Fatema Mernissi: Le donne, l'islam, il web (2000)
3. Fatema Mernissi: E altro e' da veder che tu non vedi (2005)
4. Guido Caldiron intervista Fatema Mernissi
5. Toni Fontana: Un incontro con Fatema Mernissi
6. Cristina Bay presenta "Le donne del Profeta" di Fatema Mernissi
7. Barbara Peroni presenta "La terrazza proibita" di Fatema Mernissi
8. Luciano Dottarelli presenta "Islam e democrazia" di Fatema Mernissi
9. Grazia Casagrande presenta "Karawan. Dal deserto al web" di Fatema
Mernissi

1. EDITORIALE. LEGGERE FATEMA MERNISSI
[Fatema Mernissi (ma il nome puo' essere traslitterato anche in Fatima) e'
nata a Fez, in Marocco, nel 1940, acutissima intellettuale, docente
universitaria di sociologia a Rabat, studiosa del Corano, saggista e
narratrice; tra i suoi libri disponibili in italiano: Le donne del Profeta,
Ecig, 1992; Le sultane dimenticate, Marietti, 1992; Chahrazad non e'
marocchina, Sonda, 1993; La terrazza proibita, Giunti, 1996; L'harem e
l'Occidente, Giunti, 2000; Islam e democrazia, Giunti, 2002; Karawan. Dal
deserto al web, Giunti, 2004. Il sito internet di Fatema Mernissi e'
www.mernissi.net]

Fatema Mernissi e' oggi una delle intellettuali piu' note e apprezzate. Ma
come accade sovente e' piu' citata che letta.
Invece leggere Fatema Mernissi, e leggerla con attenzione, e' necessario.
Poiche' i suoi libri molto possono aiutare nella lotta per il riconoscimento
della dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani, per un dialogo che
l'intera umanita' faccia incontrare.
Di seguito presentiamo alcuni articoli, alcune interviste e alcune
recensioni di libri di Fatema Mernissi: sono materiali molto eterogenei e
ovviamente non tutti egualmente perspicui. Altri interventi - in particolare
sul libro L'harem e l'Occidente - presenteremo in un prossimo fascicolo del
nostro notiziario.
Confidiamo che queste proposte di approssimazione possano costituire un
invito persuasivo all'incontro diretto con le opere di Fatema Mernissi, un
incontro che vivamente raccomandiamo.

2. RIFLESSIONE. FATEMA MERNISSI: LE DONNE, L'ISLAM, IL WEB (2000)
[Dal sito www.dweb.repubblica.it riprendiamo questo articolo del 19
settembre 2000 apparso sul supplemento "D Donna" del quotidiano "La
Repubblica"]

Sono in molti a pensare che l'Islam e la cyber-tecnologia siano
inconciliabili, identificando il primo con l'arcaismo e la tradizione e la
seconda con il massimo della modernita'. Forse sbagliano, pero'.
E proprio le tecnologie dell'informazione potrebbero consentire all'Islam,
per la prima volta nella storia, di sfruttare appieno il proprio potenziale
cyber-democratico, dando libera espressione a tutti i membri dell'Umma, la
comunita' musulmana, e in particolare a quel mezzo miliardo di donne che si
sono guadagnate l'accesso all'istruzione e all'universo informatico.
Molti analisti vedono nello spettacolare exploit femminile alle elezioni del
18 febbraio scorso in Iran un elemento chiave del trionfo riformista, con il
70% dei consensi, sui conservatori religiosi. Ma dove hanno trovato, queste
donne condannate dalla polizia di stato a portare il velo, la forza per
sfidare una delle cerchie religiose piu' potenti della storia moderna?
Per quanto strano possa sembrare, la risposta va cercata nel mondo della
fantasia: nella pittura e nella narrativa. Gli artisti musulmani, in
letteratura come nelle arti figurative, delineano figure di donne rese
invincibili dalla loro straordinaria intelligenza: nelle miniature islamiche
le donne che popolano gli harem sono ritratte come coraggiose amazzoni,
mentre nella narrativa compaiono come cantastorie che usano la propria
abilita' comunicativa per distruggere i tradizionali schemi maschili.
Le donne non sono solo intelligenti ma, come Sherazade, possono contare
sulla piu' preziosa delle armi: la parola. L'enciclopedica sapienza di
Sherazade e' cantata nelle prime pagine delle Mille e una notte come una
delle sue caratteristiche piu' sexy: "Aveva letto i libri della letteratura,
della filosofia e della medicina. Conosceva la poesia a meraviglia, aveva
studiato i documenti della storia e aveva confidenza coi detti e le massime
dei saggi e dei re. Era intelligente, sapiente, saggia e raffinata. Aveva
letto e imparato".
Per contro, la bellezza ideale nella fantasia dell'uomo occidentale appare
caratterizzata da una silente passivita'.
La sorprendente differenza tra le fantasie maschili in Oriente e in
Occidente da' conto anche di come le paure degli uomini nei confronti del
femminile contribuiscano alla definizione di istituzioni e leggi. Le
fantasie sulla bellezza spiegano infatti perche' i musulmani abbiano imposto
il velo alle donne (attribuiscono loro un potere pericoloso), mentre gli
europei no: perche' questi ultimi dovrebbero preoccuparsi di nascondere il
volto delle donne dal momento che le vedono tanto passive?
*
In tutti i Paesi del mondo gli uomini fantasticano sul concetto di harem, ma
quando tentano di rappresentarlo su tela i risultati sono ben diversi. Gli
europei, da Ingres a Matisse passando per Picasso, hanno dipinto gli harem
in modo quasi ossessivo, nel tentativo di dare vita alle donne che animavano
le loro fantasie erotiche. Come gli orientali, del resto: gli artisti
musulmani hanno ritratto le bellezze femminili che popolavano i loro sogni
d'amore dal 1300 al 1700 in stupende miniature, per il piacere privato di re
persiani, sultani turchi e imperatori Moghul. Ma, se si osservano piu' da
vicino queste opere, ci si trova di fronte a una sconcertante
contraddizione: gli artisti europei, figli di societa' ossessionate dalla
democrazia, dipingono le donne degli harem come creature passive e
letargiche, nude, prive di slanci vitali, addormentate o accoccolate,
immobili, sempre chiuse tra quattro mura, vulnerabili e sottomesse. Gli
artisti musulmani che lavoravano per i despoti, invece, dipingevano le loro
bellezze da sogno come creature in eterno movimento, selvagge, spesso a
cavallo o in groppa a un leone.
Che cosa rivela, tutto cio', riguardo alle paure nascoste degli uomini nei
confronti della femminilita', e in che modo questo contrasto nelle fantasie
maschili ha contribuito alla formazione delle diverse culture? La clamorosa
nudita' femminile nella gelida Europa di Ingres, Matisse e Picasso ha
qualcosa a che fare con il controllo del maschio occidentale sulla moda
femminile e sull'industria dell'abbigliamento? Contribuisce forse a far
capire perche' i grandi nomi della Haute Couture sono Yves, Karl, e
Christian, e non Josiane, Marie e Gertrude? La confusione tra bellezza e
sovversione puo' spiegare perche' gli uomini musulmani abbiano creato
istituzioni come l'harem e il velo? Il velo e' una maschera imposta alle
donne perche' vengano identificate come nemici quando percorrono lo spazio
pubblico, esclusivamente maschile. Ma forme di segregazione come questa
hanno notevoli costi sociali, se non altro a causa della necessita' di
impiegare forze di polizia particolari per applicarle: considerando il velo
dal punto di vista dell'aggravio fiscale che esso comporta, si incomincia
dunque a capire quanto possa essere importante per chiunque, in Oriente come
in Occidente, approfondire la comprensione di questi sconcertanti ideali di
bellezza femminile.
*
Mi capita spesso di chiedermi perche' mai gli uomini, a Est come a Ovest,
abbiano una tale fissazione feticista sull'abbigliamento femminile,
invitandoci a indossare veli vistosamente ingombranti qui e ridicoli
vestitini strizzati e tacchi alti la'. Perche' noi donne mediterranee non
facciamo altrettanto con gli uomini? Devo confessare che a volte mi
sorprendo a immaginare di infilare l'uomo dei miei sogni in una pelle di
leopardo (ovviamente non ho mai pensato di analizzare seriamente questa
strana ossessione leopardesca!).
Oltre al potere e alla nudita', emerge con evidenza una terza differenza tra
le raffigurazioni occidentali e orientali dell'harem: la posizione sociale
che viene attribuita alla donna ideale. Mentre gli artisti musulmani danno
vita a magnifici ritratti di donne tratte dai miti biblici, come la regina
di Saba, o di avventurose principesse come Shirin, della leggenda persiana
di Khusraw, gli artisti europei preferiscono le schiave, le famose
odalische. Il termine "odalisca" deriva dal turco "oda", che significa
"stanza" e, per estensione, la donna che vive segregata nell'harem. Cio' che
e' curioso e' che gli artisti europei continuarono a ridurre la donna turca
in schiavitu' anche dopo il 1909, quando la rivoluzione dei "Giovani turchi"
metteva al bando l'ultimo harem e costringeva il suo sultano a smantellarlo:
mentre Matisse completava la sua Odalisca con i pantaloni rossi nel 1925, la
Turchia assisteva alla rivoluzione femminista e le riforme di Ataturk
incoraggiavano le donne a tuffarsi nel mondo dell'istruzione superiore e del
lavoro. Povero Matisse! Non poteva fare altro che chiedere aiuto alle donne
francesi: "Henriette Darricarrere, la modella preferita da Matisse", spiega
il critico Jon Elderfield, "incarnava alla perfezione l'idea dell'odalisca
tanto sognata". Ma quali erano i pensieri di un'orgogliosa cittadina
francese mentre Matisse la ritraeva come schiava? E perche' Henriette, a
differenza di Matisse, non penso' di esprimere le proprie fantasie e
utilizzarle come strumenti efficaci per cambiare il mondo?
*
E' proprio in questi territori che ci imbattiamo nella rivoluzione che
consente oggi alle donne di far tremare il potere degli ayatollah: la
cyber-tecnologia consente loro di comunicare le proprie fantasie e, in
questo modo, di mutare radicalmente il volto del pianeta.
A ragione i sacerdoti iraniani hanno temuto l'intelligenza femminile e
istituito un apposito corpo di polizia per sorvegliarle, ma hanno lasciato
incustoditi due settori strategici in cui la parola svolge un ruolo di primo
piano: le scienze e la tecnologia cibernetica. L'attacco delle iraniane al
regime conservatore e' solo la punta dell'iceberg.
Da dieci anni le donne musulmane hanno invaso i settori strategici delle
professioni tecniche e scientifiche. Oggi sono donne il 28,7 per cento degli
scienziati e dei tecnici in Egitto, il 29,3 in Turchia, il 31 in Marocco, il
32,6 in Iran, il 36 per cento nel Kuwait dove pure gli sceicchi contestano
il diritto delle donne al voto. E addirittura il 40 per cento in Indonesia e
il 44,5% in Malesia.
E' accaduto insomma che gli uomini musulmani, abituati a considerare la
politica e la conoscenza come realta' distinte, abbiano continuato a
intendere la prima come un privilegio riservato agli uomini e lasciato a
Sherazade, l'inventrice di storie, la seconda.
*
Ma la tecnologia cibernetica rivela il suo potenziale politico laddove
intacca il potere tradizionalmente in mano ai despoti, consentendo a ogni
musulmano di leggere da solo i testi sacri, introducendo quindi il concetto
di pluralita' laddove era l'unita' a trionfare.
Le donne dell'era cibernetica rimettono la violenza al suo posto: nella
mente dell'interprete. Con i nuovi mezzi tecnologici, le donne danno vita a
una lettura pluralista della cultura islamica, mettendo in evidenza i versi
umanisti che nel Corano negano ogni sacralita' alla violenza.
Come Sherazade, le donne islamiche costringono gli uomini di potere a
servirsi delle parole invece che della violenza.
L'eroina delle Mille e una Notte dispensa infatti un fondamentale, duplice
messaggio. Il primo: chiunque ricorra alla violenza e' un debole prigioniero
che non ha altra scelta e che ha rinunciato al dono divino della
comunicazione attraverso le parole. Il secondo: le donne hanno un ruolo
strategico nell'insegnare il dialogo ai re, portandoli ad abbandonare la via
della feroce violenza.
A differenza dell'antica Sherazade, il cui errore fu di ridurre la propria
battaglia alla sfera della sessualita' concentrandosi su un solo uomo, il
marito, le donne musulmane dell'era moderna tessono storie per la
cyber-comunita' universale. Queste nuove eroine vedono nell'intero pianeta
la propria platea e sanno che lottare per il potere tra le lenzuola e'
rischioso quanto tentare di ottenere orgasmi multipli per via parlamentare.
Le Sherazade della nostra epoca hanno imparato dagli errori delle loro
antenate: il cammino verso il potere inizia quando si cerca la cosa giusta
nel posto giusto.

3. RIFLESSIONE. FATEMA MERNISSI: E ALTRO E' DA VEDER CHE TU NON VEDI (2005)
[Riproponiamo nuovamente questo testo ripreso dal sito della Libreria delle
donne di Mlano (www.libreriadelledonne.it), originariamente apparso su "D
Donna" del 15 ottobre 2005]

In una delle mie ultime visite in Italia, non sono riuscita a vedere un solo
canale non occidentale. Eppure ero ospitata in un ottimo hotel di Milano. In
ogni caso, e' stato cosi' che un'ora dopo, alla presentazione del mio ultimo
libro, ho capito perche' le domande erano tutte uguali: sul velo, sul
terrorismo o su una combinazione di entrambi. La stessa cosa mi e' successa
a Madrid. Il fatto e' che in Occidente siete del tutto all'oscuro di quanto
sta accadendo nel mondo arabo, dove il tema centrale che sta mobilitando le
elites come le masse e' il caos digitale introdotto dalle tecnologie
informatiche e dal satellite, che hanno distrutto l'Hudud, quella frontiera
che divideva il mondo in due aree: una privata e nascosta, dove si supponeva
che donne e bambini fossero protetti, l'altra pubblica, dove i maschi adulti
esercitavano la loro presunta capacita' di risolvere i problemi.
Mentre voi continuate a rappresentare la donna araba come sottomessa e
velata, da noi capita che io, entrando in un caffe' vicino all'universita'
di Rabat per un appuntamento con un collega, scopra che l'intera clientela,
per la maggior parte maschile, sta seguendo a tutto volume Al Arabia, la
nuova rivale di Al Jazeera, perche' sullo schemo e' apparsa Mai Al Khalifa.
Che non e' una cantante, ne' una danzatrice del ventre, e' un'intellettuale
che scrive libri e una delle prime donne ad avere avuto una posizione
ufficiale nel ministero della cultura del Barhein. Come lei, in questi anni
nei Paesi del Golfo altre donne hanno assunto ruoli importanti. Sono quelle
che io chiamo Sheherazade digitali. La versione araba di Forbes, lo scorso
dicembre ha elencato le cinquanta fra loro che sono piu' potenti. In Kuwait,
la giovane Maha Al-Ghunaim e' vicepresidente e managing director della
Global Investment House, che nel 2004 ha avuto un profitto netto di 72,9
milioni di dollari. In Arabia Saudita, la poetessa Nimah Ismail Nawwab e'
stata il primo autore (uomini inclusi) a firmare i suoi libri in pubblico,
nella piu' grande libreria di Jedda. Quanto agli Emirati Arabi Uniti, il
ministro dell'economia e' una donna, Sheika Lubna al Qasimi. Da voi, in
Italia, avete mai avuto un ministro dell'economia donna?
E mettendo da parte le piu' brave, lo sapete che in Barhein il tasso di
occupazione femminile e' salito dal 5 per cento del 1971 al 40 per cento del
2001? In realta', chi continua a identificare il Golfo con donne velate e
arcaismi, e' destinato a non vedere l'essenziale, che stupisce me per prima:
il mondo arabo sta scegliendo l'intelligenza femminile per costruirsi un
nuovo modo di vivere e di comunicare.

4. RIFLESSIONE. GUIDO CALDIRON INTERVISTA FATEMA MERNISSI
[Dal quotidiano "Liberazione" del 10 ottobre 2004. Guido Caldiron e'
giornalista e saggista. Opere di Guido Caldiron: Gli squadristi del 2000,
Manifestolibri, Roma 1993; AA. VV., Negationnistes: les chifonniers de
l'histoire, Syllepse-Golias, 1997; La destra plurale, Manifestolibri, Roma
2001; Lessico postfascista, Manifestolibri, Roma 2002]

"Francoforte? E' il futuro. Credo che incontri come questo rappresentino le
risorse migliori per cambiare le cose. Wall Street, dove si pensa che gli
stranieri siano nemici potra' anche crollare, ma Francoforte, dove si
considera 'l'altro' come una risorsa, dara' l'esempio per l'avvenire. Gia'
gli egiziani pensano di fare lo stesso ad Alessandria...". Entusiasta della
scelta fatta dagli organizzatori della Buchmesse di Francoforte, che hanno
messo la cultura araba al centro dell'edizione di quest'anno della celebre
fiera, la sociologa marocchina Fatema Mernissi risponde telefonicamente alle
nostre domande dalla citta' tedesca dove questa mattina e' previsto il suo
intervento. Docente all'Universita' di Rabat Mohammed V, Mernissi che sara'
nei prossimi giorni in Italia per presentare il suo nuovo libro Karawan. Dal
deserto al web, Giunti (pp. 256, euro 12), indaga da oltre vent'anni la
modernita' musulmana e il ruolo delle donne nelle societa' islamiche. E'
considerata una delle voci piu' innovative del panorama intellettuale del
Maghreb.
*
- Guido Caldiron: Piu' di dieci anni fa con "Islam e democrazia" lei
annunciava gia' come i nuovi mezzi di comunicazione avrebbero cambiato
radicalmente il rapporto dell'Islam con l'Occidente e contribuito a
modificare dall'interno la stessa comunita' musulmana. Ora con "Karawan"
torna su questo elemento: la sfida lanciata allora e' ancora aperta?
- Fatema Mernissi: Con Islam e democrazia, che ho pubblicato nel 1991
all'indomani della prima guerra del Golfo, avevo annunciato i cambiamenti
che l'introduzione dei nuovi mezzi di comunicazione avrebbe prodotto, non
solo nel mondo islamico. Per questo, nelle ultime pagine di quel libro,
avevo parlato della "terra del Simorgh" dove uno specchio poteva riflettere
il mondo intero, con tutte le sue differenze e individualita'. Era stato un
poeta iraniano, 'Attar, a creare intorno al 1200 questa immagine, rimasta da
allora nell'immaginario dell'intero mondo musulmano. Quell'esempio mi era
servito per spiegare come nello specchio si potessero cosi' riflettere tutti
coloro che avevano un progetto comune di liberta'. Oggi, con Karawan, spiego
come a mio giudizio il Simorgh esista davvero - basterebbe citare internet -
e come ci sia, ad esempio, la possibilita' concreta che i cittadini di tutto
il mondo che si oppongono alla guerra, comunichino tra loro e questo dia
loro una grande forza. La comunicazione sta dando concretamente del potere a
tutti i cittadini del mondo, quindi anche ai musulmani.
*
- Guido Caldiron: "Karawan" si apre con il racconto del viaggio di George
Orwell a Marrakech alla fine degli anni Trenta. Lei spiega come un uomo che
aveva passato la vita a combattere i fascisti, non si era nemmeno accorto
che in quel momento anche molti marocchini stavano lottando contro fascismo
e colonialismo. E questo a causa della mancanza di rapidi mezzi di
comunicazione. Eppure, ancora oggi, con la rete e i telefonini, i contatti
tra chi lotta per la democrazia in Europa e nei paesi arabi, sono molto
limitati. Non crede?
- Fatema Mernissi: Si', penso che resti ancora molto da fare. Anche se vi
sono gia' in Occidente quelli che io chiamo "comunicatori", come ad esempio
Elisabetta Bartuli, la donna che ha tradotto il mio libro in italiano e di
cui avevo sentito parlare perche' sceglieva gli autori arabi impegnati in
favore della democrazia da proporre ai lettori del vostro paese. Il suo nome
dice poco agli italiani, ma lei e' gia' molto nota in Marocco. Faccio questo
esempio per spiegare come il processo stia progredendo molto rapidamente. I
pessimisti non vedono che il terrorismo, gli ottimisti come me - e vorrei
sottolineare che non penso di essere stupidamente ottimista - guardano ai
risultati che, su questa strada, stanno gia' arrivando. Gia' una piccola
cosa come una casa editrice, un gruppo di persone che lavora sulle
traduzioni dall'arabo, che apre un confronto costante con autori e
ricercatori del resto del Mediterraneo, rappresenta un notevole passo in
avanti nella prospettiva del dialogo tra le culture. Inoltre credo che la
potente macchina da guerra mediatica di cui dispone Berlusconi perda di
importanza quando si muove in favore della guerra, mentre una piccola
iniziativa culturale che sostiene il dialogo e la pace possa avere un
impatto ben piu' importante.
*
- Guido Caldiron: Il suo nuovo libro si svolge seguendo l'idea del viaggio.
Oggi gran parte dei contatti tra la cultura musulmana e l'Occidente si fanno
per il tramite di viaggi molto particolari, quali sono quelli che portano i
migranti nei paesi occidentali. Anche per loro l'accento si pone sulla
comunicazione, o c'e' da affrontare prima di tutto il tema dei diritti?
- Fatema Mernissi: Quando la televisione fa vedere i volti degli immigrati,
ci rendiamo conto che si tratta in maggioranza di giovani. Giovani che
vengono percepiti dalla maggior parte degli europei come dei "cervelli
inutili". Ma basterebbe guardare in avanti, all'invecchiamento progressivo
dell'Europa, per rendersi conto che di questi cervelli ci sara' invece un
grande bisogno. Si tratta percio' di una questione di prospettiva, di
guardare al "viaggio nel tempo" per immaginare che le cose cambieranno e
molto. Inoltre oggi il lavoro europeo e' esportato, anche se si deve vedere
come, in India o in Cina e non dall'altra parte dello Stretto di Gibilterra,
sulle coste dell'Africa. In questo basterebbe pensare a un vasto progetto di
educazione digitale nell'Africa del nord per capire che i giovani per
lavorare non avrebbero bisogno di mettersi in viaggio ma, ad esempio,
potrebbero trovare lavoro a Zagora o a Marrakech. Invece non mi pare che vi
sia alcuna strategia politica complessiva per il Mediterraneo.
*
- Guido Caldiron: Fin dall'inizio del suo percorso di ricerca lei ha
guardato con attenzione al mondo femminile, scrivendo in particolare della
vita nell'harem. Oggi nel mondo musulmano sono le donne a guidare la
riflessione e le iniziative intorno alla democrazia, come - solo per fare
due esempi - fa lei in Marocco e il Nobel Shirin Ebadi in Iran. Perche'
proprio le donne?
- Fatema Mernissi: Non credo che sia poi cosi' sorprendente che le donne
emergano nel mondo arabo-musulmano. Penso alla figura di Shahrazad nelle
Mille e una notte: si tratta della donna che quando il re era in collera si
occupava di comunicare con gli altri, con l'esterno, indagando quasi come
una psichiatra i motivi di quella collera. Il fatto che mentre la violenza e
la guerra dominano la scena internazionale, compreso il campo musulmano,
siano le donne, che in generale preferiscono comunicare piuttosto che
portare armi e la cui vita e' spesso segnata da una lunga sequenza di paure,
a emergere, mi sembra seguire questa tradizione. Gli uomini non possono
ammettere di avere paura, di essere terrorizzati a causa della guerra, e
percio' tocca alle donne far sentire la loro voce. Per questo credo che sia
sul sentimento della paura che dobbiamo lavorare ancora molto: perche' gli
europei hanno paura degli arabi; perche' gli europei hanno paura degli
immigrati e via dicendo. Del resto anche gli arabi hanno paura
dell'Occidente, della sua forza, soprattutto dopo che Bush ha ucciso
ventimila iracheni.
*
- Guido Caldiron: Quando le si chiede di parlare della modernita' e della
democrazia lei cita spesso il termine arabo mussawat, che significa
uguaglianza. Esistono un modello di democrazia e di modernita' specifiche
del mondo arabo?
- Fatema Mernissi: Credo che gli europei e gli occidentali in generale
pensino che la modernita' appartiene loro. Per questo credono che i
musulmani possano essere moderni solo imitando l'Occidente. Tutto questo
ignora la grandezza della civilta' musulmana che ha inventato una propria
modernita' rielaborando il proprio passato. Gia' con le Mille e una notte il
mondo musulmano iniziava a strutturarsi come una societa' della
comunicazione. E' a partire da questi elementi che ho sviluppato il mio
lavoro su Simbad il marinaio e sull'idea del viaggio come luogo
dell'incontro. A partire da tutto cio' gli arabi possono oggi costruire il
loro futuro rileggendo e rielaborando il loro passato.

5. INCONTRI. TONI FONTANA: UN INCONTRO CON FATEMA MERNISSI
[Da "L'Unita'" del 24 ottobre 2005 (disponibile nel sito: www.unita.it).
Toni Fontana e' nato a Feltre (Belluno) nel 1955; giornalista dell'"Unita'",
ha lavorato a Bologna e quindi a Roma; dal 1989 ha seguito i conflitti nei
Balcani e quindi in Africa, realizzando reportage sulle guerre in Ruanda,
Somalia e Kosovo; e' stato inviato in Vietnam, Sudafrica e Afghanistan; tra
i primi giornalisti a raggiungere Kuwait City durante la guerra del Golfo
nel 1991, nel marzo del 2003 e' stato catturato dalle milizie irachene e
condotto all'Hotel Palestine di Baghdad, dove e' rimasto fino all'arrivo
degli americani. Opere di Toni Fontana: Hotel Palestine, Baghdad. Nelle mani
degli iracheni, Il Saggiatore, Milano 2004]

La vecchia e cigolante Uno guidata da Karim, dopo aver attraversato i
quartieri popolari di Rabat, imbocca la strada per Temara, in direzione di
Casablanca. Villette piatte e bianche separano la statale dalle scogliere
sulle quali si stemperano le possenti onde dell'oceano. La casa sul mare di
Fatema Mernissi e' a strapiombo sulla spiaggia; se non fosse per il colore
cupo delle onde e per la loro forza, sembrerebbe di essere a Santorini a
fine stagione. Non c'e' molto tempo per parlare, non perche' la scrittrice
sia scontrosa o sbrigativa, ma perche' sta facendo, come spesso le accade,
le valige. L'aspettano alla Fiera del libro di Francoforte; al Jazira e la
Bbc hanno appena chiamato al telefono e la riprenderanno mentre, assieme a
Mai al-Khalifa, ministra della Cultura del Bahrain, parlera' di internet,
della tv satellitare, della rivoluzione telematica e soprattutto delle donne
del mondo arabo. "Voi in Occidente - esordisce Fatima sistemando sul tavolo
un piatto con deliziosi dolcetti da intingere nel miele - non vi accorgete
che molte cose stanno cambiando; in Kuwait le donne hanno fondato una
televisione, in Bahrain la scrittrice Mai Al Khalifa ha assunto importanti
responsabilita' nel ministero della cultura, in Arabia Saudita la poetessa
Nimah Ismail Nawwab firma i suoi libri in pubblico, Sheika Lubna al Qasimi
e' ministro dell'Economia negli Emirati".
Accanto a Fatima, seduta sul sofa', c'e' Zahra Tamouh, docente di lettere
all'Universita' di Rabat. Nei primi anni '80, dopo aver conseguito il
dottorato alla Sorbona, torno' in Marocco da "gauchiste" e fondo' un
settimanale scritto solo da donne. "Ci accorgemmo che era tempo di cambiare,
andammo nelle strade di Rabat e raccogliemmo un milione di firme di donne
non tra le elites, ma nei quartieri piu' poveri e periferici. Alla
televisione e alla radio ci emarginavano, chiudevano le porte, ma con gli
anni abbiamo vinto la nostra battaglia". Nel 2003 il Marocco ha riformato la
Mudawwana, il codice di famiglia: e' stato abolito il dovere per le mogli di
ubbidire ai mariti, la poligamia e' stata pressoche' cancellata (ma non del
tutto) ed e' stato introdotto il divorzio consensuale, ma restano pesanti
discriminazioni in materia di successioni. Zahra ed altre militanti che
hanno rischiato la vita per raggiungere questo risultato, come Najia
Elboudali, sostengono pero' che "il 90% delle nostre richieste e' stato
accolto".
*
Fatima rovista tra i ritagli di giornale e trova un foglio bianco sul quale
disegna due quadrati eguali: "Il primo - dice indicando la figura con la
penna - raffigura voi occidentali, prigionieri del vostro egocentrismo,
impauriti dal terrorismo, sempre piu' decisi a chiudervi in voi stessi. Il
secondo quadrato raffigura noi arabi, il nostro mondo, che sta cambiando
senza che voi ve ne accorgiate. Tutti - aggiunge tracciando alcuni segni per
unire i due cubi - abbiamo davanti una sola strada percorribile, quella
della comunicazione, del contatto".
Tra i fogli, sbucano quattro bellissimi disegni: nel primo e' disegnato un
sole circondato da ali e luci. Vi si legge: "Trasforma te stesso in uno
straniero, viaggiare e' il solo modo di rinnovarsi" (da un poema di Abu
Tamman vissuto nel IX secolo). I disegni degli altri tre sono contornati da
scritte che recitano: "Il principio dell'universo e' il movimento, quando ci
si ferma si torna alla non-esistenza", e anche "Unisci la tua mente a quella
degli altri", e infine "Ogni uomo e' ostaggio delle proprie azioni" (dal
Corano, sura at-Tur, 52, verso 21).
Fatima ha dedicato a questi principi gran parte della propria vita, teorizza
il "cyber-Islam", crede nel potere della conoscenza e della rivoluzione
telematica che sta minando le fondamenta del tradizionalismo.
*
Karawan, dal deserto al Web (titolo originale: Sindbads marocains: voyage
dans le Marocco civique), il suo ultimo lavoro, in libreria da alcune
settimane per l'editore Giunti, riprende i temi gia' sviluppati in L'harem e
l'Occidente, si rivolge ad un "turista politico", fa giustizia di luoghi
comuni diffusi (ed amplificati in Italia dai crociati in marcia contro la
cultura meticcia).
Fatima scrive sulla diffusione del commercio elettronico tra i giovani
marocchini, delle tessitrici di tappeti (i cui lavori saranno esposti a
Palazzo Pigorini di Roma dal 10 novembre), delle pittrici analfabete che,
sul web, fanno conoscere le loro opere, del turismo responsabile. E descrive
la sofferenza delle madri dei detenuti politici che, da alcuni mesi, possono
finalmente gridare in pubblico il loro dolore.
*
Il Marocco ha deciso di affrontare la terribile eredita' dei suoi lunghi
"anni di piombo" ('50-'90) copiando il Sudafrica del post-apartheid. Dal
gennaio dello scorso anno e' all'opera la Commissione per l'equita' e la
riconciliazione che ha gia' ricevuto 16.000 richieste di indennizzo da parte
di altrettante vittime della repressione che aveva trasformato il Marocco
nel regno del terrore. Le vittime sfilano alla televisione o appaiono sul
web e raccontano le atrocita' in una sorta di "seduta psicanalitica
collettiva"; alle denunce pero' non seguono ne' processi ne' le punizioni
dei colpevoli, e cio' ha attirato molte critiche anche a livello
internazionale. Il giovane re Mohammed VI, salito al trono nel 1999, guida
la modernizzazione dall'alto in un paese che resta per gran parte agricolo,
vittima della poverta' e dell'analfabetismo, ma, che, negli ultimi anni, e'
diventato un interessante laboratorio politico nel quale la sfida tra le
forze che si schierano per la modernita' e l'integralismo e' piu' forte e
dagli esiti imprevedibili.
A questo tema e' dedicata una delle opere piu' recenti dell'autrice, Islam e
democrazia. La paura della modernita'. La scrittrice e' convinta che
"l'elemento-chiave che caratterizza oggi il mondo arabo non e' la religione,
come sostengono molti americani, bensi' la tecnologia informatica e cioe' le
televisioni satellitari indipendenti rispetto a quelle gestite dai vari
regimi e stati islamici, le reti internet a cui si rivolgono soprattutto i
giovani e le donne. Attraverso questi strumenti, che consentono il confronto
delle opinioni, si puo' arrivare alla conoscenza reciproca e allontanare la
violenza e la guerra".
*
Fatima Mernissi (Fez, 1940, docente di sociologia all'Universita' di Rabat),
considerata una delle piu' grandi scrittici arabe (i suoi libri sono stati
tradotti in 20 lingue), pur rifiutando di essere "in quota" a qualcuno o di
appartenere ad uno schieramento, crede nelle forza dirompente della
comunicazione, della contaminazione e della competizione tra culture diverse
e differenti. Per questo, anche senza aver chiesto il suo assenso, possiamo
iscriverla nella schiera dei rinnovatori.
Nella parte iniziale di Karawan, dal deserto al Web, la scrittrice ricorda
che George Orwell soggiorno' nel 1938 a Marrakech in compagnia della moglie
Eileen. Qui scrisse Coming up for Air, pubblicato nel 1939. Il grande
scrittore britannico, che due anni prima aveva combattuto contro i fascisti
di Franco nella guerra di Spagna, ammira la capacita' dei marocchini di
comunicare, ma ammette di non essere stato capace di stabilire un contatto
con loro: perche' "parlano una sorta di francese bastardo ed io ero troppo
pigro per imparare l'arabo". Fatima e' convinta che se Orwell fosse vissuto
ai tempi di internet e della posta elettronica cio' non sarebbe accaduto
perche' oggi, nonostante il terrorismo e le paure che esso genera, i fili
che legano il mondo arabo a quello occidentale e, piu' in generale a tutti i
mondi nei quali viviamo, sono molto piu' numerosi, robusti ed estesi.
*
Fatima ha in cantiere due saggi che arriveranno in libreria nel 2006. Il
primo sara' pubblicato da un editore americano e intitolato Digital arab
challenge (la sfida digitale araba), il secondo raccontera' "il segreto del
tappeto volante" e introdurra' al mondo delle tessitrici e ai mille
misteriosi messaggi che i loro lavori nascondono.
Con Zahra, Najia e molte altre donne, Fatima ha fondato Sinergie civique,
un'associazione che ha promosso la "Carovana" che gira di villaggio in
villaggio, nelle zone meno conosciute del paese e ai margini dei circuiti
turistici, per raccogliere testimonianze e diffondere le speranze di
cambiamento che si celano nel "cyber-Islam".
L'incontro finisce, Fatima, in partenza per l'Europa, consegna disegni,
appunti, un depliant che riassume i contenuti del suo sito internet. Karim
si rimette al volante della Uno scricchiolante che attraversa nuovamente i
quartieri vecchi e nuovi Rabat.

6. LIBRI. CRISTINA BAY PRESENTA "LE DONNE DEL PROFETA" DI FATEMA MERNISSI
[Ringraziamo Cristina Bay (per contatti: bamborsa at tiscali.it) per averci
messo a disposizione questo suo intervento. Cristina Bay, studiosa di
formazione filosofica, esperta di cucina vegetariana, per molti anni si e'
occupata di una piccola azienda agricola biologica; e' impegnata
nell'esperienza del Centro Donna di Grosseto, per i cui seminari di studio
ha curato la presentazione di classici del pensiero e della narrativa delle
donne. Opere di Cristina Bay: (con Allan Bay), Ricette verdi, Touring Club
Italia, 2004]

In questo libro la Mernissi affronta il tema della misoginia nell'Islam e
dell'imposizione del velo da un punto di vista storico.
Per analizzare gli hadith, massime attribuite a Maometto divenute aforismi
politici in funzione del potere, ripercorre i sentieri non ufficiali della
storia e della memoria.
Gia' il fatto di mettere per iscritto le parole del profeta fu una pratica
di potere iniziata dopo la morte di Maometto, che fra l'altro fu abbandonato
cadavere per due giorni mentre si discuteva della sua successione.
Gli hadith dovrebbero poter risalire fino ai discepoli, ma in realta' ci fu
un'inflazione e un commercio di falsi hadith per gli scopi piu' disparati.
Per il maggiore studioso dell'autenticita' degli hadith fu Abu Bakra, primo
successore di  Maometto e uno dei suoi suoceri, a dire che il profeta disse:
"mai conoscera' la prosperita' il popolo che affida i suoi interessi a una
donna". Ma Abu Bakra se ne ricordo' dopo 25 anni da quando diceva di averlo
sentito, e soltanto dopo la battaglia fra Aisha, ultima moglie di Maometto,
e Ali', quarto ed ultimo califfo ortodosso: una guerra che aveva messo in
difficolta' tutti i fedeli nella scelta fra combattere contro un cattivo
califfo e cercare di evitare la guerra civile, tutt'e due principi di un
buon musulmano. Abu Bakra non si era schierato e questa scelta lo aveva
esposto alla vendetta del vincitore Ali', che invece proclamo' un'amnistia.
Si ricordano molti altri hadith legati opportunisticamente alle circostanze
tornati improvvisamente in mente ad Abu Bakra, che inoltre non puo' essere
considerato un uomo moralmente irreprensibile visto che fu flagellato per
falsa testimonianza in un processo per Zina, cioe' adulterio.
Maometto combatteva la misoginia e la promiscuita' sessuale preislamica
tribale, l'islam introdusse la paternita'.
In tutte le religioni monoteiste c'e' un conflito fra il divino e il
femminile, ma nessuna si spinge fino alla negazione della donna: da dove
viene il velo?
Il primo versetto che fa riferimento al "velo" (hijab, cortina, separazione
che allude al proibito) "scese" per un incidente durante le nozze fra
Maometto e una sua cugina. Due ospiti invadenti non se ne andavano,
impedendo ai due coniugi di ritirarsi nelle loro stanze. Lo hijab scende per
separare il privato dal pubblico e Maometto dal discepolo che lo accompagna
fino alla soglia della stanza della moglie, quindi in origine separa due
uomini.
"Non entrate negli appartamenti del profeta... Quando andate a domandare
qualcosa fatelo dietro un Hijab. Cio' e' puro per i vostri cuori  e per i
loro".
Il profeta viveva in una grande promiscuita' fra pubblico e privato, la
stanza di Aisha dava direttamente sulla moschea e le donne partecipavano sia
alla vita religiosa che alla vita politica che si svolgeva sempre nella
moschea. L'imposizione del velo presuppone un prima molto diverso.
Lo hijab come velo alle donne fu imposto da Omar, secondo califfo ortodosso,
suocero anch'egli di Maometto, per rispondere alle rivendicazioni delle
donne di partecipare alla guerra e di avere diritto di iniziativa sessuale.
La partecipazione alla guerra avrebbe fatto crollare l'edificio stesso della
guerra, in cui le donne erano parte del bottino. Un uomo poi poteva vendere
un figlio avuto da una schiava.
Maometto predicava uguaglianza sociale, molti schiavi si unirono a lui per
diventare nella nuova religione uomini liberi ma anche l'abolizione della
schiavitu' arrivo' soltanto sotto l'influsso del colonialismo (sic!).
Gia' ci fu un versetto che riconosceva alle donne il diritto all'eredita'
che trovo' subito l'opposizione degli uomini che temevano di veder crollare
la gerarchia fra i sessi.
Mentre Maometto sorrideva della paura del potere alle donne, Omar era un
uomo si' irreprensibile, ma molto duro con se' e con le donne.
Maometto riconobbe il diritto dell'uomo a picchiare la moglie, solo per
rifiuto sessuale, ma in quella occasione disse "io volevo una cosa, Allah ne
ha voluta un'altra". Lui non lo fece mai, ebbe mogli di grande intelligenza
e concesse loro il diritto di lasciarlo.
Il velo di Maometto, Jalahib, piu' che altro uno scialle, un drappo, arrivo'
quando il profeta era vecchio, in difficolta' militari, criticato per le sue
mogli che venivano molestate per strada, e, soprattutto, dopo l'accusa di
adulterio ad Aisha.
Questo velo doveva distinguere le donne libere, che venivano sempre piu'
molestate dal popolo della strada, dalle prostitute. Fu parte della lotta
contro la sessualita' promiscua, ma fu anche una resa all'ignorante e alla
tribalita' rispetto all'ideale musulmano di un uomo dotato di autocontrollo.
Gli imam hanno fatto un uso politico della religione e non hanno mai
incoraggiato la sovranita' della volonta' individuale responsabile, come
predicava il Profeta. Con la formazione dello stato musulmano sparisce
l'islam come esperienza profetica aperta al sogno democratico.
Se tornarono la pace e la sicurezza a Medina, non tornarono piu' per le
donne.
Quindici secoli dopo sara' l'occidente a mettere in discussione il velo e il
diritto delle donne.
E nella memoria mutila mussulmana restano soltanto le donne velate e
sottomesse: in realta' alcune delle donne del Profeta, a cominciare dalla
prediletta Aisha, ma anche Unm Salma, furono colte, intelligenti e
combattive. Ci fu poi Sakina, figlia di Ali', ribelle per eccellenza: bella
e fiera, sposo' fra i tanti pretendenti cinque o sei uomini a cui faceva
sottoscrivere un contratto che non vincolava lei all'obbedienza, ma
vincolava loro alla fedelta'. Riceveva poeti e faceva politica partecipando
ai consigli municipali. Sono state scritte molte pagine su di lei, anche
intere biografie, ma e' scomparsa nella memoria musulmana.

7. LIBRI. BARBARA PERONI PRESENTA "LA TERRAZZA PROIBITA" DI FATEMA MERNISSI
[Dal sito www.viagonzagadue.it riprendiamo il seguente testo del marzo 2003
(che stralciamo da un piu' ampio articolo in cui si recensivano anche altri
libri di scrittori del continente africano). Barbara Peroni e' docente e
saggista]

"Se impariamo a rivolgerci piu' apertamente alle differenze, saremo in grado
di creare una cultura della globalizzazione che non e' violenza, ma un
movimento verso gli altri e se stessi". Le parole di Fatema Mernissi, voce
intensa e autorevole del mondo arabo, sembrano interpretare e spiegare
l'esigenza di molti di noi di avvicinarci agli scrittori africani, e di
provarne la lettura anche in classe (...).
*
Lo scrivere e il comunicare la gioia di "fissare gli occhi al cielo, mirare
in alto e vincere tutte le paure" arriva con la Mernissi [nel suo libro La
terrazza proibita, Giunti 1994] al massimo dei meccanismi di seduzione: le
donne dell'harem inventano le recite in un teatro clandestino sulla
"terrazza proibita". E si svincolano dalle leggi del clan, dalla tradizione,
dal maschilismo. Qui, sulla terrazza, si ascoltano tutte le cose fantastiche
che si sanno raccontare, qui rivive Shahrazad, la principessa cantante che
parla dei sogni dell'impossibile.
Anche in questo libro vediamo come la capacita' di comunicare venga esaltata
fino a far desiderare alla protagonista di diventare una esperta narratrice,
in uno spazio al tempo stesso reale e fantastico.
Il velo sulla bocca toglie solo apparentemente la parola alla liberta'
femminile, tutte le donne hanno la possibilita' di farsi crescere le ali e
di camminare sul "pianeta di Allah con gli occhi rivolti alle stelle".
Personaggi ed interpreti: Mina, una vecchia schiava africana, figura quasi
magica che sa danzare al suono di ritmi interiori; il piccolo Samir, nato
insieme alla cugina Fatima, simpatico, bello e ribelle fino a quando deve
essere separato dalle donne al Hammam divenendo poi antipatico simbolo della
incomprensione tra i sessi; la zia Habiba, con alle spalle un matrimonio
distrutto, sempre capace di ridere e di reinventare storie fantastiche; la
nonna Jasmine, meraviglioso punto di riferimento per superare le paure e
sentire il canto dei fiori; la madre di Fatima a cui fa capo l'innovazione,
la fantasia, l'amore coniugale allegro creativo ed anticonformista.
Presenti anche squarci di momenti storici del Marocco, sempre letti dalla
visuale delle donne.
Molto particolare il capitolo su "la seconda guerra mondiale vista dal
cortile", con il messaggio, apparentemente ingenuo, ripetuto piu' volte, che
"la paura del diverso fa comportare la gente in modo strano", sia che gli
stranieri siano francesi o tedeschi.
Il racconto sulla splendida casa di Fez e i suoi protagonisti cattura il
lettore, e la cosa piu' bella e' che lo induce a riflettere con una tecnica
tutta particolare: riesce a mettere in luce le limitatezze del mondo arabo,
le imposizioni, le assurdita', i confini, le linee invalicabili tra gli
uomini e le donne con descrizioni piene di gioia, di affetto vitale, di
dolce ironia senza mai cadere in conflittualita' aggressiva e negativa.
Come Fatima vuole dimostrare, i precetti del corano non sono incompatibili
con la liberta' e la felicita' delle donne.

8. RIFLESSIONE. LUCIANO DOTTARELLI PRESENTA "ISLAM E DEMOCRAZIA" DI FATEMA
MERNISSI
[Riproponiamo questo intervento di Luciano Dottarelli (per contatti:
ldottarelli at libero.it). Luciano Dottarelli, docente e saggista,
apprezzatissimo pubblico amministratore, gia' sindaco del Comune di Bolsena
e attualmente direttore generale dell'Amministrazione Provinciale di
Viterbo, e' uno dei collaboratori piu' autorevoli, e degli amici piu' cari,
di questo foglio. Tra le opere di Luciano Dottarelli: Popper e il gioco
della scienza, Erre Emme, Roma 1992; Kant e la metafisica come scienza, Erre
Emme, Roma 1995; con Elena Liotta e Lilia Sebastiani, Le ragioni della
speranza in tempi di caos, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2004]

"Mettere in pratica la politica della 'scrittura instancabile': piu' la
polizia vieta, piu' bisogna scrivere. Quando il lavoro di una donna viene
censurato, lei non deve scoraggiarsi. Invece di scrivere cinque pagine al
giorno, deve produrne sei o sette. L'obiettivo e' di sommergere il censore
con la quantita' di letture che deve fare per 'stare al passo'": la chiave
della scrittura, personalissima, di Fatema Mernissi sta forse soprattutto
nella fedelta' a questo principio.
Una foga di scrivere che scaturisce da un fortissimo coinvolgimento
personale, da una intensa partecipazione, insieme emotiva e razionale, alla
condizione di frustrazione e al "desiderio di andare altrove, di una
migrazione collettiva verso un altro presente", che e' la cifra piu' tipica
del mondo arabo di oggi.
*
Anche in questo libro (Islam e democrazia. La paura della modernita',
Giunti, Firenze 2002, euro 12), la ricostruzione storica, la riflessione
filosofica e l'analisi sociologica si intrecciano alla confessione personale
e all'impegno di lotta, realizzando un impasto di scrittura che ricorda la
libellistica fiorita in Occidente nell'eta' dell'Illuminismo.
E non  e' un caso che proprio nella tradizione illuministica la scrittrice e
sociologa marocchina riconosca la principale radice fondativa della moderna
dimensione culturale dell'Occidente, caratterizzata dalla democrazia e dai
principi del rispetto della liberta' individuale, come risultano codificati
nella loro veste piu' universale ed efficace dalla Carta delle Nazioni
Unite, il testo che, benche' sottoscritto anche da tanti Stati musulmani,
nel conflitto tra islam e democrazia viene assunto come contraltare
simbolico del Corano.
Il compito che Fatema Mernissi si propone e' quello di portare alla luce le
motivazioni profonde, ancestrali della paura dell'Occidente, ricostruendo
l'intero passato della civilta' araba e superando quella sorta di tabu' che
impedisce di scavare  nel tempo zero dell'islam, la jahiliyya, il caotico,
disordinato e violento mondo preislamico, regno della liberta' individuale
esasperata e arrogante, che precedette la riduzione ad uno e la
pacificazione operata dalla predicazione egualitaria e dall'azione politica
del Profeta.
L'art. 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani  ("Ogni individuo
ha diritto alla liberta' di pensiero, di coscienza e di religione; tale
diritto include la liberta' di cambiare di religione o di credo"), che
appare "l'esatta definizione" della jahiliyya, introduce
contraddittoriamente nel presente e proietta nel futuro del mondo arabo la
minaccia del disordine preislamico, su cui fanno leva sia i despoti al
governo che i "mercanti di speranza" del terrorismo fondamentalista.
Il tempo zero dell'islam era anche l'epoca in cui sul cielo e sulla terra
regnavano dee assetate di sangue, dee di guerra e di morte ed e' per questo
che esso risulta soprattutto evocato, con il suo carico angosciante di
violenza e disordine, dall'idea del potere femminile. L' harem, lo spazio
femminile separato da quello maschile dove il califfo gestiva il potere e
usava la violenza, e l'hijab, il velo che nasconde la differenza femminile,
sono sintomi e rimedi per esorcizzare questa paura del passato.
Un passato con il quale si devono invece fare i conti fino in fondo nella
convinzione che "la nostra modernita' dipendera' dalla riappropriazione di
tutto cio' che opera negli strati profondi del nostro inconscio".
L'opera di costruzione di un'identita' compiuta e dinamica per il mondo
arabo-islamico, attraverso la comprensione e razionalizzazione delle sue
paure arcaiche, e' condotta da Fatema Mernissi sul solco di
quell'"avanguardia temeraria" che e' il femminismo arabo, come testimoniano
altri suoi libri, gia' tradotti in Italia: Le donne del Profeta (Ecig 1992),
Le sultane dimenticate (Marietti, 1992), La terrazza proibita (Giunti, 1996)
e L'harem e l'Occidente (Giunti, 2000).
*
Ma nell'orizzonte piu' ampio di questo saggio, l'autrice ha la possibilita'
di collocare la sua battaglia per la democrazia, per l'accesso alla
conoscenza e per  il pluralismo sulla scia di una piu' antica tradizione,
che e' parte viva della storia dell'islam e sta a ricordarci che il rispetto
per l'individuo e la sua liberta' "non sono esclusiva proprieta'
dell'Occidente".
E' la ricca tradizione razionalistica ed umanistica rappresentata dai
falasifa (filosofi ellenizzanti) e dai sufi (corrente ascetica favorevole ai
carismi individuali) che non solo ha trasmesso all'Occidente il patrimonio
culturale greco ma lo ha anche esteso e approfondito in modo originale,
mediandolo con il pensiero orientale. Questa tradizione sta a contraddire la
rappresentazione corrente di un islam baluardo del fanatismo dispotico in
cui la ragione critica, la liberta' individuale, il rispetto per la dignita'
di ogni uomo non hanno mai avuto spazio. Essa invera ed esalta la dimensione
"galattica" dell'islam, in cui consiste l'insegnamento piu' profondo del
Profeta,  quello di alzare la testa, nel senso piu' letterale
dell'espressione, per "camminare nella vita tenendo lo sguardo fisso al sole
e alle stelle, ossia strettamente legati al cosmo e consci di farne parte".
Purtroppo la fioritura razionalistica che accompagno' il tramonto della
dinastia corrotta degli Omayyadi e l'avvento degli Abbasidi (750), duro' lo
spazio di un secolo (il "secolo dell'apertura") e, con la ripresa del
dispotismo oscurantista, ogni opposizione intellettuale fu repressa. A
sfidare l'onnipotenza e l'incontestabilita' del potere dell'imam rimase solo
la ribellione fanatica ed assassina ispirata alla tradizione di sovversione
politica dei kharigiti.
Da allora il rapporto tra obbedienza all'autorita' e liberta' individuale e'
rimasto un argomento che l'islam politico non ha mai risolto ne' nella
teoria ne' nella pratica: "La rottura con lo stato medievale, che usava il
sacro per legittimare e mascherare un governo arbitrario, non ha mai avuto
luogo nel mondo arabo".
*
Questa consapevolezza non esclude una critica delle colpe storiche
dell'Occidente: l'assoggettamento coloniale del Medio Oriente, il sostegno
fornito ai regimi piu' dispotici e teologicamente conservatori, l'escalation
degli armamenti consentita nell'area, e da ultimo la scelta della Guerra del
Golfo, con il suo risvolto annichilente di  ostentazione di un dominio
tecnologico assoluto.
Eppure proprio l'Occidente e' chiamato dalla Mernissi a svolgere un ruolo
decisivo nel processo incerto e difficile di avanzamento della democrazia
nel mondo arabo. E' questa una responsabilita' che gli deriva dal  suo
detenere il monopolio pressoche' totale nel campo della conoscenza
scientifica e dello sviluppo delle tecnologie informatiche. Favorire
l'accesso e la partecipazione equa agli sviluppi della rivoluzione
elettronica (da internet, alla televisione satellitare indipendente) e'
l'impegno di universalita' richiesto oggi all'Occidente.
Solo esso puo' consentire - e gia' ora consente - di costruire quella
moderna agora' in cui un nuovo, dinamico mondo arabo puo' addestrarsi ad
esprimere liberamente opinioni divergenti e a discuterle criticamente,
rinverdendo quella tecnica dello jadal (arte della controversia) che si
radica nella tradizione dell'islam umanista ed ha un posto significativo
nello stesso Corano (il versetto 125 della Sura XVI recita infatti:
"Richiama verso il sentiero del Signore, fallo con saggezza e buone maniere,
tieni discussioni (jadilhum) con essi su cio' che vi e' di migliore").

9. LIBRI. GRAZIA CASAGRANDE PRESENTA "KARAWAN. DAL DESERTO AL WEB" DI FATEMA
MERNISSI
[Dal sito www.cafeletterario.it riprendiamo il seguente articolo
dell'ottobre 2004. Grazia Casagrande e' giornalista, scrittrice, redattrice
di "alice.it", portale dedicato alle segnalazioni librarie]

"Orwell, di fatto, gia' nel 1938 si poneva il problema del rapporto che lega
il turismo all'impegno politico, tema centrale che questo libro provera' a
esplorare".
Il volume della Mernissi, estremamente originale nella concezione e nella
struttura, si apre con alcune pagine dedicate a George Orwell e al suo
soggiorno a Marrakech del 1938.
Lo scrittore inglese avrebbe poi piu' volte lamentato la difficolta' di
comunicare con la popolazione locale a causa sia di una sua pigrizia
nell'imparare l'arabo che di un uso piuttosto improprio del francese da
parte marocchina. Di certo, sottolinea la Mernissi, se allora vi fosse stata
la facilita' di comunicazione odierna, internet e la posta elettronica, i
contatti tra Inghilterra e mondo arabo sarebbero stati molto piu' facili
anche perche' proprio le "minoranze escluse" sono quelle che hanno tratto
maggior vantaggio dal progresso tecnologico nel campo delle comunicazioni.
Cosi' avrebbe potuto conoscere l'esistenza di movimenti di resistenza
all'occupazione coloniale francese che invece neppure immaginava.
Certo se Orwell avesse potuto vivere nella Marrakech del 2004 avrebbe avuto
una ben diversa esperienza del viaggio e soprattutto avrebbe potuto seguire
i consigli che l'autrice da' a tutti coloro che intendono scoprire un
Marocco "civico", a quei "turisti responsabili" che spesso hanno ancora in
testa alcuni stereotipi davvero sbagliati. Infatti una delle idee centrali
di questa scrittrice e', in questo libro come nel precedente L'harem e
l'Occidente, liberare il campo da tutti i luoghi comuni che gli occidentali,
anche i piu' democratici, hanno in testa sul mondo arabo.
La televisione via satellite, estremamente diffusa in Marocco, ha poi reso
popolari informazioni, nozioni e conoscenze prima patrimonio solo degli
intellettuali, e questo e' avvenuto in modo ancor piu' capillare che in
Europa. Sono i giovani "che navigano da fermi", quelli che abitano le zone
rurali o montane, ad avere per primi sfruttato le innumerevoli possibilita'
date dalle nuove tecnologie: commercio elettronico di prodotti
dell'artigianato locale, promozione del turismo responsabile, costituzione
di Ong per fornire di energia elettrica i paesi piu' sperduti...
Cosi' le notizie fornite da autorevoli guide che parlano di paesi
"fossilizzati nel loro arcaismo" forse dovrebbero aggiornare le loro
informazioni.
Un consiglio che viene dato ai viaggiatori e' quello di bighellonare per i
paesi e le citta' raccogliendo le tante voci che provengono dai suq e dalle
strade, entrare nelle librerie e nei negozi, ascoltando cioe' quella che
l'autrice chiama "Radio Medina", e si scoprira' che se il turista e'
incantato da serpenti e incantatori, la gioventu' locale lo e' dalla Rete, e
se le madri continuano a tessere stoffe e tappeti, i figli navigano
appassionamene in internet.
Comunque anche l'arte di tessere tappeti va considerata una competenza
davvero preziosa e che va assolutamente conservata, ed e' da notare che
alcune donne hanno fatto il grande salto: da tessitrici a pittrici di
successo. Le bellissime illustrazioni del volume riescono a darci l'idea
della festa di colori di questi quadri.
In Marocco poi "milioni di persone si mobilitano per iniziative civiche", i
militanti dei diritti umani sono attivissimi, gli scrittori e gli ex
perseguitati politici girano per il Pese, anche nei villaggi sperduti,
dialogando con un pubblico sempre numeroso e appassionato; da tutto questo
substrato culturale e' nata la "Carovana civica", momento di riflessione
collettiva itinerante a cui il turista puo' portare un forte contributo di
dialogo.
Un libro, questo di Fatema Mernissi, davvero imperdibile per chi voglia
viaggiare in Marocco in modo consapevole.

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 69 del 16 aprile 2006

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