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La nonviolenza e' in cammino. 1146
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1146
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 16 Dec 2005 00:34:56 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1146 del 16 dicembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Michele Meomartino: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 2. Dal 1964 la voce della nonviolenza in Italia 3. Riccardo Orioles: Generazioni 4. Tonino Bello: Condivisione e solidarieta', vie alla pace (parte seconda e conclusiva) 5. Simone Weil: I significati 6. Vandana Shiva: Per reagire alla frammentazione 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. STRUMENTI DI LAVORO. MICHELE MEOMARTINO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Michele Meomartino (per contatti: michelemeomartino at tiscali.it) per questo intervento. Michele Meomartino amico della nonviolenza, scultore, coltivatore biologico, coordinatore della Rete nonviolenta Abruzzo e referente del nodo di Pescara-Chieti della Rete Lilliput, e' impegnato anche nel coordinamento di Libera, ed in molte iniziative di pace, equosolidali ed ecologiche] Mai come in questo momento, in cui si parla tanto di lotta nonviolenta, e' importante abbonarsi ad un giornale che ha radici antiche. Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' e' un luogo dov'e' possibile informarsi, dove c'e' abbastanza attenzione agli approfondimenti e ai fatti che riguardano il variegato mondo della pace. Ma noi amici della nonviolenza non dobbiamo limitarci solo ad abbonarci, ma, nei limiti del possibile, anche promuoverla e diffonderla. 2. STRUMENTI DI LAVORO. DAL 1964 LA VOCE DELLA NONVIOLENZA IN ITALIA "Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org L'abbonamento annuo e' di 29 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta". 3. RIFLESSIONE. RICCARDO ORIOLES: GENERAZIONI [Dalla rivista elettronica di Riccardo Orioles "La Catena di San Libero" (per contatti e richieste: riccardoorioles at sanlibero.it) n. 313 del 12 dicembre 2005. Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo' essere richiesto gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)] Questa e' la terza generazione del movimento antimafioso. La prima, a meta' Ottanta, era "il partito di Falcone e dei ragazzini". La seconda, primi anni Novanta, fu quella che poi conflui' nella Rete. Questa terza, che andava crescendo - per chi voleva vederla - da quasi due anni, si aggrega attorno all'associazionismo "apartitico", in particolare Libera e l'Arci. Rispetto alle prime due, e' cresciuta meno nel dramma e piu' nel lavoro quotidiano. Il suo capolavoro non e' una fiaccolata o un corteo ma la paziente, e vincente, opera per la gestione sociale dei beni sequestrati ai mafiosi. A poco a poco, con cifre piccole ma via via sempre piu' consistenti, ha tradotto in realta' visibile la grande intuizione degli anni Ottanta ("I Siciliani", il Centro Impastato) secondo cui il sistema mafioso, meccanismo non eversivo ma di classe e di potere, si batteva essenzialmente con la mobilitazione sociale. E questo, essenzialmente, e' il filo di tutti questi vent'anni. Sia i "vecchi" che il nuovo movimento antimafioso sono cresciuti essenzialmente fuori dai partiti. All'inizio era ancora fortissimo (la prima manifestazione per dalla Chiesa parti' dalla Fgci di Palermo) il peso della tradizione comunista, che pero' non coincideva esattamente con quella del partito nazionale (Licausi e Togliatti non erano la stessa cosa); la "politica" e il "partito" furono assunti dunque nei loro aspetti migliori, abbastanza marginali rispetto alle tendenze "modernizzatrici" del resto della sinistra italiana. La Rete fu un partito, si', ma alle origini non voleva esserlo affatto: piuttosto una specie di confederazione fra tante realta' di base, espressioni spontanee della "societa' civile", con una forte partecipazione di cattolici (che proprio in quel momento cambio' il baricentro della politica italiana). Di solito, quando si parla - fra "vecchi" - della Rete, la nostalgia riguarda quel momento fondante, e non l'infelice esperienza del vero e proprio partito, travolto da innocenti (ma pestifere) ambizioni personali e da un ingenuo desiderio di farsi "riconoscere" a tutti i costi dalla politica ufficiale. Alla fine, coi leader in lite per le candidature e i militanti ormai privi di timone, proprio a Palermo il candidato della destra (un vecchio arnese dell'estremismo fascista, Lo Porto) batte' pesantemente il candidato della Rete, l'anziano e rispettatissimo giudice Caponetto. La crisi era morale, e profonda; e riguardava non tanto i politici quanto il rattrappirsi civile della popolazione. La Rete tuttavia, e il movimento antimafioso di cui essa era in gran parte rappresentante, non s'era attrezzata ne' politicamente ne' culturalmente ad attraversare questo riflusso. E collasso'. La fine della Rete (il nuovo Ds non essendo neanche lontanamente all'altezza dei vecchi "communisti") lascio' campo aperto al tipico riflusso ciclico della storia siciliana. Fallito Garibaldi (o Spartaco, o Giuseppe Alessi, o Licausi, o Orlando) l'ordine torna indiscusso e piu' feroce di prima. Pochi resistono, molti si chiudono nel privato, e la massa dei "sorci" torna a galla. Tale e' la folla dei postulanti davanti al palazzo del nuovo vicere', Cuffaro, che a un certo punto costui e' costretto a dileguarsi attraverso l'antico sotterraneo costruito, nel palazzo reale, dai vecchi vicere' spagnoli. Resistono, nelle citta' e nei paesi, gruppi isolati di militanti. Resistono, apparentemente, piu' per dignita' e per morale che per realismo. Eppure, anche questo sarebbe stato giustificato: il movimento antimafioso, cioe' per la redistribuzione dei poteri in Sicilia, aveva toccato corde tanto profonde, aveva lanciato - con tutti i suoi limiti - un messaggio talmente radicale, da rendere assolutamente impossibile cancellarlo del tutto. Alla sua cancellazione dalla vita pubblica (per opera della destra, ma con la complicita' di quasi tutta la sinistra ufficiale) corrispondeva anzi un suo piu' doloroso radicamento nella coscienza individuale. * La crisi Borsellino, adesso, e' stata rapidissima. La destra andava verso una svelta e indiscussa vittoria elettorale, con l'unica incertezza sulla ripartizione dei posti fra destri puri (Cuffaro), destri frondisti (Lombardo) e centristi da acquisire in corso d'opera (Bianco), e si adoperava anzi per anticipare il piu' possibile la data delle elezioni. La sinistra ufficiale, reduce da sconfitte elettorali una piu' disastrosa dell'altra, proponeva affannosamente improbabili candidature di notabili, presentatori tv, industriali dei liquori e chi piu' ne ha piu' ne metta: buio fitto. Improvvisamente, prima dall'Arci e da Libera e poi ripresa dal "pool" dei piccoli partiti, spunta la parola d'ordine: "Borsellino!". E altrettanto improvvisamente torna il sole. I militanti si mobilitano, la gente ricomincia a parlare di politica, la destra comincia a sollevare eccezioni sulle regole del gioco. Quella che sembrava una pacifica elezione di provincia diventa improvvisamente una scadenza politicca minacciosa e centrale, un caso Vendola moltiplicato per dieci. Miracolosamente (o forse no: poiche' nel dna della nostra sinistra c'e' anche questo sapersi sollevare al di sopra delle proprie miserie nei momenti cruciali) i leader tradizionali della sinistra, dapprima impappinati e confusi, stanno al gioco; i vari notabili fanno atto di sottomissione uno dopo l'altro. In questa fase e' decisivo il ruolo di Claudio Fava, Leoluca Orlando e Beppe Lumia, i capi storici (veramente un po' logori) dell'antimafia dei partiti. Improvvisamente ritornano i capipolo della loro bella stagione: appoggiano la Borsellino con tutte le loro forze, lasciando anche capire che se i partiti non ci staranno potrebbero andare avanti da soli. Intanto, in tutta l'isola, i comitati pro-Borsellino spuntano come funghi. Il resto e' storia di ora. Si comincia a parlare - in pochi: ma se ne parla - di un governo regionale non bilanciato fra notabili di partito ma esemplarmente composto da tutti i capi riconosciuti dell'antimafia vecchia e nuova: da Orlando a Fava, da Tano Grasso alla Siracusa, da Lumia a Umberto Santino, tutti umilmente e orgogliosamente "comisarios" di un governo che da quel momento cesserebbe di appartenere a una sola regione per diventare prefigurazione ed esempio su scala nazionale. * E adesso? Fino a una settimana fa, bisognava parlare bene degli antimafiosi - del loro entusiasmo, del loro coraggio, del loro ostinatissimo rifiorire nelle condizioni piu' avverse - e dei piu' giovani specialmente, un vero dono di Dio a questa Sicilia dalla memoria lenta. Adesso pero', adesso che - ecco, ora osiamo scriverlo - forse si vince, e' il momento di dare uno sguardo severo, di cercare di individuare il piu' possibile i punti di debolezza, quelli che ci hanno fatto perdere l'altra volta (qualcuno deve pur farlo, e tanto di laudatori "adesso" ce n'e' piu' che abbastanza). Il primo problema riguarda la mancanza di disciplina, di organizzazione e di coordinamento. I comitati sono sorti dappertutto, e hanno lavorato benissimo, ognuno nella sua zona. Ma questo non basta. E' bastato per vincere le primarie, probabilmente bastera' per vincere le elezioni, ma non bastera' assolutamente per governare. Per governare - per governare davvero, per "rivoluzionare" un assetto sociale che, con aggiornamenti minimi, e' ancora quello del feudo e dei baroni - ci sono tutte le forze tranne quella, culturale ed etica, che nei decenni forma il common sense politico e l'organizzazione. Non bastano i sostituti: non basta - non bastera' - affidarsi alle strutture (peraltro mediocri) dei partiti ufficiali, non bastera' neanche ripetere l'errore della Rete e tentare, in mancanza di meglio, un ennesimo partito tradizionale. No. L'organizzazione politica nuova, che per vent'anni e' stata in maturazione e di cui si riscontrano finalmente le condizioni, deve sorgere qui e ora. Non un altro partito, non contro i partiti, non al rimorchio dei partiti ma una rete, flessibile e complessa, egualitaria e competente, di cittadini profondamente pari fra loro, senza famiglie di notabili, senza palazzi. * Chi e contro chi. "Non sono la candidata dell'antimafia", "Folle la sfida antimafia contro mafia", "Non bisogna scatenare la vecchia battaglia antimafia che non risolve niente". Va bene: pero' per me la Borsellino e' esattamente la candidata dell'antimafia, ne' piu' ne' meno, e la battaglia e' essenzialmente fra movimento antimafia e poteri mafiosi. Non e' "politico"? Non sta bene? Ok: ma anche Solidarnosc, che in teoria si batteva per aumenti salariali e cose del genere, in realta' era prima di tutto - volerlo o no - antisovietica. E per buone ragioni: gli aumenti salariali (e la liberta') non potevano arrivare se prima non se ne andavano i carri armati sovietici, che purtroppo erano li', qualunquisti, impolitici, sfuggenti a qualsiasi articolo di Merlo o Stella, ma estremamente concreti. Cosi', se la mafia non se ne va, tutto il resto e' poesia. Non illudiamoci di votare a Stoccolma. 4. MAESTRI. TONINO BELLO: CONDIVISIONE E SOLIDARIETA', VIE ALLA PACE (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Ringraziamo Fabio Ragaini del "Gruppo Solidarieta'" (per contatti: grusol at grusol.it) per averci messo a disposizione il testo della relazione che monsignor Tonino Bello tenne a Castelplanio il 4 febbraio 1988. Testo poi pubblicato dal "Gruppo Solidarieta'" in un quaderno, ormai esaurito, e successivamente ripubblicato in "Appunti sulle politiche sociali", n. 4, 2003, disponibile anche nel sito www.grusol.it La trascrizione del testo, non rivista dall'autore, mantiene l'immediatezza - la vividezza - del linguaggio parlato, delle parole cosi' come furono pronunciate, comprese le citazioni a memoria, le semplificazioni che divengono scorciatoie, le sviste fattuali che tuttavia aprono a incontri inediti - e sorprendenti, commoventi nessi, inaudite invenzioni ermeneutiche, ed ulteriori aperture. Fabio Ragaini e' impegnato nell'esperienza del "Gruppo Solidarieta'" di Castelplanio (Ancona), un'esperienza di volontariato che opera nel territorio della provincia di Ancona dal 1980; oltre all'azione concreta di solidarieta' con persone in situazioni di disagio o difficolta', promuove incontri formativi e svolge un valido servizio di informazione e documentazione; dal 1982 pubblica il periodico cartaceo "Appunti", e successivamente ha anche attivato un utile sito nella rete telematica: www.grusol.it Tonino Bello e' nato ad Alessano nel 1935, vescovo di Molfetta, presidente nazionale di Pax Christi, e' scomparso nel 1993; costantemente impegnato dalla parte degli ultimi, promotore di iniziative di solidarieta' con gli immigrati, per il disarmo, per i diritti dei popoli e la dignita' umana, ideatore ed animatore di grandi iniziative nonviolente, e' stato un grande costruttore di pace e profeta di nonviolenza. Opere di Tonino Bello: segnaliamo particolarmente, tra le molte sue pubblicazioni, I sentieri di Isaia, La Meridiana, Molfetta 1989; Il vangelo del coraggio, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1996; e' in corso la pubblicazione di tutte le opere in Scritti di mons. Antonio Bello, Mezzina, Molfetta 1993 sgg., volumi vari. Opere su Tonino Bello: cfr. per un avvio Luigi Bettazzi, Don Tonino Bello. Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001; la biografia di Claudio Ragaini, Don Tonino, fratello vescovo, Edizioni Paoline, Milano 1994; Alessandro D'Elia, E liberaci dalla rassegnazione. La teologia della pace in don Tonino Bello, La Meridiana, Molfetta (Ba) 2000. Nella rete telematica materiali utili di e su Tonino Bello sono nel sito di Pax Christi: www.peacelink.it/users/paxchristi, in quello de La Meridiana: www.lameridiana.it e in molti altri ancora] Giuseppe, avanzo di galera L'altro giorno scrissi una lettera ad un giovane di 37 anni, Giuseppe, che entra ed esce dal carcere, ha fatto 19 anni di galera. Lo incontrai una sera perche' venne a raccontarmi la sua storia, poi l'hanno rimesso di nuovo in carcere. La lettera diceva cosi': "Caro Giuseppe, non ce l'abbiamo fatta ne' tu ne' io. Non ce l'hai fatta tu, perche' a tre mesi esatti da quando sei uscito dal supercarcere di Trani, ieri ci sei tornato di nuovo. Non ce l'ho fatta io, perche' avrei dovuto dare ben altro credito alla tua parola d'onore. Ricordo quella sera del 25 marzo quando venisti da me stringendo con fierezza il foglio di congedo dalla prigione come se fosse un diploma di laurea; era il foglio della tua liberta'. A cena mi dicesti che in galera non saresti ritornato piu', che stavolta ce l'avresti messa tutta perche' a 35 anni uno, anche se ha sbagliato, la vita puo' rifarsela da capo. Brindammo alla tua liberta'. Da quel giorno sei venuto ogni mattina a trovarmi per dirmi sempre le stesse cose, che le sedie della sala d'aspetto della stazione erano dure per dormirci la notte ma erano sempre meglio delle brande di una cella; che quelle quattro lire che giornalmente ti concedevo ti bastavano appena per non morire di fame, ma che comunque un panino e una birra del bar ti saziano piu' delle minestre calde del carcere; che un giorno se avessi trovato uno straccio di lavoro saresti andato a vedere dopo tanti anni la tua bambina chiusa in un collegio di Catanzaro. Ai servizi sociali e al Centro di igiene mentale ci assicurarono che si sarebbe fatto qualcosa e questa lusinga e' servita per un po' a non far cessare le speranze che si riducevano progressivamente da quando sopratutto capimmo che per te il buco di un alloggio non lo avremmo trovato mai, perche', diciamocelo brutalmente, una faccia come la tua uno non la vuole incontrare ne' di giorno ne' di notte. Braccato da tutti, un po' di pieta' l'hai trovata solo in ospedale, dove per qualche giorno ti hanno accolto senza fiatare dopo che al medico di turno ho indicato i tuoi piedi gonfi. Ma ormai il tuo destino era segnato. Mi ripetevi sempre che, nella tua lunga carriera di galeotto, ogni volta che uscivi dal carcere, dopo tre giorni ci tornavi di nuovo. Una sera ti dissi che stavolta dovevi resistere almeno tre mesi; dovevi farlo per me. Mi desti la tua parola d'onore anche se ormai a star fuori non ce la facevi piu' e hai mantenuto la tua promessa meglio di un galantuomo. Ieri, alla scadenza, ti hanno arrestato mentre rubavi un motorino. I ragazzi ai quali da qualche tempo impartivi le prime lezioni del mestiere, piu' svelti del maestro, hanno fatto in tempo a fuggire. Caro Giuseppe, stasera sono contento, ma non perche' la citta' si e' liberata di un essere pericoloso come te, non fraintendermi, e neppure perche' ti so disteso finalmente su un materasso meno romantico della panchina della stazione ma senza dubbio piu' comodo, e neanche perche' sei al riparo dalle violenze dei piu' violenti di te, se e' vero che l'altra notte ti iniettarono a forza una dose di eroina mentre cercavi di prendere sonno su una panchina. Sono contento perche' ho capito che se tu dai una parola la sai mantenere ed ora quasi mi pento di non averti chiesto tre anni invece che questi tre squallidi mesi che sono passati lenti per te come una eternita' e dolorosi come un calvario. Ma forse e' meglio che sia finita cosi'. Tutto sommato la tua liberta' si e' frantumata non contro le sbarre del supercarcere di Trani, ma contro quelle del nostro perbenismo borghese, delle nostre ipocrite paure dietro le quali siamo tutti prigionieri, dalle cui pareti non sappiamo evadere, non dico per tre mesi come te, ma neppure per tre giorni. Coraggio Giuseppe, siamo tutti pezzi di galera ma prepariamoci ad uscirne. Tu coprendo, sotto la tutela della tua parola d'onore, non un frammento di tempo, ma tutto l'arco della tua vita; noi ritrovando nel Vangelo, nella gioia di un'accoglienza che ci faccia intuire, se non per tutto l'arco della vita, almeno per un frammento di tempo, anche sotto l'amarezza di uno sguardo fosco come il tuo, la dolcezza del volto di Cristo. Sono in attesa di questo incontro, verra' presto, lo sento. E allora, ridiventato uomo, brinderemo di nuovo senza piu' paure, alla tua liberta', anzi alla nostra. Alla salute Giuseppe, uomo d'onore". * La gente comune della nostra citta' sa che non sono solo elucubrazioni letterarie, la gente che dorme nelle stazioni; qui lo so che la situazione sociale a' molto diversa, ci sono forse poverta' diverse, non ci saranno i poveri di denaro, ma c'e' la gente povera perche' non ha motivo per vivere, ha magari il portafogli gonfio ma il cuore vuoto; c'e' tanta gente che vive in solitudine, capite allora la solidarieta', la condivisione, e' avere occhi per scorgere i poveri; non so se vi ricordate "Il muro" di Sartre o di Camus. L'episodio e' questo: C'e' un commesso che andava da una citta' all'altra a vendere; quando arrivava la sera nella citta' nuova, andava in un albergo, prendeva il pasto, poi il giorno dopo andava a vendere e poi cambiava. Un sera arriva in una grande citta' e va in un albergo e chiede un posto per dormire. Era un uomo molto triste perche' dalla vita non aveva avuto nulla, era solo, non aveva figli, moglie, non aveva affetti, non sapeva piu' che farsene della vita. Ad un certo momento, appoggiato al bancone, mentre sta fornendo la carta di identita', arriva una coppia di sposi. Si vedeva che erano sposi, perche' erano vestiti tutti e due in blue jeans, si abbracciavano ogni tanto, avevano una grossa valigia, erano in viaggio di nozze. Anche loro hanno chiesto una stanza per dormire. L'albergatore ha preso anche i loro documenti e ha dato loro le chiavi. All'anziano commesso viaggiatore, che intanto non si stancava di contemplare quei due giovani, da' la chiave n. 23; ai due sposi la n. 24. Vanno a dormire. Il vecchio commesso viaggiatore non riesce a chiudere occhio, si gira e rigira nel letto, prima di tutto per il caldo, poi perche' pensa sempre alla sua sorte cosi' malinconica, e poi perche' effettivamente, al di la' della parete, sente un rumore di sedie, di pianto, di lamenti. Alla sua fantasia accesa non e' difficile immaginare quale festa d'amore si celebrasse al di la' della parete. Poi finalmente riesce a chiudere occhio, ma per poco tempo, perche' si sveglia di soprassalto perche' c'e' un via vai nel corridoio, un rumore nell'albergo. Si alza, apre la porta, tira fuori il capo e a una domestica che passa chiede cosa sia successo. Quella li' fa un gesto come per dire lascia stare, possibile che tu non ti sia accorto di nulla, e va via. Passa un cameriere e gli chiede cosa sia successo. "Come, tu non sai niente? E' morto un uomo stanotte qui nell'albergo, nella camera n. 24. C'era un vecchio, si e' sentito male nella notte e non e' riuscito a chiedere aiuto, ha cercato di muovere un tavolino, si e' lamentato, ha pianto, abbiamo visto sedie mosse, ha cercato di far giungere i segnali della sua sofferenza, ma non gli e' riuscito di farli intendere a nessuno ed e' morto", "Un vecchio? Dove?", "Qui accanto, nella stanza n. 24", "Ma non c'era una coppia di sposi?", Il cameriere: "S', n. 24, ma del piano di sopra". La conclusione, nell'amarezza dell'esistenzialismo francese di quell'epoca, e' che quando vogliamo giudicare una persona ci sbagliamo sempre di un piano; pensiamo che nella stanza accanto ci sia una festa d'amore e invece c'e' un uomo che sta morendo. Cosi' anche noi passiamo davanti alla gente, la vediamo sorridere, ci sbagliamo di un piano... E' vero che e' un tipo di letteratura sorta in un ambiente particolare, quando andava di moda anche nella cinematografia l'incomunicabilita', ricordate la canzone di Modugno "L'uomo in frac": il vecchio che cammina lungo il fiume e saluta tutti quanti, dice addio alla vita, vestito con il frac, un candido gile', un papillon di seta blu e dice addio al mondo. Al mattino sul pelo dell'acqua si vede galleggiare un cilindro, un fiore e un frac... un uomo che ha finito di vivere perche' non ha trovato la possibilita' di comunicare con nessuno. Capite, sara' diversa la situazione, non ci saranno quelli che hanno bisogno del denaro, di una casa, qui da voi sara' diverso, ma dovunque andiate, amici miei, ricordatevi che ci sara' sempre qualcuno con cui bisogna pur condividere la propria gioia e col quale bisogna spartire la di lui sofferenza; dovunque andiate, potete andare dove volete. Capite allora questa transumanza che dobbiamo fare dalla pace della coscienza, dalla tranquillita', dalla pace che non implica itinerari, scavalcamenti di barriere, alla coscienza della pace. * Dall'obiezione di coscienza alla coscienza dell'obiezione Un'altra transumanza che bisognerebbe fare e' dall'obiezione di coscienza alla coscienza dell'obiezione. Non entriamo a discutere dell'obiezione di coscienza perche' questo problema lo stanno discutendo a livello teologico, e' proibito l'accesso ai non addetti ai lavori. Io spero comunque che le risposte che si daranno oggi anche dalla Congregazione della fede, saranno veramente profetiche. Questo libro pro-manoscritto della Caritas e' eccezionale anche per l'obiezione di coscienza. Pensate quanto coraggio si e' espresso da parte della Caritas su questo problema; alcuni anni fa, nel 1982, il presidente della Caritas diceva (forse poi abbiamo fatto un pochettino di marcia indietro): "Dobbiamo sfidare il potere a non costruire piu' armi con i soldi del contribuente". I soldi devono essere destinati ad opere di pace per togliere la fame nel mondo, per la vita, non per uccidere. Allora dobbiamo anche essere pronti unitariamente a non dare contributi per le armi, ma darli ugualmente con forme che indichino la nostra opposizione agli armamenti e la nostra opera di costruzione della pace. Dobbiamo quindi passare dall'obiezione di coscienza alla coscienza dell'obiezione, cioe' al rifiuto di fronte a certe cose, di fronte al quadro delle ingiustizie planetarie, del quale abbiamo dato solo qualche rapidissimo abbozzo; di fronte a questo quadro non possiamo rimanere inerti. Le stelle non possono stare a guardare, noi non possiamo rimanere li' a guardare se veramente vogliamo condividere la sofferenza dei poveri, non possiamo stare a guardare quando vediamo soprattutto quello che sta succedendo in Italia; lo sapete che le armi italiane uccidono in tutto il mondo? Oggi nel mondo si spara italiano, si veste italiano, si calza italiano... oggi si spara italiano... Avete tutti quanti seguito la vicenda su "Nigrizia", sulla stampa, l'anno scorso soprattutto, su questo problema. Io non voglio entrarci dentro, pero' capite che basterebbe solo questa verita' per farci insorgere tutti quanti contro un commercio che subordina al profitto il sacro diritto alla vita. E voi sapete che l'Italia e' al quarto posto nei paesi che esportano armi in tutto il mondo, anzi al terzo posto tra quelli che le esportano nel Terzo Mondo. Sicche' con una mano diamo gli aiuti per lo sviluppo economico e con l'altra ci prendiamo questi soldi attraverso le armi che smerciamo in Iran, Iraq, Sud Africa e Afghanistan (le prime in classifica). Sapete come Pax Christi, Acli, "Missione oggi", Mlal, Mani Tese, con il cartello "Contro i mercanti della morte" abbiano parlato, gridato da due anni a questa parte perche' finalmente ci sia una legge che abolisca il segreto che copre tutto questo osceno commercio di morte, perche' e' coperto dal silenzio, e' tabu', non si sa il fatturato, niente. C'e' un antico regolamento del 1941 che regola ancora tutta questa storia. Abbiamo convocato i parlamentari, siamo stati piu' volte ricevuti da Nilde Jotti, dalla Commissione difesa della Camera, del Senato... poi la legislatura cade e si riprende tutto da capo... Adesso stiamo vivendo un momento di scoraggiamento; d'altra parte capite, ci stiamo accorgendo che non vale la spesa battersi solo contro il commercio clandestino, bisogna battersi contro il commercio delle armi, anzi, contro la fabbricazione delle armi: qui c'e' la parresia, il coraggio profetico. "Trasformeranno le loro spade in vomeri", e non: accorceranno le loro spade a coltello a serramanico, perche' sempre arma rimane. Un'altra cosa vorrei che capissimo a fondo e cioe' il fatto che adesso anche nei gruppi cattolici, nella chiesa, questo problema della pace sta diventando cosi' forte; non dipende dalla planetarieta' dell'olocausto finale perche' qui c'e' poco da illudersi; la parola guerra e' scomparsa dal vocabolario, c'e' solo la parola olocausto, apocalisse, distruzione totale. Oggi una guerra trascina nella morte, non solo il drago, ma anche il cavaliere, Giorgio e il serpente. Se noi prendiamo coscienza del fatto che ci stiamo battendo contro il commercio di armi, di morte, ci stiamo battendo per la pace, tutto questo non deve derivare dalla planetarieta' dell'olocausto come se fosse proprio questa de-creazione, anti-genesi, a provocare il nostro impegno. L'impegno per la pace deve essere dettato dall'amore e non dalla paura, per cui anche una scaramuccia in paese per noi non puo' essere accettata. In Italia ci sono 85.000 operai che lavorano nelle fabbriche d'armi, ci sono tantissime fabbriche d'armi, dappertutto, anche a Bari; noi vescovi lo abbiamo detto in quel documento ed e' per questo che non e' stato pubblicato sull'organo locale piu' diffuso: anche il potere dell'informazione e' terribile. * Dalla nonviolenza della strategia alla strategia della nonviolenza Avviandoci alla conclusione: queste sono le transumanze forti che dobbiamo fare. Ho detto: dalla pace della coscienza alla coscienza della pace, dall'obiezione di coscienza alla coscienza dell'obiezione, dalla nonviolenza della strategia alla strategia della nonviolenza. Anche qui c'e' tutta una scoperta che dobbiamo compiere come credenti, per cui in questi gruppi di solidarieta' il tema della nonviolenza dovrebbe essere meglio studiato, approfondito. La nonviolenza: "Rimetti la spada nel fodero. Chi di spada ferisce di spada perira'"; con questa espressione Gesu' Cristo ha disarmato per sempre tutti gli eserciti della terra: volenti o nolenti come cristiani dobbiamo prendere atto di questo fatto. Quando ci dicono: "Ma cosi' disarmando gli eserciti come si difende la patria?" La difesa non si fa solo con le armi, c'e' anche la difesa popolare nonviolenta: Gesu' Cristo ci ha dato un esempio e non siamo utopici. Noi credenti non dobbiamo avere paura di questa accusa; Gesu' Cristo ha disarmato uno schiaffo; al soldato che lo ha schiaffeggiato di fronte al sommo sacerdote non ha risposto con un altro schiaffo, ma dicendo: "Se ho parlato male dimmelo, se ho parlato bene perche' mi percuoti?". Chissa' come si e' sentito incenerire quel soldato. Concludo davvero dicendo che se noi ci facciamo carico di tutte le sofferenze del mondo, se le assumiamo come sofferenze nostre e se lo facciamo anche con uno stile cristiano sull'esempio di Gesu' Cristo che ha condiviso in tutto e per tutto la nostra condizione umana eccetto il peccato, Lui che ebbe l'icona della condivisione nel modo piu' totale, se noi facciamo questo sono convinto che i grovigli della speranza cominceremo a sentirli anche percettibilmente sulla nostra schiena. Sono stato due anni fa in Argentina a trovare un parroco della mia diocesi che a 51 anni ha lasciato tutto ed e' andato in missione la'. In un ritiro del clero mi sfuggi': "Nonostante tutto, se qualcuno volesse partire missionario non troverei nessuna difficolta'"; lui il giorno dopo viene da me e dice che vuole andare via. Sta in Patagonia; sono andato a trovarlo perche' non stava molto bene; un giorno siamo andati in una citta', forse la piu' bella dell'Argentina (un po' come la nostra Cortina D'Ampezzo), luogo di villeggiatura dei "big", che si chiama Bariloche. Attorno alla citta' dei ricchi sfondati c'e' la cintura della miseria, incredibile... Io non ho visitato la Bariloche "bene" ma quella della poverta', delle baracche fatte di cartoni, di lamiere contorte. Era il mese di ottobre che corrisponde al nostro mese di marzo, c'erano alberi innevati e c'erano bambini scalzi nonostante il freddo, il fango, che facevano volare gli aquiloni. Io ne ho "catturato" uno con le lusinghe del "signorotto" e gli ho chiesto dove abitasse: mi ha indicato una capanna. Siamo entrati dentro, una casa misera, terribilmente misera, con un donna di 30 anni che aveva 12 figli, una donna che doveva essere molto bella; solo gli occhi le erano rimasti belli... C'era un tavolino con un libro: il Santo Evangelio. Ho chiesto a quella signora in italiano - capiva perche' era cilena - se leggeva il Vangelo; la signora ha risposto: "Unico consuelo por nuestra povereza" (unico conforto per la nostra poverta'). Quando sono uscito fuori ho visto gli aquiloni nell'aria e mi sembrava che fossero stati ritagliati sulle pagine del Vangelo e che andassero a portare annunci di liberazione agli estremi confini della terra. Io credo che se noi non tiriamo i remi in barca, se non ci lasciamo abbattere da tante contraddizioni, avversita', perche' e' faticoso, la speranza ancora puo' rinascere su questa vecchia terra. Percio' vi faccio tanti auguri perche' il vostro impegno non demorda e perche' possiate anche suscitare in tutti coloro che vi accompagnano in questo cammino tanto coraggio e tanta buona volonta'. * Dibattito - Domanda: Dato che si e' parlato di parresia, cerchero' di fare una domanda sincera, quindi anche un po' critica, ma senza intenti polemici. Una domanda che mi sgorga dal cuore perche' a volte mi crea, come credo un po' a tutti che a volte siamo impegnati su questi temi, un po' di sofferenza, amarezza. Mi sembra che all'interno di questo movimento che si e' creato in questi ultimi anni, che da' molta speranza a tutti noi, intorno a Pax Christi, "Missione oggi", "Nigrizia", Mani Tese, Caritas, ci sia una contraddizione: vedo tanto coraggio, tanta parresia, tanta profezia all'esterno per il rinnovamento, vedi obiezione di coscienza, pace, giustizia, liberta', pero' mi sembra che ci sia una carenza nel versante ecclesiale, cioe' non c'e' questo coraggio nei rapporti tra di noi, nella comunita' cristiana. Questa per me e' incoerenza. E' una domanda che forse non dovevo fare a lei perche' se c'e' una persona che e' coraggiosa e' proprio lei, pero' la faccio a lei per quello che rappresenta. Io in questo movimento vedo una contraddizione, vedi per esempio l'abolizione dei cappellani militari come graduati all'interno della struttura militare: e' un fatto gravissimo eppure le voci sono debolissime. Oppure il caso Zanotelli, Boff... Cosa ne pensa di questa situazione? Perche' manca la parresia di S. Paolo che rimprovera S. Pietro? - Risposta: La parresia e' questo coraggio profetico. C'e' un'icona, un'immagine bellissima, negli Atti degli Apostoli, che dice cosi'': "Pietro allora si levo' a parlare, insieme con gli altri undici e disse ad alta voce...". Questa e' la parresia: si levo' a parlare, il coraggio. Con gli altri undici indica la fermezza, la grinta, la forza. Questa e' la parresia. All'interno della chiesa vorrei ricordarvi non e' che stiamo facendo spreco di coraggio, pero' ci sono prese di posizione molto forti, come per esempio la scelta della poverta'. * Vi posso dire quest'episodio, a cui ho accennato, della citta' di Ruvo con i suoi appartamenti, del capitolo cattedratico: abbiamo fatto una scelta fortissima, bellissima. Erano successi dei diverbi proprio all'interno della chiesa che sono durati piu' di un anno ed io avevo scritto ai sacerdoti: "Mi sembra gia' di vedere nella nostra citta' l'emergere di una chiesa piu' libera, sobria, vigilante, non ubriaca di potere, una chiesa di viandanti con la cintura ai fianchi e le lampade accese, una chiesa che ama la mobilita' delle tende e la leggerezza dello zaino piu' che la pietrificazione delle sue dimore e i Tir delle sue stupide suppellettili. Una chiesa che alla corazza di Golia preferisce la fionda di David, senza neppure i ciottoli del torrente. Una chiesa povera, non omologata alla logica del denaro, non garantita ne' dall'oro ne' dall'argento ma ricca unicamente del nome di Gesu'. Una chiesa che non attende all'accumulo delle cose e dei campi ma che attende il regno di Dio e lo annuncia come un nuovo raccolto di speranza. Una chiesa che non si limita a fare beneficenza ma che diventa coinquilina degli oppressi, abitando nei sotterranei della storia piuttosto che nei palazzi del potere. Coraggio miei cari sacerdoti, non abbiate paura di assumere la poverta' come principio ermeneutico della vostra strategia pastorale. Ecco allora quello che vi propongo. (Proponevo ai sacerdoti proprietari di tanti appartamenti, di consegnarne gratuitamente cinque alle famiglie piu' povere della nostra citta'). Coraggio, se il vescovo non e' stato seguito sui sentieri del cosiddetto buon senso non c'e' da rammaricarsi piu' che tanto. Il vescovo non e' specialista in buon senso; non seguitelo pero' sulla strada della rinuncia profetica, potrebbe lasciarvi il rimorso di non aver dato ascolto al Vangelo. Oggi e' San Lorenzo, il diacono martire della Caritas romana; all'imperatore che gli chiedeva di consegnargli i tesori della chiesa indicando i suoi poveri esclamo': Ecco i tesori eterni che non diminuiscono mai e che fruttano sempre. Miei cari fedeli, questi tesori, i poveri, teniamoceli, siamone gelosi, facciamo carte false per non perderli, curiamone l'accatastamento presso le nostre comunita', non permettiamone in nessun modo la messa in liquidazione e contestiamo contro tutti gli uffici della terra che vogliono intestarli sotto altra ditta. Gli altri tesori, quelli di pietra, diamoli senza paura. Il Signore che non ha fatto mancare la sua presenza in questa chiesa quando era ricca, non potra' lasciarla sola ora che, per seguire Lui piu' da vicino, si spoglia di tutti i suoi beni. Non temere piccolo gregge, sopraggiungono tempi nuovi lo sento; forse questa lacerazione sta addirittura accelerando l'arrivo e un giorno la vedremo come una semplice crisi di crescita che ci ha fatto soffrire, si', ma in fondo ci ha fatto diventare piu' uniti, anche nella fede. Apriamoci alla novita' imprevedibile di Dio, la nostra non e' la strada della sicurezza ma la strada della graticola, il cui fuoco lento brucera' tutte le nostre cupidigie". * Nella chiesa si stanno facendo cose incredibili. Io vedo che ci sono gesti favolosi all'interno della comunita', questo volontariato che sta scoppiando da tutte le parti... Per quanto riguarda certe scelte, la scelta dei cappellani militari, penso che arriveremo anche li' al momento in cui i nostri soldati saranno serviti pastoralmente all'interno del territorio dove si trovano. Dico "penso", perche' e' opinabile. Non saranno piu' inseriti nel contesto della gerarchia militare, perche' effettivamente e' una cosa che fa un pochettino soffrire. Comunque dobbiamo accettare anche la lentezza della maturazione di certi temi, dobbiamo far maturare la base. Giorni fa e' venuta una signora: - Aiutami sono stata sfrattata da casa. Ero li' da 19 anni... ora mia figlia ne ha 18, e' nata li' e fra giorni si sposa. Io vorrei chiedere alla proprietaria che mi lasci stare almeno un mese perche' mia figlia vuole uscire con l'abito da sposa dalla casa in cui e' nata! - Signora, ma lei ha il diritto alla proroga... - No, perche' e' l'ultima ingiunzione che mi e' arrivata, pero' se interviene lei... - Ma io non la conosco... Ho telefonato: Pronto? - Pronto - Sono il vescovo... -Come mai? Mi dica... -Vorrei chiederle un favore; c'e' la signora... -Non me ne parli. - Mi ascolti, signora, almeno la proroga di un mese... - Non c'e' niente da fare. Non c'e' stato niente da fare, ho abbassato il telefono sconsolato... la signora era in lacrime... poi pero' abbiamo trovato una casa. Due giorni dopo sono andato a celebrare in una parrocchia. Dopo la celebrazione e' arrivata in sagrestia una signora che ha detto: Mi deve scusare, sa, sono la padrona della casa; non c'e' niente da fare. - Va be', ma per un mese... - Si', lo so, ma se a questa gente non si da' una lezione non impara mai. Poi ha detto: Scusi, ho fatto la comunione questa mattina, la posso ripetere stasera? Ho detto: Signora, ma lei vuole tutto doppio? Lasci fare, una basta... Non ho avuto la prudenza del vescovo perche' c'era anche altra gente; penso che qualcuno, almeno il sagrestano, abbia imparato che certe cose bisogna dirle nella chiesa senno' Gesu' Cristo, nel quale crediamo, il nostro indefettibile amore Gesu' Cristo, non puo' essere contento; dice: voi dite in un modo e poi fate in un altro, ma che razza di cristiani siete? Queste maturazioni avvengono dalla base. Adesso per quanto riguarda i cappellani militari c'e' anche tutto un movimento; con l'andare del tempo io sono convinto che ci saranno veramente tempi nuovi, di maggiore liberta'. Acceleriamo anche con il nostro impegno e per chi crede anche con la nostra preghiera. * - Domanda: Lei ha parlato anche di disarmo; io sono pero' convinto che il disarmo unilaterale non sia praticabile... - Risposta: Il disarmo unilaterale a livello di nazioni corrisponde al perdono a livello individuale. Nel Vangelo si parla di perdono. Il perdono e' il disarmo unilaterale incondizionato. La via profetica oggi laddove non e' possibile altra soluzione, e' predicare anche il disarmo unilaterale perche' non e' la quantita' delle armi ma la logica stessa della violenza che Gesu' Cristo ha bocciato in radice. Io non capisco come mai ci siano tanti che non derivano da matrice cristiana e sono predicatori della nonviolenza e noi credenti facciamo fatica. Quel documento che ho detto della Caritas speriamo possa uscire presto, perche' cadrebbe cosi' anche l'obiezione dei cappellani militari. In questo documento si dice che e' scandaloso come mai oggi nelle comunita' cristiane il discorso della nonviolenza attiva non sia ancora penetrato. Su questo discorso e' chiaro che bisogna fare delle scelte molto precise. (Parte seconda - fine) 5. MAESTRE. SIMONE WEIL: I SIGNIFICATI [Da Simone Weil, Quaderni, IV, Adelphi, Milano 1993, p. 413. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] L'azione su se stessi, l'azione sugli altri consiste nel trasformare i significati. 6. MAESTRE. VANDANA SHIVA: PER REAGIRE ALLA FRAMMENTAZIONE [Da Vandana Shiva, Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005, pp. 119-120. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005] Per reagire alla frammentazione provocata dalle varie forme di fondamentalismo abbiamo bisogno di un nuovo paradigma, di un nuovo movimento che ci permetta di passare dalla cultura imperante e onnipresente della violenza, della distruzione e della morte a quella della nonviolenza, della pace creativa e della vita. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1146 del 16 dicembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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