La nonviolenza e' in cammino. 1150



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1150 del 20 dicembre 2005

Sommario di questo numero:
1. Sergio Albesano: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
2. Andrea Cozzo: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
3. Maria G. Di Rienzo: Mi abbono ad "Azione nonviolenta"' perche'...
4. Alessandro Marescotti: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
5. Marco Palombo: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
6. Edi Rabini: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
7. L'aggiunta, l'apertura, la parola di tutti
8. Anna Maria Civico: L'urgenza di agire e l'urgenza di lasciare andare
nell'arte di attrice
9. Fulvio Cesare Manara: Democratizzare la democrazia e ripudiare la
violenza
10. Maurizio Gubbiotti: Da Hong Kong
11. Nando dalla Chiesa: La relazione della Commissione antimafia. Le pagine
della vergogna
12. Riletture: Giuseppina Ciuffreda, Nicole Janigro (a cura di), Vivere
altrimenti
13. Riletture: Giuliana Morandini, La voce che e' in lei
14. Riletture: Dorothy Parker, Il mio mondo e' qui
15. Riedizioni: Jane Austen, Romanzi
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'

1. STRUMENTI DI LAVORO. SERGIO ALBESANO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Sergio Albesano (per contatti: sergioalbesano at tiscali.it) per
questo intervento. Sergio Albesano e' impegnato nei movimenti di pace, di
solidarieta' e per la nonviolenza, cura una rubrica di storia e una di libri
su "Azione nonviolenta". Opere di Sergio Albesano: Storia dell'obiezione di
coscienza in Italia, Santi Quaranta, Treviso 1993; con Bruno Segre e Mao
Valpiana ha coordinato la realizzazione del volume di AA. VV., Le periferie
della memoria. Profili di testimoni di pace, coedizione Anppia e Movimento
Nonviolento, Torino-Verona 1999]

Leggo "Azione nonviolenta" dalla prima all'ultima parola tutti i mesi.
Alcuni articoli mi aprono la mente e mi aiutano a comprendere meglio i
problemi, portandomi contributi che non trovo su altre testate. Altre volte
invece non mi trovo d'accordo con quanto scritto dagli articolisti e allora
parlo con la pagina, esprimendo il mio dissenso. Sarei buffo, lo so, per chi
dovesse vedermi, ma questo mio comportamento e' la testimonianza di quanto
senta viva la rivista.
Ogni mese essa prende la nonviolenza, la incarta e la porta nelle nostre
case. Ecco, la rivista e' la "nonviolenza incartata".
Leggerla e' un piacere e mi permette di sentirmi in contatto con il
movimento, di conoscere le azioni intraprese da tante persone che come me si
sentono amiche della nonviolenza e di condividere, anche operativamente, le
loro scelte.
Davvero, se "Azione nonviolenta" non esistesse... bisognerebbe inventarla!

2. STRUMENTI DI LAVORO. ANDREA COZZO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) per questo
intervento. Andrea Cozzo e' docente universitario di cultura greca, studioso
e amico della nonviolenza, promotore dell'attivita' didattica e di ricerca
su pace e nonviolenza nell'ateneo palermitano, tiene da anni seminari e
laboratori sulla gestione nonviolenta dei conflitti, ha pubblicato molti
articoli sulle riviste dei movimenti nonviolenti, fa parte del comitato
scientifico dei prestigiosi "Quaderni Satyagraha". Tra le sue opere recenti:
Se fossimo come la terra. Nietzsche e la saggezza della complessita', Annali
della Facolta' di Lettere e filosofia di Palermo. Studi e ricerche, Palermo
1995; Dialoghi attraverso i Greci. Idee per lo studio dei classici in una
societa' piu' libera, Gelka, Palermo 1997; (a cura di), Guerra, cultura e
nonviolenza, "Seminario Nonviolenza", Palermo 1999; Manuale di lotta
nonviolenta al potere del sapere (per studenti e docenti delle facoltà di
lettere e filosofia), "Seminario Nonviolenza", Palermo 2000; Tra comunita' e
violenza. Conoscenza, logos e razionalita' nella Grecia antica, Carocci,
Roma 2001; Saggio sul saggio scientifico per le facolta' umanistiche. Ovvero
caratteristiche di un genere letterario accademico (in cinque movimenti),
"Seminario Nonviolenza", Palermo 2001; Filosofia e comunicazione.
Musicalita' della filosofia antica, in V. Ando', A. Cozzo (a cura di),
Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002, pp.
87-99; Sapere e potere presso i moderni e presso i Greci antichi. Una
ricerca per lo studio come se servisse a qualcosa, Carocci, Roma 2002;
Lottare contro la riforma del sistema scolastico-universitario. Contro che
cosa, di preciso? E soprattutto per che cosa?, in V. Ando' (a cura di),
Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione, discipline e senso degli studi,
Carocci, Roma 2002, pp. 37-50; Scienza, conoscenza e istruzione in Lanza del
Vasto, in "Quaderni Satyagraha", n. 2, 2002, pp. 155-168; Dopo l'11
settembre, la nonviolenza, in "Segno" n. 232, febbraio 2002, pp. 21-28;
Conflittualita' nonviolenta. Filosofia e pratiche di lotta comunicativa,
Edizioni Mimesis, Milano 2004]

Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' e' una rivista che fa crescere la
cultura della nonviolenza informando su quella normalita' della nonviolenza
di cui i media "normali" non danno notizia; perche' fa da collante tra le
diverse realta' che cercano di attuare il "potere di tutti"; e perche' e' il
segno di una "comunita' che viene".
Mi abbono, inoltre, dicendo grazie di cuore a tutti quelli che vi si
impegnano.

3. STRUMENTI DI LAVORO. MARIA G. DI RIENZO: MI ABBONO AD "AZIONE
NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di
Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti,
Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza
velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli
2005]

A dire il vero, visto che gentilmente la rivista mi ospita, dovrei
dissuadere persino me stessa dall'abbonamento, in qualita' di deterrente
(stante l'immortale citazione di Marx, Groucho: "Non posso far parte di un
club che mi accetta fra i suoi membri").
Ma scherzi a parte, se vi piace pensare alla Terra come ad un luogo pacifico
e prospero, dove donne ed uomini e piccini sperimentano il pieno godimento
dei diritti umani, praticano le umane responsabilita' verso se stessi, gli
altri e l'ambiente, esercitano una piena indipendenza di pensiero, sanno
essere pazienti, tenaci, aperti, in ascolto... allora sapete che questo si
costruisce anche con gesti piccolissimi dal grande significato, come il far
vivere a lungo e felicemente "Azione nonviolenta".
La verita' e la liberta' hanno bisogno di essere praticate e dette, ed hanno
bisogno di essere nutrite, per crescere.

4. STRUMENTI DI LAVORO. ALESSANDRO MARESCOTTI: MI ABBONO AD "AZIONE
NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Alessandro Marescotti (per contatti: a.marescotti at peacelink.it)
per questo intervento. Alessandro Marescotti, insegnante, amico della
nonviolenza, e' presidente di Peacelink, il piu' importante punto di
riferimento pacifista italiano nella rete telematica (sito:
www.peacelink.it), ed autore di varie pubblicazioni. Un profilo di
Alessandro Marescotti da lui stesso generosamente scritto su nostra
richiesta e' nel n. 441 di questo foglio]

"Azione nonviolenta" ha diffuso una nuova cultura in Italia.
Per chi come me proveniva da letture come "Rinascita", fu un'occasione per
riflettere e guardare criticamente dentro me stesso. L'ho conosciuta solo
negli anni Ottanta e mi abbonai perche' capii che mi ero perso qualcosa.
Cosa? Mi ero perso un'altra visione del cambiamento sociale, un'altra
concezione della "radicalita'" e della "diversita'".
*
Ricordo che nel 1991 spedii ad "Azione nonviolenta" un floppy disk
contenente un "ipertesto per la pace". La rivista lo cito' fra i "libri
ricevuti".
Cercavo in quel modo di catalogare su supporto magnetico l'utilissima
rubrica di iniziative che occupava in genere le ultime due o tre pagine di
"Azione nonviolenta". C'erano indirizzi e telefoni. Volevo ampliare sul
dischetto - avendo uno spazio virtualmente maggiore, di gran lunga
maggiore - cio' che "Azione nonviolenta" gia' riportava con regolare
puntualita': una mappa aggiornata dell'arcipelago pacifista e nonviolento.
La mia idea era quella di arricchire l'ipertesto e poi spedirlo per posta a
tante persone. Avrei speso in fondo poco in quanto il dischetto era leggero
e cominciava a costare meno della carta necessaria a stamparne tutto il
contenuto. Ma avrei speso tutto sommato molto perche' comunque i francobolli
andavano comprati.
Finche' un giorno imparai che c'era un sistema per non comprare i
francobolli e spedire ugualmente il dischetto. Quel sistema si chiamava
telematica. Fu un'illuminazione. Mi convinsi che si poteva e si doveva
creare la "telematica per la pace".
Una volta trovata la tecnologia, occorreva riempirla di contenuti. "Azione
nonviolenta" e' stata il "carburante" della telematica per la pace. Ogni
mese, appena arrivata, "Azione nonviolenta" veniva da me "saccheggiata" e i
suoi "atomi" cartacei diventavano "bit".
*
Ed anche oggi, nonostante la grande diffusione di internet, la sua presenza
costituisce un riferimento fondamentale per chi vuole mantenere la scelta di
una rivoluzione gentile e pacifica.

5. STRUMENTI DI LAVORO. MARCO PALOMBO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Marco Palombo (per contatti: tabaccheriapalombo at tiscali.it) per
questo intervento. Marco Palombo, amico della nonviolenza, e' tra i
promotori dell'appello di Verona dell'8 novembre 2003 per un'Europa neutrale
e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta]

Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' tramite "Azione nonviolenta" e il
Movimento Nonviolento ho potuto conoscere i libri e il pensiero dei maestri
fondatori della nonviolenza e degli studiosi contemporanei italiani e
stranieri.
Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' penso che gli amici della
nonviolenza debbano essere collegati tra loro ed avere un minimo di
organizzazione.
Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' sostenere l'editoria nonviolenta
e' indispensabile per diffondere  questa cultura e aumentare la sua
influenza e i suoi effetti nella societa'.
Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' il direttore responsabile e'
Pietro Pinna che spero di rincontrare in uno dei nostri prossimi
appuntamenti e il legame con le lotte di ieri da' piu' forza alle lotte di
oggi.

6. STRUMENTI DI LAVORO. EDI RABINI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Edi Rabini (per contatti: edorabin at tin.it) per questo
intervento. Edi Rabini, che e' stato grande amico e stretto collaboratore di
Alex Langer, e' impegnato nella Fondazione Alexander Langer (per contatti:
e-mail: langer.foundation at tin.it, sito: www.alexanderlanger.org), di cui e'
infaticabile e generosissimo anmatore]

La Fondazione Alexander Langer ha pubblicato di recente un piccolo libro che
contiene ricordi e scritti di Andreina Emeri, femminista, avvocato,
consigliere regionale dei Verdi per un troppo breve periodo, morta a 49 anni
nel 1985, 20 anni fa.
Per riscoprire la sua vita e il suo impegno abbiamo dovuto constatare ancora
una volta quanti tesori di memoria si trovano nelle piccole, apparentemente
marginali, riviste, poveri di mezzi ma dedite a scovare e ospitare
riflessione piu' lunghe e piu' appprofondite, rispetto alle urgenze
dell'informazione quotidiana.
Per questo mi sta a cuore anche il lavoro delle formiche tenaci di "Azione
nonviolenta".

7. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGGIUNTA, L'APERTURA, LA PAROLA DI TUTTI
"Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata
da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte
le persone amiche della nonviolenza.
La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803,
fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org
L'abbonamento annuo e' di 29 euro da versare sul conto corrente postale n.
10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente
bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza
Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta",
via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad
"Azione nonviolenta".

8. ESPERIENZE E RIFLESSIONI. ANNA MARIA CIVICO: L'URGENZA DI AGIRE E
L'URGENZA DI LASCIARE ANDARE NELL'ARTE DI ATTRICE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente testo di Anna Maria Civico. Anna Maria Civico (per
contatti: amcivico at hotmail.com), calabrese, ha vissuto a Catanzaro, Roma,
Malo (Vicenza), Venezia, attualmente vive a Terni.; e' attrice, cantante,
trainer di canto e di teatro; conduce laboratori di teatro nella natura,
drammaturgia per un teatro ecocompatibile, laboratori di canto, laboratori
di teatro; molte utili informazioni su di lei sono nel suo sito:
www.mediarama.it/annamaria/ - ma queste minime informazioni non bastano
certo a rendere l'incanto del suo recitare, del canto suo, della sua viva
presenza: colta ricercatrice delle tradizioni popolari e sperimentatrice
inesausta di forme espressive, dolce e mite la sua voce e il suo sguardo
guarisce ferite, lenisce dolori, suscita riconoscimento di umanita',
costruisce cosi' - respiro per respiro, parola per parola - la pace
possibile e necessaria, nell'incontro infinito con l'altra e con l'altro]

Ancora non posso pronunciare questa parola. E' meglio che io la scriva. Solo
guardarla. Una cosa scritta e a cui non penso. Come guardare un dipinto. Il
disegno della parola. Io la uso. Non sono in quella parola. Ora la osservo.
E' fuori di me. Brucia tra le mani. La riconsegno al piu' presto.
Torno a prima di averne assunto la responsabilita' di dire. Vorrei andare
oltre la parola, oltre la scrittura della parola. La scrittura non e' il mio
campo. Come entrare nel giardino di qualcun altro. Attenzione alle spine!
Attenti a non calpestare i fiori!
Piuttosto la parola detta. La voce della parola. L'azione in se'. Non la mia
voce. La voce di quella parola. Per quella parola. Da quella parola.
L'intonazione. La vibrazione. Il suono. La voce mi rimanda il senso. Entro
nel dire come in una incantazione. Prima della parola un pensiero, ma prima
ancora un'azione, anche solo un battito. Non so cosa dico. Questo e'
importante. Rimando a dopo l'ora della conoscenza. Della comprensione.
Se e' possibile leggere oltre. Leggendo. Poiche' quando qui dico esperienza
(quando ne parlo) e quando dico teatro, lo spettacolo di teatro (quando ne
parlo) e' gia' la fine. E l'inizio. Vuol dire che gia' e' accaduto qualcosa.
Qualcosa e' stato fatto per cui qualcosa possa accadere. L'agire agisce.
Puo' darsi che sia il corpo a iniziare a fare qualcosa. Come un ragno che
tesse la sua ragnatela, solo che qui il filo e' molto piu' sottile. E' un
filo che si percepisce. Ed e' anche percepibile. Il carattere di questo filo
(che e' anche la sua qualita') sta nell'essere percepibile, nell'essere
presente o meglio consistente, nell'essere infinito o meglio senza storia. E
contemporaneamente sta nel conferire queste qualita' (meglio trasmettere) o
almeno rendere sensibile a queste qualita'. Conferisce. Trasmette
sensibilita', trasmette elasticita', trasmette presenza. Conferisce
chiarezza. Questi fili che disegnati da me tornano a me. Ora sono
trasmettitrice/ore, ora ricettrice/ore di cio' che di me ha dialogato con
l'esterno (si e' fatto esterno) torna modificato ed e' al tempo stesso della
mia natura piu' altro. Io lo ricevo, lo riconosco e mi modifica (modifico?).
E' quasi un'altra immagine a creare.
Poi comprendere. Osservare la conoscenza che mi passa davanti a ondate.
Trovarmi nella rivelazione e danzarla, cantarla, acquisire posture
d'ascolto. Magari! Magari esserci insieme a qualcuno. E io sono li' anche
nelle dita. E la percezione e' come dire cosi' commovente che gli umori si
sciolgono. E' come un sentimento puro. Il sentire. Ma non e' infinito (non
puo'). E' presente. Io percepisco, io sento (meglio senza io), (lasciamo
crescere le parole).
Forse, a volte, non c'e' traduzione attiva. Forse bisogna aspettare e
aspettarsi. Aspettar(si). Vedere agire. Veder(si) agire. Contemplare l'atto
del meditare.
E qui dire medit(are) (dirlo sarebbe meglio di scriverlo) e' come indicare
il verbo (l'azione). Un atto e' troppo per meditare! E' pesante. E qui le
regole finiscono, meditare e' infinito? L'infinito di meditare non esiste.
Medito e' l'unica possibilita'. Medit(are) e' impreciso e vago, non rende la
sottigliezza del tempo aperto(si) al meditante. (Tra noi) dire anche
ascoltare (anche se e' piu' grossolano, viene prima o dopo?, c'e' da
imparare dalle parole!), io ascolto.
Eppure atto e ascolto sono cosi' vicini! Io atto, meglio attuante (ne' io,
ne' tu).
E' necessario che io scriva qualcosa non importa per chi o il motivo, e'
come servire una necessita' la quale, anche, mi alimenta. Il teatro da cui
parlo a da cui procedo (funziono quindi apprendo) prende a cuore e parte da
l'ascoltare, il sentire, l'intendere e con cio' e percio' quello che produco
tende.
Ma siccome sono io a parlarne e questo teatro che mi dovrebbe contenere come
un circuito anche di cui, eventualmente, essere funzione, dove e'? allora
sono io a prendere a cuore ed a partire da ed andare verso l'ascoltare, il
sentire, l'intendere lavorandoci su. Spesso, in assenza di sostegni e spazi
adeguati e di compagni e compagne di lavoro, io divento il campo d'azione e
d'osservazione e testimonianza, il mio corpo ospita questo ed e' luogo da
cui esercitarmi (anche in atti di vigilanza).
Io guardo agli spettatori con avidita', con attesa e ad un primo sguardo,
come a coloro che fanno un atto di resa, momentaneo, verso il mondo,
lasciano i loro affari e i loro affanni per dir(si): "ciao, vado a fare una
camminata...", "vado a incontrare...", "vado a vedere..." (e voi come
guardate chi fa il teatro?).
Ecco! Io parlo da questo teatro, fatto da questi puntini di sospensione,
d'attesa, d'una qualita' d'attesa che e' come un atto d'attesa da cui il
nutrimento: io cresco in questo teatro, lavoro per crescere (ahi! come e'
difficile guadagnare da questo e che pena decrescere!).
Ecco, durante una performance io non ho nulla a cui pensare, solo cose da
fare ed alla svelta, poi, dopo e piu' in la', in uno spazio intimo e caldo,
odo lontano come il sottofondo di un lavorio incessante di cui mi sembra non
essere generatrice piuttosto mi sembra di aver lavorato per poter spiare
questo altro lavorio, ed e', a volte, una gioia.
Un lavorio costante che cresce, pulsa, si articola, respira con te, proviene
da me, procede da se' e lo so, "come so" che l'acqua e' trasparente, cioe'
con la medesima certezza, con la stessa determinazione e questo lavorio non
e' affatto mio.
Cosa c'entra il cantare con questo? C'entra il cantare come azione e
c'entrano i canti (alcuni) che come relitti nell'oceano delle civilta'
oltrepassano le funzioni e rimangono in vita malgrado la storia e le storie.
E' a volte possibile spiare questo lavorio, questa pulsazione, esserne
sostenuti. Puo' diventare che attraverso un canto tradizionale si risvegli o
si crei un'azione interiore in chi canta ed in qualche modo anche autonoma
dalla pulsazione del canto stesso e con cui poter interagire. In chi
(spettatore) ascolta, accade qualcosa magari a livello emotivo o a un
livello piu' superficiale che fa dire "mi sembra di ricordare..." oppure "in
quella postura sembra che...". E' come se certi canti e certo cantare siano
potenziali porte d'accesso verso questo lavorio...
e tutto il resto.

9. RIFLESSIONE. FULVIO CESARE MANARA: DEMOCRATIZZARE LA DEMOCRAZIA E
RIPUDIARE LA VIOLENZA
[Ringraziamo Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) per
averci messo a disposizione questo suo testo apparso ne "L'incontro", a.
XVII, n. 1 (aprile-settembre 2004), pp. 18-19, col titolo: Democratizzare la
democrazia e abiurare la violenza, oltre ogni confine. Fulvio Cesare Manara
e' un prestigioso studioso e amico della nonviolenza; nato a Bergamo il 29
giugno 1958, coniugato con tre figli, laureato in filosofia presso
l'Universita' di Milano discutendo la tesi "Fides falsa. Il concetto di
eresia in Tommaso d'Aquino", ha frequentato seminari di ricerca e studio
presso vari enti: il Program on Nonviolent Sanctions della Harvard
University, la Western Michigan University, la American Philosophical
Association (Central Division), e la Albert Einstein Institution (Cambridge,
Ma, Usa). Perfezionatosi a Padova in didattica della filosofia, e' stato
ricercatore esterno della Fondazione Tovini presso il Dipartimento di
filosofia dell'Universita' di Padova, dove ha condotto una ricerca sul
laboratorio di filosofia. Nell'anno accademico 2004-2005 ha insegnato
"Religioni e diritti dell'uomo" al Master di II livello dell'Universita'
degli Studi di Bergamo. Nel settore della didattica della filosofia insegna
filosofia e storia nei licei statali; opera quale formatore di formatori e
interviene in corsi di formazione promossi da istituti superiori in varie
parti d'Italia ed in seminari e corsi promossi dal Ministero e da altre
agenzie (la piu' recente attivita' e' la funzione di moderatore in due forum
della Sfi per l'Indire); ha collaborato al laboratorio di didattica della
filosofia presso la Siss Veneto; e' membro del consiglio direttivo e della
commissione didattica nazionale della Societa' filosofica italiana; suo
campo di sperimentazione e di indagine e' la comunita' di ricerca filosofica
e il laboratorio di filosofia; collabora in qualita' di redattore a
"Comunicazione filosofica. Rivista telematica di ricerca e didattica
filosofica" (sito: www.getnet.it/sfi/013.html); collabora in qualita' di
formatore esterno al corso di perfezionamento in filosofia e didattica della
filosofia dell'Universita' di Bari, e al corso di perfezionamento in
metodologia dell'insegnamento filosofico presso l'Universita' di Padova. Nel
settore disciplinare della didattica della filosofia ha pubblicato una
quindicina di saggi e alcune recensioni, oltre al volume "Comunita' di
ricerca e iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della
filosofia", Lampi di Stampa, Milano 2004. Nel settore degli studi sulla
nonviolenza si occupa continuativamente di etica della nonviolenza, settore
in cui ha pubblicato una ventina tra saggi e articoli; opera quale formatore
con esperienza di metodologia attiva: addestrato nelle competenze
dell'ascolto attivo e della gestione del lavoro di gruppo, grazie ad una
esperienza ventennale di animazione e facilitazione di gruppi, anima a sua
volta all'ascolto attivo, ad una gestione di gruppo centrata sulla
leadership partecipativa ed alla trasformazione nonviolenta dei conflitti.
Dal 2002 e' collaboratore della cattedra di Pedagogia sociale
dell'Universita' di Bergamo, ove si occupa in particolare del tema della
trasformazione nonviolenta dei conflitti]

"Democratie: et ainsi ne pouvant faire que ce qui est juste fut fort, on a
fait que ce qui est fort fut juste" (Blaise Pascal)

L'identificazione spesso proposta tra lotta contro il terrorismo e lotta per
la democrazia rappresenta una delle principali minacce all'effettivo
sviluppo di processi di democratizzazione.
Il matrimonio tra i mezzi della guerra e l'obiettivo di estendere tali
processi non rappresenta altro che una maschera ideologica inconsistente.
E' per questo che argomentare a sostegno dell'idea e della prassi di un
sostegno globale alla lotta per la democrazia in tutto il mondo diventa una
specie di imperativo. Prima di tutto, per mantenere viva la consuetudine a
controllare il potere delle parole, che e' sempre "un potere d'illusione e
d'errore" (1), per sforzarsi di chiarire le parole usate in modo vuoto o
addirittura ingannevole. E poi, per non perdere del tutto la politica.
Non e' da poco, del resto, che siamo messi in guardia rispetto alle
ambiguita' della democrazia (v. ad esempio Bernard Crick, Difesa della
politica, Il Mulino, 1969).
*
Il contributo di Amartya Sen (La democrazia degli altri, Mondadori, 2004) a
questa riflessione si e' fatto in questi ultimi anni piu' esplicito e
deciso. Secondo Sen, in sostanza, una duplice riduzione minaccia di far
prevalere una nozione insufficiente e ristretta di democrazia.
Egli sostiene infatti che la ricerca della democrazia e' un fenomeno
transculturale che non appartiene solo alla storia ed alla cultura
dell'occidente. E argomenta a favore di una riscoperta di questa
transculturalita' della democrazia, come valore universale.
Per cogliere questa possibilita' universale della democrazia Sen tenta di
mettere a fuoco il contenuto concettuale del termine, per evitare ogni
concezione riduttiva o insufficiente e tentando di cogliere elementi
costitutivi non culturalmente specifici.
Dal punto di vista concettuale, anzitutto, "democrazia" non significa
semplicemente libere elezioni, e non e' semplicemente un processo formale di
deliberazione pubblica mediante votazioni (quella che nel dibattito italiano
e' nota come "democrazia formale"). Democrazia significa "esercizio della
ragione pubblica", ossia possibilita' di partecipazione dei cittadini al
dibattito politico (parlare, ascoltare, senza paura), e significa in secondo
luogo possibilita' di elaborare le decisioni pubbliche attraverso tale
discussione. Democrazia e' "governo attraverso la discussione", e "libera
partecipazione popolare alla discussione dei problemi di governo".
Ebbene, Sen ci illustra con esempi e riflessioni quanto ampia sia al di
fuori dell'Occidente la storia della "causa del pluralismo", ossia del
rispetto e della tutela "della diversita' e delle liberta' fondamentali". E
quanto la concezione piu' ampia e corretta della democrazia sia diffusa in
culture e civilta' lontane da noi nello spazio e nel tempo. L'importanza
della discussione pubblica ad esempio, non si manifesto' solamente nella
Grecia antica e nell'Occidente che ne e' l'erede: persino tra le antiche
civilta' si riscontra "un'ampia storia di sostegno alla tolleranza, al
pluralismo e alla deliberazione pubblica".
I tratti di questa universalita' non consistono per nulla nella forma
politica o nelle pratiche procedurali della deliberazione a maggioranza,
quanto appunto nella pratica sociale della tolleranza e
nell'"incoraggiamento alla discussione pubblica" centrata sul
"riconoscimento del valore di imparare da altri". E' per questo che bisogna
guardarsi dalla "indebita appropriazione" che l'Occidente tende a fare della
bandiera della democrazia.
Oltre a questo, osserva Sen, piu' democrazia significa anche piu'
discussione e riflessione sulla democrazia stessa. Soprattutto se si pensa a
quanto carenze di democrazia si siano apertamente manifestate proprio in
paesi di antica tradizione democratica.
In questo senso sembra altrettanto necessario riferirsi all'esigenza di
"democratizzare la democrazia".
Non si tratta infatti solamente di estendere la diffusione di queste
pratiche politiche, quanto anche di far si' che le stesse democrazie di
antica data possano crescere in esse. "I difetti della democrazia",
soprattutto quelli delle nazioni che gia' hanno optato per essa, "richiedono
piu' democrazia, e non meno".
C'e' del resto chi pensa piu' o meno apertamente che si possano curare i
difetti della pratica democratica mediante interventi autoritari, mediante
la riduzione della partecipazione dei cittadini, mediante restrizioni delle
liberta', in sostanza mediante una de-democratizzazione.
Non e' una sorpresa scoprire che la democrazia potrebbe evolvere verso forme
politiche irrispettose di queste esigenze. Come in passato, in Occidente, si
sono presentate sulla scena della storia esperienze definite come
"democrazia autoritaria" o "dispotismo democratico" oggi si puo' paventare
lo sviluppo di "democrazie illiberali", che sono quelle che minano alla
radice il rispetto dei diritti e delle liberta' fondamentali senza le quali
nessun processo deliberativo partecipato coralmente e' possibile. E spesso
questi tentativi sono fatti in nome della stessa liberta'...
*
Il piu' indicativo fattore di crisi dei processi di democratizzazione,
dentro e fuori l'Occidente, e' senza dubbio il nuovo atteggiamento verso la
guerra e verso l'utilizzo della distruttivita' organizzata.
Ci si potrebbe chiedere infatti se e' davvero possibile difendere la
liberta' e la democrazia senza il ricorso a mezzi democratici e rispettosi
delle liberta' e dei diritti altrui, oltre che dei propri; se il matrimonio
tra democrazia e guerra sia possibile, o non finisca per ritorcersi contro
la democrazia stessa, per distruggerla radicalmente (cfr. quanto
instancabilmente suggerisce a proposito Jean-Marie Muller).
Sembra che nonostante tutto resti spaventosamente bassa la consapevolezza
che possono e debbono essere pensati e progettati mezzi democratici di
gestione dei conflitti internazionali, che siano alternativi rispetto alla
guerra ed alla contro-violenza stessa, anche nei confronti del terrore e del
terrorismo.
Sembra che siano irrilevanti o vengano respinte nell'oblio le esperienze e
le pratiche di lotta per la democratizzazione mediante il ricorso all'azione
nonviolenta. Da questo punto di vista in molti luoghi del pianeta gruppi
armati di differenti orientamenti non tollerano la parola e l'azione di
gruppi di cittadini che sono fiduciosi in un'alternativa nonviolenta, che
lottano per il riconoscimento del loro diritto di parola e di
partecipazione, e che scelgono di farlo secondo strategie e tecniche
nonviolente (cfr. ad es. quanto ci riportano da ogni parte del pianeta le
Peace Brigades International: http://peacebrigades.org).
Pertanto, ben oltre quanto Sen ci propone, e' di primaria importanza che non
si perda nessuna occasione per comprendere quanto per una autentica
democratizzazione il fattore "critica della violenza" sia ineludibile.
*
Queste due direttrici, ossia la democratizzazione della democrazie e la
trasformazione nonviolenta dell'azione politica non sono ipotesi per anime
belle.
Sono pratiche di sperimentazione e ricerca ormai mature che stanno crescendo
nelle regioni piu' diverse del nostro pianeta. Ampia e profonda
testimonianza delle pratiche di democratizzazione della democrazia sono
documentate nel testo di Bonaventura de Souza Santos (Democratizzare la
democrazia, Citta' Aperta, 2003), che da questo punto di vista rappresenta
una prima integrazione, decisamente sostanziale, alle indicazioni di Amartya
Sen.
I percorsi della democrazia partecipativa - che rappresentano una chiara
espansione dell'intelligenza sociale, al di la' di culture e confini -
esplorano la demodiversita' ("non esiste alcun motivo per cui la democrazia
debba assumere un'unica forma"), l'articolazione antiegemonica sia nel
locale che nel globale, la sperimentazione di "nuove grammatiche sociali" e
nuovi percorsi di emancipazione sociale, di riconoscimento, di cittadinanza
e di azione collettiva, di leadership partecipativa e diffusa, di invenzione
di istituzioni partecipative, di esperienze di condivisione economica (ad
esempio con il bilancio partecipativo), ecc.
D'altro canto, sarebbe molto difficile in breve fare un compendio delle
esperienze di lotta nonviolenta nel mondo, oggi. Senza che se ne senta molto
parlare, in questi anni duri, pieni di parole per la guerra, crescono e sono
vive, spesso senza rumore, e ci offrono a volte testimonianze di altissimo
valore per il costo di sacrificio che esse rappresentano e per la speranza
che sollevano. Persino intellettuali e politici cominciano a riconoscere che
per recuperare e ritrovare la politica occorre che essa sia capace di
anatema contro la violenza, che essa rinunci al mito della potenza e cominci
a sperimentare pratiche di nonviolenza (v. almeno. Marco Revelli, La
politica perduta, Einaudi, 2003; AA.VV., La politica della nonviolenza,
Liberazione, 2004; Fausto Bertinotti, Lidia Menapace, Marco Revelli,
Nonviolenza. Le ragioni del pacifismo, Fazi, 2004; Imma Barbarossa (a cura
di), La forza della nonviolenza, Edizioni Punto Rosso, 2005). Ma la lotta
nonviolenta piu' che pratica della parola politica e' testimonianza di
instancabile sperimentazione nella trasformazione dei conflitti.
Le reti di gruppi e di cittadini che operano nei piu' diversi punti del
pianeta per democratizzare la democrazia e per lottare fiduciosamente senza
violenza per una trasformazione non distruttiva dei conflitti sono una forza
reale. Esse manifestano come l'appropriazione del simbolo della democrazia
da parte dei governi non sia sufficiente per garantire processi democratici.
Speriamo che con sempre maggior chiarezza e forza esse si connettano l'una
all'altra e si fecondino reciprocamente.
Per parte nostra, con lo sguardo attento a tutti quei luoghi e quelle reti
che nel nostro piccolo si orientano in questa direzione, siamo altresi'
consapevoli che questa coscienza necessita di allargarsi a dimensioni capaci
di fare del nostro pianeta un pluriverso di convivenza. E sentiamo la
responsabilita' che tutto questo comporta, qui ed ora: una sfida vitale per
il futuro dell'umanita', in questo "decennio per la nonviolenza", che si e'
aperto con le piu' radicali provocazioni della umana brutalita'.
*
Note
1. Simone Weil, Ecrits de Londres et dernieres lettres, Gallimard Paris
1957, p. 42.

10. RIFLESSIONE. MAURIZIO GUBBIOTTI: DA HONG KONG
[Ringraziamo Maurizio Gubbiotti (per contatti:
m.gubbiotti at mail.legambiente.com) per averci messo a disposizione questo suo
commento alla conclusione del vertice di Hong Kong del Wto. Maurizio
Gubbiotti e' coordinatore della segreteria nazionale e responsabile del
dipartimento internazionale di Legambiente, era presente a Hong Kong nella
delegazione italiana dei movimenti altermondialisti]

Pessima figura dell'Europa, e del governo italiano che non ha fatto un buon
servizio ne' al nostro Paese ne' agli agricoltori italiani, soprattutto
all'agricoltura di qualita' che in Italia e' tanta parte del futuro del
nostro territorio.
Eravamo convinti che la sede Wto non fosse quella giusta per discutere di
ambiente, ma, governo italiano in testa, ci volevano convincere che il testo
finale avrebbe contenuto un intero paragrafo che si sarebbe occupato di
"Negoziati ambientali", dedicato a impegnare i Paesi membri
nell'armonizzazione delle regole commerciale con i trattati ambientali.
Nella dichiarazione l'intero capitolo e' stato tagliato, caduto vittima del
ricatto di Usa e Unione Europea sui Paesi piu' poveri.
Denunciamo questa scelta come posizione cieca e irrazionale, che non
considera le emergenze e la tutela dell'ambiente come elemento base per ogni
tipo di sviluppo, ne' come intreccio con le questioni della poverta' nel
mondo. E' una scelta davvero fuori dal mondo.
Rimangono aperte tutte le preoccupazioni che ci avevano fatto chiedere, in
vista del vertice, un'inversione di rotta dei negoziati.
Tre gli attacchi piu' gravi che Legambiente segnala:
1) I Paesi membri della Wto, sotto la pressione delle lobby
economico-finanziarie nazionali e internazionali, hanno scelto di mettere a
rischio, con gli avanzamenti sul negoziato dei prodotti industriali (Nama),
212 regolamentazioni in tutto il mondo che servono anche per proteggere
l'ambiente:
- requisiti di marchio e di certificazione;
- standard e regolamenti nazionali;
- restrizioni alle esportazioni;
- restrizioni agli investimenti esteri;
- misure per promuovere lo sviluppo economico locale.
2) L'Accordo generale sul commercio dei servizi (Gats), che non e' stato
congelato bensi' accelerato, impegna i governi a liberalizzare
progressivamente i vari settori che, secondo la classificazione della Wto,
sono ben 160 e vanno dai servizi di costruzione a quelli di distribuzione,
alla fornitura dell'acqua, del gas, dei servizi sanitari. Esso interessa un
settore economico e industriale che nella sua globalita' e' stato valutato
attorno ai 2,2 mila miliardi di dollari annui. Il Gats non si occupa solo di
servizi finanziari, informatici, della distribuzione o delle
telecomunicazioni, ma anche di tutto cio' che e' servizio sociale
essenziale: dall'istruzione, alla fornitura di acqua potabile, dall'energia
fino all'istruzione e alla sanita'.
3) La nostra preoccupazione diventa sempre piu' forte se pensiamo che la
fase decisiva dell'approvazione di queste regole pericolose e inique si
svolgera' nei corridoi della sede della Wto a Ginevra, per tradizione poco
trasparente e impermeabile a tutte le richieste di confronto che non
provengano dalle grandi lobby finanziarie e industriali.
Chiediamo a questo punto che tutti i movimenti e le forze politiche che
anche in Italia condividono le nostre preoccupazioni sappiano raccoglierle
con la chiarezza e la forza necessaria a sostenere la difficile fase finale
di questo ciclo negoziale, vera trappola per lo sviluppo.

11. RIFLESSIONE. NANDO DALLA CHIESA: LA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE
ANTIMAFIA. LE PAGINE DELLA VERGOGNA
[Dagli amici di "Italia Democratica" (per contatti:
italiademocratica at tiscali.it) riceviamo e volentieri diffondiamo il seguente
articolo di Nando dalla Chiesa apparso sul quotidiano "l'Unita'" del 19
dicembre 2005. Nando dalla Chiesa e' nato a Firenze nel 1949, sociologo,
docente universitario, parlamentare; e' stato uno dei promotori e punti di
riferimento del movimento antimafia negli anni ottanta; e' persona di
straordinaria limpidezza morale. Tra le opere di Nando dalla Chiesa
segnaliamo particolarmente: Il potere mafioso, Mazzotta; Delitto imperfetto,
Mondadori; La palude e la citta' (con Pino Arlacchi), Mondadori; Storie,
Einaudi; Il giudice ragazzino, Einaudi; Milano-Palermo: la nuova resistenza
(a cura di Pietro Calderoni), Baldini & Castoldi; I trasformisti, Baldini &
Castoldi; La politica della doppiezza, Einaudi; Storie eretiche di cittadini
perbene, Einaudi; La legge sono io, Filema; La guerra e la pace spiegate da
mio figlio, Filema. Ha inoltre curato (organizzandoli in forma di
autobiografia e raccordandoli con note di grande interesse) una raccolta di
scritti del padre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, In nome del popolo italiano,
Rizzoli. Opere su Nando dalla Chiesa: suoi ritratti sono in alcuni libri di
carattere giornalistico di Pansa, Stajano, Bocca; si veda anche l'intervista
contenuta in Edgarda Ferri, Il perdono e la memoria, Rizzoli]

Giulio Andreotti? Perseguitato in un processo senza prove. Toto' Cuffaro?
Una Maria Teresa d'Austria rediviva, instancabile promotore di nuova cultura
civile. La geografia di Cosa Nostra? Palermo piu' Trapani meno importanti
della sola Agrigento, della sola Messina, della sola Caltanissetta. La mafia
e la 'ndrangheta - e il riciclaggio dei loro capitali - in Lombardia?
Praticamente inesistenti. E ' la sintesi brutale, semplificatrice, ma
sincera della "Relazione conclusiva" della Commissione parlamentare
d'inchiesta sulla mafia che la maggioranza vorrebbe approvare a rotta di
collo per Natale.
Millecinquecento pagine organizzate secondo criteri discutibili, ma di
assoluta decenza. Un taglio narrativo eterogeneo, che va dalla copiatura del
saggio sociologico alla arringa difensiva, dalla invettiva personalistica
alla radiografia giudiziaria, con sprazzi prolungati di buona cultura
istituzionale. Ma nel complesso una vergogna. Anzi, una delle piu' grandi
vergogne di questa legislatura. E una delle piu' grandi vergogne della
storia dell'Antimafia. Conoscendo il presidente della Commissione, il
senatore Roberto Centaro, faccio fatica a credere che questa sia tutta
farina del suo sacco, come egli ha ovviamente rivendicato. Si sente puzza
lontano un miglio di grande operazione politica; una di quelle operazioni
volute dall'alto e che vorrebbero erigersi come spartiacque nella storia
tormentata delle nostre istituzioni. Per cambiare torti e ragioni sfregiando
la verita'. Per trasformare le vittime in offensori e viceversa, secondo
l'aureo motto del cardinal Mazarino che Giulio Andreotti amava citare quando
era al culmine del proprio potere. E con l'obiettivo di farlo subito, il
piu' presto possibile. Per gettare il peso della Relazione sulla campagna
elettorale. Per portare sul banco degli imputati i magistrati scomodi e
stabilire l'innocenza degli imputati (assolti, prescritti, condannati o in
attesa di giudizio) nella sfera - perfino - della morale e della politica.
Per impedire all'opposizione di avere il tempo necessario a produrre una
Relazione di minoranza organica e completa.
Millecinquecento pagine che rifiutano per principio quella sintesi, quella
brevita' che paradossalmente si contesta alla pubblica accusa palermitana di
non avere praticato con l'effetto (questo il rimprovero) di confondere,
annacquare, sovvertire la verita' attraverso mille sparsi rilievi.
*
Millecinquecento pagine di cui quattrocento incredibilmente dedicate ai
processi Andreotti. E si dice "incredibilmente" non perche' quei processi
non siano in grado di illuminare la realta' dei rapporti tra mafia e
politica. Eccome se li illuminano, solo che li si voglia leggere davvero, a
partire dalla sentenza finale della Cassazione (i provati rapporti con Cosa
Nostra almeno fino al 1980). Ma perche', semplicemente, la Commissione non
si e' mai, e si sottolinea il "mai", occupata di quei processi. E dunque non
ha alcun titolo per dedicar loro quasi un terzo dell'intero volume. Da
sempre, infatti, la Relazione della Commissione tira, come e' ovvio, le
somme del lavoro svolto, lo riorganizza, lo rielabora, lo porta a sintesi.
Indica al parlamento e al Paese la verita' trovata sul campo, nelle
audizioni romane o nelle audizioni e nelle visite condotte in missione. Fa
proposte legislative e valuta l'effetto della produzione legislativa gia'
approvata in materia. Non affronta mai materie di cui non si e' occupata.
Per l'evidentissima ragione che su quello non ha proprio da fare alcuna
"relazione".
Perche' dunque questa autentica ingiuria al profilo istituzionale di quella
Commissione antimafia che venne voluta negli anni sessanta per combattere e
non per coprire i rapporti di complicita' tra mafia, amministrazione e
politica, e davanti alla quale - proprio per questo e a dispetto di ogni
ambiguita' possibile - vennero per la prima volta esplicitamente indicati i
rapporti tra le cosche e Vito Ciancimino e Salvo Lima, allora potentissimi
capi della politica siciliana? La risposta si puo' trovare nella stessa
Relazione. Ed e' la seguente. Bisogna occuparsi di quei processi, ed
esprimere su di essi l'opinione della maggioranza politica (attraverso
un'arringa difensiva che non e' stata scritta sicuramente da nessun tecnico
o consulente della Commissione ma che ha tutta l'aria di venire diritta da
qualche ambiente professionale assai vicino alla difesa) perche' la lettura
che viene data dei rapporti tra mafia e politica punta ad assolvere
definitivamente il senatore Andreotti anche in sede di verita'
storico-parlamentare. Punta cioe' ad aggiungere a una pretesa (ma
inesistente) innocenza penale anche una innocenza politica. A colpi di
maggioranza. Come se anche la verita' storica potesse essere statuita
riunendosi di corsa e facendo la conta delle mani disposte ad alzarsi.
Disposte ad alzarsi, piu' precisamente, sotto il ricatto incombente delle
candidature al parlamento. Da decidere entro trenta o quaranta giorni, sotto
il piu' micidiale controllo che le segreterie di partito, grazie alla nuova
legge, abbiano mai avuto.
*
Bisognera' tornare e ritornare, scrivere e ancora scrivere e raccontare, su
una Relazione che spiega come pochi altri documenti perche' in Italia non si
riesca a sconfiggere la mafia.
Ma intanto va segnalato il modo in cui viene affrontato il maggiore scandalo
attuale, quello del governatore della Sicilia Toto' Cuffaro, in stretti
rapporti d'amicizia e d'affari con il re delle cliniche siciliane Michele
Aiello, a sua volta legato agli ambienti di Cosa Nostra piu' vicini (lo
ricorda di sfuggita in altro passo anche la Relazione) a Bernardo
Provenzano. Tanto da avere svolto la funzione di Supertalpa al servizio
della combriccola, per avvertire che le talpe semplici impiegate in procura
erano state scoperte. Ecco che cosa si dice del Governatore: "Anche
l'attivita' svolta dalla Regione Siciliana e' indice di un'accresciuta
sensibilita' nei confronti del fenomeno mafioso. L'on. Cuffaro, nella sua
veste di Presidente della Regione, ha elencato una serie di iniziative
amministrative (...) che vanno lette come momenti di impegno per la
legalita' e contro la presenza della mafia nell'economia, nelle istituzioni
e nella societa' civile". Io veramente dell'audizione del governatore
siciliano, tenuta a Palermo alla fine di marzo del 2004, ho un altro
ricordo, e ne trovo conferma nei miei appunti. Ho il ricordo di un signore
che risponde affabile e diligente finche' le domande non pretendono di
sapere troppo, non fanno intravedere l'intenzione di qualcuno di
rappresentare per davvero una "Commissione di inchiesta". E che poi cambia
registro e fa capire senza giri di parole che se si sceglie la strada
dell'inchiesta cruda e irriverente ce n'e' per tutti. Per questo, colpito e
allertato da quelle parole, scrissi subito un editoriale su queste pagine
per chiedere che si stesse bene attenti alle candidature dell'Ulivo alle
elezioni europee. Ora il governatore e' andato perfino oltre il suo scopo di
allora.
Le sue vicende giudiziarie vengono svuotate di ogni significato politico con
argomentazioni speciose, senza nemmeno che l'estensore venga sfiorato dal
senso del ridicolo. Il fatto e' che l'apoteosi di Toto' Cuffaro fa parte
integrante della grande operazione politica. E in essa, come nell'apoteosi
di Andreotti, il rosario interminabile delle leggi della vergogna trova oggi
la piu' coerente conclusione. La legge e la storia scritte entrambe senza
pudore. Cosi' da sconciare il senso del giusto e dell'ingiusto degli
italiani. E questo, se si permette, e' qualcosa di peggio della dittatura
della maggioranza. Questa e' abiezione delle coscienze.

12. RILETTURE. GIUSEPPINA CIUFFREDA, NICOLE JANIGRO (A CURA DI): VIVERE
ALTRIMENTI
Giuseppina Ciuffreda, Nicole Janigro (a cura di), Vivere altrimenti,
Pratiche, Milano 1997, pp. 396. Una guida alle esperienze comunitarie e
culturali "alternative" in Italia e nel mondo (come e' tipico di questi
repertori, molte le cose interessanti, molte le cose discutibilissime).

13. RILETTURE. GIULIANA MORANDINI: LA VOCE CHE E' IN LEI
Giuliana Morandini, La voce che e' in lei. Antologia della narrativa
femminile italiana tra '800 e '900, Bompiani, Milano 1980, pp. 402. Curata
con la consueta finezza da Giuliana Morandini, un'ampia, densa, preziosa
raccolta di testi di scrittrici dell'Ottocento e del primo Novecento. Con
scritti di Maria Giuseppina Guacci, Rosina Muzio Salvo, Cristina Trivulzio
di Belgioioso, Caterina Percoto, Elisabetta Caracciolo Forino, Marchesa
Colombi (Maria Antonietta Torriani), Emma (Emilia Ferretti Viola), Bruno
Sperani (Beatrice Speraz), Neera (Anna Zuccari), Regina di Luanto (Anna
Roti, scilicet: Guendalina Lipperini), Contessa Lara (Evelina Cattermole),
Matilde Serao, Willy Dias (Fortunata Morpurgo Petronio), Donna Paola (Paola
Baronchelli Grosson), Anna Franchi, Clarice Tartufari, Leda Rafanelli, Annie
Vivanti, Carola Prosperi, Amalia Guglielminetti, Ada Negri, Grazia Deledda.

14. RILETTURE. DOROTHY PARKER: IL MIO MONDO E' QUI
Dorothy Parker, Il mio mondo e' qui, Bompiani, Milano 1941, 2003, pp. XII +
308. Nella traduzione di Eugenio Montale e con due scritti di Fernanda
Pivano, una raccolta di racconti della grande scrittrice americana che
bisogna aver letto.

15. RIEDIZIONI. JANE AUSTEN: ROMANZI
Jane Austen, Romanzi, Gruppo editoriale L'Espresso, Milano 2005, pp. XXVIII
+ 1346, euro 12,90. Il volume comprende alcuni dei grandi romanzi della
Austen: Mansfield Park, Orgoglio e pregiudizio, Emma (quest'ultimo nella
traduzione di Mario Praz). Possiamo dirlo? Ci capita talora di pensare che
chi non ha letto Jane Austen ignora alcuni fondamentali segreti della vita,
del mondo, del cuore.

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1150 del 20 dicembre 2005

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