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La nonviolenza e' in cammino. 1231
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1231
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 11 Mar 2006 00:10:13 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1231 dell'11 marzo 2006 Sommario di questo numero: 1. Un laboratorio su "Pensiero femminile e nonviolenza di genere" all'Universita' di Palermo 2. Umberto Eco: Appello agli indecisi 3. Intervista a Terry McGovern sul progetto "Modelli di resistenza" 4. Medici obiettori al porto d'armi 5. Paolo Cacciari presenta "Capitalismo natura socialismo" a cura di Giovanna Ricoveri 6. Anna Folli presenta "Scritti militanti" di Sibilla Aleramo 7. Carlo Ottino presenta due libri di Jean-Marie Muller ed Enrico Peyretti 8. Nico Accidiosi: Ancora su questa giraffa 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. UN LABORATORIO SU "PENSIERO FEMMINILE E NONVIOLENZA DI GENERE" ALL'UNIVERSITA' DI PALERMO [Ringraziamo Valeria Ando' (per contatti: andov at tele2.it) per averci inviato la seguente bella notizia, e soprattutto per aver fortemente voluto e concretamente promosso l'iniziativa che ne e' oggetto. Valeria Ando', docente di Cultura greca all'Universita' di Palermo, e' tra le promotrici ed animatrici presso quell'ateneo di un gruppo di riflessione e di pratica di nonviolenza di genere; direttrice del Cisap (Centro interdipartimentale di ricerche sulle forme di produzione e di trasmissione del sapere nelle societa' antiche e moderne), tutor del laboratorio su "Pensiero femminile e nonviolenza di genere", autrice di molti saggi, ha tra l'altro curato l'edizione di Ippocrate, Natura della donna, Rizzoli, Milano 2000. Opere di Valeria Ando': (a cura di), Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione, discipline e senso degli studi, Carocci, Roma 2002; con Andrea Cozzo (a cura di), Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002; L'ape che tesse. Saperi femminili nella Grecia antica, Carocci, Roma 2005] Il 22 marzo avra' inizio presso la Facolta' di Lettere dell'Universita' di Palermo un Laboratorio con crediti dal titolo "Pensiero femminile e nonviolenza di genere", di cui e' tutor Valeria Ando'. Il laboratorio, della durata di 25 ore e aperto alla partecipazione di 30 studenti e studentesse, prevede un duplice percorso di approfondimento. Da un lato intende attraversare il pensiero femminile del '900, dalle grandi maestre quali Simone Weil, Hannah Arendt, Maria Zambrano, fino alle teoriche del pensiero della differenza, con lo scopo di evidenziare nodi concettuali e pratiche politiche che presentano straordinaria consonanza col pensiero della nonviolenza: saranno pertanto sviluppate le nozioni e le possibili applicazioni di simbolico materno, empatia, autorita', partire da se', pratica delle relazioni ecc. Dall'altro lato saranno presentati, da una prospettiva che tenga conto della differenza di genere, le principali figure di riferimento della nonviolenza, quali Mohandas K. Gandhi, Martin Luther King, Aldo Capitini, del cui pensiero si mostreranno i concetti fondamentali e le proposte di pratica politica. Saranno inoltre richiamate le numerose azioni nonviolente compiute dalle donne nel corso della storia, specie la piu' recente. Il laboratorio ha lo scopo di favorire un primo livello di conoscenza di queste due forme di pensiero e di pratica, mostrando la ricchezza che deriva dal loro intreccio, nella speranza di suscitare negli studenti e nelle studentesse una scelta etica consapevole verso una cultura di pace. 2. APPELLI. UMBERTO ECO: APPELLO AGLI INDECISI [Dal sito dell'associazione "Liberta' e Giustizia" (www.libertaegiustizia.it) riprendiamo il seguente appello. Umberto Eco e' nato ad Alessandria nel 1932, docente universitario, saggista, romanziere, e' probabilmente il piu' noto intellettuale italiano a livello internazionale. Tra le opere di Umberto Eco segnaliamo particolarmente Opera aperta, Apocalittici e integrati, La struttura assente, Trattato di semiotica generale, Il superuomo di massa (Cooperativa scrittori, poi Bompiani), Lector in fabula, Semiotica e filosofia del linguaggio (Einaudi), I limiti dell'interpretazione, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea (Laterza), Cinque scritti morali, Kant e l'ornitorinco, tutti editi presso Bompiani (ad eccezione di quelli diversamente segnalati). Opere su Umberto Eco: Teresa De Lauretis, Umberto Eco, La Nuova Italia, Firenze 1981; Renato Giovannoli (a cura di), Saggi su "Il nome della rosa", Bompiani, Milano 1985, 1999; AA. VV., Semiotica: storia, teoria, interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Bompiani, Milano 1992 (con una utile bibliografia di e su Eco); Roberto Cotroneo, Eco: due o tre cose che so di lui, Bompiani, Milano 2001] Siamo di fronte a un appuntamento drammatico. Dal 2001 a oggi l'Italia e' precipitata spaventosamente in basso quanto a rispetto delle leggi e della Costituzione, quanto a situazione economica e quanto a prestigio internazionale. Se dovessimo avere altri cinque anni di governo del Polo, rappresentati di fronte al mondo dai Calderoli e dalle ultime leve (appena arruolate in Forza Italia) dei piu' impenitenti tra i reduci di Salo', il declino del nostro Paese sarebbe inarrestabile e non potremmo forse piu' risollevarci. Quindi l'appuntamento del 9 aprile e' diverso da tutti gli altri appuntamenti elettorali del passato. In quelli si trattava di decidere chi avrebbe governato senza sospettare che un cambio di governo avrebbe messo a repentaglio le istituzioni democratiche. Ora si tratta invece di salvare queste istituzioni. In questo frangente i partiti di opposizione cercano, come e' ovvio, di catturare il voto degli indecisi che nelle scorse elezioni avevano votato Polo e che si sono sentiti traditi. I partiti fanno il loro dovere, ma ritengo che rivolgendoci ai soci e ai simpatizzanti di "Liberta' e Giustizia" occorra fare un altro ragionamento. Uno dei rischi maggiori di queste elezioni non sono solo gli indecisi che hanno votato a destra la volta scorsa (i quali si sposteranno secondo dinamiche difficilmente controllabili, per fede o per pigrizia continueranno a votare come prima, o rinunceranno a votare). D'altra parte il loro numero, come mostrano i sondaggi, e' oscillante. Io ritengo che il popolo di "Liberta' e Giustizia" debba invece impegnarsi non per convincere gli indecisi di destra ma i delusi della sinistra. Li conosciamo, sono molti e non e' in questa sede che si possono discutere le ragioni del loro scontento. Ma e' a costoro che occorre ricordare che, se si lasceranno trascinare da questo scontento, collaboreranno a lasciare l'Italia in mano di chi l'ha condotta alla rovina. Non c'e' scontento, per quanto giustificabile, che possa stare a pari con il timore di una fatale involuzione della nostra democrazia, con l'indignazione che coglie ogni sincero democratico di fronte allo scempio che si e' fatto delle leggi, della divisione dei poteri, del senso stesso dello Stato. E' questo che ciascuno di noi deve ripetere agli amici incerti e delusi. E' proprio da loro e dal loro impegno che dipendera' se l'Italia evitera' di essere ancora per cinque anni territorio di rapina da parte di difensori dei loro privati interessi. Se pure questi amici ritengono di nutrire senso critico ed equanimita' (perche' e' segno di senso critico ed equanimita' - direi di onesta' intellettuale - saper criticare la propria parte, e neppure il sito di "Liberta' e Giustizia" si e' sottratto a questo dovere), in questo momento essi debbono sacrificare i loro sentimenti e unirsi a tutti noi nell'impegno comune. E' in questa azione di convincimento che consiste il dovere e la funzione di quanti hanno partecipato in questi anni alla discussione che 'Liberta' e Giustizia" ha svolto e fatto svolgere. Ora la nave potrebbe affondare. Ciascuno deve prendere il proprio posto. 3. RIFLESSIONE. INTERVISTA A TERRY MCGOVERN SUL PROGETTO "MODELLI DI RESISTENZA" [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista della redazione di "Whr net" a Terry McGovern del gennaio 2006. Terry McGovern, avvocatessa, attivista per i diritti umani, figlia di una vittima della strage dell'11 settembre 2001, si occupa particolarmente delle istanze legate alla salute delle donne, ed e' la fondatrice di "Models of Resistance Project" (Progetto "modelli di resistenza")] - Whr net: Qual e' stata la forza motrice dietro al "Models of Resistance Project", cosa ti ha spinto in quella direzione? - Terry McGovern: Ho lavorato per molti anni, come avvocata, con le donne affette da Hiv e ho scoperto che le iniziative piu' riuscite erano spesso il risultato dello sforzo delle donne direttamente investite dal problema. Il cambiamento sovente avviene quando le donne sieropositive si uniscono ad altri attivisti e chiamano il governo ad un confronto. Le donne creano autonomamente soluzioni a cio' che devono affrontare e hanno successo nel lavoro politico. Molte organizzazioni che si occupano di sostegno e prevenzione non vedono questa forza. All'inizio dell'epidemia, quando le donne sieropositive venivano invitate agli incontri, mentre gli uomini stavano attorno al tavolo a discutere questioni sostanziali, la partecipazione delle donne si limitava al racconto delle loro storie di sofferenza: il descrivere come si erano infettate, o la morte dei loro bimbi. Io trovavo questo molto disturbante, e riflettevo sul fatto che bisognava riequilibrare lo sbilanciamento di potere che vedevo. Ma prima che il cambiamento avvenisse c'era necessita' di condividere saperi e informazioni con le donne sieropositive. Io feci questo lavoro, e appresi anche che le vittime, in particolar modo le vittime di sesso femminile, sono trattate in modo abbastanza uniforme dalle persone e dai media, ovvero solo come narratrici di dolore. Sviluppammo un programma di training per le donne affette da Hiv che riguardava le leggi e le politiche vigenti, e le vedemmo raggiungere, nel contesto statunitense, piu' risultati di quelli che credevamo possibili. Fu questo che in origine mi rese consapevole della forza di queste donne, ma capii anche che era necessario dare un colpo alla "narrazione della vittima", di modo che le donne fossero percepite come persone capaci di dare un contributo sostanziale. Alcuni anni dopo, mia madre fu uccisa nel disastro delle Due Torri, e da avvocata per i diritti altrui divenni io stessa "vittima". Scoprii che per sopravvivere usavo alcune delle tecniche che le mie amiche sieropositive mi avevano insegnato nel corso degli anni. Dopo l'11 settembre ho visto un gran numero di donne, che non si erano mai interessate di politica precedentemente, seccarsi di essere intervistate solo su come erano morti i loro cari, mentre erano arrabbiatissime per il modo terribile in cui venivano trattate, o perche' i membri della loro famiglia non potevano ottenere i visti d'ingresso nel paese per venirle a trovare. Nel marasma patriottico che e' seguito, molte donne sopravvissute hanno invece sviluppato la percezione che il governo sapeva cio' che stava per accadere e che avrebbe dovuto intraprendere azioni diverse, proteggere i loro cari, e certamente avrebbe potuto trattarle meglio dopo l'accaduto. Furono infatti per lo piu' le donne a chiedere l'istituzione di una commissione sui fatti dell'11 settembre. Questo accadde in un contesto che definirei di patriottismo selvaggio, dove da un lato la gente ti diceva che non potevi sfidare il governo perche' eravamo sotto attacco, e dall'altro la sinistra ti diceva che non dovevi sorprenderti, viste le cose orribili che gli Usa fanno in giro per il mondo. In questo scenario, le famiglie degli scomparsi si sentivano sfruttate dal governo mentre venivano lasciate ad arrangiarsi da sole, e molte erano famiglie di immigrati, di gente di colore. Nel mezzo di questa confusione, ci fu un gruppo, in maggioranza di donne, che chiese una commissione di indagine. Io partecipai agli stadi finali di questo processo e vidi all'opera, di nuovo, le stesse tecniche: le donne che sedevano e dicevano "Oggi niente interviste sul nostro dolore, rifiuteremo di discutere i dettagli della morte dei nostri cari. Invece faremo noi delle domande, sulla responsabilita' dei fatti, e chiederemo, per esempio, perche' Condoleezza Rice e' andata in televisione a dire che la cosa era del tutto inaspettata, ed ora ci dicono che da un anno avevano allarmi e segnalazioni". Vedendo all'opera questa forza, mi sono interessata ancora di piu' allo studio del fenomeno: le vittime che chiedono siano accertate le responsabilita', che chiedono giustizia, in un contesto di violenza fondamentalista o politica. Ero interessata al fatto che le donne sopravvissute si organizzavano e facevano richieste, non solo in ambito legale: in effetti, chiedendo responsabilita', esse chiedevano un cambiamento politico di notevole portata. Cominciai a domandarmi come funzionava, se il fenomeno avveniva all'interno della cornice dei diritti umani, eccetera. * - Whr net: Spiegami meglio la relazione fra potere e vittimizzazione. - Terry McGovern: Quando cominciai a guardare con attenzione, vidi numerosi esempi di donne che guidavano gruppi e che avevano canalizzato la loro vittimizzazione non appena ne avevano avuto l'opportunita'. Le donne usavano i media per chiedere giustizia. In tutto il mondo cercavano di narrare qualcosa di piu' che l'orrore di cui avevano fatto esperienza. Ci sono un mucchio di esempi in cui le donne hanno detto di non voler essere solo le testimoni di cio' che e' accaduto a loro o ad altri, vogliono parlare del contesto piu' ampio, della giustizia. Generalmente la gente salta questo tipo di narrazione, ed il fenomeno e' ancora scarsamente studiato. Ovviamente il tutto e' complicato dai privilegi relativi alla razza ed allo status socioeconomico, e dalla continua violenza; ma ci sono tratti comuni e sistemi che possono transitare da un gruppo a un altro, i gruppi possono imparare l'uno dall'altro. * - Whr net: Cosa pensi della rappresentazione delle vittime fatta dalle Ong o dai gruppi per i diritti umani, e' diversa? - Terry McGovern: I media del mainstream ci bombardano con immagini di dolore e sofferenza, dobbiamo cominciare a chiederci se stanno diventando semplice intrattenimento. Le tv e i giornali sono pieni di immagini di genocidi, lo tsunami, l'11 settembre, e finisci per chiederti se questo ha ancora un impatto sulle persone. Certamente, nel contesto statunitense, tu puoi fare centinaia di interviste di cui finiranno in televisione (purche' non siano in diretta), solo gli aspetti del dolore e della sofferenza. Sono rimasta sorpresa quando ho tentato di porre in luce l'evidenza di gruppi che domandano giustizia in Ruanda o in Sri Lanka, e ho visto che era molto difficile persino per chi si occupa di diritti umani accettare e mostrare che queste vittime hanno un'agenda, che chiedono risposte sul perche' e' accaduto cio' che e' accaduto. Tutto quello che trovavo era la rappresentazione della narrazione e della testimonianza della vittima. Naturalmente c'e' bisogno che le vittime diano testimonianza, ma pochi riconoscono che c'e' bisogno che queste stesse vittime partecipino alla discussione delle istanze sostanziali, relative al problema. C'e' invece la tendenza a concentrarsi su dettagli orribili, in particolar modo per quel che riguarda la violenza sessuale. Filmati di questo tipo vengono spesso usati per raccogliere fondi. A me disturbava il fatto che potevo trovare ore e ore di filmati in cui le donne descrivevano stupri e torture, ma nulla su che cosa queste donne avessero ottenuto. Per esempio, c'e' un gruppo in Ruanda che si chiama "Avega", e' un gruppo di vedove. Queste donne hanno costruito un villaggio per i bambini sieropositivi, hanno chiesto accesso ai trattamenti sanitari, ed hanno contestato i tribunali quando hanno visto che i giudici ridicolizzavano le vittime di stupro. Sono politicamente assai determinate, eppure ogni reportage che le riguarda non fa che descrivere le violenze che hanno subito, c'e' veramente poco delle tecniche che hanno usato, e di quello che hanno raggiunto. * - Whr net: Quali altre cose vorresti condividere con le organizzazioni che lavorano per i diritti umani, che si interessano della loro violazione e dei sopravvissuti? - Terry McGovern: Quando parli di questi argomenti, un bel po' di volte quello che va perduto e' il potere dei sopravvissuti, la credibilita' che possiedono. Le uniche a poter sfidare Bush dopo l'11 settembre e l'orgia di patriottismo negli Usa, erano proprio le vedove. Un certo tipo di credibilita' muove verso il cambiamento molto di piu' della mera narrazione di cio' che e' accaduto. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, quello che la gente ci sente dire e' solo il semplice racconto della violazione dei diritti umani. Questa e' una parte della questione: non ci si sente bene a non essere piu' una persona intera, ma solo un narratore di sofferenza, ma la cosa piu' importante e' essere capaci di vedere cosa siamo in grado di ottenere se ci muoviamo oltre la narrazione del dolore. * - Whr net: Stai dicendo che la sinistra ha perso un'opportunita' dopo l'11 settembre? - Terry McGovern: Penso di si', perche' erano cosi' impegnati a rispondere sulle invasioni dell'Afghanistan e dell'Iraq che non hanno visto come l'amministrazione Bush stava sfruttando e impoverendo le famiglie delle vittime. La sinistra ci ha sostenuti solo quando abbiamo cominciato ad avere un po' di successo con la commissione d'indagine, ma pensa a cosa sarebbe potrebbe accadere se, in situazioni simili, i gruppi per i diritti umani invece di guardare ai sopravvissuti solo come narratori fornissero loro un po' di assistenza tecnica. Le donne non avevano alcuna informazione tecnica su quel tipo di commissioni, o sulle differenti opzioni che avrebbero potuto chiedere al governo. Una cosa che e' venuta fuori dall'incontro internazionale che abbiamo tenuto lo scorso ottobre a Bangkok, era il bisogno di condividere le informazioni: le donne del Ruanda, dello Sri Lanka, e degli Usa si scambiavano informazioni su cosa aveva funzionato, e in quali contesti le donne avevano raggiunto i maggiori successi. * - Whr net: Parlaci un po' del meeting di Bangkok. - Terry McGovern: Prima di tutto bisogna chiarire che, ovviamente, ci sono gruppi di vittime che non cercano giustizia sociale o riforme, alcuni stanno cercando vendetta. Noi volevamo identificare e lavorare con gruppi di donne che erano state vittime di violenza politica ed avevano usato la loro esperienza per chiedere giustizia o prevenire ulteriori violenze. Ci sono molte differenze fra i gruppi di vittime, ma alcune cose sono universali. Una sembra essere un vero senso dell'umorismo: so che suona strano se pensi alla rappresentazione della vittima, all'essere relegate in un ruolo fisso, eccetera, eppure era familiare a tutte. Per me e' stato magnifico essere circondata da queste donne che avevano perso cosi' tanto, ed erano ancora cosi' resistenti. Perseverano, fanno piani. Il fatto che questo fenomeno si verifichi in cosi' tanti paesi e' una cosa che da' speranza. Non penso sia un generatore di speranza il vedere una donna dopo l'altra che descrive violenze orribili, senza che possa anche raccontare com'e' sopravvissuta, e cosa e' stata capace di ottenere in termini di dare vita ad organizzazioni o ricevere risposte. Udire le storie di queste donne, ed imparare cosa aveva funzionato e cosa no nelle loro esperienze e' stata una fonte di grande ispirazione. Ci sono state un bel mucchio di discussioni sui conflitti che nascono con i gruppi per i diritti umani, ed una delle cose piu' potenti che sono uscite dall'incontro fu questa dichiarazione delle donne: "Se vuoi le nostre storie, allora noi abbiamo il diritto di partecipare in qualche modo alla pianificazione di quel che fai". Abbiamo anche parlato di come sviluppare una carta dei diritti delle "vittime" (e abbiamo usato la parola proprio fra virgolette), in cui si attesti come non sia accettabile usare e basta le nostre immagini nel dolore: vogliamo prendere la parola. Ci sono queste donne in tutto il mondo che hanno sopportato cose orribili, sanno ancora ridere, e non si sono mai arrese. Io penso che questo sia un messaggio importante che va troppo spesso perduto, se non cominciamo a guardare anche a questi modelli. * - Whr net: Quali sono i prossimi passi del "Models of Resistance Project"? E se le donne che leggono questo testo ne sono ispirate, come possono partecipare? - Terry McGovern: A breve faremo circolare gli atti dell'incontro del 25 ottobre 2005. Le coorganizzatrici del meeting erano le organizzazioni di donne Awid, Crea e Wluml. E' probabile che si tenga un altro incontro, per fare piani e mettere insieme gli esempi di resistenza che sono stati usati in tutto il mondo. E' difficile raccogliere fondi, perche' il fenomeno della vittima che guida il cambiamento non e' molto riconosciuto. Ho parecchia esperienza con le fondazioni, che mi hanno sempre ridotta a narratrice di dolore, e quando gli esponevo la mia proposta rispondevano come se io stessi suggerendo di formare gruppi terapeutici, invece di gruppi per l'analisi strategica. Io vedo quello che stiamo facendo come l'inizio di un movimento piu' ampio, in cui le persone cominciano ad apprendere le une dalle altre, a conoscersi, e quindi a sviluppare una voce che sappia negoziare con la comunita' che si occupa di diritti umani. C'e' tutto un linguaggio sulla partecipazione e l'agenda, in tale comunita', che penso possa entrare in contatto diretto con le proposte del "Models of Resistance Project". Ci servira' ad aprire un dialogo: riconoscete questo fenomeno? Come possiamo cominciare a vedere le vittime/sopravvissuti in una luce diversa, e come queste persone sono significative? Un altro aspetto importante di cui dobbiamo discutere e' quello che non ha funzionato, i piani che sono falliti, la cooptazione delle vittime da parte di sistemi e governi. Quest'ultimo lato della questione e' complesso, ma dobbiamo discuterne. Parlare e' l'inizio del processo. 4. APPELLI. MEDICI OBIETTORI AL PORTO D'ARMI [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello. Si possono ritenere ingenue, inappropriate e discutibili alcune formulazioni qui adottate (ad esempio vi sono motivi ben piu' sostanziali e decisivi per propugnare l'abolizione della caccia; e a maggior ragione per l'abolizione tout court della produzione e del commercio delle armi), ma ci sembra che la proposta di una obiezione da parte dei medici al rilascio del certificato d'idoneita' per il porto d'armi sia ben degna di essere presa in considerazione e sostenuta, e possa contribuire a una piu' complessiva riflessione e iniziativa disarmista che riteniamo assolutamente necessaria e urgente] Il Comitato medico-scientifico dell'Avi (Associazione vegetariana italiana) rivolge un appello a tutti i medici affinche' neghino il certificato di idoneita' per il porto d'armi a tutti coloro che lo richiedono e che non ne necessitano per attivita' lavorative. L'Associazione vegetariana italiana e' nata nel 1952 sotto il segno della nonviolenza. Aldo Capitini ne e' stato il fondatore e ha voluto dare a questa associazione un impulso che va ben oltre la scelta di non cibarsi di violenza e di sofferenza. Pochi conoscono la scelta vegetariana come parte di un disegno che vede nella nonviolenza la sua origine e il suo sviluppo. Noi vegetariani abbiamo una lunga storia di lotte per i diritti civili, per l'ambiente e per il riconoscimento del diritto alla vita di chi ha avuto la sola colpa di nascere nonumano. Fedeli alla tradizione della nonviolenza e del rispetto di tutti gli esseri viventi i membri del Comitato medico-scientifico dell'Associazione vegetariana italiana si fanno promotori di un'iniziativa che vuole coinvolgere tutti i colleghi in un impegno di civilta', di amore e di rispetto. Rivolgiamo questo appello a tutti i medici e proponiamo loro di farsi promotori e sottoscrivere la campagna Obiezione di coscienza al rilascio di certificati per il porto d'armi. In una percentuale elevata di casi chi ha un'arma, la utilizza per scopi diversi da quello per cui la possiede. Molti utilizzano il fucile per uccidere gli altri animali in nome di uno sport chiamato caccia e a volte l'arma da difesa diventa arma di offesa rivolta verso il coniuge, il figlio, il parente, il vicino, scatenando tragedie orrende. Da un punto di vista numerico, con riferimento ai dati del 2001 si e' calcolato che si verifica un incidente mortale sul lavoro circa ogni 3.500.000 giornate lavorative e almeno un incidente mortale di caccia ogni 550.000 giornate di caccia. Dal rapporto fra tali cifre risulta che le morti per caccia sono sei volte e mezzo in piu' rispetto a quelle sul lavoro. Se ancora confrontiamo il dato sulla caccia rispetto agli incidenti d'auto, dove vi e' un incidente mortale ogni 634.658 "giornate di guida", si vede che la caccia ha una frequenza del 15% in piu' di incidenti mortali. Ogni giorno i giornali riportano notizie di omicidi e suicidi con armi regolarmente denunciate. Tutti noi siamo consapevoli di quanto possa essere pericoloso avere un'arma e di come, in particolari momenti, i possessori possano essere indotti a utilizzarla in modo improprio. Chi la possiede per "difesa" molte volte la usa per offesa. Chi la usa per uno "sport" chiamato caccia e uccide ogni stagione poveri innocenti esseri viventi puo' usarla anche verso un presunto ladro o verso la moglie, il vicino o chissa' chi altro. Decine di migliaia di persone innocenti ogni anno muoiono in Europa e nel mondo per mano di uomini che, con il porto d'armi rilasciato da noi medici, hanno la licenza di uccidere. La responsabilita' che ha un medico quando rilascia questi certificati e' evidente. Per questo motivo vi chiediamo di farvi promotori di questa iniziativa che potrebbe sconvolgere il mercato delle armi e la cultura della violenza che e' insita in chi possiede un'arma. Dichiariamoci obiettori al rilascio del certificato per il porto d'armi. E' un gesto semplice, ma al tempo stesso potente: rifiutare il certificato di idoneita' per il porto d'armi a tutti coloro che lo richiedono e che non ne necessitano per attivita' lavorative (come ad esempio polizia, guardie giurate, eccetera). Chiediamo l'adesione a questa iniziativa a tutti: dai movimenti pacifisti, ai movimenti cattolici per la vita, dal Papa, al Presidente della Repubblica, dai partiti, agli uomini di cultura, alle donne e agli uomini che vogliono la pace. Forse da questo piccolo gesto, che ognuno di noi medici puo' e deve fare, puo' nascere qualcosa di piu' grande che dia veramente una svolta ai movimenti per la pace di qualunque colore essi siano. Questo invito e' rivolto soprattutto ai medici di famiglia, ma tutti i medici possono e devono aderire anche se non sono parte attiva nel rilascio del porto d'armi. * Medici primi firmatari: Riccardo Trespidi, Ciro Aurigemma, Luciana Baroni, Stefano Cagno, Gabriele Peroni, Leonardo Pinelli, Luciano Proietti. Con l'adesione di: Associazione PeaceLink, Movimento Nonviolento. 5. LIBRI. PAOLO CACCIARI PRESENTA "CAPITALISMO NATURA SOCIALISMO" A CURA DI GIOVANNA RICOVERI [Dal quotidiano "Liberazione" del 25 febbraio 2006. Paolo Cacciari, impegnato da sempre nella sinistra critica, militante per la pace e i diritti, per anni assessore alle politiche giovanili, all'ambiente e alla pace del Comune di Venezia, e' stato tra i promotori del convegno "Agire la nonviolenza" svoltosi a Venezia nel 2004. Giovanna Ricoveri (per contatti: g.ricoveri at libero.it), direttrice responsabile e principale animatrice della rivista "CNS Capitalismo Natura Socialismo - Ecologia Politica", intellettuale della sinistra critica, economista, collaboratrice di James O'Connor, particolarmente impegnata sui temi dell'ecologia e della critica del modello di sviluppo dominante, e' tra le studiose e militanti piu' rilevanti della riflessione e dell'impegno ecologista. Tra le opere di Giovanna Ricoveri: (a cura di), Capitalismo Natura Socialismo, Jaca Book, Milano 2006] Deve aver avuto non poche difficolta' Giovanna Ricoveri a selezionare i pezzi (47) di vari autori [inclusi nel volume antologico a cura di Giovanna Ricoveri, Capitalismo Natura Socialismo, Jaca Book, Milano 2006, pp. 281, euro 18] scegliendoli tra quelli pubblicati nel corso di quindici anni della rivista "Cns. Capitalismo Natura Socialismo". Ma lo ha saputo fare benissimo. La rivista "Capitalismo Natura Socialismo", pur costituendo una miniera inesauribile di idee, di proposte di ricerca, di approfondimenti in piu' direzioni utili a chiunque voglia capire l'ecologia politica, e pur dovendo attraversare alti e bassi editoriali (tre editori e periodi di pubblicazioni solo telematiche), ha mantenuto un filo rosso capace di guidare il pensiero critico all'economia politica nel tempo della globalizzazione neoliberista. Il volume contiene autori e articoli importanti: James O'Connor, Giorgio Nebbia, Laura Conti, Martinez-Alier, tra i cofondatori. E poi: Sachs, Langer, Bettini, Latouche, Mike Davis, Vandana Shiva, Mary Mallor, Jose' Carlos Escudero, Michael Renner, Marinella Correggia, Giovenale, Franco Ferrarotti, Franco Russo, Angelo Tartaglia, Pier Paolo Poggio e altri ancora. Una carrellata ben organizzata in vari capitoli tematici (energia e clima, acqua, cibo e agricoltura, Nord e Sud, tecnologia, citta', conflitti e strategie di movimento, idee per l'alternativa) che consente al lettore di avere una dimensione esauriente della complessita' della questione ambientale e della sua irriducibilita' dentro le compatibilita' dell'economia di mercato. Ma la cosa che giustifica la fatica della Ricoveri, e che rende questo volume semplicemente indispensabile per chiunque condivida il bisogno di una sistemazione teorica ad un'idea di alternativa, e' la straordinaria attualita' delle analisi contenute e che il tempo passato ha confermato e reso ancora piu' pressanti. Il quadro teorico che la rivista e' andata delineando, a partire dalle sue tesi iniziali, e lo svolgersi dei movimenti sociali, sia in occidente che nel sud del mondo, hanno dimostrato di avere forti relazioni tra loro. La stessa idea del network internazionale con le riviste gemelle americane, francesi e spagnole si puo' dire che anticipi, prepari e accompagni la nascita dei Social Forum. Ritengo che "Cns" sia un pezzo costituente della nuova cultura dei movimenti. Importante soprattutto per attrezzare la sinistra del movimento operaio - che negli anni dell'inizio della rivista si trovava di fronte al bivio del crollo dell'Urss - ad intraprendere la strada della ricerca "oltre Marx" e della rifondazione di pratiche politiche-sociali capaci di affrontare il "pensiero unico", la potenza imperiale del capitale e quella militare degli Usa che portera' alla "guerra permanente preventiva"... Ma quali sono le novita' che "Cns" ha portato? O'Connor, assieme a Nebbia, Commoner e Bettini, hanno il grande merito di saper leggere la crisi ambientale nella contraddizione strutturale tra capitale e lavoro. L'ecomarxismo conferisce radicalita' e politicita' all'ambientalismo, liberandolo dall'opportunistico "ne' di destra ne' di sinistra". L'ecofemminismo di Shiva allarga la dimensione dello scontro alla concezione patriarcale, scientista dell'Illuminismo occidentale. Latouche e Davis (ma prima di loro, in Italia, Ernesto Bladucci, Claudio Napoleoni, Piero Barcellona) estendono la critica all'industrialismo, al produttivismo, alla cosificazione dell'umano. Infine i movimenti, a cui O'Connor ("Cns" n. 6 del 1992), dieci anni prima di Porto Alegre, guardava cosi': "Cio' che intendo dire e' che la teoria marxiana del capitale puo' fare da sfondo e delimitare i confini della ricerca, ma grande rilievo pratico e teorico va dato alle lotte della societa' civile contro la capitalizzazione della terra e del lavoro (oggi Marcello Cini ci ha spiegato che si tratta della mercificazione di ogni forma vivente e della stessa conoscenza, ndr), e questo approccio ci porta al 'post-marxismo' e a una lettura nuova dei movimenti sociali e della teoria della democrazia radicale". "Cns" e' nata ed e' stata una rivista militante, di frontiera, che ha sfidato in diverse direzioni soprattutto gli scienziati sociali e gli economisti. In questa direzione la strada da compiere sembra ancora lunga. Il manifesto del '72 di Georgescu-Roegen per "Un'economia dal volto umano", riproposto nelle conclusioni, e' di una attualita' disarmante, una sfida aperta. Il volume antologico della Ricoveri ci fa scoprire una rivista capace anche di sistematizzare in un quadro coerente, articolato e ben argomentato la critica piu' radicale alla societa' dominata dal capitalismo di mercato: quella che deriva dai limiti naturali, fisici e biologici dell'ecosfera e che obbliga il genere umano ad acquisire una coscienza planetaria, solidale, sostenibile. Finalmente un volume che rimane. 6. LIBRI. ANNA FOLLI PRESENTA "SCRITTI MILITANTI" DI SIBILLA ALERAMO [Da "Noi donne" di marzo 2006 (disponibile anche nel sito: www.noidonne.org). Anna Folli insegna letteratura moderna e contemporanea all'Universita' di Ferrara; si e' occupata in particolare di letteratura femminile, pubblicando Penne leggere, uno studio sulle scrittrici dell'Ottocento e del Novecento (Guerini e Associati 2000); oltre alla riproposta di alcune opere di Ada Negri e Neera, ha curato il carteggio di Corrado Govoni con Eleonora Duse (Pura fiamma di poesia, Bulzoni 1984), di Clemente Rebora con Sibilla Aleramo (Per veemente amore lucente, Scheiwiller 1987), di Giosue Carducci con Annie Vivanti (Addio caro orco. Lettere e ricordi 1889-1906, Feltrinelli, 2004). Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina Faccio, scrittrice italiana (Alessandria 1876 - Roma 1960). Ebbe una vita molto intensa con profondi e molteplici legami di affinita' intellettuale e sentimentale; fortemente impegnata su posizioni socialiste e femministe. Opere di Sibilla Aleramo: fondamentale e' ovviamente il romanzo autobiografico Una donna (1906); per i versi cfr. almeno Selva d'amore (1947), e ora Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2004. Per la saggistica cfr. la raccolta di scritti: La donna e il femminismo, Editori Riuniti, Roma. Opere su Sibilla Aleramo: per un avvio cfr. AA. VV., Sibilla Aleramo. Coscienza e scrittura, Feltrinelli, Milano 1986] Il Sessantesimo anniversario dell'Udi di Ferrara e' stato festeggiato da Universita' e Istituto di Storia contemporanea, Comune e Provincia, con la partecipazione davvero speciale di Dacia Maraini (5-6 dicembre 2005). Per l'occasione sono stati raccolti in una plaquette ((Sibilla Aleramo, Scritti militanti. 'Noi Donne' 1945-1957, Archivio Udi Ferrara, quaderno 13, dicembre 2005, pp. 80) gli scritti militanti di una donna preziosa, illustre, e molto amata: Sibilla Aleramo (1876-1960). Ci sono le sue collaborazioni a "Noi Donne" (dal 1945 al 1957); molte belle fotografie che ci ricordano il suo fascino leggendario; schizzi del volto che ispiro' allo scultore Leonardo Bistolfi il profilo muliebre della monetina da venti centesimi; un'intervista, alcune poesie, e due cartelle inedite dal manoscritto del Diario riprodotte per la cortesia dell'editore Carlo Feltrinelli. Ma se dovessi scegliere, allora vorrei conservare le pagine con cui la commemoro' Fausta Cialente, amica sororale, tanto piu' giuste ed emozionate di quelle preparate anni dopo per introdurre il Diario di una donna (1978). Non direi che siano state raccolte. Oggi Sibilla e' ancora tra noi - destino raro in Italia per una scrittrice - per merito dell'impegno e della passione di tante nonche', piaccia o non piaccia, del film di Michele Placido, Un viaggio chiamato amore, ispirato al carteggio col poeta Dino Campana e al romanzo autobiografico che la rese celebre all'inizio del secolo: Una donna (anzi: Una Donna, come sempre scriveva lei). * Torino 3 novembre 1906, tra poco cent'anni. E' una vita straordinaria, che ci porta indietro a una Milano di tardo Ottocento, poi a una cittaduzza delle Marche, e da li' ancora a Milano e a Roma e via via nei luoghi del vagabondaggio estetico del '900. Firenze, la Corsica, Sorrento, Parigi, Napoli, Capri, le Alpi. La guerra e l'invasione tedesca, paura e fame, le morti. L'iscrizione al Partito comunista, la fede in un avvenire radioso, ancora viaggi nei paesi dell'Est. Malinconia, solitudine e poverta', la poesia che l'abbandona, le grandi letture che le fanno compagnia, la scrittura minuta di tutti i giorni che la sorregge. E sempre le carte, migliaia e migliaia, una montagna di carte ad attestare un destino eccezionale. Incontri, amori, epistolari: eccezionali. Anche il manoscritto del Diario non scherza: 5.520 cartelle. Dalla ricognizione in vista dell'edizione integrale (Feltrinelli 2007) affiorano scenari oscurati, come quello dei quindici anni di militanza comunista, consapevole e sistematica. A reggere tanta vastita' temporale ci sono le ricorrenze, gli anniversari, le date. Date di mia vita e' il titolo dell'ultima poesia che Sibilla riesce a scrivere, nell'aprile 1956, alla vigilia degli ottant'anni e nel cinquantesimo anniversario di Una donna. Leggiamone alcuni passi, e che sia di buon auspicio per un centenario memorabile. * Date di mia vita Date remote di mia vita quest'anno in cuore mi danzano Dieci /cinquanta / ottanta cinquant'anni dal mio primo libro dieci anni che al partito son legata ottanta gli anni dall'estate in cui nacqui date di mia vita in cuore danzano Dieci / cinquanta / ottanta fiere se pur soffuse di tenerezza e quasi incredula e' la piu' remota se ben tanto reale ottant'anni ottant'anni gremiti e grevi vicende e visioni vicende e visioni benigna di doni la natura e tragica sin dalla fanciullezza la sorte... 7. LIBRI. CARLO OTTINO PRESENTA DUE LIBRI DI JEAN-MARIE MULLER ED ENRICO PEYRETTI [Da "Laicita'", trimestrale del Comitato torinese per la laicita' della scuola, anno XVII, n. 4, dicembre 2005. Carlo Ottino, intellettuale torinese di forte impegno civile, e' direttore di "Laicita'" e partecipe di molte esperienze educative, culturali e di promozione dei diritti umani, dalla Fnism (Federazione nazionale insegnanti) ad Amnesty International. Jean-Marie Muller, filosofo francese, nato nel 1939 a Vesoul, docente, ricercatore, e' tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento. E' direttore degli studi presso l'Institut de Recherche sur la Resolution non-violente des Conflits (Irnc). In gioventu' ufficiale della riserva, fece obiezione di coscienza dopo avere studiato Gandhi. Ha condotto azioni nonviolente contro il commercio delle armi e gli esperimenti nucleari francesi. Nel 1971 fondo' il Man (Mouvement pour une Alternative Non-violente). Nel 1987 convinse i principali leader dell'opposizione democratica polacca che un potere totalitario, perfettamente armato per schiacciare ogni rivolta violenta, si trova largamente spiazzato nel far fronte alla resistenza nonviolenta di tutto un popolo che si sia liberato dalla paura. Tra le opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Desobeir a' Vichy, Presses Universitaires de Nancy, Nancy 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1999; Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004; Dictionnaire de la non-violence, Les Editions du Relie', Gordes 2005. Enrico Peyretti (1935) (per contatti: e.pey at libero.it) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Filosofo francese, direttore degli studi presso l'Institut de recherche sur la resolution non-violente des conflicts, Jean-Marie Muller giunge con questo libro (Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, trad. di Enrico Peyretti, Ed. plus, Pisa 2004, pp. 335, euro 15) al pubblico italiano, come esplicitamente in apertura di prefazione nota Roberto Mancini, "grazie alla traduzione competente e amorevole di Enrico Peyretti, il quale ha saputo riconoscere per primo il valore e l'utilita' della riflessione mulleriana per la cultura del nostro paese" (p. 11). Si tratta di opera di notevole ampiezza, articolata in quindici capitoli con una rapida conclusione, nella quale l'impianto abbastanza palesemente filosofico s'intreccia in maniera efficace con la ricchezza dei riferimenti storici, giuridici, politici e soprattutto etici, che muovono dal riconoscimento dell'inevitabile conflittualita' dei rapporti umani per impostare e trattare in termini di dialettica costruttiva le complesse relazioni concettuali e pratiche tra violenza e nonviolenza. In sintesi, la trattazione, che mantiene una sua complessiva apprezzabile coerenza, puo' essere distinta, a prescindere appunto dalle considerazioni conclusive, in due parti sostanziali, la prima e piu' estesa delle quali riguardante la dialettica di violenza-nonviolenza, la seconda concernente in misura emblematica la figura e l'azione di Gandhi, con il concetto di Satyagraha (fermezza o forza della verita' o dell'amore) e con l'opportuna sottolineatura del suo significato di realismo razionale ed etico-politico al di la' del contesto o dell'apparenza religiosa cui molte volte si e' data preminenza. Circa il primo aspetto, considerato che "la violenza e la nonviolenza sono guardate e giudicate attraverso il prisma deformante dell'ideologia della violenz"ª (p. 94), l'analisi dell'autore intende fondamentalmente demistificare questa ideologia per il tramite di successivi e collegati momenti riflessivi soprattutto attenti alle relazioni tra violenza e conflitti e tra violenza e forza (essendo la prima abuso della seconda che necessariamente e "virtuosamente" se ne differenzia); al debordare della violenza strutturale (espressione di Johan Galtung) indicante "la violenza generata dalle strutture politiche, economiche o sociali che creano delle situazioni di oppressione, di sfruttamento o di alienazione" (p. 47); e pertanto alla fenomenologia della "violenza istituzionalizzata" dello e nello Stato con le conseguenze di vario tipo incidenti sulla struttura e sulla convivenza politica: donde, tra l'altro, la sintomatica esclusione di ogni concezione organicistica, apparendo totalizzanti (dunque non democratici e forieri di violenza), partendo dalla stessa nozione roussoiana di "volonta' generale", i concetti di popolo e di Stato sovrano (p. 143) e la ricorrente generalizzazione del principio maggioritario (p. 168). Su tali premesse, di cui appare non sottovalutabile il carattere fortemente assertorio, non pochi sarebbero, e non soltanto filosofici, gli argomenti da considerare e discutere: ci limitiamo qui a riprenderne i non secondari aspetti politici, implicanti tra l'altro l'interconnessione tra nonviolenza e democrazia fondata sulla cittadinanza e sull'esercizio della cittadinanza "che da' all'esistenza dell'individuo la dimensione pubblica" (p. 164); per cui - in termini di societas e non di mera communitas - "cio' che costituisce la citta' politica e' uno spazio pubblico in cui gli uomini, che si sono riconosciuti eguali e pari, scambiano liberamente le loro parole allo scopo di prendere insieme le decisioni che impegnano il loro avvenire comune" (p. 161). Si tratta di prospettive che - laicamente, dal nostro punto di vista - rivendicano lo Stato di diritto istituzionalmente "altro" a fronte di ogni tentazione di Stato forte, il necessario primato della politica rispetto all'economia, il rifiuto delle ideologie discriminanti o escludenti fino agli estremi del razzismo e della xenofobia, la tensione in termini di moralita' ed efficacia verso una progrediente (e non facile) coerenza tra mezzi e fini, e - in ordine a queste prospettive - il perseguimento di forme adeguate di educazione nonviolenta dovendosi considerare la scuola come "il luogo privilegiato dove si distruggono i pregiudizi discriminatori verso gli 'altri'" (p. 197) e dunque (nostra esigenza costante in funzione del concetto costituzionale oggi degenerato di scuola democratica, pubblica e laica) il luogo di educazione alla cittadinanza. Molto accurata e sempre passibile di ulteriori aggiornamenti, merita infine positiva segnalazione l'appendice a cura del traduttore comprendente (pp. 307-335) una selezionata "Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente", che chiude l'edizione italiana di Muller qui esaminata. * Ma, in particolare, i contenuti e la stessa impostazione di questa Bibliografia hanno trovato di recente nuovi e variamente noti elementi di relativa prosecuzione o di mirato sviluppo nell'agile volumetto di Peyretti (Enrico Peyretti, Dov'e' la vittoria? Piccola antologia aperta sulla miseria e la fallacia del vincere, Il Segno dei Gabrielli Editori, Nogarine di S.Pietro in Cariano - Verona - 2005, pp. 112, euro 10) che qui segnaliamo in concomitanza: "una raccolta di testi autorevoli - com'e' presentata dall'autore medesimo nell'introduzione (p. 21) - accompagnati da note e pensieri" suoi, "sulla vacuita' della vittoria in guerra e nei rapporti quotidiani", senza pretendere di trasformarsi in un'antologia sulla guerra, "ma soltanto su quell'aspetto della guerra e della rivalita', creduto e spacciato come un successo della vita e della ragione, che e' la pretesa vittoria di uno sull'altro dei due (o piu') contendenti armati e duri". In tale ottica il libro organizza i diversi contributi (115, per l'esattezza) di citazioni originali o di commenti e brani dell'autore in cinque sezioni: Voci antiche; Voci moderne (1500-1900); Voci del Novecento prima del 1945; Voci del Novecento dopo il 1945; Voci del 2000. Scelta abbastanza comprensibile e, volendo, accettabile, se peraltro - dati gli intendimenti rivolti (forse piu' che nelle precedenti edizioni della raccolta) alla sensibilizzazione e alla formazione dei lettori, giovani e meno giovani, in termini di possibile impegno attuale - si accetta la sproporzione quantitativa che, rispetto alle prime tre parti, conferisce ampiezza decisiva alla quarta e alla quinta. Numerosi richiami vengono fatti allo stesso pensiero di Muller, mentre, pur nel quadro in qualche modo soggettivo che questo tipo di raccolte di testi e opinioni non puo' del tutto evitare, appare oltretutto rilevante la preoccupazione di spaziare tra culture e orientamenti anche religiosi differenti nel panorama prevalente di quanto l'Occidente ha ricevuto (non sempre, pero', assimilato) da tempi e luoghi diversi e talvolta lontani. Il senso ultimo si potrebbe probabilmente reperire nell'ultimo brevissimo brano: "Dov'e' dunque la vittoria? E' la' dove nessuno trionfa su un altro ma tutti insieme su cio' che divide" (p. 108). Il che resta ribadito nella conclusione, non a caso definita "provvisoria", ove l'autore non manca di affidare a chi legge, quasi come messaggio aperto (p. 110), "la ricerca dell'affermazione della nostra umanita' sul disumano che e' in noi". 8. RIFLESSIONE. NICO ACCIDIOSI: ANCORA SU QUESTA GIRAFFA [Ringraziamo il nostro buon amico Laconico Accidiosi per questo intervento, il cui anacondesco titolo originale era "Ancora di questa giraffa che chiamiamo nonviolenza e che scriviamo con l'inchiostro verde fatti avvertiti da secolari (nel senso di braccio secolare) esperienze"] La nonviolenza non e' un canone di autori, ma un insieme di pratiche storiche di liberazione e di solidarieta', di riconoscimento e di condivisione, e l'autocoscienza che ad esse s'intreccia (e illumina e alimenta questo cammino comune, questa comune ricerca, la nostra comune lotta, di tutte e tutti la dignita', e il preservare dalla catastrofe quest'unico fragile e intricatissimo mondo che abbiamo e di cui siamo parte). 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1231 dell'11 marzo 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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