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La nonviolenza e' in cammino. 1067
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1067
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 28 Sep 2005 12:59:03 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1067 del 28 settembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Ermanno Allegri intervista Antonio Rangel Bandeira sulla Campagna per il disarmo e il si' al referendum 2. Breve notizia sul referendum del 23 ottobre 3. Paolo Coluccia: Si' 4. Nella Ginatempo: Si' 5. Ida Dominijanni: Un incontro con Carol Gilligan 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. VOCI DAL BRASILE. ERMANNO ALLEGRI INTERVISTA ANTONIO RANGEL BANDEIRA SULLA CAMPAGNA PER IL DISARMO E IL SI' AL REFERENDUM [Ringraziamo padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) per averci inviato questa sua intervista (realizzata per - e dffusa da - l'agenzia di stampa "Adital" - sito: www.adital.com.br - di cui e' direttore) ad Antonio Rangel Bandeira; intervista condotta con l'efficace tecnica dello "advocatus diaboli", ponendo cioe' all'illustre studioso tutte le capziose obiezioni e i subdoli sofismi su cui il fronte dei mercanti di morte imbastisce la sua propaganda in favore dei profitti fondati sull'assassinio. Ermanno Allegri e' direttore di "Adital", Agenzia d'informazione "Frei Tito" per l'America Latina, tel. 8532579804, fax: 8534725434, cellulare: 8599692314, sito: www.adital.com.br ; "sacerdote bolzanino da trent'anni in Brasile, gia' segretario nazionale della Commissione Pastorale della Terra e ora direttore di un'agenzia continentale (Adital, sito: www.adital.com.br), nata come strumento per portare all'attenzone della grande informazione latinoamericana i temi delle comunita' di base e l'impegno contro la poverta'. Allegri e' stato chiamato a contribuire al coordinamento delle azioni di sensibilizzazione in vista del referendum che si terra' in Brasile alla fine di ottobre che ha come tema la messa al bando del commercio delle armi da fuoco che in tutta l'America Latina costituisce un rilevante fattore di violenza (omicidi, rapine, ecc.). E' una battaglia civile e di diritto importantissima per tutto il Brasile, ma anche per il movimento per la pace di tutto il mondo. La posta in gioco e' grande ma i poteri che contano (le multinazionali delle armi) sono gia' all'opera per vincere, mettendo in campo enormi fondi. Allegri chiede che questo tema venga messo nell'agenda anche del movimento per la pace italiano e chiede anche un aiuto finanziario per coordinare da qui a ottobre l'attivita' di sensibilizzazione di Adital" (Francesco Comina). Antonio Rangel Bandeira, sociologo, coordinatore del programma di controllo delle armi della ong 'Viva Rio', autore del libro "Armi da fuoco: protezione o rischio?"; per molti anni e' stato direttore del Dipartimento di sociologia e politica della Pontificia Universita' Cattolica di Rio de Janeiro; negli ultimi otto anni e' stato uno dei piu' attivi collaboratori di deputati e senatori per far approvare lo Statuto per il disarmo e il referendum. Il suo recente libro "Armi da fuoco: protezione o rischio?" e' in vendita nelle maggiori librerie ed edicole di giornali al costo di 10,00 reali; una presentazione e' nei siti www.adital.com.br e in www.vivario.org.br; dal sito www.referendosim.com.br e' possibile scaricarne una versione pressoche' integrale in pdf (sono state tolte solo le tabelle e i grafici): e' una lettura che vivamente consigliamo] Sociologo e coordinatore del programma di controllo delle armi dell'Ong "Viva Rio", Antonio Rangel Bandeira e' stato a Fortaleza (Ceara') per la presentazione del suo libro "Armi da fuoco: protezione o rischio?", elaborato con la collaborazione di Josephine Bourgois. Approfittando dell'occasione ha ribadito la necessita' che le persone capiscano l'importanza della Campagna per il disarmo e il pericolo rappresentato dalle armi da fuoco. * Ermanno Allegri: Molti sostengono che si stanno disarmando le persone perbene, permettendo che i criminali continuino ad essere armati: poiche' nessun criminale consegnera' volontariamente la sua arma. - Antonio Rangel Bandeira: Infatti nessuno si illude che i malviventi consegnino le armi, e nemmeno che comprino le armi in un negozio. Chi compra le armi in un negozio siamo noi, persone oneste, convinti che questa arma ci proteggera'. Ma, dopo, il criminale sottrae questa arma dalla nostra macchina o dalla nostra casa. Nel 2003, in Brasile, sono state rubate alle persone perbene ben 56.000 armi. Questa e' una delle maggiori fonti di rifornimento di armi per il crimine. * Ermanno Allegri: I sostenitori delle armi dicono che il disarmo non risolvera' il problema della violenza. E allora, perche' incentivare le persone a consegnare le loro armi? - Antonio Rangel Bandeira: La violenza e' un problema complesso, con molte cause: e una di queste e' la proliferazione, la facilita' con cui si ottengono, senza controllo, armi e munizioni in questo paese. Il disarmo e' il primo passo, e molto importante, percha' fa diminuire il numero di morti. Oggi il Brasile e' il paese nel quale piu' si uccide e piu' si muore per armi da fuoco nel mondo. E' evidente che il disarmo da solo non risolve il problema. Deve essere accompagnato da altri provvedimenti come l'umanizzazione del sistema carcerario, la democratizzazione del potere giudiziario e la riforma della polizia. Allora, il disarmo da solo non risolve. Ma senza di questo, e' il nulla. * Ermanno Allegri: Perche' consegnare le armi da fuoco che difenderanno le persone perbene e le loro famiglie? Non esiste per tutti il diritto alla legittima difesa? - Antonio Rangel Bandeira: Che un'arma in casa o un'arma alla cintura dia una maggior protezione, e' pura illusione. Succede solo al cinema. Nel mondo reale il malvivente ha sempre l'iniziativa dell'aggressione, e coglie sempre di sorpresa la persona onesta. E l'uomo onesto se ha un'arma in casa non potra' usarla, e se la usera' avra' la peggio. Allora un'arma rappresenta molto piu' un rischio che una protezione. Per questo il libro che sto presentando si chiama: "Armi da fuoco, protezione o rischio?". La questione della legittima difesa si fonda sul diritto alla protezione della vita; ma le statistiche indicano che quando si tenta di reagire a un'aggressione a mano armata, chi ha la meglio e' il criminale. Chi reagisce con un'arma da fuoco a un'aggressione ha 180 volte piu' possibilita' di essere ucciso di chi non reagisce. Pertanto, chi reagisce con una arma da fuoco sta mettendo a rischio la vita sua, della sua famiglia, di sua moglie, dei suoi figli, e quindi non si tratta di legittima difesa. * Ermanno Allegri: Cioe', un'arma in casa e' un rischio in piu'? - Antonio Rangel Bandeira: Si', e soprattutto per le donne. In Brasile, quasi meta' delle donne uccise da armi da fuoco sono state assassinate dal loro compagno, dal loro marito, dal loro ragazzo, dal loro fidanzato... uomini che bevono, uomini che, presi da un attacco di gelosia, uccidono le loro spose. Con l'arma di casa! Senza parlare, poi, delle morti per incidente. * Ermanno Allegri: Sono costanti le denunce di corruzione che coinvolgono poliziotti, appartenenti sia alla polizia civile, sia alla polizia militare e perfino alla polizia federale. Se accade questo, chi garantisce la sicurezza dei cittadini? - Antonio Rangel Bandeira: E' vero, la nostra sicurezza pubblica e' contaminata dal crimine. Molta gente che occupa posti di comando e' stata formata durante la dittatura. Insomma, la protezione alla popolazione e' molto inferiore a quello che ci si dovrebbe aspettare. Per questo lo Statuto del disarmo, che e' la maggior legge di controllo delle armi, non solo raccomanda che i civili consegnino le armi per la propria sicurezza, ma indica anche gli obblighi della polizia quanto al disarmo dei criminali. Per esempio: segni di identificazione per le munizioni, creazione di una banca dati in cui registrare le armi, innalzamento della pena a 12 anni per chi usa armi proibite... insomma: la legge e' ben fatta. Noi adesso dobbiamo fare pressione sul governo affinche' metta in pratica questa legge, affinche' non sia un'altra buona legge che rimane solo sulla carta. Una polizia che ritiene che la gente si deve armare per difendersi, e' una polizia che riconosce la propria incompetenza nell'esercizio delle sue funzioni. Allora dobbiamo migliorare la polizia, riformarla affinche' il poliziotto diventi onesto ed efficiente. * Ermanno Allegri: Nella campagna di disarmo volontario, accettare da parte dello stato di ricevere armi illegali o utilizzate in atti criminosi non e' un modo con cui si favoriscono i malviventi? - Antonio Rangel Bandeira: In verita', in Brasile e nei piu' di 30 paesi in cui si realizza la consegna volontaria di armi, le armi utilizzate in atti criminali non sono mai consegnate, perche' si sa che le armi saranno periziate dalla polizia. E non c'e' interesse del detentore a consegnarle. Se un criminale vuole disfarsi di un'arma e' molto piu' facile venderla o gettarla in mare. Il numero di armi illegali consegnate - illegali nel senso di utilizzate in atti criminali - e' praticamente zero. Ma un'arma illegale (non registrata) e' vantaggioso che sia consegnata, perche' quest'arma illegale, cioe' un'arma con il numero di matricola raschiato, e' l'arma prediletta dai criminali, perche' e' un'arma che puo' essere utilizzata e la polizia non potra' scoprirne il proprietario. Quindi, la consegna di armi illegali - e la maggioranza delle armi consegnate sono armi che non sono mai state denunciate - e' molto utile per lo stato e per i cittadini, perche' il criminale preferisce proprio avere queste armi, giacche' significano per lui maggior sicurezza nel consumare delitti. * Ermanno Allegri: C'e' chi dice che questa iniziativa facilita il mercato nero delle armi. Che un'arma avra' un costo minore. - Antonio Rangel Bandeira: Al contrario, la Campagna di disarmo in Brasile ha gia' raccolto 450.000 armi. Quindi c'e' minor disponibilita' di armi, perche', come e' risaputo, i ladri si riforniscono con armi rubate alle persone perbene. Succede che nel mercato clandestino il prezzo, per esempio del revolver calibro 38, che e' il preferito dai criminali per assaltarci per strada o nelle nostre case, e' gia' aumentato 5 volte, vale a dire che le armi nel mercato clandestino stanno costando di piu'. Nel Rio Grande do Sul, per esempio, i malviventi per la prima volta stanno assaltando negozi di armi e attaccando poliziotti per rubare le armi, esattamente perche' non riescono piu' a trovare armi da rubare nelle case dei cittadini onesti. * Ermanno Allegri: Chi ci assicura che le armi raccolte saranno distrutte? Non possono ritornare, per vie oscure, nelle mani dei criminali? - Antonio Rangel Bandeira: Vedi, il rischio esiste, ed e' per questo che le chiese e le ong raccomandano che queste armi quando vengono raccolte siano subito distrutte. Noi usiamo una mazza, e davanti alla persona che ci da' l'arma, la distruggiamo subito affinche' non possa essere riutilizzata dal crimine organizzato. Ma, purtroppo, la maggioranza delle forze di polizia che sta raccogliendo le armi non fa cosi'. In ogni modo sono gia' state raccolte piu' di 450.000 armi e, secondo quanto si e' potuto costatare, appena 11 armi sono state poi ritrovate in mano a criminali. Quindi possiamo concludere che se ci sono distrazioni di armi, queste sono un numero assai ridotto. Io credo che in campagne future il governo dovrebbe in effetti adottare il metodo raccomandato dalle chiese e dalle ong: la distruzione immediata delle armi raccolte. * Ermanno Allegri: C'e'chi dice che i costi della Campagna di disarmo sono uno spreco di denaro pubblico. - Antonio Rangel Bandeira: Senti, io penso proprio di no. Innanzitutto perche' non e' molto. Duecento milioni di reali [71 milioni di euro] possono sembrare molti, ma dobbiamo considerare che in Brasile si spende quasi l'equivalente - 140 milioni di reali [50 milioni di euro] tutti gli anni per il ricovere e le cure mediche di feriti da armi da fuoco. Pertanto, la Campagna di disarmo, oltre a diminuire le spese ospedaliere, ha salvato nel 2004 per la prima volta dopo 13 anni in cui il numero delle vitime era sempre crescente) ben 5.560 vite. E questo e' meraviglioso. Sono piu' di 5.000 vite salvate con la riduzione delle armi in circolazione. Io penso che la democrazia non ha prezzo. Realmente, noi che siamo passati per una dittatura, adesso abbiamo la possibilita' di decidere se vogliamo un paese piu' armato o meno armato; e' una grande conquista. Ancor piu' considerando che, in occasione del referendum, ci sara' un nuovo censimento nel paese per diminuire le frodi elettorali e per dare alla popolazione povera un documento con fotografia che varra' come documento ufficiale. * Ermanno Allegri: Alcuni chiedono: perche', invece di spendere milioni in indennizzi e per la Campagna di disarmo, il governo non aumenta le spese per l'educazione, la sanita', ecc.? - Antonio Rangel Bandeira: Diciamo tutta la verita': innanzitutto, i fondi spesi dallo stato per indennizzare chi ha consegnato la propria arma sono soldi entrati nelle tasche della popolazione, 40 milioni di reali [15 milioni di euro]. Inoltre, questo e' molto poco se consideriamo l'entita' delle spese pubbliche. Infine, la Campagna per il disarmo ha fatto diminuire di piu' del 10% il ricovero di feriti negli ospedali nello Stato di Rio de Janeiro; a San Paolo la riduzione e' stata superiore al 7%. Sono migliaia di persone che non sono state ferite. Questo ha significato una grande economia nelle spese degli ospedali che hanno potuto risparmiare i fondi che precedentemente servivano a curare quei feriti da arma da fuoco che quest'anno non ci sono stati, e quindi utilizzarli per assistere altri degenti. Quindi, quando si investe in maggior sicurezza pubblica e nel togliere di circolazione le armi, in verita', diminuendo morti e feriti, stiamo riducendo la spesa pubblica e lasciando piu' denaro a disposizione per gli investimenti in educazione, sanita' e programmi di abitazione popolare. * Ermanno Allegri: Tu stai presentando in varie citta' questo libro "Armi da fuoco: protezione o rischio?". Come e' accolto il libro e come percepisci il Brasile rispetto al referendum? - Antonio Rangel Bandeira: Il libro e' molto ben accolto, perche' esiste pochissima informazione scientifica sui vantaggi e svantaggi dell'uso di armi da fuoco per l'autodifesa. Le persone sono confuse ed e' naturale. Ma il lavoro svolto da "Viva Rio" dimostra, con le ricerche fatte in Brasile e nel mondo, che armarsi e' un grande errore, che tra l'altro porta un grande pericolo in casa: si pensi agli incidenti di cui restano vittima bambini, figli, nipoti; o ai suicidi familiari. Il libro, quindi, da' informazioni scientifiche affinche' le persone possano decidere con la loro testa. Nel libro rispondo a cento domande, dubbi delle persone che vogliono informarsi per votare con cognizione di causa e piena coscienza nel referendum. E' un libro realizzato attraverso il lavoro volontario perche' potesse essere venduto a un prezzo modico. E' venduto nelle edicole di tutte le capitali brasiliane affinche' anche chi ha non ha molte disponibilita' economiche lo possa comprare. Il lettore vi trova le informazioni e le opinioni di tutti e due i fronti. Ci sono gli argomenti a favore e gli argomenti contrari. Le persone possono cosi' votare coscientemente senza lasciarsi influenzare da false informazioni e dalla nota manipolazione della paura che porta la gente a votare contro i propri interessi. * Ermanno Allegri: E con la manipolazione della paura le fabbriche di armi possono continuare... - Antonio Rangel Bandeira: E chi si spancera' dal ridere e sara' molto contenta della paura della gente e' proprio l'industria delle armi; quanta piu' paura le persone hanno, piu' armi comprano. Quanta piu' gente spara, piu' munizioni usa, piu' questa industria ne ricavera' profitti. L'avidita' fa si' che questi imprenditori dell'industria della morte - come io uso chiamarli - desiderino piu' violenza per aumentare le vendite dei loro prodotti mortiferi. Ma io sono sicuro che il popolo brasiliano dira' si' alla proibizione del commercio delle armi e delle munizioni, per fare del Brasile un paese con meno morti, un paese in cui possiamo vivere in solidarieta' e amore tra tutti gli esseri umani. 2. MATERIALI DAL BRASILE. BREVE NOTIZIA SUL REFERENDUM DEL 23 OTTOBRE [Dal sito www.referendosim.com.br riprendiamo la seguente breve nota informativa] Il 23 ottobre 2005 la popolazione brasiliana si rechera' alle urne per decidere se volere o no la proibizione del commercio delle armi e delle munizioni in Brasile. Sara' il primo referendum nella storia del paese, ed anche il primo al mondo su questo tema. Nel referendum tutti i cittadini e le cittadine dai 18 ai 70 anni dovranno presentarsi alle urne per rispondere si' o no al quesito: "Il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni deve essere proibito in Brasile?". Il voto e' obbligatorio. Cosi' come e' stato stabilito per sorteggio dal competente organo istituzionale, la scelta del si' avra' il numero 2 nell'urna elettronica (e la scelta del no il numero 1). Chi vota si' si schiera per la vita, per la costruzione di una cultura della pace, per la creazione di soluzioni collettive per far cessare la violenza. * La societa' brasiliana sta dimostrando di essere pronta per fare questo passo. In un anno di Campagna per il disarmo volontario, consistente nella consegna volontaria alle autorita' delle armi in possesso dei cittadini affinche' vengano distrutte, piu' di 450.000 armi sono state tolte dalla circolazione. E i risultati positivi si sono gia' visti: una ricerca condotta dal Ministero della Salute ha dimostrato che per la prima volta da 13 anni c'e' stato non un aumento ma una riduzione del numero delle persone uccise da armi da fuoco nel paese. Nel 2004, anno di inizio della campagna per il disarmo, il numero delle morti provocate da armi da fuoco e' diminuito dell'8,4%. Sono state salvate 3.234 vite umane. * La campagna per il si' al referendum e' organizzata dal Frente Brasil Sem Armas (Fronte per un Brasile senza armi), composto dai parlamentari che sostengono il divieto del commercio delle armi, e dalle adesioni della societa' civile, rappresentata da organizzazioni non governative, chiese, imprese, artisti, sindacati e movimenti sociali. * La proibizione del commercio delle armi da fuoco e delle munizioni, naturalmente, da sola non e' sufficiente a risolvere del tutto il problema della criminalita'. Ma e' un passo fondamentale nella direzione di una societa' piu' sicura. Il referendum e' la nostra occasione per indicare in quale tipo di societa' vogliamo vivere. * Per maggiori informazioni visitate il sito: www.referendosim.com.br 3. 23 OTTOBRE. PAOLO COLUCCIA: SI' [Ringraziamo Paolo Coluccia (per contatti: e-mail: paconet at libero.it, sito: http://digilander.libero.it/paolocoluccia) per questo intervento. Paolo Coluccia, dottore in pedagogia, saggista e ricercatore socio-economico indipendente, ad una formazione psicopedagogica e filosofica associa una buona conoscenza della legislazione sociale e del lavoro. Si e' interessato di Sistemi di scambio locale non monetario e di Banche del tempo, intravisti come spazi sociali d'interazione e di comunicazione sociale, su cui ha scritto vari libri, come La Banca del tempo (Bollati Boringhieri, Torino 2001, Introduzione di Serge Latouche); La cultura della reciprocita' (Edizioni Arianna, Casalecchio 2002), Il tempo... non e' denaro! (Bfs, Pisa 2003), e vari saggi e articoli apparsi su riviste e siti internet, in particolare Monete locali per il bene comune. Lo spirito del Sel, nel volume collettivo Processo alla globalizzazione, curato da Teddy Goldsmith, con prefazione di Serge Latouche, Edizioni Arianna, Casalecchio 2002. Il suo ultimo lavoro e' la traduzione in lingua italiana, con un'introduzione ed una postfazione, del Rapporto al Ministro per l'economia solidale francese scritto da Patrick Viveret nel 2001/2002: Ripensare la ricchezza. Dalla tirannia del Pil alle nuove forme di economia sociale, edizioni TerrediMezzo-Altreconomia, Milano 2005. L'elenco completo delle sue pubblicazioni e' sul suo sito internet. Presente a convegni nazionali e internazionali, e' stato in particolare relatore nel laboratorio "Riappropriarsi del denaro" durante il Colloque internationale sur l'apres-developpement "Disfare lo sviluppo, rifare il mondo", Unesco, Paris 2002, e ha introdotto il seminario sulle "Reti di economia solidale" durante l'European Social Forum di Firenze nel novembre del 2002. Ha, inoltre, partecipato come relatore alle giornate conclusive del forum elettronico "Per una ripartizione egualitaria del tempo", organizzato dall'Instituto Andaluz de la Muyer, Junta de Andalucia (Espana), Granada, 12 e 13 dicembre 2002. Dal 2003 fa parte del "Centro interdipartimentale di studi e ricerche sull'utopia" dell'Universita' di Lecce, che e' composto da filosofi, storici e ricercatori in scienze umane e sociali, e del "Movimento per la societa' di giustizia e per la speranza", nato nello stesso Centro, animato dal prof. Arrigo Colombo, docente emerito della stessa Universita'. Collabora come saggista e traduttore con "M@GM@. Rivista elettronica di scienze umane e sociali" (www.analisiqualitativa.com), con direzione a Catania, e come articolista con la rivista "Il Consapevole", del gruppo Macroedizioni (Forli'). E' in corrispondenza con l'Istituto di terapia cognitiva di Santiago del Cile (fondato da H. Maturana), il cui attuale direttore e' Alfredo Ruiz, del quale ha tradotto in italiano numerosi saggi e conferenze, pubblicati nella casa editrice virtuale Lilliput-on-line. Per contatti: Paolo Coluccia, via Castrignano de' Greci, 51 73025 Martano (Lecce), Italia; tel. 0836572183, mobile 368 419399, e-mail: paconet at libero.it, sito: http://digilander.libero.it/paolocoluccia] Aboliamo le armi da fuoco d'ogni tipo e tutti i loro derivati. Appoggiamo il referendum indetto in Brasile (www.referendosim.com.br) ed impegniamo le nostre energie e le nostre intelligenze a fare la stessa cosa nelle nostre nazioni. Leggevo qualche anno fa che in Brasile le auto che incrociavano un semaforo rosso preferivano proseguire la marcia perche' si rischiava di piu' a fermarsi (qualcuno appostato poteva sparare dal finestrino per derubarti) che a scontrarsi con qualche altro autoveicolo che transitava col verde. Puo' sembrare un paradosso, ma a volte il rischio che si reputa minore e' sempre una buona scelta. Oggi non so se la situazione sia la stessa. In ogni caso, dall'insediamento del governo Lula, tra incertezze e contraddizioni, critiche e demistificazioni, molte cose sono cambiate e continuano a cambiare. Alla loro base c'e' semplicemente un ideale, un progetto politico, che ha portato un'insperata vittoria politica, sofferta, denigrata e osteggiata dai ricchi, sostenuta da chi vuole costruire un mondo migliore, diverso, intessuto di relazioni pacifiche, solidali, paritarie, un mondo piu' vivibile, ecologicamente piu' responsabile, plurale nella biodiversita', nonviolento, rispettoso di diritti e animatore di speranze. Il Partito dei lavoratori e' andato al governo di una nazione immensa, sterminata, martoriata dalla storia e dal progresso economico, dalla speculazione finanziaria e dai programmi di aggiustamento. Lula, il leader dei movimenti di liberazione brasiliani, e' stato l'unico capo di stato ad aver proclamato (e a poter proclamare) ad un convegno internazionale sulla poverta' di conoscerla personalmente, la poverta', di averla vissuta, sulla propria pelle, da sempre, fin dall'infanzia, di averla vista crescere sulla pelle di milioni di persone, di bambini, adulti, donne, anziani. Unica arma: il coraggio di un ideale, di un progetto, di una nuova visione politica e della politica economica e sociale. Che oggi propone il referendum popolare per l'abolizione delle armi da fuoco, della loro fabbricazione, commercializzazione ed uso sul territorio brasiliano. * Un'utopia, dira' qualcuno. Qualcuno, pero', che misconosce il significato piu' vero di questa parola, l'utopia, il progetto storico dell'umanita', che sempre piu' avanza, si costruisce e si ricostruisce, tra mille ostacoli e contraddizioni. Ogni momento di speranza, ogni azione, ogni movimento rivolto alla giustizia ne determina il cammino. L'utopia, cosi' spesso fraintesa e denigrata, perche' ritenuta il non-luogo (Thomas More, L'isola di Utopia), ma che nel suo significato piu' intrinseco contiene anche il concetto di eutopia (il luogo buono, giusto), contrapposta alla distopia (realizzazione perversa dell'ideale utopico, come il comunismo sovietico), l'utopia che molti ritengono un sogno impossibile, una chimera, mentre invece e' un progetto, un insieme di progetti che ripropongono continuamente una societa' di giustizia, di speranza per l'umanita'. L'approfondimento dell'utopia intesa in questo senso si trova nelle riflessioni condotte al Centro interdipartimentale di ricerca sull'Utopia animato dal prof. emerito dell'Universita' di Lecce Arrigo Colombo (tra l'altro autore del libro L'Utopia. Rifondazione di un'idea e di una storia, Dedalo, Bari 1997), di cui faccio parte, insieme con un gruppo di storici, filosofi e ricercatori in scienze sociali, e nel "Movimento per una societa' di giustizia e per la speranza" (http://digilander.libero.it/altroparadigma/MSGS/homeMovimento.htm) che tenta di perseguire praticamente il progetto storico di una societa' giusta e fraterna, con iniziative e progetti, stimoli ed idee, locali e internazionali. * Oggi questo nuovo progetto in Brasile ci infonde un'infinita speranza, questo referendum che punta ad abolire le armi da fuoco, e ci viene ancora dal Brasile, un altro tassello del grande progetto politico e sociale di Lula e del suo governo. Quelle armi da fuoco con cui si fa il "tiro a segno" sui ragazzi di strada, i ragazzi delle favelas, abbandonati a se stessi, spesso figli di nessuno, che sono costretti a rubare per non morire di fame. Armi da fuoco che sostengono guerre, che girano per il mondo, per le guerre del mondo, nella poverta' dei popoli illusi dallo sviluppo economico e dai miraggi del progresso materiale, che arricchiscono mercanti di morte, individui privi di scrupoli, senza patria, senza ideali, che hanno il solo scopo di arricchirsi e di asservirsi alla propria crudelta'. Un referendum che preannuncia un altro passo in avanti nel progetto utopico della costruzione di una societa' di giustizia, di speranza e di fraternita', che l'umanita' persegue ininterrottamente da secoli, con l'impegno di molti, di movimenti, di moltitudini, di popolazioni. * Oggi occorre vincere il referendum. I segnali sono incoraggianti: piu' del 70% dei brasiliani sembra essere d'accordo con la proposta di abolizione delle armi da fuoco. Anche se non bisogna cullarsi sui dati e sui sondaggi. Occorre essere presenti, assidui e impegnati. Ma cio' che conta di piu' e' l'impegno ad innescare il meccanismo perche' altri governi seguano l'esempio, soprattutto nelle nazioni europee, e negli stessi Usa, dove le contraddizioni su questo tema sono sotto gli occhi di tutti, le abbiamo viste a New Orleans dopo la catastrofe prodotta dall'uragano. Ed in Italia. Non e' certamente una bella cosa per un capo di stato vantarsi di aver proposto di togliere l'embargo per l'acquisto di armi alla Cina; al contrario, sarebbe il caso di perseguire una politica di smantellamento delle fabbriche di armi, civili, militari e d'ogni genere. Anche per "uso di caccia", che non ha piu' alcun senso d'esistere, risvegliando cosi' la coscienza referendaria che gli italiani hanno perso proprio con il referendum che ne proponeva l'abolizione qualche anno fa, innescando, anno dopo anno, il pericoloso non-senso civico che si e' espresso fino all'altro ieri. * La violenza pone uno di fronte all'altro, genera lo scontro, ma e' sempre il piu' debole, il piu' affamato, il piu' povero a soccombere. E le armi sono lo strumento principale della violenza. I cinesi conoscevano da secoli la polvere da sparo, ma la utilizzavano per giochi pirotecnici. Gli europei ne hanno fatto un altro uso: hanno costruito armi mostruose, che son diventate sempre piu' sofisticate e micidiali, che negli ultimi tempi hanno assunto anche l'appellativo di "intelligenti". In un'epoca di scarsi ideali e di obiettivi solo economici e materiali, di speculazione e di supremazia, porre anche in linea di principio l'abolizione delle armi da fuoco e dei loro derivati piu' infernali non e' cosa da poco, perche' bisogna crederci veramente ed impegnarsi a divulgare le atrocita' e i genocidi che esse causano. * La vittoria del referendum in Brasile e il suo dilagare in altri paesi generera' sicuramente una de-capitalizzazione degli interessi finanziari e della speculazione economica, si limitera' il flusso di capitali sporchi e lo stesso traffico di stupefacenti che spesso s'interseca con quello delle armi; ma soprattutto infondera' fiducia per un mondo migliore, stimolera' partecipazione e speranza per una migliore sorte dell'umanita'. Chiunque porta con se' gli ideali di pace, giustizia e nonviolenza tra gli esseri umani, non puo' non testimoniare il suo appoggio al referendum brasiliano, magari appendendo sul proprio balcone la bandiera brasiliana accanto a quella della pace, per vincere l'omerta' e il silenzio sull'argomento di televisioni pubbliche e private, nonche' di testate giornalistiche e d'assemblee politiche. Occorre impegnarsi inoltre a proporre qualcosa di simile, se non di piu' radicale, nel proprio Paese, per la propria vita e per il rispetto di quella altrui, lungo un progetto utopico costruttivo e perenne, verso una societa' giusta e fraterna, per la speranza. 4. 23 OTTOBRE. NELLA GINATEMPO: SI' [Ringraziamo Nella Ginatempo (per contatti: nellagin at tiscali.it) per questo intervento. Nella Ginatempo e' una prestigiosa intellettuale impegnata nei movimenti delle donne, contro la guerra, per la globalizzazione dei diritti; e' docente di sociologia urbana e rurale all'universita' di Messina; ha tenuto per alcuni anni il corso di sociologia del lavoro, svolgendo ricerche sul tema del lavoro femminile; attualmente svolge ricerche nel campo della sociologia dell'ambiente e del territorio. Tra le sue pubblicazioni: La casa in Italia, 1975; La citta' del Sud, 1976; Marginalita' e riproduzione sociale, 1983; Donne al confine, 1996; Luoghi e non luoghi nell'area dello Stretto, 1999; Un mondo di pace e' possibile, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2004] Il referendum contro il commercio delle armi da fuoco in Brasile Ë una grandissima battaglia di civilta' da cui dovremmo saper imparare anche in Europa. Infatti la trasparenza non basta, non basta impostare la nostra iniziativa contro il commercio di armi leggere attraverso vincoli e controlli sul commercio internazionale, quando poi sono completamente liberi sia la produzione che il consumo di armi da fuoco nelle varie nazioni e percio' nella violenza generalizzata sia privata che di guerra (violenza pubblica). Se vogliamo davvero fare un passo avanti verso la costruzione del tabu' dell'uccidere, dobbiamo saper imporre un primo grande divieto. Impediamo la vendita, poi passiamo a riconvertire la produzione di armi alla fonte, nelle fabbriche, e poi tagliamo drasticamente le spese militari, non diamo piu' commesse alle fabbriche di strumenti di morte, e poi aboliamo il porto d'armi, cosi' definiamo illegale l'uso delle armi e cacciamo nell'illegalita', senza tolleranza, senza cittadinanza, coloro che comprano e usano le armi da fuoco. Abbassare il tasso di violenza: e' un imperativo morale che abbisogna di una scelta politica e legale concreta e coraggiosa. Appoggiamo il referendum brasiliano e diffondiamolo da noi. Sarebbe un bel passo avanti da parte di chi si dichiara nonviolento. 5. PROFILI. IDA DOMINIJANNI: UN INCONTRO CON CAROL GILLIGAN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 settembre 2005. Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale femminista. Carol Gilligan, docente di psicologia alla New York University, e' una delle piu' influenti pensatrici femministe contemporanee. Tra le opere di Carol Gilligan: Con voce di donna, 1982, tr. it. Feltrinelli, Milano 1987; La nascita del piacere, 2002, tr. it. Einaudi, Torino 2003. Opere su Carol Gilligan: Bianca Beccalli, Chiara Martucci (a cura di), Con voci diverse. Un confronto sul pensiero di Carol Gilligan, La Tartaruga, Milano 2005] Alta, bella, sorridente, una massa di capelli lunghissimi sciolti sulle spalle, occhi chiari e attenti, ascolto empatico alle voci delle altre, Carol Gilligan restituisce nel corpo una memoria vivente della storia del femminismo americano, dall'esplosione della "seconda ondata" nei primi anni Settanta a oggi che la scena sembra occupata solo da un ritorno di fondamentalismo patriarcale, virilita', sessuofobia. Sembra ma non e', dira' lei nel corso dell'incontro milanese che sto per raccontarvi: "Eravamo andate cosi' avanti, a fine Novecento, che era impossibile che il patriarcato non tentasse una rivincita, ma e' altresi' impossibile che stiamo davvero tornando indietro". Impossibile, e non e' solo l'ottimismo a suggerirglielo: "E' difficile oggi trovare le modalita' di azione, fare la cosa giusta, per combattere questo ritorno di patriarcato che si avvale di protesi potenti come la guerra e l'economia globalizzata e tenta di allestire la scena per una sorta di nuovo fascismo. Ma il corpo, individuale e sociale, mantiene la memoria di quello che siamo stati e che abbiamo imparato: come un sistema immunitario di registrazione dell'esperienza passata, che ci protegge dalle malattie di oggi; come una resistenza fisica e psicologica, che da un momento all'altro puo' trasformarsi in resistenza politica". Corpo e memoria appunto, memoria e resistenza. Per questo Carol (che, avendo lei stessa oggi difficolta' a individuare "da dove" influenzare e contrastare la politica americana, si e' messa a scrivere con uno dei suoi tre figli un adattamento teatrale de La lettera scarlatta contro il puritanesimo imperante) ripropone la memoria della rivoluzione femminista degli anni Settanta, e ripercorre nel contesto della vicenda politica complessiva la fortunata ricezione del suo In a different voice, il libro che nell'82 l'ha imposta nel laboratorio teorico femminista internazionale e, con 750.000 copie vendute e 17 traduzioni (dell''87 quella italiana Feltrinelli, Con voce di donna, oggi introvabile), ha influenzato svariati campi disciplinari e la stessa cultura americana mainstream. * Voci dissonanti E' per questo, del resto, che Gilligan e' a Milano, invitata per la seconda volta dal centro "Donne e differenza di genere" dell'Universita' statale. Bianca Beccalli e Chiara Martucci hanno curato per La Tartaruga (col titolo: Con voci diverse. Un confronto sul pensiero di Carol Gilligan) gli atti del primo incontro con lei di due anni fa, e in questo libro e' la stessa Gilligan a raccontare le tappe del suo percorso intellettuale. A fine anni Sessanta Gilligan, che oggi insegna alla New York City University, lavorava a Harvard, con Erikson e Kohlberg, in una ricerca sulle situazioni di conflitto morale, e nel '73, dopo la legalizzazione dell'aborto, decise di concentrarsi sul dilemma morale femminile sulla prosecuzione o interruzione di una gravidanza. In a different voice nacque dall'ascolto di quelle voci femminili "dissonanti", che "resistevano alle categorie della teoria psicologica e anche ai termini del dibattito pubblico sull'aborto" e spalancavano la porta alla scoperta di una differenza fra il soggetto morale maschile e femminile che a sua volta portava a "un modo diverso di parlare della condizione umana". Il nocciolo della scoperta stava nella messa a fuoco di una posizione etica femminile orientata alla relazione, contro quella maschile orientata all'individualismo; ma questo nocciolo, cui in seguito In a different voice e' stato ridotto, non ne esaurisce e in parte rischia di tradirne il senso. Non si trattava infatti, sottolinea oggi Gilligan, di inchiodare donne e uomini a questa sorta di divisione sessuale del lavoro morale, ma di decostruirla e di cambiarne il segno. Quella distanza fra donne e uomini, che la teoria psicologica e il senso comune leggevano come spontanea vocazione delle donne all'oblativita' verso l'altro ("l'olocausto di se'" di cui nello stesso '73 scriveva in Italia Carla Lonzi) e degli uomini alla concentrazione sul se', si rivelava una dif ferenza indotta dall'iniziazione femminile all'ordine patriarcale e alle sue opposizioni binarie e gerarchizzate ("la testa sul corpo, il pensiero sulle emozioni, il se' sulle relazioni, i padri sopra le madri"). Di piu'. Correntemente interpretata come un deficit rispetto allo standard di autonomia del soggetto maschile, la posizione femminile si rivelava in realta' "non piu' deficiente ma differente", portatrice di un diverso modo di percepire e costruire la realta', basato sulla rottura di quelle opposizioni, sul contatto fra corpo e testa e fra esperienza e linguaggio, sulla matrice relazionale dell'io e dell'esistenza umana. Il deficit era in realta' una risorsa. Diversamente interpretata, la differenza femminile apriva nella pratica un percorso di liberta' - "le donne potevano rompere quello che era stato un cerchio perfetto: uomini autonomi che parlavano per se stessi, donne sottomesse che facevano eco ai giudizi degli uomini" - e comportava nella teoria, psicologica e politica, uno "spostamento del paradigma" tradizionale costruito sul preteso universalismo della misura maschile. Rottura dell'ordine simbolico patriarcale, mancanza femminile ribaltata in risorsa, ripetizione del ruolo rovesciata in salto di liberta', spostamento del paradigma universalista: sono concetti e passaggi familiari a chi frequenta il pensiero italiano della differenza, che li ha elaborati negli stessi anni sulla base della pratica politica, e che ha via via modificato la pratica politica e la proposta teorica per evitare il rischio che vengano riassorbiti in un nuovo paradigma identitario o essenzialista, con donne e uomini, femminile e maschile, inchiodati a un rinnovato catalogo di vizi e virtu' pubblici e privati. Gli incontri milanesi con Carol Gilligan alla Casa della cultura e alla Statale, sono attraversati da questa preoccupazione, di cui Carol stessa ha fatto esperienza. E' vero che In a different voice ha influenzato le lotte femminili e la teoria politica - basta pensare alla critica dell'individualismo e della grammatica dei diritti che si e' sviluppata sulla base della categoria della relazione -, ma e' anche vero che nella cultura americana mainstream, oggi battuta dal vento neocon, "il messaggio di quel libro e' stato ricondotto al vecchio paradigma binario che voleva rompere": donne dedite alla relazione e al lavoro di cura, mentre la virilita' e' oggetto di violente cure ricostituenti; nuove opposizioni fra sentimenti e ragione, nuove censure e cesure fra indicibilita' dell'esperienza privata e retorica pubblica, fra emotivita' sociale e sovranita' razionale. Per questo, dice Gilligan, quel libro, che non voleva solo dare voce alla differenza femminile ma interpretare e trasformare la realta' con voce differente, va ripensato e rilanciato oggi che "vecchie voci tornano a occupare la scena": quella della guerra, quella del fondamentalismo che in tutte le religioni si avvale d'una base patriarcale, quella della sessuofobia che sottosta allo scontro pubblico sull'aborto, sui matrimoni gay e sulla procreazione assistita da una parte e dall'altra dell'Atlantico. Mentre le voci che continuano a battersi per il "cambio di paradigma" "vengono messe a tacere in nome dell'onore, della Verita', del nascondimento delle ferite e della vergogna". * La seconda scelta Non sembra tanto la condizione delle donne quanto piuttosto quella degli uomini a preoccupare Gilligan oggi. Con la rivoluzione femminista, dice, "le donne hanno conquistato quella che il 'New York Times' ha chiamato di recente the second choice": amano il loro lavoro, frequentano universita' prestigiose eppure si prendono la liberta' di disobbedire al diktat della carriera quando preferiscono dare spazio ad altre sfere di vita; la liberta' femminile guadagnata puo' arretrare, ma non si perde. La virilita', invece, e' bombardata dal backlash patriarcale: "cos'e' un vero uomo e' ridiventata una preoccupazione centrale nel discorso pubblico americano". E' stata la virilita' americana infatti a essere messa in scacco e "ridicolizzata" dall'attacco dell'11 settembre: "e quando la virilita' si sente ridicolizzata, reagisce con la violenza. Le donne lo sanno, e in questi casi sanno fare un passo indietro per prendere le distanze dalla violenza". Ma inevitabilmente questa ansia della virilita' ha i suoi effetti anche sulle donne: tacita di nuovo la loro voce, fa ripartire il circolo della dissociazione fra emotivita' e razionalita', corpo e mente, relazionalita' e decisione, "femminile" e "maschile". Donne e uomini, dice Carol, dovrebbero lottare insieme per spezzarlo, ma sono di nuovo le donne a dover fare da battistrada, o non se ne uscira'. Sono le donne piu' degli uomini, secondo lei, a essere potenzialmente portatrici di quella "resistenza" psicologica inscritta nel corpo che dicevamo all'inizio: perche' nelle donne il processo di interiorizzazione delle scissioni e delle gerarchie dell'ordine patriarcale inizia piu' tardi che negli uomini, e lascia aperta e viva la memoria di una condizione non scissa e non gerarchizzata dell'esperienza e dell'emotivita'. C'e' qualche segno, di questa resistenza psicologica che puo' diventare politica? Secondo Carol c'e', anche se nella sfera piu' propriamente politica, o per meglio dire nella politica della rappresentanza, il vantaggio femminile guadagnato nell'ultimo quarto del Novecento sembra essere bruciato: nelle ultime elezioni presidenziali, il gender gap che era stato determinante per i due mandati di Clinton portandogli una considerevole percentuale in piu' di voti femminili, non ha funzionato, o si e' spostato a destra. Ma nell'azione sociale le donne ricominciano a muoversi, come dimostra la stessa qualita' della domanda "mi dica perche' e' morto mio figlio" di Cindy Sheehan davanti al ranch di Bush in Texas, e il sostegno femminile che la sua azione ha avuto. E poi, sostiene Gilligan - che del presidente Bill Clinton e' dichiaratamente nostalgica ("ma tutti abbiamo nostalgia della sua intelligenza, se si ricandidasse trionferebbe") e della senatrice Hillary e' dichiaratamente amica -, "se Hillary si candidera' alla Casa Bianca, avra' un effetto simbolico dirompente sul mondo femminile". Basta questo? O ci vuole qualcos'altro per scuotere la societa' americana, ad esempio che la memoria dell'11 settembre si stacchi dalla retorica della vendetta? Fra le resistenze "memorizzate" dal corpo sociale, c'e' "un'altra" memoria dell'11 settembre? "Si', c'e', la memoria di una ferita che non domanda ritorsione ma coscienza dell'interdipendenza globale in cui tutti, anche la grande potenza americana, ci troviamo". Interdipendenza, relazione, amore, la sequenza sta qui. L'ultimo libro di Gilligan, tradotto un anno fa da Einaudi, si intitola La nascita del piacere, e rilegge il mito di Amore e Psiche nella chiave di una resistenza di Psiche alla reificazione, alla sottomissione, al sacrificio di se', alla rinuncia della relazionalita' che Amore vorrebbe imporle. Psiche non ci sta, mette a rischio tutto ma alla fine vince. Il mito parla ancora di noi per noi: "L'amore resta l'arma piu' potente da scagliare contro il paradigma della dissociazione. Non e' un caso che nessuno oggi ne parli, spetta a noi donne squarciare questo silenzio, scandalosamente". * Postilla. I mille piani di un pensiero differente Oltre che la teoria femminista internazionale, il pensiero di Carol Gilligan ha influenzato negli ultimi decenni svariati campi disciplinari, dalla psicoanalisi al diritto. A ricostruire questa influenza e' soprattutto volto Con voci diverse, il libro a cura di Bianca Beccalli e Chiara Martucci (La Tartaruga) che raccoglie e rielabora gli interventi in un seminario del marzo 2003 alla Statale di Milano. In particolare, Claudia Zanardi ripercorre gli effetti di "In a different voice" nella teoria e nella clinica psicoanalitica, Bianca Beccalli e Luca Beretta nella sociologia del lavoro, Carmen Leccardi negli studi sulla temporalita', Barbara Mapelli nella pedagogia, Tiziana Vettor nel diritto. La stessa Gilligan, nel saggio centrale del volume, ricostruisce in prima persona il proprio percorso, da "In a different voice" al piu' recente "The Birth of Pleasure", evidenziando le rotture epistemologiche e metodologiche che sottostanno al primo libro (critica della separatezza fra oggetto e soggetto della ricerca, spostamento del paradigma psicoanalitico). Al secondo e' dedicato il saggio di Eva Cantarella, che connette la rilettura del mito di Amore e Psiche in chiave di resistenza femminile ad alcuni episodi effettivi di resistenza politica femminile nella Roma di Augusto. Silvia Vegetti Finzi inquadra invece il lavoro di Gilligan nel panorama della teoria femminista statunitense e internazionale, in particolare di quella piu' direttamente influenzata dalla psicoanalisi, compreso - non senza fraintendimenti - il pensiero della differenza sessuale italiano. L'introduzione di Bianca Beccalli rilegge la proposta di Gilligan anche alla luce di alcuni suoi riflessi nella pubblicistica politica (ad esempio, il noto "Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere"), delle accuse di essenzialismo di cui e' stata fatta oggetto in alcune "gender theories" di area anglosassone (e alle quali Gilligan indirettamente risponde con le sue sottolineature di metodo), dei suoi risvolti nell'ambito delle politiche della parita' e delle pari opportunita' (alle quali e' difficilmente riconducibile). Su Carol Gilligan nel panorama della teoria femminista novecentesca si puo' leggere anche "Le filosofie femministe" di Adriana Cavarero e Franco Restaino (Paravia), e "Feminist Theory. A concise Companion", a cura di Mary Eagleton, Blackwell. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1067 del 28 settembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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