La nonviolenza e' in cammino. 1265



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1265 del 14 aprile 2006

Sommario di questo numero:
1. Giobbe Santabarbara: Tre banali osservazioni
2. Domenico Gallo: Costituzione e democrazia. La posta in gioco
3. Lea Melandri: Il volto impresentabile della liberta'
4. Riccardo Petrella: Un governo dei beni comuni
5. Aldo Capitini: Infine
6. Giovanna Providenti: Florence Kelley, la politica del fare
7. Robin Morgan presenta "Per-donare" di Genevieve Vaughan
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: TRE BANALI OSSERVAZIONI
[Neanche per un giorno riesce a sentirsi contento il nostro buon amico
Giobbe, e' quel che sempre accade a chi e' invecchiato male]

La prima: quanto a fondo ha scavato l'eversione dall'alto berlusconiana.
Al punto che non solo quasi mezza Italia che vota le ha dato ancora un
consenso e una delega, ma anche pressoche' tutte le leadership del ceto
politico della coalizione non antidemocratica, avversaria del blocco
berlusconiano, ne hanno accettato l'egemonia culturale e non hanno voluto (o
potuto: molte sono le vie della complicita') condurre una campagna
elettorale che fosse anche opera di verita', denunciando appunto il colpo di
stato che il regime berlusconiano stava realizzando passo dopo passo, fino
alla recente spallata per abbattere la Costituzione repubblicana.
Costituzione che possiamo ancora salvare - e che salvare assolutamente
dobbiamo - vincendo il referendum che ci sara' tra poche settimane.
Nell'impegno per salvare democrazia e stato di diritto, legalita'
costituzionale e diritti umani, aver vinto le elezioni politiche e' solo
meta' dell'opera. Ora occorre difendere la Costituzione antifascista
vincendo il referendum. E poi potremo almeno respirare.
*
La seconda: la scomparsa nel nostro paese di una sinistra organizzata con
dimensioni e coscienza di movimento di massa che dica la verita' sullo
sfruttamento e l'alienazione, ovvero sulla struttura del modo di produzione
capitalistico, ha fortemente contribuito negli ultimi due decenni al trionfo
assoluto della destra piu' prevaricatrice, nemica dell'eguaglianza tra gli
esseri umani, devastatrice della natura e delle culture, denegatrice dei
piu' elementari diritti umani per i quattro quinti dell'umanita'.
Nella forma barbara e feroce del berlusconismo o nella forma
superficialmente legalitaria e subdolamente paternalista della nuova Dc
egemone nel cosiddetto centrosinistra del riformismo asservito al dominio
del capitale finanziario transnazionale, sta di fatto che le oppresse e gli
oppressi sono ogni giorno piu' oppresse e piu' oppressi (e ancora una volta
e' la lingua che tutto sempre rivela: ogni volta che sento un politicante
che ha costruito la sua privata individualistica arrampicata sociale usando
a mo' di scala prima di distruggerle le organizzazioni del movimento
operaio, parlare di "fasce sociali deboli", invece di dire - secondo
verita' - classi sociali sfruttate e rapinate - e sfruttati e rapinati
dall'ordine vigente sono altesi' interi popoli e continenti interi -, so che
quel personaggio e' passato dalla parte degli oppressori).
Sia chiaro: non abbiamo avuto esitazioni a votare per il centrosinistra per
contrastare il golpe berlusconiano. Ma senza illusioni di sorta.
*
La terza: la coalizione berlusconiana e' stata - e sia pur di stretta
misura - sconfitta elettoralmente; ma il berlusconismo come ideologia e come
prassi e' tutt'altro che sconfitto politicamente e culturalmente.
L'impegno per la riforma intellettuale e morale (che e' base e motore di
quella sociale e politica) deve dunque continuare con maggior limpidezza ed
intensita'.
Oggi la lotta per la democrazia e la legalita', per lo stato di diritto e il
riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani, per la
pace e la solidarieta', per la promozione delle conoscenze e del dialogo,
per impedire la devastazione della natura, per sconfiggere il patriarcato,
il militarismo, l'autoritarismo, lo sfruttamento e il consumismo (prima che
consumismo, sfruttamento, autoritarismo, militarismo e patriarcato
distruggano il mondo), richiede non un di meno ma un di piu' di chiarezza e
coerenza, di intransigenza e di apertura: richiede la scelta della
nonviolenza.

2. RIFLESSIONE. DOMENICO GALLO: COSTITUZIONE E DEMOCRAZIA. LA POSTA IN GIOCO
[Dalla newsletter quotidiana "Aprile on line" del 13 aprile 2006 (nel sito:
www.aprileonline.info) riprendiamo il seguente intervento di Domenico Gallo.
Domenico Gallo, illustre giurista, e' nato ad Avellino nel 1952, magistrato
ed acuto saggista, gia' parlamentare, tra gli animatore dell'Associazione
nazionale giuristi democratici; tra i suoi scritti segnaliamo
particolarmente: Dal dovere di obbedienza al diritto di resistenza, Edizioni
del Movimento Nonviolento, Perugia 1985; Millenovecentonovantacinque,
Edizioni Associate, Roma 1999; (a cura di, con Corrado Veneziano), Se dici
guerra umanitaria. Guerra e informazione. Guerra all'informazione, Besa,
2005; (a cura di, con Franco Ippolito), Salviamo la Costituzione, Chimienti,
2006. Vari suoi scritti sono disponibili nel sito www.domenicogallo.it]

Lo sviluppo stupefacente dei risultati elettorali delle elezioni del 9 e 10
aprile dimostra che l'Italia e' stata sull'orlo del baratro e che il nostro
Paese e' stato salvato da chi meno ce lo aspettavamo: gli italiani
all'estero ed i giovani.
Se il voto degli italiani all'estero ci ha consentito di ribaltare
l'effimera maggioranza conquistata al Senato dal centordestra, sono stati i
giovani, mutando l'orientamento rispetto alle passate tornate elettorali,
che hanno fatto la differenza ed hanno consentito all'Unione di sopravanzare
di un soffio il centrodestra, guadagnando quel premio di maggioranza che
rende concretamente possibile un governo di centrosinistra per la prossima
legislatura.
Se siamo stati ad un passo dalla catastrofe, non possiamo incolpare il fato
cinico e baro. Se migliaia o forse milioni di indecisi, all'ultimo momento
hanno rotto gli indugi e si sono recati a votare per un governo ed una
maggioranza indifendibile, sconfiggendo tutti i sondaggi, i pronostici e gli
exit poll, anche questo non e' frutto del fato cinico e baro. Adesso che
l'orgia dei sondaggi si e' placata e le agenzie di manipolazione del
consenso hanno spento le luci, le elezioni, con quei voti irriducibili,
scolpiti nella schede come sulla pietra, ci parlano dell'Italia come e'. Ci
dicono un fatto reale, ci raccontano una verita' incontrovertibile.
*
La verita' e' che il popolo italiano e' stato chiamato alle elezioni piu'
drammatiche della sua storia, piu' di quelle del 18 aprile 1948, senza che
nessuno lo abbia informato e reso edotto del valore della scelta che abbiamo
dovuto compiere e della reale posta in gioco.
Durante tutta la campagna elettorale nessuno dei leader dell'Unione, a cui
il sistema dei media ha concesso lo spazio della comunicazione, ha detto
nulla che potesse aiutare la gente ad aprire gli occhi sulla natura
illiberale, prevaricatrice e fascista del regime berlusconiano. Nessuno ha
denunziato il sovversivismo di questa classe dirigente, nessuno ha rivelato
il progetto politico di questa destra, scolpito nella cosiddetta
Costituzione di Lorenzago e certificato dalla riforma votata dalla due
Camere. Nessuno ha detto al popolo italiano che cio' che rendeva
profondamente differenti le elezioni del 9-10 aprile 2006, da tutte le altre
elezioni del dopoguerra, comprese quelle del 18 aprile del 1948, era il
fatto che - per la prima volta - i due schieramenti politici contrapposti
non condividevano piu' gli stessi valori costituzionali, poiche' uno dei due
schieramenti non si riconosceva nelle istituzioni democratiche. In
definitiva nessuno ha detto al popolo italiano che nelle elezioni del 2006
la vera posta in gioco era la Costituzione, col suo patrimonio indisponibile
di beni pubblici repubblicani, cioe' la democrazia.
Cio' ha consentito a Berlusconi, liberato dell'onere di rendere conto dei
misfatti del suo regime, di portare il dibattito politico sul terreno a lui
piu' congeniale. Di dibattere di un Paese immaginario, di lanciare proclami
e vendere fumo, come nessuno sa fare meglio di lui. Di far credere a larghi
settori della societa' italiana che il 9-10 aprile si trattava di scegliere
se pagare piu' o meno tasse, o di regolare o meno con i pacs le coppie di
fatto.
*
Siamo giunti al paradosso che la verita' e' stata affidata ai comici. Sono
stati i guitti, cioe' quelle persone serissime che per mestiere fanno ridere
gli altri, da Cornacchione a Paolo Rossi, a Nanni Moretti, gli unici che
hanno raccontato al popolo italiano la verita' sul berlusconismo. Ma non
sono stati presi sul serio perche' si trattava di comici, anche se costoro -
scherzando - ci raccontavano la nostra storia. Invece i leader politici, che
per mestiere non devono far ridere ma devono raccontare della cose serie, ci
hanno raccontato un sacco di balle per non farci capire niente della posta
in gioco. Insomma i buffoni sono stati serissimi ed hanno fatto supplenza ai
politici raccontando la verita' al popolo italiano, mentre i politici hanno
fatto i buffoni (sia detto senza offesa per nessuno), raccontando
barzellette.

3. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: IL VOLTO IMPRESENTABILE DELLA LIBERTA'
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo questo intervento apparso sul
quotidiano "Liberazione" del 28 marzo 2006. Lea Melandri, nata nel 1941,
acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba
voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel
movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Opere di Lea
Melandri: segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio,
Milano 1977, poi Manifestolibri, Roma 1997. Cfr. anche Come nasce il sogno
d'amore, Rizzoli, Milano 1988; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga,
Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia
di foglietti, Moby Dick 1996. Dal sito www.universitadelledonne.it
riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di
scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione
per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice
insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo
psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di
cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini &
Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70
e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi,
sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba
voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988
( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La
Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di
foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica
dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione
Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei
sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di
posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto',
'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha
diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione
femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione
aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle
donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

Tra i molteplici significati che ha assunto la parola liberta', ce ne sono
due in particolare che la seguono da sempre come un'ombra: la negazione, la
presa di distanza, la fuga da qualcuno o qualcosa, e la parentela con la
scena pubblica. Libero, nel lessico greco e latino, e' il non schiavo:
maschio, adulto, appartenente a una comunita' di eguali a cui e' affidato il
governo della citta', figlio di genitori nati a loro volta liberi, in grado
di sostenersi in armi e percio' dotato di poteri politici. E' il cittadino
guerriero. Fuori, negli interni domestici che la liberta' e la politica si
lasciano alle spalle, ci sono gli schiavi, le donne, gli adolescenti,
esclusi dalla partecipazione alla cosa pubblica ed espropriati della loro
stessa vita. Ma, sacrificato sull'altare della polis, e' anche l'individuo,
sottoposto in tutto, fin nelle sue scelte piu' intime, all'autorita' del
corpo sociale.
Un destino comune sembra imparentare percio' all'origine la liberta' e la
politica: uno strappo, un atto di cancellazione, il bisogno di dislocarsi
rispetto a una matrice o a vincoli piu' o meno dichiarati. Nel vuoto
apparente che si lasciano dietro vanno a collocarsi le donne, ma anche i
corpi, le persone, le relazioni primarie e le vicissitudini improrogabili di
ogni esistenza. Sara' per questo che, anche quando si fanno piu' articolate,
piu' estese, le liberta' - politiche, individuali - restano per larga parte
formali, facili a sparire o a farsi inglobare su un versante o sull'altro.
L'esito che Tocqueville delinea per le democrazie occidentali e' meno
paradossale di quanto sembri: l'atomizzazione porta "ogni cittadino a
isolarsi dalla massa dei suoi simili, a mettersi da parte con la sua
famiglia e i suoi amici, in modo che dopo essersi creato una piccola
societa' per proprio uso, abbandona volentieri la grande societa' a se
stessa", ma non puo' impedire che resti comunque prigioniero dell'opinione
generale, che "lo abbraccia, lo dirige, l'opprime".
Individualismo e uniformita', apatia politica ed estensione crescente dei
poteri della societa' sull'individuo, appaiono come le due facce della
stessa medaglia, destinate a contrapporsi e a ricongiungersi, a divergere e
a divorarsi vicendevolmente. Nel saggio di Benjamin Constant, La liberta'
degli antichi paragonata a quella dei moderni (1819), l'opposizione e' solo
apparente: il "piacere vivo e ripetuto" del cittadino antico nell'esercizio
della sovranita', e la "felicita' dei singoli", il "godimento pacifico
dell'indipendenza privata", grandi conquiste dei moderni, hanno bisogno del
sostegno reciproco, perche' poli complementari di una visione dicotomica che
rimanda al protagonista unico della storia: il sesso maschile.
C'e' voluto un lungo percorso affinche', dalla zona d'ombra della vita
pubblica, condizioni, rapporti dati come "naturali" - le passioni del corpo,
la proprieta', le disuguaglianze economiche, i ruoli sessuali, gli impulsi
d'amore e di odio - mostrassero, riaffiorando, quanto profonde, ramificate e
inafferrabili siano le radici della liberta', quanto sia piu' giusto
toglierle quella desinenza assertiva e parlare invece di "liberazione". Gli
"enigmi" che la storia si e' portata dietro, riguardanti il sesso, la
guerra, lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, il dualismo, appartengono al
suo retroterra, a quel "mare ribollente, infido" delle cose non-nominate,
per usare un'immagine di Asor Rosa, che la trascina a sua insaputa,
costringendola a procedere con gli occhi rivolti al passato.
*
Oggi sappiamo quanto sono esili i confini tra democrazia e regimi
totalitari, quanto il sostrato biologico, considerato la frontiera estrema
oscura della ragione, possa diventare, come e' stato per il nazismo, la
"verita' ultima" della storia di un popolo; sappiamo che la guerra puo'
confondersi con la difesa della vita, e quindi con la pace; conosciamo
l'ambiguo legame che tiene insieme il bisogno di sicurezza, di protezione,
l'attesa verso l'esterno, e la rinuncia alla liberta'. Allo stesso modo, non
possiamo ignorare che la resa delle donne al dominio dell'uomo e' tuttora
compensata da risarcimenti secondari, da gratificazioni illusorie e tuttavia
durature. Ma non sembra che tale saggezza riesca a scalfire il sedimento
secolare delle coercizioni su cui continuano a crescere e proliferare
liberta' visibilmente fragili, diritti destinati a restare sulla carta,
opportunita', eguaglianze solo verbali.
Eppure, si e' affacciata in tempi non lontani una rivoluzione pacifica - che
non significa esente da sofferenze e conflitti - capace di dare avvio a
un'"altra" storia, un'altra politica, altre forme di convivenza tra diversi,
altri legami tra individuo e societa'. Il movimento non autoritario e il
femminismo degli anni '70, spostando il centro della teoria e della pratica
politica fuori dai luoghi istituzionali dove siamo abituati a collocarle -
su corpo, sessualita', infanzia, rapporto uomo-donna -, hanno restituito
alla conoscenza e a un possibile cambiamento vicende essenziali dell'umano
date come "naturali" e quindi immodificabili. La persona, il sesso,
l'inconscio, le relazioni primarie, visti dalle teorie sociali come
l'ignoto, l'estraneo, l'indicibile, una volta sottratti a un'indebita
naturalizzazione, si sono rivelati componenti inscindibili dell'idea di
liberta' che abbiamo ereditato, la ragione prima delle sue contraddizioni,
delle sue comparse e delle sue eclissi.
Se gli esseri umani sono parsi, per loro "natura", ora buoni ora malvagi,
forse e' perche' e' stato difficile, e sembra esserlo tuttora, fissare lo
sguardo in quella regione incerta, "bio-psico-sociologica", che sfugge al
pensiero settorizzato. E' da li' che il movimento non autoritario e il
femminismo hanno dato avvio alla loro rivoluzione copernicana, sicuri che da
quelle lande, da cui la civilta' sempre prendere inizio e alimento, si
potessero ripensare alcune delle convenzioni sociali piu' refrattarie al
cambiamento.
*
A proposito dell'asilo autogestito di Porta Ticinese a Milano, aperto nei
primi anni '70, Elvio Fachinelli, che ne era stato il promotore, scrive:
"Sembra di trovarsi in una societa' violenta, tra il fascista e il mafioso,
in cui il piu' forte e piu' prepotente protegge quelli della sua famiglia...
si vede sorgere una gerarchia di ferro, basata sulla forza e sulla
prepotenza. Gia' a tre anni di eta', molti bambini arrivano all'asilo
rattrappiti, coartati; si ha l'impressione che qualcosa che era disponibile
e' ormai congelato. Si tratta spesso di comportamenti rigidi, che tendono a
ripetersi, e che sembrano costringere l'adulto ad assumere una posizione
puramente coercitiva, analoga a quella che e' stata assunta dai genitori e
che e' probabilmente all'origine di questi tratti del comportamento. Il
rischio di un continuo rafforzamento ripetitivo dell'esperienza precoce e'
dunque sempre presente. Per tentare di sciogliere queste membra paralizzate
e' essenziale che si presenti al bambino un adulto diverso... Qui la sola
politica che abbia un minimo senso liberatorio, una politica necessaria,
anche se puo' apparirci impossibile, e' una politica radicale, nel senso
marxiano del 'prendere l'uomo alla radice'. Qualche tempo fa, discutendo con
un rappresentante ufficiale dell'educazione milanese, egli venne fuori a
dire: 'Ma seguendo voi, bisognerebbe costruire le case in modo diverso,
bisognerebbe cambiare la citta'!'. Ebbene, io credo che questa sia veramente
la posta della nostra azione" (Elvio Fachinelli, Il bambino dalle uova
d'oro, Feltrinelli 1974).
Il "paradosso della ripetizione", la nostalgia che spinge l'individuo a
rivivere le esperienze piu' significative fatte nel periodo della maggiore
dipendenza dagli altri, diventa, nell'analisi innovativa di Fachinelli,
ostacolo e insieme elemento propulsore della liberta', replica cieca del
gia' vissuto o ripresa aperta verso nuove soluzioni. Sotto questo aspetto,
anche il riemergere, in un momento di declino dell'autorita' paterna e di
forte pressione della societa' dei consumi, di un fantasma materno "saziante
e divorante", poteva apparire al medesimo tempo come minaccia di
integrazione e spinta alla rivolta giovanile che nel '68 ha stravolto le
tradizionali categorie interpretative del reale e del possibile, dei bisogni
e dei desideri, dell'individuo e della collettivita'.
*
Ma dove l'idea di liberta' ha subito il suo piu' radicale ripensamento e'
stato nelle pratiche del femminismo, nella coscienza che ha riportato fuori
dalle secche della "naturalita'" il piu' antico dei domini, quello che ha
riservato al sesso maschile non solo il potere di decidere le sorti del
mondo, ma il pensiero, la costruzione ideativa e immaginativa che lo
sostiene. L'intelligenza dell'uomo, essendosi arrogata le prerogative di
unica esperienza compiuta dell'umano, non poteva che dare al processo di
individuazione - cioe' all'uscita dalla comune condizione animale - il volto
di un "neutro", mutilato di quell'appartenenza corporea e di sesso che
l'avrebbe rivelato nella sua parzialita'. Riportate entro la narrazione
della storia personale - attraverso l'autocoscienza e la pratica
dell'inconscio - le illiberta' non potevano che subire un processo inedito
di svelamento: non erano solo quelle presenti nella vita sociale, e neppure
ne condividevano modi e qualita'.
Rispetto alle coercizioni esterne e a tutte le forme di violenza manifesta,
che si sono accompagnate al dominio maschile, "immensa" appariva
l'"alienazione dell'io" conseguente all'aver fatta propria inconsapevolmente
la rappresentazione del mondo dettata da altri. Nelle conversazioni
radiofoniche, tenute su Radiotre da Rossana Rossanda con alcune amiche
femministe sulle "parole della politica", Paola Redaelli cosi' descrivere la
rivisitazione del concetto di liberta': "Liberta' e' una parola bellissima.
Per me anzitutto vuol dire liberta' di essere. Liberta' di essere diversa.
Per cui, a dire il vero, non e' senza contraddizioni con uguaglianza.
Liberta' di essere diversa malgrado le leggi, al di la' delle leggi, anche
al di la' di quelle che chiamavi 'leggi di natura'. Liberta' e' poter
scegliere senza cancellare niente di se stessi: il proprio essere
intellettuale, i propri bisogni materiali, il proprio io profondo. Liberta'
e' poter non trascurare nessuna parte di se'. Trasformare davvero il proprio
rapporto con il mondo, fino all'ultimo e senza possibilita' di tornare
indietro" (Rossana Rossanda, Le altre, Feltrinelli 1989).
*
Per una "liberta' che parte da dentro", lo scavo nelle vite, spinto fin
dentro la memoria del corpo, sembra non avere mai fine, e il femminismo, che
ha aperto questo nuovo orizzonte, appare davvero come "la rivoluzione piu'
lunga", quella che non disdegna le frontiere ultime del pensiero, le
esperienze che hanno il corpo come interlocutore e parte in causa. Riportare
lo sguardo sulla scena pubblica, come chiede oggi un movimento di donne in
evidente ripresa, senza restare ancora una volta respinte o affascinate,
comporta un forte ancoramento alla storia e alla cultura che il femminismo
ha prodotto, la riattualizzazione di teorie e pratiche che per fretta o
paura sono state troppo presto abbandonate. Richiede soprattutto che, pur
continuando a parlare di "liberta' femminile", non si dimentichi che
dominate e dominanti hanno parlato per millenni la stessa lingua, che
l'alienazione delle une non e' stata senza costi per l'umanita' degli altri.
La vita e la politica, oggi intrecciate piu' che mai, aspettano ancora di
essere sottratte alla falsa dialettica che le ha astrattamente contrapposte
e percio' spinte di necessita' verso ideali o perverse ricomposizioni - le
parentele insospettabili tra il sogno d'amore e la biologizzazione della
politica, tra la nostalgia dell'unita' a due della nascita e la ricerca di
corpi sociali compatti, omogenei, incontaminati, che caratterizza i
nazionalismi, i sussulti etnici e identitari e, oggi, lo "scontro di
civilta'". Aspettano, soprattutto, che si dia un volto, un corpo, un sesso,
una storia al protagonista unico che, con una sorta di sdoppiamento, ha
creato artificiose, ingannevoli "differenze", cancellando somiglianze e
diversita' reali.

4. RIFLESSIONE. RICCARDO PETRELLA: UN GOVERNO DEI BENI COMUNI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 aprile 2006. Riccardo Petrella,
intellettuale di forte impegno civile, docente universitario, e' uno dei
punti di riferimenti a livello internazionale delle iniziative contro la
mercificazione dell'acqua e per il riconoscimento e la difesa dell'accesso
all'acqua come diritto umano per tutti gli esseri umani; economista,
consigliere della Commissione Europea a Bruxelles, docente all'Universita'
Cattolica di Lovanio, alla Libera Universita' di Bruxelles, all'Universita'
della Svizzera Italiana, presidente del Gruppo di Lisbona, collaboratore di
"Le Monde Diplomatique" e gia' presidente dell'Association des Amis de Le
Monde Diplomatique, fondatore e segretario generale del Comitato
internazionale per il Contratto mondiale dell'acqua, uno dei principali
promotori del Forum alternativo mondiale dell'acqua. Tra le opere di
Riccardo Petrella: Il manifesto dell'acqua, Edizioni Gruppo Abele, Torino
2001]

Negli ultimi trenta anni, le societa' occidentali sono state ispirate da
principi che sempre di piu' hanno esaltato il valore dell'individualismo
come fondamento dell'organizzazione della societa' umana.
I concetti di benessere e di ricchezza sono stati ridotti a quelli di
benessere personale e di ricchezza individuale. La nozione di ricchezza
collettiva non fa piu' parte della cultura sociale ed economica delle nostre
societa'. Cio' che fu definito, fino a non molto tempo fa, il "tesoro
pubblico", cioe' le risorse finanziarie pubbliche, alimentate principalmente
dalla fiscalita' generale, e' oggi considerato piuttosto come una forma di
esproprio operato dai poteri pubblici sulla ricchezza dei cittadini.
Prelevare una parte della ricchezza prodotta di un paese, attraverso la
fiscalita', per finanziare la costruzione e la manutenzione di ospedali, di
scuole, di acquedotti, di reti di trasporto urbano e' sempre meno accettato
come giusto e necessario. La sicurezza collettiva (l'esercito, la polizia)
resta un settore dove il finanziamento pubblico e' accettato. Per quanto
tempo ancora?
*
La maggioranza delle classi dirigenti dei paesi ricchi, imitata dalla classe
ricca dei paesi poveri, e' riuscita a imporre una visione utilitarista,
corporativa e inegualitaria dei beni e servizi considerati essenziali e
insostituibili alla vita e al vivere insieme. Secondo questa visione, i
costi associati al loro accesso devono essere presi a carico, finanziati,
dal consumatore del bene e/o del servizio, perche', si afferma, anche questi
beni e servizi fanno parte del campo dei bisogni e degli interessi
individuali e non del campo dei diritti/doveri umani e sociali.
Altrimenti detto, non siamo piu' degli esseri umani, dei cittadini, aventi
diritto all'accesso all'acqua potabile, all'alloggio, alla salute,
all'educazione perche' esistiamo. Siamo stati ridotti a dei consumatori il
cui accesso alla vita dipende dal potere di acquisto individuale in un
contesto di scambi di merci e servizi obbedienti alla competizione per la
sopravvivenza.
Mentre nello stato detto del welfare, l'accesso a tali beni e servizi era
garantito a tutti, anche alle persone deboli, povere; oggi solo i forti,
sovente gia' ricchi, riescono ad avere l'accesso alla vita in maniera
adeguata e degna di un essere umano. Le nostre societa' hanno ritrovato la
grande poverta' e sono frantumate da vecchie e nuove forme di esclusione, di
ineguaglianza e d'ingiustizia.
Ognuno di noi e' in competizione/rivalita' con tutti gli altri nella lotta
per l'accesso ai beni essenziali. La societa' attuale e' fondata sul
principio dell'inevitabile esclusione dei meno competitivi, dei piu' deboli.
Essa ha fatto della violenza il principio regolatore delle relazioni tra gli
individui, i gruppi, le citta', i popoli. Oramai, l'altro e' necessariamente
una minaccia, un nemico, un illegale.
Su queste basi e' impossibile costruire un vivere insieme sostenibile,
specie sul piano umano, ne' a livello locale, delle comunita', ne' a livello
nazionale italiano. Figuriamoci a livello continentale o mondiale. Quel che
diventa possibile e' solo la creazione di mercati, di citta'-mercati, e la
costituzione di forti centri di potere, di imperi, fondati sulla logica di
conquista e di dominio. In questo contesto, la forza del diritto che ha
rappresentato una delle conquiste sociali maggiori del secolo XIX e'
rimpiazzata dal diritto della forza. L'evoluzione della societa' italiana
degli ultimi anni ne e' un caso emblematico.
*
E' urgente ripartire dal vivere insieme sulla base della (ri)costruzione e
della promozione di beni comuni quali l'acqua (contro la sua
"petrolizzazione" e "cocacolizzazione"), la conoscenza (non si puo'
accettare l'appropriazione privata dei saperi e la mercificazione
dell'educazione, in particolare dell'universita'), la salute (opposizione
alla privatizzazione del sistema sanitario), il territorio (contro l'attuale
dissesto idrogeologico generale), la bellezza (risanare il patrimonio del
paesaggio e dei beni culturali).
Una vita umanamente degna e un vivere insieme costruttivo sono un diritto
universale e un dovere collettivo. Da qui, l'inevitabilita' della
responsabilita' e della cura comuni di tutti i beni e servizi essenziali e
insostituibili alla vita.
Il prossimo governo nuovo ha una grande principale sfida storica da
raccogliere: deve diventare il primo governo dei beni comuni.

5. MAESTRI. ALDO CAPITINI: INFINE
[Dalla bella antologia degli scritti capitiniani Il messaggio di Aldo
Capitini, Lacaita, Manduria 1977, p. 418. Aldo Capitini e' nato a Perugia
nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile
promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel
1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in
Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a
cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo
Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di
testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle
conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di
Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della
nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti
autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova
edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul
Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza
dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991;
e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini,
benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni
Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e
possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu'
reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza
religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la
pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un
volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di
Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata,
Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini:
oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio
di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo
Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno
schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio
Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole
(Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra
religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo
Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova
Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per
una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini,
Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume
monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante,
La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del
Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta
2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini,
Cittadella, Assisi 2004; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in
Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001;
per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro
Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel
sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini:
www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai
utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere
richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a
Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento
Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it]

E c'e' infine da pensare all'educazione degli adulti, agli strumenti di
massa: noi dobbiamo predisporre un'indagine accurata su cio' che giornali,
riviste, dispense illustrate, pubblicita', radio, televisione, fanno per la
pace, durante la pace preparando la pace, oppure fanno per la guerra, per il
riarmo, per la diffusione dell'etica della potenza.

6. PROFILI. GIOVANNA PROVIDENTI: FLORENCE KELLEY, LA POLITICA DEL FARE
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo il seguente articolo
di marzo 2006.
Giovanna Providenti (per contatti: providen at uniroma3.it) e' ricercatrice
presso l'Universita' Roma Tre, si occupa di nonviolenza, studi sulla pace e
di genere, con particolare attenzione alla prospettiva pedagogica. Ha due
figli. Partecipa  al Circolo Bateson di Roma. Scrive per la rivista "Noi
donne". Ha curato il volume Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le
differenze, Franco Angeli, Milano 2003, e pubblicato numerosi saggi su
rivista e in volume, tra cui: Cristianesimo sociale, democrazia e
nonviolenza in Jane Addams, in "Rassegna di Teologia", n. 45, dicembre 2004;
Imparare ad amare la madre leggendo romanzi. Riflessioni sul femminile nella
formazione, in M. Durst (a cura di), Identita' femminili in formazione.
Generazioni e genealogie delle memorie, Franco Angeli, Milano 2005;
L'educazione come progetto di pace. Maria Montessori e Jane Addams, in
Attualita' di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2004. Scrive anche
racconti e ha in cantiere un libro dal titolo Donne per, sulle figure di
Jane Addams, Mirra Alfassa e Maria Montessori.
Florence Kelley (1859-1932), intellettuale e attivista femminista,
socialista e pacifista americana]

Conoscere in che modo donne del passato hanno scelto di entrare in politica
puo' esserci di aiuto, oggi, in vista delle elezioni, per chiarirci le idee
sul perche' scegliamo di votare donna e su che cosa vogliamo chiedere alle
donne che scegliamo di votare.
Per Florence Kelley (1859-1932), protagonista del movimento riformista di
Chicago, prioritaria, in politica, e' la chiarezza riguardo al contenuto e
agli strumenti dei propri obiettivi politici: che devono essere pratiche
concrete, fatti attualizzabili, non chimere. E poi c'era la sua persuasione
profonda, una sorta di dono della natura, che capita di incontrare, ancora
oggi, piu' nelle donne che negli uomini.
Chi conobbe Florence personalmente racconta come fosse impossibile, dopo una
chiacchierata con lei, non venirne fuori completamente persuasi (e magari
anche direttamente coinvolti) dell'urgenza di contrastare lo sfruttamento di
lavoratori e lavoratrici e di impedire che minori al di sotto dei
quattordici anni fossero ammessi a lavorare nelle industrie, o della
impellente necessita' di sostenere una qualche protesta, organizzata dagli
operai e/o dalle donne, per i loro diritti. E non solo di battaglie era
fatto il suo quotidiano politico, ma anche di scommesse vinte. Come quando
ottenne, prima ed unica donna nel 1895, l'incarico di "Chief Factory
Inspector", un ruolo importante nei "posti decisionali", da cui potere agire
per comprendere e trasformare cio' su cui fin dall'inizio aveva deciso di
impegnarsi. Non solo Florence Kelley eseguiva il suo incarico in maniera
talmente diligente da avere fatto tremare non pochi industriali, ma e' anche
grazie a donne come lei che lo Stato dell'Illinois e' stato tra i primi ad
avere una legislazione che ponesse della regole contro lo sfruttamento di
lavoratori e lavoratrici.
L'impegno di questa donna per la promulgazione di leggi a garanzia della
tutela dei lavoratori, per il controllo del rispetto delle leggi una volta
promulgate e per la garanzia dei diritti della popolazione piu' debole
economicamente (e' stata per trenta anni a capo della National Consumers'
League, ed ha vissuto piu' di meta' della sua vita come "social settlers",
prima a Chicago e poi a New York) non va distinto dall'instancabile sforzo
personale di seguire i dettami della propria coscienza, vivendo una vita
coerente con i suoi ideali socialisti che non ha mai rinnegato nonostante
sia stata estromessa dal partito socialista americano e nonostante emergano
alcune percettibili differenze di posizione dall'interessante carteggio con
Friedrich Engels, del quale Kelley e' stata traduttrice.
*
Quello che piu' colpisce, leggendo biografie come quella di Florence Kelley,
e' il legame tra scelte personali e vita pubblica: la coincidenza tra
privato e pubblico. Non solo uno stretto legame tra conduzione quotidiana
della propria vita e idee professate, ma anche un instancabile prodigarsi,
un mettersi in gioco con tutta se stessa, che non diventava mai fanatismo
perche' non mancava la voglia di comprendere accanto a quella di lottare.
Non rinunciava Florence Kelley ad affrontare un problema sociale (si
trattasse dello sfruttamento dei lavoratori o della mortalita' infantile,
della mancata scolarizzazione minorile o della condizione di
sottoproletariato di donne e neri) in maniera articolata e mai isolata dal
contesto economico, storico e politico in cui il problema si era sviluppato.
L'estremo prodigarsi e la capacita' di vedere i problemi in modo
interconnesso trova di certo una ragione nella motivazione personale e
nell'abitudine, coltivata fin dall'infanzia, ad agire seguendo gli interessi
della collettivita' e ascoltando i bisogni della coscienza piu' che quelli
della tasca. Sull'esempio della zia Sarah, suffragista, antischiavista e
pacifista, che quando Florence bambina le aveva chiesto se davvero non
vestendo abiti di cotone e non mangiando zucchero credeva di liberare la
condizione dei neri schiavizzati per la raccolta del cotone e della
barbabietola, le aveva risposto: "Cara bambina non lo posso mai sapere se
riesco ad aiutare anche uno solo degli schiavi neri; ma io ho da vivere con
la mia propria coscienza".
Florence era consapevole di appartenere ad una classe sociale privilegiata
(suo padre, proveniente da una famiglia di gioiellieri, era un avvocato ed
un esponente del partito democratico), ma era anche una profonda
conoscitrice delle idee socialiste e marxiste e delle problematiche sociali
della maggioranza della popolazione. Ecco cosa scriveva nel 1887 in The Need
of Theoretical Preparation for Philanthropic Work: "Nel nostro sistema
industriale i mezzi di produzione sono monopolio di una classe
irresponsabile e i lavoratori si trovano costretti a competere l'un contro
l'altro... Nella lotta per l'esistenza che scaturisce da questa competizione
il debole finisce al muro, diviene il relitto di cui si occupano i
filantropi. In quanto membri leali della classe dominante il nostro lavoro
non puo' che essere meramente palliativo. Perche' una cura radicale delle
malattie sociali puo' essere data solo dalla fine del sistema di
sfruttamento dei lavoratori. Ma fermare tale sfruttamento sarebbe anche un
suicidio per la classe in cui noi siamo nate e cresciute, e di cui noi
'college-bred women' formiamo parte integrante".
*
La politica e' stato il luogo in cui Florence ha scelto di continuare il suo
percorso esistenziale: in esso, ha scelto di non fare spazio a comodi
compromessi, e i molti ostacoli incontrati sono stati per lo piu' occasione
per imparare ad affrontarli: talvolta limitandosi a riconoscerli come
limiti, come nel caso della propria appartenenza alla classe dominante,
oppure superandoli, come nel caso della difterite che la costrinse per anni
a letto, o del divieto (in quanto donna) di iscriversi alla facolta' di
legge di Philadelphia, da lei aggirato trasferendosi in Europa e
frequentando le universita' di Heidelberg e di Zurigo, in cui le donne erano
da poco ammesse. Pur non avendo concluso i suoi studi, parlava correttamente
inglese, tedesco e francese e capiva l'italiano e il russo. Dal matrimonio
disastroso col compagno di studi Lazare Wischnewetzky ha avuto tre figli,
della cui educazione si e' occupata personalmente accanto al suo
instancabile impegno politico.
Florence Kelley e' una delle figure femminili, appartenenti alla storia
sociale degli Stati Uniti d'America, che hanno dato inizio al vasto
movimento civile e pacifista da cui, ancora oggi, molte donne emergono (vedi
Cindy Sheehan) per la chiarezza dei loro desideri e obiettivi politici:
nessun ostacolo, o limite, era sufficiente a fermare il desiderio di
Florence di essere uno strumento vivente del miglioramento della societa',
avendo chiaro che il fine del cambiamento non e' uno spostamento
dell'esercizio del potere da una all'altra parte politica, ma il
sopravvenire di nuove condizioni che rispondano alle reali esigenze della
maggioranza della popolazione.

7. LIBRI. ROBIN MORGAN PRESENTA "PER-DONARE" DI GENEVIEVE VAUGHAN
[Riportiamo la premessa  di Robin Morgan al volume di Genevieve Vaughan,
Per-donare, Meltemi 2005.
Robin Morgan e' nata a Lake Worth in Florida nel 1941, e vive e lavora a New
York; poetessa, saggista, romanziera, giornalista, e' dagli anni '70 una
delle figure piu' vive del movimento delle donne. Tra le sue opere
disponibili in italiano: l'intervista a cura di Maria Nadotti, Cassandra non
abita piu' qui, La Tartaruga, Milano 1996; Sessualita', violenza e
terrorismo, La Tartaruga, Milano 1998, 2003.
Genevieve Vaughan, studiosa e scrittrice, si occupa di semiotica, critica
del capitalismo, marxismo, logiche del mercato e dello scambio, teoria
femminista, comunicazione, divulgando attivamente le sue idee in molte sedi
accademiche. Ha pubblicato i volumi For-Giving, a Feminist Criticism of
Exchange e Mother Nature's Children (un libro per bambini) e un cd di
canzoni pacifiste e femministe, The Tree of Life. Opere di Genevieve Vaughan
disponibili in italiano: (a cura di), The Gift, volume monografico della
rivista "Athanor", anno XV, nuova serie, n. 8, 2004; Per-donare. Una critica
femminista dello scambio, Meltemi, 2005]

Il libro che avete nelle mani e' un dono dall'autrice al lettore, da una
donna al movimento delle donne (e agli uomini di coscienza), in tutto il
mondo.
In un certo senso, ogni lavoro di autentica teoria femminista potrebbe
rientrare in questa categoria. Ma quello che Genevieve Vaughan ci ha dato e'
qualcosa di unico: un lavoro tanto appassionato nel suo sentimento quanto
serio nella sua analisi, un lavoro nel quale la ricerca scrupolosa risuona
in sincronia, e non in opposizione, ai piu' raffinati impulsi del cuore
umano.
Tale insistenza del sia/sia, di sfidare la mente e simultaneamente
riscaldare lo spirito, non e' facile in un mondo di opposizioni o/o. Cio'
richiede una sana audacia anche solo a tentare entrambi simultaneamente. Gen
Vaughan sottolinea correttamente che le femministe gia' osano considerare
"sospetto ogni sistema accademico" e va oltre stimolandoci a rischiare di
ritrovare la nostra "naivete'", a mettere in discussione tutto. Ma non
fraintendete: per naivete' lei non intende sentimentalismo o romanticismo
offuscato, sebbene lasci uscire l'altruismo dall'armadio per farlo correre
in strada in modo rinfrescante. Io trovo le sue teorie "naif" altamente
sofisticate nel senso migliore del termine: elaborate in modo intelligente,
etiche, pragmatiche, fattibili a livello transculturale, e applicabili sia
nelle relazioni intime che nella politica globale. In altre parole, le trovo
effettivamente trasformative.
In questo testo lettori diversi scopriranno doni diversi. Semiotici,
linguisti, economisti e studiosi di scienze politiche incontreranno una
radicale sfida intellettuale femminista, rara nei loro campi rarefatti. Ma
non c'e' bisogno di conoscere niente di semiotica o altre discipline
accademiche per apprezzare questo libro.
Gli attivisti vi troveranno un'analisi politica accessibile applicabile sia
al denaro che alla mascolazione, all'anoressia, alle armi o
all'architettura: una teoria con implicazioni in sistemi chiusi e in sistemi
cosmici.
I lettori uomini vi troveranno una teoria che non incolpa semplicisticamente
gli uomini e tuttavia non si sottrae dal sezionare il patriarcato e
insistere sulla responsabilita' morale individuale e allo stesso tempo sul
cambiamento sistemico.
In generale, i lettori seri preoccupati da mode pedanti e da cliche'
populistici troveranno in queste pagine un approccio che destabilizza
allegramente molti concetti tra i quali il decostruzionismo, il
postmodernismo, la carita' e la co-dipendenza (per citarne alcuni).
Per me, una poetessa amante del linguaggio, c'e' grande piacere
nell'intelligenza e nei giochi di parole di Gen Vaughan (che delizierebbero
gli affezionati di Mary Daly). In questo testo, troviamo costrutti, ad
esempio "costrained reciprocity" che, io predico, potranno diventare delle
frasi-tipo paragonabili a "reproductive rights", "acquaintance rape" o alla
memorabile frase di Adrienne Rich "compulsory heterosexuality". Come
femminista, mi divertono le illuminazioni di coscienza che ho trovato in
tutto il libro, cosi' tante che alcune gemme vengono casualmente lasciate
nelle note. Come internazionalista, sono profondamente grata per la
sensibilita' transculturale della Vaughan che trae esempi da tutto il mondo.
Come autrice di fiction godo del suo apprezzamento creativo delle favole,
dei miti, archetipi e stereotipi. Come teorica politica, ammiro il suo
coraggio nel rivendicare i "valori" dalla destra. Come qualcuno che
s'interessa di metafisica, sono affascinata dalle implicazioni del Paradigma
del Dono, dalle ultime ricerche sul cervello destro e sinistro alle visioni
alternative sull'esistenza stessa. E come attivista politica apprezzo e
ammiro il modo in cui la vita di Gen Vaughan e' un esempio della sua teoria
in pratica. Infatti ella e' stata cosi' occupata per tanti anni a sostenere
e partecipare l'energia femminista globale che e' stato difficile farla
fermare abbastanza a lungo per finire questo libro.
Il suo libro puo' ora trovare il suo pubblico, e mi auguro che sia un
pubblico grande. Perche' questo libro non solo vi fara' pensare, ma vi
persuadera' alla speranza, offrendovi un memento dell'umana capacita' di
trasformazione. E cio' vi rendera' stranamente felici, seppur circondati,
come siete, dallo spirito mortalmente sfruttatore e intensamente avaro del
patriarcato. Cio' vi offrira' una terza via, di sfida al pensiero dello
status quo che pone alternative biforcate improponibili come "egoismo" e
"altruismo". Questa possibilita', dal canto suo, vi dara' un senso del
vostro potere personale, non potere su qualcosa ma potere di. Se siete mai
state madri, riconoscerete quel potere: di dare, che sia dare alla luce,
dare nutrimento, o tempo, o cure, o attenzione. Se siete mai stati
innamorati, riconoscerete quel potere: esilarante, di abbondanza, di gioioso
riversamento (da Giulietta: "Piu' io do a voi, piu' io ho, perche' entrambi
sono infiniti"), la celebrazione della quotidianita' miracolosa.
In qualunque modo voi scegliate di aprirvi a questo libro, incontrerete un
se' possibilmente piu' saggio e altrettanto una societa'. La trasformazione
di entrambi e' responsabilita' di tutti noi. Queste pagine sono la parte di
una mappa-in-progress per il viaggio. Questo libro e' uno strumento per il
nostro compito.
Proprio un bel dono.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1265 del 14 aprile 2006

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