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La nonviolenza e' in cammino. 1205
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1205
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 13 Feb 2006 00:25:53 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1205 del 13 febbraio 2006 Sommario di questo numero: 1. Alcuni interventi di Cindy Sheehan (parte prima) 2. Cindy Sheehan: Perche' mio figlio e' morto? 3. Cindy Sheehan: Non me ne vado, presidente 4. Cindy Sheehan: La domanda 5. Cindy Sheehan: Dalla disperazione alla speranza 6. Tom Engelhardt intervista Cindy Sheehan 7. Cindy Sheehan: Duemila morti: non uno di piu' 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. MATERIALI. ALCUNI INTERVENTI DI CINDY SHEEHAN (PARTE PRIMA) Riproponiamo alcuni interventi di Cindy Sheehan apparsi nel corso degli ultmi mesi su questo foglio. Ringraziamo ancora una volta Maria G. Di Rienzo per le sue traduzioni. Ed Enrico Peyretti per il suggerimento di riproporre questi interventi raccolti insieme. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey nella guerra in Iraq; per tutto il mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli per chiedergli conto della morte di suo figlio; intorno alla sua figura e alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio movimento contro la guerra; e' stato recentemente pubblicato il suo libro Not One More Mother's Child (Non un altro figlio di madre), disponibile nel sito www.koabooks.com Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. 2. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: PERCHE' MIO FIGLIO E' MORTO? [Il seguente discorso e' stato tenuto il 5 agosto 2005 alla convenzione dei Veterani per la pace] Non avrei mai immaginato di venire qui come relatrice al vostro convegno. Non lo avrei mai immaginato, ma la vita lo ha portato con se'. E non avevo mai sentito parlare dei Veterani per la pace, non prima del 4 maggio 2004, quando vidi un servizio sulla Cnn. Mancavano quattro giorni alla "festa della mamma" e mio figlio era morto da un mese esatto. Io vidi il servizio che trattava di Arlington West a Santa Barbara e dissi a mio marito: "C'e' un unico posto dove voglio andare per la festa della mamma, e' li'". Cosi' ci andammo, per la prima volta, e ad Arlington West erano piantate oltre 700 croci. Oggi sono oltre 1.800. Saro' felice di ascoltare le parole di chiunque, perche' qualcuno deve fermare questi bugiardi. Qualcuno deve fermarli. Ad un'altra madre che ha perso il figlio in Iraq e' stato detto che il decesso era dovuto ad overdose di stupefacenti. Tre mesi dopo hanno avuto il referto tossicologico, e non c'era traccia di stupefacenti nel cadavere. La madre era distrutta. Le hanno assicurato che i commilitoni di suo figlio hanno rilasciato dichiarazioni in cui dicevano che lui si drogava. Ora il referto dice che non e' vero. Com'e' morto suo figlio? Ma i criminali di guerra che stanno a Washington non perdono una notte di sonno. C'e' questo bugiardo matricolato, George Bush, che si prende cinque settimane di vacanza mentre siamo in guerra. Sapete? A causa sua, non credo che riusciro' mai piu' a godere di una vacanza. La mia vacanza probabilmente sara' in prigione, o nella tenda a Crawford, aspettando che questo mostro esca dal ranch e mi dica perche' mio figlio e' morto. * Ad ogni modo, ho ricevuto una e-mail ieri, vengo contattata da ogni genere di persone, e quest'uomo mi ha scritto: "Cindy, leggo sul web tutto quello che scrivi, e lo leggo con le lacrime agli occhi. Ma oggi sto piangendo davvero, e gridando, perche' il mio caro cugino di 19 anni e' stato ucciso in Iraq. Cindy, perche' non l'ho salvato? Perche' non l'ho portato via?". E' una cosa che pensiamo tutti. Io dissi a mio figlio di non partire. Gli dissi: "Lo sai che e' sbagliato. Lo sai che succede laggiu'. La tua unita' uccidera' gente innocente, e tu potresti morire". E lui rispose che doveva andare, perche' i suoi compagni partivano e se qualcun altro avesse dovuto sostituirlo i suoi compagni sarebbero stati in pericolo. Quello che mi fa veramente impazzire e' che questi mandano i nostri figli a morire, e non sono mai stati in guerra. Non sanno cos'e'. Trenta giovani sono gia' morti questo mese, e siamo solo al 5 di agosto. Vi ricordate quando in marzo abbiamo protestato, era il secondo anniversario dell'invasione dell'Iraq, ma tutti i media parlavano di Terry Schiavo, e 5.000 di noi a Fayetteville non li hanno visti. Allora scrissi un pezzo, "Gli straordinari ipocriti", e chiesi: perche' lei merita la vita piu' di mio figlio, piu' degli iracheni, e piu' di tutta la gente che la guerra ha ucciso? Ma voi pensate che George Bush interrompa la sua vacanza per fare visita alle famiglie dei marines che sono morti questa settimana? No, perche' non gliene importa nulla. Quella tragedia non e' sufficiente a fargli smettere di giocare al cowboy per cinque settimane a Crawford. * Come potete immaginare, i genitori i cui figli sono stati uccisi in guerra non riescono a far crescere una cicatrice sulla ferita, perche' ogni giorno essa si riapre. Ogni giorno, e non so perche' lo faccio, so gia' che la guerra e' brutta, ma ogni giorno vado a vedere chi e' diventato un angelo mentre io dormivo. E questo mi lacera il cuore, perche' so che c'e' un'altra madre la cui vita quel giorno sara' rovinata per sempre. Non possiamo mai iniziare a guarire. Quando quel guerrafondaio di George Bush ha parlato della tragedia dei marines in Ohio, ha detto un paio di cose che mi hanno veramente indignata. So che non lo sembro, sono sempre calma e cosi' via, ma e' perche' se dovessi cominciare a colpire qualcosa non mi fermerei prima di aver fatto tutto a pezzi. Percio' neppure comincio, perche' so quanto pericoloso sarebbe. E George Bush ha detto che le famiglie degli uccisi dovevano essere certe che i loro cari erano morti per una nobile causa. Ed ha anche detto, lo dice spesso e mi fa diventare pazza, che dobbiamo restare in Iraq e completare la missione per onorare il sacrificio di coloro che sono caduti. Ma dico, perche' dovrei volere che una sola altra madre passi quello che sto passando io: perche' mio figlio e' morto? Sapete, l'unico modo in cui si puo' onorare il sacrificio di mio figlio e' portando il resto delle truppe a casa, fare in modo che la morte di mio figlio conti per la pace, per l'amore, non per la guerra e l'odio che Bush difende. Non voglio che costui usi la morte di mio figlio o la sofferenza della mia famiglia per continuare il massacro. * Percio', come molti di voi hanno sentito, sto andando a Crawford. Non so neppure dov'e', ci arrivero' da Dallas, non importa, ci sto andando. Ed ho intenzione di dire a quella gente: "Portate qua fuori il maniaco: c'e' una madre con una medaglia d'oro, il cui sangue gli sporca le mani, che ha qualcosa da chiedergli". E gli diro': "Ascolta bene, George, ogni volta che andrai da qualche parte a dire che bisogna continuare gli ammazzamenti in Iraq per onorare gli eroi caduti aggiungerai 'ad eccezione di Casey Sheehan', e inoltre 'ad eccezione di tutti i membri della Gold Star Families for Peace' [l'associazione pacifista di famiglie che hanno ricevuto un'onorificenza per i parenti caduti in guerra - ndt], perche' noi pensiamo che non una singola goccia di sangue debba essere versata in nostro nome". E poi diro': "Ora vorrei sapere qual e' la nobile causa per cui mio figlio e' morto". E se mi rispondera' "la liberta' e la democrazia", io diro': "Stupidaggini! Dimmi la verita'. Di' che mio figlio e' morto per il petrolio, per arricchire i tuoi amici. Mio figlio e' morto per diffondere il cancro della Pax Americana, l'imperialismo in Medio Oriente. Tu ci stai portando via la nostra liberta'. Noi non siamo liberi. Gli iracheni non sono liberi, stanno molto peggio di come stavano prima che tu ti impicciassi del loro paese. Porta fuori l'America dall'Iraq...". * Non so che succedera'. Andro' a Crawford con mia sorella, ma c'e' molta altra gente che pensa di venire ad aiutarci, a sostenerci, perche' in questo anno ho viaggiato per il paese, ho scritto, ho parlato, ho ascoltato, e solo in questo piccolo anno ho visto grandi cambiamenti. La gente non vuole solo avere informazioni, vogliono sapere cosa possono fare. Cosa possiamo fare per togliere il potere a George Bush. E qui dico la parola: impeachment. Tutti coloro che hanno mentito al popolo americano, nell'esecutivo, nel congresso (e dobbiamo andare fino in fondo, perche' non possiamo lasciare in cima qualcuno che perdonera' questi criminali di guerra), devono essere condannati, per cio' che hanno fatto a questo mondo. Devono rispondere di quel che hanno fatto. Ecco, andro' a Crawford e diro' che voglio parlargli, e se mi diranno che lui non esce, piantero' la mia tenda e restero' li' fino a che non verra' fuori. Ho tutto il mese di agosto a disposizione, proprio come lui. Staro' li' sino a che verra' a parlarmi. E se dovesse interrompere le ferie e andarsene a Washington io smontero' la tenda e la rimontero' nel prato di fronte alla Casa Bianca. * Un'altra cosa che sto facendo riguarda le tasse. Mio figlio e' morto nel 2004, percio' non pago le tasse per il 2004. Se mi mandano un sollecito scrivero': "La guerra e' illegale e vi spiego perche', e la guerra e' immorale, ed ecco perche', e voi avete ucciso mio figlio per questo. Non vi devo nulla. Se pure dovessi diventare milionaria, non vi daro' un centesimo". Spero proprio che mi contattino, perche' voglio che questa guerra vada in tribunale, dove potro' dire: "Ridatemi mio figlio, ed io paghero' le vostre tasse". Henry David Thoreau ando' in prigione per non aver pagato le tasse ed Emerson gli chiese: "Perche' sei li' dentro?". Thoreau gli rispose: "Perche' non sei qui con me?". A volte la prigione e' il solo posto per una persona che ha una morale, in un mondo immorale. Sta a noi, gente, spezzare leggi immorali e resistere. Se i leader di questo paese vi mentono, allora non hanno autorita' su di voi. Questi folli non hanno autorita' su di noi. Potranno mettere in prigione i nostri corpi, ma non i nostri spiriti. * Dopo aver ascoltato tutte le testimonianze, stasera, mi domando: perche' continuiamo a permettere che la guerra accada? Il nostro paese e' molto bravo nel demonizzare la gente. Ho parenti che dalla seconda guerra mondiale continuano a chiamare i giapponesi "musi gialli". E abbiamo demonizzato gli iracheni, di modo che la maggior parte di questo paese non pensa neppure che stiamo uccidendo esseri umani innocenti. E mi dicono: "Ma Cindy, non ricordi cos'e' successo l'11 settembre?". "Certo, rispondo io, E qualcuna di quelle persone stava in Iraq? E chi ha portato gli aerei al Trade Center, era iracheno?". Mentre crescevo, dovevamo aver paura dei comunisti. Adesso dobbiamo aver paura dei terroristi. Cosi', vedete, c'e' sempre qualcuno da combattere e da cui essere spaventati, e la macchina della guerra puo' costruire piu' bombe, piu' fucili, pallottole e quant'altro. Ma io ho speranza. Vedo speranza in questo paese. Il 58% dell'opinione pubblica ci sostiene. Stiamo predicando al coro, ma il coro non sta cantando. Se tutto questo 58% cominciasse a cantare, la guerra finirebbe. * Un'altra e-mail che ho ricevuto l'altro giorno diceva: "Cindy, e' meglio se non usi tutte quelle imprecazioni e parolacce. C'e' della gente, sai, quella che sta 'alla finestra', nel mezzo, che si risente". Sapete cosa ho risposto? "Dannazione, non me lo dire! Come, come? C'e' ancora gente che sta alla finestra in questo mondo? Se cade dalla parte pro Bush e pro guerra che alzi il didietro e vada in Iraq, a prendere il posto di qualcuno che vuole tornare a casa. E se cade dall'altra parte che si alzi in piedi e cominci a parlare. Ma qualsiasi sia il lato in cui volete cadere, smettete di stare alla finestra". L'opposto del bene non e' il male, e' l'apatia. Dobbiamo scuotere questo paese, e far cantare il coro. Dobbiamo essere noi a dire: "Le nostre truppe tornano a casa". Non possiamo dipendere da quelli che dovrebbero decidere di farlo, perche' non stai pianificando di portare i soldati a casa quando spendi i soldi della ricostruzione per stabilire basi permanenti. Mi sarebbe piaciuto venire alla vostra cena, domani sera, ma fino a che George Bush non parlera' con me, faro' del campeggio a Crawford. Grazie. 3. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: NON ME NE VADO, PRESIDENTE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 agosto 2005] I media si sbagliano. Le persone che sono venute a Camp Casey a darmi una mano per coordinare la stampa e gli avvenimenti non mi stanno mettendo le parole in bocca: e' il contrario. Sono conosciuta da un po' come una persona che dice la verita' e la dice forte e chiara, ho sempre chiamato un bugiardo bugiardo e un ipocrita ipocrita. Adesso devo usare un linguaggio piu' pacato per rivolgermi ad un pubblico piu' vasto. Perche' i miei amici a Camp Casey pensano di essere qui'? Come mai e' nato un movimento cosi' grande da un'azione cosi' piccola il 6 agosto 2005? Non ho avuto molto tempo per analizzare il fenomeno di Camp Casey. Leggo che avrei rilasciato 250 interviste in meno di una settimana, e ci credo. Vado a letto con la gola secca ogni sera e sono abbastanza stanca di rispondere a domande tipo "cosa vuoi dire al presidente?" o "pensi davvero che ti ricevera'?". Pero' da quando mia mamma e' stata male ho avuto la possibilita' di fare un passo indietro e pensare un po' alla diga che ho aperto a Crawford, Texas. Questo e' il miracolo di Camp Casey. I cittadini americani contrari alla guerra, che non hanno mai avuto una valvola di sfogo per il loro disgusto e la loro costernazione, stanno mollando tutto per venire a Crawford e stare qui in solidarieta' con noi, che ci siamo presi l'impegno di accamparci fuori dal ranch di George Bush per tutta la durata del tremendo agosto texano. Se non possono venire in Texas stanno partecipando a veglie, scrivendo lettere ai loro rappresentanti e ai giornali locali, stanno organizzando segmenti di Camp Casey nelle loro citta'. Siamo molto grati per tutto il loro supporto e penso che anche loro, gli americani per la pace, siano grati per avere finalmente qualcosa da fare. * Una cosa che pero' non ho notato o di cui non mi sono accorta e' un aumento, tra le persone favorevoli alla guerra dall'altra parte della recinzione, del numero di quanti si arruolerebbero per andare a combattere la guerra per l'imperialismo e l'insaziabile avarizia di George Bush. La parte pacifista ha alzato i propri sederi apatici per diventare combattente per la pace e la giustizia. Dove sono quelli favorevoli alla guerra? Ogni giorno a Camp Casey abbiamo un paio di persone contro la pace dall'altra parte della strada, che sventolano cartelli che mi ricordano che "la liberta' non e' gratuita", ma non li vedo mettere i loro soldi dove mettono bocca. Non penso che abbiano intenzione di pagare neanche un centesimo per la liberta' sacrificando il loro stesso sangue o la carne dei loro figli. Li sfido ancora ad andare in Iraq e lasciar tornare a casa un altro soldato, magari uno che e' al terzo turno, o uno o una che ha servito il proprio paese nobilmente e altruisticamente solo per ritrovarsi ostaggio in Iraq per colpa di ipocriti assetati di potere, gente molto allenata a evitare di mettere in gioco la propria pelle. * Al contrario di cio' che i principali media pensano, non sono piovuta dal cielo a Crawford quel giorno di caldo terrificante due settimane fa. Ho scritto, parlato, testimoniato di fronte a commissioni del Congresso, partecipato a conferenze e rilasciato interviste per piu' di un anno. Sono conosciuta piuttosto bene nella comunita' pacifista e avevo gia' tantissimi sostenitori prima ancora di lasciare la California. Le persone che mi hanno appoggiata l'hanno fatto perche' sapevano che su questa guerra io dico tutta la verita' senza compromessi. Mi sono alzata e ho detto: "mio figlio e' morto per niente, e George Bush e la sua malefica congiura e la loro politica spericolata l'hanno ucciso. Mio figlio e' stato mandato a combattere in una guerra che non aveva basi reali ed e' stato ucciso per questo". Non ho mai detto mi raccomando, per favore o grazie. Non ho mai detto niente di annacquato come fa lui con la sua retorica patriottica. Dico che mio figlio e' morto per delle bugie. George Bush ci ha mentito e sapeva che stava mentendo. Adesso vengo diffamata e infangata dai destrorsi e dai cosiddetti media "giusti ed equilibrati" che hanno paura della verita' e non sono in grado di affrontare qualcuno che la dice. Devono distorcere, falsare e controllare qualsiasi cosa io abbia mai detto, quando non hanno mai controllato niente di quello che George Bush ha detto o sta dicendo. Invece di chiedere a George Bush o a Scott McClellan se mi incontreranno, perche' non fanno le domande che avrebbero sempre dovuto fare? Tipo "perche' i nostri giovani stanno combattendo, morendo ed uccidendo in Iraq? Qual e' la nobile causa per cui li state mandando in Iraq? Cosa sperate di ottenere laggiu'? Perche' ci avete detto che c'erano armi di distruzione di massa e legami con Al Quaeda quando sapevate che non ce n'erano?". * Camp Casey e' cresciuto, prospera ed e' sopravvissuto a tutti gli attacchi e a tutte le sfide, perche' l'America e' stanca e nauseata di bugiardi e di ipocriti. Vogliamo le risposte alle secche domande che sono stata la prima ad avere il coraggio di fare. Questo e' il momento della responsabilita' e Bush sta fallendo miseramente. Lui e i suoi consiglieri mi hanno seriamente sottovalutata quando hanno pensato di potermi intimare di andarmene prima di avere delle risposte, o prima della fine di agosto. Posso resistere a qualsiasi cosa sia gettata addosso a me o a Camp Casey: se questo accorcia la guerra di un solo minuto o salva anche una sola vita, ne vale la pena. Penso che abbiano gravemente sottovalutato tutte le madri. Mi chiedo se nessuno di loro abbia mai avuto un rapporto madre-figlio autentico e se sono cosi' sorpresi che ci siano cosi' tante madri in questo paese che sono irremovibili quando si tratta di chiedere la verita', che vogliono dare un significato alla morte non necessaria e apparentemente insignificante dei loro figli. Il movimento di Camp Casey non morira' finche' non avremo un resoconto genuino della verita' e finche' le nostre truppe non verranno riportate a casa. Facci l'abitudine, George. Non ce ne andiamo. 4. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: LA DOMANDA [Dal quotidiano "Liberazione" del 29 settembre 2005] Sono stata arrestata davanti alla Casa Bianca. Marciavamo da Lafayette Park verso i cancelli della Casa Bianca. Io, mia sorella, alcuni rappresentanti di "Gold Star Families for Peace" e alcuni membri dell'associazione "Military Families" (famigliari dei militari). Chiedevamo di poter incontrare il presidente. Volevamo fargli una semplice domanda: "Presidente, quale e' la nobile causa per cui e' stato uciso mio figlio?". La nostra richiesta e' stata respinta. Non hanno neanche consegnato agli uffici della Casa Bianca le lettere e le fotografie dei nostri ragazzi morti in guerra. Noi ora sappiamo perche' George Bush non vuole incontrare i parenti dei soldati che lui ha fattomorire. Prima di tutto perche' non sopporta le persone che la pensano in modo diverso da lui. Poi perche' lui sa che non potrebbe dare nessuna risposta alla nostra domanda: non esiste alcuna Nobile Causa per l'invasione e l'occupazione dell'Iraq. * Dopo che ci hanno rifiutato l'incontro, ci siamo seduti, rifiutandoci di muoverci sino a quando George Bush non fosse venuto fuori a parlare con noi. E' stato un momento piacevole mentre ci intrattenevamo cantando vecchie canzoni religiose e di protesta. Ho appeso una fotografia di Casey - mio figlio morto in Iraq - ad uno dei cancelli, e a quanto mi dicono anche questo e' contrario alla legge. Dopo che ci hanno intimato per tre volte di alzarci e di scendere dal marciapiede, ci hanno arrestato. Trovo molto curioso che la persona che risiede nella nostra Casa Bianca abbia giurato di difendere e proteggere la Costituzione degli Stati Uniti d'America. La persona che oggi e' presidente alla Casa Bianca non ha alcuna conoscenza della Costituzione. Ha invaso e continua ad occupare paesi sovrani senza che ci sia stata da parte del Congresso alcuna dichiarazione di guerra. Ha violato numerosi trattati per poter invadere l'Iraq. Per non parlare delle torture che vengono praticate nelle prigioni militari in questi giorni. Tutte queste sono violazioni della Costituzione. Il Patriot Act, come tutte le norme che ci vietano di riunirci pacificamente, sono serie violazioni del Bill of Rights. * Essere arrestati non e' un grande evento. La nostra protesta era per qualcosa di molto piu' serio che "stare seduti sui marciapiedi": la tragica e inutile morte di decine di migliaia di iracheni e di americani (sia in Iraq che qui in America) i quali sarebbero vivi se non fosse per i criminali che risiedono e lavorano oggi alla Casa Bianca... La multa per aver "manifestato senza permesso" e' di 75 dollari. Sono certa che non la paghero'. Dovro' acomparire in tribunale il 16 novembre. C'e nessun avvocato la' fuori che voglia aiutarmi a sfidare una legge incostituzionale? 5. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: DALLA DISPERAZIONE ALLA SPERANZA Ci sono state molte notti, dopo che Casey era morto e seppellito, in cui ho dovuto trattenermi dall'ingoiare l'intero flacone dei sonniferi. Il dolore e la voragine di disperazione erano troppo forti per lottare contro di loro. Come ci si puo' aspettare che una persona continui a vivere in un mondo che e' cosi' pieno di dolore e cosi' avaro di speranza? Percio' pensavo: sarebbe cosi' facile prendere queste pastiglie ed andare a dormire, e non svegliarsi piu' in questo mondo terribile... Cio' che mi ha trattenuta dal commettere questo atto codardo ed egoista sono stati gli altri miei tre figli. Come potevo metterli in una situazione cosi' orribile, dopo quello che stavano gia' passando? Sapevo che dovevo vivere, e sapevo che continuare a vivere sarebbe stato (e lo e' ancora) la cosa piu' difficile che io avessi mai fatto. Ad ogni modo, ora so perche' la gente si uccide: e' la mancanza di speranza. Per me era il buco nero del sapere che avrei dovuto alzarmi al mattino per il resto dei miei giorni con la consapevolezza che non avrei mai piu' rivisto Casey: dovevo esistere in un mondo privo di lui, e limitarsi ad esistere non e' un modo di vivere. * Circa tre settimane dopo l'uccisione di Casey, mia figlia Carly venne da me e mi colpi' con la ragione per vivere: era la sua poesia, intitolata "Una nazione cullata al sonno". Una delle strofe dice: "Avete mai udito il suono di una madre che grida per il proprio figlio? Il pianto torrenziale di una madre, un pianto senza fine. Lo chiamano eroe, e potete rallegrarvi per questo, ma avete mai udito il suono di una madre che piange per il proprio figlio?". Questa strofa mi ricordo' che non ero la sola nell'universo a soffrire di quell'intollerabile dolore, ma cio' che mi aiuto' a scavarmi l'uscita dalla fossa della disperazione, un agonizzante centimetro alla volta, fu l'ultima strofa della poesia: "Avete mai udito il suono di una nazione che viene cullata al sonno? I leader vogliono tenervi annebbiati, cosi' il dolore non sara' troppo profondo. Ma se noi, il popolo, li lasciamo continuare, un'altra madre piangera'. Avete mai udito il suono di una nazione che viene cullata al sonno?". Quando mia figlia mi recito' questi versi, seppi che avrei speso ogni briciola di tempo, di denaro e di energia per portare a casa le truppe, prima che un'altra madre dovesse piangere. Mi vergognavo di me stessa, per non aver tentato di fermare la guerra prima che Casey morisse, ma stupidamente avevo pensato: "Cosa puo' fare una persona da sola?". Allora mi dissi che non sapevo se avrei fatto la differenza, ma che ci avrei almeno provato. Se fallivo, almeno un giorno sarei morta sapendo che avevo dato il massimo per riuscire. * Cominciai gradualmente, per tre passi di speranza in avanti, facevo anche due passi indietro. Ebbi un meraviglioso periodo in Florida durante la campagna elettorale, lavorando contro la rielezione di George Bush. Trovai l'associazione "Gold Star Families for Peace". Fui una delle oratrici principali al raduno per la pace di Fayetteville. Casey ed io finimmo sulla prima pagina di "The Nation". Testimoniai alle consultazioni del deputato John Conyer nel giugno del 2005. Sentivo che, una scheggia alla volta, stavo erodendo il sostegno pubblico all'occupazione dell'Iraq. Poi, nell'agosto del 2005, dopo che mi ero gia' separata da mio marito dopo 28 anni di matrimonio, me ne stavo a casa a guardare la tv (un'occasione rara, per me) e vidi che 14 marines dell'Ohio erano morti in un solo incidente. Come se questo non fosse stato abbastanza per spezzarmi il cuore e farmi stare male, George Bush era sullo schermo a dire ai parenti dei soldati caduti che i loro cari erano morti "per una nobile causa". Questo mi fece impazzire di rabbia, ed alimento' il mio senso di fallimento. Io non credevo, ne' prima che Casey morisse, ne' dopo, e neppure quel 3 agosto 2005, che invadere un paese che era minaccioso per gli Usa quanto la Svizzera, e che uccidere decine di migliaia di persone per avidita', potere e denaro, fossero una nobile causa. Decisi di andare a Crawford, e di chiedergli quale fosse tale "nobile causa". Poi George ebbe la sfortunata sfrontatezza di dire qualcosa che mi infiammo' per mesi. Disse che dovevamo "completare la missione per onorare il sacrificio dei caduti". Per mesi gli chiesi pubblicamente di smettere. Non voglio che una sola altra madre abbia il cuore e l'anima lacerati senza ragione, a causa di bugie e stupidaggini. Ho voluto andare a Crawford anche per domandare a George di smettere di usare il sacrificio di mio figlio per continuare il suo disonorevole e codardo massacro. * Il resto e' gia' storia. Piu' americani vennero a Camp Casey, piu' lettere, cartoline, e-mail, chiamate telefoniche di sostegno ricevemmo, piu' a Camp Casey fummo felici. Lo capimmo li', a Camp Casey ricordammo qualcosa, dopo almeno cinque anni di dittatura virtuale che abbiamo negli Usa ora: noi, la gente, abbiamo tutto il potere. Noi, il popolo, dobbiamo esercitare i nostri diritti e le nostre responsabilita' come americani per dissentire da un governo irresponsabile, temerario, ignorante ed arrogante. Abbiamo capito, un po' tardi ma non troppo tardi, che quando George disse: "Se non siete con noi, siete contro di noi", avremmo dovuto alzarci in piedi in un furente, giusto e patriottico unisono e dire: "Hai dannatamente ragione, pazzo bugiardo. Siamo proprio contro di te, e contro la tua insana precipitazione nell'invadere l'Iraq". Non lo facemmo allora, ma Camp Casey ci ha insegnato che e' giusto far sentire le nostre voci contro il governo. E non solo e' giusto, ma e' doveroso quando il tuo governo e' responsabile dell'uccisione di innocenti. E' doveroso, quando non ci sono all'opera ne' controllo ne' bilanciamento: che noi, la gente, si sia il controllo ed il bilanciamento dei media e del governo. * La mia speranza era stata "uccisa in azione" lo stesso giorno in cui Casey fu "ucciso in azione". La poesia di Carly mi diede una ragione per vivere. Camp Casey, con i suoi meravigliosi sentimenti d'amore, accettazione, pace, comunita', gioia, e si', ottimismo per il nostro futuro, mi ha riportato il desiderio di vivere. Posso di nuovo sorridere e ridere, e sapere perche', per la maggior parte del tempo. Sono cose, queste, che diamo per scontate, ma io non lo faro' mai piu'. Vivere nella speranza che il nostro mondo un giorno esistera' in un assetto di pace, amore e risoluzione nonviolenta dei conflitti e' un gran buon modo di esistere. Amo essere viva, ora, e la mia vita sara' dedicata alla pace con giustizia, cosi' che i nostri figli non debbano mai piu' essere abusati dalla macchina della guerra. Grazie, America. Grazie, Casey. 6. TESTIMONIANZE. TOM ENGELHARDT INTERVISTA CINDY SHEEHAN [Tom Engelhardt, scrittore, storico e giornalista, e' l'autore di The End of Victory Culture, a history of the collapse of American triumphalism in the Cold War era; gestisce il sito TomDispatch.com, che definisce: "un regolare antidoto ai media dominanti"] Cindy Sheehan e' la madre di Casey, un soldato ucciso a Sadr City il 4 aprile 2004, pochi giorni dopo il suo arrivo in Iraq. Il movimento che sostiene Cindy ha preso forma nelle ombre, su internet, ha cominciato a mostrarsi in forze nei campi a Crawford, ed attualmente sembra in grado di mutare la mappa politica degli Usa. Quando arrivo alla dimostrazione Cindy e' una figura distante, che cammina con una troupe di "Good Morning America" fra le croci bianche che sono state piantate qui. Jodie, una delle attiviste antiguerra di "Code Pink" che indossa uno stravagante cappello ornato di piume rosa, mi dice di restare nei paraggi con Joan Baez, i genitori dei soldati, i veterani, i giornalisti e tutta quest'altra gente: Cindy non manchera' all'appuntamento che ha con me. Ad ogni passo che fa, viene circondata dalla folla. Abbraccia qualche persona, si fa fotografare con chi glielo chiede, ascolta brevemente ma con attenzione chi le dice che e' venuto dalla California o dal Colorado solo per incontrarla. E' incrollabilmente paziente. Ha una parola per ciascuno e per tutti. Piu' tardi mi dira': "La maggior parte delle persone, se mi seguisse per un'intera giornata, andrebbe in coma gia' alle undici del mattino". La sua figura mi sorprende. E' imponente, alta, certamente mi sovrasta. Forse sono sorpreso perche' generalmente si pensa che una madre ferita debba essere, in qualche modo, una creatura piccola e "diminuita". Infine, pochi minuti dopo le cinque del pomeriggio, Jodie mi fa un fischio e mi conduce al sedile posteriore di un'auto, dove Cindy siede fra me e Joan Baez. La sorella di Cindy, Dede, che indossa una maglietta con su scritto "Tutto cio' che la guerra puo' fare, la pace sa farlo meglio", sale al posto di guida. Mentre l'auto si muove, Cindy si volta verso di me: "Cominciamo?". * - Tom Engelhardt: Tu hai detto che gli errori fatali della presidenza di George Bush sono l'Iraq e l'uragano Katrina. A che punto credi stiamo, oggi? - Cindy Sheehan: L'invasione dell'Iraq e' stata un grosso errore, una guerra politica. I soldi che dovevano servire per le truppe sono finiti nelle tasche dei profittatori. Non solo non dovremmo essere la', ma l'esserci rende il nostro paese molto vulnerabile. La guerra sta creando nemici per i nostri figli e i figli dei nostri figli. Uccidere arabi musulmani innocenti, che non avevano alcuna animosita' verso gli Usa ci sta solo creando problemi. Katrina e' stato un disastro naturale, ma il disastro creato dagli uomini subito dopo e' stato orribile. Voglio dire, in primo luogo tutte le nostre risorse sono in Iraq, in secondo luogo le scarse risorse che avevamo sono state usate troppo tardi. George Bush giocava a golf e mangiava la torta di compleanno con John McCain mentre la gente se ne stava appesa alle proprie case pregando di essere soccorsa. Il presidente e'' del tutto "disconnesso" da questo paese, e dalla realta'. Ho sentito un commento, ieri, che mi smebra perfetto. Un uomo mi ha detto che Katrina sara' per Bush quello che Monica e' stata per Clinton. E' vero, solo che e' assai peggio. * - Tom Engelhardt: Che le famiglie di soldati uccisi guidino un movimento contro la guerra suona logico, ma storicamente parlando e' insolito. Mi domando cosa pensi tu, voglio dire, del perche' e' accaduto qui, ed e' accaduto ora. - Cindy Sheehan: Questa domanda e' un po' come quella che mi fanno certe persone: "Perche' nessuno aveva mai pensato prima di andare a protestare al ranch di Bush?". * - Tom Engelhardt: Vero, intendevo chiederti anche questo. - Cindy Sheehan: (ride) Non lo so. So che l'ho pensato e l'ho fatto. Degli impegni che avevo sono stati cancellati e cosi' mi sono trovata con l'intero mese di agosto libero. Sono andata a Dallas, al convegno dei Veterani per la Pace. L'ultimo colpo era arrivato il 3 agosto, con i 14 marines uccisi e George Bush che diceva che tutti i nostri soldati erano morti "per una nobile causa", e che noi dovevamo onorare il loro sacrificio continuando la missione. In quel momento non ne ho potuto piu'. Quel che e' troppo e' troppo, e cosi' mi e' venuta l'idea di andare a Crawford. Il primo giorno eravamo in sei, seduti nelle sdraio sotto le stelle. Poi e' cominciata ad arrivare moltissima gente e abbiamo pianificato l'azione man mano che le condizioni cambiavano, spontaneamente. Per essere una cosa cosi' spontanea e' risultata efficace, ha funzionato. * - Tom Engelhardt: Tu hai scritto che il rifiuto di incontrarti da parte di George Bush e' stata la scintilla che ha incendiato la prateria. E che il fatto di rifiutarsi riflette la sua vigliaccheria. Hai anche detto che se ti avesse incontrato quel giorno... - Joan Baez: Quel giorno fatale... - Tom Engelhardt: Si', hai scritto che se ti avesse incontrata in quel giorno fatale le cose potevano andare assai diversamente. - Cindy Sheehan: Se mi avesse ricevuta, so che mi avrebbe mentito. Gli avrei chiesto ragione delle sue menzogne e non sarebbe stato un bell'incontro, ma avrei lasciato Crawford, e probabilmente avrei rilasciato qualche intervista e scritto qualcosa su quello che era accaduto. La cosa non avrebbe acceso la scintilla di questo grande e variegato movimento per la pace. Percio', credo che abbia fatto un favore al movimento per la pace rifiutandosi di incontrarmi. * - Tom Engelhardt: Penso che l'errore peggiore l'abbia fatto mandando a parlarti il consigliere per la sicurezza nazionale Stephen Hadley e il capo dello staff della Casa Bianca Joe Hagin, come se tu fossi stata il primo ministro della Polonia. (Cindy ride) E allora, cosa ti hanno detto questi due? - Cindy Sheehan: Mi hanno chiesto: "Cosa vuoi dire al presidente?". E io ho risposto: "Voglio chiedergli qual e' la nobile causa per cui mio figlio e' morto". E loro sono andati avanti un bel po' con "rendere l'America sicura dal terrorismo, e la liberta' e la democrazia, bla bla bla". Tutte scuse che non intendevo accettare e se dovevo sentirle, volevo sentirle dal presidente. Poi hanno parlato delle armi di distruzione di massa come se ci credessero davvero. E io facevo: "Ma no, non mi dica, signor Hadley, davvero?". Alla fine ho detto: "Questa e' una perdita di tempo. Posso anche essere una madre addolorata, ma non sono una stupida. Sono ben informata, e voglio incontrare il presidente". Mi risposero che gli avrebbero riportato le mie parole. Ad un certo punto avevano detto: "Non siamo venuti qui credendo di cambiare il suo punto di vista politico". E io ho replicato: "Invece si', siete venuti per questo". Credevano di intimidirmi, di impressionarmi con quegli alti funzionari. Credevano che dopo averli sentiti io avrei detto: "Oh, non avevo considerato questa cosa. Va bene ragazzi, lasciamo stare". E' stata una mossa che gli si e' ritorta contro, mandarmeli, perche' di colpo ho acquisito credibilita' e i media hanno pensato che la storia valesse la pena di essere raccontata. * - Tom Engelhardt: Si', com'e' stato? Da un anno leggevo i tuoi interventi in internet, pero'... - Cindy Sheehan: Nei circoli progressisti ero gia' abbastanza nota. Ma di colpo sono diventata nota in tutto il mondo. Le mie figlie erano in vacanza in Europa quando mia madre ebbe il collasso. Mio marito ed io decidemmo di non dirlo alle ragazze, per non rovinare la loro vacanza, ma loro ebbero la notizia dalla tv. Questa cosa e' divampata portando attenzione, anche non voluta come quella che mi riservano i media di destra, ma non mi turbano per niente. Io stavo lavorando gia' da un bel po', avevo fatto conferenze stampa, interviste. E' solo l'intensita' che e' cambiata, il mio messaggio e' rimasto lo stesso. Non e' stato un colpo di testa il 6 agosto, per dire. I media non riuscivano a credere che qualcuno potesse mandare un messaggio come il mio facendolo in modo articolato ed intelligente. In primo luogo sono una donna, in secondo luogo sono una madre addolorata, e allora bisogna marginalizzarmi, e dire che qualcuno mi muove come una marionetta. In fondo il nostro presidente articolato ed intelligente non lo e' mai, percio' qualcuno gli tira i fili e allora qualcuno deve tirare i fili anche a Cindy Sheehan. Questo mi ha offesa. Riesci a pensare a qualcuno che mi mette le parole in bocca? (ride) Prova a chiedere in giro! * - Tom Engelhardt: Vorrei che mi parlassi della tua schiettezza, del modo diretto in cui ti esprimi, perche' le parole che usi, come "crimini di guerra", non sono parole che gli americani sentono spesso. - Cindy Sheehan: Tutto quel che devi fare e' considerare il Tribunale di Norimberga o la Convenzione di Ginevra. Chiaramente si commettono crimini di guerra. Chiaramente questi li hanno commessi, e' nero su bianco, non sono io che me ne vengo fuori con un'idea astratta. Hanno rotto ogni trattato. Hanno disatteso la nostra Costituzione, la Convenzione di Ginevra, tutto. Se qualcuno questo non lo dice, significa forse che non e' successo? Ma qualcuno doveva dirlo, e l'ho fatto io. Ho definito Bush un terrorista. Lui dice che un terrorista e' qualcuno che uccide gente innocente, la definizione e' sua. Percio', per sua stessa definizione, George Bush e' un terrorista, visto che ci sono almeno 100.000 iracheni innocenti che sono stati uccisi. E afgani innocenti che sono stati uccisi. E penso che l'opposizione tradizionale sia contenta che sia io a dirlo, cosi' non devono farlo loro. Non sono abbastanza forti o coraggiosi, oppure pensano di giocarsi qualche posizione politica. * - Tom Engelhardt: Ho letto un sacco di articoli in cui tuo figlio Casey viene dipinto come un ragazzo "casa e chiesa", come il perfetto boy scout. Ti andrebbe di dirmi qualcosa su di lui? - Cindy Sheehan: Era molto calmo. Non l'ho mai visto furioso, o sfrenato. Ho un altro figlio, e due figlie. Lui era il maggiore, e gli altri lo adoravano. Non ha mai dato nessun problema, ma era uno che procrastinava, il tipo di persona che se doveva presentare un lavoro importante a scuola aspettava l'ultimo giorno utile per farlo. Ma quando ebbe un lavoro, perche' lavorava a tempo pieno prima di entrare nell'esercito, non e' mai arrivato in ritardo, ne' ha perso una giornata in due anni. La ragione per cui parlano di lui come "casa e chiesa" e' perche' la chiesa era il suo principale interesse, persino quando ci lascio' per entrare nell'esercito. Dava una mano in chiesa, non mancava mai alla messa. Era diventato quello che chiamano "ministro eucaristico". * - Tom Engelhardt: Perche' decise di entrare nell'esercito? - Cindy Sheehan: Fu un reclutatore ad agganciarlo, probabilmente in un momento in cui lui era vulnerabile. Gli promise un mare di cose, e non mantenne neppure una delle sue promesse. Era il maggio del 2000. Non c'era stato l'11 settembre, George Bush era di la' da venire. Quando Bush divenne il "comandante in capo" di mio figlio, il suo destino fu segnato. George Bush era intenzionato ad invadere l'Iraq ancora prima di essere eletto presidente. Lo disse quando era ancora governatore del Texas: "Se fossi io il comandante in capo, ecco cosa farei". Per tornare a mio figlio, il reclutatore gli promise 20.000 dollari. Ne ebbe solo 4.000 alla fine dell'addestramento avanzato. Gli era stato promesso un computer portatile, cosi' avrebbe potuto seguire le lezioni dovunque fosse stato mandato. Non l'ha mai avuto. Gli promisero che avrebbe potuto terminare il college, perche' aveva frequentato un solo anno prima di entrare nell'esercito. Non glielo hanno mai lasciato fare. La cosa piu' terribile che il reclutatore gli promise e' che non sarebbe mai andato in guerra, neppure se ne fosse scoppiata una, perche' aveva ottenuto risultati cosi' alti nel test Asvab (detto anche "valutazione delle possibilita' di carriera") che non sarebbe stato mandato a combattere, ma avrebbe avuto un ruolo di sostegno. Era in Iraq da cinque giorni quando fu ucciso. * - Tom Engelhardt: Qual e' il tuo background politico? - Cindy Sheehan: Sono sempre stata una liberale democratica, ma non credo che quello che faccio sia di parte. Riguarda la vita e la morte. Nessuno ha chiesto a Casey di che partito politico era, prima di mandarlo a morire in una guerra ingiusta e immorale. * - Tom Engelhardt: So che hai incontrato Hillary Clinton ieri. Cosa pensi in generale dei democratici? - Cindy Sheehan: Che sono stati deboli. Penso che Kerry abbia perso perche' non ha contrastato con sufficiente forza Bush a proposito della guerra. Si e' presentato come un incubo peggiore di Bush: "Mandero' piu' truppe, daro' la caccia ai terroristi e li faro' fuori!". Queste non erano le cose giuste da dire. Le cose giuste da dire erano: "Questa guerra e' sbagliata, George Bush ci ha mentito e delle persone sono morte a causa delle sue bugie: queste persone non avrebbero dovuto morire. Se sara' eletto, faro' di tutto per portare a casa i nostri soldati al piu' presto possibile". Purtroppo, invece di accorgersi che il fallimento di Kerry stava proprio nel non aver preso posizione, i democratici hanno continuato a dire le stesse cose. Howard Dean se ne e' venuto fuori con una dichiarazione in cui augura al presidente di aver successo in Iraq. Cosa significa? Come puo' aver successo qualcuno che non ha obiettivi, la cui missione non e' definita, i cui scopi non sono chiari? Quello che abbiamo fatto a Camp Casey dovrebbe aver dato ai democratici una scossa. Comunque le porte sono aperte, ai democratici ed ai repubblicani. Come ha detto l'ex deputato al Congresso Tom Andrews: se non vogliono vedere la luce, allora sentiranno il calore. E io credo lo stiano sentendo. Le cose cominciano ad accadere: alcuni repubblicani come Chuck Hagel e Walter Jones non sono piu' in linea con il partito. Abbiamo incontrato un politico repubblicano ieri, per il momento non voglio fare il suo nome per non bruciarlo, ma sembra qualcuno con cui si puo' lavorare. Naturalmente, quando ci saranno le elezioni per il Congresso, diremo pubblicamente ai suoi elettori che sulla guerra si puo' lavorare con lui. * - Tom Engelhardt: Il movimento contro la guerra pensa di influenzare le elezioni come forza politica? - Cindy Sheehan: E' la guerra la questione, la posizione che si ha rispetto alla guerra. Se alle persone interessa questa cosa, allora devono lavorarci sopra. Stiamo per dare inizio alla campagna "Incontra le madri". Andremo a disturbare ogni singolo deputato e ogni singolo senatore, affinche' attesti con esattezza da che parte sta rispetto alla guerra. La gente dello stato di New York, per esempio, potra' dire ai propri senatori: se non dici con chiarezza che le truppe vanno portate a casa al piu' presto possibile, non ti rieleggeremo. * - Tom Engelhardt: Il colloquio con Hillary Clinton e' stato soddisfacente? - Cindy Sheehan: La sua posizione e' ancora quella di mandare piu' soldati e di onorare il sacrificio dei caduti, suona come la posizione di Bush. Ma il dialogo e' stato aperto. * - Tom Engelhardt: Non ti sembrano strani questi politici, come il senatore Joe Binden, che chiedono di mandare altre truppe in Iraq, quando tutti sappiamo che non ci sono altre truppe? - Cindy Sheehan: Si', e' una cosa folle. Dove pensano di prenderle? Mandiamo altri soldati in Iraq e lasciamo il nostro paese ancora piu' vulnerabile ai disastri di qualunque tipo? * - Tom Engelhardt: Tu vuoi che le truppe siano ritirate subito. Bush non intende farlo, ma hai pensato a come procederesti tu se potessi farlo tu stessa? - Cindy Sheehan: Quando diciamo "subito", non intendiamo che tutti possano essere a casa domani. Spero che questo si capisca. Bisogna iniziare il ritiro dalle citta', portando i soldati ai margini e poi fuori. L'esercito va rimpiazzato con forze irachene, per ricostruire il paese. Tu lo sai, hanno la tecnologia e le capacita' per farlo, ma non hanno lavoro. Quanto disperato deve essere un uomo per mettersi in fila allo scopo di ottenere un posto nella Guardia Nazionale irachena? Vengono uccisi solo stando li' ad aspettare lavoro! Bisogna dar loro il sostegno di cui hanno bisogno per ricostruire un paese che e' nel caos. Quando il nostro esercito andra' via, un bel po' di violenze cesseranno. Ci saranno magari lotte a livello regionale fra le differenti comunita', ma questo accade gia' ora. Gli Inglesi crearono questo paese mettendo insieme pezzi che insieme non volevano stare: forse avrebbero dovuto essere tre nazioni, non una, ma questa e' una decisione che compete a loro, non a noi. * - Tom Engelhardt: E che ti aspetti per il futuro? Abbiamo ancora piu' di tre anni e mezzo di amministrazione Bush. - Cindy Sheehan: No, non li abbiamo! (sorride) Ricordati che Katrina sara' la Monica di Bush. Non e' piu' una questione di "se", e' una questione di "quando" perche' chiaramente questi sono criminali. Voglio dire, guarda chi ha avuto i contratti per ripulire e ricostruire New Orleans. E' ancora la Halliburton. E' pazzesco. Ma e' cosi' che accadra'. So che le indagini sono state richieste. George Bush e' giusto pronto ad implodere. Gli hai dato un'occhiata, ultimamente? E' un uomo che ha perso totalmente il controllo della situazione. * Coloro che volessero leggere di Cindy Sheehan nelle sue stesse parole possono consultare il suo archivio nel sito www LewRockwell.com, oppure dare un'occhiata al sito www.Afterdowningstreet.com che presenta puntualmente le sue attivita'. 7. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: DUEMILA MORTI: NON UNO DI PIU' "La disobbedienza civile diventa un dovere sacro, quando lo stato diventa illegale e corrotto" (Mahatma Gandhi). Sfortunatamente, il duemillesimo americano morto in Iraq e' arrivato fin troppo presto (1). In aggiunta alle giovani vite perdute in Iraq, 246 dei nostri uomini e donne sono stati uccisi in Afghanistan. La guerra e le nostre truppe laggiu' ottengono, se possibile, ancora meno attenzione di quelle in Iraq. Io sono a Washington, ora, con una coalizione di gruppi pacifisti ed attivisti locali. Terremo veglie davanti alla Casa Bianca per il resto della settimana, da mezzogiorno alle otto di sera. Ogni giorno distribuiremo braccialetti neri di stoffa, e faremo scrivere su di essi, ad ogni persona che li prendera', il nome di un soldato "ucciso in azione" ed il suo numero. Ogni braccialetto simboleggia anche 50 innocenti iracheni uccisi. Ogni giorno, alle 18, terremo un "die in", ovvero chiederemo alle persone presenti di sdraiarsi a terra e rappresentare un soldato morto. A quel punto, la polizia presente ci dara' tre avvisi prima di arrestarci. Noi non chiediamo a nessuno di lasciarsi arrestare: questa e' una decisione del tutto personale. Io ho pianificato di non alzarmi da terra, il giorno dopo il duemillesimo soldato ucciso. Potrebbero arrestarmi (2). Poi, quando mi lasceranno andare, tornero' li' e mi sdraiero' di nuovo. Noi in America abbiamo permesso a questa amministrazione criminale di cavarsela con gli omicidi per troppo tempo. Ora basta. E' tempo di cominciare a praticare la disobbedienza civile nonviolenta su larga scala. Martedi' 25 ottobre digiuneremo per tutto il tempo della veglia, in solidarieta' con gli iracheni e gli americani che soffrono durezze ogni giorno. Chiediamo all'America di digiunare in solidarieta' con noi. Mercoledi' 26 ottobre, alle 10,30 del mattino, ci recheremo al cimitero di Arlington per deporre una corona sulla tomba del Milite Ignoto. Poi torneremo alla Casa Bianca per la nostra veglia. Giovedi' 27 ottobre, sempre alle 10,30, consegneremo una corona e biglietti di solidarieta' all'ambasciata irachena. Chiediamo alle persone che si uniscono alla nostra veglia nel Lafayette Park di portare biglietti scritti da loro stesse. Poi torneremo alla Casa Bianca per la nostra veglia. Venerdi' 28 ottobre, sempre alle 10,30, consegneremo fiori e biglietti d'auguri all'ospedale "Walter Reed". Poi torneremo alla Casa Bianca per la nostra veglia. Domani chiedero' ancora al presidente Bush di rispondere alla mia domanda: "Per quale nobile causa?" Non ce n'e' nessuna. I nostri figli e il popolo iracheno stanno morendo e soffrendo senza causa alcuna, se si eccettuano il potere ed i criminali avidi di denaro. I numeri sono scioccanti. Nei 32 mesi dell'Iraq sono stati uccisi in azione piu' soldati statunitensi che nei quattro primi anni del Vietnam. Questo non e' un altro Vietnam, gente. Questo e' peggio. Non possiamo permettere alle persone che dirigono il nostro paese di continuare a dirigerlo verso una tomba. E' venuto il momento di esercitare il nostro sacro dovere come esseri umani. Vediamo di diventare pacificamente radicali. * Note 1. Si tratta del Sergente George T. Alexander Jr., 34 anni di Killeen, Texas. E' morto a causa delle ferite riportare il 17 ottobre 2005 (ndt). 2. Decisa a farsi arrestare con Cindy Sheehan c'e' Ann Wright, una dei tre diplomatici del Dipartimento di Stato ad aver rassegnato le dimissioni per protesta contro la guerra in Iraq. (ndt). 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1205 del 13 febbraio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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