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La nonviolenza e' in cammino. 1211
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1211
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 19 Feb 2006 02:38:34 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1211 del 19 febbraio 2006 Sommario di questo numero: 1. Luciano Bonfrate: I morti di Bengasi 2. Kate Millett: La storia del patriarcato 3. Adrienne Rich: Nulla garantisce 4. Osvaldo Caffianchi: La scuola dello stupro 5. Bruno Accarino ricorda Reinhart Koselleck 6. Franca D'Agostini ricorda Peter Frederick Strawson 7. Augusto Cavadi: Il concilio dimenticato 8. Enrico Peyretti: La Rosa Bianca 9. Giobbe Santabarbara: Bonjour, tristesse 10. Riletture: Shulamith Firestone, La dialettica dei sessi 11. Riletture: Germaine Greer, L'eunuco femmina 12. Riletture: Sheila Rowbotham, Donne, resistenza e rivoluzione 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LUCIANO BONFRATE: I MORTI DI BENGASI Vorrei saperne i nomi dei morti di Bengasi. Vorrei che si piangesse su ogni assassinato. Vorrei che gli assassini ed i provocatori venissero per sempre disarmati. 2. MAESTRE. KATE MILLETT: LA STORIA DEL PATRIARCATO [Da Kate Millett, La politica del sesso, Rizzoli, Milano 1971, p. 66. Kate Millett (Saint Paul, Minnesota, 1934), scrittrice, scultrice, docente universitaria di letteratura e filosofia, una delle figure piu' autorevoli della riflessione femminista. Tra le opere di Kate Millett: La politica del sesso, Rizzoli, Milano 1971, poi Bompiani, Milano; Prostituzione, Einaudi, Torino 1975; In volo, Bompiani, Milano, poi Kaos, Milano 1995; Sita, Kaos, Milano 1993; Il trip della follia, Kaos, Milano 1993. Opere su Kate Millet: cfr. il libro-intervista a cura di Anselma Dell'Olio, Kate Millet: bisogna ruggire e ringhiare, Stampa Alternativa, Viterbo 1996] La storia del patriarcato presenta tutta una gamma di crudelta' e di barbarie... La giustificazione che si accompagna a questa imposizione dell'autorita' del maschio, eufemisticamente definita "battaglia dei sessi", ricorda, in certo qual modo, le formule delle nazioni in guerra, nelle quali ogni nefandezza e' giustificata con l'argomentazione che il nemico o e' una specie inferiore, o, in realta', non e' affatto umano. 3. MAESTRE. ADRIENNE RICH: NULLA GARANTISCE [Da Adrienne Rich, Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 1996, 2000, p. 387. Adrienne Rich e' una grandissima poetessa e saggista femminista americana, di straordinaria intensita' e profondita'. Tra le sue opere: Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 2000; Esplorando il relitto, Savelli, Roma 1979; Segreti silenzi bugie, La tartaruga, Milano 1982] Nulla garantisce, ne' col socialismo ne' col capitalismo "liberale", col protestantesimo, con l'"umanesimo", ne' con alcuna delle etiche esistenti, che una politica progressista non si trasformera' in oppressione sino a che le donne non avranno assoluto controllo sull'uso dei loro corpi. 4. RIFLESSIONE. OSVALDO CAFFIANCHI: LA SCUOLA DELLO STUPRO Sono un uomo ormai vecchio, so bene che si dice nei bar, nelle caserme, dal barbiere, nelle officine, nei bagni dei maschi di fabbriche e scuole. E lo so che un fascista e' in agguato dentro il pozzo nel cuore di ogni uomo, so che lotta interiore si duri a combattere il mostro che hai dentro. Che nessuno ad ingenuo si atteggi: dalle pagine dei quotidiani degli annunci dalle molte a ai fumetti ai programmi notturni delle televisioni private so che merce, che ideologia vien spacciata e com'essa percuote e da' forma alle menti e prepara l'ora e il morso del lupo. So dai tempi tebani e di Ilio quali orrori nasconda la casa e protervi quali orchi nel chiuso dietro l'uscio domestico affilino i coltelli che hanno per denti. Queste cose le so e so che e' mio dovere contrastarle con tutte le mie forze senza requie. Ma so anche che a questo le leggi devono essere intese: a salvare le persone, i corpi, il convivere nel rispetto dell'umanita' di tutti nel rispetto dell'umanita' tutta incarnata in ogni persona. E nell'ora in cui l'ermellino da' man forte all'artiglio del drago ecco anch'io me ne indigno, e ne grido con lo strazio la rabbia l'orrore che ti toglie il respiro e la voce. Chi plaude agli assassini e' un assassino, chi insulta le vittime e' complice del carnefice, chi trova argomenti a favore di chi stupra di chi stupra si fa mentore e mandante, ed offusca e contamina il mondo e di nuovo l'umanita' annienta. E di essere un uomo hai vergogna. 5. MEMORIA. BRUNO ACCARINO RICORDA REINHART KOSELLECK [Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 febbraio 2006. Bruno Accarino e' docente di etica sociale all'Universita' di Firenze ed autore di numerose pubblicazioni. Reinhart Koselleck (1923-2006), storico e studioso del pensiero politico, docente universitario. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendamo la seguente scheda: "Reinhart Koselleck e' nato a Goerlitz, Germania, il 23 aprile 1923. Tra il 1947 e il 1953 ha compiuto studi di storia, filosofia, diritto pubblico e sociologia alle Universita' di Heidelberg e di Bristol in Inghilterra. Dal 1954 al 1956 e' stato lettore all'Universita' di Bristol; dal 1956 al 1960 assistente all'Historisches Seminar dell'Universita' di Heidelberg; dal 1960 al 1965 e' stato collaboratore, dal 1966 membro e dal 1986 presidente dell'Arbeitkreis fuer Moderne Sozialgeschichte di Heidelberg. Nel 1965 ha conseguito la libera docenza e nel biennio 1966-1967 ha tenuto la cattedra di Scienza politica alla Ruhr-Universitaet di Bochum. Dal 1968 al 1973 ha insegnato Storia moderna all'Universita' di Heidelberg e dal 1974 al 1988 Teoria della storia all'Universita' di Bielefeld, del cui comitato fondatore era stato membro dal 1966 al 1973. Dal 1974 al 1979 ha diretto il Centro di ricerche interdisciplinari di Bielefeld. Reinhart Koselleck e' stato inoltre professore invitato nell'Universita' di Tokyo (1978), alla New School for Social Research di New York (1986 e 1991), all'Universita' di Chicago (1988, 1989 e 1990), alla Columbia University di New York (1992) e direttore associato all'Ehess di Parigi nel 1979 e nel 1982, che gli ha conferito nel 1993 la medaglia d'onore. Nel 1996-'97 ha ricoperto un professorato di ricerca alla Warburg Haus di Amburgo. E' attualmente professore emerito dell'Universita' di Bielefeld, membro dell'Accademia delle Scienze della Renania-Westfalia, con sede a Duesseldorf, membro corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Heidelberg, e, dal luglio 1996, membro corrispondente della British Academy. Pensiero: Reinhart Koselleck, dopo essersi dedicato allo studio dei concetti di critica e crisi nella filosofia dell'Illuminismo, intesa come concezione della realta' integralmente storica, si e' interessato allo sviluppo dello stato prussiano nel contesto dell'economia moderna, tra la fine del Settecento e l'inizio del secolo successivo. Ha inoltre dedicato importanti studi alla semantica dei concetti storici e alla metodologia e alla teoria dei concetti storici. Opere: Kritik und Krise. Eine Studie zur Pathogenese der buergerlichen Welt, Freiburg, 1959, 1969, tr. it. Il Mulino, Bologna, 1972; Preussen zwischen Reform und Revolution. Allgemeines Landrecht, Verwaltung und soziale Bewegung von 1791 bis 1848, Stuttgart, 1967, 1981, tr. it. Il Mulino, Bologna, 1988; Das Zeitalter der europaeischen Revolution 1780-1848, Frankfurt/Main, 1969, tr. it. Milano, 1970; Vergangene Zukunft. Zur Semantik geschichtlicher Zeiten, Frankfurt/Main, 1979, tr. it. Genova, 1986. Koselleck ha curato anche importanti raccolte di saggi: con R. Schnur, Hobbes-Forschungen, Berlin, 1969; Studien zum Beginn der Modernen Welt, Stuttgart, 1977; con O. Brunner e W. Conze, Lexicon "Geschichtliche Grundbegriffe" 7 Bde, Stuttgart, 1972 ss.; con Reinhart Herzog, Poetik und Hermeneutik, vol. XII, Epochenswelle und Epochenbewusstsein, Muenchen, 1987; con Rolf Reichardt, Die Franzoesische Revolution als Bruch des gesellschaftlichen Bewusstseins, Muenchen, 1988; e la "Bibliothek der Geschichte und Politik", Klassiker-Verlag, Frankfurt am Main, 1985 ss."] A dire di Koselleck, l'aneddoto fu raccolto dalla viva voce del protagonista: negli anni Ottanta del XIX secolo, in un villaggio sul Weser la cresima del penultimo figlio di una famiglia di artigiani viene preceduta da un sonoro ceffone affibbiato al ragazzo, il quale solo dopo averlo ricevuto ha il permesso di sedersi a tavola. Prima della cresima poteva, come tutti i bambini, mangiare solo in piedi, secondo l'usanza. L'ultimo figlio, invece, pur non essendo ancora cresimato pote' sedersi a tavola senza prendere il ceffone di rito. Alla madre che chiedeva meravigliata che cosa fosse questa novita', il padre rispose: "Dipende dal progresso". Nella compagine sociale di un piccolo nucleo familiare di artigiani interviene una prospettiva temporale, il progresso, che riesce ad emarginare un rito di iniziazione non solo religiosa ma anche sociale come la cresima, dando un segno assiologico a tutta l'operazione: si stava peggio prima, e' intervenuto un miglioramento o, come dicono i francesi del secolo dei lumi, una amelioration. Congedando la pratica dello schiaffo pre-cresima, il padre si affida ad un'entita' impersonale e sgrava l'agente empirico dell'azione: non lo faccio per un'improvvisa conversione nell'orientamento pedagogico, ma perche' cosi' vuole il progresso, quasi che l'azione individuale si risolva in un accadere che si realizza attraverso l'agente. * Koselleck riusciva a dare quasi sempre il senso di un concetto che affiora senza clamori e che poi pero' non trova ostacoli alle sue pretese egemoniche: il cantiere di lavoro, soprattutto in sede lessicologica, non e' scandito da grandi nomi e da date canoniche, ma da un patrimonio linguistico fatto di dizionari, di atti parlamentari, di pubblicistica non appariscente e di fonti e documenti poco nobili. I grandi nomi suggellano, ma spesso non creano, perche' la biografia semantica di un concetto e' composta di altro: deve anzitutto passare al vaglio dell'opinione pubblica, che non e' solo un contenitore o un passivo ricettore, ma anche un rielaboratore e per cosi' dire un termometro della vitalita' di un concetto. Fu cosi' che Koselleck pervenne alla felice formula dei "singolari collettivi": i singoli progressi dei diversi settori si potenziano e si trasvalutano nel progresso come agente universale che li ingloba tutti, sino a metter capo al "progresso del progresso", soggetto riflessivo che fa ben presto dimenticare i contenuti e soffoca sul nascere la domanda: ne valeva la pena? Altri meta-concetti non aspettano altro per annunciarsi: le singole narrazioni confluiscono nella storia e diventano, come il progresso e la liberta', un parametro di tutta l'umanita'. Tutto cio' e' possibile se e quando vengono soddisfatte le quattro condizioni indicate come discriminanti per la formazione dei concetti moderni: democratizzazione, temporalizzazione, ideologizzazione, politicizzazione. Con la democratizzazione, per esempio, si chiude un'epoca di accesso esclusivamente cetuale e aristocratico al linguaggio politico, il che rende non controllabili le fonti della comunicazione. Ma e' con la temporalizzazione che si realizza la vera svolta: tutti i concetti si caricano di aspettative. E' cosi' che repubblica cessa di essere un concetto valido per tutte le costituzioni (in quanto res publica) e diventa la pretesa di indicare l'unica costituzione legittima, facendo del repubblicanesimo un orizzonte di lotta e di parte. Analogamente, l'emancipazione perde il suo riferimento al significato giuridico e personale della liberazione dalla schiavitu' o dalla rete dei privilegi cetuali ed e' in grado di ospitare la prospettiva dell'eliminazione futura non solo del dominio cetuale, ma del dominio in quanto tale. Percorsi non dissimili conosce la rivoluzione, che si allontana dalla ciclica re-volutio astronomica e si da' una vettorialita' sagittale, differenziandosi dai tumulti, dalle turbae, dalle seditiones e dalle conjurationes. * Koselleck e' stato un maestro perche' ha saputo smantellare senza iattanza e senza velleita' il topos della historia magistra vitae: la storia non ha nulla da insegnare, perche' la forbice tra l'esperienza e l'aspettativa, tra il passato e il futuro, e' ormai irricomponibile. E lo e' perche' il suo ritmo e', nella modernita' e solo nella modernita', patologicamente accelerato e nevroticamente imprevedibile, al punto da dissipare tutte le causalita' su cui si era attestata la pigrizia dello sguardo previsionale tradizionale: e da fare del nostro secolo, tra l'altro, l'epoca del piu' tragico impensato e impreveduto, la guerra, all'ombra della quale sogghigna il monito antico del "niente di nuovo sotto il sole". 6. LUTTI. FRANCA D'AGOSTINI RICORDA PETER FREDERICK STRAWSON [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 febbraio 2006. Franca D'Agostini e' nata a Torino, insegna filosofia contemporanea al Politecnico di Torino, collabora a "La stampa", "il manifesto", e a varie riviste italiane e straniere; si e' occupata dei rapporti tra filosofia anglo-americana ed europea (con specifico riferimento alle problematiche storiografiche concernenti la storia e la definizione della filosofia analitica), e di scetticismo e nichilismo sotto il profilo logico, epistemologico, ontologico; autrice di fondamentali ricognizioni sulla riflessione filosofica contemporanea europea ed americana, ha particolarmente tematizzato la differenza di approccio tra "continentali" (area europea) ed "analitici" (area angloamericana). Tra le opere di Franca D'Agostini: Analitici e continentali. Guida alla filosofia degli ultimi trent'anni, Cortina, Milano 1997; Filosofia analitica, Paravia, Torino, 1997; Breve storia della filosofia nel Novecento, Einaudi, Torino, 1999; Logica del nichilismo, Laterza, Bari-Roma, 2000; Disavventure della verita', Einaudi, Torino 2002; con Nicla Vassallo (a cura di), Storia della filosofia analitica, Einaudi, Torino 2002; Le ali al pensiero. Corso di logica elementare, Paravia, Torino, 2003; Nel chiuso di una stanza con la testa in vacanza, Carocci, Roma 2005. Peter Frederick Strawson (1919-2006), "uno dei maggiori esponenti della scuola di Oxford o filosofia analitica del linguaggio ordinario" (Pier Aldo Rovatti). Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riportiamo la seguente scheda: "Peter Frederick Strawson nasce a Londra nel 1919. Studia a Oxford, al St. John College, e svolgera' la sua carriera accademica nell'Universita' di Oxford, dove nel 1968 succede a Ryle come Waynflete Professor of Metaphysical Philosophy e fellow del Magdalene College. Dal 1960 e' membro della British Academy. Tra i suoi primi scritti va menzionato il saggio Sul riferimento (1950), in cui critica la teoria delle descrizioni di Russell. In Introduzione alla teoria logica (1952) tenta di esplicitare la logica del linguaggio ordinario, differenziandola dai linguaggi formali propri della matematica. Nel 1959 pubblica Individui. Saggio di metafisica descrittiva, in cui propone la celebre distinzione tra metafisica descrittiva e metafisica correttiva, introducendo inoltre le tematiche del trascendentalismo kantiano nella filosofia analitica e prendendo posizione contro la critica wittgensteiniana all'idea di linguaggio privato. L'interesse per la nozione di "trascendentale" lo porta a confrontarsi direttamente con Kant (I limiti del senso. Saggio sulla Critica della ragion pura, 1966). Si e' inoltre occupato dei problemi connessi con il concetto di azione e con l'alternativa liberta'/determinismo (Liberta' e risentimento, 1974). Tra le ultime pubblicazioni, rilevante e' Analisi e metafisica (1984)". Tra le opere in volume di Peter Frederick Strawson: Introduction to Logical Theory, Methuen, London 1952 (trad. it di A. Visalberghi, Introduzione alla teoria logica, Einaudi, Torino 1961); Individuals: An Essay in Descriptive Metaphysics, Methuen, London 1959 (trad. it. di E. Bencivenga, Individui: un saggio di metafisica descrittiva, Feltrinelli, Milano 1978); The Bounds of Sense: An Essay on Kant's Critique of Pure Reason, Methuen, London 1966 (trad. it di M. Palumbo, Saggio sulla Critica della ragion pura di Kant, Laterza, Roma-Bari 1985); Logico-Linguistic Papers, Methuen, London 1971; Freedom and Resentment and Other Essays, Methuen, London 1974; Subject and Predicate in Logic and Grammar, Methuen, London 1974; Skepticism and Naturalism: Some Varieties, Columbia University Press and Methuen, New York and London 1985; Analyse et metaphysique, J. Vrin, Paris 1985; Analysis and Metaphysics: An Introduction to Philosophy, Oxford University Press, Oxford 1992; Entity and Identity, Oxford University Press, Oxford 1997] Con Peter Frederick Strawson, morto la sera del 13 febbraio, scompare una delle grandi voci della filosofia analitica, studiata, apprezzata e discussa da filosofi e studiosi di qualsiasi corrente. I suoi contributi nei campi della logica, della filosofia del linguaggio, della metafisica e della filosofia morale hanno ormai un valore paradigmatico: gli si devono, infatti, decisive innovazioni nel linguaggio filosofico. Due sono i meriti storici principali della sua opera: l'avere rilanciato l'idea della metafisica come una impresa del tutto razionale, controllabile, e di essenziale utilita'; e l'avere ripensato la filosofia di Kant in modo originale, rendendola compatibile con il linguaggio e lo stile della filosofia analitica. Ma oggi Strawson e' soprattutto ricordato per la sua critica del relativismo, che elabora un'antica procedura argomentativa per dimostrare come (contrariamente alle opinioni di Ratzinger) non sia la religione a doversi occupare dei fondamenti in base a cui viviamo, pensiamo, ragioniamo, agiamo, ma sia la filosofia, e segnatamente quella parte della filosofia che si chiama metafisica. * Strawson era nato a Ealing, un sobborgo di Londra, nel 1919 da una famiglia di insegnanti. Diciassettenne era entrato con una borsa di studio al John College di Oxford, attratto soprattutto dalla poesia. Ma i tempi non erano in sintonia con la letteratura: le minacce politiche che negli anni '30 incombevano sull'Europa imposero all'attenzione del giovane Strawson questioni politiche e problemi dell'economia, entrambi presto abbandonati, mentre la filosofia - come scrisse nella sua Intellectual Autobiography (contributo a una raccolta in suo onore del 1998, a cura di L. E. Hahn), si rivelo' istantaneamente il suo campo di studi. Comincio' a occuparsi di logica, poi passo' all'epistemologia, alla filosofia del linguaggio, alla metafisica, allo studio di Kant e di Leibniz. Della filosofia Strawson aveva dunque scelto subito la parte piu' pura, quella fondamentale, scelta alla quale rimase sostanzialmente coerente negli anni della sua lunga vita; mentre limito' il suo contributo alla filosofia morale ad alcune idee sulla nozione di persona e di liberta' del volere. Come tanti della sua generazione, attraverso' la parentesi della guerra, fu mandato in Italia e in Austria. Nel '46 ebbe il primo incarico accademico, e negli anni successivi comincio' a pubblicare i suoi lavori. La notorieta' gli arrivo', inizialmente, grazie al celebre "On referring", del 1950, un commento critico al classico saggio di Russell "On denoting". Dai corsi di logica che teneva agli studenti di Oxford in qualita' di undergraduate teacher provenne il primo libro, Introduzione alla teoria logica, del 1952 (tradotto da Einaudi). Oltre a presentare una serie di brillanti ipotesi sulla filosofia del linguaggio, poi sviluppate da lui stesso e da altri, l'Introduzione e' il primo manuale che propone le strutture e le forme della logica di Russell e Frege sottolineandone apertamente e sistematicamente i legami con l'uso comune della lingua (e tra l'altro mostrandone la relativa insufficienza a spiegare i fenomeni del linguaggio). Fu una vera svolta. La lunga recensione di Quine, apparsa su "Mind", sebbene in parte critica, accoglieva Strawson - allora trentatreenne - nella famiglia dei filosofi analitici, che proprio in quegli anni andava componendosi e riconoscendosi come tale. L'influenza di Strawson sulla filosofia del linguaggio e' stata determinante, ma sono le tesi della sua opera metafisica, Individui, del 1958, ad essere piu' frequentemente riproposte nel dibattito filosofico attuale. * L'idea che sta alla base di Individui dice che e' possibile una metafisica, intesa come un'impresa volta a precisare le strutture concettuali di sfondo di cui ci serviamo per pensare, agire, vivere. Lo dice sebbene questa sembri una idea impossibile, perche' quel che pensiamo sulla realta' muta con il tempo, le diverse circostanze, le culture e i contesti. Secondo Strawson, tuttavia, le cose non stanno del tutto cosi': certo molto cambia, molto scompare e nuove strutture appaiono, ma esiste "un nucleo del pensiero umano" relativamente costante, ed e' proprio a tale nucleo che si rivolge il lavoro del metafisico, ossia di colui che esamina i fondamenti, le strutture che guidano deliberazioni e credenze nella vita personale e pubblica, espresse in tesi come "esistono oggetti fisici", oppure "le cose non hanno interiorita' ne' volizione". Ancora oggi, molte autorevoli posizioni filosofiche depongono a sfavore di questa idea e quando l'attuale papa ha apertamente dichiarato che dei fondamenti si deve occupare la religione, in definitiva non ha detto nulla di discutibile dal punto di vista di molti laici, neopragmatisti, neoempiristi, neokantiani (di varia natura), i quali pensano che non esistano in realta' "fondamenti", e se esistessero sarebbero comunque di competenza dei sognatori, dei poeti, o appunto dei preti. Quel che Peter Frederick Strawson proponeva in Individui, dunque, era di riportare i fondamenti alle competenze della filosofia. Infinitamente discusse, riviste, rilanciate e riconsiderate dal punto di vista delle piu' eterogenee ragioni, le tesi di Strawson rimangono come l'esempio di un metodo filosofico piu' di quanto non rapppresentino l'ultima parola in materia di metafisica. Un aspetto interessante di questo metodo stava nel fatto di invocare Kant dalla sua parte, proprio colui che era stato uno dei responsabili (o quasi) del declino della metafisica nella filosofia contemporanea: e a Kant Strawson dedico', nel 1966, il saggio sulla Critica della ragion pura. * Tra i molti suoi altri scritti raccolti in diversi volumi, bisognerebbe almeno ricordare le celebri lezioni Analysis and Metaphysics: an Introduction to Philosophy, concepite nel 1968 in occasione del suo primo corso come successore di Gilbert Ryle alla cattedra di metafisica di Oxford, in seguito riviste e riproposte in varie versioni e pubblicate nel 1992, in cui Strawson offre una sorta di manifesto della sua attivita' filosofica. 7. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: IL CONCILIO DIMENTICATO [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci messo a disposizione il seguente intervento, apparso su "Centonove" del 3 febbraio 2006. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla mafia, DG Editore, Trapani 2005. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)] Proprio nel dicembre del 1965 si chiudeva a Roma il Concilio ecumenico Vaticano II, ma non sembra che l'anniversario abbia suscitato particolari iniziative in Italia. Dalle nostre parti, poi, ho avuto notizia di due soli appuntamenti (per la verita' affollati e di ampio gradimento): una conferenza di Giancarlo Zizola presso la Facolta' di Scienze politiche di Palermo (giovedi' 14 dicembre) ed un dibattito a piu' voci presso l'Istituto di Scienze religiose di Trapani (giovedi' 22 dicembre). Per quanti erano troppo giovani quarant'anni fa, cosi' come per coloro che erano e sono estranei alle problematiche teologiche, non e' facile rendersi conto dei nodi problematici ancora da sciogliere: ma, forse, non e' tempo sprecato provare ad analizzarne qualcuno. * Fu davvero una rivoluzione? Una prima questione, solo apparentemente storica, puo' formularsi sotto forma di dilemma: quell'assise mondiale di vescovi costitui' una frattura nella storia della Chiesa cattolica o fu soltanto una tappa, particolarmente luminosa, di un cammino continuo ed omogeneo? Per la prima interpretazione si sono pronunziati storici del calibro del bolognese Giuseppe Alberigo (che su "Repubblica" parla di "una macroscopica inversione di tendenza rispetto all'orientamento cattolico prevalente da almeno quattro secoli"), ma la seconda ha dalla sua voci autorevolissime come quella di Walter Brandmuller, presidente del Pontificio comitato di scienze storiche, che, facendo eco allo stesso Benedetto XVI, su "Avvenire" l'ha inserita nella "tradizione unica e totale della Chiesa". Per la verita', i testi prodotti in quell'occasione - essendo frutto di tensioni, di schieramenti contrapposti, di compromessi diplomatici - prestano il fianco ad entrambe le letture: un po' come accade con le stesse Scritture, ognuno finisce col trovarvi cio' che cerca. Senza contare che la stessa alternativa frattura/continuita' e' un po' schematica, semplicistica: alcune delle posizioni piu' interessanti dei padri conciliari furono, infatti, di rottura con la tradizione recente della Chiesa (diciamo con la tradizione dal Concilio di Trento del XVI secolo in poi) e di fedelta' alla tradizione piu' antica (alcune innovazioni, infatti, non furono che la ripresa e la riattualizzazione di pensieri e comportamenti diffusi fra i cristiani dei primi sei o sette secoli). Comunque, se si passa dall'analisi filologica dei documenti al vissuto ecclesiale, non c'e' dubbio che i contemporanei hanno avvertito il Vaticano II come una sorta di terremoto destinato a fondare la Chiesa cattolica su basi nuove o, per lo meno, radicalmente rinnovate. Tale fu percepito, con entusiasmo irrefrenabile e forse un po' ingenuo, dai "progressisti": e tale fu percepito, con preoccupazione e in qualche caso angoscia, dai "conservatori". Da testimonianze di prima mano, ho appreso ad esempio quali sentimenti di sconforto l'allora arcivescovo di Palermo, il cardinale Ernesto Ruffini, ebbe a confidare ai piu' intimi collaboratori in seguito all'approvazione della dichiarazione conciliare Dei Verbum: a suo avviso - dichiarando che la rivelazione non avesse due "fonti", la Bibbia e la Tradizione, ma una "stessa divina sorgente", Cristo, il cui insegnamento si perpetua nella Bibbia, letta alla luce della Tradizione - i colleghi vescovi, con la complicita' dello stesso papa, avevano distrutto la specificita' della Chiesa cattolica rispetto alle Chiese cristiane protestanti. Ruffini non era stupido ne', ancor meno, ignorante. Come si sarebbe potuto difendere, da quel momento in poi, quei dogmi e quelle norme etiche (dall'immacolata concezione di Maria all'esistenza del purgatorio, dall'obbligo del celibato ecclesiastico all'infallibilita' del pontefice quando parla ex cathedra) che la Chiesa cattolica aveva insegnato pur senza poter esibire alcun fondamento biblico? Non significava questo accettare, con quattrocento anni di ritardo, l'istanza di Martin Lutero di liberare la dottrina cristiana di tutte quelle superfetazioni medievali che avevano complicato inutilmente e reso irriconoscibile il messaggio originario del vangelo? Che sotto il linguaggio apparentemente scontato dei documenti conciliari stessero passando - o, comunque, potessero giustificarsi - delle novita' sconvolgenti, non lo denunziarono soltanto cardinali come Ruffini o Siri (allora arcivescovo di Genova): un altro vescovo, Marcel Lefevre, arrivera' addirittura a consumare un vero e proprio scisma - l'unico del XX secolo - fondando una Chiesa alternativa alla cattolica romana (con vescovi, preti, suore, seminari...) per protesta contro le inaccettabili discontinuita' in essa penetrate e diventate senso comune. Il minimo che si possa dire, dunque, e' che il Concilio ha rappresentato - se non una rivoluzione compiuta - una possibilita' rivoluzionaria per la Chiesa: e che il brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I, il lunghissimo pontificato di Giovanni Paolo II, nonche' l'attuale pontificato di Benedetto XVI, sono concentrati nel tentativo di disinnescare quel deposito di esplosivi. Non certo azzerando la storia (anche perche' la Chiesa monocratica e trionfalistica di Pio XII, dunque anteriore a Giovanni XXIII, non costituisce un modello proponibile neppure per i conservatori di oggi): ma cercando di smussare le punte, di interpretare al ribasso, di normalizzare... Questa operazione di rientro nei ranghi sara' bollata da alcuni come "tradimento del Concilio" (un libro a piu' mani, curato da H. Kueng e N. Greinacher, pubblicato nel 1987 dalla Claudiana di Torino, si intitolava appunto Contro il tradimento del Concilio. Dove va la Chiesa cattolica?); da altri, anche "laici" benpensanti, sara' invece salutata come l'ennesima verifica della saggezza millenaria della Chiesa che accetta - se proprio inevitabile - qualche lifting di facciata, ma che nella sostanza non cede di un millimetro allo spirito dei tempi. * E in futuro? Forse quarant'anni sono ancora troppo pochi per stabilire l'incidenza effettiva del Vaticano II nella storia ecclesiale. Come sosteneva molti anni fa, rispondendo ad una mia domanda, don Carlo Molari, uno dei piu' acuti teologi italiani contemporanei: "e' certo che lo Spirito del Vaticano II non e' ancora penetrato compiutamente nelle varie strutture della Chiesa cattolica. D'altra parte processi di questa portata richiedono il contributo di intere generazioni. Il che significa che il valore e il significato del Vaticano II e' affidato alle nostre comunita' e a quelle dei nostri fratelli di altre denominazioni cristiane. Quello che diventera' vita sara' salvato, il resto passera' negli annali della storia come speranza fallita od occasione perduta" (ho riproposto per intero l'intervista del 1992 in Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004, pp. 37-46). Ma cosa merita di essere salvato dall'oblio del tempo, di diventare patrimonio genetico della comunita' cattolica? Ognuno, ovviamente, avra' in proposito le sue preferenze. Anche in considerazione delle vicende contemporanee, mi sembrerebbe particolarmente significativo evidenziare almeno due passaggi. Un primo accenno merita il rispetto da parte della Chiesa cattolica della laicita' di ogni Stato, compresa ovviamente la Repubblica italiana. E' fuori discussione che la Chiesa abbia il diritto - e il dovere - di dare ai propri fedeli delle indicazioni su come formarsi un giudizio riguardo le sempre piu' numerose, e stordenti, problematiche etiche. Puo', ad esempio, dichiarare di non essere d'accordo sull'aborto o sul divorzio o sui pacs o sull'eutanasia. Ma le medesime indicazioni contenutistiche possono essere offerte con due metodi profondamente differenti. O come contributo alla ricerca comune dell'umanita', in forza di argomenti razionali e potenzialmente condivisibili da quanti riflettono senza pregiudizi su cio' che e' meglio e su cio' che andrebbe evitato (e, in questo caso, la Chiesa rispetterebbe l'intelligenza dei suoi fedeli e potrebbe interloquire, da pari a pari, con le comunita' religiose, filosofiche e scientifiche); oppure come parola inappellabile, derivata meccanicamente da una lettura fondamentalistica della Bibbia, da accogliere in nome di una fiducia cieca (e, in questo caso, la Chiesa esautorerebbe i propri fedeli dall'esercizio della riflessione e si autoescluderebbe dal dibattito pubblico). Se si limita a sentenziare le proprie opinioni, essa non puo' che incontrare resistenze e dissenso da parte del pubblico laico (intendendo il termine "laico" sia nell'accezione intraecclesiale di battezzato che non ha pronunziato i voti religiosi ne' assunto un ministero presbiteriale, sia nell'accezione comune, sociologica, di cittadino estraneo a qualsiasi posizione confessionale). In questa ipotesi verticistico-carismatica scatta per la gerarchia ecclesiastica la tentazione di scavalcare il lungo e faticoso lavoro del confronto con le coscienze: scatta, insomma, la tentazione di ricorrere ai meccanismi politico-istituzionali per imporre con la coercizione della legge cio' che non riesce a proporre al libero convincimento. Esattamente il contrario, dunque, di quanto raccomandato dal Concilio, per esempio nella splendida dichiarazione Gaudium et spes: "La coscienza e' il nucleo piu' segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimita' propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il proprio compimento nell'amore di Dio e del prossimo. Nella fedelta' alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verita' e per risolvere secondo verita' tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale" (XVI, b). O, ancora, nella dichiarazione Dignitatis humanae: "A motivo della loro dignita' tutti gli esseri umani, in quanto sono persone, dotate cioe' di ragione e di libera volonta' e percio' investiti di personale responsabilita', sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verita' (...). E sono pure tenuti ad aderire alla verita' una volta conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze. Ad un tale obbligo pero' gli esseri umani non sono in grado di soddisfare, in modo rispondente alla loro natura, se non godono della liberta' psicologica e nello stesso tempo dell'immunita' dalla coercizione esterna. Non si fonda quindi il diritto alla liberta' religiosa su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale immunita' perdura anche in coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la verita' e di aderire ad essa, e il suo esercizio, qualora sia rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia, non puo' essere impedito" (2, b). Se questo atteggiamento dialogico vale per tutti gli uomini, persino per quelli che hanno scelto l'indifferentismo o la superficialita', ancor di piu' varra' nei confronti di quelle donne e di quegli uomini che fanno della ricerca del senso la ragione fondante della loro vita. E' molto bello, oltre che assai significativo, il messaggio conclusivo agli intellettuali che inizia con espressioni davvero felici e che segna un livello di autocoscienza della Chiesa cattolica al quale, mi sembra di capire, non ha saputo reggere con la morte di Paolo VI: "Un saluto tutto speciale a voi, cercatori della verita', a voi uomini di pensiero e di scienza, esploratori dell'uomo, dell'universo e della storia, a voi tutti, pellegrini in marcia verso la luce, e un saluto anche a coloro che si sono arrestati nel cammino e stanchi e delusi per una vana ricerca. Perche' un saluto speciale per voi? Perche' noi tutti, qui, Vescovi, Padri conciliari, siamo in ascolto della verita'. Il nostro sforzo, in questi quattro anni, cosa e' stato se non una ricerca piu' attenta ed un approfondimento del messaggio di verita' affidato alla Chiesa, che cosa e' stato se non uno sforzo di docilita' piu' perfetta allo spirito di verita'?". Un secondo passaggio dell'insegnamento conciliare riguarda il tipo di solidarieta' che dovrebbe legare i cristiani ai propri fratelli in umanita'. Si e' visto che, nella sua stessa autointerpretazione, la Chiesa non dovrebbe condizionare la ricerca esistenziale ed etica degli uomini. Ma non basterebbe questa sorta di rispetto liberal per caratterizzare il suo atteggiamento abituale. Essa si ritenne, infatti, chiamata ad impastarsi con il mondo: a non lavorare per i poveri, gli emarginati, gli sfruttati, i disperati, ma con loro. Basterebbe rileggere l'attacco della Gaudium et spes: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi e' di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore". Qui si prendono le distanze da secoli di paternalismo, di assistenzialismo, di moralismo: si prova a immaginare una Chiesa che, ad immagine del suo Maestro, sieda davvero a tavola con i pubblicani e conversi amichevolmente con le prostitute, nella convinzione che i confini fra la santita' e il peccato non sono tracciabili istituzionalmente ma passano per il cuore di ciascuno di noi. A maggior ragione si prendono le distanze da ogni favoritismo tribale (stabilito per Concordato o concesso, strumentalmente, da governi "moderati" in campagna acquisti): "La Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offertile dall'autorita' civile. Anzi, essa rinunziera' all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso puo' far dubitare della sincerita' della sua testimonianza o nuove esigenze esigessero altre disposizioni" (Lumen Gentium, 76). Che non e' esattamente l'atteggiamento della Conferenza episcopale italiana quando accetta che un governo di centro-destra, a conclusione di una legislatura sbilanciata a favore dei benestanti e a sfavore delle fasce economicamente deboli, stabilisca per i locali ad uso commerciale di proprieta' della Chiesa l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili... 8. MEMORIA. ENRICO PEYRETTI: LA ROSA BIANCA [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Sulla Rosa Bianca: tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di studenti ed un professore di Monaco realizzarono e diffusero una serie di sei volantini clandestini antinazisti. I primi quattro volantini si aprivano col titolo "Fogli volanti della Rosa bianca" ed erano diffusi in poche centinaia di copie; gli ultimi due intitolati "Fogli volanti del movimento di Resistenza in Germania" ciclostilati in qualche migliaia di copie. Scoperti, furono condannati a morte e decapitati gli studenti Hans Scholl, Sophie Scholl, Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il professor Kurt Huber. Opere sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova Italia, Firenze, 1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e Sophie Scholl, il volume - la cui traduzione italiana e' parziale - contiene anche i testi dei volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus Vielhaber, Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e coscienza. Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 2003. Alcune piu' dettagliate notizie biografiche sui principali appartenenti al movimento di resistenza della "Rosa bianca" sono nel n. 909 di questo foglio (altri materiali ancora nei nn. 910 e 913)] Mercoledi' prossimo, 22 febbraio, sara' l'anniversario, il LXIII, dell'uccisione per decapitazione dei primi martiri della Rosa Bianca, i fratelli Hans e Sophie Scholl, con Cristoph Probst. I loro collaboratori furono uccisi nei mesi seguenti. A Monaco, sotto la dittatura nazista, nel 1942 e 1943, essi anteposero la verita', la giustizia, la liberta' alla propria vita e cosi' salvarono la propria vita dalla schiavitu' e dalla complicita' con la morte. Nella compresenza di tutte le vite, mandiamo loro un grato ricordo, e accogliamo nuovamente il loro incoraggiante esempio, mentre a noi e' chiesto un coraggio tanto meno costoso, ma uguale chiarezza e liberta'. * La "parola nuda come arma di resistenza" (come dice Julian Aicher, ne "Il Margine", Trento, n. 8, 1998) fino a pagare con la vita, fu il mezzo d'azione dei fratelli Hans e Sophie Scholl e dei loro compagni d'azione nell'Universita' di Monaco, su cui vedi Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1994. Il libro di Ghezzi contiene una bibliografia di 53 titoli, dalla quale segnalo Inge Scholl, Die Weisse Rose, Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt am Main 1982, edizione italiana non integrale La Rosa Bianca, a cura di Carlo Francovich, La Nuova Italia editrice, Firenze 1978, quarta edizione. Una profonda riflessione su questa esperienza e' il libro di Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994 (scritti del 1946 e 1958). Il testo intero dei sei volantini scritti e diffusi dal gruppo di studenti resistenti e' commentato da vari qualificati scrittori in Paolo Ghezzi, Noi non taceremo. Le parole della Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1997. Ancora di Paolo Ghezzi segnalo Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 2003, sulla limpida affascinante figura della piu' giovane, 21 anni, componente del gruppo, con testimonianze dai suoi diari e lettere, e ampia bibliografia internazionale. Merita una visita il Museo della Rosa Bianca presso l'Universita' di Monaco, dove si possono incontrare testimoni ancora viventi e vedere documenti. Nell'ottobre 2005 va in programmazione in Italia il film La Rosa Bianca. Sophie Scholl, di Marc Rothemund, premiato al Festival di Berlino 2005 per la migliore attrice e la migliore regia. Ci riserviamo di valutarne la resa storica. Dispiace che un volantino di pubblicita' del film, con belle foto di scena nell'Universita' di Monaco, parli soltanto di "resistenza passiva" (termine, peraltro, usato anche dai resistenti della Rosa Bianca nei loro volantini), mentre quell'azione lunga e intensa fu una attiva, forte, coraggiosa testimonianza e sfida morale e culturale alla violenta dittatura nazista. 9. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: BONJOUR, TRISTESSE L'Organizzazione delle Nazioni Unite si e' dunque accorta che Guantanamo e' un campo di concentramento in cui vengono atrocemente violati i fondamentali diritti umani delle persone li' detenute, e le fondamenta stesse dello stato di diritto, della civilta' giuridica, della civilta' umana tout court. Anche Rip van Winkle dormi' lungamente, ma il suo sonno non favoreggio' crimini cosi' ripugnanti. Ora che l'Onu si e' finalmente svegliata possiamo sperare in un'adeguata iniziativa della signora comunita' internazionale affinche' almeno tale orrore cessi? 10. RILETTURE. SHULAMITH FIRESTONE: LA DIALETTICA DEI SESSI Shulamith Firestone, La dialettica dei sessi, Guaraldi, Firenze-Rimini 1971, 1976, pp. 250. Un libro la cui rilettura e' sempre utile. 11. RILETTURE. GERMAINE GREER: L'EUNUCO FEMMINA Germaine Greer, L'eunuco femmina, Bompiani, Milano 1972, 1979, pp. XXIV + 380. Un libro la cui rilettura e' sempre utile. 12. RILETTURE. SHEILA ROWBOTHAM: DONNE, RESISTENZA E RIVOLUZIONE Sheila Rowbotham, Donne, resistenza e rivoluzione, Einaudi, Torino 1976, 1977, pp. VIII + 336. Un libro la cui rilettura e' sempre utile. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1211 del 19 febbraio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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