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Voci e volti della nonviolenza. 5
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 5
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 17 Jan 2006 14:50:19 +0100
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 5 del 17 gennaio 2006 In questo numero: 1. Emily Dickinson 2. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Cristina Campo 3. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Margherita Guidacci 4. Alcune poesie di Emily Dickinson tradotte da Barbara Lanati 5. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Giovanni Giudici 6. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Mario Luzi 7. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Eugenio Montale 8. Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Amelia Rosselli 9. Et coetera 1. EMILY DICKINSON Emily Dickinson e' un enigma e uno specchio (come ogni voce, come ogni persona). Volto, parola che convoca, alla meraviglia, all'infinito, alla responsabilita'. 2. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA CRISTINA CAMPO [Da Cristina Campo, La Tigre Assenza, Adelphi, Milano 1991, 2001, pp. 85-90, ma l'ordine in cui le abbiamo qui disposte e' quello dedotto dalla cronologia dell'opera dickinsoniana, ed utilizzato anche in Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, in cui le "versioni d'autrice" di Cristina Campo sono alle pp. 1643-1646] Per sempre al suo fianco camminare, la piu' piccola dei due, cervello del suo cervello, sangue del suo sangue, due vite, un Essere, ora. Per sempre del suo fato gustare, se dolore, la piu' larga parte, se gioia, mettere il mio pezzo in disparte per quel diletto cuore. Tutta la vita conoscersi l'un l'altro senza poterci mai imparare, e piu' tardi un mutamento chiamato "Paradiso" - rapito vicinato d'uomini che appena scoprono cio' che ci inquietava senza il vocabolario! * Che tedio attendere se non vicino a te, l'ho saputo iersera quando si volle avvincermi forse vedendomi affaticata o sola o per cedere quasi alla pena silente. Io mi volsi, ducale - a te solo spettava quel gesto - un porto solo vale a questa nave. Nostra la ventura per un selvaggio mare meglio che un ancoraggio non diviso da te. A noi piu' tosto il carico di un perenne viaggio che le Odorose Isole desolate di te. * Imparai finalmente che cosa la casa poteva essere, come sarei stata ignorante dei graziosi modi del costume, come goffa all'inno intorno al nostro nuovo focolare, se non per questo, questa mappa del cammino la cui memoria mi annega, come il battesimo di un celestiale mare. Quali mattine nel nostro giardino, immaginate, quali api per noi a ronzare, con solo uccelli a interrompere il mormorio del nostro tema. E un compito per ciascuno quando il gioco sia finito, il tuo problema della mente, il mio qualche effetto piu' frivolo, un pizzo o una canzone. Il pomeriggio insieme trascorso e il crepuscolo per i sentieri qualche soccorso a piu' povere vite viste piu' povere attraverso i nostri doni. E poi ritorno, e notte e casa, una nuova e piu' divina cura, finche' l'aurora ci richiami in scena trasmutati, piu' vividi. Questa sembra una casa e casa non e' ma cio' che quel luogo potrebb'essere mi affligge come un sole calante dove l'aurora sa che cosa essere! * Che faro' io quando turba l'estate, quando la rosa e' matura? Quando le uova svolino in melodia da un carcere d'acero: - che faro' io? Che faro' io quando dai cieli in gorgheggio cada su me una canzone? Quando al ranuncolo dondoli tutto il meriggio l'ape sospesa - che mai faro' io? E quando lo scoiattolo si colmera' le tasche e guarderanno le bacche... Resistero' io a quelle candide facce se tu da me sei lontano? Al pettirosso non sarebbe gran pena: volano tutti i miei beni. Io non ho ali: a che servono, dimmi, i miei tesori perenni? * Tocca leggero la dolce chitarra della natura se non conosci ancora la canzone. O d'ogni uccello ti accusera' lo sguardo che ti facesti bardo innanzi l'ora. * Morte e' il pieghevole corteggiatore che vince alla fine. E' un vagheggiare furtivo condotto sulle prime per pallide insinuazioni e oscuri avvicinamenti: magnifico alfine di trombe e un equipaggio a due posti che ti rapisce in trionfo a nozze sconosciute - a parentele vibranti come le porcellane. 3. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA MARGHERITA GUIDACCI [Da Emily Dickinson, Poesie, Rizzoli, Milano 1979, Rcs Quotidiani, Milano 2004] L'acqua e' insegnata dalla sete. La terra, dagli oceani traversati. La gioia, dal dolore. La pace, dai racconti di battaglie. L'amore, da un'impronta di memoria. Gli uccelli, dalla neve. * E' poca cosa il pianto, sono brevi i sospiri: pure, per fatti di questa misura uomini e donne muoiono! * Fra le mie dita tenevo un gioiello quando mi addormentai. La giornata era calda, era tedioso il vento e dissi: "Durera'" - Sgridai al risveglio le dita incolpevoli, la gemma era sparita - Ora solo un ricordo di ametista a me rimane - * E' questa la mia lettera al mondo che mai non scrisse a me - semplici annunzi che da' la natura con tenera maesta'. Il suo messaggio e' consegnato a mani per me invisibili. Per amor suo, miei dolci compaesani, benignamente giudicatemi! * Tutto imparammo dell'amore: alfabeto, parole, un capitolo, il libro possente, poi la rivelazione termino'. Ma negli occhi dell'altro ciascuno contemplava un'ignoranza divina, ancora piu' che nell'infanzia; l'uno all'altro, fanciulli, tentammo di spiegare quanto era per entrambi incomprensibile. Ahi, com'e' vasta la saggezza e molteplice il vero! * Come se il mare separandosi svelasse un altro mare, questo un altro, ed i tre solo il presagio fossero d'un infinito di mari non visitati da riva - il mare stesso al mare fosse riva - questo e' l'eternita'. * L'incertezza e' piu' ostile della morte. La morte, anche se vasta, e' soltanto la morte e non puo' crescere. All'incertezza invece non v'e' limite, perisce per risorgere e morire di nuovo, e' l'unione del nulla con l'immortalita'. * Abbiamo prima sete - e' l'atto di natura - e dopo, quando stiamo per morire, chiediamo supplichevoli un po' d'acqua a dita che ci passano vicine. Ed e' figura d'un bisogno piu' alto, la cui risposta adeguata sono le grandi acque occidentali chiamate eternita'. * Molte volte pensai giunta la pace quando la pace era tanto lontana; cosi' i naufraghi credono di vedere la terra nel centro del mare, e indeboliti lottano, soltanto per scoprire, come me disperati, quante rive fittizie vengano prima del porto. * Io canto per riempire l'attesa: annodarmi la cuffia, richiudere la porta di casa e non altro ho da fare, finche' risuoni vicino il suo passo, e insieme camminiamo verso il giorno, l'uno all'altro narrando di come cantammo per scacciare la tenebra. * Da un'asse all'altra avanzavo cosi' lenta, prudente. Sentivo le stelle sul capo, e sotto i piedi il mare. Questo solo sapevo: un altro passo poteva essere l'ultimo. Ed avevo quell'andatura incerta che chiamano esperienza. * Immensita' d'argento con funi di sabbia a trattenerla, perche' non cancelli una pista che chiamano la terra. * Come stanno silenti le campane nelle torri, finche', gonfie di cielo, balzano con piedi argentei in melodia frenetica! * Il Paradiso dipende da noi. Chiunque voglia vive nell'Eden, nonostante Adamo e la cacciata. * Questi giorni febbrili condurli alla foresta dove le fresche acque strisciano intorno al muschio e l'ombra sola devasta il silenzio: pare talvolta che questo sia tutto. * Non sappiamo di andare quando andiamo. Noi scherziamo nel chiudere la porta. Dietro, il destino mette il catenaccio, e non entriamo piu'. * Tutti coloro che perdiamo qualcosa ci togono; resta ancora uno spicchio sottile, che come luna, qualche torbida notte, obbedira' al richiamo delle maree. * E' un errore di calcolo: "Vien poi l'eternita'" diciamo, come fosse una stazione. Mentre e' tanto vicina che mi accompagna nella passeggiata e condivide la mia casa ed amico non ho piu' pertinace di questa eternita'. * E' l'immortalita' forse un veleno che gli uomini ne sono cosi' oppressi? 4. ALCUNE POESIE DI EMILY DICKINSON TRADOTTE DA BARBARA LANATI [Da Emily Dickinson, Poesie, Savelli, Roma 1976] Chi non conosce il successo ne apprezza la dolcezza. Solo chi ne prova acre bisogno conosce il sapore di un nettare. Non uno della purpurea folla che oggi ha conquistato la bandiera con tanta chiarezza sapra' definire la vittoria come chi in agonia, battuto nello sfaldarsi del proprio sentire registra limpidi e lacerati i lontani stridori del trionfo. * L'acqua, la insegna la sete. La terra - gli oceani trascorsi. Lo slancio - l'angoscia - La pace - la raccontano le battaglie - L'amore, i cumuli della memoria - Gli uccelli, la neve. * Tenevo un gioiello tra le dita - e mi addormentai - la giornata era tepida, i venti monotoni - dissi: "durera'". Al risveglio rimproverai le mie oneste dita, la pietra era sparita. E adesso, un ricordo d'ametista e' tutto cio' che mi resta. * La "Speranza" e' quella cosa piumata - Che artigliata all'anima - Canta melodie senza parole - E non smette - mai - E la senti - dolcissima - nel vento - E dura deve essere la tempesta - Capace di intimidire il piccolo uccello Che ha dato calore a tanti - Io l'ho sentito nel paese piu' gelido - E sui mari piu' alieni - Eppure mai, nemmeno allo stremo, Ha chiesto una briciola - di me. * Questa e' la mia lettera al mondo che non ha mai scritto a me - semplici cose che la natura ha detto - con tenera maesta'. Il suo messaggio e' affidato a mani che non posso vedere - Per amore di lei - amici miei dolci - con tenerezza giudicate - me. * Chiedeva da bere, una Tigre, in agonia Filtrai il deserto - dalla roccia, una goccia raccolsi e la portai nella mano. Le pupille regali, nella morte offuscate scrutai, per trovare nella retina, un'unica visione dell'acqua e di me. Non per colpa mia: che ero corsa piano. Non per colpa sua: che era morta quando stavo per raggiungerla, ormai, ma perche', era un fatto, essa era gia' morta. * Dapprima e' la sete - processo naturale - Poi - il momento della morte - La supplica - di un poco d'acqua - Da dita che passano vicine - Segno di un piu' sottile bisogno - cui unica, armonica, compensa, sono le grandi acque a occidente - chiamate Immortalita'. * Uno piu' uno - fanno uno - Basta con il due che - E' appropriato alle scuole - Ma non per le scelte interiori - La vita, appunto, o la morte - O l'eterno - Due, sarebbe troppo - Per le capacita' di un'anima - * Io canto per consumare l'attesa - Allacciare la cuffia chiudere la porta di casa, non mi resta nent'altro da fare quando, all'avvicinarsi del suo passo finale viaggeremo verso il Giorno raccontandoci di come abbiamo cantato per tenere lontana la notte. * Atto primo: il ritrovamento Atto secondo: la perdita Atto terzo: la spedizione alla ricerca del vello d'oro. Atto quarto: nessuna scoperta Atto quinto: nessun equipaggio Infine: nessun vello d'oro Un'unica impostura - anche Giasone. * Un ovunque di argento con corde di sabbia a impedirgli di cancellare la Traccia chiamata Terra. * Come per altre cose, l'amore a un certo punto ci sta stretto: lo riponiamo nel cassetto - poi un giorno si rivelera' di foggia antiquata - come i costumi indossati dai re. * Per alcuni Quando e' detta, La parola muore. Per me Proprio quel giorno Comincia a vivere. * Di pianeti e di fiori Facciamo conoscenza, Ma con noi stessi, C'e' l'etichetta L'imbarazzo E il terrore. * Per fare un prato ci vuole del trifoglio e un'ape, un trifoglio e un'ape e sogni ad occhi aperti. E se le api sono scarse, bastano i sogni. * Che l'amore e' tutto cio' che c'e', E' tutto quello che sappiamo dell'amore; E' abbastanza, il carico in teoria proporzionale al solco. 5. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA GIOVANNI GIUDICI [Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1650 (questa, e le altre traduzioni di Giudici presenti nel volume da cui citiamo erano gia' apparse nella silloge di traduzioni poetiche di Giovanni Giudici, Addio, proibito piangere, Einaudi, Torino 1982)] Presentimento - e' la lunga ombra - sul prato - Annunziatrice che il sole se ne va - Avvertimento all'erba abbrividita Che la tenebra - presto scendera' - 6. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA MARIO LUZI [Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1658] C'e' una solitudine di spazio, una solitudine di mare, una di morte, ma faranno lega tutte quante a paragone con quell'estremo punto, quella polare ritrosia di un'anima ammessa a se medesima. Finita infinita'. 7. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA EUGENIO MONTALE [Da Eugenio Montale, Quaderno di traduzioni, Edizioni della Meridiana, 1948, Mondadori, Milano 1975, p. 49 (col titolo: Tempesta); poi anche in Eugenio Montale, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1984, 2005, p. 742; ed ovviamente in Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1659] Con un suono di corno il vento arrivo', scosse l'erba; un verde brivido diaccio cosi' sinistro passo' nel caldo che sbarrammo le porte e le finestre quasi entrasse uno spettro di smeraldo: e fu certo l'elettrico segnale del Giudizio. Una bizzarra turba di ansimanti alberi, siepi alla deriva e case in fuga nei fiumi e' cio' che videro i vivi. Tocchi del campanile desolato mulinavano le ultime nuove. Quanto puo' giungere, quanto puo' andarsene, in un mondo che non si muove! 8. UNA POESIA DI EMILY DICKINSON TRADOTTA DA AMELIA ROSSELLI [Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1666] Una Parola fatta Carne e' di rado E tremando condivisa Ne' forse allora riportata Ma non avro' dunque sbagliato Ciascun di noi ha assaporato Con estasi segreta Proprio quel dibattuto cibo Secondo nostra specifica forza - Una Parola che respira chiaramente Non ha potere di morire Coesiva quanto lo Spirito Puo' spirare se Egli - "Fatto Carne e vissuto tra di noi" Fosse condiscendenza Come questo consenso del Linguaggio Quest'amata Filologia 9. ET COETERA Emily Dickinson visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1995); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002. Barbara Lanati e' tra le piu' acute studiose italiane di Emily Dickinson, cui ha dedicato vari volumi di traduzioni e ricerche. Come e' noto, Cristina Campo, Margherita Guidacci, Giovanni Giudici, Mario Luzi, Eugenio Montale e Amelia Rosselli, sono tra le piu' alte voci della poesia italiana del Novecento. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 5 del 17 gennaio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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