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La nonviolenza e' in cammino. 1161
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1161
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 31 Dec 2005 00:19:55 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1161 del 31 dicembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Cindy Sheehan: L'anno in cui andranno a casa 2. Giorgio Gatta: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 3. La voce del Movimento Nonviolento 4. Tiziano Tissino: Nella Giornata per la pace 5. Enrico Peyretti: Cauto elogio della pazienza 6. Maria G. Di Rienzo: "Risvegliati e cammina". Un progetto in Sudafrica 7. Augusto Cavadi: Etica nel Mediterraneo 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: L'ANNO IN CUI ANDRANNO A CASA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di Cindy Sheehan. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey in Iraq; per tutto il mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli per chiedergli conto della morte di suo figlio; intorno alla sua figura e alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio movimento contro la guerra] Dal caldissimo agosto di Camp Casey, alcune straordinarie azioni popolari si sono tenute in tutto il paese. Le persone cominciano a parlare ed il Congresso ha cominciato a mettere sotto accusa il regime neofascista e criminale che ha tentato di imporsi negli Usa. Da Camp Casey a Katrina, dall'uso delle armi chimiche allo spionaggio illegale dei cittadini, Bush e compagnia si sono dimostrati fallimentari per il nostro paese e per il mondo intero. Noi americani stiamo dicendo: "quel che e' troppo e' troppo". Ci siamo impegnati duramente quando ci siamo mostrati a Washington e in centinaia di altri luoghi per mostrare che un governo di assassini non ha il nostro consenso. Abbiamo pacificamente ma con forza rigettato la nozione che questa amministrazione abbia diritto di governarci, giacche' ha tradito orribilmente il suo compito ed il suo sacro dovere di difendere la nostra Costituzione. Questo e' stato anche l'anno in cui abbiamo chiesto ai democratici in abiti repubblicani (Hillary Clinton, Joe Lieberman, Joe Biden, Diane Feinstein, e la lista potrebbe andare avanti) di rispondere del loro sostengo a cio' che Bush sta facendo in Iraq. Quando come democratici eleggiamo i nostri rappresentanti, ci aspettiamo che essi respingano e ripudino a voce alta le politiche corrotte ed omicide di questa amministrazione, non che le difendano. Ora ci sono dei Campi Casey davanti agli uffici di Hillary Clinton e di Chuck Schumer a Long Island ogni venerdi'. C'e' un Camp Casey di fronte all'ufficio di Kay Bailey a Dallas sin dall'agosto scorso: qui molti dimostranti sono stati arrestati per aver esercitato il loro diritto di parola. Dobbiamo far capire a questi guerrafondai, cosi' come ai guerrafondai repubblicani, che quando diciamo "portateli a casa subito" intendiamo vederli mettersi al lavoro. Allestite un Camp Casey di fronte all'ufficio del vostro senatore o deputato, se essi sostengono Bush in questa guerra di aggressione. * "Gold Star Families for Peace" sta pianificando numerose azioni gia' per la prima parte del 2006. Io vi daro' tutte le informazioni, di modo che possiate accordare i vostri piani ai nostri ed unirvi a noi se vi e' possibile. Il 31 gennaio prossimo saremo di nuovo a Washington, in occasione del discorso sullo stato del paese che George Bush fara' di fronte al congresso e all'opinione pubblica mondiale, ovvero quando mentira' dicendoci come stanno andando bene le cose in Iraq e qui a casa nostra. Le sue politiche sciagurate hanno rovinato l'Iraq e New Orleans e fatto del pianeta intero un luogo piu' pericoloso: pensate solo che gli attacchi terroristici si sono triplicati in tutto il mondo da quando lui ha deciso di "combatterli laggiu'". Inoltre, durante il discorso potrebbe gettare le basi per ulteriori inutili aggressioni contro la Siria e l'Iran. "Gold Star Families for Peace", i rappresentanti delle organizzazioni pacifiste e i rifugiati da New Orleans si raduneranno a Washington per farvi sapere il vero stato del paese. * Per l'amor di dio, non credete di dover fermare Bush? Recentemente, la stampa ha rivelato che George interagisce con solo quattro persone: sua moglie Laura, la Rice, Karen Hughes e la sua mamma. La sua mamma, la Regina delle Nevi che non vuole i propri graziosi occhietti disturbati dalla vista delle immagini dei feretri avvolti nelle bandiere, vive a Houston. Durante il "giorno del presidente" (la festivita' del 20 febbraio) noi protesteremo di fronte a casa sua, implorandola di rinunciare agli osceni profitti che la sua famiglia ed i suoi amici stanno traendo dall'occupazione, e pregandola di fare finalmente la cosa giusta e dire a suo figlio di smettere questa guerra al terrorismo dichiarata al mondo intero. George Bush e Dick Cheney hanno sconciato gli alti uffici di cui erano responsabili, e devono dimettersi. Il 20 febbraio, se non potete venire a Houston, organizzate la vostra propria protesta dove siete. * La fondazione per la pace "Camp Casey" terra' il suo primo festival il 4 aprile 2006. Il 4 aprile e' il giorno in cui mio figlio Casey e Martin Luther King Jr. furono uccisi. Vogliamo che questo giorno divenga una ricorrenza per celebrare la pace. La fondazione conferira' anche un premio ad un giovane attivista per la pace ogni anno. Vogliamo in questo modo incoraggiare la risoluzione nonviolenta dei conflitti, ed i giovani sono coloro che muoiono nelle guerre dichiarate da chi ha i capelli grigi. Anche di questo vi daro' in seguito maggiori dettagli. * Poi c'e' Pasqua. L'11 aprile torneremo infatti a Crawford, e vi resteremo sino al 16. Pasqua e' un periodo di rinnovamento e di speranza. Casey fu ucciso la domenica delle palme ed il suo corpo ci fu restituito il sabato santo. L'ultima Pasqua e' stata terribile, per noi, e durante la prossima manifesteremo di fronte alla casa dell'uomo che e' responsabile di tanto dolore. Ma saremo la' con la rinnovata speranza che i polli-falchi del nostro governo saranno mandati al pascolo. Come Michael Moore, voglio essere una mosca sul muro il giorno in cui Bush e compagnia verranno portati fuori dalla Casa Bianca in manette. L'impeachment non e' necessario, tra l'altro, per chi non e' stato eletto: l'arresto e' quel che ci vuole. Anche a Pasqua, se non potete venire a Crawford, allestite il vostro campo di protesta nelle vostre citta'. * Nel 2005, abbiamo imparato di avere il potere. Abbiamo imparato che non possiamo fidarci della propaganda mediatica o delle vuote promesse dei nostri leader. Abbiamo imparato che dobbiamo essere il cambiamento che vogliamo vedere. Abbiamo imparato che una sola persona e' e fa la differenza. Non possiamo mollare nel 2006. Non possiamo tornare al male dell'apatia e della connivenza in cui i neocons sguazzano. Dobbiamo continuare a far pressione, a lavorare, a lottare. Dobbiamo sostenere le organizzazioni come Gold Star Families for Peace, Veterans for Peace, Code Pink e Iraq Veterans Against the War, o i gruppi per la pace che preferite, per poter continuare la nostra lotta verso una pace con giustizia. Dobbiamo sostenere i veri patrioti, come il parlamentare John Conyers che ha chiesto indagini sulle bugie che ci sono costate cosi' tanto a livello umano. Il 2006 sara' un grande anno per la gente del nostro paese. Lo so. Non sara' facile, ma ce la faremo e la nostra lotta sara' davvero valsa la pena. 2. STRUMENTI DI LAVORO. GIORGIO GATTA: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Giorgio Gatta (per contatti: ggatta at racine.ra.it) per questo intervento. Giorgio Gatta e' da anni impegnato in attivita' di pace e di promozione della nonviolenza, e particolarmente nel movimento di Pax Christi] Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' lo considero un utile strumento di lavoro e per l'impegno per la pace. Fra le tante riviste specifiche di controinformazione, "Azione nonviolenta" affonda le sue radici nella memoria storica della nonviolenza in Italia. Da' uno sguardo di lettura della realta' che ci circonda, approfondendo quegli aspetti che possono indirizzarci alla risoluzione dei conflitti in senso nonviolento. "Azione nonviolenta" aiuta anche a introdurci a quelle pratiche di pace che gia' sono una realta', facendoci capire come la nonviolenza non sia solo un impegno intellettuale ma entra e ci interpella nella nostra vita di tutti i giorni. 3. STRUMENTI DI LAVORO. LA VOCE DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO "Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org L'abbonamento annuo e' di 29 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta". 4. INIZIATIVE. TIZIANO TISSINO: NELLA GIORNATA PER LA PACE [Ringraziamo Tiziano Tissino (per contatti: t.tissino at itaca.coopsoc.it) per questo intervento. Tiziano Tissino e' impegnato nei Beati i costruttori di pace, nella Rete di Lilliput, ed in numerose altre esperienze ed iniziative nonviolente] Care amiche e cari amici, come forse gia' saprete, nei giorni scorsi e' stata presentata al tribunale di Pordenone una citazione in giudizio verso il governo Usa, chiedendo lo smantellamento delle armi nucleari ad Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia), poiche' la loro presenza e' in palese contrasto con quanto stabilito dal Trattato di non proliferazione nucleare (chi si fosse perso la notizia, puo' ritrovarla a questo link: http://liste.beati.org/wws/arc/beati/2005-12/msg00050.html ; ulteriori informazioni saranno presto disponibili sul sito web www.beati.org). Domenica prossima, primo gennaio, si celebrera' la Giornata mondiale per la pace. In molte realta', ci saranno iniziative pacifiste anche in occasione dell'ultimo dell'anno (penso in particolare all'ormai tradizionale marcia di Pax Christi, ma sono certo che non e' l'unica...). Ci sembra questa un'ottima occasione per cominciare la nostra opera di coinvolgimento popolare intorno alla causa legale che abbiamo aperto. Per questo, vi chiediamo di aiutarci a diffondere, nelle varie iniziative su tutto il territorio nazionale (e, perche' no, anche all'estero se ne avete modo), il volantino che segue. Il volantino stesso puo' essere, se lo ritenete oppurtuno, liberamente modificato (al limite, anche completamente stravolto) per adattarlo ai diversi contesti in cui sara' utilizzato. L'importante e' diffondere la notizia, coinvolgere singoli ed associazioni, far emergere dalla rassegnazione e dal senso di impotenza quel popolo che solo pochi anni fa ha colorato tutt'Italia con le bandiere della pace. Come allora, l'iniziativa e' partita da un piccolo gruppo di persone, nel silenzio ed indifferenza dei media piu' influenti; come allora, abbiamo la possibilita' di dimostrare che la pace cresce dal basso e che anche un sogno puo' diventare realta' se e' condiviso da molti. Per contatti: vialebombe at sconfini.net * "Nella verita', la pace" "...Che dire poi dei governi che contano sulle armi nucleari per garantire la sicurezza dei loro Paesi? Insieme ad innumerevoli persone di buona volonta', si puo' affermare che tale prospettiva, oltre che essere funesta, e' del tutto fallace. In una guerra nucleare non vi sarebbero, infatti, dei vincitori, ma solo delle vittime. La verita' della pace richiede che tutti - sia i governi che in modo dichiarato o occulto possiedono armi nucleari, sia quelli che intendono procurarsele -, invertano congiuntamente la rotta con scelte chiare e ferme, orientandosi verso un progressivo e concordato disarmo nucleare" (Benedetto XVI, messaggio per la Giornata della pace, primo gennaio 2006) "Delle bombe atomiche custodite sotto la Base di Aviano, forse sin dal 1955, se ne parla ormai da anni, tra un valzer di conferme e di smentite. 'Sicuramente negli anni Settanta - secondo il giudice istruttore veneziano Carlo Mastelloni, che indagava sulla caduta dell'aereo Argo 16 - bombe atomiche tattiche erano immagazzinate sotto la costante vigilanza dei carabinieri in un deposito dell'aeroporto di Aviano'. Sempre nel 1996, quando furono resi i noti i risultati cui era giunto il giudice, si verifico' una singolare coincidenza: da Washington William Arkin, sul bollettino degli scienziati atomici rivelo' che nell'area D della Base Usaf di Aviano erano custodite le piccole bombe atomiche di tipo B61, potenzialmente destinate all'impianto chimico di Gheddafi a Tarhunah in Libia. 'Non e' detto pero' che queste bombe siano presenti o siano gia' arrivate. Comunque - sottolineo' allora il tenente colonnello Flavio Mucia, addetto stampa della Prima Regione Aerea - nei paesi dotati di armamento nucleare c'e' un controllo scrupoloso'. Nel febbraio del 1999, poi, il vicepresidente del Consiglio dei ministri, Mattarella, rispose in diretta tv all'interrogazione del leghista Ballaman, che aveva chiesto ragione della presenza ad Aviano di ordigni nucleari. Mattarella disse che le 'bombe' fanno parte dei piani, e degli accordi, di difesa assicurati dalla Nato. Aggiunse che dopo la caduta del Muro di Berlino la loro presenza e' diminuita e che, comunque, l'Italia intende lavorare per il disarmo nucleare completo. Imbarazzi dei ministri, smentite del governo hanno dovuto poi piegare la testa di fronte a un altro significativo episodio: Il Centro sicurezza dell'Usaf nel 2001 ha premiato il XXXI Fighter Wing con una speciale targa che attesta la 'Garanzia nucleare' dell'installazione pedemontana (Nuclear Surety). Tradotto, significa che ad Aviano le bombe atomiche sono presenti e sono 'amorevolmente' sorvegliate. Non solo: i 'guardiani' si sono segnalati per qualificate performance nel maneggiare sapientemente gli ordigni. Infine, il rapporto 'Armi nucleari americane in Europa' del centro studi newyorkese 'Natural Resources Defense Council' ha sostenuto quest'anno che nella base Usaf di Aviano si troverebbero 50 bombe atomiche". (Dal "Gazzettino di Pordenone", 23 dicembre 2005) L'appello del papa non fa che riprendere quanto gia' sancito dal Trattato di non proliferazione nucleare del 1968: con quel trattato gli stati "nucleari" si sono impegnati sia a non trasferire le loro atomiche ad altri che a condurre trattative "in buona fede" per fermare la corsa agli armamenti e giungere alla completa eliminazione di tutte le armi nucleari dal pianeta. Gli Usa, in questo momento, sembrano essere l'unica potenza nucleare ad avere proprie armi atomiche dispiegate sul territorio di altri stati, e sono quelli che hanno stanziato piu' fondi per la costruzione di nuove armi nucleari. L'Italia e' anch'essa in violazione del Trattato avendo acconsentito che 90 di quelle atomiche siano dislocate sul suo territorio. L'amore per la verita', l'amore per la pace, l'amore per l'umanita' richiedono da parte di tutti, e quindi di ciascuno, "scelte chiare e ferme", come quelle di Raymond Hunthousen, allora arcivescovo di Seattle, che gia' nel 1981 invitava i suoi fedeli ad impegnarsi a favore del disarmo unilaterale: "La nostra sicurezza non risiede nelle armi demoniache che minacciano tutta la vita sulla terra. La nostra sicurezza e' nel Dio tenero che ama. Dobbiamo smantellare i nostri arsenali di terrore e porre la nostra fiducia in Dio. Alcuni mi dicono che il disarmo unilaterale di fronte al comunismo ateo e' insensato. Io credo che e' l'armamento nucleare, da qualsiasi parte si trovi, a essere ateo, e tutto quello che si vuole tranne che sensato". Per questo, l'associazione "Beati i costruttori di pace" e' stata tra i promotori, assieme ad altri esponenti del pacifismo pordenonese, di un'azione legale nei confronti del governo statunitense: il 22 dicembre e' stata presentata al tribunale di Pordenone una citazione in cui si chiede che le armi nucleari dislocate ad Aviano e a Ghedi vengano smantellate, in quanto la loro presenza e' illegale e foriera di pericoli. Vorremmo che a questa azione legale si associassero persone, associazioni ed istituzioni, per far emergere la volonta' di pace e di verita' in nome del popolo italiano e dell'intera umanita'. Se sei interessato all'iniziativa, ti preghiamo di contattarci ai seguenti recapiti: e-mail: vialebombe at sconfini.net, tel. 3492200890, tel. 3483323254. Ti chiediamo inoltre di diffondere ulteriormente questo appello fra tutte le persone di buona volonta'. Fuori le atomiche dall'Italia, fuori le atomiche dalla storia. 5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: CAUTO ELOGIO DELLA PAZIENZA [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci messo a disposizione questo suo testo nato come relazione a un incontro di riflessione: "Il gruppo di Ferrara del Movimento Nonviolento, il 15 dicembre 2005, mi ha invitato a parlare della pazienza, come una delle caratteristiche della personalita' nonviolenta. Ho detto a quegli amici che ne avrei fatto un 'cauto elogio' perche' la pazienza e' ambigua: puo' essere una virtu', ma anche un difetto". Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] 1. Pazienza viene da patire. Patire non e' soltanto soffrire. Conosciamo dei verbi la forma attiva e quella passiva, cioe' l'azione che puo' essere anche buona (per esempio: vengo guarito, vengo istruito) di qualcuno o qualcosa verso di noi, su di noi, non necessariamente contro di noi. Comunque, patire, anche quando e' un soffrire, non e' uguale a subire. Subire e' sottomettersi, rinunciare al diritto e alla dignita', che vanno difesi non solo per noi, ma per tutti. Patire senza subire puo' essere una forza. C'e' di peggio che patire la tortura. Come diceva un torturato al suo torturatore: "Il peggio e' essere come te". Si patisce un'offesa, una violenza fatta a noi, oppure un dolore, un male della vita, della natura, della malattia: il male umano, o il male naturale. * 2. Il male e' soltanto maledetto? E' solo da rifiutare e ribellarsi immediatamente? Non puo' essere anche fecondo, utile? "Non tutto il male vien per nuocere", diceva la saggezza popolare. Il dolore non e' solo distruttivo: se colpisce una vita viva, vi scava nuovi spazi interiori, che non conoscevamo, come il primo pianto apre i nostri polmoni chiusi di neonati. Di un romanzo cinese ricordo solo questa frase: "Hai il cuore spezzato? Vuol dire che hai un cuore". Il male si puo' anche portare con pazienza. Portare, invece di subito scaricare, e' un atto di forza. Nadia Neri sintetizza cosi' la personalita' di Etty Hillesum: ha saputo trasformare il dolore in forza. La condizione per questa crescita dolorosa e' assumere il dolore, affrontarlo e non fuggirlo, portarlo, elaborarlo. Il che richiede coraggio, cioe' cuore. Il solo fuggire dal dolore e' debolezza e incrementa la debolezza. * 3. Dunque, mi pare che pazienza significhi almeno: sopportare, subire, attendere. Sop-portare e' sinonimo di sos-tenere: sor-reggere da sotto, dal basso, qualcosa di pesante; sol-levare, farsi carico; e' la tolleranza attiva, non sdegnosa, ma rispettosa e creativa, perche' tollere vuol dire anzitutto sollevare. E' una forza benefica, che conserva e salva. Sub-ire significa mettersi sotto: e' azione simile ma inversa del sopportare; e' sotto-mettersi, abbassarsi senza sollevare nessuno, ma accettando la superiorita' di chi infligge offesa, rispettandone la violenza. E' azione passiva, vile e ingiusta verso se stessi e verso chiunque potra' trovarsi in questa situazione. Ma puo' essere anche saggia accettazione della necessita': per esempio rassegnarsi alla vecchiaia, non essere un ridicolo e stupido vieux garcon: con questa sottomissione si torna nel positivo sopportare. Attendere, cioe' ad-tendere. Questo significato della pazienza riguarda un modo di stare nel tempo senza forzarlo, senza strappare la pianta per farla crescere in fretta, senza precipitare l'azione prima della sua maturazione. Non e' l'attendismo tattico e cinico, ma e' rispetto delle cose e dei ritmi di processi e persone, e' disciplina del nostro agire. Questo e' il significato di pazienza proposto da Giuliano Pontara nella pagina che vi dedica ne La personalita' nonviolenta (Ega, 1996, p. 67). Non siamo noi che facciamo tutto, che imponiamo tempi e regole, ma siamo attivi dentro azioni piu' grandi, dentro movimenti di altri, dentro una realta' che ci ricomprende. Questa pazienza e' una virtu' religiosa verso la vita: saper lavorare per altri che verranno, piantare alberi che non vedremo per figli e posteri. Quando verra' la pace? Tra secoli? Non me lo chiedo. Faccio ora il lavoro che tocca a me. Come scriveva Aldo Capitini: "Io non dico: fra poco o molto tempo avremo una societa' perfettamente nonviolenta. A me importa fondamentalmente l'impiego di questa mia modestissima vita, di queste ore o di questi pochi giorni; e mettere sulla bilancia intima della storia il peso della mia persuasione" (Elementi di un'esperienza religiosa, Laterza, 1937, p. 111; pp. 115-116 della riedizione Cappelli 1990). * 4. Per Gandhi la sofferenza liberamente accettata come prezzo della lotta giusta e' "l'arma umana", e' un mezzo propriamente degno dell'uomo: "Nell'applicazione del satyagraha ho scoperto fin dai primi momenti che la ricerca della verita' non ammette l'uso della violenza contro l'avversario, ma che questo deve essere distolto dall'errore con la pazienza e la comprensione. Infatti, cio' che sembra la verita' ad uno puo' sembrare un errore ad un altro. E pazienza significa disposizione a soffrire. Dunque il senso della dottrina e' la difesa della verita' attuata non infliggendo sofferenze all'avversario ma a se stessi" (Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi 1996, p. 15). "La dottrina della violenza riguarda solo l'offesa arrecata da una persona ai danni di un'altra. Soffrire l'offesa nella propria persona, al contrario, fa parte dell'essenza della nonviolenza e costituisce l'alternativa alla violenza contro il prossimo" (ivi, p. 6). Il satyagraha e' dunque alternativo alla lotta armata, ma anche alla resistenza passiva: questa cerca di "molestare la parte avversa sopportando le sofferenze che ne conseguono". Invece, nella lotta satyagraha "non vi e' la piu' lontana idea di arrecare danno all'avversario. Il satyagraha postula la conquista dell'avversario attraverso la sofferenza nella propria persona" (ivi, p. 18). "Sono andato sempre piu' convincendomi che la ragione non e' sufficiente ad assicurare cose di fondamentale importanza per gli uomini, che devono essere conquistate attraverso la sofferenza. La sofferenza e' la legge dell'umanita', cosi' come la guerra e' la legge della giungla. Ma la sofferenza e' infinitamente piu' potente della legge della giungla, ed e' in grado di convertire l'avversario e di aprire le sue orecchie, altrimenti chiuse, alla voce della ragione. (...) L'appello della ragione e' rivolto al cervello, ma il cuore si raggiunge solo attraverso la sofferenza. Essa dischiude la comprensione interiore dell'uomo. La sofferenza, e non la spada, e' il simbolo della razza umana" (ivi, p. 6). Potrebbero sorgere perplessita' e critiche, e ne sono sorte, riguardo a questi pensieri di Gandhi, come rappresentativi di un'etica sacrificale, sempre pericolosa perche' puo' condurre a pensare che anche l'altro, e non solo io, puo' e deve, in certi casi, essere sacrificato. Provando ad affrontare queste critiche, ho creduto di poter concludere che l'idea di sacrificio in Gandhi e' l'amore altruistico piu' che non l'automacerazione (vedi su questo punto il mio Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini editore, 2005, pp. 62-63). La sofferenza usata da Gandhi non e' un ricatto, che egli condanna come violenza, ma e' re-sistenza, fermezza, tutto il contrario della sottomissione all'ingiustizia o della fuga per debolezza. Per Tommaso d'Aquino il resistere fermi nei pericoli, il sostenere, e' il piu' grande atto di forza, piu' dell'aggredire: "Principalior actus est fortitudinis sustinere, idest immobiliter sistere in periculis, quam aggredi" e lo dimostra nel seguito del testo (Summa Theologica, II, II, q. 123, art. 6). * 5. Allora, l'impazienza e' un vizio? Si' e no. E' negativa se, come abbiamo visto, forza i tempi; se e' accanimento nella cura, nella correzione, nell'educazione, esigendo frutti fuori tempo o impossibili; se diventa l'ossessione della fretta, dell'alta velocita', ben giustificata per un'ambulanza, ma non per sistematicamente comprimere la vita e le esperienze, non per creare una nuova discriminazione sociale tra chi puo' correre senza aspettare gli altri e chi deve andare lento; non e' giustificata se non lascia mai assimilare incontri, percorsi, luoghi, se sfrutta sempre il tempo come rapire denaro, invece di viverlo. Ricordiamo l'ammonimento anti-velocistico di Alex Langer: "Lentius, profundius, suavius", piu' lentamente, piu' profondamente, piu' dolcemente. Ma l'impazienza puo' essere positiva, nel senso detto da Aldo Capitini: "Accanto ad una societa' che usa la guerra come via alla pace, la violenza come via all'amore, la dittatura come via alla liberta', la religione mi porta ad anticipare di colpo il fine nel mezzo; e ad attuare comunque, qui e subito, pace, amore, liberta'. La religione e' impazienza dell'attendere il fine; e oggi che l'universo, il tempo, lo spazio non sono sentiti in dualismo stabile con l'infinito e l'eterno, porremo noi questo dualismo nella societa' tra il mezzo e il fine?" (Aldo Capitini, da Il problema religioso attuale, Guanda, Parma 1948, citato in Teoria della nonviolenza, a cura del Movimento Nonviolento, Perugia, 1980, pp. 4-15. Questo brano e' a p. 14). E' l'impazienza religiosa, della speranza attiva, della non-rassegnazione. Per questo motivo, Norberto Bobbio presenta Capitini non come il maestro tradizionale, il cui compito e' quello di "colmare il dislivello tra le generazioni adulte e le adolescenti", ma come il "maestro profeta, il quale, anziche' comunicare il sapere raggiunto, si pone in aperta polemica con la realta' circostante e annuncia una realta' nuova". "Ma il profeta non e' l'utopista. La differenza sta in cio': mentre l'utopista disegna una stupenda struttura di societa' ideale, ma ne rinvia l'attuazione a tempi migliori, il profeta comincia subito, qui ed ora" (Norberto Bobbio, Introduzione a Aldo Capitini, Il potere di tutti, cit., nota 54, p. 17 e p. 31). E' l'impazienza della fedelta' puntuale al proprio dovere, che annuncia e porta qui il tempo nuovo atteso. * 6. Questa urgenza (im-pazienza virtuosa) e la virtuosa pazienza possono andare insieme? L'urgenza e' nella parola d'ordine di una campagna di solidarieta': "I poveri non possono aspettare". Ed e' scritta sulla facciata dell'opera del Cottolengo, nella mia citta', nata per accogliere i piu' infelici e scartati: "Charitas Christi urget nos", la carita' di Cristo ci sospinge, ci fa fretta. Urgenza e pazienza sono nel messaggio della Bhagavadgita: agire con distacco dal risultato. Il dovere di agire e' l'urgenza, il distacco dal successo e' la pazienza. Cosi' il precetto evangelico: "Date senza sperare restituzione" (Luca 6, 35), dove dare e' l'urgenza, non aspettarsi un ritorno e' pazienza. In questo binomio vitale, bisognera' premere ora sull'urgenza, ora sulla pazienza. La legge dell'azione - dice Merleau-Ponty - non e' il successo rapido (il risultato urgente), ma la fecondita' (l'effetto paziente, futuro). * 7. Per tutto questo faccio un "elogio cauto" della virtu' della pazienza: cauto e vigilante, perche' sotto le vesti della virtu' non si insinui il vizio, come don Milani diceva dell'obbedienza. La pazienza e' da elogiare quando e' una forza, quando e' la calma, virtu' dei forti. Ma e' da smascherare quando e' usata per fermare, per rinviare, per sottomettere, per fare accettare l'inaccettabile. E' da smascherare quando viene proposta da una religione che aliena dalla responsabilita' del mondo, al contrario dell'impazienza religiosa che abbiamo sentito in Capitini. E' proverbiale la pazienza di Giobbe. Ma se leggiamo quel libro biblico vediamo che Giobbe accetta la sventura, ma anche contesta Dio: il male non e' tutto effetto dei suoi peccati, come dice la semplicistica religione tradizionale, rappresentata dai suoi saccenti amici. Giobbe accetta i suoi limiti, ma mette in crisi quella religione, che non rispetta tutta la dignita' umana e tutto il mistero della sofferenza: c'e' soprattutto una impazienza di Giobbe. La pazienza e' una virtu' se e' quel patire attivo capace di assorbire e spegnere in se' la violenza; se abbraccia gli opposti dell'urgenza senza forzatura e del patire senza subire; se e' passione e amore. Il linguaggio manda piccole luci: passione dice patire e dice anche amare. Infatti, non c'e amore senza dolore: non solo il dolore della mancata corrispondenza o del tradimento, rischio insito nell'amare, ma il dolore del condividere le inevitabili pene. Sim-patia dice in greco la stessa cosa che dice in latino com-passione: sentire insieme, e dunque anche patire insieme le fatiche altrui in aggiunta alle proprie. Chi non ama nessuno soffre soltanto le proprie pene, le soffre da solo, le soffre male. E' necessario dire ai giovani che amare e' condividere gioie e piaceri, ed anche i dolori della vita. Inganna i giovani e li tradisce ogni immagine dell'amore facile e leggero, senza prezzo. Non c'e' amore senza pazienza. Il frequente fallimento dell'amore di coppia (senza fare paragoni con epoche passate, quando la durata dell'unione non era sempre amore) non significhera' forse carenza di pazienza, illusione stolta che nell'amore tutto sia facile e garantito, ignoranza della legge vitale per cui l'amore va sempre curato e costruito, attraverso le circostanze difficili e i limiti personali di tutti? La pazienza nell'amare deve essere reciproca, non unilaterale (che sarebbe disuguaglianza, inammissibile nell'amore), ma l'offerta deve essere reciprocamente unilaterale, va da ciascuno suscitata nell'altro donando per primo, non va aspettata dall'altro come condizione per muoversi. La pazienza e' intelligenza costruttiva della relazione personale profonda. * 8. Altri rami di questo tentativo di riflessione potrebbero essere sviluppati. Alcuni si trovano nell'articolo di Mao Valpiana in "Azione nonviolenta", dicembre 2005, pp. 18-19 (www.nonviolenti.org). C'e' il difficile tema della sofferenza altrui: si puo' avere pazienza della sofferenza altrui? Abbiamo gia' sentito che essa impone un'urgenza. Susan Sontag scrive Davanti al dolore degli altri (Mondadori, 2003): il vedere fa sentire il dolore degli altri? Oggi si televede in abbondanza il dolore umano, e si oscilla tra com-passione, com-pazienza buona e attiva, e - piu' facilmente - assuefazione, rassegnazione, de-pazienza cattiva. Ma il Samaritano sente "nelle viscere" (esplanknisthe, Luca 10, 33) - a differenza del sacerdote e del levita, che ne hanno pazienza, lui no - il dolore dell'uomo lasciato mezzo morto sulla via dai briganti, e non puo' sopportarlo. Infatti Mencio, filosofo cinese del IV-III secolo a. C., definisce "il sentimento dell'umanita'" come il "non poter sopportare le sofferenze altrui" senza agire in soccorso (citazioni in Esperimenti con la verita', citato sopra, pp. 68-69). Mi limito a riportare, per finire, una definizione della nonviolenza data da Antonio Vigilante: "Nonviolenza e' guardare il mondo dal punto di vista del debole, dello svantaggiato, dell'escluso, dello sconfitto. E' assumere quello stesso sguardo, quella stessa sofferenza come propria. E' rifiutare strenuamente qualsiasi giustificazione che possa essere addotta per la realta' della sofferenza umana. Dell'etica nonviolenta fa parte un'euristica della sofferenza" (Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004, p. 89). Chi la ignora, crede che la nonviolenza sia una eccessiva colpevole pazienza. Essa e' soprattutto una forte, delicata, esigente impazienza. 6. MONDO. MARIA G. DI RIENZO: "RISVEGLIATI E CAMMINA". UN PROGETTO IN SUDAFRICA [Da "Azione nonviolenta" di novembre 2005 (disponibile anche nel sito: www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente articolo. Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] Nel 1999, il "Centro per lo studio della violenza e per la riconciliazione" (Csvr) di Johannesburg sviluppo' un progetto chiamato "Le voci dei giovani criminali", che coinvolse 24 detenuti nella prigione di Leeuwkop. L'intento era quello di capire la natura e le cause dei comportamenti violenti nella gioventu' e di indirizzare chi li aveva attuati verso la risoluzione nonviolenta dei conflitti e la reintegrazione nella comunita. L'intervento ebbe tale successo che dal 2000 al 2004 il Csvr amplio' il programma, grazie anche ad un finanziamento provenuto da una Ong irlandese di cooperazione allo sviluppo, e lavoro' con i giovani prigionieri e prigioniere in vari centri di detenzione sudafricani. Il nuovo progetto fu chiamato "Vuka S'hambe" che significa "Risvegliati e cammina" e prevedeva: la promozione della consapevolezza personale rispetto alle ragioni per cui si era stati coinvolti in attivita' criminali; lo sviluppo di abilita' efficaci nel portare alla luce le risorse e la forza di ciascuno utili alla risoluzione nonviolenta dei conflitti; la promozione della fiducia in se stessi e negli altri; la costruzione di relazioni emotive positive e stabili; le sessioni sulle istanze di genere. Una delle facilitatrici, Lindiwe Mkhondo, chiarisce: "Le ragazze ed i ragazzi con cui ho lavorato per piu' di due anni, alla prigione di Johannesburg, hanno aperto i loro cuori e condiviso la loro verita' con me. Accettando che li guidassimo nel loro personale viaggio verso la consapevolezza, hanno fatto crescere e cambiare anche noi facilitatori. Le domande che la gente mi poneva piu' spesso erano: Ma non hai paura a lavorare con i detenuti? Ti senti al sicuro, la' dentro? Sorprendentemente, ma forse poi non tanto, i detenuti avevano la stessa percezione di se stessi che gli altri avevano di loro. Avevano una conoscenza di se stessi come di persone pericolose e temibili. Uno di essi mi fece la stessa domanda: 'Lindi, sorella, sei cosi' rilassata ed amichevole con noi, non hai mai paura?'. La verita' e' che non mi sono mai sentita in pericolo in loro compagnia. Si', ci sono state molte lacrime, lacrime di gioia e di sollievo, e lacrime di frustrazione e di infelicita'. La sfida piu' grande, per me, era quella di rendere capaci questi giovani di realizzare la propria umanita', di apprendere assieme a loro i metodi grazie ai quali non avrebbero piu' usato la violenza come una difesa contro le loro paure e contro il loro terribile dolore". * Il Sudafrica ha un alto livello di criminalita' giovanile, che e' persino aumentato negli ultimi anni. Secondo le statistiche del 2004, circa il 43% della popolazione carceraria sudafricana ha meno di 25 anni, e circa 25.000 detenuti hanno meno di 21 anni. Le ragazze sono l'1,65% del totale. Vuka S'hambe ha analizzato le origini del fenomeno partendo dalle prospettive dei partecipanti al progetto (motivazioni individuali, contesto in cui la violenza si diede, retroscena culturali ed economici) ed ha utilizzato tale conoscenza per sviluppare programmi che spezzano il ciclo della violenza. I facilitatori hanno attestato che la principale precondizione, emersa durante i seminari, per il manifestarsi della violenza e' la mancanza o la percezione della mancanza di metodi nonviolenti per trasformare i sentimenti di rabbia e vergogna, dolore e autostima ferita. La seconda e la terza sono la mancanza di riconoscimento o status sociale/economico, e l'incapacita' emozionale dell'individuo di provare empatia per gli altri. Lo sviluppo di tale capacita' si e' rivelato di grande importanza, durante il programma, per trasformare le reazioni aggressive. Uno dei ragazzi di Vuka S'hambe, che sta scontando una sentenza a vent'anni di prigione per rapina a mano armata ed omicidio, ha detto: "Io sono come un fiore morto. Come un fiore avrei avuto bisogno di acqua, ma nessuno ha mai avuto cura di me, non sono stato amato. Sento che la rabbia mi ha fatto marcire da dentro. Adesso io non riesco ad amare me stesso, e nessun altro. Come posso farlo, se l'amore non so cos'e'?". Una delle ragazze, allo stesso proposito, ha citato un proverbio Xhosa: "Umntu Ngumntu Ngabantu" che significa "una persona e' umana grazie a coloro che ha intorno". Vi fara' piacere sapere che entrambi, come il resto di coloro che hanno partecipato al progetto (ed e' davvero un dato da festeggiare), sono stati capaci di mutare la percezione che avevano di se stessi, attestando di sentirsi degni di amore e rispetto, e di sentire quindi che degne di amore e rispetto erano anche le persone verso cui avevano usato violenza. Ora parecchi di questi giovani detenuti beneficiano di semiliberta', e molti di essi hanno incontrato le proprie vittime o i parenti delle stesse, per ottenere il perdono e la rinascita. Questo accade, ad insegnare la nonviolenza. 7. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: ETICA NEL MEDITERRANEO [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti:acavadi at lycos.com) per averci messo a disposizione questo suo articolo apparso nell'edizione palermitana del quotidiano "La Repubblica" il 2 dicembre 2005. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla mafia, DG Editore, Trapani 2005. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)] Il vertice euromediterraneo di Barcellona (per altro cominciato male: senza i leader arabi ne' il presidente israeliano) si e' appena chiuso con un mezzo fallimento. Esso avrebbe dovuto segnare una tappa importante di quel processo, avviato nella stessa citta' spagnola nel 1995, di progressiva cooperazione internazionale fra l'Europa e i "vicini" delle altre sponde del Mediterraneo che dovrebbe culminare nel 2010 con la proclamazione dell'ampio bacino come "area di libero scambio". Alcune formazioni politiche particolarmente retrive e provinciali gioiscono del semifallimento; altre, piu' progressiste, se ne dispiacciono. Ma e' possibile andare oltre l'alternativa fra compiacimento e rammarico: attuare qualche iniziativa concreta di correzione di rotta e di accelerazione del cammino. Se saranno i governi nazionali - soprattutto i rispettivi ministeri degli esteri - a inventarsi altri appuntamenti, non ci sara' che da rallegrasi: ma, nell'attesa (e, comunque, ad integrazione di eventuali mosse della diplomazia ufficiale), qualche passo in avanti puo' senza dubbio essere tentato dalla societa' civile organizzata. Anzi, forse proprio questo coinvolgimento della "base" sociale - non necessariamente in polemica con i vertici istituzionali, ma neppure in acritica sintonia - potrebbe costituire la prima novita' di rilievo: per spezzare l'illusione (talora appositamente coltivata da chi, sotto sotto, spera che il progetto fallisca) che l'Unione Europea possa rafforzarsi (ed estendere a Paesi confinanti un'influenza benefica) riservando ai politici di professione (e alla potenti lobbies economiche che ne condizionano l'operato) il monopolio dell'iniziativa. * Forte di questa convinzione, l'"Universita' etica per la condivisione della conoscenza" (un network di associazioni e di singoli cittadini radicata in vari punti del Paese) sta organizzando proprio a Palermo (con la preziosa collaborazione della Facolta' di Economia e Commercio) la prima edizione delle "Giornate di studio sul Mediterraneo". Qual e', in poche parole, l'obiettivo principale di questa full immersion (esattamente dall'8 all'11 dicembre: consultare il sito www.universitaetica.net) cui hanno gia' aderito studiosi, amministratori e operatori sociali da vari Paesi europei e nord-africani? Proprio quello di evitare che le decisioni riguardanti il Mediterraneo vengano ipotizzate, formulate e attuate dall'alto e da lontano, sulla testa (ignara) di chi nel Mediterraneo vive, lavora, produce, commercia e prova a tessere relazioni umane significative. Una prima sessione sara' dedicata ad alcune identita' culturali presenti nell'area: tra ebrei, cristiani, musulmani e' possibile un confronto che non si rassegni alla incomprensione senza, d'altronde, mirare all'omologazione? Una seconda sessione sara' invece riservata all'aspetto economico: possono i popoli mediterranei uscire dalla situazione di svantaggio senza scimmiottare modelli di sviluppo continentali (peraltro sottoposti all'usura del tempo e alle controindicazioni dell'esperienza storica)? La caduta delle frontiere doganali e la liberalizzazione dei mercati costituiranno solo un'occasione di crescita per il Sud o non potrebbero riservare l'amara sorpresa di contraccolpi negativi? La sostenibilita' dello sviluppo e' da intendersi in senso solo ecologico o anche sociale ed etico? I fattori geo-politici che agitano le acque del "mare nostrum" (diventato, negli ultimi anni, un immenso cimitero di vite spezzate alla ricerca di terre meno ostiche delle patrie d'appartenenza) saranno il tema della terza sessione. Ovviamente, trattandosi di un laboratorio di analisi transdisciplinare con lo scopo di attivare metodologie d'intervento (in una felice circolarita' fra teoria e pratica), la quarta ed ultima sessione e' stata prevista come momento conclusivo di incontro fra i partecipanti e di progettazione operativa. Una progettazione basata su dati (per quanto possibile) "oggettivi" e orientata - piu' che da pregiudiziali ideologiche o confessionali - dalla sincera adesione ai principi dell'equita', della solidarieta' e della nonviolenza. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1161 del 31 dicembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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