[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Nonviolenza. Femminile plurale. 52
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 52
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 23 Feb 2006 13:06:44 +0100
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 52 del 23 febbraio 2006 In questo numero: 1. Casa internazionale delle donne di Roma: Un crimine contro la persona, un crimine politico 2. Ida Dominijanni: Trista la triste posta dell'identita' 3. Barbara Spinelli: La riforma laica cui tanti musulmani aspirano 4. Roberto Ciccarelli intervista Farian Sabahi 5. Vanna Vannuccini intervista l'ayatollah Saanei 6. Antonio Monda intervista Paula Fox 7. Marilena Menicucci presenta "Donna e teologia" a cura di Cettina Militello 8. Riletture: Irshad Manji, Quando abbiamo smesso di pensare? 9. Riletture: Fatema Mernissi, Islam e democrazia 10. Riletture: Franco Restaino, Adriana Cavarero, Le filosofie femministe 11. Riletture: Wanda Tommasi, I filosofi e le donne 12. Riletture: Chiara Zamboni, La filosofia donna 1. RIFLESSIONE. CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE DI ROMA: UN CRIMINE CONTRO LA PERSONA, UN CRIMINE POLITICO [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo il seguente intervento della Casa internazionale delle donne di Roma] Una sentenza tanto orribile da essere ripudiata dalla stessa Corte di Cassazione e' un sintomo importante del degrado italiano in materia di relazioni tra uomini e donne. La sentenza e' quella della terza sezione penale della Cassazione che ha concesso le attenuanti allo stupratore di una tredicenne. Noi donne della Casa internazionale di Roma, esprimiamo la piu' forte indignazione per questa vergogna. La violenza contro una minorenne rappresenta semmai una pesante aggravante di un atto che offende non solo la singola donna, ma tutte noi: da sempre infatti sappiamo che lo stupro e' un crimine politico con il quale un sesso egemone afferma la sua volonta' di possesso e di conquista del corpo femminile. Questa sentenza e' l'ultimo atto di una serie impressionante di aggressioni alla liberta' e alla dignita' delle donne, sintomo inquietante del clima di volgarita' e di incultura che si e' accentuato nel nostro paese negli ultimi anni. L'autonomia delle donne e' conquista preziosa e irrinunciabile; non possiamo permettere che uomini colpiti da "sindrome di Lolita" si ricompattino in una fratellanza malata. Non siamo disposte, e lo abbiamo dimostrato, a tacere di fronte a queste prevaricazioni; metteremo in atto tutta la nostra intelligenza e passione perche', nonostante il degrado e lo squallore di questi tempi, si affermi anche nel nostro paese la possibilita' di una convivenza finalmente degna di questo nome, tra donne e uomini. 2. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: TRISTA LA TRISTE POSTA DELL'IDENTITA' [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 febbraio 2006. Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale femminista. Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di liberta', Angeli, Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania Giorgi), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005] Ancora scontri e saccheggi a Bengasi per la maglietta di Calderoli. Trenta morti e duecentotrenta feriti in Nigeria, per le vignette su Maometto e per un atto di profanazione del corano in una scuola. Manifestazioni islamiche, chiese cristiane incendiate e arresti in Pakistan (altro seguira', in occasione della visita di Bush) e in Afghanistan, con gli studenti che minacciano di arruolarsi in Al Quaeda. Fatwa di condanna a morte del vignettista danese emanata da un tribunale islamico in India. Il quotidiano saudita "Shams" chiuso dal ministro dell'informazione per aver riprodotto alcune vignette, il quotidiano russo "Nash Reghion" chiuso dalla proprieta' per la stessa ragione. E non basta, perche' se Atene piange Sparta non ride: in Nuova Zelanda a sentirsi offesa non e' l'islam fondamentalista ma la chiesa cattolica, e la colpa non e' delle vignette sul Profeta ma la serie tv di cartoni animati "South Park", gia' annullata negli Stati Uniti su pressione di un gruppo cattolico, che fa satira (non granche' fine) su una statua della Madonna sanguinante, donde l'invito dei vescovi a boicottare i prodotti pubblicizzati dall'emittente. Mentre poco piu' in la', in Australia, il primo ministro Howard da' alle stampe un libro in cui stigmatizza la diversita' culturale degli immigrati musulmani definendola "antagonistica e inassimilabile", e assesta cosi' l'ennesimo colpo al multiculturalismo australiano. Non e' lo scontro di civilta', se non nei desideri di chi lo attizza, e anzi a saperla leggera distintamente e' una mappa del conflitto diversificata, che spacca al suo interno il mondo islamico (e quello cristiano) e in cui giocano fattori sociali e politici locali di segno perfino opposto. Ma certo e' una guerriglia globale in cui le religioni hanno ormai conquistato un ruolo simbolico e politico primario, e da comprimarie giocano sulla scena politica contrattando con i governi fatwe, liberta' d'espressione, limiti etici ed estetici. Ed e' - si badi - una guerriglia tutta interna al campo politico e culturale che nel lessico politico occidentale corrisponde alla destra, e che in termini globali sarebbe piu' preciso definire come il campo che ha per posta in gioco principale quella dell'identita'. Per ragioni identitarie il quotidiano danese (di destra) pubblica quelle vignette, per ragioni identitarie gli islamici fondamentalisti si sollevano per ogni dove. Per ragioni identitarie Howard stigmatizza gli immigrati islamici (inventandosi un'identita' australiana che non c'e', essendo a sua volta una stratigrafia di identita' ridisegnate e reimmaginate dalle immigrazioni di due secoli); per ragioni identitarie Calderoli brandisce la sua maglietta contro gli immigrati islamici in Italia come l'aglio contro le streghe, e lungi dal battersi il petto incassa il risultato dei morti di Bengasi per la campagna elettorale identitaria che la Lega si appresta a fare associando alla ricerca dell'identita' perduta padana quella siciliana. * Quattro anni e mezzo dopo l'11 settembre ovunque nel mondo si va facendo chiaro che il conflitto non e' fra due civilta' ma fra una politica dell'identita' e una politica non identitaria, ovvero declinata sulla differenza e capace di mettere in relazione le differenze. Solo che mentre le destre e i fondamentalisti sull'identita' hanno le idee chiare e le armi affilate, sulla/e differenza/e le sinistre e i laici hanno le idee confuse e l'argomento unico della tolleranza, che e' un argomento dai confini incerti (chi e in base a che ne decide le soglie?) e sempre a rischio di sfumare o nell'indifferenza per l'altro o nell'assimilazione dell'altro. Senza affrontare questo problema che da' il timbro al mondo presente, e' inutile sperare in qualsivoglia palingenesi elettorale. Com'e' stato inutile affidarsi alla mitologia europeista, se sotto il sorriso delle vignette e' pronta a riemergere del vecchio continente piu' la radice delle guerre di religione che quella del sincretismo etnico e culturale. 3. RIFLESSIONE. BARBARA SPINELLI: LA RIFORMA LAICA CUI TANTI MUSULMANI ASPIRANO [Dal quotidiano "La stampa" riprendiamo il seguente intervento. Barbara Spinelli e' una prestigiosa giornalista e saggista; tra le sue opere segnaliamo particolarmente Il sonno della memoria, Mondadori, Milano 2001, 2004; una selezione di suoi articoli e' in una sezione personale del sito del quotidiano (www.lastampa.it)] Visto che ormai comincia a farsi strada la verita' sulla guerra delle caricature, conviene domandarsi perche' si e' acceso un si' grande incendio, e quel che gli incendiari si propongono. Dodici vignette pubblicate mesi fa in Danimarca hanno offeso un certo numero di associazioni musulmane danesi, per motivi comprensibili e umani. Queste associazioni hanno avuto l'impressione, vedendo raffigurato il profeta con una bomba sul capo al posto del turbante, che la loro religione fosse considerata terrorista. Si sono rivolti dunque alla giustizia, e hanno intentato una causa per diffamazione e blasfemia. Ma col passare dei mesi l'affare e' passato dalle loro mani a quelle di chi l'Islam lo usa a fini ideologici e geopolitici, e sono costoro che oggi parlano per tutti. L'integralismo non aveva alcun interesse a imboccare le vie legali offerte dalla democrazia alle minoranze, e si e' dunque rivolto agli estremisti arabi perche' reagissero con fatwe di morte, boicottaggi commerciali, incendi di ambasciate, intimidazioni. Questo estremismo e' minoritario nell'Islam ma parla a voce talmente alta da sembrare fortissimo e rappresentativo. Il suo esponente in Danimarca e' l'imam Abu Laban, noto in Europa e Italia per le opinioni favorevoli al terrorismo. Abu Laban si e' dato da fare per creare due immagini utili all'islamismo radicale: l'immagine di una guerra di civilta' con la democrazia, e l'immagine di 1,2 miliardi di musulmani identificati con l'integralismo. E' ovvio che alcuni Stati o gruppi sono oggi particolarmente interessati a questa raffigurazione (Siria, Iran di Ahmadinejad, Hezbollah in Libano, Hamas in Palestina): non perche' si sentono forti, ma perche' abbisognano di diversivi. L'immagine e' tuttavia totalmente falsa. La minoranza violenta non e' rappresentativa dell'Islam, e soprattutto non dell'Islam in Europa. Le associazioni musulmane in Germania lo hanno detto: "La liberta' d'espressione e' intangibile in Europa", "La reazione alle vignette aggredisce soprattutto noi". Il piu' chiaro e' stato Amir Taheri, scrittore-riformatore iraniano vivente in Europa: "Che il mondo islamico non sia abituato a ridere della religione e' vero, ma solo se lo limitiamo a Fratelli Musulmani, salafiti, Hamas, Jihad islamico, Al Qaeda. Tutte queste, pero', sono organizzazioni politiche mascherate da movimenti religiosi, non rappresentano l'Islam, cosi' come il partito nazista non era l'unica espressione della cultura tedesca". ("Wall Street Journal", 8 febbraio). Questa minoranza ha dunque come vero bersaglio l'Islam emigre'. Vuol mettere a tacere ogni sua critica, ogni desiderio di riformare il rapporto con i testi sacri, con la legge coranica (sharia), con la politica. E' ostile alle liberta' dell'individuo, perche' l'individuo spezza l'appartenenza comunitarista e religiosa. Sa che in Europa l'Islam e' influenzato da quel che fonda l'identita' europea: la separazione fra politica e religione, la preminenza dell'individuo-cittadino sulle comunita' d'appartenenza. La maggior parte degli europei in queste settimane ha reagito in maniera laica, molto piu' dell'America che alla laicita' e' meno sensibile. Non e' un caso che Bush sia molto critico delle vignette. Entrando in guerra contro l'Iraq, egli ha esacerbato il terrorismo integralista, voluto lo scontro di civilta', e scelto il radicalismo come solo interlocutore. * La riforma laica cui tanti musulmani aspirano: questo e' il nemico degli zeloti islamici. E' tale nemico che va intimidito, e i riformatori ne sono coscienti. Tra loro Magdi Allam, di origine egiziana, vicedirettore del "Corriere". Un suo recente articolo ricorda come l'iconoclastia (divieto delle immagini) non sia iscritta nel Corano ma solo nei detti (hadith) del profeta. In un altro articolo enumera le voci critiche e i siti alternativi (tra cui Middle East Transparent e www.kikah.com, cui aggiungiamo muslim-refusenik.com e www.qantara.de). Un altro esempio e' Samir Kassir, il giornalista libanese assassinato nel 2005: la piu' grande infelicita' araba, egli dice, e' nel rifiuto di venirne fuori (L'infelicita' araba, Einaudi). Secondo Raja Ben Salama, letterato tunisino, l'Islam violento e' un Islam morente, che reagisce con bombe a una mosca. Questi riformatori sono raramente ascoltati. L'Occidente preferisce negoziare con le avanguardie estreme, e questo lo rende cieco alle diversita'-metamorfosi dell'Islam. Faticano specialmente le sinistre, perche' il loro multiculturalismo da' piu' spazio ai collettivi che alla persona. L'Islam riformatore respinge la versione bellica del gihad (gihad e' anche "sforzo per frenare le proprie tendenza malvagie"). Rispetta il Corano ma vuole resuscitare il Ijtihad, che e' la meditazione personale e razionale sulle Scritture, praticata agli inizi. "Verso la fine dell'XI secolo", scrive l'ugandese Irshad Manji, "le porte del Ijtihad si sono chiuse e il pensiero indipendente si e' spento". E' ora che venga riacceso, e i riformatori sostengono che l'Islam europeo iniziera' tale Rinascimento. Rinascimento vuol dire anche domandarsi se vignette simili sarebbero apparse, se non esistesse quel che e' stato fatto in nome di Mohammad: l'11 settembre, le decapitazioni esibite in tv, i kamikaze. Per aver avanzato questo dubbio il giornalista giordano Momani e' stato incarcerato. Nel settimanale "Shihane" si era chiesto: "Cos'e' piu' dannoso per l'Islam: queste caricature, o le immagini di sequestratori che sgozzano gli ostaggi davanti alle telecamere?". * Tutte queste cose gli estremisti le sanno, le temono. Tanto piu' importante e' che l'atteggiamento cambi in Europa. Che i riformatori musulmani divengano protagonisti dei dibattiti cittadini che dovremo pur sempre avviare, con 15 milioni di islamici europei. Che il dibattito non venga delegato al dialogo inter-religioso, perche' raramente le Chiese risolvono le dispute tra monoteismi e tutte, oggi, sono interessate a contare di piu' in politica. La laicita' e' la risposta alle dispute, e in questi giorni l'Europa scopre che e' forse qui la sua identita'. Un'identita' che ha radici cristiane, ma che non saranno i cristiani da soli a poter governare. 4. RIFLESSIONE. ROBERTO CICCARELLI INTERVISTA FARIAN SABAHI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 febbraio 2006. Roberto Ciccarelli (Bari, 1973) svolge attivita' di ricerca presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli; e' autore di vari saggi. Tra le sue pubblicazioni: con Marino Centrone, Pensare la differenza, Levante, Bari 1999; (a cura di), Inoperosita' della politica, DeriveApprodi, Roma 1999. Farian Sabahi, storica, saggista, giornalista, docente di storia dell'Iran contemporaneo all'Universita' di Ginevra, docente al master sull'immigrazione dell'Universita' Bocconi di Milano; collabora a "Il Sole - 24 Ore", "Diario", di Radio Svizzera, Radio24 e Radio Popolare. Tra le opere di Farian Sabahi: Storia dell'Iran, Bruno Mondadori, Milano 2003; Islam: l'identita' inquieta dell'Europa, Il Saggiatore, Milano 2006] Dare l'opportunita' ai musulmani europei di vivere la laicita' dell'Europa. E' l'invito di Farian Sabahi, docente alla Bocconi di Milano e al master in diritti umani a Siena, collaboratrice del "Sole - 24 ore" e della Radio Svizzera, ospite abituale dell'"Infedele" di Gad Lerner su La7 e autrice di Islam: l'identita' inquieta dell'Europa (Il Saggiatore, pp. 327, euro 17,50), un viaggio a meta' tra il reportage e l'analisi sui musulmani, di antica e di recente immigrazione, che vivono nel vecchio continente. "Questo libro e' nato - racconta - da una collaborazione con la radio svizzera di lingua italiana. Ero l'unica giornalista della radio di origini musulmane e come tale potevo entrare nelle moschee". * - Roberto Ciccarelli: Lei e' figlia di un musulmano iraniano e di una donna italiana. Che rapporto ha con i precetti della sua religione? - Farian Sabahi: Mio padre non mi ha mai fatto mettere il velo. Ne' a me ne' a mia madre. Nemmeno alle mie zie iraniane che negli anni Settanta seguivano la moda italiana e francese e amavano le dive del cinema. Il velo era un lontano ricordo di famiglia: se lo metteva mia nonna per uscire, piu' per tradizione che per un obbligo sociale. * - Roberto Ciccarelli: Il velo pero' sembra essere diventato da alcuni anni l'ossessione di alcuni stati europei, come quello francese, che professano la laicita' della vita pubblica e proibiscono, ricorrendo a leggi specifiche, l'esibizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici. - Farian Sabahi: In Francia la comunita' musulmana ha accettato questa legge per il "principio di necessita'", per arrivare cioe' ad un compromesso con lo stato e favorire l'integrazione attraverso l'istruzione. In un certo senso sono d'accordo con il sistema francese: nessuna ostentazione dei simboli religiosi e rispetto della laicita' della vita pubblica. * - Roberto Ciccarelli: Anche recentemente, in occasione della vicenda delle vignette satiriche, l'Islam europeo e' stato usato a fini ideologici e politici per giustificare uno scontro di civilta' tra l'integralismo musulmano e la laicita' europea. Lei ha intervistato Dalil Boubakeur, il rettore della Grande Moschea di Parigi, favorevole ad un Islam illuminato ispirato al dialogo e alla tolleranza, il quale pensa che in Europa sia in atto un conflitto contro l'integralismo islamico di diverse origini, dal wahhabismo ad altre correnti. Lei che ne pensa? - Farian Sabahi: In Europa e' solo una minoranza a riconoscersi nelle espressioni politicizzate e radicali dell'Islam. In un recente sondaggio condotto in Francia, l'80% dei musulmani francesi intervistato ha dichiarato che non e' praticante, e una percentuale ancora superiore non frequenta le moschee. Questo dato non cancella tuttavia il sentimento di appartenenza identitaria e culturale all'Islam. Sempre piu' spesso, infatti, si incontrano persone che, come Iqbal, un ragazzo residente del Regno Unito che ho intervistato, sostengono: "io non sono praticante, ma sono un musulmano come tanti inglesi dalla pelle bianca che non vanno in Chiesa, ma che si riconoscono nella Chiesa d'Inghilterra". * - Roberto Ciccarelli: Ma allora chi e' il "musulmano europeo"? Da quanto le ha raccontato Tariq Ramadan, intellettuale ginevrino di grido, madrelingua francese e popolarissimo nelle comunita' musulmane, significa essere "un europeo di cultura e un musulmano di religione", senza che la cultura e la religione entrino in conflitto. Sembra una definizione ragionevole, anche se nel suo libro Ramadan viene definito "ambiguo". Perche'? - Farian Sabahi: Tariq Ramadan afferma che non c'e' costrizione nella religione citando un verso coranico e poi sostiene che il velo e' obbligatorio. * - Roberto Ciccarelli: Un'ambiguita' che, nel caso di suo fratello Hani, non sembra esistere affatto. Allontanato dall'insegnamento per avere sostenuto il valore della lapidazione delle donne colpevoli di adulterio, Hani Ramadan ha accusato le autorita' di attentare alla sua liberta' di espressione. - Farian Sabahi: La vicenda di Hani Ramadan dimostra che, come ha sostenuto Boubakeur, per rendere compatibili Islam e democrazia e' necessario abrogare quei precetti coranici che discriminano la donna e i non musulmani. O almeno allontanarsi da un'interpretazione letterale delle scritture. * - Roberto Ciccarelli: Eppure, nell'Islam europeo, dalla Turchia alla Francia all'Italia, come anche lei scrive nel libro, esistono donne acculturate, giovani, che indossano il velo ma non rinunciano alla loro liberta' e la considerano compatibile con la religione. - Farian Sabahi: Sostengo da anni che la via per sfuggire alla deriva fondamentalista e' l'istruzione. In occasione della pubblicazione di un rapporto sulle comunita' musulmane in Svizzera, ho chiesto a Hani Ramadan di farmi conoscere una donna musulmana osservante. Lui mi ha presentato la sorella che mi ha ricevuta in casa sua con il velo integrale. Quando ha capito le mie origini musulmane mi ha aggredita perche' non indossavo il velo. Io vestivo un tailleur-pantalone, un foulard attorno al collo che non mi copriva i capelli. Occupandomi di queste cose per il mio lavoro universitario, ho avuto la prontezza di riflessi di risponderle "Cara signora, le donne non sono tenute a portare il velo anche in casa in assenza di uomini". * - Roberto Ciccarelli: Suo padre e' immigrato dall'Iran in Italia nel 1961 per studiare medicina a Bologna. Veniva da un paese in cui la borghesia era ancora laica e secolarizzata. E' la sua origine sociale che le ha consentito di prendere le distanze da una lettura rigida del Corano? - Farian Sabahi: L'esperienza di immigrazione di mio padre e' molto diversa dalla maggioranza delle persone che ho incontrato. Io sono cresciuta in una famiglia dell'alta borghesia piemontese. Ciononostante il mio processo di integrazione non e' stato facile. * - Roberto Ciccarelli: Vuol dire che l'estrazione sociale non le ha evitato quella che il sociologo algerino Abdelmalek Sayad ha definito la "doppia assenza": sentirsi nel posto sbagliato, spaesata, in Italia come nel paese di origine del padre. - Farian Sabahi: Ho avuto la cittadinanza italiana pochi mesi prima di compiere diciotto anni, mentre mia madre l'ha persa per avere sposato uno straniero. Per dieci anni e' stata privata del passaporto italiano e dei suoi diritti politici a causa della legge che all'epoca vigeva in Italia. * - Roberto Ciccarelli: E il rapporto con suo padre? - Farian Sabahi: Le faccio un esempio. Facevo parte di un reparto misto degli scout. Mio padre sosteneva che non potevo passare la notte in una tenda in promiscuita' con dei ragazzi. Mi veniva a prendere la sera, e tornavo al campo il mattino dopo. Se negli anni Settanta ci fosse stato in Italia un Tariq Ramadan che diceva: niente tenda per le ragazze musulmane, come oggi dice in Svizzera niente ora di piscina con i ragazzi, la mia vita sarebbe stata piu' complicata. Per questo dico di essere favorevole al modello francese d'integrazione: niente velo per le ragazze. Ripeto: la cosa piu' importante e' l'istruzione, l'apprendimento della lingua, insomma una progressiva integrazione. Come ha detto il profeta in un celebre detto: "l'istruzione va cercata anche in Cina". * - Roberto Ciccarelli: Nei giorni scorsi il Consiglio di Stato ha ribadito che il crocifisso deve rimanere nelle aule perche' "e' un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili". Cosa ne pensa? - Farian Sabahi: Io non voglio che mio figlio incontri docenti che vogliono fare proselitismo, ne' a favore dell'Islam ne' di Comunione e Liberazione. Quando sara' il momento lo mandero' alla scuola francese di Torino perche' non voglio il crocifisso in aula. 5. DOCUMENTAZIONE. VANNA VANNUCCINI INTERVISTA L'AYATOLLAH SAANEI [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo pressoche' integralmente la seguente intervista apparsa sul quotidiano "La Repubblica" del 16 febbraio 2006. Vanna Vannuccini, tra le fondatrici di "Effe", una delle prime riviste femministe italiane; inviata speciale de "la Repubblica", e' stata per molti anni corrispondente dalla Germania, da anni e' corrispondente dall'Iran. Tra le Opere di Vanna Vannuccini: Donne e terrore, Rowohlt 1979; Quarant'anni in faccia, Rizzoli, Milano 1982; (con Francesca Predazzi), Piccolo viaggio nell'anima tedesca, Feltrinelli, Milano 2004, 2005; di prossima pubblicazione: Rosa e' il colore della Persia. Il sogno perduto di una democrazia islamica, Feltrinelli, Milano (data di pubblicazione prevista: marzo 2006)] L'ufficio del Grande Ayatollah Saanei e' quasi un santuario: i pellegrini arrivano da ogni parte del mondo, perfino dalla Cina, consegnano le loro domande in lettere sigillate e aspettano le risposte; gli studenti vengono a far lezione, i mullah snocciolano il tasbih memorizzando il Corano e un addetto distribuisce una tazza di te' dopo l'altra a tutti i presenti. Il Grande Ayatollah e' una delle massime autorita' dello sciismo. Nella sala dove riceve una cornice dorata racchiude le parole che Khomeini pronuncio' su di lui: "Un uomo dotto, devoto, diligente. L'ho allevato come un figlio. Sono sempre stato colpito dal suo eloquio e dalla sua conoscenza". Le fatwa di Saanei hanno avuto un'eco in tutto il mondo islamico: quelle relative all'uguaglianza di uomo e donna ("la legge coranica non permette discriminazioni di razza, sesso o etnia"), alla musica ("non e' proibita a meno che non deturpi l'islam"), alle questioni legate ai diritti umani. "Non sono opinioni" precisa. "Sono posizioni che dimostro logicamente partendo dai testi sacri". Saanei ha dedicato la gran parte dei suoi studi alla metodica chiarificazione dei principi dell'islam. Netta la sua posizione contro gli attentati suicidi, e ben lontana dall'esaltazione del martirio che ne viene fatta. La espresse chiaramente anche subito dopo le bombe che colpirono Londra la scorsa estate e lo ribadisce oggi: "Gli attacchi suicidi sono proibiti nell'islam cosi' come e' proibito il suicidio. Entrambi sono ammessi solo sul campo di battaglia". Cosi' come la condanna del terrorismo: "Terrorismo significa uccidere di nascosto, e questo e' sempre proibito. Purtroppo viene praticato oggi in nome dell'islam, ma resta proibito". * - Vanna Vannuccini: Come giudica la reazione del mondo islamico alle famigerate caricature pubblicate dal giornale danese, la considera proporzionata o eccessiva? - Saanei: Chi mostra il Profeta in veste di terrorista di fatto si allea con il terrorismo perche' ne favorisce la diffusione. Le caricature sono diventate un perfetto alibi per i fondamentalisti che dicono: vedete, sono nemici dell'islam, abbiamo ragione a combatterli. Chi ha disegnato le caricature - o e' stato manipolato per disegnarle - dovrebbe essere punito secondo la legge per incitamento al terrorismo. Una volta risvegliate le emozioni, tanto piu' quando c'e' chi nel mondo islamico aiuta a tenerle sveglie e le strumentalizza, e' molto difficile riportarle sotto controllo. Gli attacchi alle ambasciate e le violenze di questi giorni sono totalmente sbagliate, ma e' difficile contenerle. Se i responsabili delle caricature fossero stati puniti per incitazione alla violenza sarebbe stato tolto ai fondamentalisti l'alibi per le loro strumentalizzazioni. * - Vanna Vannuccini: Come liberare le religioni dai fondamentalisti? - Saanei: Il fondamentalismo nella storia dell'islam e' un fenomeno recente. C'era stato al tempo di Ali, che fu ucciso da un terrorista, ma poi e' stato raro. Non possiamo guardare alla storia dell'islam per trarne una lezione, percio' ritengo di dover parlare ai media, per far capire alle masse quanto la verita' sia spesso manipolata. * - Vanna Vannuccini: Si puo' pensare che le religioni contengano in se' un germe di violenza in quanto pretendono di essere in possesso di una verita' assoluta? - Saanei: Io non sento in me il germe di nessuna violenza, questo glielo posso garantire, e non lo vedo nel Corano. Riconosco pero' che di un principio fondamentale, il concetto di infedele, kuffar, e' stata data nel mondo islamico un'interpretazione completamente sbagliata. Alcuni hanno definito infedele, empio, chi non e' musulmano - sono perfino arrivati a dire che chi non e' musulmano non e' un essere umano. Da questa falsa interpretazione derivano gli articoli del Codice civile o penale che riguardano, ad esempio, il fatto che un non musulmano non possa ereditare da un musulmano, oppure che una donna musulmana non possa sposare un non musulmano. Tutto sbagliato. Kuffar, empio, indica non chi ha un'opinione diversa dai musulmani ma chi, pur sapendo che l'islam e' nel giusto, si adopera perche' questa verita' venga nascosta. Io ho dedicato gran parte dei miei studi a questa questione, l'ho dimostrata logicamente e posso dire che tutte le opinioni hanno diritto di esistenza: siano esse di cristiani, ebrei, marxisti. Ogni opinione va rispettata. Il valore dell'individuo e' alla base dei diritti umani, per questo dico che non solo l'islam e' compatibile con i diritti umani ma che essi sono il suo fondamento. L'empieta', ripeto, e' altro: e' la volonta' di impedire all'islam di esprimere la propria verita' anche quando sappiamo che e' corretta. * - Vanna Vannuccini: Quale dovrebbe essere il rapporto tra Stato e religione? - Saanei: I cittadini devono poter amare il loro Stato. Lo Stato deve avere la loro adesione. * - Vanna Vannuccini: Non e' cio' che s'intende per democrazia? - Saanei: E' di piu'. La democrazia ha bisogno di consenso, io parlo di amore (...). Ma quando i cittadini non amano piu' il loro Stato questo perde automaticamente ogni legittimita' (...). 6. RIFLESSIONE. ANTONIO MONDA INTERVISTA PAULA FOX [Dal quotidiano "Liberazione" del 21 febbraio 2006 riprendiamo la seguente conversazione sulla religione con la scrittrice newyorkese, recentemente pubblicata in un libro che raccoglie interviste a varie personalita' del mondo intellettuale statunitense, a cura di Antonio Monda, Tu credi? Conversazioni su Dio e la religione (Fazi Editore, Roma 2006, pp. 150, euro 14). Antonio Monda insegna sceneggiatura e regia presso il Film Department della New York University, collabora alle pagine culturali del quotidiano "La Repubblica", e' critico cinematografico per "La Rivista dei Libri/The New York Review of Books"; ha curato retrospettive ed esposizioni per il Museum of Modern Art, il Solomon Guggenheim Museum, il Lincoln Center di New York e la National Gallery di Washington; ha diretto numerosi documentari ed un lungometraggio intitolato Dicembre, presentato al Festival di Venezia. Tra le opere di Antonio Monda: La magnifica illusione. Un viaggio nel cinema americano, Fazi, Roma2003; The Hidden God, MoMA, New York 2004; Tu credi? Conversazioni su Dio e la religione, Fazi, Roma 2006. Paula Fox, scrittrice statunitense, e' nata a New York nel 1923, abbandonata in orfanotrofio e poi adottata, ha avuto una vita colma di peripezie, e' autrice di vari libri, anche per ragazzi. Tra le opere di Paula Fox: Festa di compleanno, Mondadori, Milano 1999; Il volo dell'aquilone, Mondadori, Milano 2003; Quello che rimane, Fazi, Roma 2003; Il gatto con un occhio solo, Mondadori, Milano 2004; Il silenzio di Laura, Fazi, Roma 2004; Cercando George, Fazi, Roma 2005] Paula Fox mi riceve nella sua brownstone di Clinton Street in una splendida mattinata autunnale. Prima di farmi accomodare nel suo studio mi invita ad ammirare il giardino sul retro della casa, caratterizzato in egual misura da bellezza e disordine, mi mostra alcune stampe che riproducono scorci di citta' italiane, e quella che definisce la "galleria": un insieme di fotografie di persone care e disegni realizzati dai nipoti. E' impressionante la scioltezza di movimenti con cui sembra negare i suoi ottantadue anni di eta', e la squisita gentilezza dell'approccio contrasta con la convinzione di idee proclamate con un'umile, ma assoluta fermezza. Ha accettato di discutere immediatamente del suo rapporto personale con la religione, e appare colpita dalla scelta del tema. "E' un argomento di grandissima attualita'", mi dice con il sorriso di chi vuole capire se si puo' fidare del proprio interlocutore, "ma non mi e' mai capitato di parlarne direttamente in un'intervista. In genere si discute di libri, di politica o di cose molto piu' superficiali". * - Antonio Monda: Non le sembra strano? - Paula Fox: Certamente. Ma non puo' sottovalutare il fatto che si tratta di un dato privato. * - Antonio Monda: Che tuttavia non si puo' negare in pubblico... - Paula Fox: Un conto e' negare, un conto e' vivere in maniera personale. * - Antonio Monda: Credo che sia giunto il momento di chiederle se crede. - Paula Fox: No, non credo. E soprattutto non credo all'immagine comune di Dio, maschile. * - Antonio Monda: Ha un'immagine particolare? - Paula Fox: Non essendo credente, non posso averla, ma devo aggiungere, per rispondere ancora alla precedente domanda, che credo nel mistero e nella bellezza. Ed entrambe le cose possono trovare una raffigurazione. Ritengo che quello che viene definito Dio sia la risposta che ognuno di noi si da' per obbedire a una propria legge interiore. * - Antonio Monda: Mi parli della sua educazione religiosa. - Paula Fox: Mia madre era una cubana di origine spagnola, che discendeva direttamente da un rappresentante della Santa Inquisizione, di nome Felix Del Camino. Ritengo che questo suo antenato l'abbia portata a un atteggiamento di totale distacco dalla fede, e per quanto mi riguarda ha contribuito a farmi vedere con ostilita' ogni forma di fondamentalismo. Anche mio padre era ateo, per quanto di educazione protestante, cosi' come mio nonno. Ma in entrambi ricordo qualita' di solidarieta' e condivisione che definisco senza problema spirituali. * - Antonio Monda: Quale e' stato il suo primo incontro con la religione? - Paula Fox: Sono stata allevata sino a cinque anni e mezzo da un ministro protestante congregazionalista. Vivevamo in una grande casa sull'Hudson a diciassette miglia dalla chiesa, e ricordo i viaggi in macchina verso il luogo dove celebrava le funzioni religiose. Era un uomo meraviglioso e molto divertente, al quale devo molto. Mi lasciava giocare nel suo studio mentre preparava i sermoni, e ricordo che una volta riuscii a convincerlo a parlare in chiesa della forza delle cascate. * - Antonio Monda: Non sentiva di credere neanche in quel periodo in cui frequentava la chiesa? - Paula Fox: C'e' stato un momento in cui ho avuto un'infatuazione mistica, che e' durata per qualche mese. Avevo circa dieci anni e cominciai anche a cantare nel coro della chiesa, poi uno stupido incidente mi fece passare l'entusiasmo: un ragazzo aveva incollato con un chewing gum le pagine degli spartiti. Ritengo che quella crisi abbia rappresentato un segno evidente del fatto che non si trattasse di qualcosa di molto serio. Ricordo che in quel periodo vivevo in una condizione di esaltazione e felicita'. Ma posso dirle che mi e' capitato di vivere quella stessa condizione, che considerassi o meno la presenza di Dio. * - Antonio Monda: Cosa le piace tuttora della religione? - Paula Fox: Amo l'esaltazione del perdono, dell'umilta' e la comprensione della fragilita' umana. Pochi giorni fa mi e' capitato di urtare accidentalmente un uomo che era venuto a fare delle consegne. Quando mi sono scusata mi ha risposto: "Non chieda mai scusa: e' un segno di debolezza". Non so se volesse essere gentile e cercasse di non farmi sentire in imbarazzo, ma credo che una concezione del genere sia profondamente priva di ogni educazione religiosa. * - Antonio Monda: Come ha reagito? - Paula Fox: Ho cercato di replicare con garbo dicendogli: "Al contrario: chiedere scusa e' un segno di forza". Ma voglio continuare a dirle cosa amo della religione: le chiese, e in particolare le cattedrali. E amo l'arte sacra, in particolare il Cinquecento e Seicento. Non posso sentire Bach senza pensare che era un organista e che gran parte delle sue composizioni sono sacre. E ascoltando la sua musica provo innanzitutto una grande gioia. Ultimamente sono stata ad Assisi, e credo che sia impossibile anche per il piu' inveterato ateo non provare qualcosa di particolare e indefinibile. Per quanto mi riguarda, quando visitavo la Porziuncola, con il monte Subasio di fronte che si indorava al tramonto, ho sentito di trovarmi di fronte al mistero. Provando queste sensazioni mi dico che la religione puo' rappresentare il piu' alto livello per cercare di avere una risposta agli interrogativi a cui ci sottopone l'esistenza. * - Antonio Monda: Come considera coloro che credono? - Paula Fox: Ne ho il massimo rispetto, come ce l'ho per tutti coloro che ricercano. Uno dei miei migliori amici e' una persona che ha studiato in seminario, il quale ha poi deciso di non diventare sacerdote ma non ha mai perso la fede. Con lui abbiamo delle lunghissime conversazioni sul senso della vita, e non me la sento di dire che lui sia in errore. Mi spaventano invece i Cristiani Rinati e i fondamentalisti, che cercano di imporre la loro visione del mondo negando anche le piu' ovvie verita' scientifiche. Credo che in realta' il loro sia un atteggiamento pericoloso, e anche lontano dalla religione. * - Antonio Monda: Per un'atea come lei chi e' un leader religioso? Un impostore? - Paula Fox: No, assolutamente. Ad esempio provo una grandissima considerazione per il Dalai Lama. E ho ammirato enormemente Giovanni Paolo II: in entrambi ho sentito l'onesta' e la forza delle loro convinzioni religiose. Certo, la storia di ogni religione ha proposto anche esempi disastrosi, e non voglio neanche prendere in considerazione le sette che proliferano in questo paese. Ma quelle hanno poco a che fare con la religione. * - Antonio Monda: Come si pone nei confronti degli artisti nei quali e' imprescindibile l'elemento religioso? - Paula Fox: Le rispondo che tra i miei artisti preferiti, in due campi completamente diversi, ci sono Flannery O'Connor, e Domenikos Theotokopoulos, cioe' El Greco. Mi commuove la loro dedizione assoluta nei confronti di qualcosa che ritenevano superiore a loro. * - Antonio Monda: Non ha mai avuto un'immagine di Dio neanche nel suo breve momento "religioso"? - Paula Fox: Era un'immagine del tutto vaga. Oggi ritengo che sia assolutamente irrispettoso personalizzare e rendere umano qualcosa che non conosciamo ne' possiamo comprendere. Credo infatti che ogni cosa sia Dio: e' il nome di qualcosa che io non capisco come non puo' capire nessuno. Credo che Dio, o quello che i credenti definiscono Dio, sia in ogni aspetto della natura: nelle giraffe, nella mia gatta Lucy, e persino negli scarafaggi. * - Antonio Monda: Cosa succedera' dopo la morte? - Paula Fox: Il futuro e' fatto di ceneri, vermi e ossa. Mi viene in mente l'intuizione di Walt Whitman in Foglie d'erba, con le generazioni che vanno avanti e si susseguono. Personalmente non riesco a immaginare un paradiso: per quanto provi sincero rispetto per chi crede, ritengo che si tratti di un'idea infantile. * - Antonio Monda: Esiste qualcosa nei confronti della quale si pone in un atteggiamento di fede? - Paula Fox: La verita'. Ritengo che cercare la verita' sia quello che rende la vita sopportabile. Qualche tempo fa, mentre correggevo un manoscritto, ho avuto un'illuminazione, e da quel momento ho giurato a me stessa che ogni cosa prodotta dalla sottoscritta avrebbe dovuto essere sincera, compresi gli articoli e le congiunzioni. * - Antonio Monda: Lei vive in un paese che si dichiara al novanta per cento credente in Dio. - Paula Fox: E' un numero straordinario, ma le sottopongo anche una statistica secondo la quale il sessanta per cento degli americani ritiene che il sole giri intorno alla terra. * - Antonio Monda: Mi perdoni, ma cosa c'entra la fede con l'ignoranza? - Paula Fox: E' una domanda legittima per un credente, ma non per un'atea. Per tornare alla questione che ha posto, io mi considero a casa in questo quartiere, ma un'estranea in questo paese. * - Antonio Monda: Ritiene che gli Stati Uniti stiano vivendo una deriva fondamentalista? - Paula Fox: Deriva e' forse un termine eccessivo, ma e' certo che la fede militante ha acquistato un peso che non aveva in passato, con evidenti conseguenze politiche e sociali. E voglio aggiungere da atea che mi sento of fesa quando sento utilizzare con troppa facilita' il nome di Dio per giustificare e dare forza alle proprie convinzioni. 7. LIBRI. MARILENA MENICUCCI PRESENTA "DONNA E TEOLOGIA" A CURA DI CETTINA MILITELLO [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo la seguente recensione di Marilena Menicucci al libro di Cettina Militello (a cura di), Donna e teologia. Bilancio di un secolo (Edb, Bologna, pp. 316, euro 23). Marilena Menicucci e' giornalista e scrittrice. Tra le opere di Marilena Menicucci: La Lucciolata, Fermenti Editrice, 1999; (a cura di), L'educativo creativo. Fantasia e didattica nella scuola di oggi, Valore Scuola, Roma, 2001; Kale' Kale' - storia di un'adozione, Editori Riuniti, Roma 2002; Il rosario delle nonne. Incontro con il femminile, Editori riuniti, Roma 2003. Su Cettina Militello dal sito www.teologhe.org riprendiamo la seguente scheda: "Cettina Militello e' nata a Castellamare del Golfo (Tp) il 23 luglio 1945. Ha conseguito la laurea in filosofia presso l'Universita' di Palermo nel 1968 e, presso la medesima, il Diploma di perfezionamento in filosofia morale nel 1974. Nel 1975 ha conseguito l'abilitazione all'insegnamento in scienze umane e storia. Ha conseguito la laurea in teologia presso la Pontificia Universita' Gregoriana di Roma nel 1979. La sua ricerca abbraccia l'ecclesiologia (e in essa la teologia del laicato e la teologia della vita religiosa), la mariologia, l'ecumenismo, la questione femminile, il rapporto tra architettura ecclesiologia e liturgia. Ha insegnato ecclesiologia mariologia e teologia del laicato presso l'Istituto San Giovanni Evangelista per la Sicilia Occidentale, poi Facolta' Teologica di Sicilia, dal 1975 al 1989, in qualita' di docente stabile. Dal 1990 insegna a Roma, come docente "invitato": ecclesiologia e mariologia presso la Pontificia Facolta' Teologica Marianum, antropologia ed escatologia presso la Pontificia Facolta' Teologica Teresianum, ecclesiologia e liturgia presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo, teologia della vita religiosa presso l'Istituto Claretianum della Pontificia Universita' Lateranense. Dal 2002-2003 insegna quale docente invitato escatologia presso la Facolta' Teologica dell'Italia Centrale ed e' direttrice, presso la Pontificia Facolta' Teologica Marianum, della Cattedra "Donna e Cristianesimo". In questi stessi anni ha iniziato la collaborazione con le Facolta' di architettura di Palermo (2001) e di Roma (2002) nel contesto di corsi di laurea e master afferenti l'architettura cultuale. Attualmente e' presidente della Societa' Italiana per la Ricerca Teologica (Sirt), direttore dell'Istituto "Costanza Scelfo" per i problemi dei laici e delle donne nella Chiesa, Divisione della Sirt; socia ordinaria di diverse associazioni teologiche (Ami, Apl, Ati, Afert); membro del direttivo della Pontificia Accademia Mariologica Internazionale (Pami) e del gruppo teologico misto del Sae. Ha pubblicato e curato diversi volumi. La sua collaborazione a volumi e riviste assomma a piu' di cento titoli ed abbraccia gli ambiti di ricerca gia' indicati. Tra i volumi propri: La concezione teologica del femminile secondo Giovanni Crisostomo, Excerpta ex dissertatione ad Doctoratum in Facultate Theologiae Pontificiae Universitatis Gregorianae, Palermo 1980; Donna e Chiesa. La testimonianza di Giovanni Crisostomo, EdiOftes, Palermo 1986; E Dio li creo'... Coppie straordinarie nei primi tredici secoli del cristianesimo (con C. Mazzucco e A. Valerio), Paoline, Milano 1990; Ecclesiologia, Casale Monferrato 1991; Mariologia, Piemme, Casale Monferrato 1991; Donna in questione, Assisi 1992; Il volto femminile della storia, Piemme, Casale Monferrato 1995 (tr. ted. 1997, Styria Verlag); Maria con occhi di donna, Piemme, Casale Monferrato 1999; Nostra Donna coronata di dodici stelle, Monfortane, Roma 1999; Il Giubileo e l'iniziazione cristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000; La Chiesa. Il corpo crismato, Edb, Bologna 2004] Nella raccolta di saggi sul rapporto tra donne e teologia, Lorenzo Chiarinelli, pensando al fatto che "Il cristianesimo nasce dalla parola del Risorto a Maria Maddalena", conclude: "si puo' organizzare l'oggi, lo si puo' vivere intorno al silenzio femminile? Credo proprio di no". In tutto il mondo, nei giorni di lutto per la morte di Giovanni Paolo II, che ha coinvolto milioni di persone, cattoliche e no, i mass media, fra le dettagliate notizie sulla sua vita in generale e sul pontificato in particolare, hanno sostenuto che uno dei problemi della Chiesa lasciati aperti e insoluti dal papa polacco e' quello delle donne. Perche' nella Chiesa le donne costituiscono un problema? Al quesito questo libro, che raccoglie gli atti del settimo Colloquio dell'Istituto "Costanza Scelfo" (laica palermitana, morta a cinquant'anni, mentre stava preparando la sua tesi in teologia), avvenuto nel novembre 1998, risponde perfettamente: analizza la condizione delle donne nella Chiesa e tenta appunto "Il bilancio di un secolo", prendendo la teologia come punto di riferimento. Cettina Militello, nel suo scritto introduttivo, chiarisce la complessita' di una condizione non solo banalmente contraddittoria, sostituendo la contraddizione con l'ambiguita'. La studiosa infatti, analizza come nella Chiesa le donne "stanno nell'ambiguita' di una visibilita' invisibile e di una invisibilita' visibile". Il problema esiste: "gli estensori materiali della storia sono quasi del tutto gli uomini" e alle donne "e' negata la parola sapiente", l'uomo solo viene considerato "idoneo all'autorita'" in quanto vicino alla imago Dei, mentre alle donne vengono assegnate obbedienza e sottomissione, secondo le tesi di una "minorita' della donna" e del problema teologico di una sua imbecillitas. Certo, la Chiesa fin dalle origini riconosce l'apporto delle donne e il valore di alcune come Paola, Eustochia, Marcella, Melania la Giovane, tanto che la Militello si domanda se queste abbiano prodotto teologia, sospettando "dati manipolati, traditi, cancellati". Da allora ai giorni nostri le donne hanno elaborato pensieri e una teologia "le cui categorie modificano dal di dentro il discorso maschile su Dio, declinandolo piuttosto nel suo tratto misericordioso, accogliente e materno", in alternativa alla visione androcentrica e dualista (San Tommaso, Sant'Alfonso, Sant'Agostino...) "oppositiva di anima e di corpo, che trasferita sul piano antropologico legge nell'anima, nel nous, nell'intelletto il maschile, il divino, la perfezione, mentre coglie nella fisicita' materiale, opaca e inferiore del corpo, il femminile". La teologia delle donne, pero', ha dimostrato che entrambi, uomini e donne, sono portatori dell'imago Dei e che "il nome proprio della reciprocita' (nel Dio trinitario) e' amore... il mistero stesso di Dio". Secondo la Militello "e' l'amore che finalmente mutera' il volto della Chiesa", compito delle donne credenti e piu' delle teologhe. L'introduzione e' seguita da una serie di autorevoli interventi: di Silvano Maggiani, Andrea Milano, Kari Elisabeth Borresen, Ursula King, Silvie Hauser-Borel, Valeria Ferrari Schiefer - solo per citarne alcuni; il libro ripercorre la storia del rapporto donna-teologia dall'inizio alla fine del Novecento, introducendo dentro il pensare, l'agire, il sentire e il sapere delle donne credenti: cattoliche, anglicane, ortodosse, protestanti di tutto il mondo, unite dalla passione della sapienza. Da Elena Lucrezia Corsaro Piscopia a Evelyn Underhill, da Dorothy Sayers a Ildegarda di Bingen, ogni figura citata rappresenta una pietra miliare della storia delle donne e della Chiesa... Il libro, informando sulla storia del rapporto tra la donna e la teologia, nel secolo passato, consegna ad ognuno un messaggio per il futuro che lo riguarda, perche' permettere ad ogni donna di cercare il meglio di se' nella Chiesa, significa pacificare la societa', da se stessi al mondo, preparando nuovi cieli e nuova terra, come vuole la fede in Dio e nell'umanita'. 8. RILETTURE. IRSHAD MANJI: QUANDO ABBIAMO SMESSO DI PENSARE? Irshad Manji, Quando abbiamo smesso di pensare?, Guanda, Parma 2004, pp. 256, euro 12,50. Giornalista e scrittrice, nata in Uganda, residente in Canada, Irshad Manji e' un'intellettuale musulmana femminista fortemente impegnata per una "riforma" della ricezione ed interpretazione dell'islam nel senso di una maggiore consapevolezza e coerenza col senso profondo del messaggio originario dell'islam (l'"abbandono" alla volonta' sommamente buona, l'adesione fidente al sommo bene, la scelta dell'amore che unisce, l'apertura alla nonviolenza) in opposizione alle ricezioni ed interpretazioni maschiliste e violente, intolleranti e fanatiche, autoritarie e fin criminali che ne travisano e tradiscono il messaggio di pace e di rispetto della dignita' di tutti gli esseri umani. Irshad Manji cura anche un sito: www.muslim-refusenik.com 9. RILETTURE. FATEMA MERNISSI: ISLAM E DEMOCRAZIA Fatema Mernissi, Islam e democrazia. La paura della modernita', Giunti, Firenze 2002, pp. 222, euro 12. Un'opera lucidissima e appassionante di una delle piu' grandi intellettuali viventi, femminista e musulmana. 10. RILETTURE. FRANCO RESTAINO, ADRIANA CAVARERO: LE FILOSOFIE FEMMINISTE Franco Restaino, Adriana Cavarero, Le filosofie femministe, Paravia, Torino 1999, pp. 260, lire 22.000. Ai due ampi e impegnati saggi di inquadramento scritti dai curatori (pp. 9-164), fa seguito (pp. 167-251) una sintetica ma incisiva e rappresentativa antologia di autrici particolarmente rilevanti (Mary Wollstonecraft, Virginia Woolf, Simone de Beauvoir, Betty Friedan, Kate Millett, Shulamith Firestone, Anne Koedt, Susan Brownmiller, Juliet Mitchell, Nancy Chodorow, Carol Gilligan, Luce Irigaray, Helene Cixous, Julia Kristeva, Carla Lonzi, Luisa Muraro, Adriana Cavarero, Adrienne Rich, Donna Haraway, Rosi Braidotti, Judith Butler, Christine Battersby); utile anche la bibliografia alle pp. 253-259. 11. RILETTURE. WANDA TOMMASI: I FILOSOFI E LE DONNE Wanda Tommasi, I filosofi e le donne. La differenza sessuale nella storia della filosofia, Tre Lune Edizioni, Mantova 2001, pp. 272, euro 18,07. Una ricostruzione della storia della riflessione filosofica occidentale utilizzando gli strumenti euristici del pensiero della differenza, una ricognizione di grande efficacia disvelatrice, un libro da utilizzare nelle scuole. L'autrice, come e' noto, fa parte della comunita' filosofica femminile "Diotima". 12. RILETTURE. CHIARA ZAMBONI: LA FILOSOFIA DONNA Chiara Zamboni, La filosofia donna. Percorsi di pensiero femminile, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997, pp. 160, lire 14.000. Alcune grandi pensatrici dal medioevo ad oggi, i cui ritratti l'autrice ricostruisce con grande finezza in sei capitoli (Uno sguardo diverso; Vita attiva e vita contemplativa - Trotula de Ruggiero, Ildegarda di Bingen, Margherita Porete -; Le dame francesi del Seicento; Ad occhi aperti - Simone Weil, Hannah Arendt -; Femminismo e psicoanalisi - Luce Irigaray, Julia Kristeva -; Lavori in corso), con una utile bibliografia. Anche Chiara Zamboni collabora alla comunita' filosofica femminile "Diotima". ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 52 del 23 febbraio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: La nonviolenza e' in cammino. 1215
- Next by Date: La nonviolenza e' in cammino. 1216
- Previous by thread: La nonviolenza e' in cammino. 1215
- Next by thread: La nonviolenza e' in cammino. 1216
- Indice: