[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Nonviolenza. Femminile plurale. 39
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 39
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 24 Nov 2005 15:42:21 +0100
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 39 del 24 novembre 2005 In questo numero: 1. Un appello dal mondo dell'Universita' e della ricerca per Rita Borsellino 2. Simone Weil: Giorno che sorgi... 3. Chiara Zamboni: Pubblici legami d'amore e d'amicizia 4. Emily Dickinson: C'e' una solitudine di spazio 5. Ida Dominijanni: Una donna sola. Solo una donna 6. Hannah Arendt: Stanchezza 7. Maria Laura Lanzillo: Laicita' e infinito 1. APPELLI. UN APPELLO DAL MONDO DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA PER RITA BORSELLINO [Dal sito www.ritapresidente.it riprendiamo l'appello promosso da numerosi rappresentanti del mondo dell'Universita' e della ricerca a sostegno della candidatura di Rita Borsellino alla presidenza della Regione Sicilia. Per aderire all'appello: comitati at ritapresidente.it Rita Borsellino, sorella del magistrato Paolo Borsellino assassinato dalla mafia, e' da molti anni insieme a don Luigi Ciotti la principale animatrice dell'associazione "Libera", la principale rete dei movimenti della societa' civile impegnati contro la mafia. Per coordinare e diffondere le informazioni sulla campagna a sostegno della candidatura di Rita Borsellino a presidente della Regione Sicilia e' attivo il sito: www.ritapresidente.it] Rita presidente, per una Sicilia migliore Se cambia la Sicilia, cambia l'Italia. Ci sara' piu' democrazia e liberta', piu' giustizia, piu' sviluppo e solidarieta'. Da sessant'anni i siciliani sono stati governati, tranne rarissime eccezioni, dalla stessa parte e dalla stessa cultura politica. E in politica, sessant'anni sono un'eternita' che nessuno al mondo sopporterebbe. E' dunque ora di cambiare, di rompere questa tradizione di immobilita' e di assicurare una svolta storica al governo dell'isola. Il segno concreto di questo mutamento puo' essere dato dall'elezione di una presidente della Regione che rappresenti un vero e significativo elemento di novita' e discontinuita' col passato, che dia garanzie di coerenza e rigore, che restituisca ai siciliani la certezza dei propri diritti e la fiducia nelle regole. Se dovesse venire a mancare questo forte elemento di cambiamento, il centrosinistra potra' forse raccogliere una manciata di consensi in piu', ma la Sicilia continuera' ad essere sempre piu' inchiodata al suo passato. Per queste ragioni, noi riteniamo che Rita Borsellino sia il candidato ideale alla presidenza della Regione Siciliana e che, con il contributo di tutti i siciliani liberi, possa vincere questa difficile scommessa con la storia. * Primi firmatari dell'appello (altre adesioni possono essere inviate all'indirizzo e-mail: comitati at ritapresidente.it): Roberto Albano, Universita' di Torino; Ferdinando Albegiani, Universita' di Palermo; Luisa Amenta, Universita' di Palermo; Aurelio Angelini, Universita' di Palermo; Fabio Armao, Universita' di Torino; Pier Francesco Asso, Universita' di Palermo; Massimo Attanasio, Universita' di Palermo; Laura Balbo, Universita' di Padova; Monica Bacchi, Universita' di Reggio Calabria; Franca Balsamo, Universita' di Torino; Arnaldo Bagnasco, Universita' di Torino; Donatella Barazzetti, Universita' della Calabria; Silvano Belligni, Universita' di Torino; Carmen Belloni, Universita' di Torino; Sonia Bertolini, Universita' di Torino; Maria Luisa Bianco, Universita' del Piemonte Orientale; Luigi Bobbio, Universita' di Torino; Sergio Bonanzinga, Universita' di Palermo; Elia Bosco, Universita' di Torino; Nicoletta Bosco, Universita' di Torino; Luciano Burderi, Universita' di Cagliari; Alberto Burgio, Universita' di Bologna; Mario Caciagli, Universita' di Firenze; Antonella Camarrotta, Universita' di Messina; Giuseppe Campione, Universita' di Messina; Sabina Canobbio, Universita' di Torino; Eugenio Caponetti, Universita' di Palermo; Gianna Cappello, Universita' di Palermo; Vincenza Capursi, Universita' di Palermo; Marcello Carammia, Universita' di Siena; Renzo Carriero, Universita' di Torino; Caterina Carta, Universita' di Siena; Benedetto Colajanni, Universita' di Palermo; Andrea Consiglio, Universita' di Palermo; Dalit Contini, Universita' di Torino; Salvatore Costantino, Universita' di Palermo; Mario Cottone, Universita' di Palermo; Franco Crespi, Universita' di Perugia; Gabriella D'Agostino, Universita' di Palermo; Mari D'Agostino, Universita' di Palermo; Italia Di Liegro, Universita' di Palermo; Franco Di Maria, Universita' di Palermo; Paolo Di Motoli, Universita' di Torino; Alessandra Dino, Universita' di Palermo; Mauro Di Meglio, Universita' Orientale di Napoli; Tiziana Di Salvo, Universita' di Palermo; Angela Maria Di Vita, Universita' di Palermo; Angelo D'Orsi, Universita' di Torino; Giuseppe Failla, Universita' di Reggio Calabria; Raffaella Ferrero Camoletto, Universita' di Torino; Giovanni Fiandaca, Universita' di Palermo; Lorenzo Fischer, Universita' di Torino; Maria Grazia Fischer, Universita' di Torino; Sonia Floriani, Universita' della Calabria; Lucia Fontanella, Universita' di Torino; Guido Formigoni, Universita' di Milano Iulm; Maurizio Franzini, Universita' La Sapienza; Anna Carola Freschi, Universita' di Bergamo; Dora Gambardella, Universita' "Federico II"; Alessandro Genco, Universita' di Palermo; Epifania Giambalvo, Universita' di Palermo; Nicola Gullo, Universita' di Palermo; Francesco Indovina, Universita' di Venezia Iuav; Paolo Jedlowski, Universita' Orientale di Napoli; Pina Lalli, Universita' di Bologna; Salvatore La Mendola, Universita' di Padova; Antonio La Spina, Universita' di Palermo; Alberto Lombardo, Universita' di Palermo; Fabio Lo Verde, Universita' di Palermo; Girolamo Lo Verso, Universita' di Palermo; Adriana Luciano, Universita' di Torino; Salvatore Lupo, Universita' di Palermo; Caterina Mammina, Universita' di Palermo; Renata Mancuso, Universita' di Palermo; Alessandra Marilli, Universita' di Siena; Monica Massari, Universita' della Calabria; Maria Fatima Massenti, Universita' di Palermo; Alfio Mastropaolo, Universita' di Torino; Vito Matranga, Universita' di Palermo; Antonella Meo, Universita' di Torino; Vittorio Mete, Universita' di Firenze; Giuseppe A. Micheli, Universita' Cattolica di Milano; Elena Mignosi, Universita' di Palermo; Valeria Militello, Universita' di Palermo; Andrea Millefiorini, Universita' di Teramo; Enzo Mingione, Universita' Bicocca - Milano; Paola Misso, Universita' di Palermo; Enrica Mordicchio, Universita' "Federico II" Napoli; Lorenzo Mosca, Istituto Universitario Europeo - S. Domenico di Fiesole; Vito Muggeo, Universita' di Palermo; Manuela Naldini, Universita' di Torino; Aldo Nemesio, Universita' di Torino; Federico Neresini, Universita' di Padova; Salvatore Nicosia, Universita' di Palermo; Guido Ortona, Universita' del Piemonte Orientale; Francesco Pallante, Universita' di Torino; Gianfranco Pasquino, Universita' di Bologna; Ercole Giap Parini, Universita' della Calabria; Marco Pavone, Universita' di Palermo; Alberto Pelissero, Universita' di Torino; Raffaele Pesenti, Universita' di Palermo; Paolo Pezzino, Universita' di Pisa; Francesca Piazza, Universita' di Palermo; Roberto Pirrone, Universita' di Palermo; Franco Prina, Universita' di Torino; Francesco Ramella, Universita' di Urbino; Francesco Raniolo, Universita' di Catania; Claudio Riolo, Universita' di Palermo; Alberto Roccella, Universita' Statale di Milano; Sergio Roda, Universita' di Torino; Edoardo Rotigliano, Universita' di Palermo; Giovanni Ruffino, Universita' di Palermo; Giuseppe Ruvolo, Universita' di Palermo; Chiara Saraceno, Universita' di Torino; Domenico Schillaci, Universita' di Palermo; Rocco Sciarrone, Universita' di Torino; Attilio Scuderi, Universita' di Catania; Renate Siebert, Universita' della Calabria; Domenico Sinagra, Universita' di Palermo; Andrea Spreafico, Universita' di Roma Tre; Luca Storti, Universita' di Torino; Tullio Telmon, Universita' di Torino; Alessandro Tesauro, Universita' di Palermo; Paola Torrioni, Universita' di Torino; Nicola Tranfaglia, Universita' di Torino; Filippo Tronconi, Universita' di Siena; Alberto Tulumello, Universita' di Palermo; Benedetto Villa, Universita' di Palermo; Costantino Visconti, Universita' di Palermo; Alessandro Vitale Brovarone, Universita' di Torino; Giovanni Vecchio, Universita' La Sapienza; Maria Antonietta La Barbera, Universita' di Palermo; Luciano Granozzi, Universita' di Catania; Maurizio Piccinini, Universita' di Bologna; Francesco Augurio, Universita' di Napoli; Marianna Lauricella, Universita' di Palermo; .Grazia Indovina, Universita' di Palermo; Franca Alacevich, Universita' di Firenze; Oreste Massari, Universita' La Sapienza; Giorgio Schifani, Universita' di Palermo; Mario Giacomarra, Universita' di Palermo; Gioacchino Greco, Universita' di Palermo; Piero Fantozzi, Universita' della Calabria; Mario Cardano, Universita' di Torino; Francesco Remotti, Universita' di Torino; Pier Paolo Viazzo, Universita' di Torino; Angela Perulli, Universita' di Firenze; Pietro Causarano, Universita' di Firenze; Alessandro Rovinetti, Universita' di Bologna; Carlo Rossetti, Universita' di Parma; Carlo Baccetti, Universita' di Firenze; Francesco Vigo, Universita' di Catania; Santi Rizzo, Universita' di Palermo; Ferdinando Lo Cascio, Universita' di Palermo; Oreste Massari, Universita' La Sapienza; Angela Perulli, Universita' di Firenze; Pietro Causarano, Universita' di Firenze; Massimo Schiliro', Universita' di Catania; Massimo Costa, Universita' di Palermo. 2. POESIA E VERITA'. SIMONE WEIL: GIORNO CHE SORGI... [Da Simone Weil, Venezia salva, Adelphi, Milano 1987, 1994, p. 106: e' il monologo di Violetta che conclude l'incompiuta tragedia weiliana; l'edizione italiana e' curata da Cristina Campo. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] Giorno che sorgi puro, sorridere sospeso Sulla citta' d'un tratto e i suoi mille canali, Quanto agli umani che accolgono la tua pace Vedere il giorno e' soave! Il sonno mai mi aveva colmato Come stanotte e dissetato il cuore. Ma il giorno dolce ai miei occhi e' venuto, Dolce piu' del mio sonno! Ecco, il richiamo del giorno tanto atteso Tocca la citta' tra le acque e la pietra. Un fremito nell'aria ancora muta Sorge per ogni dove. Vieni e vedi, citta', la tua gioia ti attende, Sposa dei mari, vedi, lontano e piu' vicino, Tanti flutti rigonfi di sussurri felici Benedirti al risveglio. Sul mare si distende lentamente la luce. Tra un attimo la festa colmera' i nostri voti. Il mare calmo attende. O bellezza sul mare Dei raggi dell'aurora! 3. RIFLESSIONE. CHIARA ZAMBONI: PUBBLICI LEGAMI D'AMORE E D'AMICIZIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 novembre 2005. Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio all'Universita' di Verona, partecipa alla comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le opere di Chiara Zamboni: Favole e immagini della matematica, Adriatica, 1984; Interrogando la cosa. Riflessioni a partire da Martin Heidegger e Simone Weil, IPL, 1993; L'azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994; La filosofia donna, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997. Su Mary Daly riportiamo alcuni stralci da una breve nota di Luciana Percovich del 2002: "Mary Daly e' tra le piu' potenti creatrici di pensiero, linguaggio e visione generate dal Movimento Femminista degli anni '70. Filosofa, teologa, femminista radicale, ha pubblicato fino ad oggi sette libri: The Church and the Second Sex, 1968; Beyond God the Father: toward a Philosophy of Women's Liberation, 1973; Gyn/Ecology: the Metaethics of Radical Feminism, 1978; Pure lust: Elemental Feminist Philosophy, 1984; Websters' First New Intergalactic Wickedary of the English Language, 1987; Outcourse: the Be-Dazzling Voyage, 1992; Quintessence: Realizing the Archaic Future, 1998. Per molti anni docente di Etica Femminista al Boston College, Massachusetts, da cui e' stata licenziata e chiusa letteralmente fuori dal suo ufficio"; per piu' ampie notizie si veda il profilo in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 21 del maggio 2005. Su Gianni Vattimo dal sito www.giannivattimo.it riprendiamo la seguente scheda: "Gianni Vattimo e' nato nel 1936, a Torino, dove ha studiato e si e' laureato in filosofia; ha poi seguito due anni i corsi di Hans Georg Gadamer e Karl Loewith all'universita' di Heidelberg. Dal 1964 insegna all'Universita' di Torino, dove e' stato anche preside della facolta' di Lettere e filosofia. E' stato visiting professor in alcune universita' americane (Yale, Los Angeles, New York University, State University of New York) e ha tenuto seminari e conferenze in varie universita' di tutto il mondo. Negli anni Cinquanta ha lavorato ai programmi culturali della Rai. E' membro dei comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere; e' socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino. Laurea honoris causa dell'Universita' di La Plata (Argentina, 1996). Laurea honoris causa dell'Universita' di Palermo (Argentina, 1998). Laurea honoris causa dell'Universita' di Madrid (2003). Grande ufficiale al merito della Repubblica italiana (1997). Attualmente e' vicepresidente dell'Academia de la Latinidade. Nelle sue opere, Vattimo ha proposto una interpretazione dell'ontologia ermeneutica contemporanea che ne accentua il legame positivo con il nichilismo, inteso come indebolimento delle categorie ontologiche tramandate dalla metafisica e criticate da Nietzsche e da Heidegger. Un tale indebolimento dell'essere e' la nozione guida per capire i tratti dell'esistenza dell'uomo nel mondo tardo moderno, e (nelle forme della secolarizzazione, del passaggio a regimi politici democratici, del pluralismo e della tolleranza) rappresenta per lui anche il filo conduttore di ogni possibile emancipazione. Rimanendo fedele alla sua originaria ispirazione religioso-politica, ha sempre coltivato una filosofia attenta ai problemi della societa'. Il "pensiero debole", che lo ha fatto conoscere in molti paesi, e' una filosofia che pensa la storia dell'emancipazione umana come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che favorisce il superamento di quelle stratificazioni sociali che da questi derivano. Con il piu' recente "Credere di credere" (Garzanti, Milano 1996) ha rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia cristiana per la post-modernita'. Una riflessione che continua nelle ultime pubblicazioni quali Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000 (Garzanti, Milano 2001), Vocazione e responsabilita' del filosofo (Il Melangolo, Genova 2000) e Dopo la cristianita'. Per un cristianesimo non religioso (Garzanti, Milano 2002). Recentemente ha pubblicato Nichilismo ed emancipazione (Garzanti, Milano 2003). Con la volonta' di battersi contro i dogmatismi che alimentano violenze, paure e ingiustizie sociali si e' impegnato in politica... [anche come eurodeputato]. Collabora come editorialista a La Stampa, Il Manifesto, L'Unita', L'Espresso, El Pais e al Clarin di Buenos Aires". Michel Foucault, filosofo francese (Poitiers 1926 - Parigi 1984), critico delle istituzioni e delle ideologie della violenza e della repressione. Opere di Michel Foucault: Storia della follia nell'eta' classica, Rizzoli; Raymond Roussel, Cappelli; Nascita della clinica, Einaudi; Le parole e le cose, Rizzoli; L'archeologia del sapere, Rizzoli; L'ordine del discorso, Einaudi; Io, Pierre Riviere..., Einaudi; Sorvegliare e punire, Einaudi; La volonta' di sapere, Feltrinelli; L'uso dei piaceri, Feltrinelli; La cura di se', Feltrinelli. Cfr. anche i tre volumi di Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste, Feltrinelli. In italiano sono stati pubblicati in volume anche molti altri testi e raccolte di interventi di Foucault, come Malattia mentale e psicologia, Cortina; Questa non e' una pipa, Serra e Riva, Scritti letterari, Feltrinelli; Dalle torture alle celle, Lerici; Taccuino persiano, Guerini e associati; e varie altre raccolte di materiali, trascrizioni di conferenze, seminari. Opere su Michel Foucault: tra le molte disponibili segnaliamo Stefano Catucci, Introduzione a Foucault, Laterza; Vittorio Cotesta, Linguaggio, potere, individuo, Dedalo; Hubert L. Dreyfus, Paul Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, Ponte alle Grazie; Didier Eribon, Michel Foucault, Flammarion; Francois Ewald, Anatomia e corpi politici. Su Foucault, Feltrinelli; Jose' G. Merquior, Foucault, Laterza; Judith Revel, Foucault, le parole e i poteri, Manifestolibri; Paolo Veronesi, Foucault: il potere e la parola, Zanichelli; cfr. anche il recente volume di "Aut aut", n. 232, settembre-ottobre 2004, monografico su Michel Foucault e il potere psichiatrico] "Quelli come noi che son venuti su un po' strani", cantava Claudio Lolli in un disco che ho amato molto. E per questa stranezza, per questo senso di inquietudine, di essere sempre leggermente fuori posto, e per la scommessa che di questa stranezza si potesse fare una invenzione politica, non da sola, ovviamente, ma nell'agire con altre e con altri, e' passata una parte della mia vita. Cosi' mi sento ancora una volta fuori posto, a disagio rispetto alla piega che ha preso la discussione sui patti di convivenza. Come ha segnalato Nichi Vendola su "la Repubblica" di qualche tempo fa, accanto al matrimonio c'e' in Italia una grande proliferazione di forme di relazioni amorose e di convivenza che sfuggono al matrimonio: etero, gay, coppie fondate su un semplice patto di mutua assistenza. Questa molteplicita' di forme provoca tutti, laici e cattolici, a interrogarsi su che cosa sia oggi amore, impegno alla fedelta', legame tra affetto, sessualita' e amicizia. I patti di convivenza dunque non inventano un fenomeno, ma danno delle garanzie sacrosante a donne e uomini che incontriamo dappertutto accanto a noi. Il mio disagio non riguarda certo la richiesta di garanzie essenziali come la possibilita' di assistere la compagna o il compagno in situazioni di emergenza, ottenendo licenze dal lavoro di solito permesse solo per i famigliari, oppure di avere garantita la possibilita' di continuare ad abitare la casa che si viveva in comune, o una certa sicurezza economica: tutte questioni materiali fondamentali, che toccano la vita quotidiana di queste coppie. Quello che mi inquieta e' che nella discussione sulle varie proposte di legge in discussione, il metro di riferimento sia sempre il matrimonio. Sui giornali ho visto tabelle che a sinistra collocano il matrimonio con i suoi diritti e poi, via via, da sinistra a destra le proposte di Pacs piu' vicine al matrimonio quanto a diritti garantiti. Dove e' evidente l'idea suggerita: quelle piu' vicine sarebbero, per cosi' dire, piu' progressiste e coraggiose, quelle piu' lontane timorose e un po' oscurantiste. Di modo che l'unica misura della discussione risulta essere comunque il matrimonio, la famiglia e i diritti ottenibili dallo stato. Bene, se dovevamo fare nella nostra vita un percorso cosi' lungo di sperimentazione di forme diverse di vita - con tutti gli errori, nel senso dell'errare e del camminare un po' a caso che questo ha comportato -, per ritrovarci poi col matrimonio come unica misura di valutazione di questa sperimentazione, penso che il motivo della mia delusione sia evidente. Non sto tanto parlando a favore o contro la famiglia, sto suggerendo che "l'esser venuti su un po' strani" lo abbiamo mostrato in pratiche, in scelte, in azioni politiche in sintonia con la sfera affettiva dell'amicizia e dell'amore. Senza separare troppo l'una dall'altro. E che dare spazio di invenzione a modi di amarsi nuovi e diversi, puo' aprire una campo di liberta' e di pensiero per le ragazze e i ragazzi che iniziano ora a orientarsi nelle loro scelte esistenziali. Forse sono stata facilitata in questo dall'essere donna, dal fatto che per le donne della mia generazione ci sono stati diversi percorsi, coinvolti direttamente o indirettamente nel femminismo, cioe' in una vera e propria rivoluzione nel modo di vivere gli affetti, la sessualita', l'amicizia, nel modo di pensare i rapporti d'amore con le donne e gli uomini. Il parlare di erotismo diffuso non sfociava inevitabilmente in una esperienza sessuale, ma ne apriva la porta a chi voleva sperimentarla. Erano gli anni in cui Mary Daly, una teologa cattolica, femminista e lesbica, scriveva in Al di la' di Dio Padre che la contrapposizione tra eterosessuali e omosessuali faceva il gioco del patriarcato separando le donne tra loro. Il femminismo ha modificato profondamente il nostro presente, segnandolo in modo irreversibile. Oggi ci sono pensatori che si esprimono in modo simile. Gianni Vattimo ad esempio ha scritto recentemente in La gaia utopia che, di fronte all'alternativa tra il pragmatismo di quella parte del movimento gay che chiede piu' diritti cercando di riprodurre nei rapporti omosessuali la "normalita'" del matrimonio da una parte, e dall'altra l'ansia rivoluzionaria di trasformare alla radice la societa', la sua vocazione e' quella profetica. Nel senso che la vocazione omosessuale, vissuta non come una faccenda superficiale, implica la messa in discussione di molte piu' cose di quante non si creda e non si vorrebbe. Porta ad uno sguardo di verita'. In lui, come anche in Michel Foucault, e' presente la tensione verso una apertura creativa di azione e di pensiero, che, pur appoggiando la questione dei diritti, li mette sullo sfondo. Non ne fa il centro del discorso. In una intervista del 1984 Foucault invita a non chiudersi nella difesa di una identita' gay: piuttosto ad inventare nuove forme di vita, di rapporti, di amicizia nella societa', nell'arte, nella cultura. Per un divenire trasformativo: il movimento omosessuale ha bisogno di trovare una vera e propria arte di vivere. E i passaggi essenziali sono quelli di mettere al centro un piacere non ossessivamente identificato con la sessualita' e un senso nuovo e sperimentale di amicizia. Proprio questo e' mancato nel dibattito sui patti di convivenza: un pensiero che apra ad un senso nuovo dell'amore, visto nella prospettiva piu' ampia dell'amicizia. E il fatto che questo amore-amicizia possa prendere piu' forme, nelle quali c'e' comunque piacere, erotismo, senza escludere, ma senza identificarlo con la sessualita'. Credo che in molti che scelgono la via di legami diversi da quello del matrimonio vi sia il desiderio di altro, la fedelta' profonda ad un sogno non ancora sognato, che porta a compiere scelte nella propria vita materiale in un processo non lineare, pieno di svolte e di ripensamenti. Certo anche per queste diverse forme di convivenza c'e' bisogno di una condivisione pubblica, di modo che il legame intimo, in cui si e' impegnati interiormente, si inscriva nel simbolico. Ma a chi desideriamo veramente affidare la forza di uno sguardo altro, che ci rimandi simbolicamente l'esistenza pubblica di tale legame? Pensare di affidarlo alle istituzioni impersonali dello stato significa evitare questa domanda. Che e' comunque una domanda difficile, perche' porta a chiederci che cosa sia autenticamente spazio pubblico, relazione di visibilita' allo sguardo degli altri, e come e in quali modi sia per noi necessario, possibile, desiderabile esserci. 4. POESIA E VERITA'. EMILY DICKINSON: C'E' UNA SOLITUDINE DI SPAZIO [Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1658, riprendiamo il seguente testo, nella traduzione di Mario Luzi. Emily Dickinson (Amherst, Massachusetts, 1830-1886) e' una delle piu' grandi voci poetiche che l'umanita' abbia avuto; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo a fronte (tra cui quella integrale, diretta da Marisa Bulgheroni, da cui citiamo); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002] C'e' una solitudine di spazio, una solitudine di mare, una di morte, ma faranno lega tutte quante a paragone con quell'estremo punto, quella polare ritrosia di un'anima ammessa a se medesima. Finita infinita'. 5. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: UNA DONNA SOLA. SOLO UNA DONNA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 novembre 2005. Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale femminista] Una donna e' una donna e' una donna, e se il sostantivo avesse lo stesso contenuto universale del sostantivo "uomo" non ci sarebbe bisogno di aggiungere aggettivi. Ma non ce l'ha, e si vede dal testo sgrammaticato ma verace del discorso pubblico sull'aborto di questi giorni (e degli ultimi trent'anni). Nel quale "una donna" diventa spesso e volentieri "una donna sola", e quel "sola" sta, secondo i casi, per: mancante (dell'uomo); sperduta o incapace di intendere e di volere; egoista. E' sola-mancante una donna single, cioe' non accoppiata a un marito o a un fidanzato. E' sola-sperduta una donna che deve decidere se portare avanti una gravidanza o no senza il supporto dei soldatini ciellini della vita o di qualche psicologo di stato. E' sola-egoista una donna che in queste condizioni decide di decidere lo stesso con la sua testa, e' egoista due volte se decide di abortire e tre volte se decide di farlo con la RU486 invece che chirurgicamente. In tutti e tre i casi "sola" e' sinonimo di inaffidabile. Con una significativa eccezione che diro' alla fine. Piu' della litania maschile sulla solitudine femminile, che come si sa spesso copre la candida irresponsabilita' e le ciniche fughe dei padri di fronte al concepito, mi irrita la litania femminile, che non so che cosa copra. Prendiamo la vicesindaco di Roma, petalo della Margherita nonche' voce gia' distintasi per le argomentazioni a favore della legge sulla procreazione assistita, che sull'aborto e la RU486 ha affidato di recente al "Foglio" le sue perorazioni. Con la pillola, sostiene, "si relega in solitudine quella donna che la 194, socializzandone i problemi, decide di aiutare". Ed e' solo l'inizio: "La mancata socializzazione di un problema fa mancare alla donna l'aiuto... Separarsi dal resto del mondo e vivere un disagio in solitudine non e' un rimedio... La donna isolata nel suo disagio e' una cittadina sola e piu' in pericolo. E' l'icona di tante scorciatoie. Dopo aver vissuto in un'epoca in cui tutto era politica, oggi si torna indietro. Adesso credo che la priorita' sia evitare che si affermi il contrario, che tutto appartenga alla sfera privata". Dove e' chiaro lo shifting di significato di cui sopra: da sola e sperduta, la malcapitata in questione diventa solipsista e egoista, ma inaffidabile era e inaffidabile resta. Va da se' che la contrapposizione fra RS486 e 194 e' pretestuosa: la 194 vale, per la vicesindaco di Roma, solo in quanto se ne mantenga "il fine sociale di norma a tutela della maternita'", meglio se presidiando i consultori alla Storace suppongo. * Va da se' anche qual e' l'idea della solitudine e della compagnia, della societa' e della socializzazione, che queste posizioni presuppongono. Di fronte a una maternita' desiderata o indesiderata, in verita', una donna non e' mai sola e sarebbe finalmente il caso di rovesciare questa litania pelosa nel suo contrario: c'e' sempre una madre, una sorella, un'amica, c'e' insomma quello che il lessico femminista chiama il "continuum materno". Non vederlo o svalorizzarlo o ridurlo allo zero significa riconsegnare la relazione delle donne con la maternita' nelle mani degli uomini, dei militanti ciellini e dello stato. Trovatemene una che sia d'accordo e mi ritiro in buon ordine. * Passo all'eccezione, della quale ha scritto egregiamente lunedi' su "Repubblica" Stefano Rodota' e quindi mi basta poco. L'eccezione e' stata stabilita dal comitato nazionale di bioetica, che improvvisamente, in un paese che vieta alle single sia l'adozione di bambini sia il ricorso alle tecniche di procreazione assistita, ha proposto che invece sia loro consentita l'adozione di embrioni congelati. Rodota' ci vede l'esito della nefasta filosofia, ispiratrice di tutta la legge 40, che antepone l'embrione alla donna; nonche', e piu' sottilmente, il ribaltamento del trattamento di sfavore della single, normalmente considerata sola, mancante e incapace di decisione autonoma sulla maternita', in trattamento di favore quando il suo corpo puo' servire come contenitore e incubatrice di un embrione altrimenti destinato a perdersi. E io non ho niente da aggiungere. 6. POESIA E VERITA'. HANNAH ARENDT: STANCHEZZA [Da Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt 1906-1975. Per amore del mondo, Bollati Boringheri, Torino 1990, 1994, p. 66, riprendiamo - nella traduzione di David Mezzacapa - questa poesia di Hannah Arendt dell'inverno 1923-'24 (il testo originale tedesco e' nello stesso volume alle pp. 538-539). Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Sera che discende. Come un sommesso lamento risuona nel gridio d'uccelli che io ho evocato. Grigie mura si sgretolano. Le mie mani si ritrovano. Quel che ho amato non posso tenerlo, quel che mi circonda non posso lasciare. Tutto affonda mentre sale l'oscurita'. Nulla mi sopraffa': e' ben questo il corso della vita. 7. RIFLESSIONE. MARIA LAURA LANZILLO: LAICITA' E INFINITO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 novembre 2005. Maria Laura Lanzillo, autrice di numerosi saggi di storia del pensiero politico, e' responsabile del coordinamento redazionale di "Filosofia politica". Tra le opere di Maria Laura Lanzillo: (a cura di), La questione della tolleranza, Clueb, Bologna 2003; Il multiculturalismo, Laterza, Roma-Bari 2005] L'arroganza dei neo-cons statunitensi; la legge sul velo francese; i vescovi spagnoli in rivolta contro Zapatero... e, nel cortile di casa nostra, la battaglia sul referendum contro la legge 40, lo scontro sulla pillola Ru 486, le polemiche sui Pacs... E la lista potrebbe continuare. Avvenimenti e polemiche politiche e sociali certamente molto diverse e distanti fra di loro, e che tuttavia e' possibile leggere sotto una lente comune, in quanto attraversate dallo stesso filo rosso: la questione della laicita'. La laicita' e' tornata al centro del discorso nel momento stesso in cui abbiamo assistito al rigurgito dei fondamentalismi, a una situazione - mi si passi l'esagerazione che poi tanto esagerazione non e' - da nuove guerre civili di religione, qualcosa che l'Europa e l'Occidente (intendo con questi termini meramente una locazione geografica) pensavano di essersi lasciati dietro le spalle. Se fino a qualche anno fa la laicita' non era certo un problema, ma se mai un dato di fatto acquisito, un pezzo di dna dell'ordinamento di qualsiasi stato che volesse definirsi costituzionale e democratico, da qualche tempo, e ormai ogni giorno sempre di piu', e' ridiventata un tema di discussione, anzi di aspra polemica politica, costantemente sotto assedio e a rischio di essere messa in soffitta, con l'accusa di non essere all'altezza del tempo e delle sfide che esso propone. * Ma che cos'e' la laicita'? A questo interrogativo forniscono risposta due volumi pubblicati recentemente. Uno, Le ragioni dei laici, a cura di Geminello Preterossi (Laterza, pp. 192, euro 12), raccoglie tredici voci di autorevoli studiosi - storici, giuristi, scienziati, filosofi, sociologi, antropologi - tese a ricostruire le coordinate della laicita' per difendere e riaffermare con forza la legittimita', la fisionomia culturale e l'autonomia del pensiero laico. L'altro, il numero 33 della rivista "Parolechiave" (Carocci, pp. 306, euro 19,60), e' dedicato alla ricognizione della parola, alle interpretazioni che di essa si possono dare, alle storie e ai luoghi significativi che ne connotano il bagaglio. Pur diversi nella struttura e animati da una pluralita' di voci, alcune delle quali (Massimo Rosati e Annamaria Rivera in "Parole chiave", Francesco Remotti e Ida Dominijanni in Le ragioni dei laici) non poco critiche, da prospettiva diverse, sulle magnifiche sorti della laicita', entrambi i volumi si schierano a difesa del principio. Che diventa vuoi, nelle parole di Preterossi, "un plusvalore di garanzia o, se si preferisce, un meta-valore, un contenitore che consente come nessun altro agli orientamenti piu' diversi di manifestarsi liberamente entro regole"; vuoi, come sostiene Pavone, un principio giuridico i cui frutti sono da riconoscere nella "costruzione di ordinamenti capaci di assicurare a tutti la liberta' di coscienza e, insieme, la convivenza e il confronto di convinzioni diverse e anche opposte, comprese ovviamente quelle religiose". Due volumi utili, sia per rinfrescare le coordinate storico-politico-giuridiche che determinano l'affermazione del principio di laicita' (confronta, per esempio, i saggi di Edoardo Tortarolo, Gennaro Sasso, Cesare Pianciola e Alessandro Ferrara in "Parolechiave" o quelli di Vincenzo Ferrone, Pietro Scoppola, Andrea Riccardi e Anna Foa in Le ragioni dei laici), sia per confrontare i diversi modelli di laicita' prodotti dal pensiero occidentale (da quello francese presentato in "Parole chiave" da Genevieve Abet, a quello israeliano ricostruito da David Bidussa, a quello turco presentato da Stefano Semplici, a quello italiano delineato nelle sue strutture giuridiche da Margiotta Broglio in Le ragioni dei laici, alla questione del rapporto fra islam e laicita' indagata da Khaled Fouad Allam). E a una prima lettura non si puo' che concordare con le tesi argomentate nei due volumi: il dibattito sulla laicita' non e' un dibattito di seconda fila, ma "attiene al rapporto tra religione e politica, tra etica e istituzioni pubbliche, tra secolarizzazione e modernita'" (Mariuccia Salvati, in "Parole chiave"); la nostra liberta' giuridica e politica e' assicurata anche dall'affermazione del principio di laicita' (Margiotta Broglio), dal "riconoscimento che lo Stato moderno non puo' non essere attivamente laico se vuole garantire la liberta', l'interesse e l'identita' di tutti, e che queste a loro volta possono e debbono essere plurali e concrete, inscritte nell'ordine politico ma con queste non coincidenti" (Carlo Galli, in Le ragioni dei laici); la necessita' di salvaguardare una scuola che sia realmente laica, cioe' "capace di contrastare i privilegi, che non esclude alcuno o alcuna" (Tullio De Mauro, sempre nel volume Laterza); il primato dello stato laico in quanto stato che "non impone ne' codifica i comportamenti generosi, giusti e buoni riferiti alla societa' civile; si pronuncia soltanto sulle trasgressioni e i reati previsti dai suoi codici" (Ester Fano, nella tavola rotonda che apre la rivista). * Quasi tutti i contributi arrivano alla conclusione che la difficolta' in cui oggi si dibatte il principio di laicita', il suo essere per cosi' dire in crisi e sotto assedio, deriva dal riemergere di un bisogno del sacro, da un processo di de-secolarizzazione che investe le societa' occidentali, dal rimescolamento di carte tra sfera pubblica e sfera privata, dall'avanzare di un processo di de-laicizzazione culturale (vedi in Italia la vicenda del crocifisso), che fanno della crisi della laicita' una delle spie della piu' ampia crisi della modernita' (Rosati). E di fronte alla crisi, la posizione che la maggior parte dei saggi tiene e' quella della riaffermazione della laicita': contro il riemergere dei fondamentalismi e i rischi di derive comunitarie o relativistiche, le ragioni dei laici sentono la necessita' di rispolverare l'universalismo dei principi illuministici di ragione, liberta' e uguaglianza. Eppure c'e' qualcosa che non torna in questo dibattito che, a una seconda lettura, mi e' parso un po' sterile, cioe' pieno, forse troppo, di parole e grandi principi, ma vuoto, desolantemente vuoto, di una presa d'atto delle trasformazioni materiali oggi in atto. Cio' che allora emerge tra le righe e' che non stiamo assistendo tanto alla crisi della laicita' quanto alla crisi del sistema e del senso di quella politica che anche sul valore della laicita' si fondava; una crisi dunque che riguarda lo statuto della soggettivita' e del politico. Non e' un caso, infatti, che la ripresa del tema della laicita' avvenga proprio negli anni in cui l'Occidente si sente come sfidato da cio' che da sempre costituisce il rimosso della sua storia, l'alterita' nelle sue diverse forme, e che oggi gli si manifesta non piu' solo ai confini esterni del suo spazio, ma nel suo cuore, mandando in cortocircuito le dinamiche di controllo e dominio sulle differenze di genere, di etnia, di religione, di classe, su cui aveva costruito il proprio sistema di potere. * E non e' un caso allora che gli unici due saggi abitati non da principi e valori teorizzati in astratto e generalmente applicati a un'umanita' indistinta, ma da corpi che si muovono e agiscono siano quelli dedicati da Rivera in "Parolechiave" e da Dominijanni in Le ragioni dei laici alla cosiddetta legge francese sul velo, legge che, almeno in teoria, ha riaffermato fortemente in Francia il valore costituzionale della laicita'. Come ricorda Rivera (che nel recente volume La guerra dei simboli. Veli postcoloniali e retoriche sull'alterita', Dedalo, pp. 142, euro 14, ha ripreso la propria analisi antropologica della questione del velo inserendola in un piu' ampio lavoro di svelamento delle retoriche che sottostanno a certi discorsi sul relativismo culturale, il comunitarismo, il concetto di civilta', e che nascondono pratiche al tempo stesso simboliche e materiali di razzismo e colonialismo di "noi" nei confronti degli "altri"), "al riconoscimento, enunciazione e tentativo di risoluzione dei problemi sociali reali, e' sostituita la questione del velo, che evoca e al tempo stesso esorcizza le difficolta' che incontra sia il processo di integrazione sia il conseguimento dell'uguaglianza fra i generi; e permette di squadernare l'intero repertorio dei grandi valori della Repubblica [francese]: laicita', liberta' di coscienza, uguaglianza dei sessi e cosi' via". Contro la cosiddetta cultura del velo abbiamo assistito in Francia alla riaffermazione della laicita' come principio universale e dunque neutro, buono e giusto in se', poiche' pensata come priva di cultura, quella cultura che invece ammorberebbe inevitabilmente ogni valore fondato su una fede religiosa o una tradizione ben connotata. Il pensiero dell'universalismo laico si presenta insomma come privo di interessi materiali, di pratiche di oppressione e sottomissione, alieno da qualsiasi forma di discriminazione sessuale, di fideismi e credenze. E tuttavia, proprio mentre imputa tali errori o distorsioni a tutto cio' che gli appare come diverso da se', rischia pericolosamente di trasformarsi in cio' da cui vuole fuggire, di diventare cioe' l'ultima delle fedi (o delle culture) di una modernita' in posizione difensiva. Se letto in questo luce, allora, il dibattito pubblico sulla laicita' mostra con evidenza che la societa' globale, il nostro presente, impone alla politica e al pensiero politico un salto di qualita', una discontinuita' forte rispetto alle forme novecentesche; ma allo stesso tempo mostra anche che questo salto non puo' risolversi solo nella riaffermazione della laicita' quale norma che - come in Francia - "decide" della complessita' del presente, irrigidendolo dentro maschere bianche e neutrali e disegnandone i confini. E allora concordo con Dominjanni, quando ci invita, invece che a difenderci dietro la produzione di leggi che piegano la laicita' "nel senso dell'intolleranza, della neutralizzazione e dell'assimilazione", ad aprirci ad una pratica reale di quella liberta' che nel dibattito sulla laicita' rimane troppo spesso solo principio e mai realta'. Un pensiero e una pratica della liberta' capace di stare all'altezza di alcune delle questioni che connotano il nostro vivere e che non possiamo piu' procrastinare: "la differenza sessuale e la sua significazione politica; la ridefinizione del rapporto fra sfera personale e sfera pubblica e fra corpo e norma giuridica; le dimensioni del potere che non rientrano nell'ordine politico ma nell'ordine simbolico". ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 39 del 24 novembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: La nonviolenza e' in cammino. 1124
- Next by Date: La nonviolenza e' in cammino. 1125
- Previous by thread: La nonviolenza e' in cammino. 1124
- Next by thread: La nonviolenza e' in cammino. 1125
- Indice: