La nonviolenza e' in cammino. 1105



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1105 del 5 novembre 2005

Sommario di questo numero:
1. Da Norimberga a Teheran
2. Riccardo Orioles: La solitudine e il coraggio
3. Lidia Menapace: Una favola, e una meditazione ancora
4. Alessandro Dal Lago: Una strage
5. Clive Stafford Smith: Guantanamo
6. Luisa Morgantini: Un appello per borse di studio per gli studenti e le
studentesse di Hebron
7. Enrico Peyretti: La rosa bianca
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. DA NORIMBERGA A TEHERAN

Sarebbe bello se potessimo sottovalutare le minacce genocide ripetutamente,
pubblicamente, fin solennemente enunciate dal presidente iraniano.
Sarebbe bello se potessimo pensare, come sembrano pensare molti, che si
tratti soltanto di un rigurgito di un passato ormai disfatto, come le guerre
puniche o le storie di Erodoto; di una esercitazione meramente rettorica e
del tutto dereistica; di un fantasima, una larva, in incubo che le prime
luci dell'alba dissiperanno.
Sarebbe bello. Ma non e' cosi'.
*
Perche' quelle minacce, che riprendono, aggiornano e organizzano per il
presente e per il futuro un programma che oggi pochi capi di stato e di
governo piu' s'attentano a dichiarare dinanzi alle telecamere e ai
videofonini del villaggio globale, ma che molti lasciano inciso nei libri di
testo delle scuole di ogni ordine e grado, nei programmi di partito e di
governo, e - massime - nei cassetti piu' intimi del loro sentire e volere,
ebbene, quelle minacce sono reali, meditate e concrete, e costituiscono la
chiave di volta di un disegno ideologico e di un'azione di governo e
internazionale tutt'altro che peregrina, intesa non solo e non tanto alla
costruzione del consenso e alla manipolazione delle masse a livello locale e
regionale, ma alla promozione e all'esercizio di una effettuale egemonia
politica (intendendo con cio' sia la dimensione delle alleanze di
convenienza tra gruppi di potere, sia il vincolo indotto dall'imposizione e
dall'accettazione di una rete di strategie discorsive e quindi di
rappresentazioni mentali massivamente persuasive e obbliganti) di dimensioni
che si vogliono fin planetarie, incrociando tradizioni culturali diverse e
per molti aspetti divergenti, ma unificate da quella volonta' di potenza e
dominio fino all'annientamento dell'altro che Hannah Arendt, Elias Canetti e
Tzvetan Todorov piu' di altri ci sembra abbiano adeguatamente indagato in
alcuni cruciali aspetti.
*
Quelle minacce sono un programma di governo, un programma di politica
internazionale, un programma strategico e culturale globale. Ed hanno
un'area di ascolto, un "bacino di utenza" di vastita' immensa. Che mette
insieme il razzismo classico europeo (il fascismo della romanita' - che
nessuno seppe cogliere con altrettanta chiarezza di Simone Weil -; "il
fardello dell'uomo bianco" del colonialismo rapinatore, belligeno e
onnicida; le farneticazioni assassine che da Chamberlain e Gobineau giungono
ai diligenti esecutori degli ordini dell'ordine hitleriano); il nazionalismo
dei pogrom e del knut; il cosiddetto islamismo radicale (utilizzando questa
formula per designare ovviamente altra cosa dall'islam come cultura e
tradizione religiosa, bensi' la ricezione destorificante e l'abuso perverso
e infine criminale di quella religione a fini di potere politico e
ideologico totalitario); l'antisemitismo cristiano contro cui quasi solo
Giovanni XXIII volle battersi e che ancora feroce perdura; l'apartheid che
e' oggi ideologia e politica comune soprattutto dell'Unione Europea e degli
Usa nei confronti del resto dell'umanita'; il totalitarismo che attosca
tanta parte della cosiddetta sinistra radicale e parte non piccola del
cosiddetto movimento per la pace. E si potrebbe continuare. E nel fondo, nel
cupo fondo, quell'ideologia e quel potere patriarcale che dimidia e denega
l'umanita' intera, che forse nessuno seppe denunciare con la chiarezza con
cui lo fece Virginia Woolf nelle Tre ghinee.
*
La crescita del razzismo, la pratica delle "pulizie etniche" e la diffusione
dell'apartheid e del totalitarismo sono il dato saliente di questa fase
storica: non residui del passato, ma politica dominante e largamente
condivisa dai gruppi di potere che dominano ovunque nel mondo; una politica
disumanata e sterminista che l'umanita' tutta aggredisce.
Le minacce del presidente iraniano cavalcano, esplicitano e potenziano
questa tendenza che inabissa l'umanita' nella barbarie, nella catastrofe.
La difesa del diritto di Israele ad esistere, nel momento in cui quel paese
e la sua popolazione sono ancora una volta esplicitamente, concretamente,
effettualmente minacciati di distruzione e sterminio, e' un dovere morale e
civile di ogni persona, dell'umanita' intera. Chi non se ne rende conto, o
finge di non rendersene conto, si e' gia' arreso - o peggio - alla ripresa
della Shoah.
*
Per contrapporsi alla politica del razzismo, dell'apartheid, del genocidio,
occorre una politica che inveri l'affermazione del riconoscimento di tutti i
diritti umani a tutti gli esseri umani; occorre la scelta della Resistenza
la piu' nitida e la piu' intransigente contro tutte le oppressioni e le
menzogne, contro tutte le guerre e le uccisioni, contro tutte le minacce e
le violenze: occorre la scelta teoretica e pratica, metodologica ed
empirica, morale e politica, omnicratica e giuriscostituente della
nonviolenza.

2. EDITORIALE. RICCARDO ORIOLES: LA SOLITUDINE E IL CORAGGIO
[Dalla rivista elettronica di Riccardo Orioles "La Catena di San Libero"
(per contatti e richieste: riccardoorioles at sanlibero.it) n. 307 del 25
ottobre 2005. Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio
pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido
impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha
preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra
i fondatori del settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto
per abbaiare - La Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo'
essere richiesto gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta
elettronica; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile
moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' anche la
possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso
autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra.
Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici
greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale,
giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due
libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie
eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)]

"Me ne faccio poco di questi due, tre giorni di copertura mediatica. Me ne
faccio poco della visita di Ciampi o del cordoglio politico. L'esperienza mi
ha insegnato che poi tutti torneranno a casa propria, e della Calabria non
gliene freghera' di nuovo niente a nessuno. O solo per due-tre giorni
l'anno".
*
L'assassinio del vicepresidente della Calabria Francesco Fortugno e' pari
per gravita' a quello - vent'anni fa - di Piersanti Mattarella.
Eppure, a poco piu' di una settimana, e' gia' scivolato via dalle pagine dei
giornali. "Tutti sanno chi sono i mafiosi". "Mentre a Roma si discute,
Sagunto viene espugnata". "E adesso ammazzateci tutti". "Qui e' morta la
speranza dei palermitani onesti". A distanza di tanti anni, le due
solitudini - la siciliana e la calabrese - si fondono, si fondono gli
appelli degli arcivescovi, si fonde la disperazione di quei cartelli -
"ammazzateci", "e' morta" - che gridano a tutto il paese l'orrore del vivere
sotto occupazione. Si fondono le imbarazzate risposte dei governi (ma come
si poteva prendere posizione contro Ciancimino avendo un Andreotti nel
governo? contro la mafia d'oggi avendo un partito capitanato da Dell'Utri?)
ma si fonde anche, per un momento intensissimo che spesso si paghera' con
anni e anni di traversie, la risposta degli studenti, dei giovani e
giovanissimi cittadini che nello sfacelo generale restano la' a difendere la
citta', la giustizia e i valori civili.
Adesso, nella memoria del vecchio, i visi del liceo Meli del '93 e quelli
delle scuole di Locri si confondono. Sono gli stessi ragazzi, e' la stessa
lotta. Sono i medesimi visi impauriti e coraggiosi. Sono gli stessi
politici, che vengono a portar conforto, ma poi se ne vanno. Sono le stesse
telecamere, che ronzano sui morti per terra e sui cortei ma poi - seppelliti
i cadaveri, finite le manifestazioni - se ne vanno.
E tu resti la' solo, a Palermo, a Catania, a Reggio, a Cinisi, a Locri,
avendo imparato in pochissimi giorni cio' che la tua giovane vita mai
avrebbe pensato di poter contenere: l'immensita' della solitudine, la
solidarieta' fra i pochissimi, il bruciore dell'offesa, la durezza del
compito improvviso da sostenere. Pochi giorni fa eri un ragazzo, pochi
giorni dopo sei un testimone in prima linea, senza che nessuno abbia
richiesto il tuo parere o ti abbia detto perche'. Sai solo che tu sei li',
che se  scappi tu non ti sostituira' nessun altro e che qualcosa di
antichissimo e di profondo ti impedisce, malgrado te, di scappare.
Io vorrei dire moltissime cose adesso, ma non ci riesco. So solo che capisco
perfettamente voi ragazzi calabresi. Siete noi, siamo voi. Siete quelli di
noi che erano la', in via dello Stadio a Catania o in via Carini, quando non
si sapeva ancora se si sarebbe andati avanti o tutti a casa. Quelli che gia'
un mese dopo erano dimenticati da tutti, dai politici e dai giornali, ma
erano ancora la'.
Sarebbe abbastanza facile - lo sarebbe stato allora, nell'85 e poi nel '93 e
poi ancora a fine anni Novanta - distruggere la mafia e la 'ndrangheta, che
sono spietate si' ma non sono assolutamente cosi' forti come si dice. In
Grecia hanno una legge, per cui se compri uno yacht, un palazzo, un bene
superiore a un valore fissato dalla legge, devi prima dichiarare e provare
da dove ti vengono i soldi. Una misura rozza, ma funziona. Piu' ancora
funzionerebbe il provvedimento chiesto da tutti coloro che si sono occupati
di mafia - da Pio La Torre a Umberto Santino - e cioe' la trasparenza delle
attivita' bancarie, la fine della finanza come attivita' coperta e l'obbligo
per tutti i movimenti di capitale di essere controllabili sia dalle
autorita' che dai cittadini. Sono i controlli bancari che ammazzano Cosa
Nostra. E allora perche' non li fanno? Che hanno da perdere? In fondo la
maggior parte delle banche sono oneste, no? Leggete le cronache bancarie di
queste settimane e avrete la risposta. Non si possono smascherare i soldi
della mafia senza portare alla luce del sole anche i traffici non-mafiosi.
Che non sono protetti dai killer ma da una rete di media e di politici di
efficacia non minore.
*
Le telecamere se ne vanno. Se ne va l'attenzione, che e' quella che ti
permette di restare vivo anche quest'altra settimana. I media non sono
mafiosi, ma di noi - vivi e morti - se ne fregano altamente. Anche rispetto
ai media (soprattutto rispetto ai media) siamo soli. Questa e' un'altra
lezione che abbiamo dovuto imparare allora, nel giro di pochi giorni. Ma noi
eravamo giornalisti. Sapevamo come si fa informazione. L'abbiamo fatta da
soli, in solitudine per il palazzo, ma in una rete strettissima di ragazzi,
di giovani, di centinaia e centinaia di senza-potere. Alla fine abbiamo
vinto, siamo riusciti a cacciare gli imprenditori mafiosi dalla nostra
citta'. Certo, l'abbiamo pagata. Diversi di noi ne hanno avuto la vita
rovinata, rimasti emarginati da tutto. Pero' abbiamo vinto. Non ci sono vie
facili. Pensateci.
*
Adesso, per quanto pochi, siamo ancora qui. Diteci in che cosa vi possiamo
aiutare. Se volete delle telecamere, abbiamo un amico ricco che ce le puo'
dare. Ma dovrete usarle da voi, nessun altro lo fara' al posto vostro. Se
volete stampare, e' il nostro mestiere; possiamo aiutarvi a fare un giornale
anche fra una settimana. Ma sara' un giornale povero, senza guadagni e senza
grandi firme. Se volete internet, stiamo organizzando un sito, e se volete
e' vostro. Ma non e' repubblica o libero.it o cnn, e' solo un sito di
verita' - di verita' giornalistica, non demagogica, professionale - ma non
di potere. Se volete lottare, possiamo aiutarvi - meglio di chiunque altro
in Italia - a costruirvi gli strumenti. Ma a lottare con essi - se andrete
avanti - sarete voi.
*
Per me personalmente, fra una cosa e l'altra, questi sono stati mesi di
grandi trattative: per fare giornali, siti, tv satellitari, web tv... Tutto
con gente molto per bene, persone oneste, a volte persino compagni. Ma c'era
qualcosa che non quadrava, che non capivo, e adesso - dopo Locri - l'ho
capita. Io non so fare tutte quelle cose difficili, di marketing,
"aziendali". So fare solamente queste cose qua, queste che ho sempre fatto,
che costano moltissimo per chiunque ci metta mano e che a parte cambiare il
mondo non ti portano niente. Chi ci sta? Fra un mese o un anno o fra dieci
anni, oppure ora. Nessuno, per quanto grande e importante sia, che non sia
come noi ce la puo' fare. Chi c'e', si faccia avanti: c'e' bisogno di tutto,
a Palermo, a Catania, in Italia, a Locri. Noi comunque andremo avanti anche
da soli, sempre sulla stessa strada che a nessun costo cambieremo: i pochi,
gli amici felici, i buoni.

3. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: UNA FAVOLA, E UNA MEDITAZIONE ANCORA
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per
averci messo a disposizione questo intervento. Lidia Menapace e' nata a
Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento
cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del
"Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle
donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La
maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa
in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi
libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968;
L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un
movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La
Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della
differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con
Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma
1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la
luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Mentro ero ad Atene, mi e' venuto in mente un mito, una favoletta che possa
contraddire un errore storico spacciato da tempo. Ho detto mito, favola,
cioe' uno di quei racconti che non sono storici ne' hanno coerenza
spazio-temporale precisa, pero' hanno un fondo di verita' e servono appunto
per controbattere i veri e propri errori storici spesso fabbricati anche
molto sommariamente e sostenuti dal potere, autorita', privilegio di chi li
diffonde. Invece le favole si reggono solo sulla loro gradevolezza e
razionalita' intrinseca, anche se non storica.
Faccio piu' presto a raccontarvela che ad arzigogolarci su. Stando ad Atene
in mezzo a deliziose persone politiche greche, vivaci, spiritose, ospitali,
settarie quanto basta e anche un po' di piu', sottili come bizantini (del
resto sono parenti), orgogliosi al massimo ma piacevolmente e quasi
sornionamente, insomma una goduria, mi e' tornata in mente una riflessione
che ho fatto spesso sulla tradizione culturale greca, un popolo
straordinario, hanno inventato il logos e anche il mito, la razionalita'
piu' cogente (il sillogismo) e il racconto delle passioni piu' sfrenate e
oscure, davvero un mix singolare e unico.
Dovendo poi prendere la parola a nome di alcune centinaia di persone che in
Italia si riconoscono nell'impresa della sinistra europea, ma non nel suo
solo significato partitico, bensi' con l'intenzione di costruire un piu'
ampio sistema di relazioni  politiche tra soggetti e una cultura molteplice,
ho detto per iniziare quanto segue, che sarebbe finalmente la favola.
*
Dopo una non gradevole avventura con Zeus, che le lascio' per sempre una
fondata diffidenza verso religioni dei e patriarchi, la ninfa Europa, la
fanciulla Europa sbarco' sulla terra di Grecia che divenne il luogo della
sua nascita civile e politica.
La' cresciuta, a suo tempo, con l'aiuto della madre di Socrate che era
ostetrica, mise al mondo la sua prole, cioe' appunto Logos e Mythos, e poi
anche Polis e Oiconomia e Democratia, due maschi e tre femmine giustamente.
Qui e' la nascita d'Europa, non ha radici altrove, qui il suo carattere
molteplice e laico: in fin dei conti i greci che hanno inventato quasi tutto
(persino l'antecedente di Pearl Harbour quando discutevano se si potesse
andare a incendiare le navi nemiche alla fonda nei loro porti e decisero di
no, perche' cio' che non e' onesto alla fine non puo' nemmeno essere utile,
come si vide ancora migliaia di anni dopo) sono stati poco originali solo
nella religione e le hanno anche dato un posto abbastanza marginale, insomma
hanno anche inventato la laicita'.
*
Non c'entra nulla, ma e' comunque un effetto del logos: ho sempre criticato
i palestinesi quando sostenevano di voler buttare a mare lo stato di
Israele, che pure era stato collocato con violenza e senza fondamento di
diritto internazionale sul loro territorio, dopo che noi europei avevamo
perseguitato fino al delirio dello sterminio hitleriano gli ebrei. Sono
stata molto contenta quando hanno deciso per la convivenza tra due stati. Li
ho criticati per l'uso del terrorismo e approvati per la prima Intifada, una
forma di lotta popolare nonviolenta. E giudicato negativamente Arafat quando
lancio' la seconda Intifada armata e militarista, che tra l'altro ridusse le
donne palestinesi da partecipi in prima persona e laiche a madri di eroi e
sottomesse a un destino prefissato. Ho sempre criticato lo stato di Israele
perche' usa rappresaglie, bombarda case di supposti terrorristi uccidendoli
con i loro famigliari senza processo, ha campi di concentramento, ha usato i
coloni per occupare territorio palestinese, ignora l'uso del diritto verso i
"nemici", fa muri ecc. e possiede tutto cio' che gli puo' servire per farsi
l'atomica. Sono naturalmente del tutto contraria alle espressioni del nuovo
presidente iraniano. Pero' penso che sia davvero ipocrita che lo scandalo
per le sue dissennate dichiarazioni venga lanciato da paesi che possiedono
il piu' diffuso e incontrollato arsenale atomico o lo ospitano - senza
nemmeno poterlo controllare - sul loro territorio, e addirittura sono
alleati di quell'unica potenza che fino ad oggi l'atomica e gli armamenti
nucleari li ha usati e li usa.
A quelli che ogni momento invocano le radici cristiane si dovrebbe ricordare
un racconto evangelico, quando Gesu' Cristo non si unisce a quelli che
scagliano pietre contro una adultera osservando: "Chi e' senza peccato
scagli la prima pietra", e tutti a uno a uno se ne vanno, a cominciare dai
piu' vecchi, come osserva il testo. Vale non solo per le adultere.

4. UMANITA'. ALESSANDRO DAL LAGO: UNA STRAGE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 ottobre 2005. Alessandro Dal Lago e'
docente di sociologia dei processi culturali all'Universita' di Genova,
presso la stessa Universita' coordina un gruppo di ricerca sui conflitti
globali; e' membro della redazione della rivista filosofica "aut aut", ha
curato l'edizione italiana di opere di Hannah Arendt e di Michel Foucault.
Tra le opere di Alessandro Dal Lago segnaliamo particolarmente Non-persone.
L'esclusione dei migranti in una societa' globale, Feltrinelli, Milano 1999.
Cfr. inoltre: I nostri riti quotidiani, Costa & Nolan, Genova 1995; (a cura
di), Lo straniero e il nemico, Costa & Nolan, Genova 1997; La produzione
della devianza, Ombre corte, Verona 2001; Giovani, stranieri & criminali,
Manifestolibri, Roma 2001. Polizia globale. Guerra e conflitti dopo l'11
settembre, Ombre corte, Verona 2003]

Prima o poi una strage di tali proporzioni doveva succedere. Solo la diffusa
ipocrisia contemporanea puo' attribuire i morti in Olanda a un incidente,
cosi' come e' avvenuto per i morti in Sicilia, qualche anno fa, o per casi
di soffocamento di stranieri in aereo, dovuti alle tecniche di
"contenimento". Se si crea un sistema di internamento amministrativo
sottratto a qualsiasi controllo giudiziario e affidato a specialisti della
violenza, che cosa ci si aspetta? Non e' mica necessario essere
dichiaratamente cattivi come Cheney per approvare la tortura. Basta
praticarla e poi far finta di nulla. Il fatto e' che il sistema dei centri
di internamento sta diventando un mostro che allunga i suoi tentacoli su
tutta l'Europa e su un buon numero di paesi limitrofi. I centri conosciuti
sono oggi circa 250, tra aderenti a Schengen, Turchia, Croazia, Ucraina,
Libia, Marocco e cosi' via. Parliamo solo di quelli ufficiali, ma devono
essere molti di piu' se si pensa che la Russia ne sta creando alacremente
dappertutto. Solo la Germania ne ha 45, e poi segue la Polonia con 25, la
Francia con 20, eccetera. Spesso i centri sono occultati in commissariati,
aeroporti o, come avviene in alcuni paesi dell'Est europeo, in baraccamenti
temporanei in cui nessuno puo' mettere piede.
Quanti saranno gli stranieri che vi circolano? Sicuramente diverse centinaia
di migliaia, se solo in Italia nei cosiddetti "Centri di permanenza
temporanea" (in sigla: Cpt) si internano 25.000 persone ogni anno.
Se una strage e' possibile in Olanda, che fino a poco tempo fa sembrava
un'oasi di tolleranza, che cosa succedera' in Ucraina, Russia, Libia,
Marocco? Ci siamo gia' dimenticati dei morti di Ceuta e Melilla? Se a
Lampedusa si somministrano impunemente calci e schiaffi, quante violenze e
uccisioni sono praticate in paesi agli ultimi posti delle classiche
internazionali in materia di diritti umani?
Il mostro si alimenta di una cultura, che magari non sara' quella di tutti i
suoi cittadini, ma che sembra ormai insediata stabilmente nel ceto politico
e amministrativo europeo. Qui non si tratta di fare di tutta l'erba un
fascio, ma di capire che se si comincia con le litanie della sicurezza, sui
confini, nei quartieri, nei centri storici, si avviano processi che prima o
poi sfociano nella violenza e, diciamolo pure, nel delitto.
Che fine faranno il rumeno, il lavavetri, il marocchino che butti fuori dai
salotti urbani, quando ad aspettarli ci sono queste procedure disumane, di
cui nessuno si vuole assumere la responsabilita' rifugiandosi in luoghi
comuni e nel tremendo linguaggio da commissariato (aggiungendo, ovviamente,
l'immancabile solidarieta'?). L'altra sera, sulla terza rete e' stata
trasmessa un'inchiesta sui bambini di strada di Manila, internati a migliaia
in "prigioni" in tutto e per tutto simili a porcili. In ultimo, si mostrava
un gruppo di cittadini che esigeva, letteralmente, "pena di morte per i
bambini" (anche se, finora, solo uno straniero e' stato arrestato nelle
Filippine per abusi sessuali su di loro). Siamo cosi' sicuri di essere tanto
lontani da tutto cio'?
A questo punto, qualsiasi appassionato di sicurezza mi dovrebbe chiedere: e
tu che faresti, estremista dei diritti umani, che ti disinteressi del
legittimo bisogno di quiete e sicurezza dei cittadini? E io gli direi: i 900
milioni di euro che l'Italia spende ogni anno per gli stramaledetti Cpt non
sarebbero spesi meglio per accogliere questa gente? La cifra inverosimile,
decine di miliardi, bruciata dagli astuti europei per vessare i migranti,
non sarebbe spesa meglio per farli vivere in un continente che ormai si
spinge fino al Pacifico? Miseria dell'Europa, che risponde al declino
demografico e alla sua marginalita' globale con le espulsioni e i Cpt. E
miseria di un pensiero politico che non sa inventare nulla, al di la' di
ordinanze, manganelli e sbarre alle finestre. E che apertamente incita a
"sparare", all'"alzo zero".
E per difendere che cosa, poi? L'estetica dei centri storici, l'attenzione
degli automobilisti ai semafori, il delicato olfatto dei cittadini a
passeggio. Se si pensa che queste sono dopotutto le preoccupazioni di
amministratori, sociologi e cultori della sicurezza urbana, non si puo' che
provare nostalgia per il maestro taoista che ammoniva, piu' di due millenni
fa, che il saggio governante diminuisce le leggi, se vuole diminuire i
delitti.

5. UMANITA'. CLIVE STAFFORD SMITH: GUANTANAMO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 ottobre 2005 riprendiamo il seguente
articolo tradotto da "The Nation". Clive Stafford Smith e' responsabile
legale di "Reprieve" (sito: www.reprieve.org.uk)]

"Sto morendo lentamente in solitudine dentro questa cella di carcere", dice
Omar Deghayes, rifugiato britannico e prigioniero a Guantanamo. "Non ho
diritti, non ho speranze. E allora, perche' non prendere il destino nelle
mie mani, e morire per un principio?". Oggi e' il cinquantasettesimo giorno
di sciopero della fame dei prigionieri di Guantanamo. Nel 1981, presso
Belfast, Bobby Sands e altre nove membri dell'Ira digiunarono fino a morire.
I prigionieri insistevano nell'affermare che dovevano essere trattati come
prigionieri di guerra e non come criminali. Morirono prima che il governo
britannico accettasse di riconoscere che i suoi tribunali illegali e la sua
politica di criminalizzazione non solo tradiva i principi democratici, ma
funzionava come il piu' persusasivo metodo di reclutamento che l'Ira mai
avesse avuto. Come si dimenticano presto certe lezioni. Tre anni e mezzo di
internamento a Guantanamo, e ogni pretesa degli Usa di essere il
vessillifero della legalita' e' dissolta. Ma ci sono due importanti
differenze tra l'esperienza di Sands e Omar Deghayes: i militari Usa hanno
insistito sulla segretezza riguardo a Guantanamo, e i media Usa si sono resi
complici con la loro apatia. Nonostante la tradizionale ostilita' britannica
alla liberta' di parola, ogni momento dell'agonia di Sands fu trasmesso in
diretta. Al contrario, nulla di quel che noi avvocati apprendiamo dai nostri
clienti chiusi a Guantanamo puo' essere rivelato finche' non passa per i
censori governativi. Cosi', sono passate due settimane prima che l'opinione
pubblica sapesse che era in corso uno sciopero della fame, e da allora ai
militari e' stato consentito di nascondere i particolari.
*
Fin dall'inizio Guantanamo ha contato su una comunicazione militare distorta
e piena di mezze verita'. Nel 2002 si diffuse la preoccupazione per il
numero dei detenuti che cercavano di uccidersi. I militari annunciarono che
i tentivi di suicidio erano radicalmente diminuiti. Ci volle un giornalista
straniero per far uscire la verita'. Le autorita' avevano sostituito la
parola "suicidio" con "Comportamento auto-lesivo manipolatorio"
(Manipulative Self-Injurious Behaviour - Sib) - e si erano verificati molti
Sib. I militari mentivano manipolando le parole.
Una ipocrisia simile e' in atto riguardo allo sciopero della fame iniziato
il 28 giugno. Era stato sospeso il 28 luglio, dopo le promesse fatte dai
militari, terrorizzati dalla prospettiva di avere sei prigionieri ricoverati
in ospedale e ormai a 48 ore dalla morte. Lo sciopero era ripreso l'11
agosto, quando i detenuti erano giunti alla conclusione che le promesse non
erano state mantenute.
*
Il segretario alla difesa Rumsfeld aveva insistito che i prigionieri di
Guantanamo fossero trattati in modo "conforme" alla Convenzione di Ginevra.
Per mettere fine al loro digiuno i prigionieri chiedono di essere trattati
in modo "conforme alla Convenzione di Ginevra". Se Rumsfeld dice la verita',
perche' i detenuti dovrebbero digiunare fino alla morte?
La Convenzione di Ginevra stabilisce che, a meno che non siano accusati di
un crimine, "i prigionieri di guerra non devono essere tenuti in
isolamento". Nel Campo V, si viene rinchiusi in una cella singola,
ermeticamente chiusa a ogni contatto umano, con la possibilita' di uscire
per un'ora a settimana. Tra i prigionieri, ci sono minorenni e anche Sami Al
Laithi, in sedia a rotelle, trattenuto per piu' di quattro anni dopo essere
stato giudicato innocente persino dai tribunali militari Usa (Laithi e'
stato poi rispedito in Egitto - ndr). La Convenzione proibisce interrogatori
coercitivi. I prigionieri hanno ragionevolmente protestato quando il 5
agosto Hisham Sliti si e' visto tirare addosso un minifrigorifero da un
inquisitore soprannominato King Kong. La Convenzione garantisce la liberta'
di culto religioso. Perche' allora, chiedono i detenuti, da tre anni non e'
loro consentito di incontrare un imam? Perche' la preghiera collettiva viene
limitata? E perche' un prigioniero yemenita e' stato di recente picchiato e
il suo Corano calpestato per aver chiesto di finire le preghiere prima di
rispondere alle domande di un secondino?
La conclusione e' inevitabile: i detenuti avanzano una serie di giuste
lagnanze, e Rumsfeld non dice la verita'.
*
I governi hanno appreso una lezione da Bobby Sands: egli e' famoso perche'
e' morto. I militari Usa sono decisi a non permettere ai propri prigionieri
di fare quest'ultima, tragica dichiarazione politica. Cosi' l'esercito
ammette di nutrire a forza i prigionieri. Di recente i suoi compiacenti
dottori hanno cambiato la frase in "nutrizione assistita", un altro
tentativo di nascondere la verita' su quanto sta accadendo. Durante lo
sciopero di luglio, i prigionieri hanno strappato via dalle braccia gli aghi
delle flebo, e ora i militari usano tubi nasali. Assicurano che nessuna
delle 21 persone ricoverate nell'ospedale di Guantanamo sara' in grado di
uccidersi. Qualcuno determinato a digiunare potrebbe facilmente rimuovere il
tubo, se solo avesse la liberta' di muoversi. Cosi' possiamo immaginare una
fila di 21 letti di ospedale, ciascuno con un prigioniero legato, immobile,
probabilmente sedato. Nulla che possa evocare una "nutrizione assistita".
*
Privati di diritti legali, i detenuti di Guantanamo possono fare affidamento
per la propria difesa solo sulla vigilanza dell'opinione pubblica. Questo e'
vero anche per i detenuti in Iraq, dove gli Usa dicono di essere impegnati
al rispetto della Convenzione di Ginevra ma dove di recente alcuni soldati
interrogati da Human Rights Watch hanno descritto umiliazioni sistematiche e
torture, incoraggiate dagli alti gradi militari.
L'unica soluzione duratura per gli Usa e' praticare quel che predicano,
invece di nascondere la loro ipocrisia dietro una cortina di fumo di
segretezza e manipolazioni verbali. Il rispetto dei diritti umani e' la piu'
efficace misura antiterrorismo che il governo Usa possa prendere, e in fondo
i suoi vertici lo hanno sempre saputo. Gli Stati uniti hanno firmato la
Convenzione di Ginevra piu' di 50 anni fa. Di sicuro Donald Rumsfeld ha
avuto tempo abbastanza per capire come applicarla.

6. INIZIATIVE. LUISA MORGANTINI: UN APPELLO PER BORSE DI STUDIO PER GLI
STUDENTI E LE STUDENTESSE DI HEBRON
[Da Luisa Morgantini (per contatti: lmorgantini at europarl.eu.int) riceviamo e
diffondiamo il seguente appello. Luisa Morgantini, parlamentare europea e
presidente della delegazione del Parlamento Europeo al Consiglio legislativo
palestinese, fa parte delle Donne in nero e dell'Associazione per la pace;
il seguente profilo di Luisa Morgantini abbiamo ripreso dal sito
www.luisamorgantini.net: "Luisa Morgantini e' nata a Villadossola (No) il 5
novembre 1940. Dal 1960 al 1966 ha lavorato presso l'istituto Nazionale di
Assistenza a Bologna occupandosi di servizi sociali e previdenziali. Dal
1967 al 1968 ha frequentato in Inghilterra il Ruskin College di Oxford dove
ha studiato sociologia, relazioni industriali ed economia. Dal 1969 al 1971
ha lavorato presso la societa' Umanitaria di Milano nel settore
dell'educazione degli adulti. Dal 1970 e fino al 1999 ha fatto la
sindacalista nei metalmeccanici nel sindacato unitario della Flm. Eletta
nella segreteria di Milano - prima donna nella storia del sindacato
metalmeccanico - ha seguito la formazione sindacale e la contrattazione per
il settore delle telecomunicazioni, impiegati e tecnici. Dal 1986 e' stata
responsabile del dipartimento relazioni internazionali del sindacato
metalmeccanico Flm - Fim Cisl, ha rappresentato il sindacato italiano
nell'esecutivo della Federazione europea dei metalmeccanici (Fem) e nel
Consiglio della Federazione sindacale mondiale dei metalmeccanici (Fism).
Dal novembre del 1980 al settembre del 1981, in seguito al terremoto in
Irpinia, in rappresentanza del sindacato, ha vissuto a Teora contribuendo
alla ricostruzione del tessuto sociale. Ha fondato con un gruppo di donne di
Teora una cooperativa di produzione, "La meta' del cielo", che e' tuttora
esistente. Dal 1979 ha seguito molti progetti di solidarieta' e cooperazione
non governativa con vari paesi, tra cui Nicaragua, Brasile, Sud Africa,
Mozambico, Eritrea, Palestina, Afghanistan, Algeria, Peru'. Si e' misurata
in luoghi di conflitto entro e oltre i confini, praticando in ogni luogo
anche la specificita' dell' essere donna, nel riconoscimento dei diritti di
ciascun essere umano: nelle rivendicazioni sindacali, con le donne contro la
mafia, contro l'apartheid in Sud Africa, con uomini e donne palestinesi e
israeliane per il diritto dei palestinesi ad un loro stato in coesistenza
con lo stato israeliano, con il popolo kurdo, nella ex Yugoslavia, contro la
guerra e i bombardamenti della Nato, per i diritti degli albanesi del Kosovo
all'autonomia, per la cura e l'accoglienza a tutte le vittime della guerra.
Attiva nel campo dei diritti umani, si e' battuta per il loro rispetto in
Cina, Vietnam e Siria, e per l'abolizione della pena di morte. Dal 1982 si
occupa di questioni riguardanti il Medio Oriente ed in modo specifico del
conflitto Palestina-Israele. Dal 1988 ha contribuito alla ricostruzione di
relazioni e networks tra pacifisti israeliani e palestinesi. In particolare
con associazioni di donne israeliane e palestinesi e dei paesi del bacino
del Mediterraneo (ex Yugoslavia, Albania, Algeria, Marocco, Tunisia). Nel
dicembre 1995 ha ricevuto il Premio per la pace dalle Donne per la pace e
dalle Donne in nero israeliane. Attiva nel movimento per la pace e la
nonviolenza e' stata portavoce dell'Associazione per la pace. E' tra le
fondatrici delle Donne in nero italiane e delle rete internazionale di Donne
contro la guerra. Attualmente e' deputata al Parlamento Europeo... In Italia
continua la sua opera assieme alle Donne in nero e all'Associazione per la
pace". Opere di Luisa Morgantini: Oltre la danza macabra, Nutrimenti, Roma
2004]

Cari tutti,
vorrei coinvolgervi in una richiesta-appello inviata dal governatorato di
Hebron.
Il governatorato di Hebron ha lanciato una campagna per finanziare le rette
universitarie di 200 studenti e studentesse di eta' compresa tra i 18 e 23
anni nel distretto di Hebron. Questo distretto, 36 Km a sud di Gerusalemme,
e' il piu' grande della Cisgiordania e conta 564.000 abitanti e ben tre
universita', l'Hebron University, l'Hebron Bolitiqnique University e una
sede dell'Alquds Open University (per un totale di 7.000 studenti).
La scelta degli studenti da finanziare e' connessa direttamente con le
conseguenze dell'occupazione militare israeliana. Sono ragazzi e ragazze che
non sono in grado di pagare le spese universitarie perche' provenienti da
famiglie che hanno perso il loro lavoro a causa delle terre confiscate, o
figli di genitori vittime di attacchi dei coloni oppure orfani.
Proprio la situazione di Hebron in relazione alla presenza delle colonie in
questo distretto si pone come una delle piu' gravi emergenze della
Cisgiordania, tanto da avere ben due organizzazioni di volontari
internazionali che si occupano esclusivamente dell'accompagnamento dei
pastori, dei contadini e degli studenti, per evitare che vengano
quotidianamente aggrediti, e anche cosi' sembra non essere sufficiente. I
coloni non solo aggrediscono i palestinesi e alcuni degli osservatori
internazionali, lanciando pietre e picchiandoli brutalmente, ma li vessano e
danneggiano in altri modi ancora. La tensione con i coloni e' anche
accresciuta dal fatto che ad Hebron uno degli insediamenti si trova proprio
dentro il centro storico della citta'.
E' quindi di straordinaria importanza riuscire a far partire questa campagna
concretamente, ed e' anche straordinariamente urgente in quanto il primo
semestre di lezioni e' iniziato proprio ad ottobre.
Far si' che questa campagna funzioni e agisca implica un impegno politico a
favore della societa' civile palestinese e della pace. Con duecento rette
sovvenzionate si avranno duecento palestinesi che riescono a reagire
all'occupazione per vie costruttive e sostenibili. Questi giovani potranno
essere in grado di formarsi, di analizzare, di trasformare l'umiliazione e
l'ingiustizia quotidiana subita in forza, per contribuire alla costruzione
di uno stato palestinese libero e democratico.
I costi da coprire sono i seguenti:
- 700 dollari a semestre per le facolta' scientifiche (pagamento delle tasse
universitarie e del materiale didattico di base, laboratori, ecc.);
- 600 dollari a semestre per le facolta' umanistiche (pagamento delle tasse
universitarie piu' materiale didattico di base);
- 500 dollari a semestre per borse di studio speciali, dirette agli studenti
e alle studentesse che hanno bisogno di aiuto finanziario per pagare
alloggio, trasporto, pasti, e materiale didattico extra.
La quota deve essere versata all'inizio di ogni semestre. Un anno accademico
consiste di tre "semestri" di cui uno e' facoltativo (consiste nei corsi
estivi).
Vi sarei grata se vorrete far conoscere il vostro pensiero e se siete
disponibili a lavorare su questa richiesta. Penso che sarebbe utile
coinvolgere gli enti locali e le diverse istituzioni, oltre che organizzare
una campagna tra la gente.
Resto in attesa.
Cordialmente,
Luisa Morgantini
*
Siti consultabili per sapere qualcosa di piu' sugli attacchi dei coloni nel
distretto di Hebron:
- http://www.btselem.org/english/Video/200509_Southern_Hebron_Hills.asp
- http://www.yeashdin.org.il/yeash-din.html
- http://btselem.org/english/Testimonies/index.asp
- http://www.operationdove.org
*
Siti consultabili per sapere qualcosa sull'Universita' di Hebron:
- http://www.hebron.edu/english/index.htm
- http://www.palestine-net.com/education/qou/
- http://www.cpt.org/hebron/HebRCBrouchure.htm
- http://www.btselem.org/english/Video/200509_Southern_Hebron_Hills.asp

7. CINEMA. ENRICO PEYRETTI: LA ROSA BIANCA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio,
ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con
altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio",
che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi
"Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research
Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi
per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della
rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente
edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha
curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su
questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono
anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia
bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15
novembre 2003 di questo notiziario.
Su Sophie Scholl e sulla Rosa Bianca: tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di
studenti ed un professore di Monaco realizzarono e diffusero una serie di
sei volantini clandestini antinazisti. I primi quattro volantini si aprivano
col titolo "Fogli volanti della Rosa bianca" ed erano diffusi in poche
centinaia di copie; gli ultimi due intitolati "Fogli volanti del movimento
di Resistenza in Germania" ciclostilati in qualche migliaia di copie.
Scoperti, furono condannati a morte e decapitati gli studenti Hans Scholl,
Sophie Scholl, Christoph Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il
professor Kurt Huber. Opere sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca,
La Nuova Italia, Firenze, 1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e
Sophie Scholl, il volume - la cui traduzione italiana e' parziale - contiene
anche i testi dei volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca);
Klaus Vielhaber, Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza
e coscienza. Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978;
Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome
della liberta', Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La
Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la
Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia 2003. Alcune piu' dettagliate notizie
biografiche sui principali appartenenti al movimento di resistenza della
"Rosa bianca" sono nel n. 909 di questo foglio (altri materiali ancora nei
nn. 910 e 913)]

Il giorno dopo, annoto qualche appunto su "La Rosa Bianca".
"Le parole sono le nostre armi" dice Sophie (il suo nome e' Sapienza), e
Mohr (nel debole tentativo di aiutarla, pensando al proprio figlio) le
riconosce che non hanno usato bombe. La forza di quei giovani - che
terrorizza il regime piu' di quanto sollevi (come loro speravano) la
protesta degli studenti, apparsa nell'incontro col Gauleiter, ma troppo
debole - e' precisamente la gandhiana "forza della verita'" (satyagraha), la
forza dei fatti non manipolati (la Germania va in rovina, vuole la pace,
Hitler la tradisce), la forza dell'anima che sfida e supera quella della
violenza (l'evangelico "non temete quelli che possono uccidere il
corpo..."), la forza della verita' superiore alla realta' ("c'e' un'altra
giustizia" grida il padre; e questa e' metafisica bella e buona, anche
intrastorica, e davvero vera). Mai nominata, la nonviolenza (Gewaltfreiheit
= liberta' dalla violenza) e' la verita' di questa storia. I condannati sono
vivi, i giudici e i servi del potere violento sono morti mille volte, fino
da quel giorno, morti persino se riprendessero il potere, oggi o domani. La
morte non regna sulla vita, ma, contro tutte le apparenze, la vita regna
sulla morte. E cio' risalta soprattutto quando la vita piu' vera si scontra
con la morte piu' ingiusta. I morituri sono veggenti e profeti, come sapeva
Socrate, e i giovani condannati dicono ai giudici queste verita' con una
voce infinitamente piu' forte delle grida di Frerisler. (E' lo stesso
giudice che condanno' Franz Jaegerstaetter, se ricordo bene).
*
Il film e' condotto con la forza della tragedia greca: Antigone di fronte a
Creonte. Le leggi non scritte, eterne, contro la ferocia transitoria delle
leggi della potenza.
*
Pensavano di "incendiare l'Universita'", ma gli studenti non si muovono. Il
coraggio e' raro. Deve poter essere piu' forte della morte. Ma il coraggio
di alcuni salva almeno l'onore e il significato dell'esistenza di tutti: in
questa storia salva l'onore della Germania. E' seme immortale di futuro.
*
All'inizio del film, sembra che l'iniziativa dei volantini sia nata nel
clima seguito alla disastrosa sconfitta tedesca di Stalingrado (circa
novembre 1942 - febbraio 1943). Cosi', in passato, qualcuno ha interpretato
in modo limitativo l'appello dei giovani della Rosa Bianca. Invece, alla
fine del film emerge bene che i primi volantini sono dell'estate (giugno
'42, luglio '42, estate '42, estate-autunno '42, gennaio '43, e l'ultimo del
18 febbraio '43. Il settimo e' quello rimasto manoscritto da Probst).
*
Andando e venendo in bus dal cinema ho riletto il capitolo sul processo nel
libro di Ghezzi del 1994. Vedo confermata la fedelta' storica del film, il
quale pero' dice all'inizio di avere usato documenti sugli interrogatori
emersi due anni fa. Spero che siano pubblicati in Italia. In Germania il
titolo del film e' "Le ultime ore di Sophie Scholl".
*
Parlavano di essere impiccati, invece li attende la ghigliottina. La
ghigliottina, inventata per imporre una liberta' e una uguaglianza violenta,
e' diventata strumento feroce del regime piu' violento. Il mezzo violento
usato per un fine giusto diventa l'arma del sistema piu' ingiusto. Di nuovo,
Gandhi ha ragione. La ghigliottina non taglia la verita'. Vedi il sogno di
Sophie, l'ultima notte: il bambino da portare al battesimo e' salvo, anche
se lei sprofonda. Della mannaia qualcuno (Thomas More?) aveva detto: riduce
la statura, ma non la grandezza di un uomo.
*
Prima del film sono entrato nella libreria Feltrinelli, la' accanto al
cinema Romano. Ho chiesto i libri sulla Rosa Bianca. Hanno soltanto Guardini
(teologo cattolico): due grandi discorsi commemorativi, raccolti in un
libretto della Morcelliana. Niente altro. Gli ho detto: "Vedete che piu' di
tutti gli editori cattolici sono stati capaci di accorgersi per tempo, da
anni, del valore di un fatto come la Rosa Bianca". Mi hanno detto di andare
alla libreria cattolica. "No. Dovreste procurarveli voi, anche per venderli,
qui a un passo dal cinema". Ho dimenticato di dire che avrei potuto
spedirgli la piccola bibliografia esistente: Opere sulla Rosa Bianca: Inge
Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova Italia, Firenze 1966, rist. 1978 (scritto
dalla sorella di Hans e Sophie Scholl, il volume - la cui traduzione
italiana e' parziale - contiene anche i testi dei volantini diffusi
clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus Vielhaber, Hubert Hanisch,
Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e coscienza. Willi Graf e la Rosa
Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca. Un
gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta', Paoline, Cinisello
Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia
1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca, Morcelliana, Brescia
2003. Alcune piu' dettagliate notizie biografiche sui principali
appartenenti al movimento di resistenza della "Rosa bianca" sono nel n. 909
de "La nonviolenza e' in cammino", (altri materiali ancora nei nn. 910 e
913).
*
Le scene nell'Universita' di Monaco mi hanno colpito: ho percorso quegli
stessi ambienti due anni fa, nel ricordo della Rosa Bianca, col gruppo che
incontro' il signor Mueller, uno degli studenti superstiti (un centinaio
nelle diverse Universita' tedesche), oggi forte e vivace vecchio. Poco fa,
ho ripreso in mano i fli d'erba raccolti l'8 agosto 2003 sulla tomba di Hans
e Sophie, nel cimitero della Perlacher Forst, dietro la prigione
dell'esecuzione. Le braccia delle due croci sulle loro tombe nella terra, si
toccano, sono un braccio solo. Se abbiamo un po' di forza per i nostri
compiti di oggi, per la liberazione dalla violenza di oggi, ci viene da
braccia come quelle.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1105 del 5 novembre 2005

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it