Nonviolenza. Femminile plurale. 52



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 52 del 23 febbraio 2006

In questo numero:
1. Casa internazionale delle donne di Roma: Un crimine contro la persona, un
crimine politico
2. Ida Dominijanni: Trista la triste posta dell'identita'
3. Barbara Spinelli: La riforma laica cui tanti musulmani aspirano
4. Roberto Ciccarelli intervista Farian Sabahi
5. Vanna Vannuccini intervista l'ayatollah Saanei
6. Antonio Monda intervista Paula Fox
7. Marilena Menicucci presenta "Donna e teologia" a cura di Cettina
Militello
8. Riletture: Irshad Manji, Quando abbiamo smesso di pensare?
9. Riletture: Fatema Mernissi, Islam e democrazia
10. Riletture: Franco Restaino, Adriana Cavarero, Le filosofie femministe
11. Riletture: Wanda Tommasi, I filosofi e le donne
12. Riletture: Chiara Zamboni, La filosofia donna

1. RIFLESSIONE. CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE DI ROMA: UN CRIMINE CONTRO
LA PERSONA, UN CRIMINE POLITICO
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo il
seguente intervento della Casa internazionale delle donne di Roma]

Una sentenza tanto orribile da essere ripudiata dalla stessa Corte di
Cassazione e' un sintomo importante del degrado italiano in materia di
relazioni tra uomini e donne. La sentenza e' quella della terza sezione
penale della Cassazione che ha concesso le attenuanti allo stupratore di una
tredicenne.
Noi donne della Casa internazionale di Roma, esprimiamo la piu' forte
indignazione per questa vergogna. La violenza contro una minorenne
rappresenta semmai una pesante aggravante di un atto che offende non solo la
singola donna, ma tutte noi: da sempre infatti sappiamo che lo stupro e' un
crimine politico con il quale un sesso egemone afferma la sua volonta' di
possesso e di conquista del corpo femminile.
Questa sentenza e' l'ultimo atto di una serie impressionante di aggressioni
alla liberta' e alla dignita' delle donne, sintomo inquietante del clima di
volgarita' e di incultura che si e' accentuato nel nostro paese negli ultimi
anni. L'autonomia delle donne e' conquista preziosa e irrinunciabile; non
possiamo permettere che uomini colpiti da "sindrome di Lolita" si
ricompattino in una fratellanza malata.
Non siamo disposte, e lo abbiamo dimostrato, a tacere di fronte a queste
prevaricazioni; metteremo in atto tutta la nostra intelligenza e passione
perche', nonostante il degrado e lo squallore di questi tempi, si affermi
anche nel nostro paese la possibilita' di una convivenza finalmente degna di
questo nome, tra donne e uomini.

2. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: TRISTA LA TRISTE POSTA DELL'IDENTITA'
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 febbraio 2006. Ida Dominijanni,
giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia sociale
all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale femminista.
Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di liberta', Angeli,
Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania Giorgi), Si puo',
Manifestolibri, Roma 2005]

Ancora scontri e saccheggi a Bengasi per la maglietta di Calderoli. Trenta
morti e duecentotrenta feriti in Nigeria, per le vignette su Maometto e per
un atto di profanazione del corano in una scuola. Manifestazioni islamiche,
chiese cristiane incendiate e arresti in Pakistan (altro seguira', in
occasione della visita di Bush) e in Afghanistan, con gli studenti che
minacciano di arruolarsi in Al Quaeda. Fatwa di condanna a morte del
vignettista danese emanata da un tribunale islamico in India. Il quotidiano
saudita "Shams" chiuso dal ministro dell'informazione per aver riprodotto
alcune vignette, il quotidiano russo "Nash Reghion" chiuso dalla proprieta'
per la stessa ragione.
E non basta, perche' se Atene piange Sparta non ride: in Nuova Zelanda a
sentirsi offesa non e' l'islam fondamentalista ma la chiesa cattolica, e la
colpa non e' delle vignette sul Profeta ma la serie tv di cartoni animati
"South Park", gia' annullata negli Stati Uniti su pressione di un gruppo
cattolico, che fa satira (non granche' fine) su una statua della Madonna
sanguinante, donde l'invito dei vescovi a boicottare i prodotti
pubblicizzati dall'emittente.
Mentre poco piu' in la', in Australia, il primo ministro Howard da' alle
stampe un libro in cui stigmatizza la diversita' culturale degli immigrati
musulmani definendola "antagonistica e inassimilabile", e assesta cosi'
l'ennesimo colpo al multiculturalismo australiano.
Non e' lo scontro di civilta', se non nei desideri di chi lo attizza, e anzi
a saperla leggera distintamente e' una mappa del conflitto diversificata,
che spacca al suo interno il mondo islamico (e quello cristiano) e in cui
giocano fattori sociali e politici locali di segno perfino opposto. Ma certo
e' una guerriglia globale in cui le religioni hanno ormai conquistato un
ruolo simbolico e politico primario, e da comprimarie giocano sulla scena
politica contrattando con i governi fatwe, liberta' d'espressione, limiti
etici ed estetici. Ed e' - si badi - una guerriglia tutta interna al campo
politico e culturale che nel lessico politico occidentale corrisponde alla
destra, e che in termini globali sarebbe piu' preciso definire come il campo
che ha per posta in gioco principale quella dell'identita'.
Per ragioni identitarie il quotidiano danese (di destra) pubblica quelle
vignette, per ragioni identitarie gli islamici fondamentalisti si sollevano
per ogni dove. Per ragioni identitarie Howard stigmatizza gli immigrati
islamici (inventandosi un'identita' australiana che non c'e', essendo a sua
volta una stratigrafia di identita' ridisegnate e reimmaginate dalle
immigrazioni di due secoli); per ragioni identitarie Calderoli brandisce la
sua maglietta contro gli immigrati islamici in Italia come l'aglio contro le
streghe, e lungi dal battersi il petto incassa il risultato dei morti di
Bengasi per la campagna elettorale identitaria che la Lega si appresta a
fare associando alla ricerca dell'identita' perduta padana quella siciliana.
*
Quattro anni e mezzo dopo l'11 settembre ovunque nel mondo si va facendo
chiaro che il conflitto non e' fra due civilta' ma fra una politica
dell'identita' e una politica non identitaria, ovvero declinata sulla
differenza e capace di mettere in relazione le differenze.
Solo che mentre le destre e i fondamentalisti sull'identita' hanno le idee
chiare e le armi affilate, sulla/e differenza/e le sinistre e i laici hanno
le idee confuse e l'argomento unico della tolleranza, che e' un argomento
dai confini incerti (chi e in base a che ne decide le soglie?) e sempre a
rischio di sfumare o nell'indifferenza per l'altro o nell'assimilazione
dell'altro.
Senza affrontare questo problema che da' il timbro al mondo presente, e'
inutile sperare in qualsivoglia palingenesi elettorale. Com'e' stato inutile
affidarsi alla mitologia europeista, se sotto il sorriso delle vignette e'
pronta a riemergere del vecchio continente piu' la radice delle guerre di
religione che quella del sincretismo etnico e culturale.

3. RIFLESSIONE. BARBARA SPINELLI: LA RIFORMA LAICA CUI TANTI MUSULMANI
ASPIRANO
[Dal quotidiano "La stampa" riprendiamo il seguente intervento. Barbara
Spinelli e' una prestigiosa giornalista e saggista; tra le sue opere
segnaliamo particolarmente Il sonno della memoria, Mondadori, Milano 2001,
2004; una selezione di suoi articoli e' in una sezione personale del sito
del quotidiano (www.lastampa.it)]

Visto che ormai comincia a farsi strada la verita' sulla guerra delle
caricature, conviene domandarsi perche' si e' acceso un si' grande incendio,
e quel che gli incendiari si propongono. Dodici vignette pubblicate mesi fa
in Danimarca hanno offeso un certo numero di associazioni musulmane danesi,
per motivi comprensibili e umani. Queste associazioni hanno avuto
l'impressione, vedendo raffigurato il profeta con una bomba sul capo al
posto del turbante, che la loro religione fosse considerata terrorista. Si
sono rivolti dunque alla giustizia, e hanno intentato una causa per
diffamazione e blasfemia.
Ma col passare dei mesi l'affare e' passato dalle loro mani a quelle di chi
l'Islam lo usa a fini ideologici e geopolitici, e sono costoro che oggi
parlano per tutti. L'integralismo non aveva alcun interesse a imboccare le
vie legali offerte dalla democrazia alle minoranze, e si e' dunque rivolto
agli estremisti arabi perche' reagissero con fatwe di morte, boicottaggi
commerciali, incendi di ambasciate, intimidazioni. Questo estremismo e'
minoritario nell'Islam ma parla a voce talmente alta da sembrare fortissimo
e rappresentativo. Il suo esponente in Danimarca e' l'imam Abu Laban, noto
in Europa e Italia per le opinioni favorevoli al terrorismo.
Abu Laban si e' dato da fare per creare due immagini utili all'islamismo
radicale: l'immagine di una guerra di civilta' con la democrazia, e
l'immagine di 1,2 miliardi di musulmani identificati con l'integralismo. E'
ovvio che alcuni Stati o gruppi sono oggi particolarmente interessati a
questa raffigurazione (Siria, Iran di Ahmadinejad, Hezbollah in Libano,
Hamas in Palestina): non perche' si sentono forti, ma perche' abbisognano di
diversivi. L'immagine e' tuttavia totalmente falsa. La minoranza violenta
non e' rappresentativa dell'Islam, e soprattutto non dell'Islam in Europa.
Le associazioni musulmane in Germania lo hanno detto: "La liberta'
d'espressione e' intangibile in Europa", "La reazione alle vignette
aggredisce soprattutto noi". Il piu' chiaro e' stato Amir Taheri,
scrittore-riformatore iraniano vivente in Europa: "Che il mondo islamico non
sia abituato a ridere della religione e' vero, ma solo se lo limitiamo a
Fratelli Musulmani, salafiti, Hamas, Jihad islamico, Al Qaeda. Tutte queste,
pero', sono organizzazioni politiche mascherate da movimenti religiosi, non
rappresentano l'Islam, cosi' come il partito nazista non era l'unica
espressione della cultura tedesca". ("Wall Street Journal", 8 febbraio).
Questa minoranza ha dunque come vero bersaglio l'Islam emigre'. Vuol mettere
a tacere ogni sua critica, ogni desiderio di riformare il rapporto con i
testi sacri, con la legge coranica (sharia), con la politica.
E' ostile alle liberta' dell'individuo, perche' l'individuo spezza
l'appartenenza comunitarista e religiosa. Sa che in Europa l'Islam e'
influenzato da quel che fonda l'identita' europea: la separazione fra
politica e religione, la preminenza dell'individuo-cittadino sulle comunita'
d'appartenenza. La maggior parte degli europei in queste settimane ha
reagito in maniera laica, molto piu' dell'America che alla laicita' e' meno
sensibile. Non e' un caso che Bush sia molto critico delle vignette.
Entrando in guerra contro l'Iraq, egli ha esacerbato il terrorismo
integralista, voluto lo scontro di civilta', e scelto il radicalismo come
solo interlocutore.
*
La riforma laica cui tanti musulmani aspirano: questo e' il nemico degli
zeloti islamici. E' tale nemico che va intimidito, e i riformatori ne sono
coscienti. Tra loro Magdi Allam, di origine egiziana, vicedirettore del
"Corriere". Un suo recente articolo ricorda come l'iconoclastia (divieto
delle immagini) non sia iscritta nel Corano ma solo nei detti (hadith) del
profeta. In un altro articolo enumera le voci critiche e i siti alternativi
(tra cui Middle East Transparent e www.kikah.com, cui aggiungiamo
muslim-refusenik.com e www.qantara.de). Un altro esempio e' Samir Kassir, il
giornalista libanese assassinato nel 2005: la piu' grande infelicita' araba,
egli dice, e' nel rifiuto di venirne fuori (L'infelicita' araba, Einaudi).
Secondo Raja Ben Salama, letterato tunisino, l'Islam violento e' un Islam
morente, che reagisce con bombe a una mosca. Questi riformatori sono
raramente ascoltati. L'Occidente preferisce negoziare con le avanguardie
estreme, e questo lo rende cieco alle diversita'-metamorfosi dell'Islam.
Faticano specialmente le sinistre, perche' il loro multiculturalismo da'
piu' spazio ai collettivi che alla persona. L'Islam riformatore respinge la
versione bellica del gihad (gihad e' anche "sforzo per frenare le proprie
tendenza malvagie"). Rispetta il Corano ma vuole resuscitare il Ijtihad, che
e' la meditazione personale e razionale sulle Scritture, praticata agli
inizi.
"Verso la fine dell'XI secolo", scrive l'ugandese Irshad Manji, "le porte
del Ijtihad si sono chiuse e il pensiero indipendente si e' spento". E' ora
che venga riacceso, e i riformatori sostengono che l'Islam europeo iniziera'
tale Rinascimento. Rinascimento vuol dire anche domandarsi se vignette
simili sarebbero apparse, se non esistesse quel che e' stato fatto in nome
di Mohammad: l'11 settembre, le decapitazioni esibite in tv, i kamikaze. Per
aver avanzato questo dubbio il giornalista giordano Momani e' stato
incarcerato. Nel settimanale "Shihane" si era chiesto: "Cos'e' piu' dannoso
per l'Islam: queste caricature, o le immagini di sequestratori che sgozzano
gli ostaggi davanti alle telecamere?".
*
Tutte queste cose gli estremisti le sanno, le temono. Tanto piu' importante
e' che l'atteggiamento cambi in Europa. Che i riformatori musulmani
divengano protagonisti dei dibattiti cittadini che dovremo pur sempre
avviare, con 15 milioni di islamici europei. Che il dibattito non venga
delegato al dialogo inter-religioso, perche' raramente le Chiese risolvono
le dispute tra monoteismi e tutte, oggi, sono interessate a contare di piu'
in politica. La laicita' e' la risposta alle dispute, e in questi giorni
l'Europa scopre che e' forse qui la sua identita'. Un'identita' che ha
radici cristiane, ma che non saranno i cristiani da soli a poter governare.

4. RIFLESSIONE. ROBERTO CICCARELLI INTERVISTA FARIAN SABAHI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 febbraio 2006.
Roberto Ciccarelli (Bari, 1973) svolge attivita' di ricerca presso
l'Istituto Universitario Orientale di Napoli; e' autore di vari saggi. Tra
le sue pubblicazioni: con Marino Centrone, Pensare la differenza, Levante,
Bari 1999; (a cura di), Inoperosita' della politica, DeriveApprodi, Roma
1999.
Farian Sabahi, storica, saggista, giornalista, docente di storia dell'Iran
contemporaneo all'Universita' di Ginevra, docente al master
sull'immigrazione dell'Universita' Bocconi di Milano; collabora a "Il Sole -
24 Ore", "Diario", di Radio Svizzera, Radio24 e Radio Popolare. Tra le opere
di Farian Sabahi: Storia dell'Iran, Bruno Mondadori, Milano 2003; Islam:
l'identita' inquieta dell'Europa, Il Saggiatore, Milano 2006]

Dare l'opportunita' ai musulmani europei di vivere la laicita' dell'Europa.
E' l'invito di Farian Sabahi, docente alla Bocconi di Milano e al master in
diritti umani a Siena, collaboratrice del "Sole - 24 ore" e della Radio
Svizzera, ospite abituale dell'"Infedele" di Gad Lerner su La7 e autrice di
Islam: l'identita' inquieta dell'Europa (Il Saggiatore, pp. 327, euro
17,50), un viaggio a meta' tra il reportage e l'analisi sui musulmani, di
antica e di recente immigrazione, che vivono nel vecchio continente. "Questo
libro e' nato - racconta - da una collaborazione con la radio svizzera di
lingua italiana. Ero l'unica giornalista della radio di origini musulmane e
come tale potevo entrare nelle moschee".
*
- Roberto Ciccarelli: Lei e' figlia di un musulmano iraniano e di una donna
italiana. Che rapporto ha con i precetti della sua religione?
- Farian Sabahi: Mio padre non mi ha mai fatto mettere il velo. Ne' a me ne'
a mia madre. Nemmeno alle mie zie iraniane che negli anni Settanta seguivano
la moda italiana e francese e amavano le dive del cinema. Il velo era un
lontano ricordo di famiglia: se lo metteva mia nonna per uscire, piu' per
tradizione che per un obbligo sociale.
*
- Roberto Ciccarelli: Il velo pero' sembra essere diventato da alcuni anni
l'ossessione di alcuni stati europei, come quello francese, che professano
la laicita' della vita pubblica e proibiscono, ricorrendo a leggi
specifiche, l'esibizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici.
- Farian Sabahi: In Francia la comunita' musulmana ha accettato questa legge
per il "principio di necessita'", per arrivare cioe' ad un compromesso con
lo stato e favorire l'integrazione attraverso l'istruzione. In un certo
senso sono d'accordo con il sistema francese: nessuna ostentazione dei
simboli religiosi e rispetto della laicita' della vita pubblica.
*
- Roberto Ciccarelli: Anche recentemente, in occasione della vicenda delle
vignette satiriche, l'Islam europeo e' stato usato a fini ideologici e
politici per giustificare uno scontro di civilta' tra l'integralismo
musulmano e la laicita' europea. Lei ha intervistato Dalil Boubakeur, il
rettore della Grande Moschea di Parigi, favorevole ad un Islam illuminato
ispirato al dialogo e alla tolleranza, il quale pensa che in Europa sia in
atto un conflitto contro l'integralismo islamico di diverse origini, dal
wahhabismo ad altre correnti. Lei che ne pensa?
- Farian Sabahi: In Europa e' solo una minoranza a riconoscersi nelle
espressioni politicizzate e radicali dell'Islam. In un recente sondaggio
condotto in Francia, l'80% dei musulmani francesi intervistato ha dichiarato
che non e' praticante, e una percentuale ancora superiore non frequenta le
moschee. Questo dato non cancella tuttavia il sentimento di appartenenza
identitaria e culturale all'Islam. Sempre piu' spesso, infatti, si
incontrano persone che, come Iqbal, un ragazzo residente del Regno Unito che
ho intervistato, sostengono: "io non sono praticante, ma sono un musulmano
come tanti inglesi dalla pelle bianca che non vanno in Chiesa, ma che si
riconoscono nella Chiesa d'Inghilterra".
*
- Roberto Ciccarelli: Ma allora chi e' il "musulmano europeo"? Da quanto le
ha raccontato Tariq Ramadan, intellettuale ginevrino di grido, madrelingua
francese e popolarissimo nelle comunita' musulmane, significa essere "un
europeo di cultura e un musulmano di religione", senza che la cultura e la
religione entrino in conflitto. Sembra una definizione ragionevole, anche se
nel suo libro Ramadan viene definito "ambiguo". Perche'?
- Farian Sabahi: Tariq Ramadan afferma che non c'e' costrizione nella
religione citando un verso coranico e poi sostiene che il velo e'
obbligatorio.
*
- Roberto Ciccarelli: Un'ambiguita' che, nel caso di suo fratello Hani, non
sembra esistere affatto. Allontanato dall'insegnamento per avere sostenuto
il valore della lapidazione delle donne colpevoli di adulterio, Hani Ramadan
ha accusato le autorita' di attentare alla sua liberta' di espressione.
- Farian Sabahi: La vicenda di Hani Ramadan dimostra che, come ha sostenuto
Boubakeur, per rendere compatibili Islam e democrazia e' necessario abrogare
quei precetti coranici che discriminano la donna e i non musulmani. O almeno
allontanarsi da un'interpretazione letterale delle scritture.
*
- Roberto Ciccarelli: Eppure, nell'Islam europeo, dalla Turchia alla Francia
all'Italia, come anche lei scrive nel libro, esistono donne acculturate,
giovani, che indossano il velo ma non rinunciano alla loro liberta' e la
considerano compatibile con la religione.
- Farian Sabahi: Sostengo da anni che la via per sfuggire alla deriva
fondamentalista e' l'istruzione. In occasione della pubblicazione di un
rapporto sulle comunita' musulmane in Svizzera, ho chiesto a Hani Ramadan di
farmi conoscere una donna musulmana osservante. Lui mi ha presentato la
sorella che mi ha ricevuta in casa sua con il velo integrale. Quando ha
capito le mie origini musulmane mi ha aggredita perche' non indossavo il
velo. Io vestivo un tailleur-pantalone, un foulard attorno al collo che non
mi copriva i capelli. Occupandomi di queste cose per il mio lavoro
universitario, ho avuto la prontezza di riflessi di risponderle "Cara
signora, le donne non sono tenute a portare il velo anche in casa in assenza
di uomini".
*
- Roberto Ciccarelli: Suo padre e' immigrato dall'Iran in Italia nel 1961
per studiare medicina a Bologna. Veniva da un paese in cui la borghesia era
ancora laica e secolarizzata. E' la sua origine sociale che le ha consentito
di prendere le distanze da una lettura rigida del Corano?
- Farian Sabahi: L'esperienza di immigrazione di mio padre e' molto diversa
dalla maggioranza delle persone che ho incontrato. Io sono cresciuta in una
famiglia dell'alta borghesia piemontese. Ciononostante il mio processo di
integrazione non e' stato facile.
*
- Roberto Ciccarelli: Vuol dire che l'estrazione sociale non le ha evitato
quella che il sociologo algerino Abdelmalek Sayad ha definito la "doppia
assenza": sentirsi nel posto sbagliato, spaesata, in Italia come nel paese
di origine del padre.
- Farian Sabahi: Ho avuto la cittadinanza italiana pochi mesi prima di
compiere diciotto anni, mentre mia madre l'ha persa per avere sposato uno
straniero. Per dieci anni e' stata privata del passaporto italiano e dei
suoi diritti politici a causa della legge che all'epoca vigeva in Italia.
*
- Roberto Ciccarelli: E il rapporto con suo padre?
- Farian Sabahi: Le faccio un esempio. Facevo parte di un reparto misto
degli scout. Mio padre sosteneva che non potevo passare la notte in una
tenda in promiscuita' con dei ragazzi. Mi veniva a prendere la sera, e
tornavo al campo il mattino dopo. Se negli anni Settanta ci fosse stato in
Italia un Tariq Ramadan che diceva: niente tenda per le ragazze musulmane,
come oggi dice in Svizzera niente ora di piscina con i ragazzi, la mia vita
sarebbe stata piu' complicata. Per questo dico di essere favorevole al
modello francese d'integrazione: niente velo per le ragazze. Ripeto: la cosa
piu' importante e' l'istruzione, l'apprendimento della lingua, insomma una
progressiva integrazione. Come ha detto il profeta in un celebre detto:
"l'istruzione va cercata anche in Cina".
*
- Roberto Ciccarelli: Nei giorni scorsi il Consiglio di Stato ha ribadito
che il crocifisso deve rimanere nelle aule perche' "e' un simbolo idoneo ad
esprimere l'elevato fondamento dei valori civili". Cosa ne pensa?
- Farian Sabahi: Io non voglio che mio figlio incontri docenti che vogliono
fare proselitismo, ne' a favore dell'Islam ne' di Comunione e Liberazione.
Quando sara' il momento lo mandero' alla scuola francese di Torino perche'
non voglio il crocifisso in aula.

5. DOCUMENTAZIONE. VANNA VANNUCCINI INTERVISTA L'AYATOLLAH SAANEI
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo pressoche' integralmente la seguente intervista apparsa sul
quotidiano "La Repubblica" del 16 febbraio 2006. Vanna Vannuccini, tra le
fondatrici di "Effe", una delle prime riviste femministe italiane; inviata
speciale de "la Repubblica", e' stata per molti anni corrispondente dalla
Germania, da anni e' corrispondente dall'Iran. Tra le Opere di Vanna
Vannuccini: Donne e terrore, Rowohlt 1979; Quarant'anni in faccia, Rizzoli,
Milano 1982; (con Francesca Predazzi), Piccolo viaggio nell'anima tedesca,
Feltrinelli, Milano 2004, 2005; di prossima pubblicazione: Rosa e' il colore
della Persia. Il sogno perduto di una democrazia islamica, Feltrinelli,
Milano (data di pubblicazione prevista: marzo 2006)]

L'ufficio del Grande Ayatollah Saanei e' quasi un santuario: i pellegrini
arrivano da ogni parte del mondo, perfino dalla Cina, consegnano le loro
domande in lettere sigillate e aspettano le risposte; gli studenti vengono a
far lezione, i mullah snocciolano il tasbih memorizzando il Corano e un
addetto distribuisce una tazza di te' dopo l'altra a tutti i presenti. Il
Grande Ayatollah e' una delle massime autorita' dello sciismo. Nella sala
dove riceve una cornice dorata racchiude le parole che Khomeini pronuncio'
su di lui: "Un uomo dotto, devoto, diligente. L'ho allevato come un figlio.
Sono sempre stato colpito dal suo eloquio e dalla sua conoscenza". Le fatwa
di Saanei hanno avuto un'eco in tutto il mondo islamico: quelle relative
all'uguaglianza di uomo e donna ("la legge coranica non permette
discriminazioni di razza, sesso o etnia"), alla musica ("non e' proibita a
meno che non deturpi l'islam"), alle questioni legate ai diritti umani. "Non
sono opinioni" precisa. "Sono posizioni che dimostro logicamente partendo
dai testi sacri". Saanei ha dedicato la gran parte dei suoi studi alla
metodica chiarificazione dei principi dell'islam. Netta la sua posizione
contro gli attentati suicidi, e ben lontana dall'esaltazione del martirio
che ne viene fatta. La espresse chiaramente anche subito dopo le bombe che
colpirono Londra la scorsa estate e lo ribadisce oggi: "Gli attacchi suicidi
sono proibiti nell'islam cosi' come e' proibito il suicidio. Entrambi sono
ammessi solo sul campo di battaglia". Cosi' come la condanna del terrorismo:
"Terrorismo significa uccidere di nascosto, e questo e' sempre proibito.
Purtroppo viene praticato oggi in nome dell'islam, ma resta proibito".
*
- Vanna Vannuccini: Come giudica la reazione del mondo islamico alle
famigerate caricature pubblicate dal giornale danese, la considera
proporzionata o eccessiva?
- Saanei: Chi mostra il Profeta in veste di terrorista di fatto si allea con
il terrorismo perche' ne favorisce la diffusione. Le caricature sono
diventate un perfetto alibi per i fondamentalisti che dicono: vedete, sono
nemici dell'islam, abbiamo ragione a combatterli. Chi ha disegnato le
caricature - o e' stato manipolato per disegnarle - dovrebbe essere punito
secondo la legge per incitamento al terrorismo. Una volta risvegliate le
emozioni, tanto piu' quando c'e' chi nel mondo islamico aiuta a tenerle
sveglie e le strumentalizza, e' molto difficile riportarle sotto controllo.
Gli attacchi alle ambasciate e le violenze di questi giorni sono totalmente
sbagliate, ma e' difficile contenerle. Se i responsabili delle caricature
fossero stati puniti per incitazione alla violenza sarebbe stato tolto ai
fondamentalisti l'alibi per le loro strumentalizzazioni.
*
- Vanna Vannuccini: Come liberare le religioni dai fondamentalisti?
- Saanei: Il fondamentalismo nella storia dell'islam e' un fenomeno recente.
C'era stato al tempo di Ali, che fu ucciso da un terrorista, ma poi e' stato
raro. Non possiamo guardare alla storia dell'islam per trarne una lezione,
percio' ritengo di dover parlare ai media, per far capire alle masse quanto
la verita' sia spesso manipolata.
*
- Vanna Vannuccini: Si puo' pensare che le religioni contengano in se' un
germe di violenza in quanto pretendono di essere in possesso di una verita'
assoluta?
- Saanei: Io non sento in me il germe di nessuna violenza, questo glielo
posso garantire, e non lo vedo nel Corano. Riconosco pero' che di un
principio fondamentale, il concetto di infedele, kuffar, e' stata data nel
mondo islamico un'interpretazione completamente sbagliata. Alcuni hanno
definito infedele, empio, chi non e' musulmano - sono perfino arrivati a
dire che chi non e' musulmano non e' un essere umano. Da questa falsa
interpretazione derivano gli articoli del Codice civile o penale che
riguardano, ad esempio, il fatto che un non musulmano non possa ereditare da
un musulmano, oppure che una donna musulmana non possa sposare un non
musulmano. Tutto sbagliato. Kuffar, empio, indica non chi ha un'opinione
diversa dai musulmani ma chi, pur sapendo che l'islam e' nel giusto, si
adopera perche' questa verita' venga nascosta. Io ho dedicato gran parte dei
miei studi a questa questione, l'ho dimostrata logicamente e posso dire che
tutte le opinioni hanno diritto di esistenza: siano esse di cristiani,
ebrei, marxisti. Ogni opinione va rispettata. Il valore dell'individuo e'
alla base dei diritti umani, per questo dico che non solo l'islam e'
compatibile con i diritti umani ma che essi sono il suo fondamento.
L'empieta', ripeto, e' altro: e' la volonta' di impedire all'islam di
esprimere la propria verita' anche quando sappiamo che e' corretta.
*
- Vanna Vannuccini: Quale dovrebbe essere il rapporto tra Stato e religione?
- Saanei: I cittadini devono poter amare il loro Stato. Lo Stato deve avere
la loro adesione.
*
- Vanna Vannuccini: Non e' cio' che s'intende per democrazia?
- Saanei: E' di piu'. La democrazia ha bisogno di consenso, io parlo di
amore (...). Ma quando i cittadini non amano piu' il loro Stato questo perde
automaticamente ogni legittimita' (...).

6. RIFLESSIONE. ANTONIO MONDA INTERVISTA PAULA FOX
[Dal quotidiano "Liberazione" del 21 febbraio 2006 riprendiamo la seguente
conversazione sulla religione con la scrittrice newyorkese, recentemente
pubblicata in un libro che raccoglie interviste a varie personalita' del
mondo intellettuale statunitense, a cura di Antonio Monda, Tu credi?
Conversazioni su Dio e la religione (Fazi Editore, Roma 2006, pp. 150, euro
14).
Antonio Monda insegna sceneggiatura e regia presso il Film Department della
New York University, collabora alle pagine culturali del quotidiano "La
Repubblica", e' critico cinematografico per "La Rivista dei Libri/The New
York Review of Books"; ha curato retrospettive ed esposizioni per il Museum
of Modern Art, il Solomon Guggenheim Museum, il Lincoln Center di New York e
la National Gallery di Washington; ha diretto numerosi documentari ed un
lungometraggio intitolato Dicembre, presentato al Festival di Venezia. Tra
le opere di Antonio Monda: La magnifica illusione. Un viaggio nel cinema
americano, Fazi, Roma2003; The Hidden God, MoMA, New York 2004; Tu credi?
Conversazioni su Dio e la religione, Fazi, Roma 2006.
Paula Fox, scrittrice statunitense, e' nata a New York nel 1923, abbandonata
in orfanotrofio e poi adottata, ha avuto una vita colma di peripezie, e'
autrice di vari libri, anche per ragazzi. Tra le opere di Paula Fox: Festa
di compleanno, Mondadori, Milano 1999; Il volo dell'aquilone, Mondadori,
Milano 2003; Quello che rimane, Fazi, Roma 2003; Il gatto con un occhio
solo, Mondadori, Milano 2004; Il silenzio di Laura, Fazi, Roma 2004;
Cercando George, Fazi, Roma 2005]

Paula Fox mi riceve nella sua brownstone di Clinton Street in una splendida
mattinata autunnale. Prima di farmi accomodare nel suo studio mi invita ad
ammirare il giardino sul retro della casa, caratterizzato in egual misura da
bellezza e disordine, mi mostra alcune stampe che riproducono scorci di
citta' italiane, e quella che definisce la "galleria": un insieme di
fotografie di persone care e disegni realizzati dai nipoti. E'
impressionante la scioltezza di movimenti con cui sembra negare i suoi
ottantadue anni di eta', e la squisita gentilezza dell'approccio contrasta
con la convinzione di idee proclamate con un'umile, ma assoluta fermezza. Ha
accettato di discutere immediatamente del suo rapporto personale con la
religione, e appare colpita dalla scelta del tema. "E' un argomento di
grandissima attualita'", mi dice con il sorriso di chi vuole capire se si
puo' fidare del proprio interlocutore, "ma non mi e' mai capitato di
parlarne direttamente in un'intervista. In genere si discute di libri, di
politica o di cose molto piu' superficiali".
*
- Antonio Monda: Non le sembra strano?
- Paula Fox: Certamente. Ma non puo' sottovalutare il fatto che si tratta di
un dato privato.
*
- Antonio Monda: Che tuttavia non si puo' negare in pubblico...
- Paula Fox: Un conto e' negare, un conto e' vivere in maniera personale.
*
- Antonio Monda: Credo che sia giunto il momento di chiederle se crede.
- Paula Fox: No, non credo. E soprattutto non credo all'immagine comune di
Dio, maschile.
*
- Antonio Monda: Ha un'immagine particolare?
- Paula Fox: Non essendo credente, non posso averla, ma devo aggiungere, per
rispondere ancora alla precedente domanda, che credo nel mistero e nella
bellezza. Ed entrambe le cose possono trovare una raffigurazione. Ritengo
che quello che viene definito Dio sia la risposta che ognuno di noi si da'
per obbedire a una propria legge interiore.
*
- Antonio Monda: Mi parli della sua educazione religiosa.
- Paula Fox: Mia madre era una cubana di origine spagnola, che discendeva
direttamente da un rappresentante della Santa Inquisizione, di nome Felix
Del Camino. Ritengo che questo suo antenato l'abbia portata a un
atteggiamento di totale distacco dalla fede, e per quanto mi riguarda ha
contribuito a farmi vedere con ostilita' ogni forma di fondamentalismo.
Anche mio padre era ateo, per quanto di educazione protestante, cosi' come
mio nonno. Ma in entrambi ricordo qualita' di solidarieta' e condivisione
che definisco senza problema spirituali.
*
- Antonio Monda: Quale e' stato il suo primo incontro con la religione?
- Paula Fox: Sono stata allevata sino a cinque anni e mezzo da un ministro
protestante congregazionalista. Vivevamo in una grande casa sull'Hudson a
diciassette miglia dalla chiesa, e ricordo i viaggi in macchina verso il
luogo dove celebrava le funzioni religiose. Era un uomo meraviglioso e molto
divertente, al quale devo molto. Mi lasciava giocare nel suo studio mentre
preparava i sermoni, e ricordo che una volta riuscii a convincerlo a parlare
in chiesa della forza delle cascate.
*
- Antonio Monda: Non sentiva di credere neanche in quel periodo in cui
frequentava la chiesa?
- Paula Fox: C'e' stato un momento in cui ho avuto un'infatuazione mistica,
che e' durata per qualche mese. Avevo circa dieci anni e cominciai anche a
cantare nel coro della chiesa, poi uno stupido incidente mi fece passare
l'entusiasmo: un ragazzo aveva incollato con un chewing gum le pagine degli
spartiti. Ritengo che quella crisi abbia rappresentato un segno evidente del
fatto che non si trattasse di qualcosa di molto serio. Ricordo che in quel
periodo vivevo in una condizione di esaltazione e felicita'. Ma posso dirle
che mi e' capitato di vivere quella stessa condizione, che considerassi o
meno la presenza di Dio.
*
- Antonio Monda: Cosa le piace tuttora della religione?
- Paula Fox: Amo l'esaltazione del perdono, dell'umilta' e la comprensione
della fragilita' umana. Pochi giorni fa mi e' capitato di urtare
accidentalmente un uomo che era venuto a fare delle consegne. Quando mi sono
scusata mi ha risposto: "Non chieda mai scusa: e' un segno di debolezza".
Non so se volesse essere gentile e cercasse di non farmi sentire in
imbarazzo, ma credo che una concezione del genere sia profondamente priva di
ogni educazione religiosa.
*
- Antonio Monda: Come ha reagito?
- Paula Fox: Ho cercato di replicare con garbo dicendogli: "Al contrario:
chiedere scusa e' un segno di forza". Ma voglio continuare a dirle cosa amo
della religione: le chiese, e in particolare le cattedrali. E amo l'arte
sacra, in particolare il Cinquecento e Seicento. Non posso sentire Bach
senza pensare che era un organista e che gran parte delle sue composizioni
sono sacre. E ascoltando la sua musica provo innanzitutto una grande gioia.
Ultimamente sono stata ad Assisi, e credo che sia impossibile anche per il
piu' inveterato ateo non provare qualcosa di particolare e indefinibile. Per
quanto mi riguarda, quando visitavo la Porziuncola, con il monte Subasio di
fronte che si indorava al tramonto, ho sentito di trovarmi di fronte al
mistero. Provando queste sensazioni mi dico che la religione puo'
rappresentare il piu' alto livello per cercare di avere una risposta agli
interrogativi a cui ci sottopone l'esistenza.
*
- Antonio Monda: Come considera coloro che credono?
- Paula Fox: Ne ho il massimo rispetto, come ce l'ho per tutti coloro che
ricercano. Uno dei miei migliori amici e' una persona che ha studiato in
seminario, il quale ha poi deciso di non diventare sacerdote ma non ha mai
perso la fede. Con lui abbiamo delle lunghissime conversazioni sul senso
della vita, e non me la sento di dire che lui sia in errore. Mi spaventano
invece i Cristiani Rinati e i fondamentalisti, che cercano di imporre la
loro visione del mondo negando anche le piu' ovvie verita' scientifiche.
Credo che in realta' il loro sia un atteggiamento pericoloso, e anche
lontano dalla religione.
*
- Antonio Monda: Per un'atea come lei chi e' un leader religioso? Un
impostore?
- Paula Fox: No, assolutamente. Ad esempio provo una grandissima
considerazione per il Dalai Lama. E ho ammirato enormemente Giovanni Paolo
II: in entrambi ho sentito l'onesta' e la forza delle loro convinzioni
religiose. Certo, la storia di ogni religione ha proposto anche esempi
disastrosi, e non voglio neanche prendere in considerazione le sette che
proliferano in questo paese. Ma quelle hanno poco a che fare con la
religione.
*
- Antonio Monda: Come si pone nei confronti degli artisti nei quali e'
imprescindibile l'elemento religioso?
- Paula Fox: Le rispondo che tra i miei artisti preferiti, in due campi
completamente diversi, ci sono Flannery O'Connor, e Domenikos
Theotokopoulos, cioe' El Greco. Mi commuove la loro dedizione assoluta nei
confronti di qualcosa che ritenevano superiore a loro.
*
- Antonio Monda: Non ha mai avuto un'immagine di Dio neanche nel suo breve
momento "religioso"?
- Paula Fox: Era un'immagine del tutto vaga. Oggi ritengo che sia
assolutamente irrispettoso personalizzare e rendere umano qualcosa che non
conosciamo ne' possiamo comprendere. Credo infatti che ogni cosa sia Dio: e'
il nome di qualcosa che io non capisco come non puo' capire nessuno. Credo
che Dio, o quello che i credenti definiscono Dio, sia in ogni aspetto della
natura: nelle giraffe, nella mia gatta Lucy, e persino negli scarafaggi.
*
- Antonio Monda: Cosa succedera' dopo la morte?
- Paula Fox: Il futuro e' fatto di ceneri, vermi e ossa. Mi viene in mente
l'intuizione di Walt Whitman in Foglie d'erba, con le generazioni che vanno
avanti e si susseguono. Personalmente non riesco a immaginare un paradiso:
per quanto provi sincero rispetto per chi crede, ritengo che si tratti di
un'idea infantile.
*
- Antonio Monda: Esiste qualcosa nei confronti della quale si pone in un
atteggiamento di fede?
- Paula Fox: La verita'. Ritengo che cercare la verita' sia quello che rende
la vita sopportabile. Qualche tempo fa, mentre correggevo un manoscritto, ho
avuto un'illuminazione, e da quel momento ho giurato a me stessa che ogni
cosa prodotta dalla sottoscritta avrebbe dovuto essere sincera, compresi gli
articoli e le congiunzioni.
*
- Antonio Monda: Lei vive in un paese che si dichiara al novanta per cento
credente in Dio.
- Paula Fox: E' un numero straordinario, ma le sottopongo anche una
statistica secondo la quale il sessanta per cento degli americani ritiene
che il sole giri intorno alla terra.
*
- Antonio Monda: Mi perdoni, ma cosa c'entra la fede con l'ignoranza?
- Paula Fox: E' una domanda legittima per un credente, ma non per un'atea.
Per tornare alla questione che ha posto, io mi considero a casa in questo
quartiere, ma un'estranea in questo paese.
*
- Antonio Monda: Ritiene che gli Stati Uniti stiano vivendo una deriva
fondamentalista?
- Paula Fox: Deriva e' forse un termine eccessivo, ma e' certo che la fede
militante ha acquistato un peso che non aveva in passato, con evidenti
conseguenze politiche e sociali. E voglio aggiungere da atea che mi sento of
fesa quando sento utilizzare con troppa facilita' il nome di Dio per
giustificare e dare forza alle proprie convinzioni.

7. LIBRI. MARILENA MENICUCCI PRESENTA "DONNA E TEOLOGIA" A CURA DI CETTINA
MILITELLO
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo la seguente
recensione di Marilena Menicucci al libro di Cettina Militello (a cura di),
Donna e teologia. Bilancio di un secolo (Edb, Bologna, pp. 316, euro 23).
Marilena Menicucci e' giornalista e scrittrice. Tra le opere di Marilena
Menicucci: La Lucciolata, Fermenti Editrice, 1999; (a cura di), L'educativo
creativo. Fantasia e didattica nella scuola di oggi, Valore Scuola, Roma,
2001; Kale' Kale' - storia di un'adozione, Editori Riuniti, Roma 2002; Il
rosario delle nonne. Incontro con il femminile, Editori riuniti, Roma 2003.
Su Cettina Militello dal sito www.teologhe.org riprendiamo la seguente
scheda: "Cettina Militello e' nata a Castellamare del Golfo (Tp) il 23
luglio 1945. Ha conseguito la laurea in filosofia presso l'Universita' di
Palermo nel 1968 e, presso la medesima, il Diploma di perfezionamento in
filosofia morale nel 1974. Nel 1975 ha conseguito l'abilitazione
all'insegnamento in scienze umane e storia. Ha conseguito la laurea in
teologia presso la Pontificia Universita' Gregoriana di Roma nel 1979. La
sua ricerca abbraccia l'ecclesiologia (e in essa la teologia del laicato e
la teologia della vita religiosa), la mariologia, l'ecumenismo, la questione
femminile, il rapporto tra architettura ecclesiologia e liturgia. Ha
insegnato ecclesiologia mariologia e teologia del laicato presso l'Istituto
San Giovanni Evangelista per la Sicilia Occidentale, poi Facolta' Teologica
di Sicilia, dal 1975 al 1989, in qualita' di docente stabile. Dal 1990
insegna a Roma, come docente "invitato": ecclesiologia e mariologia presso
la Pontificia Facolta' Teologica Marianum, antropologia ed escatologia
presso la Pontificia Facolta' Teologica Teresianum, ecclesiologia e liturgia
presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo, teologia della vita religiosa presso
l'Istituto Claretianum della Pontificia Universita' Lateranense. Dal
2002-2003 insegna quale docente invitato escatologia presso la Facolta'
Teologica dell'Italia Centrale ed e' direttrice, presso la Pontificia
Facolta' Teologica Marianum, della Cattedra "Donna e Cristianesimo". In
questi stessi anni ha iniziato la collaborazione con le Facolta' di
architettura di Palermo (2001) e di Roma (2002) nel contesto di corsi di
laurea e master afferenti l'architettura cultuale. Attualmente e' presidente
della Societa' Italiana per la Ricerca Teologica (Sirt), direttore
dell'Istituto "Costanza Scelfo" per i problemi dei laici e delle donne nella
Chiesa, Divisione della Sirt; socia ordinaria di diverse associazioni
teologiche (Ami, Apl, Ati, Afert); membro del direttivo della Pontificia
Accademia Mariologica Internazionale (Pami) e del gruppo teologico misto del
Sae. Ha pubblicato e curato diversi volumi. La sua collaborazione a volumi e
riviste assomma a piu' di cento titoli ed abbraccia gli ambiti di ricerca
gia' indicati. Tra i volumi propri: La concezione teologica del femminile
secondo Giovanni Crisostomo, Excerpta ex dissertatione ad Doctoratum in
Facultate Theologiae Pontificiae Universitatis Gregorianae, Palermo 1980;
Donna e Chiesa. La testimonianza di Giovanni Crisostomo, EdiOftes, Palermo
1986; E Dio li creo'... Coppie straordinarie nei primi tredici secoli del
cristianesimo (con C. Mazzucco e A. Valerio), Paoline, Milano 1990;
Ecclesiologia, Casale Monferrato 1991; Mariologia, Piemme, Casale Monferrato
1991; Donna in questione, Assisi 1992; Il volto femminile della storia,
Piemme, Casale Monferrato 1995 (tr. ted. 1997, Styria Verlag); Maria con
occhi di donna, Piemme, Casale Monferrato 1999; Nostra Donna coronata di
dodici stelle, Monfortane, Roma 1999; Il Giubileo e l'iniziazione cristiana,
San Paolo, Cinisello Balsamo 2000; La Chiesa. Il corpo crismato, Edb,
Bologna 2004]

Nella raccolta di saggi sul rapporto tra donne e teologia, Lorenzo
Chiarinelli, pensando al fatto che "Il cristianesimo nasce dalla parola del
Risorto a Maria Maddalena", conclude: "si puo' organizzare l'oggi, lo si
puo' vivere intorno al silenzio femminile? Credo proprio di no".
In tutto il mondo, nei giorni di lutto per la morte di Giovanni Paolo II,
che ha coinvolto milioni di persone, cattoliche e no, i mass media, fra le
dettagliate notizie sulla sua vita in generale e sul pontificato in
particolare, hanno sostenuto che uno dei problemi della Chiesa lasciati
aperti e insoluti dal papa polacco e' quello delle donne. Perche' nella
Chiesa le donne costituiscono un problema?
Al quesito questo libro, che raccoglie gli atti del settimo Colloquio
dell'Istituto "Costanza Scelfo" (laica palermitana, morta a cinquant'anni,
mentre stava preparando la sua tesi in teologia), avvenuto nel novembre
1998, risponde perfettamente: analizza la condizione delle donne nella
Chiesa e tenta appunto "Il bilancio di un secolo", prendendo la teologia
come punto di riferimento.
Cettina Militello, nel suo scritto introduttivo, chiarisce la complessita'
di una condizione non solo banalmente contraddittoria, sostituendo la
contraddizione con l'ambiguita'. La studiosa infatti, analizza come nella
Chiesa le donne "stanno nell'ambiguita' di una visibilita' invisibile e di
una invisibilita' visibile". Il problema esiste: "gli estensori materiali
della storia sono quasi del tutto gli uomini" e alle donne "e' negata la
parola sapiente", l'uomo solo viene considerato "idoneo all'autorita'" in
quanto vicino alla imago Dei, mentre alle donne vengono assegnate obbedienza
e sottomissione, secondo le tesi di una "minorita' della donna" e del
problema teologico di una sua imbecillitas. Certo, la Chiesa fin dalle
origini riconosce l'apporto delle donne e il valore di alcune come Paola,
Eustochia, Marcella, Melania la Giovane, tanto che la Militello si domanda
se queste abbiano prodotto teologia, sospettando "dati manipolati, traditi,
cancellati".
Da allora ai giorni nostri le donne hanno elaborato pensieri e una teologia
"le cui categorie modificano dal di dentro il discorso maschile su Dio,
declinandolo piuttosto nel suo tratto misericordioso, accogliente e
materno", in alternativa alla visione androcentrica e dualista (San Tommaso,
Sant'Alfonso, Sant'Agostino...) "oppositiva di anima e di corpo, che
trasferita sul piano antropologico legge nell'anima, nel nous,
nell'intelletto il maschile, il divino, la perfezione, mentre coglie nella
fisicita' materiale, opaca e inferiore del corpo, il femminile".
La teologia delle donne, pero', ha dimostrato che entrambi, uomini e donne,
sono portatori dell'imago Dei e che "il nome proprio della reciprocita' (nel
Dio trinitario) e' amore... il mistero stesso di Dio". Secondo la Militello
"e' l'amore che finalmente mutera' il volto della Chiesa", compito delle
donne credenti e piu' delle teologhe.
L'introduzione e' seguita da una serie di autorevoli interventi: di Silvano
Maggiani, Andrea Milano, Kari Elisabeth Borresen, Ursula King, Silvie
Hauser-Borel, Valeria Ferrari Schiefer - solo per citarne alcuni; il libro
ripercorre la storia del rapporto donna-teologia dall'inizio alla fine del
Novecento, introducendo dentro il pensare, l'agire, il sentire e il sapere
delle donne credenti: cattoliche, anglicane, ortodosse, protestanti di tutto
il mondo, unite dalla passione della sapienza. Da Elena Lucrezia Corsaro
Piscopia a Evelyn Underhill, da Dorothy Sayers a Ildegarda di Bingen, ogni
figura citata rappresenta una pietra miliare della storia delle donne e
della Chiesa...
Il libro, informando sulla storia del rapporto tra la donna e la teologia,
nel secolo passato, consegna ad ognuno un messaggio per il futuro che lo
riguarda, perche' permettere ad ogni donna di cercare il meglio di se' nella
Chiesa, significa pacificare la societa', da se stessi al mondo, preparando
nuovi cieli e nuova terra, come vuole la fede in Dio e nell'umanita'.

8. RILETTURE. IRSHAD MANJI: QUANDO ABBIAMO SMESSO DI PENSARE?
Irshad Manji, Quando abbiamo smesso di pensare?, Guanda, Parma 2004, pp.
256, euro 12,50. Giornalista e scrittrice, nata in Uganda, residente in
Canada, Irshad Manji e' un'intellettuale musulmana femminista fortemente
impegnata per una "riforma" della ricezione ed interpretazione dell'islam
nel senso di una maggiore consapevolezza e coerenza col senso profondo del
messaggio originario dell'islam (l'"abbandono" alla volonta' sommamente
buona, l'adesione fidente al sommo bene, la scelta dell'amore che unisce,
l'apertura alla nonviolenza) in opposizione alle ricezioni ed
interpretazioni maschiliste e violente, intolleranti e fanatiche,
autoritarie e fin criminali che ne travisano e tradiscono il messaggio di
pace e di rispetto della dignita' di tutti gli esseri umani. Irshad Manji
cura anche un sito: www.muslim-refusenik.com

9. RILETTURE. FATEMA MERNISSI: ISLAM E DEMOCRAZIA
Fatema Mernissi, Islam e democrazia. La paura della modernita', Giunti,
Firenze 2002, pp. 222, euro 12. Un'opera lucidissima e appassionante di una
delle piu' grandi intellettuali viventi, femminista e musulmana.

10. RILETTURE. FRANCO RESTAINO, ADRIANA CAVARERO: LE FILOSOFIE FEMMINISTE
Franco Restaino, Adriana Cavarero, Le filosofie femministe, Paravia, Torino
1999, pp. 260, lire 22.000. Ai due ampi e impegnati saggi di inquadramento
scritti dai curatori (pp. 9-164), fa seguito (pp. 167-251) una sintetica ma
incisiva e rappresentativa antologia di autrici particolarmente rilevanti
(Mary Wollstonecraft, Virginia Woolf, Simone de Beauvoir, Betty Friedan,
Kate Millett, Shulamith Firestone, Anne Koedt, Susan Brownmiller, Juliet
Mitchell, Nancy Chodorow, Carol Gilligan, Luce Irigaray, Helene Cixous,
Julia Kristeva, Carla Lonzi, Luisa Muraro, Adriana Cavarero, Adrienne Rich,
Donna Haraway, Rosi Braidotti, Judith Butler, Christine Battersby); utile
anche la bibliografia alle pp. 253-259.

11. RILETTURE. WANDA TOMMASI: I FILOSOFI E LE DONNE
Wanda Tommasi, I filosofi e le donne. La differenza sessuale nella storia
della filosofia, Tre Lune Edizioni, Mantova 2001, pp. 272, euro 18,07. Una
ricostruzione della storia della riflessione filosofica occidentale
utilizzando gli strumenti euristici del pensiero della differenza, una
ricognizione di grande efficacia disvelatrice, un libro da utilizzare nelle
scuole. L'autrice, come e' noto, fa parte della comunita' filosofica
femminile "Diotima".

12. RILETTURE. CHIARA ZAMBONI: LA FILOSOFIA DONNA
Chiara Zamboni, La filosofia donna. Percorsi di pensiero femminile, Demetra,
Colognola ai Colli (Vr) 1997, pp. 160, lire 14.000. Alcune grandi pensatrici
dal medioevo ad oggi, i cui ritratti l'autrice ricostruisce con grande
finezza in sei capitoli (Uno sguardo diverso; Vita attiva e vita
contemplativa - Trotula de Ruggiero, Ildegarda di Bingen, Margherita
Porete -; Le dame francesi del Seicento; Ad occhi aperti - Simone Weil,
Hannah Arendt -; Femminismo e psicoanalisi - Luce Irigaray, Julia
Kristeva -; Lavori in corso), con una utile bibliografia. Anche Chiara
Zamboni collabora alla comunita' filosofica femminile "Diotima".

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 52 del 23 febbraio 2006

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