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La nonviolenza e' in cammino. 1096
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1096
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 27 Oct 2005 00:07:22 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1096 del 27 ottobre 2005 Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Rosa Parks 2. Ermanno Allegri: Dopo il referendum 3. Mauro Brilli: Dopo il referendum 4. Giancarla Codrignani: Dopo il referendum 5. Enrico Peyretti: Dopo il referendum 6. Carlo Sansonetti e Lorella Pica: Dopo il referendum 7. Quarta giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico: vincere la paura per costruire la pace 8. Abolire i Centri di permanenza temporanea 9. "Beati i costruttori di pace": Un appello ai veecovi italiani sullo scandalo dei Centri di permanenza temporanea 10. Un incontro a Viterbo 11. Movimento Internazionale della Riconciliazione e Movimento Nonviolento del Piemonte e della Val d'Aosta: 4 novembre, non festa ma lutto 12. Lidia Menapace: La vendetta del patriarcato. In parlamento 13. Anna Maria Merlo presenta l'ultimo libro di Fethi Benslama 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. MARIA G. DI RIENZO: ROSA PARKS [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Rosa Parks, recentemente scomparsa, e' la donna che diede inizio al grande movimento nonviolento contro la segregazione razziale a Montgomery, Alabama, nel 1955] Rosa Parks, la scintilla che cinquant'anni or sono accese il movimento per i diritti civili negli Usa, ci ha lasciati il 24 ottobre. Aveva 92 anni. Rosa Louise McCauley, poi sposata con Raymond Parks e di lui vedova dal 1977, era nata a Tuskegee, in Alabama, il 4 febbraio 1913. Per il suo rifiuto di lasciare il posto a un uomo bianco su un autobus, a Montgomery in Alabama, Rosa fu arrestata, giudicata colpevole di aver violato le leggi sulla segregazione razziale, e multata. La risposta della comunita' di colore furono i tredici mesi di boicottaggio degli autobus: gli eventi che iniziarono con la disobbedienza civile di Rosa nell'inverno del 1955 trasformarono il ventiseienne Martin Luther King Jr. nella guida del movimento per i diritti civili. Molte leggende sono nate attorno al semplice gesto di Rosa Parks; la verita', come lei stessa racconto', e' che allo stesso modo di altre migliaia di persone di colore era stanca di essere umiliata, di doversi adattare a regole bizantine (alcune codificate come leggi, altre che dovevano essere rispettate in quanto "tradizioni") e di vedersi trattata come meno che umana. King scrisse al proposito: "In effetti non si riesce a capire l'azione della signora Parks se non si comprende che la coppa della sopportazione trabocca, e che l'umana personalita' grida: non posso tollerare questo un attimo di piu'". * Rosa lavorava gia' per la liberta' e la giustizia, e aveva gia' tenuto conferenze e seminari. Ma mentre tornava a casa dal suo lavoro di cucitrice, il primo dicembre 1955, l'ultima cosa che aveva in mente era di diventare "la madre del movimento per i diritti civili" (come l'avrebbero chiamata in seguito). Sull'autobus in cui sali', le prime quattro file di posti erano riservate ai bianchi. Il retro era per i neri, che tra l'altro formavano il 75% degli utenti del servizio. Essi potevano sedere nelle file di mezzo qualora quei posti non fossero reclamati da bianchi: in quel caso dovevano spostarsi sul fondo o, se la' non vi era posto, scendere dal mezzo. Potevano salire dalla porta accanto al guidatore per pagare il biglietto, ma se dei bianchi erano gia' seduti nei primi posti dovevano smontare e risalire dalla porta posteriore. "La mia resistenza ai maltrattamenti sugli autobus non comincio' quel giorno", attesto' Rosa in varie interviste, "Avevo gia' camminato molto, a Montgomery". Nel 1943, dopo un confronto sulla questione, l'autista James Blake butto' letteralmente la signora Parks fuori dall'autobus. Il fato volle che fosse ancora lui, il primo dicembre 1955, a chiedere a quattro persone di colore di lasciare i posti nella sezione di mezzo, di modo che un unico uomo bianco potesse sedersi. Tre obbedirono. Rosa era la quarta. Il suo caso fu immediatamente sostenuto dal "Consiglio politico delle donne", un'organizzazione nata nel 1946 proprio in relazione ai maltrattamenti subiti dai neri sugli autobus: essi venivano arrestati, malmenati, e persino uccisi, se disobbedivano ai conducenti. Fu il Consiglio a distribuire 35.000 volantini che invitavano i neri a boicottare il servizio durante quel lunedi' 5 dicembre in cui Rosa venne processata. La domenica precedente la richiesta era stata fatta dai pulpiti di parecchie chiese. Alcuni andarono al lavoro in auto private dandosi reciprocamente dei passaggi, altri si servirono di taxi guidati da persone di colore che nell'occasione chiesero lo stesso prezzo del biglietto dell'autobus (10 centesimi), ma la maggior parte delle persone, 40.000 individui, camminarono. Alcuni, per piu' di venti miglia. Quella notte si decise di continuare l'azione sino a che le richieste non fossero state accolte: l'essere trattati cortesemente, l'assunzione di guidatori di colore, e il poter restare seduti nella parte di mezzo, erano le prime basi su cui si sarebbe potuto ricominciare ad usare gli autobus. Il boicottaggio duro' 381 giorni, ed in quel periodo molti neri furono arrestati e aggrediti, e chiese e case (inclusa quella di King) furono attaccate con le bombe. La Corte Suprema mise fuori legge la segregazione razziale sugli autobus il 13 novembre 1956: l'ordine del tribunale arrivo' a Montgomery il 20 dicembre, e l'azione termino' il giorno successivo. * Rosa Parks e suo marito continuarono per tutta la vita a lavorare contro oppressione ed ingiustizia. Riservata e schiva, Rosa era a disagio con la propria "beatificazione" quale simbolo pubblico. Le dispiaceva che anche la figura del dottor King venisse "annacquata" e lui descritto come un semplice sognatore: "Per come lo ricordo io, era ben piu' di un sognatore. Era un attivista, e contro l'oppressione credeva nell'azione e nella parola". La speranza di Rosa, come lei la spiego', era solo quella di ispirare altra gente, in particolar modo i giovani, ad impegnarsi abbastanza affinche' conducessero vite in cui sapessero aiutare se stessi e gli altri. Il suo ricordo luminoso, ne sono certa, continuera' ad ispirarci. 2. RIFLESSIONE. ERMANNO ALLEGRI: DOPO IL REFERENDUM [Ringraziamo Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) per questo intervento. Ermanno Allegri e' direttore di "Adital", Agenzia d'informazione "Frei Tito" per l'America Latina, tel. 8532579804, fax: 8534725434, cellulare: 8599692314, sito: www.adital.com.br; "sacerdote bolzanino da trent'anni in Brasile, gia' segretario nazionale della Commissione Pastorale della Terra e ora direttore di un'agenzia continentale (Adital, sito: www.adital.com.br), nata come strumento per portare all'attenzone della grande informazione latinoamericana i temi delle comunita' di base e l'impegno contro la poverta'. Allegri e' stato chiamato a contribuire al coordinamento delle azioni di sensibilizzazione in vista del referendum che si terra' in Brasile alla fine di ottobre che ha come tema la messa al bando del commercio delle armi da fuoco che in tutta l'America Latina costituisce un rilevante fattore di violenza" (Francesco Comina)] Amici italiani, vi mando il mio commento a caldo dopo aver visto che il si' ha perso. Ancora mi brucia dentro questa sconfitta. Purtroppo s'e' verificato quello che si temeva. Abbiamo perso un'opportunita' d'oro per far avanzare la pace nel mondo. Nonostante tutto vi ringrazio per aver sostenuto la possibilita' di mettere un freno alla corsa alle armi. Un saluto carissimo a tutte e tutti voi, Ermanno * Il risultato del referendum non lascia dubbi. Ha vinto, e con ampio vantaggio, la cultura della paura e della ricerca individuale di soluzioni contro la violenza, con il 64% dei voti. La cultura della pace, la societa' e lo stato ne escono sconfitti. Quelli che hanno appoggiato il si' sono stati, di fatto, una minoranza, anche tra quelli che avrebbero dovuto impegnarvisi per tradizione o per dovere: le ong, i movimenti sociali e popolari, le chiese, i sindacati e i partiti di centro-sinistra. Lo stesso governo poco ha fatto in favore del si'. Per spiegare questa sconfitta non serve analizzare i grandi mezzi a disposizione della destra. Questa sconfitta rivela tutta la fragilita' della nostra gente e della nostra organizzazione. Questa e' la cruda verita'. Molti sono rimasti seduti vedendo il referendum passare: da quelli che continuano a credere che le buone idee, per se stesse, sempre finiscono per vincere (santa ingenuita', ancora), a quelli che ritengono che questo referendum non meritava investimento di tempo ed energie per il fatto che c'erano punti della vita nazionale ben piu' importanti da essere decisi attraverso un referendum, quali la macroeconomia, le politiche pubbliche, o il non pagamento del debito estero, ecc. Questa gente per l'esigenza (e la necessita') di un buon pranzo "ottimo e abbondante" ha rinunciato anche alla colazione. * E' triste vedere come ci siano persone che ancora non percepiscono che piu' dell'80% della popolazione brasiliana e' distante da qualsiasi tipo di organizzazione sociale che permetta un progredire nella coscientizzazione, nell'organizzazione, cioe' nella possibilita' di crescere come persone umane e come cittadini. Sono questi che formano la massa facile da manovrare che in qualunque momento (e in qualsiasi elezione) possono seguire la proposte piu' forti e convincenti, siano queste giuste o sbagliate. Molti educatori hanno dimenticato che Paulo Freire parlava di un processo educativo che puo' e deve cominciare sempre che esista l'opportunita' di raggiungere piu' gente possibile per aiutarli a diventari cittadini con pieni diritti. La cultura della pace, e' chiaro, non si limita a un referendum, ma puo' fare di questo l'inizio di una inclusione. Si sono forse dimenticati questi educatori che la violenza e' la maggior preoccupazione del popolo brasiliano dopo la disoccupazione? E' doveroso constatare come abbiamo ancora serie difficolta' per organizzarci intorno a iniziative comuni e di dimensioni nazionali. Questa settimana si realizza a Brasilia, l'assemblea popolare "Mutirao" (lavoro d'insieme) per un nuovo Brasile. Circa 10.000 persone parteciperanno dell'evento. La speranza e' che la sconfitta nel referendum e la comprensione di cio' che significa, ci aiutino a pensare a passi e iniziative concrete per azioni comuni e rilevanti mobilizzazioni sociali e, allo stesso tempo, per un lavoro di accostamento alle masse popolari che hanno difficolta' a mettersi sul cammino della partecipazione. Questo puo' e deve essere fatto, senza attendere che prima cambi la macroeconomia o si sconfigga l'impero del Nord. E cosa fare con i nostri deboli strumenti di comunicazione, sempre a rischio di chiudere le proprie attivita'? Dobbiamo analizzare seriamente la mancanza di canali per comunicare, non abbiamo mezzi per mantenere un contatto con le masse, mentre "gli altri" controllano il 90% dei mass-media. Il peggio e' che non ci si puo' aspettare da questo governo, che offre milioni ai mass-media di destra (gli stessi che poi lo pugnalano alla schiena), un sostegno alla democratizzazione dei mezzi di comunicazione: e' meglio giocare alla lotteria e aspettare seduti. Per questo "Adital", all'inizio di luglio, quando il Tribunale supremo elettorale fisso' la data del referendum per il 23 di ottobre, ha tentato due iniziative: iniziare subito la campagna con un sito ad hoc e promuovere un incontro di strutture, riviste e siti per costruire una strategia comune in favore del si'. Bisognava cominciare subito. Purtroppo non ci siamo riusciti. * Nonostante tutto, la sconfitta del referendum deve essere un momento per riflettere sui passi da fare. La societa' civile deve continuare il suo cammino: abbiamo gia' sofferto altre sconfitte e non ci siamo fermati per questo. La dinamica della storia deve essere piu' forte che le nostre amarezze. La storia non finisce qui. Si tratta di capire e di convincersi che le grandi vittorie, i grandi cambiamenti nel paese non sono forse facili e a breve termine come desidereremmo. La storia di un paese non cambia per decreto. Ricordo la famosa frase di Joao Pedro Stedile, leader del Movimento dei senza terra: "Siamo in un tempo in cui dobbiamo piantare alberi, non insalata". Dobbiamo saper approfittare tutti i tipi di verdura che troviamo, sapendo pero' che i grandi cambiamenti sociali hanno bisogno di radici profonde e ampie. Una nuova cultura di pace poteva anche contare sull'insalata del referendum, ma la pace come frutto della giustizia sociale, della distribuzione piu' equa del reddito, della democratizzazione dei mezzi di comunicazione, ecc., sara' frutto di un lavoro di lunga lena, ed esige oggi la continuita', il perfezionamento e l'aumento del lavoro sociale e politico. 3. RIFLESSIONE. MAURO BRILLI: DOPO IL REFERENDUM [Ringraziamo Mauro Brilli (per contatti: mauro.brilli5 at tin.it) per questo intervento. Mauro Brilli, nato a Livorno nel 1941, dal 1977 a Viterbo, artista poliedrico, poeta, pittore e musicista, organizzatore ed animatore di eventi culturali, impegnato nel movimento per la deistituzionalizzazione e per i diritti umani di tutti gli emarginati dalla societa', e' uno storico protagonista delle lotte per i diritti umani di tutti gli esseri umani. Opere di Mauro Brilli: alcuni suoi lavori sono nel sito www.brillimauro.com] Le armi fanno paura, e gettano un'ombra di triste quotidianeita' sugli occhi puri dei bambini e di chi crede profondamente nella pace. Per tante persone fa ancora piu' paura il non potersi difendere, il trovarsi impreparati di fronte agli eventi delittuosi di cui il mondo e' pieno per le tantissime ragioni primarie di poverta' e ingiustizia, che spingono l'uomo, il quale non sa sottrarsi alla propria esasperazione. Si' al disarmo anche se inesorabilmente lento; marca un percorso di pace a cui non dobbiamo sottrarci. Si' al disarmo per tutti coloro che rimangono vittime di una "disabilita' senza sbocchi", di uno sterminio che non puo' avere giustificazioni. Si' al disarmo per riconquistare una serenita' perduta, in questa immensa voragine di solitudine. 4. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: DOPO IL REFERENDUM [Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per questo intervento. Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994] Non conosco i dati sui quali si basavano le previsioni positive sull'esito del referendum brasiliano contro il commercio delle armi. Chi conosce il Brasile sa che, dopo gli anni in cui era praticamente un lager in mano ai militari, questo paese (potenzialmente ricchissimo se non fosse espropriato dei suoi beni) non ha conosciuto "il riscatto della democrazia", ma "il degrado dell'impoverimento". I missionari che vivono nelle favelas conoscono la dialettica che esclude quei ricchi di cui si dice che vivono dietro muri, guardaspalle e pitbull: e' la dialettica fra chi ha paura e chi fa paura. Nessuno dei due vorrebbe essere cosi', si suppone; ma il tempo, se non risarcisce, violenta. Un paese che da diverse generazioni (tenendo per generazione i cinque anni che vedono succedersi nei nostri paesi il ciclo liceale) vede otto milioni di ragazzi uscire dalla famiglia per non farvi ritorno e sopravvivere aggregandosi in bande, che base sociale puo' produrre? La meta' delle armi che circolano nel paese non escono dal commercio regolare e sono - senza che il referendum li scomponga - nelle mani di quella che si definisce con un termine che rende pessimisti nei confronti degli esseri umani: la delinquenza. A chi le usa non fanno grande effetto: il violento di oggi, quando era piccolo usava il coltello e il gioco piu' bello era sniffare colla. La polizia li affronta come in guerra e sono troppi quelli che vengono sparati. Tra gli afavelados non mancano gli "onesti", ma non muoverebbero un dito per "moralizzare" l'ambiente: una volta che, con un gruppo di amici visibilmente europei, stavo in una parrocchia dei poveri, arrivo' trafelata una madre a dire che suo figlio e i suoi amici venivano ad assalire la chiesa per rapinarci. Il parroco ci fece uscire da un'altra porta e ci accompagno' fuori dalla zona a rischio: nessuna denuncia, che, del resto, sarebbe stata inutile. Le citta' brasiliane sono anelli concentrici di differenza sociale: al centro i ricchi, poi, via via, gli altri, fino al ceto medio povero che confina con le favelas e che ha piu' paura. In campagna sarebbe meno peggio, se non fosse che regioni vaste come l'Umbria sono sotto il controllo di un solo proprietario e i paesi all'interno, comprese le istituzioni, dalla polizia ai tribunali, sono al suo servizio: chi si azzarda ad alzare la testa puo' finire male. Naturalmente i decenni non passano invano e le lotte hanno ottenuto qualche spostamento democratico, fino a portare alla presidenza uno come Ignacio da Silva. Il quale non ha ricevuto con l'investitura la bacchetta magica e rischia di perdere consenso. L'Italia ha portato alla presidenza del governo uno come Berlusconi. Anche l'Italia e' "decaduta", nonostante dopo il fascismo e la guerra avesse dato prova di dignita' e capacita' costruttive. Si puo' perdere anche quando non si e' piu' poveri e ci si dimentica di essere stati afavelados... Dico questo perche' i problemi di questo referendum sono piu' nostri, di occidentali benestanti e produttori di armi, che brasiliani. Come occidentali, ci rendiamo conto che l'America di Bush - che e' il paese piu' indebitato del mondo - ha bilanci della Difesa stratosferici; e che l'Italia spende a Nassirya un miliardo di euro. Si potrebbe sognare che si potrebbero convertire i bilanci della difesa in cooperazione e ogni anno si potrebbero salvare due o tre paesi del Sud del mondo... Possiamo ancora pensare un coordinamento europeo per prevedere, prima o poi, un referendum europeo, o siamo gia' sicuri di non farcela perche' siamo ancora pochi a sostenere che le armi non difendono? Allora bisogna diffondere senza indugio una cultura di disarmo e di prevenzione dalle violenze di guerra, mafia, droga. La nonviolenza e' in cammino anche sul veicolo della conoscenza... 5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: DOPO IL REFERENDUM [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Ero in viaggio, ho sentito alla radio, alle 6 di lunedi', il risultato negativo del referendum brasiliano. Osservo soltanto: 1) porre un problema, fare un proposta giusta, e' importante anche quando non e' capita, anche quando e' respinta. Il problema e' posto. Il problema rimane. 2) la nostra capacita' di parlare, spiegare, diffondere, argomentare, deve crescere in qualita' e anche in estensione, per la via della comunicazione orizzontale senza mai cercare la potenza verticale che e' della manipolazione spregiudicata. 3) se non si ottiene per legge una cosa giusta e necessaria, si puo' continuare a cercarla per via volontaria: come la prima fase di questa campagna fu la consegna volontaria delle armi, cosi' il Brasile, e ogni altro popolo, potra' continuare, insistere, crescere in civilta'. 4) ascolto sempre il GR1 di radio-Rai: prima non ha mai parlato del referendum, ne ha parlato solo dopo la vittoria del no, subito. Buona salute, buon coraggio, buona resistenza, buona speranza. 6. RIFLESSIONE. CARLO SANSONETTI E LORELLA PICA: DOPO IL REFERENDUM [Ringraziamo don Carlo Sansonetti e Lorella Pica dell'associazione "Sulla strada" (per contatti: carlo.sansonetti at libero.it) per questa lettera. Carlo Sansonetti, parroco di Attigliano, ha preso parte a varie rilevanti esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in America Latina, ed e' trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla strada". Lorella Pica (per contatti: lorellapic at libero.it), gia' apprezzata pubblica amministratrice, e' impegnata nell'associazione "Sulla strada", nella rivista "Adesso", in molte iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza. Per sostenere le attivita' di solidarieta' in America Latina e in Africa dell'associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr), tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail: sullastrada at iol.it, sito: www.sullastradaonlus.it; l'associazione promuove anche un periodico, "Adesso", diretto da Arnaldo Casali, che si situa nel solco della proposta di don Primo Mazzolari; per contattare la redazione e per richiederne copia: c. p. 103, 05100 Terni, e-mail: adesso at reteblu.org, sito: www.reteblu.org/adesso] La morte, ancora una volta, ha vinto la sua battaglia contro la vita. Uomini amanti la vita, in piedi. Lo sapete bene, solo tre giorni dura il silenzio della vita, poi il suo ruggito, potente, si erge di nuovo, per sempre: e' gia' ora di ricominciare. Cari amici della vita, sorelle e fratelli nostri, vi stiamo vicini e con voi rialziamo la testa pronti per le nuove lotte. Troppi rimangono in silenzio, noi, facce di bronzo, annunciamo ancora pace e nonviolenza. 7. INIZIATIVE. QUARTA GIORNATA ECUMENICA DEL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO: VINCERE LA PAURA PER COSTRUIRE LA PACE [Da Giovanni Sarubbi (per contatti: gsarubb at tin.it) riceviamo e volentieri diffondiamo il seguente comunicato del 19 ottobre 2005. Giovanni Sarubbi, amico della nonviolenza, promotore del dialogo interreligioso, giornalista, saggista, editore, dirige l'eccellente rivista e sito de "Il dialogo" (www.ildialogo.org)] Segnaliamo altre importanti iniziative in vista della quarta Giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico del 28 ottobre 2005. Segnaliamo l'iniziativa che si svolgera' a Reggio Calabria, con il coinvolgimento di tutte le Chiese cristiane della citta'; quelle che si svolgeranno a Citta' di Castello, Novellara, Bologna, Verona, Faenza, Sesto Calende, Genova. Una iniziativa e' in preparazione a Caserta. Il vescovo di Modena, che ha approvato con entusiasmo l'iniziativa, ha annunciato per domenica 23 ottobre, dalle pagine del settimanale diocesano "Il nostro tempo", la lettura durante le messe in tutte le parrocchie della diocesi di un suo invito ufficiale ad accogliere l'iniziativa del digiuno per il 28 ottobre. Molti sono i settimanali diocesani o di area cattolica che hanno riportato con enfasi la notizia, che e' stata riportata anche sui principali organi di informazione di area protestante. * Ma l'evento piu' significativo di questa settimana e' stata la lettera del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso che ha formulato un messaggio augurale ai musulmani, firmato dal presidente del dicastero, monsignor Michael L. Fitzgerald, sul tema: "Continuando sulla via del dialogo". Nel testo monsignor Fitzgerald ha ricordato che nel 1991, in occasione della prima guerra del Golfo, Giovanni Paolo II affermo' la necessita' di "un dialogo sincero, profondo e costante fra credenti cattolici e credenti musulmani, dal quale potra' scaturire una piu' grande conoscenza e fiducia reciproca". "Queste parole - ha affermato monsignor Fitzgerald - sono certamente ancora attuali". Fitzgerald ha ricordato l'impegno di Giovanni Paolo II per il dialogo con l'islam e la stima di cui egli godeva nei paesi musulmani e da parte dei rappresentanti religiosi dell'islam. Ha ancora ricordato che Francesco d'Assisi e' stato, fra i cattolici, il pioniere del dialogo islamo-cristiano e che proprio ad Assisi nel 1986 Giovanni Paolo II ha promosso l'incontro di tutte le religioni per la pace. Dopo aver ricordato l'anniversario, proprio il 28 ottobre, della promulgazione della "Nostra Aetate", monsignor Fitzgerald ha richiamato le parole con le quali il nuovo papa Benedetto XVI ha accolto i i rappresentanti di altre religioni che avevano partecipato alla celebrazione d'inizio del suo pontificato, ed in particolare le parole rivolte ai musulmani: "Sono particolarmente grato per la presenza tra voi di membri della comunita' musulmana, ed esprimo il mio apprezzamento per la crescita del dialogo tra musulmani e cristiani, a livello sia locale, sia internazionale. Vi assicuro che la Chiesa vuole continuare a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della societa' nel suo insieme". monsignor Fitzgerald ha poi richiamato le conclusioni di papa Benedetto XVI, che ha affermato: "Pertanto, e' imperativo impegnarsi in un dialogo autentico e sincero, costruito sul rispetto della dignita' di ogni persona umana, creata, come noi cristiani fermamente crediamo, a immagine e somiglianza di Dio". Ed e' proprio partendo dalle parole del papa che monsignor Fitzgerald chiude la sua lettera affermando che "spetta a noi rafforzare il nostro impegno per costruire buone relazioni fra le persone di differenti religioni, promuovere il dialogo culturale e lavorare insieme per una maggiore giustizia ed una pace duratura. Dimostriamo, come cristiani e musulmani, che si puo' vivere insieme in una sincera fraternita', cercando sempre di compiere la volonta' di Dio Misericordioso che ha creato l'umanita' perche' fosse un'unica famiglia". Ricordiamo, infine, che con il prossimo comunicato stampa verra' diffusa, come da tradizione, la lettera che Brunetto Salvarani, direttore di "Cem-Mondialita'", ha scritto per il 28 ottobre, quarta giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico. Con un cordiale saluto di shalom - salaam - pace Il comitato organizzatore della quarta giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico 8. APPELLI. ABOLIRE I CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] "Tutto quello che ho sempre sostenuto segnalandolo nelle sedi istituzionali, adesso e' finalmente emerso dall'inchiesta di questo giornalista coraggioso dell''Espresso' al quale darei un premio". Queste parole sono parte della dichiarazione di Biagio Palumbo rilasciata alla stampa nei giorni scorsi. Palumbo e' l'ex direttore del Centro di permanenza temporanea (in sigla: Cpt) di Agrigento. Il giornalista coraggioso invece e' Fabrizio Gatti. Prendendo alla lettera l'appello dei mesi scorsi del presidente Ciampi ai giornalisti di "tenere la schiena dritta", Gatti ha realizzato un'inchiesta, pubblicata dal settimanale "l'Espresso", sulle violenze e sugli abusi commessi nel Cpt di Agrigento. Il suo ottimo lavoro ha permesso nei giorni scorsi di tornare a discutere di quei luoghi di illegalita' e diritti negati che sono i Cpt italiani. Situazioni che vengono denunciate da anni, da molte voci inascoltate. Gia' nel 2000 lo stesso Gatti aveva realizzato la stessa inchiesta sul Cpt di Via Corelli a Milano. Tra i primi a denunciare le violenze e gli abusi nei Cpt, soprattutto nel Regina Pacis di Lecce, fu Dino Frisullo. L'indimenticato e indimenticabile Dino e' stato fino alla morte (avvenuta nel giugno di due anni fa) anima e colonna dell'associazione "Senzaconfine". Le denunce e le inchieste sul Regina Pacis, sui Cpt e sulle condizioni dei migranti in Italia nel 2002 diedero vita a "Mare Nostrum", film d'inchiesta di Stefano Mencherini, regista Rai e giornalista indipendente. Sono passati tre anni, nei quali il film ha subito censure senza fine. L'inchiesta di Fabrizio Gatti sull'"Espresso" ha ribadito quel che gia' "Mare Nostrum" aveva denunciato. Nei mesi scorsi una campagna popolare, lanciata da diverse associazioni (Peacelink, Articolo 21, Melting Pot), ha raccolto centinaia di firme e ha proposto un digiuno a staffetta cui hanno preso parte decine tra persone comuni, migranti, parlamentari e persone impegnate nel sociale. Rilanciamo oggi le richieste della campagna. Chiediamo quindi che questa sia l'occasione per mostrare agli italiani la verita'. Cessi quindi la censura del servizio pubblico (pagato da tutti i cittadini italiani) su "Mare Nostrum", sulla condizione fatta ai migranti e sui Cpt, e si avvii un vero dibattito a livello nazionale sull'incostituzionalita', l'illegalita' e il fallimento della legge Bossi-Fini e dei Cpt. Cosi' che sia finalmente possibile superare e chiudere questi luoghi disumani, dove abusi e violenze avvengono giornalmente. * Primi firmatari: Alessia Montuori, associazione "Senzaconfine"; Carmine Miccoli, prete, Pax Christi; Mao Valpiana, "Azione Nonviolenta"; Riccardo Orioles, giornalista antimafia; Carlo Ruta, giornalista antimafia; Antonella Serafini, del sito www.censurati.it; don Albino Bizzotto, "Beati i costruttori di pace"; padre Alex Zanotelli, missionario comboniano; Agnese Ginocchio, cantautrice per la pace; Luca Kocci, redattore di "Adista". * Per aderire inviare una e-mail a: marenostrum_peacelink at yahoo.it 9. APPELLI. "BEATI I COSTRUTTORI DI PACE": UN APPELLO AI VESCOVI ITALIANI SULLO SCANDALO DEI CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA [Da Mariagrazia Bonollo (per contatti: salbega at lillinet.org) riceviamo e volenteri diffondiamo il seguente appello promosso dal movimento dei "Beati i costruttori di pace" (per contatti: tel. 0498070522, e-mail: beati at libero.it, sito www.beati.org)] Carissimi fratelli vescovi, Lampedusa, come Falluja, ha incontrato il vostro silenzio totale. Non solo in nome di Gesu' Cristo, ma anche in nome della semplice comune umanita' vi chiediamo di esprimere un po' di indignazione e di compassione. Sull'eucarestia potrete esprimere idee bellissime, fare proposte attraenti, ma senza la storia essa rimane un rito svuotato. Le nostre idee su Gesu' a volte ci distolgono dal Gesu' vivo. Come cristiani, che sentono sempre di piu' il disagio per la distanza tra il sentire comune dei fedeli e i loro vescovi, vi chiediamo di compiere un gesto semplice e pratico di comunione e di riconciliazione. A nessuno di noi e' permesso visitare i Centri di permanenza temporanea (Cpt) come quello di Lampedusa. Qualcuno di voi ci aiuti a rompere concretamente queste barriere invalicabili per legge entrando dentro a qualcuna di queste strutture, per chiedere perdono, riaffermando il pieno rispetto della dignita' dei piu' poveri che premono alle nostre frontiere, e perche' come Chiesa, anche nelle comunita' locali, non ci rendiamo conniventi con le angherie e l'umiliazione del povero. 10. INCONTRI. UN INCONTRO A VITERBO [Dall'Arci di Viterbo (per contatti: viterbo at arci.it) riceviamo e diffondiamo] L'Arci Servizio Civile di Viterbo, in collaborazione con il Centro di ricerca per la pace, organizza per giovedi' 27 ottobre 2005, con inizio alle ore 16, presso la sala conferenze della Provincia, in via Saffi a Viterbo, un incontro sul tema "Gestire i conflitti, costruire la pace. verso una prospettiva nonviolenta". Parteciperanno all'incontro come relatori: Elena Buccoliero, del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento, autrice del libro Bullismo, bullismi; Lisa Clark, dei "Beati i costruttori di pace"; Andrea Cozzo, docente di teoria e pratica della nonviolenza presso l'Universita' di Palermo; Daniele Lugli, segretario nazionale del Movimento Nonviolento; Fabio Mini, generale dell'esercito italiano, autore del libro La guerra dopo la guerra. Per informazioni: tel. 0761321860. 11. INIZIATIVE. MOVIMENTO INTERNAZIONALE DELLA RICONCILIAZIONE E MOVIMENTO NONVIOLENTO DEL PIEMONTE E DELLA VAL D'AOSTA: 4 NOVEMBRE, NON FESTA MA LUTTO [Dagli amici del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento del Piemonte e della Val d'Aosta (per contatti: info at cssr-pas.org) riceviamo e volentieri diffondiamo] Per le autorita' militari e civili il 4 novembre e' un giorno di festa. Per il popolo italiano e' un giorno di lutto. In quella prima guerra mondiale 650.000 italiani sono morti. E quella "vittoria militare" ci porto' il fascismo, altre guerre, altri morti. La festa fu una ricorrenza istituita dal fascismo per trasformare le vittime della prima guerra mondiale in eroi coraggiosi che si immolavano per la Patria. Una guerra che costo' all'Italia 650.000 morti e un milione di mutilati e feriti, molti di piu' di quanti erano gli abitanti di Trento e Trieste, i territori ottenuti con la vittoria della guerra che erano gia stati concessi all'Italia dall'Austria in cambio della non belligeranza. La prima guerra mondiale fu un affare per grandi industriali, politici corrotti, funzionari statali senza scrupoli, alti ufficiali con le mani in pasta. E oggi? Le spese militari aumentano a discapito di quelle sociali. Anche nel 2005 sono aumentate le spese militari e raggiungeranno la cifra record di 20.793 milioni di euro: quasi un miliardo di euro in piu' (oltre il 5%) rispetto al 2004, al quale va aggiunto anche 1,2 miliardi di un fondo speciale per le spese delle missioni militari all'estero. Ben il 25% di questi soldi se ne va per comprare nuove armi. * Il 4 novembre troviamoci tutti in piazza Castello a Torino per esprimere il nostro dissenso all'ufficialita' di questa giornata in cui non c'e' proprio nulla da festeggiare. Appuntamento per tutti in piazza Castello a Torino con le bandiere arcobaleno per una presenza di volonta' di pace. Occuperemo la piazza dalle ore 16,30 fino all'"ammainabandiera" prevista alle ore 17,30. Alle ore 18 appuntamento al Centro "Sereno Regis" per un incontro sul tema: La prima guerra mondiale, la madre di tutte le guerre. * Movimento Internazionale della Riconciliazione, Movimento Nonviolento. Questa iniziativa e' proposta assieme a molte altre associazioni antimilitariste, pacifiste, nonviolente. 12. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: LA VENDETTA DEL PATRIARCATO. IN PARLAMENTO [Dal quotidiano "Liberazione" del 16 ottobre 2005. Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Sono furibonda dopo la maschia esibizione di nonnismo parlamentare di qualche giorno fa. Direi solo male parole a tutti. Infatti non e' che noi femministe non avessimo segnalato il pericolo di una vendetta del patriarcato. C'erano state avvisaglie nel referendum e nella costante diminuzione di donne elette. Ne' avevamo o abbiamo da essere molto soddisfatte del centrosinistra, che esibisce costantemente tavoli tutti o quasi di uomini. Recentemente il centrosinistra organizzo' a Venezia un incontro tra Prodi e le associazioni di donne, e si trovo' davanti a una compatta, ripetuta, tenace e molto signorile e composta richiesta - tra molte altre cose - di riequilibrio della rappresentanza; rispose per bocca del suo candidato a presiedere il governo: "Toglietevi dalla testa che qualche uomo vi ceda il posto: i posti si conquistano!". Sembra che l'articolo della Costituzione in cui si dice che compito della Repubblica (e si presume anche dei suoi governi) e' rimuovere gli ostacoli e promuovere le persone eccetera eccetera, non sia conosciuto da nessuno. Sono stufa di dovere a ogni riunione (seminario, gruppo di riviste, dibattito) intervenire petulantemente in proposito, ironizzando su me stessa e sentendomi dire, se non riesco a condire le parole con un sorriso: "Ma come sei cattiva!". Loro non sanno la rabbia che ho in corpo. Comunque noi non demordiamo: da circa cinquemila anni ci dite che siamo stupide, ci dite che non serve che andiamo a scuola, che non capiamo niente di politica, anzi siamo "per natura" inadatte alla politica, siamo irrazionali, emotive, pettegole, amorali, insomma inferiori: se ancora non ci avete convinte, sara' bene che cambiate registro. Voglio solo ricordare che potremmo svergognare il nostro establishment davanti alle Nazioni Unite, raccogliendo firme da mandare al Palazzo di vetro, per denunciare che l'Italia approvo' allegramente all'unanimita' una raccomandazione dell'assemblea in cui si diceva che i governi e gli stati dovevano prendere misure transitorie atte a riequilibrare in modo stabile la rappresentanza tra i generi. Dopo pochi mesi aboli' le quote: che ne dite? Alzheimer politico? ci prendiamo il gusto di inondare le Nazioni Unite con un fiume di firme di denuncia? La raccomandazione delle Nazioni Unite era fondata sugli studi delle sociologhe del nordeuropa che avevano scoperto che un soggetto da tempo discriminato ha bisogno di misure di riequilibrio e che tali misure possono essere tolte quando stabilmente la proporzione tra i soggetti considerati (nel caso i generi) si stabilizza tra il 60 e il 40%. Se non si arriva a tale bilanciamento tra i generi (potendo anche il genere femminile trovarsi in maggioranza) il processo non si puo' considerare avvenuto. 13. LIBRI. ANNA MARIA MERLO PRESENTA L'ULTIMO LIBRO DI FETHI BENSLAMA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 ottobre 2005. Anna Maria Merlo e' corrispondente da Parigi del quotidiano e acuta osservatrice delle vicende politiche, sociali e culturali francesi. Fethi Benslama e' psicoanalista, docente universitario a Parigi, prestigioso saggista, impegnato contro il razzismo e l'integralismo, per i diritti umani di tutti gli esseri umani] "Not in my name", dicono i manifestanti anglosassoni per protestare contro guerre e aggressioni dei loro governi: una simile posizione guida Fethi Benslama, psicoanalista e professore di psico-patologia a Paris VII, nella sua Declaration d'insoumission a' l'usage des musulmans et de ceux qui ne le sont pas (Flammarion, pp. 98, euro 9,50) quando scrive "In nome dell'islam: tale e' oggi l'invocazione macabra, la folle litania che si aggiudica il potere assoluto di distruggere". Il libro e' nato su richiesta del gruppo di lavoro che si e' formato a Parigi sulla base del Manifeste des libertes, pubblicato nel febbraio del 2004, dove donne e uomini chiedevano a tutti coloro che si riconoscono contemporaneamente nei valori della laicita' e nel riferimento all'Islam come cultura di uscire dal loro isolamento e di opporsi all'ideologia dell'islamismo, che con gli attentati semina morte in nome di una religione. Islam, musulmani: "quando la forza del nome irradia cosi' tante devastazioni, non possiamo considerare che questo avvenga per caso": ecco il punto di partenza iconoclasta di Benslama. Certo, il passato e' saturo di ragioni che si identificano con le devastazioni economiche, sociali e culturali del colonialismo prima e dei regimi post-coloniali poi; vengono avanzate delle scuse, come il fatto che anche sotto altri nomi (cristianesimo, comunismo, imperi coloniali ecc.) siano state giustificate violenze inaudite. Ma oggi - dice Benslama - chi si riconosce nella cultura dell'Islam (con la I maiuscola, per indicare appunto una cultura...) ha un "dovere di rivolta". Perche' "la barbarie non puo' essere accidentale". * Le monarchie petrolifere, alla fine degli anni '60, approfittando della guerra fredda e degli errori del fronte progressista, "hanno irrigato con la loro ricchezza acquisita con facilita' i semi dell'islamismo". Un processo favorito dalla democrazie occidentali: "presi nella morsa tra i movimenti religiosi totalitari, gli stati dispotici e gli arrangiamenti dei governi democratici, i cercatori di liberta' del mondo musulmano non trovano neppure sulla loro strada gli intellettuali europei e americani che, non tanto tempo fa, avevano prodigato il loro sostegno ai dissidenti dei sistemi totalitari dell'est", constata amaro l'autore. Di qui i problemi di identita' che costituiscono la principale minaccia contro le solidarieta' tra generazioni, popoli, culture. E' una questione che deve interessare tutti, non i soli musulmani, dice Benslama, perche' la rivendicazione di identita' e' sfruttata dall'islamismo radicale ed e' proprio a partire da una sua ridefinizione che puo' costruirsi la rivolta. * Fethi Benslama individua nell'oppresione delle donne il fattore che "organizza nell'insieme della societa' l'ineguaglianza, l'odio per l'alterita', la violenza, ordinate dal potere maschio". Non a caso il Manifeste era nato al momento della controversia sul velo in Francia. "Contrariamente a quanto la polemica sul velo ha lasciato accreditare, sia tra i suoi difensori che tra i detrattori, il velo non e' un segno, ma cio' che deve occultare i 'segni malefici' di cui il corpo della donna e' portatore in quanto tale". Il velo, come "antisegno ostentatorio della donna percepita come un male necessario", perpetua la dicotomia delle identita' sessuali, fondate sulla differenza naturale, "supporto principale delle ideologia della purezza, che costituiscono il corpo della donna come il lugo immaginario di un rischio di infestazione genealogico del gruppo da parte dell'altro". * La rivolta sta nel "mettere disordine nella purezza", cioe' "rimettere in primo piano nella vita pubblica, nello scambio e nell'alternanza al potere, la questione del cosmopolitismo e della minoranza, facendo riferimento al principio che rende indissociabili eguaglianza e liberta'". Benslama scrive: "l'avrete capito, se consideriamo che l'emancipazione delle donne e' il punto dove si stringe e dove si dispiega il ventaglio dei problemi piu' cruciali per l'avvenire democratico del mondo musulmano e' perche' il complesso religioso che organizza i rapporti di alterita' nell'islam ha, piu' che altrove, inchiodato la posizione del genere femminile, con lo scopo di imporre il potere maschile". Per opporsi alla posizione difensiva dell'islamismo di massa, Benslama propone anche un approccio pratico, cioe' un'azione politica e intellettuale tale da aprire degli spazi per "esperienze singolari di liberta'", a cominciare da un'Universita' delle liberta' (un'universita' popolare), per arrivare a superare, attraverso una riappropriazione degli strumenti culturali, il mito identitario dell'islamismo, su posizioni laiche, che disinguano la sfera spirituale da quella legislativa. Certo, avverte, il modo con cui vengono trattati in Europa gli immigrati di origine musulmana non aiuta, anzi, li spinge nelle braccia degli imam che predicano il mito identitario come sola risposta all'esclusione. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1096 del 27 ottobre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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