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La nonviolenza e' in cammino. 1150
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1150
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 20 Dec 2005 00:18:57 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1150 del 20 dicembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Sergio Albesano: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 2. Andrea Cozzo: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 3. Maria G. Di Rienzo: Mi abbono ad "Azione nonviolenta"' perche'... 4. Alessandro Marescotti: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 5. Marco Palombo: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 6. Edi Rabini: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 7. L'aggiunta, l'apertura, la parola di tutti 8. Anna Maria Civico: L'urgenza di agire e l'urgenza di lasciare andare nell'arte di attrice 9. Fulvio Cesare Manara: Democratizzare la democrazia e ripudiare la violenza 10. Maurizio Gubbiotti: Da Hong Kong 11. Nando dalla Chiesa: La relazione della Commissione antimafia. Le pagine della vergogna 12. Riletture: Giuseppina Ciuffreda, Nicole Janigro (a cura di), Vivere altrimenti 13. Riletture: Giuliana Morandini, La voce che e' in lei 14. Riletture: Dorothy Parker, Il mio mondo e' qui 15. Riedizioni: Jane Austen, Romanzi 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. STRUMENTI DI LAVORO. SERGIO ALBESANO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Sergio Albesano (per contatti: sergioalbesano at tiscali.it) per questo intervento. Sergio Albesano e' impegnato nei movimenti di pace, di solidarieta' e per la nonviolenza, cura una rubrica di storia e una di libri su "Azione nonviolenta". Opere di Sergio Albesano: Storia dell'obiezione di coscienza in Italia, Santi Quaranta, Treviso 1993; con Bruno Segre e Mao Valpiana ha coordinato la realizzazione del volume di AA. VV., Le periferie della memoria. Profili di testimoni di pace, coedizione Anppia e Movimento Nonviolento, Torino-Verona 1999] Leggo "Azione nonviolenta" dalla prima all'ultima parola tutti i mesi. Alcuni articoli mi aprono la mente e mi aiutano a comprendere meglio i problemi, portandomi contributi che non trovo su altre testate. Altre volte invece non mi trovo d'accordo con quanto scritto dagli articolisti e allora parlo con la pagina, esprimendo il mio dissenso. Sarei buffo, lo so, per chi dovesse vedermi, ma questo mio comportamento e' la testimonianza di quanto senta viva la rivista. Ogni mese essa prende la nonviolenza, la incarta e la porta nelle nostre case. Ecco, la rivista e' la "nonviolenza incartata". Leggerla e' un piacere e mi permette di sentirmi in contatto con il movimento, di conoscere le azioni intraprese da tante persone che come me si sentono amiche della nonviolenza e di condividere, anche operativamente, le loro scelte. Davvero, se "Azione nonviolenta" non esistesse... bisognerebbe inventarla! 2. STRUMENTI DI LAVORO. ANDREA COZZO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) per questo intervento. Andrea Cozzo e' docente universitario di cultura greca, studioso e amico della nonviolenza, promotore dell'attivita' didattica e di ricerca su pace e nonviolenza nell'ateneo palermitano, tiene da anni seminari e laboratori sulla gestione nonviolenta dei conflitti, ha pubblicato molti articoli sulle riviste dei movimenti nonviolenti, fa parte del comitato scientifico dei prestigiosi "Quaderni Satyagraha". Tra le sue opere recenti: Se fossimo come la terra. Nietzsche e la saggezza della complessita', Annali della Facolta' di Lettere e filosofia di Palermo. Studi e ricerche, Palermo 1995; Dialoghi attraverso i Greci. Idee per lo studio dei classici in una societa' piu' libera, Gelka, Palermo 1997; (a cura di), Guerra, cultura e nonviolenza, "Seminario Nonviolenza", Palermo 1999; Manuale di lotta nonviolenta al potere del sapere (per studenti e docenti delle facoltà di lettere e filosofia), "Seminario Nonviolenza", Palermo 2000; Tra comunita' e violenza. Conoscenza, logos e razionalita' nella Grecia antica, Carocci, Roma 2001; Saggio sul saggio scientifico per le facolta' umanistiche. Ovvero caratteristiche di un genere letterario accademico (in cinque movimenti), "Seminario Nonviolenza", Palermo 2001; Filosofia e comunicazione. Musicalita' della filosofia antica, in V. Ando', A. Cozzo (a cura di), Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002, pp. 87-99; Sapere e potere presso i moderni e presso i Greci antichi. Una ricerca per lo studio come se servisse a qualcosa, Carocci, Roma 2002; Lottare contro la riforma del sistema scolastico-universitario. Contro che cosa, di preciso? E soprattutto per che cosa?, in V. Ando' (a cura di), Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione, discipline e senso degli studi, Carocci, Roma 2002, pp. 37-50; Scienza, conoscenza e istruzione in Lanza del Vasto, in "Quaderni Satyagraha", n. 2, 2002, pp. 155-168; Dopo l'11 settembre, la nonviolenza, in "Segno" n. 232, febbraio 2002, pp. 21-28; Conflittualita' nonviolenta. Filosofia e pratiche di lotta comunicativa, Edizioni Mimesis, Milano 2004] Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' e' una rivista che fa crescere la cultura della nonviolenza informando su quella normalita' della nonviolenza di cui i media "normali" non danno notizia; perche' fa da collante tra le diverse realta' che cercano di attuare il "potere di tutti"; e perche' e' il segno di una "comunita' che viene". Mi abbono, inoltre, dicendo grazie di cuore a tutti quelli che vi si impegnano. 3. STRUMENTI DI LAVORO. MARIA G. DI RIENZO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] A dire il vero, visto che gentilmente la rivista mi ospita, dovrei dissuadere persino me stessa dall'abbonamento, in qualita' di deterrente (stante l'immortale citazione di Marx, Groucho: "Non posso far parte di un club che mi accetta fra i suoi membri"). Ma scherzi a parte, se vi piace pensare alla Terra come ad un luogo pacifico e prospero, dove donne ed uomini e piccini sperimentano il pieno godimento dei diritti umani, praticano le umane responsabilita' verso se stessi, gli altri e l'ambiente, esercitano una piena indipendenza di pensiero, sanno essere pazienti, tenaci, aperti, in ascolto... allora sapete che questo si costruisce anche con gesti piccolissimi dal grande significato, come il far vivere a lungo e felicemente "Azione nonviolenta". La verita' e la liberta' hanno bisogno di essere praticate e dette, ed hanno bisogno di essere nutrite, per crescere. 4. STRUMENTI DI LAVORO. ALESSANDRO MARESCOTTI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Alessandro Marescotti (per contatti: a.marescotti at peacelink.it) per questo intervento. Alessandro Marescotti, insegnante, amico della nonviolenza, e' presidente di Peacelink, il piu' importante punto di riferimento pacifista italiano nella rete telematica (sito: www.peacelink.it), ed autore di varie pubblicazioni. Un profilo di Alessandro Marescotti da lui stesso generosamente scritto su nostra richiesta e' nel n. 441 di questo foglio] "Azione nonviolenta" ha diffuso una nuova cultura in Italia. Per chi come me proveniva da letture come "Rinascita", fu un'occasione per riflettere e guardare criticamente dentro me stesso. L'ho conosciuta solo negli anni Ottanta e mi abbonai perche' capii che mi ero perso qualcosa. Cosa? Mi ero perso un'altra visione del cambiamento sociale, un'altra concezione della "radicalita'" e della "diversita'". * Ricordo che nel 1991 spedii ad "Azione nonviolenta" un floppy disk contenente un "ipertesto per la pace". La rivista lo cito' fra i "libri ricevuti". Cercavo in quel modo di catalogare su supporto magnetico l'utilissima rubrica di iniziative che occupava in genere le ultime due o tre pagine di "Azione nonviolenta". C'erano indirizzi e telefoni. Volevo ampliare sul dischetto - avendo uno spazio virtualmente maggiore, di gran lunga maggiore - cio' che "Azione nonviolenta" gia' riportava con regolare puntualita': una mappa aggiornata dell'arcipelago pacifista e nonviolento. La mia idea era quella di arricchire l'ipertesto e poi spedirlo per posta a tante persone. Avrei speso in fondo poco in quanto il dischetto era leggero e cominciava a costare meno della carta necessaria a stamparne tutto il contenuto. Ma avrei speso tutto sommato molto perche' comunque i francobolli andavano comprati. Finche' un giorno imparai che c'era un sistema per non comprare i francobolli e spedire ugualmente il dischetto. Quel sistema si chiamava telematica. Fu un'illuminazione. Mi convinsi che si poteva e si doveva creare la "telematica per la pace". Una volta trovata la tecnologia, occorreva riempirla di contenuti. "Azione nonviolenta" e' stata il "carburante" della telematica per la pace. Ogni mese, appena arrivata, "Azione nonviolenta" veniva da me "saccheggiata" e i suoi "atomi" cartacei diventavano "bit". * Ed anche oggi, nonostante la grande diffusione di internet, la sua presenza costituisce un riferimento fondamentale per chi vuole mantenere la scelta di una rivoluzione gentile e pacifica. 5. STRUMENTI DI LAVORO. MARCO PALOMBO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Marco Palombo (per contatti: tabaccheriapalombo at tiscali.it) per questo intervento. Marco Palombo, amico della nonviolenza, e' tra i promotori dell'appello di Verona dell'8 novembre 2003 per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta] Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' tramite "Azione nonviolenta" e il Movimento Nonviolento ho potuto conoscere i libri e il pensiero dei maestri fondatori della nonviolenza e degli studiosi contemporanei italiani e stranieri. Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' penso che gli amici della nonviolenza debbano essere collegati tra loro ed avere un minimo di organizzazione. Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' sostenere l'editoria nonviolenta e' indispensabile per diffondere questa cultura e aumentare la sua influenza e i suoi effetti nella societa'. Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' il direttore responsabile e' Pietro Pinna che spero di rincontrare in uno dei nostri prossimi appuntamenti e il legame con le lotte di ieri da' piu' forza alle lotte di oggi. 6. STRUMENTI DI LAVORO. EDI RABINI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Edi Rabini (per contatti: edorabin at tin.it) per questo intervento. Edi Rabini, che e' stato grande amico e stretto collaboratore di Alex Langer, e' impegnato nella Fondazione Alexander Langer (per contatti: e-mail: langer.foundation at tin.it, sito: www.alexanderlanger.org), di cui e' infaticabile e generosissimo anmatore] La Fondazione Alexander Langer ha pubblicato di recente un piccolo libro che contiene ricordi e scritti di Andreina Emeri, femminista, avvocato, consigliere regionale dei Verdi per un troppo breve periodo, morta a 49 anni nel 1985, 20 anni fa. Per riscoprire la sua vita e il suo impegno abbiamo dovuto constatare ancora una volta quanti tesori di memoria si trovano nelle piccole, apparentemente marginali, riviste, poveri di mezzi ma dedite a scovare e ospitare riflessione piu' lunghe e piu' appprofondite, rispetto alle urgenze dell'informazione quotidiana. Per questo mi sta a cuore anche il lavoro delle formiche tenaci di "Azione nonviolenta". 7. STRUMENTI DI LAVORO. L'AGGIUNTA, L'APERTURA, LA PAROLA DI TUTTI "Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org L'abbonamento annuo e' di 29 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta". 8. ESPERIENZE E RIFLESSIONI. ANNA MARIA CIVICO: L'URGENZA DI AGIRE E L'URGENZA DI LASCIARE ANDARE NELL'ARTE DI ATTRICE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente testo di Anna Maria Civico. Anna Maria Civico (per contatti: amcivico at hotmail.com), calabrese, ha vissuto a Catanzaro, Roma, Malo (Vicenza), Venezia, attualmente vive a Terni.; e' attrice, cantante, trainer di canto e di teatro; conduce laboratori di teatro nella natura, drammaturgia per un teatro ecocompatibile, laboratori di canto, laboratori di teatro; molte utili informazioni su di lei sono nel suo sito: www.mediarama.it/annamaria/ - ma queste minime informazioni non bastano certo a rendere l'incanto del suo recitare, del canto suo, della sua viva presenza: colta ricercatrice delle tradizioni popolari e sperimentatrice inesausta di forme espressive, dolce e mite la sua voce e il suo sguardo guarisce ferite, lenisce dolori, suscita riconoscimento di umanita', costruisce cosi' - respiro per respiro, parola per parola - la pace possibile e necessaria, nell'incontro infinito con l'altra e con l'altro] Ancora non posso pronunciare questa parola. E' meglio che io la scriva. Solo guardarla. Una cosa scritta e a cui non penso. Come guardare un dipinto. Il disegno della parola. Io la uso. Non sono in quella parola. Ora la osservo. E' fuori di me. Brucia tra le mani. La riconsegno al piu' presto. Torno a prima di averne assunto la responsabilita' di dire. Vorrei andare oltre la parola, oltre la scrittura della parola. La scrittura non e' il mio campo. Come entrare nel giardino di qualcun altro. Attenzione alle spine! Attenti a non calpestare i fiori! Piuttosto la parola detta. La voce della parola. L'azione in se'. Non la mia voce. La voce di quella parola. Per quella parola. Da quella parola. L'intonazione. La vibrazione. Il suono. La voce mi rimanda il senso. Entro nel dire come in una incantazione. Prima della parola un pensiero, ma prima ancora un'azione, anche solo un battito. Non so cosa dico. Questo e' importante. Rimando a dopo l'ora della conoscenza. Della comprensione. Se e' possibile leggere oltre. Leggendo. Poiche' quando qui dico esperienza (quando ne parlo) e quando dico teatro, lo spettacolo di teatro (quando ne parlo) e' gia' la fine. E l'inizio. Vuol dire che gia' e' accaduto qualcosa. Qualcosa e' stato fatto per cui qualcosa possa accadere. L'agire agisce. Puo' darsi che sia il corpo a iniziare a fare qualcosa. Come un ragno che tesse la sua ragnatela, solo che qui il filo e' molto piu' sottile. E' un filo che si percepisce. Ed e' anche percepibile. Il carattere di questo filo (che e' anche la sua qualita') sta nell'essere percepibile, nell'essere presente o meglio consistente, nell'essere infinito o meglio senza storia. E contemporaneamente sta nel conferire queste qualita' (meglio trasmettere) o almeno rendere sensibile a queste qualita'. Conferisce. Trasmette sensibilita', trasmette elasticita', trasmette presenza. Conferisce chiarezza. Questi fili che disegnati da me tornano a me. Ora sono trasmettitrice/ore, ora ricettrice/ore di cio' che di me ha dialogato con l'esterno (si e' fatto esterno) torna modificato ed e' al tempo stesso della mia natura piu' altro. Io lo ricevo, lo riconosco e mi modifica (modifico?). E' quasi un'altra immagine a creare. Poi comprendere. Osservare la conoscenza che mi passa davanti a ondate. Trovarmi nella rivelazione e danzarla, cantarla, acquisire posture d'ascolto. Magari! Magari esserci insieme a qualcuno. E io sono li' anche nelle dita. E la percezione e' come dire cosi' commovente che gli umori si sciolgono. E' come un sentimento puro. Il sentire. Ma non e' infinito (non puo'). E' presente. Io percepisco, io sento (meglio senza io), (lasciamo crescere le parole). Forse, a volte, non c'e' traduzione attiva. Forse bisogna aspettare e aspettarsi. Aspettar(si). Vedere agire. Veder(si) agire. Contemplare l'atto del meditare. E qui dire medit(are) (dirlo sarebbe meglio di scriverlo) e' come indicare il verbo (l'azione). Un atto e' troppo per meditare! E' pesante. E qui le regole finiscono, meditare e' infinito? L'infinito di meditare non esiste. Medito e' l'unica possibilita'. Medit(are) e' impreciso e vago, non rende la sottigliezza del tempo aperto(si) al meditante. (Tra noi) dire anche ascoltare (anche se e' piu' grossolano, viene prima o dopo?, c'e' da imparare dalle parole!), io ascolto. Eppure atto e ascolto sono cosi' vicini! Io atto, meglio attuante (ne' io, ne' tu). E' necessario che io scriva qualcosa non importa per chi o il motivo, e' come servire una necessita' la quale, anche, mi alimenta. Il teatro da cui parlo a da cui procedo (funziono quindi apprendo) prende a cuore e parte da l'ascoltare, il sentire, l'intendere e con cio' e percio' quello che produco tende. Ma siccome sono io a parlarne e questo teatro che mi dovrebbe contenere come un circuito anche di cui, eventualmente, essere funzione, dove e'? allora sono io a prendere a cuore ed a partire da ed andare verso l'ascoltare, il sentire, l'intendere lavorandoci su. Spesso, in assenza di sostegni e spazi adeguati e di compagni e compagne di lavoro, io divento il campo d'azione e d'osservazione e testimonianza, il mio corpo ospita questo ed e' luogo da cui esercitarmi (anche in atti di vigilanza). Io guardo agli spettatori con avidita', con attesa e ad un primo sguardo, come a coloro che fanno un atto di resa, momentaneo, verso il mondo, lasciano i loro affari e i loro affanni per dir(si): "ciao, vado a fare una camminata...", "vado a incontrare...", "vado a vedere..." (e voi come guardate chi fa il teatro?). Ecco! Io parlo da questo teatro, fatto da questi puntini di sospensione, d'attesa, d'una qualita' d'attesa che e' come un atto d'attesa da cui il nutrimento: io cresco in questo teatro, lavoro per crescere (ahi! come e' difficile guadagnare da questo e che pena decrescere!). Ecco, durante una performance io non ho nulla a cui pensare, solo cose da fare ed alla svelta, poi, dopo e piu' in la', in uno spazio intimo e caldo, odo lontano come il sottofondo di un lavorio incessante di cui mi sembra non essere generatrice piuttosto mi sembra di aver lavorato per poter spiare questo altro lavorio, ed e', a volte, una gioia. Un lavorio costante che cresce, pulsa, si articola, respira con te, proviene da me, procede da se' e lo so, "come so" che l'acqua e' trasparente, cioe' con la medesima certezza, con la stessa determinazione e questo lavorio non e' affatto mio. Cosa c'entra il cantare con questo? C'entra il cantare come azione e c'entrano i canti (alcuni) che come relitti nell'oceano delle civilta' oltrepassano le funzioni e rimangono in vita malgrado la storia e le storie. E' a volte possibile spiare questo lavorio, questa pulsazione, esserne sostenuti. Puo' diventare che attraverso un canto tradizionale si risvegli o si crei un'azione interiore in chi canta ed in qualche modo anche autonoma dalla pulsazione del canto stesso e con cui poter interagire. In chi (spettatore) ascolta, accade qualcosa magari a livello emotivo o a un livello piu' superficiale che fa dire "mi sembra di ricordare..." oppure "in quella postura sembra che...". E' come se certi canti e certo cantare siano potenziali porte d'accesso verso questo lavorio... e tutto il resto. 9. RIFLESSIONE. FULVIO CESARE MANARA: DEMOCRATIZZARE LA DEMOCRAZIA E RIPUDIARE LA VIOLENZA [Ringraziamo Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) per averci messo a disposizione questo suo testo apparso ne "L'incontro", a. XVII, n. 1 (aprile-settembre 2004), pp. 18-19, col titolo: Democratizzare la democrazia e abiurare la violenza, oltre ogni confine. Fulvio Cesare Manara e' un prestigioso studioso e amico della nonviolenza; nato a Bergamo il 29 giugno 1958, coniugato con tre figli, laureato in filosofia presso l'Universita' di Milano discutendo la tesi "Fides falsa. Il concetto di eresia in Tommaso d'Aquino", ha frequentato seminari di ricerca e studio presso vari enti: il Program on Nonviolent Sanctions della Harvard University, la Western Michigan University, la American Philosophical Association (Central Division), e la Albert Einstein Institution (Cambridge, Ma, Usa). Perfezionatosi a Padova in didattica della filosofia, e' stato ricercatore esterno della Fondazione Tovini presso il Dipartimento di filosofia dell'Universita' di Padova, dove ha condotto una ricerca sul laboratorio di filosofia. Nell'anno accademico 2004-2005 ha insegnato "Religioni e diritti dell'uomo" al Master di II livello dell'Universita' degli Studi di Bergamo. Nel settore della didattica della filosofia insegna filosofia e storia nei licei statali; opera quale formatore di formatori e interviene in corsi di formazione promossi da istituti superiori in varie parti d'Italia ed in seminari e corsi promossi dal Ministero e da altre agenzie (la piu' recente attivita' e' la funzione di moderatore in due forum della Sfi per l'Indire); ha collaborato al laboratorio di didattica della filosofia presso la Siss Veneto; e' membro del consiglio direttivo e della commissione didattica nazionale della Societa' filosofica italiana; suo campo di sperimentazione e di indagine e' la comunita' di ricerca filosofica e il laboratorio di filosofia; collabora in qualita' di redattore a "Comunicazione filosofica. Rivista telematica di ricerca e didattica filosofica" (sito: www.getnet.it/sfi/013.html); collabora in qualita' di formatore esterno al corso di perfezionamento in filosofia e didattica della filosofia dell'Universita' di Bari, e al corso di perfezionamento in metodologia dell'insegnamento filosofico presso l'Universita' di Padova. Nel settore disciplinare della didattica della filosofia ha pubblicato una quindicina di saggi e alcune recensioni, oltre al volume "Comunita' di ricerca e iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia", Lampi di Stampa, Milano 2004. Nel settore degli studi sulla nonviolenza si occupa continuativamente di etica della nonviolenza, settore in cui ha pubblicato una ventina tra saggi e articoli; opera quale formatore con esperienza di metodologia attiva: addestrato nelle competenze dell'ascolto attivo e della gestione del lavoro di gruppo, grazie ad una esperienza ventennale di animazione e facilitazione di gruppi, anima a sua volta all'ascolto attivo, ad una gestione di gruppo centrata sulla leadership partecipativa ed alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Dal 2002 e' collaboratore della cattedra di Pedagogia sociale dell'Universita' di Bergamo, ove si occupa in particolare del tema della trasformazione nonviolenta dei conflitti] "Democratie: et ainsi ne pouvant faire que ce qui est juste fut fort, on a fait que ce qui est fort fut juste" (Blaise Pascal) L'identificazione spesso proposta tra lotta contro il terrorismo e lotta per la democrazia rappresenta una delle principali minacce all'effettivo sviluppo di processi di democratizzazione. Il matrimonio tra i mezzi della guerra e l'obiettivo di estendere tali processi non rappresenta altro che una maschera ideologica inconsistente. E' per questo che argomentare a sostegno dell'idea e della prassi di un sostegno globale alla lotta per la democrazia in tutto il mondo diventa una specie di imperativo. Prima di tutto, per mantenere viva la consuetudine a controllare il potere delle parole, che e' sempre "un potere d'illusione e d'errore" (1), per sforzarsi di chiarire le parole usate in modo vuoto o addirittura ingannevole. E poi, per non perdere del tutto la politica. Non e' da poco, del resto, che siamo messi in guardia rispetto alle ambiguita' della democrazia (v. ad esempio Bernard Crick, Difesa della politica, Il Mulino, 1969). * Il contributo di Amartya Sen (La democrazia degli altri, Mondadori, 2004) a questa riflessione si e' fatto in questi ultimi anni piu' esplicito e deciso. Secondo Sen, in sostanza, una duplice riduzione minaccia di far prevalere una nozione insufficiente e ristretta di democrazia. Egli sostiene infatti che la ricerca della democrazia e' un fenomeno transculturale che non appartiene solo alla storia ed alla cultura dell'occidente. E argomenta a favore di una riscoperta di questa transculturalita' della democrazia, come valore universale. Per cogliere questa possibilita' universale della democrazia Sen tenta di mettere a fuoco il contenuto concettuale del termine, per evitare ogni concezione riduttiva o insufficiente e tentando di cogliere elementi costitutivi non culturalmente specifici. Dal punto di vista concettuale, anzitutto, "democrazia" non significa semplicemente libere elezioni, e non e' semplicemente un processo formale di deliberazione pubblica mediante votazioni (quella che nel dibattito italiano e' nota come "democrazia formale"). Democrazia significa "esercizio della ragione pubblica", ossia possibilita' di partecipazione dei cittadini al dibattito politico (parlare, ascoltare, senza paura), e significa in secondo luogo possibilita' di elaborare le decisioni pubbliche attraverso tale discussione. Democrazia e' "governo attraverso la discussione", e "libera partecipazione popolare alla discussione dei problemi di governo". Ebbene, Sen ci illustra con esempi e riflessioni quanto ampia sia al di fuori dell'Occidente la storia della "causa del pluralismo", ossia del rispetto e della tutela "della diversita' e delle liberta' fondamentali". E quanto la concezione piu' ampia e corretta della democrazia sia diffusa in culture e civilta' lontane da noi nello spazio e nel tempo. L'importanza della discussione pubblica ad esempio, non si manifesto' solamente nella Grecia antica e nell'Occidente che ne e' l'erede: persino tra le antiche civilta' si riscontra "un'ampia storia di sostegno alla tolleranza, al pluralismo e alla deliberazione pubblica". I tratti di questa universalita' non consistono per nulla nella forma politica o nelle pratiche procedurali della deliberazione a maggioranza, quanto appunto nella pratica sociale della tolleranza e nell'"incoraggiamento alla discussione pubblica" centrata sul "riconoscimento del valore di imparare da altri". E' per questo che bisogna guardarsi dalla "indebita appropriazione" che l'Occidente tende a fare della bandiera della democrazia. Oltre a questo, osserva Sen, piu' democrazia significa anche piu' discussione e riflessione sulla democrazia stessa. Soprattutto se si pensa a quanto carenze di democrazia si siano apertamente manifestate proprio in paesi di antica tradizione democratica. In questo senso sembra altrettanto necessario riferirsi all'esigenza di "democratizzare la democrazia". Non si tratta infatti solamente di estendere la diffusione di queste pratiche politiche, quanto anche di far si' che le stesse democrazie di antica data possano crescere in esse. "I difetti della democrazia", soprattutto quelli delle nazioni che gia' hanno optato per essa, "richiedono piu' democrazia, e non meno". C'e' del resto chi pensa piu' o meno apertamente che si possano curare i difetti della pratica democratica mediante interventi autoritari, mediante la riduzione della partecipazione dei cittadini, mediante restrizioni delle liberta', in sostanza mediante una de-democratizzazione. Non e' una sorpresa scoprire che la democrazia potrebbe evolvere verso forme politiche irrispettose di queste esigenze. Come in passato, in Occidente, si sono presentate sulla scena della storia esperienze definite come "democrazia autoritaria" o "dispotismo democratico" oggi si puo' paventare lo sviluppo di "democrazie illiberali", che sono quelle che minano alla radice il rispetto dei diritti e delle liberta' fondamentali senza le quali nessun processo deliberativo partecipato coralmente e' possibile. E spesso questi tentativi sono fatti in nome della stessa liberta'... * Il piu' indicativo fattore di crisi dei processi di democratizzazione, dentro e fuori l'Occidente, e' senza dubbio il nuovo atteggiamento verso la guerra e verso l'utilizzo della distruttivita' organizzata. Ci si potrebbe chiedere infatti se e' davvero possibile difendere la liberta' e la democrazia senza il ricorso a mezzi democratici e rispettosi delle liberta' e dei diritti altrui, oltre che dei propri; se il matrimonio tra democrazia e guerra sia possibile, o non finisca per ritorcersi contro la democrazia stessa, per distruggerla radicalmente (cfr. quanto instancabilmente suggerisce a proposito Jean-Marie Muller). Sembra che nonostante tutto resti spaventosamente bassa la consapevolezza che possono e debbono essere pensati e progettati mezzi democratici di gestione dei conflitti internazionali, che siano alternativi rispetto alla guerra ed alla contro-violenza stessa, anche nei confronti del terrore e del terrorismo. Sembra che siano irrilevanti o vengano respinte nell'oblio le esperienze e le pratiche di lotta per la democratizzazione mediante il ricorso all'azione nonviolenta. Da questo punto di vista in molti luoghi del pianeta gruppi armati di differenti orientamenti non tollerano la parola e l'azione di gruppi di cittadini che sono fiduciosi in un'alternativa nonviolenta, che lottano per il riconoscimento del loro diritto di parola e di partecipazione, e che scelgono di farlo secondo strategie e tecniche nonviolente (cfr. ad es. quanto ci riportano da ogni parte del pianeta le Peace Brigades International: http://peacebrigades.org). Pertanto, ben oltre quanto Sen ci propone, e' di primaria importanza che non si perda nessuna occasione per comprendere quanto per una autentica democratizzazione il fattore "critica della violenza" sia ineludibile. * Queste due direttrici, ossia la democratizzazione della democrazie e la trasformazione nonviolenta dell'azione politica non sono ipotesi per anime belle. Sono pratiche di sperimentazione e ricerca ormai mature che stanno crescendo nelle regioni piu' diverse del nostro pianeta. Ampia e profonda testimonianza delle pratiche di democratizzazione della democrazia sono documentate nel testo di Bonaventura de Souza Santos (Democratizzare la democrazia, Citta' Aperta, 2003), che da questo punto di vista rappresenta una prima integrazione, decisamente sostanziale, alle indicazioni di Amartya Sen. I percorsi della democrazia partecipativa - che rappresentano una chiara espansione dell'intelligenza sociale, al di la' di culture e confini - esplorano la demodiversita' ("non esiste alcun motivo per cui la democrazia debba assumere un'unica forma"), l'articolazione antiegemonica sia nel locale che nel globale, la sperimentazione di "nuove grammatiche sociali" e nuovi percorsi di emancipazione sociale, di riconoscimento, di cittadinanza e di azione collettiva, di leadership partecipativa e diffusa, di invenzione di istituzioni partecipative, di esperienze di condivisione economica (ad esempio con il bilancio partecipativo), ecc. D'altro canto, sarebbe molto difficile in breve fare un compendio delle esperienze di lotta nonviolenta nel mondo, oggi. Senza che se ne senta molto parlare, in questi anni duri, pieni di parole per la guerra, crescono e sono vive, spesso senza rumore, e ci offrono a volte testimonianze di altissimo valore per il costo di sacrificio che esse rappresentano e per la speranza che sollevano. Persino intellettuali e politici cominciano a riconoscere che per recuperare e ritrovare la politica occorre che essa sia capace di anatema contro la violenza, che essa rinunci al mito della potenza e cominci a sperimentare pratiche di nonviolenza (v. almeno. Marco Revelli, La politica perduta, Einaudi, 2003; AA.VV., La politica della nonviolenza, Liberazione, 2004; Fausto Bertinotti, Lidia Menapace, Marco Revelli, Nonviolenza. Le ragioni del pacifismo, Fazi, 2004; Imma Barbarossa (a cura di), La forza della nonviolenza, Edizioni Punto Rosso, 2005). Ma la lotta nonviolenta piu' che pratica della parola politica e' testimonianza di instancabile sperimentazione nella trasformazione dei conflitti. Le reti di gruppi e di cittadini che operano nei piu' diversi punti del pianeta per democratizzare la democrazia e per lottare fiduciosamente senza violenza per una trasformazione non distruttiva dei conflitti sono una forza reale. Esse manifestano come l'appropriazione del simbolo della democrazia da parte dei governi non sia sufficiente per garantire processi democratici. Speriamo che con sempre maggior chiarezza e forza esse si connettano l'una all'altra e si fecondino reciprocamente. Per parte nostra, con lo sguardo attento a tutti quei luoghi e quelle reti che nel nostro piccolo si orientano in questa direzione, siamo altresi' consapevoli che questa coscienza necessita di allargarsi a dimensioni capaci di fare del nostro pianeta un pluriverso di convivenza. E sentiamo la responsabilita' che tutto questo comporta, qui ed ora: una sfida vitale per il futuro dell'umanita', in questo "decennio per la nonviolenza", che si e' aperto con le piu' radicali provocazioni della umana brutalita'. * Note 1. Simone Weil, Ecrits de Londres et dernieres lettres, Gallimard Paris 1957, p. 42. 10. RIFLESSIONE. MAURIZIO GUBBIOTTI: DA HONG KONG [Ringraziamo Maurizio Gubbiotti (per contatti: m.gubbiotti at mail.legambiente.com) per averci messo a disposizione questo suo commento alla conclusione del vertice di Hong Kong del Wto. Maurizio Gubbiotti e' coordinatore della segreteria nazionale e responsabile del dipartimento internazionale di Legambiente, era presente a Hong Kong nella delegazione italiana dei movimenti altermondialisti] Pessima figura dell'Europa, e del governo italiano che non ha fatto un buon servizio ne' al nostro Paese ne' agli agricoltori italiani, soprattutto all'agricoltura di qualita' che in Italia e' tanta parte del futuro del nostro territorio. Eravamo convinti che la sede Wto non fosse quella giusta per discutere di ambiente, ma, governo italiano in testa, ci volevano convincere che il testo finale avrebbe contenuto un intero paragrafo che si sarebbe occupato di "Negoziati ambientali", dedicato a impegnare i Paesi membri nell'armonizzazione delle regole commerciale con i trattati ambientali. Nella dichiarazione l'intero capitolo e' stato tagliato, caduto vittima del ricatto di Usa e Unione Europea sui Paesi piu' poveri. Denunciamo questa scelta come posizione cieca e irrazionale, che non considera le emergenze e la tutela dell'ambiente come elemento base per ogni tipo di sviluppo, ne' come intreccio con le questioni della poverta' nel mondo. E' una scelta davvero fuori dal mondo. Rimangono aperte tutte le preoccupazioni che ci avevano fatto chiedere, in vista del vertice, un'inversione di rotta dei negoziati. Tre gli attacchi piu' gravi che Legambiente segnala: 1) I Paesi membri della Wto, sotto la pressione delle lobby economico-finanziarie nazionali e internazionali, hanno scelto di mettere a rischio, con gli avanzamenti sul negoziato dei prodotti industriali (Nama), 212 regolamentazioni in tutto il mondo che servono anche per proteggere l'ambiente: - requisiti di marchio e di certificazione; - standard e regolamenti nazionali; - restrizioni alle esportazioni; - restrizioni agli investimenti esteri; - misure per promuovere lo sviluppo economico locale. 2) L'Accordo generale sul commercio dei servizi (Gats), che non e' stato congelato bensi' accelerato, impegna i governi a liberalizzare progressivamente i vari settori che, secondo la classificazione della Wto, sono ben 160 e vanno dai servizi di costruzione a quelli di distribuzione, alla fornitura dell'acqua, del gas, dei servizi sanitari. Esso interessa un settore economico e industriale che nella sua globalita' e' stato valutato attorno ai 2,2 mila miliardi di dollari annui. Il Gats non si occupa solo di servizi finanziari, informatici, della distribuzione o delle telecomunicazioni, ma anche di tutto cio' che e' servizio sociale essenziale: dall'istruzione, alla fornitura di acqua potabile, dall'energia fino all'istruzione e alla sanita'. 3) La nostra preoccupazione diventa sempre piu' forte se pensiamo che la fase decisiva dell'approvazione di queste regole pericolose e inique si svolgera' nei corridoi della sede della Wto a Ginevra, per tradizione poco trasparente e impermeabile a tutte le richieste di confronto che non provengano dalle grandi lobby finanziarie e industriali. Chiediamo a questo punto che tutti i movimenti e le forze politiche che anche in Italia condividono le nostre preoccupazioni sappiano raccoglierle con la chiarezza e la forza necessaria a sostenere la difficile fase finale di questo ciclo negoziale, vera trappola per lo sviluppo. 11. RIFLESSIONE. NANDO DALLA CHIESA: LA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA. LE PAGINE DELLA VERGOGNA [Dagli amici di "Italia Democratica" (per contatti: italiademocratica at tiscali.it) riceviamo e volentieri diffondiamo il seguente articolo di Nando dalla Chiesa apparso sul quotidiano "l'Unita'" del 19 dicembre 2005. Nando dalla Chiesa e' nato a Firenze nel 1949, sociologo, docente universitario, parlamentare; e' stato uno dei promotori e punti di riferimento del movimento antimafia negli anni ottanta; e' persona di straordinaria limpidezza morale. Tra le opere di Nando dalla Chiesa segnaliamo particolarmente: Il potere mafioso, Mazzotta; Delitto imperfetto, Mondadori; La palude e la citta' (con Pino Arlacchi), Mondadori; Storie, Einaudi; Il giudice ragazzino, Einaudi; Milano-Palermo: la nuova resistenza (a cura di Pietro Calderoni), Baldini & Castoldi; I trasformisti, Baldini & Castoldi; La politica della doppiezza, Einaudi; Storie eretiche di cittadini perbene, Einaudi; La legge sono io, Filema; La guerra e la pace spiegate da mio figlio, Filema. Ha inoltre curato (organizzandoli in forma di autobiografia e raccordandoli con note di grande interesse) una raccolta di scritti del padre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, In nome del popolo italiano, Rizzoli. Opere su Nando dalla Chiesa: suoi ritratti sono in alcuni libri di carattere giornalistico di Pansa, Stajano, Bocca; si veda anche l'intervista contenuta in Edgarda Ferri, Il perdono e la memoria, Rizzoli] Giulio Andreotti? Perseguitato in un processo senza prove. Toto' Cuffaro? Una Maria Teresa d'Austria rediviva, instancabile promotore di nuova cultura civile. La geografia di Cosa Nostra? Palermo piu' Trapani meno importanti della sola Agrigento, della sola Messina, della sola Caltanissetta. La mafia e la 'ndrangheta - e il riciclaggio dei loro capitali - in Lombardia? Praticamente inesistenti. E ' la sintesi brutale, semplificatrice, ma sincera della "Relazione conclusiva" della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia che la maggioranza vorrebbe approvare a rotta di collo per Natale. Millecinquecento pagine organizzate secondo criteri discutibili, ma di assoluta decenza. Un taglio narrativo eterogeneo, che va dalla copiatura del saggio sociologico alla arringa difensiva, dalla invettiva personalistica alla radiografia giudiziaria, con sprazzi prolungati di buona cultura istituzionale. Ma nel complesso una vergogna. Anzi, una delle piu' grandi vergogne di questa legislatura. E una delle piu' grandi vergogne della storia dell'Antimafia. Conoscendo il presidente della Commissione, il senatore Roberto Centaro, faccio fatica a credere che questa sia tutta farina del suo sacco, come egli ha ovviamente rivendicato. Si sente puzza lontano un miglio di grande operazione politica; una di quelle operazioni volute dall'alto e che vorrebbero erigersi come spartiacque nella storia tormentata delle nostre istituzioni. Per cambiare torti e ragioni sfregiando la verita'. Per trasformare le vittime in offensori e viceversa, secondo l'aureo motto del cardinal Mazarino che Giulio Andreotti amava citare quando era al culmine del proprio potere. E con l'obiettivo di farlo subito, il piu' presto possibile. Per gettare il peso della Relazione sulla campagna elettorale. Per portare sul banco degli imputati i magistrati scomodi e stabilire l'innocenza degli imputati (assolti, prescritti, condannati o in attesa di giudizio) nella sfera - perfino - della morale e della politica. Per impedire all'opposizione di avere il tempo necessario a produrre una Relazione di minoranza organica e completa. Millecinquecento pagine che rifiutano per principio quella sintesi, quella brevita' che paradossalmente si contesta alla pubblica accusa palermitana di non avere praticato con l'effetto (questo il rimprovero) di confondere, annacquare, sovvertire la verita' attraverso mille sparsi rilievi. * Millecinquecento pagine di cui quattrocento incredibilmente dedicate ai processi Andreotti. E si dice "incredibilmente" non perche' quei processi non siano in grado di illuminare la realta' dei rapporti tra mafia e politica. Eccome se li illuminano, solo che li si voglia leggere davvero, a partire dalla sentenza finale della Cassazione (i provati rapporti con Cosa Nostra almeno fino al 1980). Ma perche', semplicemente, la Commissione non si e' mai, e si sottolinea il "mai", occupata di quei processi. E dunque non ha alcun titolo per dedicar loro quasi un terzo dell'intero volume. Da sempre, infatti, la Relazione della Commissione tira, come e' ovvio, le somme del lavoro svolto, lo riorganizza, lo rielabora, lo porta a sintesi. Indica al parlamento e al Paese la verita' trovata sul campo, nelle audizioni romane o nelle audizioni e nelle visite condotte in missione. Fa proposte legislative e valuta l'effetto della produzione legislativa gia' approvata in materia. Non affronta mai materie di cui non si e' occupata. Per l'evidentissima ragione che su quello non ha proprio da fare alcuna "relazione". Perche' dunque questa autentica ingiuria al profilo istituzionale di quella Commissione antimafia che venne voluta negli anni sessanta per combattere e non per coprire i rapporti di complicita' tra mafia, amministrazione e politica, e davanti alla quale - proprio per questo e a dispetto di ogni ambiguita' possibile - vennero per la prima volta esplicitamente indicati i rapporti tra le cosche e Vito Ciancimino e Salvo Lima, allora potentissimi capi della politica siciliana? La risposta si puo' trovare nella stessa Relazione. Ed e' la seguente. Bisogna occuparsi di quei processi, ed esprimere su di essi l'opinione della maggioranza politica (attraverso un'arringa difensiva che non e' stata scritta sicuramente da nessun tecnico o consulente della Commissione ma che ha tutta l'aria di venire diritta da qualche ambiente professionale assai vicino alla difesa) perche' la lettura che viene data dei rapporti tra mafia e politica punta ad assolvere definitivamente il senatore Andreotti anche in sede di verita' storico-parlamentare. Punta cioe' ad aggiungere a una pretesa (ma inesistente) innocenza penale anche una innocenza politica. A colpi di maggioranza. Come se anche la verita' storica potesse essere statuita riunendosi di corsa e facendo la conta delle mani disposte ad alzarsi. Disposte ad alzarsi, piu' precisamente, sotto il ricatto incombente delle candidature al parlamento. Da decidere entro trenta o quaranta giorni, sotto il piu' micidiale controllo che le segreterie di partito, grazie alla nuova legge, abbiano mai avuto. * Bisognera' tornare e ritornare, scrivere e ancora scrivere e raccontare, su una Relazione che spiega come pochi altri documenti perche' in Italia non si riesca a sconfiggere la mafia. Ma intanto va segnalato il modo in cui viene affrontato il maggiore scandalo attuale, quello del governatore della Sicilia Toto' Cuffaro, in stretti rapporti d'amicizia e d'affari con il re delle cliniche siciliane Michele Aiello, a sua volta legato agli ambienti di Cosa Nostra piu' vicini (lo ricorda di sfuggita in altro passo anche la Relazione) a Bernardo Provenzano. Tanto da avere svolto la funzione di Supertalpa al servizio della combriccola, per avvertire che le talpe semplici impiegate in procura erano state scoperte. Ecco che cosa si dice del Governatore: "Anche l'attivita' svolta dalla Regione Siciliana e' indice di un'accresciuta sensibilita' nei confronti del fenomeno mafioso. L'on. Cuffaro, nella sua veste di Presidente della Regione, ha elencato una serie di iniziative amministrative (...) che vanno lette come momenti di impegno per la legalita' e contro la presenza della mafia nell'economia, nelle istituzioni e nella societa' civile". Io veramente dell'audizione del governatore siciliano, tenuta a Palermo alla fine di marzo del 2004, ho un altro ricordo, e ne trovo conferma nei miei appunti. Ho il ricordo di un signore che risponde affabile e diligente finche' le domande non pretendono di sapere troppo, non fanno intravedere l'intenzione di qualcuno di rappresentare per davvero una "Commissione di inchiesta". E che poi cambia registro e fa capire senza giri di parole che se si sceglie la strada dell'inchiesta cruda e irriverente ce n'e' per tutti. Per questo, colpito e allertato da quelle parole, scrissi subito un editoriale su queste pagine per chiedere che si stesse bene attenti alle candidature dell'Ulivo alle elezioni europee. Ora il governatore e' andato perfino oltre il suo scopo di allora. Le sue vicende giudiziarie vengono svuotate di ogni significato politico con argomentazioni speciose, senza nemmeno che l'estensore venga sfiorato dal senso del ridicolo. Il fatto e' che l'apoteosi di Toto' Cuffaro fa parte integrante della grande operazione politica. E in essa, come nell'apoteosi di Andreotti, il rosario interminabile delle leggi della vergogna trova oggi la piu' coerente conclusione. La legge e la storia scritte entrambe senza pudore. Cosi' da sconciare il senso del giusto e dell'ingiusto degli italiani. E questo, se si permette, e' qualcosa di peggio della dittatura della maggioranza. Questa e' abiezione delle coscienze. 12. RILETTURE. GIUSEPPINA CIUFFREDA, NICOLE JANIGRO (A CURA DI): VIVERE ALTRIMENTI Giuseppina Ciuffreda, Nicole Janigro (a cura di), Vivere altrimenti, Pratiche, Milano 1997, pp. 396. Una guida alle esperienze comunitarie e culturali "alternative" in Italia e nel mondo (come e' tipico di questi repertori, molte le cose interessanti, molte le cose discutibilissime). 13. RILETTURE. GIULIANA MORANDINI: LA VOCE CHE E' IN LEI Giuliana Morandini, La voce che e' in lei. Antologia della narrativa femminile italiana tra '800 e '900, Bompiani, Milano 1980, pp. 402. Curata con la consueta finezza da Giuliana Morandini, un'ampia, densa, preziosa raccolta di testi di scrittrici dell'Ottocento e del primo Novecento. Con scritti di Maria Giuseppina Guacci, Rosina Muzio Salvo, Cristina Trivulzio di Belgioioso, Caterina Percoto, Elisabetta Caracciolo Forino, Marchesa Colombi (Maria Antonietta Torriani), Emma (Emilia Ferretti Viola), Bruno Sperani (Beatrice Speraz), Neera (Anna Zuccari), Regina di Luanto (Anna Roti, scilicet: Guendalina Lipperini), Contessa Lara (Evelina Cattermole), Matilde Serao, Willy Dias (Fortunata Morpurgo Petronio), Donna Paola (Paola Baronchelli Grosson), Anna Franchi, Clarice Tartufari, Leda Rafanelli, Annie Vivanti, Carola Prosperi, Amalia Guglielminetti, Ada Negri, Grazia Deledda. 14. RILETTURE. DOROTHY PARKER: IL MIO MONDO E' QUI Dorothy Parker, Il mio mondo e' qui, Bompiani, Milano 1941, 2003, pp. XII + 308. Nella traduzione di Eugenio Montale e con due scritti di Fernanda Pivano, una raccolta di racconti della grande scrittrice americana che bisogna aver letto. 15. RIEDIZIONI. JANE AUSTEN: ROMANZI Jane Austen, Romanzi, Gruppo editoriale L'Espresso, Milano 2005, pp. XXVIII + 1346, euro 12,90. Il volume comprende alcuni dei grandi romanzi della Austen: Mansfield Park, Orgoglio e pregiudizio, Emma (quest'ultimo nella traduzione di Mario Praz). Possiamo dirlo? Ci capita talora di pensare che chi non ha letto Jane Austen ignora alcuni fondamentali segreti della vita, del mondo, del cuore. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1150 del 20 dicembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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