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La nonviolenza e' in cammino. 1071
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1071
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 2 Oct 2005 00:12:14 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1071 del 2 ottobre 2005 Sommario di questo numero: 1. Bruna Peyrot: Etica per la vita: si' al referendum del 23 ottobre 2. Giorgio Montagnoli: Si' 3. Ermanno Allegri: Una richiesta di sostegno 4. Alcuni riferimenti utili per sostenere il referendum per il disarmo 5. Carmine Curci, Nicola Colasuonno, Renato Sacco: La Campagna "banche armate" scrive a governo e parlamento 6. Giulio Vittorangeli: Scrivere della Palestina 7. Dichiarazione conclusiva della conferenza internazionale delle Donne in nero a Gerusalemme 8. Peppe Sini, Tomas Stockmann: Gaza, e il fascismo europeo 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE BRUNA PEYROT: ETICA PER LA VITA: SI' AL REFERENDUM DEL 23 OTTOBRE [Ringraziamo Bruna Peyrot (per contatti: brunapeyrot at terra.com.br)) per questo intervento. Bruna Peyrot, torinese, scrittrice, studiosa di storica sociale, conduce da anni ricerche sulle identita' e le memorie culturali; collaboratrice di periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, autrice di vari libri; vive attualmente in Brasile. Si interessa da anni al rapporto politica-spiritualita' che emerge da molti dei suoi libri, prima dedicati alla identita' e alla storia di valdesi italiani, poi all'area latinoamericana nella quale si e' occupata e si occupa della genesi dei processi democratici. Tra le sue opere: La roccia dove Dio chiama. Viaggio nella memoria valdese fra oralita' e scrittura, Forni, 1990; Vite discrete. Corpi e immagini di donne valdesi, Rosenberg & Sellier, 1993; Storia di una curatrice d'anime, Giunti, 1995; Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese, Giunti, 1997; Dalla Scrittura alle scritture, Rosenberg & Sellier, 1998; Una donna nomade: Miriam Castiglione, una protestante in Puglia, Edizioni Lavoro, 2000; Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita', Citta' Aperta, 2002; La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta, 2004] Il prossimo 23 ottobre sara' una data storica per il Brasile e per il popolo nonviolento di ogni continente. La domanda che prevede la scheda da compilare per ogni brasiliano dai 18 ai 70 anni risuona nei cuori di molti: "Il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni deve essere proibito in Brasile?". Per il Brasile e' obbligatorio andare a votare, ma tutti voteremmo liberamente se potessimo farlo nei nostri rispettivi paesi. Come si sa, il Brasile e' il primo paese al mondo ad aver indetto un referendum su questo tema, ed e' anche la prima volta che accade nella sua storia: un duplice segno di attenzione da cogliere. Questo evento, infatti, mi ha posto due domande: perche' proprio in questo periodo si e' avviata la campagna per l'abolizione delle armi, e perche' in altri paesi di piu' lunga storia democratica questo non e' ancora successo? * Alla prima domanda e' complesso rispondere in breve. Provero', tuttavia, a dare qualche suggestione. L'imponenza del Brasile e' gia' tutta contenuta nei suoi numeri: otto milioni e mezzo di Kmq, il 48% di tutto il continente sudamericano, pari a trenta volte l'Italia, 190 milioni di abitanti, 8.000 Km di litorale atlantico dal quale si attivano le vie di scambio commerciali, culturali e anche illegali (armi e droga) anche verso Europa e Africa, sedici capitali di stato quasi tutte in riva al mare. Questa repubblica federale da tre anni ha come presidente un metallurgico, dal suggestivo nome di "calamaro", Lula in portoghese. La sua figura e' stata la metafora di un riscatto sociale profondo del Brasile povero, quello nordestino, dell'Interior (descritto da Guimaraes Rosa) e dei senza tutto: casa, tetto, terra, denaro, cultura. Il clima di euforia scatenato da quella vittoria aveva incoraggiato il Brasile democratico ad andare al fondo delle piaghe sociali che lo avevano colpito da sempre. La campagna contro le armi sboccia da questo contesto, pregno di voglia di giustizia e di speranza per un mondo migliore. Questa stessa speranza e' stata colpita duramente dalla crisi del governo Lula e dal travaglio infinito del suo partito, il Pt (Partido dos Trabalhadores). Il centro della questione mi pare si riassuma in questo: da un lato nel modo in cui molti dirigenti hanno affrontato il potere di governo, con vecchi metodi e accettando la struttura dei privilegi e dello stile mafioso dei padrinati delle elites dirigenti. Il Pt non e' stato capace di portare una vera politica spirituale dentro le istituzioni, non e' stato capace di continuare a "essere" del Pt, cioe' rappresentare una militanza che sia anche stile di vita coerente e morale. Dall'altro lato, tuttavia, il Pt e' attaccato duramente sulla stampa e dalla televisione sul suo stesso terreno, l'etica, proprio da partiti che fino a pochi anni fa sono stati i liquidatori dello stato sociale e i praticanti di un gioco di potere clientelare e personalistico. L'intento e' di liquidare il Pt che comunque sia andata e andra' la storia ha scritto una pagina democratica fondamentale nella storia brasiliana. E i suoi frutti si vedono nella campagna per il disarmo, nel referendum del 23 ottobre che ha riunito componenti sociali diverse: religiosi, dirigenti politici, sindacalisti, donne, animatori di comunita', ong, amministrazioni comunali, ecc. hanno lanciato questo grande segnale in difesa di una democrazia senza armi. * Perche', rispondendo alla seconda domanda, in altri paesi non e' mai stato proposto un referendum simile? Secondo me e' stato proposto in Brasile perche' qui la vita, come in tutta l'America latina, vale poco. Lo dimostrano i dati: il Brasile ha il piu' alto numero di morti per armi da fuoco e ogni anno si registrano oltre 40.000 morti per ferite da armi da fuoco, il che equivale a dire che muore una persona ogni quarto d'ora e la maggior parte delle vittime sono i giovani, ragazzi tra 15 e i 25 anni. Dove la vita e' piu' disprezzata, per reazione istintiva, nascono anche le rivolte per la sua difesa piu' potenti. In Colombia un modo di dire recita: "mas muerte, mas vida". Lo ripetevano a me le sindacaliste colombiane per descrivermi la loro resistenza ai paramilitari che ancora oggi imperversano in quel paese dal conflitto dimenticato. E' dunque oltremodo significativo che il Brasile sia di guida alla sensibilizzazione sul commercio delle armi, perche' da' speranza anche ai paesi dove si sa che le armi si fanno e si vendono ai paesi che le usano perche' aiutati da una cultura di subalternita', in cui i conflitti si risolvono con le armi. La maggior parte degli omicidi e' commessa infatti tra parenti e conoscenti: risse in famiglia, bar, liti tra automobilisti, scontri tra tifoserie... * Questo referendum propone ai cittadini un gesto che costruisce cultura nonviolenta, che va al contrario di come stanno andando le cose, che chiede solidarieta' internazionale ai cittadini dove le armi si costruiscono per svelarne le rotte. Sosteniamolo allora: non solo in vista di quella data ma soprattutto dopo, continuando nei nostri paesi a proporre la stessa lotta. 2. 23 OTTOBRE. GIORGIO MONTAGNOLI: SI' [Ringraziamo Giorgio Montagnoli (per contatti: montagnoli at nodalisfree.it) per questo intervento. Giorgio Montagnoli (Genova, 23 giugno 1937), chimico e docente fuori ruolo di chimica e biochimica alla facolta' di Medicina veterinaria dell'Universita' di Pisa, fa parte del Cisp, Centro interdipartimentale di ricerca sulle scienze per la pace della stessa universita', ed e' garante di due insegnamenti ai due corsi di laurea in Scienze per la pace (nel corso di laurea triennale Scienze molecolari della vita, e nella specialistica Controllo delle armi chimiche e biologiche); e' autore di pubblicazioni e testi scientifici sul tema del "Riconoscimento molecolare" (ad esempio: Molecular Models of Photoresponsiveness, G. Montagnoli and B. F. Erlanger editors, Plenum Press, New York 1983), ma anche di divulgazione, in particolare sulle armi chimiche e biologiche, e infine di testi letterari indirizzati alla pace: Tre raccolte per regalo, Lucca libri, Lucca 1998, e A lato delle favole e nei sogni, Titivillus, S. Miniato 2003] Il 18 novembre 1922, il giornale "London Observer" riportava: "Si calcola che lo scorso anno oltre un milione di casse di ossa umane e non umane siano state spedite dal continente europeo fino al porto di Hull. I dintorni di Lipsia, Austerlitz, Waterloo e di tutti i luoghi dove, nell'ultimo sanguinoso conflitto, furono combattute le maggiori battaglie, sono stati parimenti ripuliti sia delle ossa degli eroi, sia di quelle dei cavalli che essi montarono. Cosi', raccolte da ogni dove, sono state spedite nel porto di Hull, e di li' inoltrate alle macine di ossa dello Yorkshire, che hanno montato motori a vapore e macchinari potenti allo scopo di ridurle in granuli. In questo stato vengono vendute agli agricoltori per concimare la loro terra". Un linguaggio con un profumo che sa di vecchio e superato, ma umanamente piatto e crudo, per un tempo in cui si andava preparando una guerra ancora piu' disastrosa. Possibile che non ci si renda conto di quanto la retorica virile ci renda ridicoli, anche se la sofferenza rimane reale e inescusabile? Nello stesso 1921 un generale italiano, Giulio Dohuet, propone di stabilire come principio quanto in realta' si stava gia' sviluppando: nel dare la morte indiscriminata dall'alto, cambiare il bersaglio, e passare alle vittime civili. Sono nate prima le guerre o le armi? In ogni caso, queste ultime fanno parte del nostro vissuto, e restano un mistero. Nel suo libro "Un terribile amore per la guerra" (Adelphi, Milano 2005), lo psicanalista James Hillman offre una soluzione. Dice, con riferimento ovvio al proprio paese: "Perche' Dio e' nel fucile, l'amore appassionato per le armi da fuoco puo' esprimere non tanto un amore per la violenza, quanto una protezione magica dalla violenza stessa. La pistola: un feticcio o un amuleto per tenere a bada la paura di essere feriti o uccisi e la passivita' dell'inerzia e, nella vita quotidiana, per avere nelle nostre mani un talismano contro le angosce paranoiche che perseguitano la psiche americana... La terra non solo ricorda, essa risuona di agonie, strato pulsante dell'inconscio collettivo depositato dalle azioni degli americani trascritte come storia americana". Forse dovremmo guardare con occhi aperti e irriguardosi un fenomeno disgustoso che coinvolge tutti, e un poco di autoironia ci potrebbe salvare da questa nostra impossibilita' dichiarata, di non poter fare a meno delle armi per vivere la competizione che abbiamo creato. Abbiamo bisogno di sicurezza, addirittura preventiva (vincere ancora prima dell'ingaggio), perche' non abbiamo il coraggio di correre il rischio di vivere. Il referendum brasiliano e' un atto che ce lo restituisce, rompendo la comoda omerta', e ci apre una strada per riflettere su di noi, e scegliere la vita. 3. APPELLI. ERMANNO ALLEGRI: UNA RICHIESTA DI SOSTEGNO [Attraverso Francesco Comina (per contatti: f.comina at ladige.it) riceviamo e volentieri diffondiamo la seguente lettera di padre Ermanno Allegri, direttore dell'agenzia stampa "Adital" (per contatti: ermanno at adital.com.br). Francesco Comina e' il principale punto di riferimento in Italia della campagna di sostegno al si' al referendum brasiliano per proibire il commercio delle armi. Giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e' impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; (con Marcelo Barros), Il sapore della liberta', La meridiana, Molfetta (Ba) 2005; ha contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e a AA. VV., Giubileo purificato, Emi, Bologna. Ermanno Allegri e' direttore di "Adital", Agenzia d'informazione "Frei Tito" per l'America Latina, tel. 8532579804, fax: 8534725434, cellulare: 8599692314, sito: www.adital.com.br ; "sacerdote bolzanino da trent'anni in Brasile, gia' segretario nazionale della Commissione Pastorale della Terra e ora direttore di un'agenzia continentale (Adital, sito: www.adital.com.br), nata come strumento per portare all'attenzone della grande informazione latinoamericana i temi delle comunita' di base e l'impegno contro la poverta'. Allegri e' stato chiamato a contribuire al coordinamento delle azioni di sensibilizzazione in vista del referendum che si terra' in Brasile alla fine di ottobre che ha come tema la messa al bando del commercio delle armi da fuoco che in tutta l'America Latina costituisce un rilevante fattore di violenza (omicidi, rapine, ecc.). E' una battaglia civile e di diritto importantissima per tutto il Brasile, ma anche per il movimento per la pace di tutto il mondo. La posta in gioco e' grande ma i poteri che contano (le multinazionali delle armi) sono gia' all'opera per vincere, mettendo in campo enormi fondi. Allegri chiede che questo tema venga messo nell'agenda anche del movimento per la pace italiano e chiede anche un aiuto finanziario per coordinare da qui a ottobre l'attivita' di sensibilizzazione di Adital" (Francesco Comina)] Carissimi amici, il referendum per proibire la vendita delle armi da fuoco e delle munizioni finalmente sta movimentando anche il Brasile. Come agenzia di informazione "Adital" da poche settimane abbiamo messo l'hot-site in circolazione perche' abbiamo avuto una certa sicurezza che qualche aiuto ce l'avrebbe permesso. Ora pero', dopo che abbiamo avviato il lavoro, siamo veramente alle strette e non vorremmo fermarci proprio adesso. Mancano solo 20 giorni al referendum. Dico questo perche' quest'anno la nostra situazione economica e' piuttosto complicata e l'impegno ulteriore dell'invio di materiali in Italia ha dei costi che non possiamo sostenere. Un gruppo di Verona ha fatto un bonifico per "Adital" di 500 euro. Non so se posso chiedere uma collaborazione da altri amici per altri 1.500 euro per poter continuare con tranquillita' il nostro lavoro di informazione per l'Italia: sono spese di traduzione, amministrazione e giornalismo. Per il costo dei materiali che produciamo in portoghese e, in parte, in spagnolo, spero di poter contare su un progetto qui in Brasile (l'equivalente di circa 6.500 euro per due mesi e mezzo di copertura - fine ottobre), ma non ho avuto ancora la risposta. Ci siamo arrischiati a prendere un prestito sperando in una risposta positiva... * Per facilitare qualche bonifico di amici italiani ho aperto, due anni fa, un conto presso la Banca Etica a Bolzano, legata alla Banca Etica di Padova. Questo ci riduce le spese bancarie sugli invii. Il gerente e' un amico. Seguono i dati che interessano per il deposito: Ethical Banking - Cassa Rurale di Bolzano a nome di: Agencia de Informacion Fray Tito para America Latina Conto "sole" n. 0003000 4.616-7 Via De-Lai, 2, 39100 Bolzano, Italia Gerente: Helmut Bachmayer, tel.: mobile 3497516447, ufficio 0471978666, fax: 0471979407, e-mail: helmut.bachmayer at raiffeisen.it, sito: www.ethicalbanking.it 4. CONTATTI. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI PER SOSTENERE IL REFERENDUM PER IL DISARMO Utilissime informazioni sul referendum brasiliano sono nel fondamentale sito www.referendosim.com.br (in lingua portoghese-brasiliana). * Alcuni altri siti particolarmente utili a) in Brasile: www.adital.com.br www.desarme.org www.soudapaz.org.br www.vivario.org.br b) in Italia: www.amnesty.it www.archiviodisarmo.it www.controlarms.org www.disarmo.org www.disarmonline.org www.ildialogo.org www.nonviolenti.org www.paxchristi.it www.peacelink.it www.retelilliput.net * Tutti gli interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per proibire il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni ospitati su questo foglio compaiono anche in una apposita pagina web del sito di Peacelink (www.peacelink.it), curata da Giacomo Alessandroni: http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_12631.html Nel sito di Peacelink e' anche possibile consultare tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" a partire dal dicembre 2004 alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html * Alcuni indirizzi di referenti istituzionali e della societa' civile brasiliani particolarmente impegnati nella Campagna per il disarmo e il referendum del 23 ottobre: acresemarmas at uol.com.br oca-ong at bol.com.br fccv at ufba.br suzanav at atarde.com.br estadodepaz at estadodepaz.com.br inamaramelo at yahoo.com.br pazpelapaz1 at yahoo.com.br borgescoml at bol.com.br desarmamentodf at desarmamentodf.org otaviofalcao at pop.com.br samambaiadizsim at bol.com.br federacaoinquilinosdf at bol.com.br associacaomis at brturbo.com.br desarmamentoes at paz-es.org.br valparaiso at terra.com.br cmtbatista at mixx.com.br orestesoliveira at casamilitar.mt.gov.br pteruel at terra.com.br frentemunicipalbrasilsemarmas at yahoo.com.br bh_sem_armas at yahoo.com.br welingtonvenancio at bol.com.br kleversonrocha at ig.com.br depjordy at alepa.pa.gov.br deparacelilemos at alepa.pa.gov.br almirlaureano at yahoo.com.br paz at londrinapazeando.org.br murilocavalcanti at uol.com.br f.tavares at digi.com.br leandro_amme at yahoo.com.br frentepelodesarmamento at ig.com.br pemarcel at terra.com.br gvieira7 at terra.com.br seguranca at niteroi.rj.gov.br beatriz at soudapaz.org mariana at soudapaz.org desarmecampinas at yahoo.com.br ajardim at al.sp.gov.br josecpinto at camaralimeira.sp.gov.br gotadeorvalho at gmail.com jbernegossi at prefeitura.sp.gov.br mjduarte at uol.com.br hpereira at al.sp.gov.br marcoanjos at bol.com.br marcosanjos at emsergipe.com conic.brasil at terra.com.br cbjp at cbjp.org.br ronenu at canal13.com.br jdarif at uol.com.br naida at uol.com.br pstoffel at saap.org.br welinton_pereira at wvi.org padrebizon at casadareconciliacao.com.br ivoschoenherr at terra.com.br frentepelodesarmamento at ig.com.br rev.aquino at ig.com.br torressantana at uol.com.br norberge at terra.com.br soniarosafaria at hotmail.com mitra at diocesepetropolis.org.br cier at cnbbsul4.org.br czbsbf at terra.com.br * Alcuni referenti italiani particolarmente impegnati a sostegno della Campagna per il disarmo e il referendum del 23 ottobre in Brasile: - padre Ermanno Allegri, e-mail: ermanno at adital.com.br - dottor Francesco Comina, e-mail: f.comina at ladige.it - Centro per la pace del Comune di Bolzano, e-mail: welapax at hotmail.com - Rete italiana per il disarmo, e-mail: segreteria at disarmo.org - Centro di ricerca per la pace di Viterbo, e-mail: nbawac at tin.it * Un invito ancora Ancora una volta invitiamo tutte le persone che ci leggono sia ad inviarci interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per abolire il commercio delle armi, sia a scrivere a giornali, riviste, siti, mass-media, a istituzioni, movimenti, associazioni, a persone amiche, per diffondere l'informazione e la sensibilizzazione sul referendum brasiliano, e chiamare tutte le persone di volonta' buona ad esprimere sostegno alle sorelle e ai fratelli che in Brasile sono impegnati a far vincere il si' al diritto a vivere, il si' al disarmo, il si' alla civilta' umana, il si' alla gestione nonviolenta dei conflitti, il si' alla pace fra tutti gli esseri umani, il si' alla convivenza di tutte e tutti sull'unica terra che abbiamo. 5. INIZIATIVE. CARMINE CURCI, NICOLA COLASUONNO, RENATO SACCO: LA CAMPAGNA "BANCHE ARMATE" SCRIVE A GOVERNO E PARLAMENTO [Da varie persone amiche ed associazioni di pace e di solidarieta' riceviamo e volentieri diffondiamo la seguente dichiarazione di padre Carmine Curci ("Nigrizia"), padre Nicola Colasuonno ("Missione oggi") e don Renato Sacco ("Mosaico di pace"). Per informazioni e contatti: "Missione Oggi": tel. 0303772780, e-mail: missioneoggi at saveriani.bs.it; "Mosaico di pace": tel. 0803953507, e-mail: ufficiostampa at mosaicodipace.it; "Nigrizia": tel. 0458092390, e-mail: redazione at nigrizia.it Carmine Curci, missionario comboniano, e' nato nel 1957 a Stornarella, in provincia di Foggia; ha trascorso quattro anni in Brasile, durante i quali ha completato gli studi teologici, ed e' stato ordinato sacerdote nel 1984; ha collaborato, in Malawi, al lancio della rivista "The Lamp"; dal 1997 era direttore del "New People Media Centre" (Npmc) di Nairobi, centro di comunicazione sociale che, tra le diverse iniziative editoriali, pubblica il bimestrale "New People"; e' attualmente direttore di "Nigrizia", dove aveva gia' lavorato dal 1984 al 1989. Nicola Colasuonno, missionario saveriano, originario di Bari, ha fatto gli studi teologici negli Stati Uniti, dove ha lavorato nell'animazione missionaria e nella formazione; e' stato missionario nella Repubblica democratica del Congo, al tempo del presidente Mobutu, dedicandosi all'inculturazione del messaggio cristiano e all'attivita' di giustizia e pace, specialmente attraverso le piccole comunita' di base; tornato in Italia, ha svolto attivita' di formazione nel noviziato saveriano di Ancona e di animazione missionaria; e' attualmente direttore di "Missione Oggi". Renato Sacco, parroco a Cesara, e' da un quarto di secolo impegnato in "Pax Christi", di cui e' consigliere nazionale; e' tra gli animatori di "Mosaico di pace", ed e' da sempre una delle figure piu' autorevoli e rappresentative dell'impegno di pace e nonviolenza in Italia] E' prossimo il voto nelle Commissioni parlamentari Esteri e Difesa sulla Relazione 2005 della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni di armi italiane. Pur valutando positivamente il fatto che, per per la prima volta in 15 anni, la Relazione annuale della Presidenza del Consiglio prevista dalla legge 185/90 sull'esportazione delle armi italiane e' stata quest'anno oggetto di discussione nelle Commissioni Esteri e Difesa della Camera, come promotori della Campagna di pressione alle "banche armate" manifestiamo forti preoccupazioni per il reiterato tentativo da parte del Governo di modificare e riscrivere la legge 185 e, soprattutto, per il tentativo di eludere la trasparenza in merito a operazioni svolte dagli Istituti di credito in appoggio al commercio delle armi italiane. La suddetta Relazione 2005, infatti, svolgendo considerazioni non sostenute dagli stessi dati forniti dal Ministero, definisce come "problematica di alta rilevanza", tanto da essere stata trattata a livello interministeriale, "quella relativa all'atteggiamento assunto da buona parte degli istituti bancari nazionali nell'ambito della loro politica di 'responsabilita' sociale d'impresa'". "Tali istituti, infatti - prosegue la Relazione - pur di non essere catalogati fra le cosiddette 'banche armate', hanno deciso di non effettuare piu', o quantomeno, limitare significativamente le operazioni bancarie connesse con l'importazione o l'esportazione di materiali d'armamento". La Relazione annuncia quindi che "il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha recentemente prospettato una possibile soluzione che sara' quanto prima esaminata a livello interministeriale". Soluzione di cui, nonostante le interpellanze parlamentari, non si sa niente, ma non sembra nella direzione di una maggior trasparenza del settore. Sta di fatto che "difficolta' operative" tali da richiedere modifiche alla legge non ve ne sono. Come riportano le tabelle del Ministero dell'Economia e delle Finanze, infatti, le banche italiane, coi gruppi Capitalia e San Paolo Imi in testa, ricoprono tuttora piu' dell'85% delle operazioni di appoggio all'esportazione di armi italiane, che va ricordato, in un solo anno sono quasi raddoppiate passando dai 722 milioni di euro del 2003 agli oltre 1.317 milioni di euro del 2004. In parole semplici, le banche italiane rappresentano tuttora l'intermediario privilegiato per l'industria armiera nazionale che quest'anno ha accresciuto il proprio portafoglio d'ordini di oltre il 16% e, nell'ultimo quadriennio, di ben oltre il 72%. Se importanti Istituti di credito privati hanno deciso, nella loro politica di "responsabilita' sociale d'impresa", di rispondere all'appello promosso dalla nostra Campagna e alle stesse richieste dei loro correntisti, decidendo di dotarsi di normative precise e pubbliche per quanto riguarda l'appoggio al commercio delle armi italiane, il Ministero ne dovrebbe essere ben fiero: tutto cio', infatti, non solo va a favore della trasparenza, ma anche di quella "eticita'" che da piu' parti si chiede al mondo finanziario. * Come direttori di riviste missionarie avvertiamo la responsabilita' di intervenire sul tema del commercio delle armi, in quanto ha una pesante ricaduta sulla vita dei poveri di molti paesi del sud del mondo. Il fatto e' che alla potente lobby armiera e a una parte del mondo finanziario da' fastidio che i cittadini sappiano con chi le nostre industrie armiere fanno affari. La Campagna di pressione alle "banche armate" in questi sei anni di attivita' ha, invece, puntualmente divulgato le informazioni del Ministero rendendo noto a tutti cio' che molti vorrebbero tenere riservato agli "addetti ai lavori". Non solo. Presentando in qualita' di Relatore nella IV Commissione Difesa la Relazione 2005, l'on. Giuseppe Cossiga (Forza Italia) nel suo intervento, sottolineando come "eccessiva l'enfasi con la quale la relazione da' conto dell'ammontare complessivo delle operazioni finanziate dagli istituti di credito", ha affermato che "in mancanza di ulteriori informazioni sull'oggetto delle operazioni finanziate, si forniscono dati che risultano non solo fuorvianti, ma suscettibili di alimentare campagne di informazione del tutto prive di fondamento, come nel caso della campagna banche armate". Riteniamo gravi e infondate le affermazioni dell'on. Giuseppe Cossiga. E siamo da tempo in attesa di conoscere da lui quali sarebbero le "informazione del tutto prive di fondamento" fornite dalla Campagna. Come gia' detto, proprio grazie all'attendibilita' dei dati forniti dal Governo, la Campagna di pressione da noi promossa non solo non ha mai trovato smentite da parte degli Istituti di credito italiani, ma ha anzi creato le condizioni che hanno indotto importanti gruppi bancari a smettere di fornire, totalmente o in parte, i propri servizi in appoggio al commercio delle armi. Pertanto chiediamo a tutti i gruppi parlamentari di: 1. Rendere noto per tempo e con chiarezza il voto che esprimeranno in Commissione parlamentare sulla Relazione 2005 sull'esportazione di armi. 2. Essere compatti e presenti per esprimere voto di parere contrario sulla Relazione 2005 sull'esportazione di armi. * padre Carmine Curci ("Nigrizia"), padre Nicola Colasuonno ("Missione Oggi") don. Renato Sacco ("Mosaico di Pace") promotori della Campagna di pressione alle "banche armate" * Post scriptum: Cogliamo questa occasione per informare che stiamo organizzando per dicembre/gennaio un convegno che intende essere un confronto aperto, chiaro e proficuo sia col mondo bancario, sia con i rappresentanti del governo, delle istituzioni, degli enti locali e delle tante associazioni che in Italia e in Europa sono da tempo attente ai temi del commercio delle armi e del ruolo della finanza. * Per informazioni e contatti: - "Missione Oggi": tel. 0303772780, e-mail: missioneoggi at saveriani.bs.it - "Mosaico di pace": tel. 0803953507, e-mail: ufficiostampa at mosaicodipace.it - "Nigrizia": tel. 0458092390, e-mail: redazione at nigrizia.it 6. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: SCRIVERE DELLA PALESTINA [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Nei giorni in cui lo facciamo, scrivere della Palestina e' frustrante. Intorno a noi le divisioni tra popoli si moltiplicano; le distanze si allargano. A molti, quelle barriere, steccati, frontiere, muri della vergogna, fanno comodo. Il 12 settembre, Israele ha completato il ritiro dei suoi soldati mettendo fine a 38 anni di occupazione militare della Striscia di Gaza. "Un inferno di miseria e di odio, un popolo tenuto per 38 anni sotto un regime crudele, che distruggeva, giorno dopo giorno, ogni parvenza di diritto. Nel 1991, a una delegazione di parlamentari italiani da me presieduta, il generale Zach e il signor Phines Avivi - i due massimi esponenti della cosiddetta 'Amministrazione civile' dei territori occupati - dichiararono senza vergogna che nella Striscia applicavano volta a volta le vecchie leggi del Protettorato britannico o quelle egiziane oppure i bandi militari" (Ettore Masina, "Lettera" n. 109, settembre 2005). Cosi' abbiamo visto, almeno per un attimo, la gioia di un popolo che rivendica un desiderio infinito, potentissimo e chiaro, di liberta' che si innalza al di sopra e al di la' di tutti i confini. Certo, c'e' stato l'assalto palestinese alle sinagoghe dei coloni. Ma averle lasciate volutamente integre, come simbolo dell'occupazione, e' stata una scelta sentita da parte della poplazione palestinese come provocatoria. Gaza restava comunque una specie di bantustan sotto il controllo di Israele; e l'odio e' facilmente riesploso travolgendo la fragile tregua. Sono ripresi i raid, gli assassini mirati da parte di Israele e il lancio di razzi palestinesi contro i centri abitati. E di nuovo e' l'infinito buio. La spirale tremenda - che soltanto Rabin ha cercato di fermare e per questo e' stato ucciso - funziona sempre. * Si diceva che scrivere della Palestina oggi frustra. E non potrebbe essere altrimenti, perche' anche noi - impegnati da sempre per la pace fra israeliani e palestinesi - siamo responsabili della crudelta' attuale. Non possiamo non interrogarci, non chiederci se abbiamo veramente svolto al meglio il nostro ruolo. Abbiamo visto il torto fatto a quella che fu la Palestina tollerante, delle decine di etnie, religioni e chiese. Sono stati i governanti di Israele, che a suo tempo hanno favorito la creazione di Hamas, il movimento islamico palestinese, per indebolire l'Olp. Gli stessi governanti che hanno portato molti palestinesi alla disperazione e ad una sorta di frustrazione rassegnata. Ridurre la gente all'indifferenza e all'apatia, rendere l'esistenza cosi' miserabile da far sembrare necessario rinunciare alla vita stessa: e' questo lo stato di disperazione chiaramente voluto da Sharon. E se non dovesse riuscire nell'impresa, gli subentrera' Netanyahu per cercare di portare a termine lo stesso compito terribile e disumano, ma in ultima analisi suicida. * Del resto la storia non ha pieta'. Non conosce leggi contro la sofferenza e la crudelta', non possiede un equilibrio interno capace di restituire il giusto nel mondo a un popolo che ha subito grandi torti. Proprio il groviglio di dolore passato e presente, di ingiustizie passate e presenti, fanno della questione Israele-Palestina un problema internazionale diverso da tutti gli altri. Per questo bisogna reinventare una solidarieta' che superi gli stanchi vecchi metodi che non riescono a promuovere gli interessi palestinesi. E' importante appoggiare il popolo palestinese, ma e' importante, allo stesso tempo, dire qualcosa - per esempio - sui riservisti israeliani che si sono rifiutati di prestare servizio in Cisgiordania e a Gaza. Se non cominciamo a riconoscere e a lavorare d'intesa con la resistenza israeliana all'oppressione israeliana, resteremo fermi al punto di partenza. Perche' non sforzarsi di distinguere i gruppi israeliani che si oppongono alla demolizione delle case, all'apartheid, agli assassini mirati o a ogni altra illegittima manifestazione della prepotenza governativa israeliana? Prepotenza che inevitabilmente crea nuovi spazi per nuovi tipi di resistenza di cui gli attentati suicidi non fanno parte. Jamal Zaquot, deportato palestinese nella prima Intifada, sul corpo i segni delle torture, ha dichiarato: "Non sopporto che vi siano attacchi sui civili in Israele; anche se nei territori palestinesi i bombardamenti, gli attacchi militari, uccidono civili, non si puo' rispondere con la logica del dente per dente. Non si puo' pensare 'loro ci uccidono, noi abbiamo paura tutti i giorni, i nostri bambini, i nostri giovani muoiono ogni giorno, anche loro devono avere paura, anche loro devono morire'. Sono contrario politicamente e moralmente non solo perche' si uccidono civili, ma perche' e' la nostra stessa umanita' che si perde, e' il futuro del popolo palestinese che non puo' formarsi con la cultura della morte e della vendetta. Dobbiamo essere i n grado di non sviluppare la sindrome dell'unica vittima, e di non pensare che siccome noi siamo oppressi e umiliati possiamo usare con chi ci opprime e umilia ogni arma". * Non si potra' sconfiggere l'occupazione e ottenerne la fine senza una convergenza degli sforzi concreti e mirati di palestinesi e israeliani. Dobbiamo concentrarci soprattutto su questo, specialmente oggi che le crepe della societa' israeliana mostrano un popolo spaventato, chiuso e terribilmente insicuro. "Spetta sempre alla vittima, non all'oppressore, indicare nuove vie di resistenza, e i segnali dicono che la societa' civile palestinese sta cominciando a prendere l'iniziativa. Questo e' un auspicio eccellente in un periodo di scoraggiamento e regressione agli istinti primordiali" (Edward W. Said). 7. DOCUMENTI. DICHIARAZIONE CONCLUSIVA DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLE DONNE IN NERO A GERUSALEMME [Ringraziamo Doriana Goracci (per contatti: doriana at inventati.org) per averci trasmesso il seguente documento. Doriana Goracci e' impegnata nel movimento delle Donne in nero e in molte altre esperienze di pace e di solidarieta'] Dichiarazione conclusiva della Conferenza Internazionale delle Donne in nero: "Le donne resistono alla guerra e all'occupazione", Gerusalemme 12-16 agosto 2005 Noi donne, palestinesi, israeliane e internazionali, riunite a Gerusalemme per la XIII Conferenza internazionale delle Donne in nero: 1. Confermiamo il nostro impegno a lavorare insieme come rete mondiale di donne dedite alla liberta', all'uguaglianza, alla giustizia, alla pace, ai diritti delle donne e ad un mondo libero da ogni violenza. Concordiamo di incontrarci ancora per continuare la nostra lotta e riaffermare il nostro impegno nelle attivita' e negli obiettivi della nostra rete, in una conferenza internazionale delle Donne in nero che si terra' in Spagna. * 2. Insistiamo sulla partecipazione delle donne come partner a pieno titolo nella prevenzione e nella soluzione dei conflitti, nella negoziazione e nell'attuazione degli accordi di pace in base alla risoluzione Onu 1325. La partecipazione equa ed attiva di donne con differenti background nel prendere le decisioni e' cruciale per assicurare che si affrontino e che ci si dedichi effettivamente ad argomenti relativi ai diritti economici, sociali, nazionali, etnici e culturali, alla liberta' di scelta e alla sicurezza delle donne. * 3. Chiediamo giustizia sociale ed economica e condanniamo il sistema e la struttura di sfruttamento della globalizzazione delle corporazioni multinazionali che portano alla poverta' milioni di persone in tutto il mondo, e che prosperano a spese della giustizia sociale e dello sviluppo. * 4. Lavoriamo per un mondo in cui la differenza non significhi disuguaglianza, oppressione o esclusione, cosi' come combattiamo contro tutte le cause di oppressione e discriminazione basate sul genere, sulla razza, sulle preferenze sessuali, sull'eta', sull'identita' etnica e nazionale e sulla religione. * 5. Sfidiamo le politiche militaristiche dei nostri governi, facciamo un appello per il disarmo, e condanniamo l'interferenza degli Usa e dei loro alleati nella politica di altre stati sovrani. * 6. Ci impegniamo a promuovere un'educazione e un linguaggio di verita' e di speranza che riflettano il nostro diritto alla giustizia, al risarcimento e alla riparazione, che sono le basi per la creazione di un mondo fondato su valori di giustizia, uguaglianza, cooperazione e solidarieta'. * 7. Condanniamo il femminicidio e tutte le forme di violenza - sessuale, fisica o psicologica - a cui le donne sono soggette nei luoghi di conflitto, nelle zone militarizzate, e nella loro vita quotidiana. * 8. Chiediamo la fine immediate della guerra e dell'occupazione degli Stati Uniti in Iraq, e siamo solidali con le donne irachene nella loro lotta per i diritti umani e legali. * 9. Ci appelliamo per una pace equa e sostenibile tra Israele e Palestina basata sulla legge internazionale e i diritti umani, da realizzare attraverso: - La fine dell'occupazione israeliana, - La cessazione immediata di tutte le azioni contro i civili, gli omicidi, le chiusure, le demolizioni di case, la confisca delle terre, la costruzione di insediamenti, la costruzione del muro dell'apartheid, la privazione di acqua, l'accesso negato alle scuole, agli ospedali, e ai luoghi di lavoro e di culto; - Il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici; - Lo smantellamento di tutti gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati nel 1967; - Negoziati finali immediati che portino ad uno stato palestinese sovrano lungo i confini stabiliti da Israele il 4 giugno 1967. La pace e la soluzione del conflitto non si otterranno attraverso azioni unilaterali come il disimpegno; - Il riconoscimento di Gerusalemme come due capitali per due stati, e la fine immediata di tutte le azioni unilaterali che portano alla pulizia etnica di Gerusalemme; - L'assunzione di responsabilita' da parte di Israele per la situazione dei rifugiati come pre-requisito per trovare una soluzione equa e durevole alla questione dei rifugiati secondo le relative risoluzioni Onu; - Il riconoscimento dei diritti nazionali e civili della minoranza palestinese in Israele. * Sebbene non si possa usare lo stesso metro per gli occupati e gli occupanti, riconosciamo la mancanza di sicurezza, la paura, e l'ansia emotiva provate da donne e uomini palestinesi e israeliane/i colpiti dalla violenza e dal perdurare del conflitto, e dall'essere vittime civili del conflitto stesso. Crediamo che un intervento della comunita' internazionale sia criticamente necessario a garanzia che Israele venga ritenuto responsabile per le sue azioni nei territori occupati e per la costruzione di una pace giusta tra Palestina e Israele. Sosteniamo l'appello alla comunita' internazionale per imporre misure nonviolente ed effettive come il non investimento in Israele e le sanzioni, finche' Israele continuera' a violare la legge internazionale, e continuera' l'occupazione e l'oppressione del popolo palestinese. * Ci appelliamo alle donne e agli uomini di tutto il mondo perche' si uniscano alla nostra ricerca per proteggere la vita, la dignita' umana e la liberta' nel mondo, rendendo realta' la nostra visione di liberta', pace e giustizia. 8. RIFLESSIONE. PEPPE SINI, TOMAS STOCKMANN: GAZA, E IL FASCISMO EUROPEO Lo smantellamento delle colonie nella striscia di Gaza deciso e realizzato dal governo di Israele negli scorsi mesi ha costituito un gesto di pace e un atto politico di straordinario valore, in assoluta controtendenza sia rispetto a precedenti scelte del medesimo governo, sia rispetto alla corrente politica di quasi tutti i governi del mondo. E' stato un fatto di immenso valore, concreto e simbolico, un passo fondamentale nella direzione giusta. E' sintomatico di atteggiamenti scellerati e ignobili presenti anche in ampi settori dei movimenti pacifisti europei il fatto di non aver sinceramente apprezzato, persuasamente valorizzato e adeguatamente sostenuto quell'iniziativa, ed anzi averla provocatoriamente disprezzata e insensatamente sminuita nel suo significato. Catastrofico errore che la consapevole societa' civile e le legittime istituzioni democratiche palestinesi non hanno commesso. Di questo atteggiamento europeo, e segnatamente anche di aree non irrilevanti del pacifismo europeo, occorrera' pur ragionare ancora; ed occorrera' pur contrastarlo con chiarezza ed energia. Poiche' questo atteggiamento nella sua effettuale radice ha un nome e una storia nella vicenda europea: antisemitismo. * La pretesa degli europei, e particolarmente dei cristiani europei, di sprezzantemente pontificare su Israele e sul popolo di Israele, ha qualcosa di ripugnante: gli eredi degli autori della Shoah che pretendono di dettar ancora legge alle vittime e ai figli delle vittime della Shoah. Ad esempio l'indifferenza (cosi' turpemente cinica e complice, apertamente esibita, e finanche irridente) rispetto alla devastazione sacrilega delle sinagoghe avvenuta nella striscia di Gaza dopo lo smantellamento delle colonie, e' anch'essa un sintomo inquietante. In Europa siamo ancora al 1938. E ancora, l'incapacita' di vedere come non solo la popolazione palestinese sia una popolazione terribilmente oppressa e traumatizzata, ma anche la popolazione israeliana sia una popolazione traumatizzata da vicende storiche passate e attuali terribili, ed oppressa dalla minaccia sempre incombente e sempre rinnovata di un nuovo genocidio: la tuttora dichiarata volonta' non solo di movimenti criminali da tutti riconosciuti come terroristici, ma anche di partiti politici e organizzazioni sociali e religiose pienamente legali in vari paesi, e finanche di governi dell'area mediorientale, di "cancellare l'entita' sionista", significando e costituendo un progetto genocidario a tutti gli effetti, come esplicita presecuzione e compimento del programma hitleriano. * Se non si parte dal riconoscimento pieno dei diritti a una patria, a uno stato, e alla garanzia anche giuridica del rispetto della propria vita e dignita' umana individuale e collettiva, sia per il popolo palestinese che per il popolo israeliano, non si dara' alcun utile contributo alla pace, al dialogo, alla convivenza. Che nei movimenti per la pace europei si tollerino ancora le complicita' con l'antisemitismo e con il terrorismo, e' la prova provata che un pacifismo ambiguo e torbido non e' pacifismo, non e' nulla: e' solo resa pusillanime, subalternita' al male, complicita' con le guerre e il terrore. L'unica azione per la pace, di pace, con mezzi di pace, e' quella che sia limpida ed intransigente nel rispetto del fondamentale principio "non uccidere". Solo la scelta della nonviolenza costruisce la pace. Non si da' possibilita' di concreta e coerente azione di pace se non si fa la scelta della nonviolenza. * Non vi e' dubbio che l'occupazione dei territori palestinesi, i "territori occupati" per antonomasia, deve cessare. Non vi e' dubbio che uno stato palestinese deve sorgere li', ed avere piena sovranita' e continuita' territoriale. Non vi e' dubbio che vanno ripristinati tutti i diritti negati da troppi anni. Non vi e' dubbio che sia responsabilita' degli occupanti aver fatto crescere dolore e rabbia nei territori occupati fino a conseguenze onnicide. Non vi e' dubbio che l'attuale governo di Israele ha commesso molte ingiustizie e molti crimini, e quindi deve modificare profondamente la sua politica, nella direzione indicata appunto dalla demolizione delle colonie a Gaza: proseguendo con lo smantellamento delle colonie in Cisgiordania, restituendo i territori ai palestinesi, cessando di ostacolare la necessaria e urgente nascita dello stato di Palestina, affinche' due popoli e due stati possano convivere in pace e sicurezza in quel peraltro esiguo lembo di terra. * Ed insieme non vi e' dubbio che ad ogni persona e a ogni popolo va riconosciuto il diritto alla legittima difesa, alla liberta', alla sicurezza. Non vi e' dubbio che non attraverso i muri ma attraverso i ponti si costruisce il reciproco riconoscimento e la civile convivenza tra i popoli come tra le persone. Non vi e' dubbio che relazioni fondate sulla negazione della dignita' umana altrui offendono ed annichiliscono l'umanita' di tutti. * Ma non vi e' dubbio neppure che la comunita' internazionale e l'opinione pubblica mondiale devono offrire solide e convincenti garanzie anche allo stato e al popolo di Israele. Quando ong italiane chiamano martiri gli assassini onnicidi, non condannano esplicitamente il terrorismo, usano di linguaggi e argomenti antisemiti; quando si fa finta di niente sul programma apertamente proclamato e mai smentito di forze politiche e addirittura di governi di interi stati di annientare la popolazione ebraica; quando in nome della solidarieta' con le vittime di una parte si nega ogni solidarieta' alle vittime dell'altra parte; ebbene, quando accade tutto cio', quale credibilita' resta? Perche' si dovrebbe avere fiducia di noi? Siamo ancora l'Europa che ha scatenato due guerre mondiali; siamo ancora l'Europa di secoli e millenni di colonialismo stragista; siamo ancora l'Europa di duemila anni di razzismo e di antisemitismo; siamo ancora l'Europa culla del fascismo, ed "il ventre di quella bestia e' ancora fecondo". Possibile che tante e tanti europei che pure sinceramente si sentono impegnati per la pace non si accorgano che il loro linguaggio, la loro ideologia, li smaschera per totalitari? Possibile che non si accorgano del fatto che agli occhi di persone come chi firma questo articolo i loro atteggiamenti ricordano il brodo di coltura in cui fermenta il nazismo? * Ancora una volta ocorre piu' luce, piu' coscienza, piu' umanita'. Le varie proposte che da piu' parti sono state formulate per promuovere un processo di pace e di riconoscimento dei diritti dei palestinesi e degli israeliani insieme, gestito dai palestinesi e dagli israeliani, con il sostegno delle due diaspore - sia quella ebraica che quella palestinese -, e necessariamente con un aiuto internazionale che raggiunga e sostenga entrambi i popoli, queste varie proposte certo presentano tutte degli elementi di difficolta'. Poiche' e' obiettivamente difficile il percorso della pace. Ma per quanto difficile sia il percorso della pace, esso e' necessario, e urgente, e non vi sono alternative. O la pace e il dialogo, o la barbarie e la catastrofe. Anche l'iniziativa nonviolenta promossa dagli amici francesi del Man ha i suoi limiti, lo sappiamo; come anche la proposta formulata tempo addietro a Ginevra da rilevanti personalita' della societa' civile palestinese e di quella israeliana; per non dire di proposte elaborate ad esempio da illustri docenti universitari che anch'esse hanno limiti evidenti. E tuttavia la strada e' quella: la strada del dialogo, del riconoscimento reciproco, della lotta comune contro le armi e la morte. Della lotta di tutti per la vita e la dignita' di tutti. * Sono le grandi idee su cui hanno aperto strade e costruito ponti esperienze come quelle delle Donne in nero, di Parent's circle; sono le grandi idee su cui hanno riflettuto e lavorato personalita' illustri della cultura e del'limpegno civile palestinese come della cultura e dell'impegno civile israeliano. L'intera umanita' dovrebbe por mano a sostenere le costruttrici ed i costruttori di pace sia palestinesi che israeliani, sapendo che occorre aiutare ambedue le parti, sapendo che la pace verra' solo nell'incontro. Dall'Europa molto puo' essere fatto per aiutare i due popoli e i due stati: ma perche' questo aiuto sia accetto e quindi efficace occorre innanzitutto riconoscere le nostre responsabilita', assumere un atteggiamento di ascolto e di rispetto, di solidarieta' sincera, vera. * Qui e adesso non basta dire "due popoli e due stati, una sola umanita'", occorre anche praticare coerentemente questa proposta, ovvero riconoscere e contribuire a garantire il diritto all'esistenza di entrambi i popoli e di entrambi gli stati. E ciascuno faccia la sua parte nell'intrapresa comune. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1071 del 2 ottobre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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