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La nonviolenza e' in cammino. 1204
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1204
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 12 Feb 2006 02:10:29 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1204 del 12 febbraio 2006 Sommario di questo numero: 1. Lorella Pica: Una lettera dal Costarica 2. Alessandra Antonelli ricorda Andrea Santoro 3. "Attualita' di Danilo Dolci", una settimana di incontri a Pisa 4. Enrico Peyretti: Alcuni temi e problemi in Etty Hillesum 5. Ermanno Genre ricorda Dietrich Bonhoeffer 6. Guido Caldiron intervista Meir Shalev 7. Gaetano Arfe' presenta "La ragazza del secolo scorso" di Rossana Rossanda 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. ESPERIENZE. LORELLA PICA: UNA LETTERA DAL COSTARICA [Ringraziamo Lorella Pica dell'associazione "Sulla strada" (per contatti: sullastrada at iol.it) per questa lettera. Lorella Pica (per contatti: lorellapic at libero.it), gia' apprezzata pubblica amministratrice, e' impegnata nell'associazione "Sulla strada", nella rivista "Adesso", in molte iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza. Carlo Sansonetti, parroco di Attigliano, ha preso parte a varie rilevanti esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in America Latina, ed e' trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla strada". Per sostenere le attivita' di solidarieta' in America Latina e in Africa dell'associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr), tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail: sullastrada at iol.it, sito: www.sullastradaonlus.it; l'associazione promuove anche un periodico, "Adesso", diretto da Arnaldo Casali, che si situa nel solco della proposta di don Primo Mazzolari; per contattare la redazione e per richiederne copia: c. p. 103, 05100 Terni, e-mail: adesso at reteblu.org, sito: www.reteblu.org/adesso] "Nessuna persona o istituzione potra' stabilire di fatto o di diritto osterie o vendite di bevande alcoliche dentro le riserve indigene": sono le testuali parole di una legge del Costa Rica. Mi vengono in mente quei film degli indiani e cow boy di quando ero piccola, dove si vedevano i bianchi, conquistatori di praterie indiane, con fucili e borracce di whisky. Agli indiani veniva dato l'alcool, e loro, ubriachi ("emborrachados", come si dice qui), erano presto prede del vizio e schiavi di chiunque potesse procurar loro quella sostanza magica e diabolica insieme. Nella riserva indigena di Guanacaste di Ujuarras sembra che niente sia cambiato, anzi, se possibile le cose sono anche peggiorate. * Siamo venuti qui lo scorso anno, per aver ascoltato il "grido d'aiuto" di un nostro amico, Silvino, che vive nella riserva con la sua famiglia da generazioni: "Tutti, giovani e grandi, sono presto vittime del vizio della chicha" (il liquore dei poveri, pessimo, fatto con il mais fermentato). E' l'unica attrazione nella riserva indigena, sempre piu' isolata dal mondo (ci vuole un'ora di cammino, il guado di un fiume e un'ora di autobus per arrivare al primo centro abitato e quindi anche da un dottore). Silvino ci dice che non vuole consegnare i suoi quattro figli, ne' gli altri bambini del villaggio, a questo vizio che sta gia' ditruggendo tanta della sua gente e tanti di quelli che egli ama. Abbiamo allora iniziato un progetto di recupero della cultura indigena e di sviluppo agropecuario, insieme a pochi volenterosi e non ancora disperati. Sono soprattutto donne, che si sono ritrovate a dover portare avanti da sole la loro numerosa famglia, perche' i mariti sono caduti nel vortice dell'alcolismo. Oggi c'e' un bel pollaio, un grande orto e una serra per la produzione di spezie e ortaggi vari, una piccola coltivazione di fagioli, e, infine, una vasca per l'allevamento delle "tilapias", una specie di trote costaricensi. Gia' un ragazzo, Jose' Luis, che prima era vittima dell'alcool, e passava le sue giornate tra piccoli lavori rimediati e l'osteria, si e' avvicinato al nostro progetto, ha chiesto di collaborare e speriamo di poter dire presto che e' uscito dal suo dramma. * Tutto e' bene quel che finisce bene, verrebbe da dire. E invece no. E' una dura lotta, ogni giorno, ogni minuto. Ogni domenica soprattutto! Infatti, ogni domenica, si organizzava, dopo la messa, con il "silenzio-assenso" del parroco, la vendita di alcool per raccogliere i soldi per la chiesa. Oggi questo non e' piu' possibile per la resistenza e il diniego da parte del nostro progetto e delle persone che ci lavorano. Silvino ha dovuto resistere al parroco e ha posto un veto sulla vendita della chicha fuori della chiesa. Per raccogliere i soldi ora lui va casa per casa e chiede la collaborazione generosa e gratuita dei fedeli. E' piu' faticoso, ma la chicha no! Il parroco e' arrabbiato e la chiesa la domenica e' vuota: ci sono solo donne e bambini, mentre gli uomini non vengono piu' perche' la chicha non c`e'. * Siamo di meno nella piccola chiesetta della riserva, ma c'e' uno in meno anche nell'osteria dove illegalmente, come in tutte le riserve indigene, si continua impunemente a vendere alcool a piccoli e grandi. Questo uno e' Jose' Luis, e' la nostra speranza, e' la speranza di una comunita' che vuole rinascere, e' anche la speranza di quei tanti ubriachi disperati che nella notte di domenica scorsa, in cui ha celebrato la messa il nostro don Carlo, denunciando gli scandali, sono venuti nel buio lungo i sentieri della foresta, fino alla nostra piccola casetta, a cercare quel padre che ha detto parole nuove. Queste parole, rimbalzate non so come anche alle orecchie di chi a messa non c'era, hanno dato speranza ai senza speranza, hanno dimostrato coi fatti concreti che rinascere si puo': basta resistere. Il nostro progetto in Costa Rica si chiama "Buigina" che in lingua cabecar vuol dire "algo de bueno", "qualcosa di buono". Non smettiamo di credere che anche in mezzo a tanta disperazione, ingiustizia, impunita' e scandalo si puo' fare qualcosa di buono, se siamo uniti, se ci crediamo e se ci diamo da fare. 2. MEMORIA. ALESSANDRA ANTONELLI RICORDA ANDREA SANTORO [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riportiamo il seguente ricordo di don Andrea Santoro. Alessandra Antonelli e' giornalista dell'Ansa in Palestina. Andrea Santoro e' il sacerdote cattolico assassinato in Turchia alcuni giorni fa] Nel baccano feroce di attacchi di piazza in Medio Oriente e dichiarazioni ignoranti e arroganti in Europa, l'uccisione di don Andrea Santoro in Turchia mi e' dapprima scivolata addosso cosi', come decine di altre notizie. Per me don Andrea Santoro e' sempre stato don Andrea e basta - forse per questo non ho immediatamente collegato il nome al volto invece cosi' familiare. In questi giorni di isteria culturale e religiosa mi e' stato chiesto di intervenire o scrivere in qualita' di giornalista, di cristiana in Medio Oriente, e di moglie di musulmano. E mi sono trovata a domandarmi se, e quanto, quella che sono oggi e il percorso interiore e geografico che ho seguito nella mia vita, sia dovuto anche a don Andrea. La mia avventura di fede, grandi entusiasmi e dubbi profondi, e' iniziata sotto la sua guida pacata e rivoluzionaria. Una guida che ha fatto della parrocchia romana della Trasfigurazione una pioniera in scelte innovative: via il prete dall'altare, banchi in cerchio e sacerdote tra la gente, rock e salmi, messe solo per bambini, e sempre - sempre - apertura e accoglienza: della comunita' argentina di esiliati negli anni dei desaparecidos prima e dei primi musulmani di quartiere poi. Accoglienza concreta: ospiti in alcuni locali dell'oratorio rimessi a nuovo e ospiti nelle celebrazioni con condivisione di riti e preghiere. Quando il "fenomeno islamico" ha iniziato ad ispessirsi don Andrea non era piu' in Trasfigurazione - ma la sua eredita' si', ed e' ancora li', e' ancora qui, in tutti quelli che come me hanno condiviso con lui le esperienze di quegli anni. E paradossalmente, saranno stati proprio tutti quegli anni di "militanza cattolica e umana" che l'essere sposata oggi ad un musulmano e il vivere in un paese islamico mi appaiono la cosa piu' naturale del mondo? * Quella che segue e' una riflessione sui rapporti tra islam e cristianesimo, stralciata dall'ultima lettera che don Andrea ha spedito dalla Turchia a "Finestra per il Medio Oriente" a fine ottobre 2005. Credo valga la pena leggerla - specie in questi giorni di ottusi confronti. "A volte ho l'impressione che questi mondi non si parlino in profondita', ma facciano come quelle coppie che parlano solo di spesa, di bollette, di mobili da spostare e di salute dei figli: si illudono di comunicare e invece diventano sempre piu' estranei. Europa e Medio Oriente, Cristianesimo e Islam, devono parlare di se stessi, della propria storia passata e recente, del modo di concepire l'uomo e di pensare la donna, della propria fede. Devono confrontarsi sull'immagine che hanno di Dio, della religione, del singolo individuo, della societa', di come coniugano il potere di Dio e i poteri dello stato, dei doveri dell'uomo davanti a Dio e dei diritti che Dio, per grazia, ha conferito alla coscienza umana. "Devono confrontarsi su cosa intendono per vita, famiglia, futuro, progresso, benessere, pace, sul senso che danno al dolore e alla morte, su cosa voglia dire che i popoli sono molti ma l'umanita' e' una, che la terra e' divisa in nazioni territoriali ma tutta intera e' una casa comune. "Bisogna che accettino di fare a voce alta un esame di coscienza, senza timore di rivedere il proprio passato. "Devono aiutarsi a vicenda a purificare il proprio passato e la propria memoria. Solo dall'umilta' davanti alle proprie colpe e dalla misericordia davanti alle colpe dell'altro puo' nascere una riconciliazione fatta di reciproca 'assoluzione'. "Io credo che ognuno di noi, dentro di se', possa diminuire la distanza tra questi due mondi. "Ma solo col cuore spalancato dall'amore non con i sentimenti duri di chi ha sempre un 'avversario' davanti". 3. INCONTRI. "ATTUALITA' DI DANILO DOLCI", UNA SETTIMANA DI INCONTRI A PISA [Da Francesco Cappello (per contatti: tel. 0503193343, cell. 3470654546, e-mail: francescocappello at danilodolci.toscana.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Francesco Cappello e' impegnato nel Gruppo maieutico toscano "Danilo Dolci". Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004] "Inventare il futuro. Attualita' di Danilo Dolci", Pisa, 27 febbraio - 4 marzo 2006 * Il programma delle iniziative, ricchissimo di eventi che valorizzano varie forme di comunicazione, e che prevede la partecipazione di prestigiosi testimoni e studiosi, puo' essere richiesto alla segreteria organizzativa: Stazione Leopolda, e-mail: info at leopolda.it; e al Gruppo maieutico toscano "Danilo Dolci", sito: www.danilodolci.toscana.it * Enti patrocinatori: Comune di Pisa, Amministrazione Provinciale di Pisa, Universita' degli studi di Pisa, Scuola normale superiore, Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant'Anna, Scuola di specializzazione all'insegnamento secondario, Centro per lo sviluppo creativo Danilo Dolci (Trappeto. Palermo), Verein zur Forderung des werkes von Danilo Dolci (Svizzera), Associazione Amici di Danilo Dolci di Agropoli - Salerno, Associazione Lucignolo, Azienda ospedaliera pisana, Fondazione Arpa, Circoscrizione n. 5 e n. 6, Liceo scientifico "Dini", Istituto alberghiero "Matteotti", Istituto d'arte "Russoli", Liceo sociopedagogico "E. Montale" di Pontedera, Casa circondariale "Don Bosco", Casa della donna, Centro Gandhi, Casa della citta' Leopolda, Libreria Feltrinelli, Cinema Lumiere, Cinema teatro Lux, Associazione Lucignolo, Casa editrice Ets Pisa, Arsenali Medicei srl, Associazione albergatori pisani, Associazione ristoratori pisani. * Comitato scientifico: Claudio Palazzolo, preside della Facolta' di Scienze Politiche - coordinatore; Paolo Pezzino, prorettore, Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea; Alfonso Iacono, preside della Facolta' di Lettere e Filosofia; Luca Curti, Facolta' di Lettere e Filosofia - Direttore Ssis Toscana; Remo Bodei, Facolta' di Lettere e Filosofia; Enrico Taliani, Facolta' di Scienze Sociali; Paolo Cristofolini, Scuola Normale Superiore; Mario Aldo Toscano, Facolta' di Scienze Sociali; Franco Bonsignori, Facolta' di Legge; Barbara Henry, Scienze per la pace, Istituto Sant'Anna; Giorgio Gallo Scienze per la Pace; Rocco Altieri, Scienze per la Pace; Maria Antonella Galanti, Facolta' di Lettere; Alessandro Pizzorusso, Diritto Costituzionale; Tiziano Raffaelli Dipartimento di Filosofia; Marcello Rossi, direttore della rivista "Il Ponte". * Comitato promotore e organizzatore: Gruppo maieutico toscano "Danilo Dolci", sito: www.danilodolci.toscana.it * Segreteria organizzativa: Stazione Leopolda, tel. 21531, e-mail: info at leopolda.it 4. MATERIALI. ENRICO PEYRETTI: ALCUNI TEMI E PROBLEMI IN ETTY HILLESUM [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci messo a disposizione - in stesura ancora parziale e provvisoria - questo strumento di lavoro. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Etty Hillesum e' nata a Middelburg nel 1914 e deceduta ad Auschwitz nel 1943, il suo diario e le sue lettere costituiscono documenti di altissimo valore e in questi ultimi anni sempre di piu' la sua figura e la sua meditazione diventano oggetto di studio e punto di riferimento per la riflessione. Opere di Etty Hillesum: Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, 1996; Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001. Opere su Etty Hillesum: AA. VV., La resistenza esistenziale di Etty Hillesum, fascicolo di "Alfazeta", n. 60, novembre-dicembre 1996, Parma. Piu' recentemente: Nadia Neri, Un'estrema compassione, Bruno Mondadori Editore, Milano 1999; Pascal Dreyer, Etty Hillesum. Una testimone del Novecento, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Sylvie Germain, Etty Hillesum. Una coscienza ispirata, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002] Legenda: D = Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985. L = Etty Hillesum, Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990. Il numero indica la pagina. * - aborto: D 81-83 - addolorata contentezza: L 80 - amicizie: L 74 - amore: D 206 - amore per gli altri: L 114-5, 118, 123-4, - amore plurale, cosmico: D 61, 51, 93, 130, 149, 154, 155, 158, 172, 174, 191, 215-6, 218, 235, 238, L 22 nota, 23, 58, 85 nota - artista: D 50, 108, 157 - bambini: L 44, 61, 64, 65, 117-8, 125-6, 129, 131-2, 132-4 - bibbia: L 68-9, 83, 107-8, 113,149 - cambiare noi stessi: D 100, 212 - conosce il suo destino: D 128, 132-4, 136, 138, 163 (1) - Consiglio Ebraico: D 168-9, 191, 228, L 74 nota, 94, 96-7, 108 nota, 130-1, 142 - cosi' difficile morire: L 129 - cristianesimo: D 79, 112, 127, 186, 198, 207, 212, 219, 230, 235 - cuore pensante: D 196, 230 (cfr salmo 90,12) - dall'interno verso l'esterno: D 121,139 - deportazione: D 107 - diario: D 192, L 59 - diario di P. Mechanicus: L 74 - Dio: D 60, 74, 134, 163, 169, 176, 178, 181, 194, 196, 201, 216-7, 220, L 62, 79, 129, 134, 143, 148 (cfr 75), 149 - Dio - anima: D 167 - disperazione: D 174 - distruzione: D 140 - dolore: D 136, 185, 223-4, 161, 173, L 46, 87 - donna e uomo: D 51-52, 65, 84, 191, 223 - ebrea, non cattolica: D 135 - Edith Stein: L 43 nota - egoismo: L 56 - Erenburg: L 72 nota - essere umani e' possibile in tutte le circostanze: L 45, 82, 118-9, - Etty: D 179, 232 - fare = essere: D 222 - fiducia: D 164, L 148 (cfr 75),118-9 (tutto e' bene e male) - fine-inizio: L 55 - fuori la guerra, dentro la pace: D 100, 160 - il comandante: L 140 - il distacco: L 106 - inesplicabile, incomprensibile: L 65, 70, 75, 148 - inferno: L 132 ss, 134 (poesia) - inginocchiarsi: D 90,108, 229, 235 - isteria: D 97, 124 - la bellezza nell'orrore: D 215 - le poche cose grandi: L 74 - legami tra le persone: L 120-1 - leggere e scrivere: D 232 - libri (nello zaino): D 83, 112, 159, 165, 209, 218, 230, 259, L 101, 113 - malvagita' = paura: D 211-12 - matrimonio: D 65, 104, 191 - monaci: L 43 - morte: D 140 - nella natura ci sono leggi compassionevoli: L 96 - nemici: D 211, 213 - non piu' fare, solo essere: L 105 - nonviolenza: D 215 (fondo comune) - occhi: D 217, 165 (e mani, e dita) - odio: d 157, 167, 172, (178), 181-2, 183, 207, 210-12, L 51, 87 - partenti per la Polonia: L 78, 128-144 - per dopo: L 74 - perdono: D 207 - pessimismo: D 82 - piu' facile pregare da lontano che stare vicini: L 105 - poverta': L 51, 62 - preghiera: D 74, 162, 169-71, 176, 178, 179, 181, 229, 231, 235-6, L 104, 105, 106, 122-3 - raggiante, irraggiare, "sole interiore": L 39, 45, 73, 109, 114-5, 117, 121 - ragione, pensiero: L 45 - ribellione: L 51 - ridere: L 128 - ritratto psicologico di un giovane: D 96 - sa che si va a morire: L 65, 89, 109, 129, 144 - scopo: D 208 - scrivania: D 15, 86, 118, 128-9, 167 - scrivere: D 50,104 ss, 116, 161, 162-3, 168, 172, 205, 222, 223, L 116-7 - segni di speranza: L 110 - si identifica con l'altro: D 174 - si identifica con tutti: L 58, 74, 77, 81, 122, 146 - sofferenti: non ci sono confini, prega per il soldato tedesco: D 142 - soldato: D 157 - sorriso: L 41, 53 - spera di sopravvivere: L 74, 96 - suicidi: L 80, 87, 90, 133 - trasmettere pensieri senza scrivere lettere: L 52, 66 - trasmettere umanita': D 179 - tutto e' sempre bene: L 119 - umanesimo: 179, 207 - vedere l'uomo nel nemico: D 141, 157, 213, 215 - viaggiare verso Est: D 260, 117, 132, 159, 186, 215 - Westerbork: L 34-51, passim * Note 1. Importante vedere in Jacques Semelin (Senz'armi di fronte a Hitler, Sonda, Torino 1993, specialmente p. 163) la ricostruzione dello stato d'animo collettivo delle vittime ebree di fronte alle notizie dello sterminio. Etty lucidamente sa e non se lo nasconde, anche se spera di sopravvivere. 5. MEMORIA. ERMANNO GENRE RICORDA DIETRICH BONHOEFFER [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 febbraio 2006. Ermanno Genre, pastore valdese, illustre teologo, e' stato direttore del Centro ecumenico di Agape (1981-'86) e dal 1989 e' professore di Teologia pratica alla Facolta' valdese di teologia a Roma. Tra le molte opere di Ermanno Genre: Kaesemann e l'enigma del IV vangelo, Claudiana, 1977; (a cura di, con E. Campi), Zwingli, Scritti teologici e politici, Claudiana, 1985; Karl Barth, Volonta' di Dio e desideri umani. L'iniziativa teologica di Karl Barth nella Germania hitleriana, Claudiana, 1986; (a cura di); Dietrich Bonhoeffer, Una pastorale evangelica, Claudiana, 1990; Nuovi itinerari di teologia pratica, Claudiana, 1991; (a cura di), Bucero, La Riforma a Strasburgo, Claudiana, 1992; (a cura di), Dietrich Bonhoeffer, La Parola predicata. Corso di omiletica a Finkenwalde, Claudiana, 1994; (a cura di, con F. Ferrario), Zwingli, Scritti pastorali, Claudiana, 1995; Cittadini e discepoli. Itinerari di catechesi, Claudiana- Elledici, 2000; (con Sergio Rostagno, Giorgio Tourn), Le chiese della Riforma. Storia, teologia, prassi, San Paolo Edizioni, 2001; Il culto cristiano. Una prospettiva protestante, Claudiana, 2004; (con Flavio Pajer), L'Unione Europea e la sfida delle religioni, Claudiana 2005. Dietrich Bonhoeffer, nato a Breslavia nel 1906, pastore e teologo, fu ucciso dai nazisti il 9 aprile del 1945; non e' solo un eroe della Resistenza, e' uno dei pensatori fondamentali del Novecento. Opere di Dietrich Bonhoeffer: Resistenza e resa (lettere e scritti dal carcere), Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1988; Etica, Bompiani, Milano 1969; presso la Queriniana di Brescia sono stati pubblicati molti degli scritti di Bonhoeffer (tra cui ovviamente anche Sanctorum Communio, Atto ed essere, Sequela, La vita comune). Opere su Dietrich Bonhoeffer: Eberhard Bethge, Dietrich Bonhoeffer, amicizia e resistenza, Claudiana, Torino 1995; Italo Mancini, Bonhoeffer, Morcelliana, Brescia 1995; AA. VV., Rileggere Bonhoeffer, "Hermeneutica" 1996, Morcelliana, Brescia 1996; Ruggieri (a cura di), Dietrich Bonhoeffer, la fede concreta, Il Mulino, Bologna 1996] Chi era quest'uomo, questo pastore protestante della "Chiesa confessante" tedesca assassinato nel campo di concentramento di Flossenbuerg il 9 aprile 1945, a pochi giorni dalla liberazione? In occasione del centenario della sua nascita si annunciano numerosi incontri, seminari, mostre e libri per ricordare la sua figura che ha segnato in profondita' la spiritualita' cristiana, e non solo cristiana, di questo ultimo mezzo secolo. Dietrich Bonhoeffer nacque il 4 febbraio 1906, sesto di otto figli, a Breslau (oggi Wroclaw, Polonia) da una famiglia borghese protestante di profonde radici culturali e democratiche. I Bonhoeffer non esitarono a opporsi energicamente alle leggi contro gli ebrei e continuarono a entrare nei loro negozi anche dopo il divieto dell'aprile 1933. La decisione del giovane pastore di entrare nella Resistenza e poi, facendo il doppio gioco, al servizio dei servizi segreti militari, partecipando al complotto per eliminare Hitler, non nasceva dunque dal nulla. Non a caso, oltre a lui, altri quattro familiari finirono, nell'ottobre 1944, nelle mani della Gestapo. Resistenza e resa, cosi' decisero di titolare le sue lettere dal carcere il discepolo-amico-cognato Eberhard Bethge e Christine, la sorella, riprendendo queste stesse parole da una sua lettera datata 21 febbraio 1944. Sono queste lettere, in particolare, ad aver fatto conoscere al pubblico il teologo e martire Bonhoeffer, a cui si e' aggiunta, piu' tardi, l'intera corrispondenza con la fidanzata Maria von Wedemeyer. Ma l'attualita' del pensiero di Bonhoeffer non e' rimasta confinata nello spazio ecclesiale e religioso, ha contagiato credenti e non credenti, discipline umane e teologiche, perche' ha saputo toccare i nervi stessi dell'esistenza umana nel mondo moderno in mezzo a tutte le sue contraddizioni. * Bonhoeffer non e' stato solo il martire del nazismo. E' la forza del suo pensiero, delle sue intuizioni, spesso frammentarie ma trascinanti, inquietanti, che hanno fatto della sua eredita' spirituale un campo di ricerca pressoche' inesauribile. Certamente ci si puo' domandare se tutta la letteratura che gli e' stata dedicata - specializzata e non - abbia saputo rendere ragione a quei frammenti di pensiero che hanno visto la luce nel carcere. E ci si puo' domandare, con altrettanta onesta', se i cristiani e le chiese che non hanno esitare ad attingere a piene mani alle sue parole, le abbiano intese in profondita' e le abbiano soppesate in tutta la loro portata etica, teologica e politica. L'attualita' del pensiero di Dietrich Bonhoeffer non si ferma certamente a quei concetti - cristianesimo non-religioso, mondo adulto, vivere nel mondo "etsi Deus non daretur", come se Dio non ci fosse - che hanno focalizzato gran parte dell'attenzione di teologi, filosofi e sociologi della religione. I suoi scritti, una buona parte tradotti anche in italiano, ma molti altri ancora non disponibili nella nostra lingua, sono una miniera che non va assolutamente abbandonata ed e' una nota lieta constatare che anche nel nostro paese la ricerca resta aperta. La lettura degli scritti di Bonhoeffer, i suoi libri e predicazioni, le sue poesie e poemetti, i frammenti di opere incompiute, insieme alle lettere dal carcere offrono sempre nuovi spunti di meditazione e conservano una permanente e folgorante attualita'. Come dimostra un brano (che ho tradotto per un lavoro seminariale) in cui Bonhoeffer propone una toccante riflessione sul "luogo autentico" della chiesa. Appena si considera la realta' culturale del nostro paese, caratterizzata da continue scorribande clericali e da una sostanziale inettitudine della classe politica italiana (di destra e di sinistra) di praticare la laicita' nell'ambito delle nostre istituzioni democratiche, si impone all'evidenza l'attualita' di queste parole. * Scrive Bonhoffoer in questo brano dal titolo Das Wesen der Kirche: "Qual e' il luogo autentico della chiesa? Non lo si puo' indicare concretamente di primo acchito. E' il luogo del Cristo presente nel mondo. La volonta' di Dio elegge tal luogo o tal altro a questo fine. Per questo gli uomini non possono indicarlo o occuparlo in anticipo. Dio lo qualifica con la grazia della sua presenza. L'uomo non puo' che riconoscerlo. Alla chiesa non e' data la disponibilita' di proclamare luogo di Dio tale o tal altro luogo storico. Ne' la chiesa di stato ne' la borghesia costituiscono quel luogo. Perche' Dio solo e nessun essere umano lo determina. La chiesa, che lo sa, resta in attesa della parola, e fa di essa il luogo che Dio occupa nel mondo. In attesa della scelta di Dio la chiesa rinuncia a installarsi nei luoghi favorevoli. Per una tale chiesa vale la promessa di Dio. Solo in questo modo la chiesa sfugge all'erranza di un'umanita' senza luogo. La' dove non c'e' piu' nessun luogo umano capace di fondare la chiesa, Dio vuole essere con la sua comunita', anche nei luoghi della cultura. A partire di qui si pronuncia lo stesso si' e lo stesso no su tutti i luoghi umani. Tutti hanno bisogno in ugual misura del venire di Dio. La' dove Dio e' in dialogo con la sua comunita', essa e' semplicemente il centro di tutti i luoghi umani, anche se proprio qui, in certi casi, gli uomini credono di poterne agevolmente fare a meno. Ma essa e' amata o odiata a motivo della sua propria causa che e' l'evangelo, e non piu' per il fatto di essere installata nei luoghi favorevoli. Essa costituisce il centro critico a partire dal quale tutto viene giudicato. Dio stesso e' la crisi, non il pastore, non la chiesa. Nessuno sa in anticipo dove sara' questo centro. Secondo dei criteri storici, puo' situarsi alla periferia, come la Galilea nell'Impero romano o Wittenberg nel XVI secolo. Dio pero' rendera' visibile quel luogo e tutti dovranno passare di li'. La chiesa puo' soltanto essere testimone del centro del mondo che Dio solo crea. Essa deve cercare di dare spazio all'azione di Dio" (GS 5, 1932, 232-233). Una chiesa che rinunci a "installarsi nei luoghi favorevoli" e' una chiesa difficile da localizzare nel nostro paese come in molti altri luoghi. Questa provocazione di Bonhoeffer, allora indirizzata alla chiesa tedesca, costituisce un autentico banco di prova per ogni generazione cristiana. Ma non e' solo materia che attiene ai cristiani, e' problema di tutti; e, oltre a essere una questione squisitamente teologica, e' al tempo stesso culturale, politica, economica, ne va della correttezza dei rapporti tra la chiesa e lo stato, tra la chiesa cristiana e la realta' sociale e politica che compete a tutti i cittadini, al di la' delle loro appartenenze o non appartenenze religiose. Per dirla con il linguaggio dell'attualita' si tratta di risituare il concetto di laicita' (non il laicismo infantile) nel cuore della cultura (anche della cultura teologica) e della politica, rendendo cosi' un doppio servizio: alla chiesa, per distoglierla dal morbo di Costantino che continua ad affliggerla e a snaturare la sua missione, e all'intera societa', restituendole quegli spazi di libera discussione democratica necessari per il dialogo e il confronto fra i diversi e che non possono essere giudicati da un'istanza morale predeterminata. * La distinzione che Bonhoeffer ha tracciato tra la dimensione della religione e della fede resta anche per il nostro tempo di globalizzazione economica, culturale e religiosa, un principio ermeneutico di fondamentale importanza, non soltanto per il discorso teologico ma per orientare la modernita' verso un dialogo fra le religioni che eviti le sterili contrapposizioni e le scorciatoie generatrici di conflitti. 6. RIFLESSIONE. GUIDO CALDIRON INTERVISTA MEIR SHALEV [Dal quotidiano "Liberazione" dell'8 febbraio 2006. Guido Caldiron e' giornalista e saggista. Opere di Guido Caldiron: Gli squadristi del 2000, Manifestolibri, Roma 1993; AA. VV., Negationnistes: les chifonniers de l'histoire, Syllepse-Golias, 1997; La destra plurale, Manifestolibri, Roma 2001; Lessico postfascista, Manifestolibri, Roma 2002. Meir Shalev, scrittore israeliano, figlio del poeta Itzhak Shalev, e' nato a Nahala, un kibbutz agricolo, nel 1948; all'eta' di 12 anni si e' trasferito con la famiglia a Gerusalemme; ha studiato psicologia alla Hebrew University; padre di due figli, dopo un'esperienza come conduttore televisivo fra gli anni Settanta e Ottanta, si e' dedicato a tempo pieno alla scrittura; ha pubblicato libri per l'infanzia,saggi e romanzi. Tra le opere di Meir Shalev: E fiorira' il deserto, Garzanti, Milano 1990; Per amore di una donna, Frassinelli, Milano 1999; Il pane di Sarah; Frassinelli, Milano 2000; Storie piccole, Mondadori, Milano 2000; Re Adamo nella giungla, Frassinelli, Milano 2001; La montagna blu, Frassinelli, Milano 2002; Fontanella, Frassinelli, Milano 2004; La casa delle grandi donne, Frassinelli, Milano 2006] Tra gli scrittori israeliani piu' noti, Meir Shalev occupa un posto particolare. Pacifista, uomo di sinistra, per molti anni nel giornalismo, Shalev ha pero' scelto di non trasmettere nei suoi molti romanzi - l'ultimo dei quali La casa delle grandi donne (pp. 410, euro 18) e' appena stato pubblicato come i precedenti da Frassinelli - il senso di questo impegno. Nelle sue storie e' piuttosto il portato dei ricordi familiari, la memoria che trasmessa di generazione in generazione sembra riportarci alla fondazione stessa dello stato di Israele, ad avere la meglio sull'emergenza dell'attualita' che trova invece molto spazio nelle opere di autori quali Amos Oz o Abraham Yehoshua. Shalev guarda molto piu' in la', scruta il passato, e riesce a cogliere anche la memoria piu' lontana della storia di questo paese, quella segnata dalle immagini dei kibbutz e dal sogno di un "nuovo mondo" contadino. Incontrandolo a Roma nei giorni scorsi non abbiamo pero' rinunciato a sondare la sua opinione sulla difficile fase che vive il Medioriente. * - Guido Caldiron: Signor Shalev, partiamo da Hamas. Quali sono i suoi sentimenti di fronte alla vittoria dei fondamentalisti nelle elezioni palestinesi? - Meir Shalev: Mi spiace che sia andata cosi' e mi spiace prima di tutto per i palestinesi perche' penso che meritino che a guidare l'Autorita' nazionale sia un partito piu' democratico di quanto potra' mai essere un partito religioso quale Hamas. Non condivido la posizione del governo israeliano che in questi anni ha sostenuto a piu' riprese che non esisteva una controparte palestinese con cui trattare, non solo questa controparte esiste da tempo, ma Israele deve trattare oggi con chi governa i palestinesi, anche se si tratta di Hamas. E' questa l'unica strada perche' si arrivi a una prospettiva di pace vera. Inoltre credo che se israeliani e palestinesi avessero smesso di spararsi e avessero iniziato una trattativa seria gia' qualche anno fa, forse Hamas non sarebbe oggi cosi' potente. * - Guido Caldiron: Anche in Israele, pero', i movimenti religiosi hanno continuato a crescere negli ultimi anni. Non e' cosi'? - Meir Shalev: In realta' in Israele i partiti religiosi sono oggi meno influenti di quanto non fossero solo una decina di anni fa. Penso in particolare al Partito nazionale religioso, che raccoglie i coloni piu' fanatici, che ha visto scendere progressivamente i propri consensi. La maggioranza degli israeliani e' oggi contraria alle posizioni politiche e religiose estreme incarnate per esempio dal movimento dei coloni. Certo, la dimensione religiosa continua a giocare a mio avviso un ruolo importante nei conflitti del Medioriente, nel senso che non ci si combatte soltanto per il controllo di un pezzo di territorio, ma per il dominio sulla "Terrasanta". E va cosi' fin dai tempi delle crociate. * - Guido Caldiron: Osservandola da una terra cosi' fortemente impregnata di simboli religiosi, come valuta la crisi scaturita dalla pubblicazione delle vignette su Maometto? - Meir Shalev: Personalmente sono contraria ad ogni tipo di censura, che colpisca la satira, le caricature, la letteratura, la poesia o qualunque altra forma di espressione artistica o culturale. Per quanto riguarda le vignette, alcune non mi sembrano particolarmente gravi mentre altre sono esplicitamente volgari. In ogni caso non penso pero' che si possa censurarle per questo. Percio' mi inquietano le scene di violenza a cui stiamo assistendo in questi giorni con la scusa di rispondere al contenuto delle vignette. Sia chiaro: a me non fa ne' caldo ne' freddo il fatto che si brucino delle bandiere, compresa quella di Israele. Ma che si brucino le ambasciate, o che si faccia violenza a qualcuno come sta accadendo ora, ebbene, questo lo trovo intollerabile. Credo sia venuto il momento che l'Islam moderato, vale a dire la maggioranza dei fedeli musulmani, prenda il sopravvento su queste spinte fanatiche, che faccia sentire la propria voce contro i fondamentalisti. Altrimenti si rischia che passi la tesi per cui l'integralismo rappresenta l'Islam tout court, cosa che non e' assolutamente vera. * - Guido Caldiron: Alla vigilia dell'incontro dello scorso anno a Sharm El Sheik tra Ariel Sharon e Abu Mazen, lei fu tra i firmatari di un appello di intellettuali israeliani che spiegava come il riconoscimento reciproco tra i due popoli era la condizione necessaria ad ogni possibile ipotesi di trattativa di pace, Da questo punto di vista e' cambiato qualcosa nel frattempo? - Meir Shalev: Non saprei, ma so che qualcosa e' successo. L'evacuazione dei coloni da Gaza, un gesto unilaterale di Israele ma non per questo meno significativo, mi da' speranze per una prospettiva reale di pacificazione. Credo sia importante che le scelte future siano anche il frutto di una vera trattativa con i palestinesi, ma questo segnale, per quanto limitato, mi sembra gia' molto importante. Anche perche' nel frattempo e' comunque cresciuto nell'opinione pubblica israeliana il consenso alla restituzione ai palestinesi dei territori occupati dopo il 1967. Entrambi i segnali vanno nella direzione buona. * - Guido Caldiron: Lei e' nato in un kibbutz nel 1948, vale a dire l'anno stesso della fondazione dello stato di Israele. Resta ancora qualcosa nel paese di quello spirito socialista delle origini? - Meir Shalev: In realta' sono nato in una moshav, una comune agricola, e non proprio in un kibbutz, ma devo ammettere che da allora sono cambiate davvero molte cose. Da quando i miei nonni si trasferirono dalla Russia a quella che era allora la Palestina ottomana, e si trasformarono da studiosi in contadini nella valle di Jesrael, e' cambiato quasi tutto. Le persone come loro sognavano una societa' agricola, immaginavano un ritorno alla terra, criticavano il capitalismo e giudicavano molto male le banche, e vedevano nella figura dell'agricoltore il cuore di questo nuovo stato. Oggi invece Israele e' un paese capitalista con un altissimo grado di tecnologia. Percio' potremmo dire che si e' persa molta dell'ingenuita' delle origini. Pensi che quando ero piccolo mia madre mi vietava di giocare a Monopoli dicendo che quello era un gioco da capitalisti, da borghesi. Tutto questo, questa idea della societa' israeliana delle origini, si e' persa completamente. * - Guido Caldiron: Lei ha citato questo ricordo d'infanzia, il divieto del Monopoli, come nei suoi romanzi racconta di fatti accaduti anche due o tre generazioni fa ma tramandati nel ricordo familiare. Piu' che la politica e' questo elemento della memoria a caratterizzare le sue storie? Non credo di aver fatto io della memoria una delle fonti principali della letteratura, e' qualcosa che accade perlomeno fin dai tempi della mitologia greca. Pero' e' vero che per me scrivere significa prima di tutto rielaborare i miei ricordi o quelli degli altri, fare i conti, attraverso la letteratura, con la memoria. Si tratta anche di un elemento che e' parte integrante della tradizione ebraica: arriverei a dire che per gli ebrei quello del ricordo e' piu' che una caratteristica, quasi una sorta di obbligo morale. * - Guido Caldiron: Depositarie di questa memoria sono principalmente le donne, protagoniste di quasi tutti i suoi romanzi e al centro anche dell'ultimo suo lavoro, "narrato" da un uomo ma centrato su ruoli e figure femminili. Perche' questa scelta? - Meir Shalev: Credo di scrivere i miei romanzi nel solco di una tradizione e di una lingua, quella ebraica, che racconta storie da migliaia di anni. Quanto alla centralita' delle figure femminili nelle mie opere, credo che sia un elemento che la dice lunga sul modo in cui sono cresciuto: vale a dire ascoltando le storie e i racconti narrati da mia madre, dalle mie zie e soprattutto da mia nonna. Mentre i miei coetanei pensavano a fare a botte o magari gia' alla guerra, io preferivo starmene seduto in cucina ad ascoltare le storie piene di fascino delle donne della mia famiglia. 7. LIBRI. GAETANO ARFE' PRESENTA "LA RAGAZZA DEL SECOLO SCORSO" DI ROSSANA ROSSANDA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 febbraio 2006. Su Gaetano Arfe' dal sito della Fondazione Turati (www.pertini.it/turati) riprendiamo alcune stralci della scheda a lui dedicata: "Gaetano Arfe' e' nato a Somma Vesuviana (Napoli) il 12 novembre 1925. Si e' laureato in lettere e filosofia all'Universita' di Napoli nel 1948. Si specializzo' in storia presso l'Istituto italiano di studi storici presieduto da Benedetto Croce, con cui entro' in contatto fin dal 1942. Nel 1944 si arruolo' in una formazione partigiana di "Giustizia e Liberta'" in Valtellina. Nel 1945 si iscrisse al Partito socialista e divenne funzionario degli Archivi di Stato intorno al 1960. A Firenze era gia' entrato in contatto con Calamandrei, Codignola e il gruppo de "Il Ponte" e aveva collaborato con Gaetano Salvemin i alla raccolta dei suoi scritti sulla questione meridionale. Nel 1965 ottenne la libera docenza in storia contemporanea e insegno' a Bari e a Salerno. Nel 1973 divenne titolare della cattedra di storia dei partiti e dei movimenti politici presso la facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' di Firenze. Nel 1959 venne nominato condirettore della rivista "Mondo Operaio", carica che conservera' fino al 1971. Dal 1966 al 1976 fu direttore dell' "Avanti!". Dal 1957 al 1982 fu membro del comitato centrale e della direzione del Psi. Nel 1972 venne eletto senatore... Nel 1976 venne eletto deputato... Nel 1979 venne eletto deputato al Parlamento europeo... Nel 1985 lascio' il Psi, motivando la sua scelta nel volumetto La questione socialista (1986). Nel 1987 venne eletto senatore per la sinistra indipendente. Ha scritto numerosi libri e saggi, tra cui la Storia dell'"Avanti!" (1958) e la Storia del socialismo italiano 1892-1926 (1965)". Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari 1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste] Grazie del suo libro a Rossana Rossanda. L'ho letto in due giorni, dedicandovi tutto il tempo di cui disponevo, provando la strana sensazione che mi fosse di fronte e mi raccontasse la sua storia. E' merito della sua scrittura, e' anche l'effetto del fatto che col passar del tempo si e' venuto accentuando in me l'interesse per quanti mi sono stati compagni d'avventura nella straordinaria vicenda che prende le mosse dagli anni del fascismo calante. Io ho sempre praticato la ricerca storica con l'intento di conoscere e far conoscere le idee, le passioni e i sentimenti di quelli che di un processo storico furono partecipi. "Tu non sei uno storico, sei un cantastorie", mi disse abbracciandomi un vecchio compagno di Imola, a conclusione di una mia commemorazione di Andrea Costa, del quale aveva seguito il funerale. La storiografia corrente oggi, anche la migliore, e' scritta da accademici per accademici, ed e' viziata da una irrimediata carenza metodologica, quella di ignorare che non si fa storia di grandi movimenti di massa ignorando - non dispiaccia a Rossanda la formula crociana - l'ethos politico nel quale essi si riconobbero. La nostra generazione lo ha conosciuto e lo ha sofferto in maniera piu' lacerante e piu' drammatica di quanto sia avvenuto ai nostri padri. Ci siamo alla fine trovati, diceva Pintor, a brancolare tra macerie e rifiuti. Per questo considero storiograficamente importante un libro come quello di Rossana Rossanda e cosi' quello di qualcun altro che l'ha preceduto e di altri che mi auguro seguiranno. E' il solo modo per far penetrare tra gli storici professionali l'idea che la necessaria revisione critica della storia della sinistra italiana ha bisogno di documenti, ma che dignita' e valore di documenti, presenti e rintracciabili in forme non codificate scolasticamente hanno anche le idee, le passioni, gli atti di centinaia di migliaia di uomini e donne che hanno costruito la nostra storia. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1204 del 12 febbraio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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