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La nonviolenza e' in cammino. 1051
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1051
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 12 Sep 2005 00:13:01 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1051 del 12 settembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Assisi, in cammino 2. Enrico Peyretti: Si', un caldo invito 3. Aldo Antonelli: Si' 4. Gaetano Farinelli: Si' 5. Daniele Lugli: Si' 6. Lidia Menapace: Si' 7. Carlo Sansonetti: Si' 8. Paolo Bertagnolli: Scrivere a giornali e riviste perche' informino sul referendum brasiliano 9. Maria G. Di Rienzo: Lo strano caso della signorina X (ovvero: dal re/attivismo al pro/attivismo) 10. Monica Lanfranco colloquia con Rosangela Pesenti sulle donne e il potere 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ASSISI, IN CAMMINO Ogni volta la marcia e' un appello. Ogni volta del volto di Aldo, della voce di Aldo risuona. Ogni marcia e' lo stesso cammino, ogni passo avvicina apre i cuori. E' un appello e un cammino la marcia: nonviolenza che chiama alla lotta. 2. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: SI', UN CALDO INVITO [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti:e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Rivolgiamo ad amici, conoscenti, pubblicazioni, associazioni, movimenti e istituzioni che hanno contatti col Brasile un caldo invito a sostenere il si' al referendum che si svolgera' in quel paese il 23 ottobre 2005. Il 23 ottobre in Brasile si svolgera' il primo referendum nella storia di quell'immenso paese: la popolazione tutta sara' chiamata a decidere se vuole proibire il commercio delle armi da fuoco. Aiutate calorosamente, energicamente, affettuosamente il popolo brasiliano, attraverso i contatti che avete, a dare una speranza a se stesso e al mondo. Le armi in tante mani sono non soltanto un pericolo, come mostrano le statistiche (vedere in calce alcuni dati), ma un degrado delle piu' antiche civilta' popolari. La diffusione delle armi imbarbarisce popolazioni civili, incrudelisce persone normalmente buone. E' ben vero che la violenza viene dal cuore, non dalla mano e dallo strumento, ma lo strumento mortale a facile disposizione puo' - per l'unita' ingarbugliata dell'impasto umano - retroagire sui cuori piu' deboli, meno padroni di se', piu' in balia dei venti del momento e delle reazioni primarie. L'occasione fa l'uomo ladro, dice il proverbio, non come necessita', ma probabilita'. Cosi' l'arma fa l'uomo omicida. Soprattutto e' il rispetto e la cultura dell'arma, oggi oscenamente alti, insieme alla sua "normalizzazione" tra gli oggetti commerciabili, che corrodono e corrompono l'umanita' di noi tutti, e le relazioni umane. Ricordo l'orrore intimo provato a Gerusalemme, citta' tre volte santa, nel vedere per strada tanti civili col fucile in spalla: ritrovavo i corpi umani deturpati dalla lebbra delle armi, che avevo visto nella mia infanzia sotto l'occupazione tedesca. Una pagina orrenda di Nietzsche, nel 1880-'81, profetizzava "giusto e buono" il fatto che "i fino ad oggi tacciati di delinquenti" si creassero "un diritto", anche se cio' "rende pericoloso il secolo venturo e mette ad ognuno il fucile in spalla" (Aurora, n. 164). Il voto in Brasile vuole abolire il diritto del delitto. Sottoporre a giudizio democratico e a energica limitazione politica la quantita' e diffusione delle armi e' un grande passo di civilizzazione, di umanizzazione. Ma anche in Brasile e' impedito cun durezza dall'industria cinica delle armi, disposta a trarre un guadagno da ogni morto ammazzato. * C'e' un bel precedente nella Svizzera, fortezza e forziere ben armato, nel cuore geografico d'Europa. Il 26 novembre 1989 gli svizzeri votarono sulla proposta di iniziativa popolare di abolire l'esercito. Era previsto un massimo di 30% di si', che secondo il ministro della difesa sarebbe gia' stata una catastrofe. Il si' ebbe il 35,6% nazionale, con punte del 50,4 e del 55,5 nei cantoni di Ginevra e del Giura. Tobia Schnebli scrisse: "E' successo l'inimmaginabile. Si e' messa in dubbio l'esistenza della vacca sacra". Nessun altro paese ha mai messo ai voti il tabu' dell'esercito. D'altra parte, nell'89, la Svizzera non riconosceva l'obiezione di coscienza e oggi lo fa con molti limiti. E' tuttora attivo un movimento "Per una Svizzera senza esercito". (Fonti di stampa; Peter Bichsel, Il virus della ricchezza, capitolo "L'esercito e' mortale (anche in tempo di pace)", pp. 81-94, Marcos y Marcos, Milano 1990; Periodico trimestrale "Obiezione!", c. p. 2463, 6501 Bellinzona, e-mail: obiezione at serviziocivile.ch). * Il Costarica non ha l'esercito, abolito nel 1949. Il paese ha svolto una efficace politica di pace nella regione, negli anni '80. In ogni villaggio, il simbolo che incontri non e' la Coca Cola, ma la scuola e il posto di pronto soccorso: i giovani medici fanno un anno di servizio obbligatorio nelle comunita' piu' lontane. La polizia e' molto presente, a prevenire piu' che a reprimere. L'analfabetismo e' al 4,2%, mentrre nel Centroamerica e' al 30%. La speranza di vita e' 77 anni, la piu' alta di tutta l'America Latina. Il tasso di omicidi e' di 7 ogni 100.000, sette volte in meno del Guatemala, il paese piu' violento della regione. Il 25% della popolazione e' immigrata, accolta, ha arricchito la cultura locale. L'ultima guerra il Costarica l'ha fatta nel 1856 contro degli avventurieri al soldo di uomini d'affari Usa. I monumenti nelle piazze non ricordano generali e battaglie, ma i valori di Pace, Democrazia, Cultura. A Ciudad Colon sorge l'Universita' della Pace, patrocinata dalle Nazioni Unite, con docenti provenienti da oltre una dozzina di nazioni. I problemi non mancano: Il Costarica si proclama neutrale, ma nel 2003 il governo di Abel Pacheco approvo' la guerra di Bush all'Iraq, sconfessato da tutta l'opinione pubblica. (Fonte: Costarica senza esercito, di Maurizio Campisi, giornalista italiano che vive la', nel mensile "il foglio", n. 302, maggio 2003, sito: www.ilfoglio.org). * Se il Brasile dara' un segno in questa direzione, sara' un'altra stella luminosa tra le nubi della lunga notte che stiamo attraversando. * Appendice. Nessun'arma e' leggera Ogni anno, in tutto il mondo, circa mezzo milione di esseri umani sono uccisi dalla violenza armata: una persona al minuto. Ci sono circa 639 milioni di armi leggere nel mondo oggi, e 8 milioni vengono prodotte ogni anno. Le armi purtroppo circolano liberamente in molte zone del mondo attraversate da conflitti. La loro diffusione incontrollata e il loro uso arbitrario da parte di eserciti regolari e di gruppi armati hanno un costo elevato in termini di vite umane, di risorse e di opportunita' per sfuggire alla poverta'. Ogni anno, in Africa, Asia, Medio Oriente e America Latina si spendono in media 22 miliardi di dollari per l'acquisto di armi: una somma che avrebbe permesso a questi paesi di mettersi in linea con gli "Obiettivi di Sviluppo del Millennio" promossi dall'Onu, eliminare l'analfabetismo (cifra stimata: 10 miliardi di dollari l'anno) e ridurre la mortalita' infantile e materna (cifra stimata: 12 miliardi di dollari l'anno). Per far fronte a questo drammatico problema e' nata la mobilitazione internazionale "Control Arms", lanciata congiuntamente da Amnesty International, Oxfam e Iansa, che si prefigge l'obiettivo dell'adozione di un Trattato internazionale sul commercio delle armi entro il luglio 2006. Nel nostro paese la campagna e' rilanciata dalla sezione italiana di Amnesty International e dalla Rete italiana per il disarmo. Oltre a contribuire alla grande mobilitazione mondiale, i promotori intendono agire per migliorare gli strumenti legislativi e di trasparenza esistenti in Italia sul commercio di armi. Il nostro paese e' infatti il quarto produttore e il secondo esportatore mondiali di armi leggere, eppure la nostra legislazione e' vecchia di 30 anni e ad oggi non esiste alcuna forma di controllo sugli intermediatori internazionali di armi. Il 23 ottobre in Brasile un referendum sottoporra' alla popolazione il quesito: "Volete che il commercio delle armi da fuoco e munizioni venga bandito in Brasile?". Contro la forte pressione degli industriali della morte, ognuno scriva e sostenga il popolo brasiliano nella scelta di vita: Francesco Comina (per contatti: f.comina at ladige.it) e' il referente in Italia. In Brasile, nel 2004, sono stati 38.000 i morti ammazzati da armi da fuoco: una persona ogni 15 minuti; il 40,8% delle lesioni invalidanti di pazienti dei centri di riabilitazione si devono alle armi. Nel gruppo dei pazienti tra 12 e 18 anni, le armi sono la causa del 61% dei casi di lesioni invalidanti. Il referendum e' importante per il Brasile, per l'America Latina e per il mondo intero. Ci sono in Brasile quasi 18 milioni di armi da fuoco in circolazione. Possedere armi per difendersi dalla violenza non e' una risposta: chi ha un'arma in casa ha infatti il 57% in piu' di possibilita' di essere assassinato rispetto a chi non ne ha. A New Orleans, in Usa, lo spaccio libero delle armi e il saccheggio delle armerie, ha reso piu' terribile la tragedia dell'uragano Katrina. Per ulteriori informazioni, interviste e approfondimenti: - Amnesty International Ufficio Stampa: tel. 064490224, cell. 3486974361, e-mail: press at amnesty.it - Rete italiana per il disarmo: cell. 3283399267 oppure 3355769531, e-mail: segreteria at disarmo.org, sito: www.disarmo.org - sul referendum brasiliano: sito: www.referendosim.com.br - contatti per sostenere dall'Italia il referendum brasiliano: per promuovere iniziative in Italia per sostenere la campagna per il "si'" al referendum brasiliano per vietare il commercio delle armi si puo' contattare Francesco Comina in Italia (e-mail: f.comina at ladige.it) e padre Ermanno Allegri in Brasile (e-mail: ermanno at adital.com.br, sito: www.adital.com.br); inoltre questo foglio in queste settimane ospitera' le dichiarazioni di sostegno al si' al referendum brasiliano delle persone che vorranno intervenire per esprimere solidarieta' (e-mail: nbawac at tin.it). 3. 23 OTTOBRE. ALDO ANTONELLI: SI' [Ringraziamo don Aldo Antonelli (per contatti: ednran at tin.it) per questo intervento. Aldo Antonelli e' parroco di Antrosano (Aq) e straordinario costruttore di pace, una persona che ha preso sul serio il discorso della montagna, saldo e profondo un amico della nonviolenza] Il prossimo 23 ottobre, in Brasile, si terra' un referendum contro il commercio delle armi. Il quesito e' questo: "Il commercio di armi da fuoco e munizioni deve essere proibito in Brasile?". Si tratta del primo referendum nella storia del Brasile e non puo' che farci piacere che il tema referendario riguardi proprio il commercio delle armi, in un paese in cui circolano quasi 18 milioni di armi, piu' della meta' delle quali non hanno una regolare registrazione. Il Brasile e' l'unico paese che non e' in guerra in cui si muore piu' per armi (30,1% delle cause non naturali) che per incidenti stradali (25,9%). Nonostante la pesantezza dei dati, trovo comunque molto riduttivo un discorso che si limiti ai numeri. Le armi non sono solo un prodotto, sono anche una filosofia. Una pistola non e' semplicemente un oggetto; costituisce anche una dimensione esistenziale che dissemina tossine cancerogene nel tessuto sociale di un individuo e di una comunita'. Mi perdonino gli esegeti ma il rimando, che io non ritengo abusivo, e' chiaramente rivolto al comando che Gesu' rivolge ai suoi: "Non temete quelli che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima. Temete piuttosto coloro che possono mandare in rovina e il corpo e l'anima". Le armi non ammazzano semplicemente vite umane, ma devastano interiormente il comune sentire, pongono in contrapposizione con l'"altro", inoculano nella arterie dei sentimenti umani il veleno della cultura del "nemico", sequestrano la struttura mentale della persona entro una camera di sicurezza che, disgiunta da ogni affetto, diventa violenza pura. E, non a caso, la violenza e' diventata la retorica della nostra epoca. Non solo. Essa sgorga ormai, abbondante, dalla sorgenti economiche e politiche del potere, ma la sua terribile malizia contagia anche la coscienza delle vittime, le quali aspettano il momento per prendere il posto dei violenti... "Ogni vittima - amava ripete il caro Ernesto Balducci - e' un oppressore potenziale". A pagina 275 del suo bellissimo libro "A Testa in giu'", Eduardo Galeano scrive: "La violenza genera violenza, come si sa; ma genera anche guadagni per l'industria della violenza, che la vende come spettacolo e la trasforma in oggetto di consumo". C'e', ormai, uno stretto connubio tra grandi ideali e violenza: quelli sono stati le fonti normali di legittimazione di questa. Le uccisioni in nome di Dio, della Patria, della Rivoluzione, anche dell'Uomo, sono state sempre accompagnate da qualche benedizione, impartita da qualche altare: della fede o della ragione, della tradizione o dell'utopia. Noi, figli della pace e ambasciatori della nonviolenza, dovremmo far nostro il consiglio di Armido Rizzi: Togliere le iniziali maiuscole a questi polinomi (Dio-Patria-Rivoluzione-Uomo) e "buttarle ai piedi del povero, dell'altro in carne ed ossa: ecco un atto irrinunciabile del costruttore di pace; (quanto a Dio, la maiuscola se l'e' tolta da se' nell'uomo-Gesu')". Pongo ai compagni ed amici che mi leggono un domanda che, personalmente, mi sovviene come sfida ad ogni inizio giornata: "Come e' possibile ripopolare questa societa' di idealita', di passioni, di speranze e utopie per rilanciare un progetto alternativo di vita che metta al bando la forza, la guerra, lo spirito prevaricatore e la violenza omicida?". E' la stessa domanda che si poneva Francesco Comina su "Mosaico di pace" gia' nel settembre del 2000. 4. 23 OTTOBRE. GAETANO FARINELLI: SI' [Ringraziamo Gaetano Farinelli (per contatti: posta at macondo.it) per questo intervento. Gaetano Farinelli, prete operaio, educatore, e' uno dei principali animatori dell'esperienza di "Macondo", associazione per l'incontro e la comunicazione tra i popoli (per contatti: via Romanelle 123, 36020 Pove del Grappa (Vi), tel. 0424808407, e-mail: posta at macondo.it, sito: www.macondo.it). Tra le opere di Gaetano Farinelli: Attraversare il deserto, Macondo Libri - Citta' Aperta, Troina (En) - Pove del Grappa (Vi) 2001] Il giorno 23 di ottobre il Brasile vota per l'eliminazione della vendita di armi da fuoco ai privati. La determinazione del referendum fa seguito alla legge brasiliana sul disarmo del 2003, che all'articolo 35 prevede la conferma della legge stessa da parte dei cittadini brasiliani. Tutti i cittadini uomini e donne dai 18 anni ai 70 anni sono tenuti a rispondere al quesito: "Il commercio di armi da fuoco e munizioni deve essere proibito in Brasile?". E' il primo referendum in assoluto per il Brasile e primo nel mondo rispetto al tema delle armi. * Il motivo primo della legge e' l'alto numero di morti per arma da fuoco. Nel 2003 in Brasile sono morti per causa di armi ben quarantamila persone, la maggior parte delle quali sono giovani. Il 67% delle morti di uomini tra i 15-34 anni e' per armi da fuoco. Piu' che arma di difesa il possesso di armi e' un incentivo al crimine e al delitto, sia all'interno della vita domestica, sia da parte dei banditi che hanno libero accesso alla compera delle armi. La morte per armi da fuoco e' la prima causa di morte in Brasile e supera quella per incidenti stradali, aids, cancro e qualsiasi altra causa esterna. Si sono formati in Brasile due schieramenti a favore o contro l'abolizione della legge per l'eliminazione della vendita di armi. Tutte le chiese cristiane sono a favore della legge per l'abolizione della vendita di armi in Brasile; si sono formati molti comitati a favore della legge del 2003. * Nel mondo si annoverano altri paesi che hanno leggi di controllo per la vendita di armi ai cittadini: Australia, Canada, Inghilterra, Giappone, dove il numero di morti per armi da fuoco e' minimo: 28 morti in un anno. In Italia l'acquisto di armi e' molto ampio; vedi di Edoardo Mori, magistrato di Cassazione: Sintesi del diritto delle armi, che scrive: "Ogni cittadino sano di mente e che non sia pregiudicato o malfamato o obiettore di coscienza ha diritto di acquistare armi. Chi e' munito di una qualsiasi licenza di porto d'armi ha gia' dimostrato all'autorita' di essere sano di mente ed onesto e quindi puo' acquistare armi e munizioni di ogni genere, nei limiti consentiti. Chi ha licenza di porto di fucile puo' acquistare armi corte, e viceversa". Il numero di omicidi in Italia era di 600 nel 2002. Per armi da fuoco sono 293 ed e' la percentuale piu' alta. 5. 23 OTTOBRE. DANIELE LUGLI: SI' [Ringraziamo Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) per questo intervento. Daniele Lugli e' il segretario nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande] Nel moltiplicarsi di segni che documentano la ferocia autodistruttiva dell'umanita' finalmente ne appare uno buono, che tutti ci riguarda. L'indizione del referendum sulla produzione e commercio delle armi in Brasile e' un passo giusto nella giusta direzione. Che un intero e grande popolo sia chiamato a pronunciarsi, a decidere, e' di per se' un fatto molto importante. Il solo precedente che mi sembra mostri qualche analogia e' il referendum "Svizzera disarmata" tenuto nel 1989. Non passo', ma ottenne comunque un alto consenso: 35,6% di voti a favore. Creare un effettivo collegamento tra questa iniziativa e quelle che, in particolare nel nostro paese e in Europa, sono nella stessa direzione orientate, e' compito degli amici della nonviolenza. 6. 23 OTTOBRE. LIDIA MENAPACE: SI' [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] L'occasione si e' offerta quando Francesco Comina ha indetto - non molti giorni fa - un incontro tra i e le bolzanine che operano nella pace nonviolenza solidarieta' giustizia, una piccola nebulosa di persone amiche, per le quali l'invito e' stato come il primo riprendersi e ritrovarsi dopo l'estate, dunque gia' una occasione piacevole di per se'. Aggiugeva importanza e fascino soprattutto l'argomento presentato e illustrato da uno dei missionari in Brasile, che sono di Bolzano, qui hanno famiglia, amici e mantengono relazioni costanti. Ci sono andata di corsa, e le ragioni, che mi si sono ancor piu' chiarite nel corso della serata, mi hanno indotta a proporre che la delegazione bolzanina alla marcia Perugia-Assisi si facesse portatrice di un appello affinche' la marcia stessa si impegnasse ufficialmente e formalmente a sostegno del referendum. Dato, tra l'altro, che anche dal Brasile si sa che, proposto da un deputato del gruppo di Lula e avvocato per i diritti civili durante la dittatura militare brasiliana, e' sostenuto da tutte le formazioni politiche e sindacali di sinistra e progressiste e da tutte le chiese - cattolica ed evangeliche. Dunque una adesione non spacca, ma unisce e da' anche nuova linfa all'impresa di Lula in un momento difficile e un po' triste (ma non vi pare che siano troppe le coincidenze per le quali a Chavez, Lula, Arafat e suo fratello, e anche al segretario delle Nazioni Unite, capita di trovarsi tutti insieme sotto campagne infamanti? a me lettrice appassionata di gialli una coincidenza pare una coincidenza, due un indizio, tre quasi una prova di complotto): vorrei vederci piu' chiaro e sapere perche' se quelle accuse c'erano, vengono fuori tutte adesso, con propaggini fino da noi con la "questione morale": e da che pulpiti! * Torniamo alla felice occasione: come dicevo, un parlamentare stimabile, con una alleanza larga di persone e istituzioni che non lo sono meno, lancia un referendum in Brasile, per abolire il commercio delle armi da fuoco. Sembra una meta modesta e lo e', se fossimo persone ragionevoli che le armi da fuoco le avessimo gia' abolite da tempo e ovunque. Ma poiche' siamo in piena follia globale la ragionevolissima iniziativa brasiliana fa notizia e scalpore e suscita interrogativi: ce la faranno? Per dare una idea della dimensione e attualita' della cosa, il missionario che ha illustrato l'argomento ci ha detto che nella sua comunita' in una settimana ci sono stati quattro morti in seguito all'uso di armi dette "leggere"; che in Brasile il porto d'armi e' diffusissimo (del resto anche negli Usa) e chi lo ha, suole "affittare" le armi a chi non ha il permesso, e che anche la polizia fa questo. Chi e' piu' avvelenato dall'orrendo contagio sono bambini, ragazzi, giovani e giovanissimi. * Occorre sapere altro, per essere fermamente e con fervore d'accordo? Se occorre, basta aggiungere che l'Italia e' il secondo produttore mondiale di tali armi, che si chiamano per "uso sportivo e civile (!)", che il nostro commercio estero e' fatto in gran parte di tali armi. Se vogliamo mandare un messaggio forte e non vago a chi si appresta a proporcisi come governante, dobbiamo fargli sapere che un modello economico fondato soprattutto sul commercio delle armi leggere (e anche di quelle pesanti e di sistemi d'arma) e' una vergogna. * In piu', e qui c'entro io, sono convinta che la primavera del mondo oggi sta nell'America latina e dobbiamo imparare da loro, sia le forme di costruzione di culture molteplici e diffuse, sia le iniziative pratiche: il gruppo Galfisa - gruppo america latina di filosofia e sociologia - e' attivo tra tutte le universita' del continente latino-americano e coinvolge non solo accademici e accademiche, ma organizzazioni sociali, donne native, Sem terras, insomma una delizia; tra Cuba, Venezuela, Brasile e Argentina si sta costruendo Telesur, una emittente televisiva che Prieto, il ministro della cultura di Cuba, chiama "la Cnn de los pobres": i segni che ci arrivano sono grandi e tanti e solo una nostra sorda superbia puo' farci stare in disparte, ma vuol dire stare in disparte dalla storia, finire nel dimenticatoio del tempo. Insomma, muoviamoci! 7. 23 OTTOBRE. CARLO SANSONETTI: SI' [Ringraziamo don Carlo Sansonetti (per contatti: carlo.sansonetti at libero.it) per questo intervento. Carlo Sansonetti, parroco di Attigliano, ha preso parte a varie rilevanti esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in America Latina, ed e' trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla strada". Per ulteriori informazioni e per sostenere le attivita' di solidarieta' in Guatemala e in Angola dell'associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr), tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail: sullastrada at iol.it, sito: www.sullastradaonlus.it; l'associazione promuove anche un periodico, "Adesso", che si situa nel solco della proposta di don Primo Mazzolari, diretto da Arnaldo Casali; per contattare la redazione e per richiederne copia: c. p. 103, 05100 Terni, e-mail: adesso at reteblu.org, sito: www.reteblu.org/adesso] Siamo di fronte a un fatto epocale: il potere politico, senza mezzi termini o compromessi diplomatici, decide di resistere alle pressioni dell'industria delle armi e di lavorare per l'interesse della gente. Investire sul disarmo da' come risultato piu' vita, meno morti, ma anche meno traumi e spese sociali. Il tentativo brasiliano del disarmo della gente, diventa paradigma del disarmo globale e costituisce il primo, propedeutico passo per investire sulla vita, dopo tanta morte voluta, cercata e arrecata dalla politica del riarmo e del commercio delle armi. Togliere armi significa togliere aggressivita' (dal luglio del 2004, quando e' iniziato il disarmo volontario, fino ad oggi, in Brasile gli omicidi sono diminuiti drasticamente, nello stato del Parana' addirittura del 20%); chiedere poi al popolo di esprimersi se il commercio delle armi da fuoco e munizioni deve essere proibito in Brasile da' come risultato una riflessione profonda e liberatoria per tutti. Dare alle gente il potere di decidere su un futuro senza armi, in un momento storico contraddistinto da una violenza senza fine, ha l'effetto di un vero e proprio cortocircuito sociologico, perche' non sono piu' i poteri soprastanti (commercianti di armi senza scrupoli, la grande industria, il potere politico asservito ai loro interessi economici) a decidere, ma la gente, uomini e donne che vivono la tragedia della vita quando a imperare e' solo la legge del pi' forte. Si torna alla civilta'. Si ritorna all'uomo. 8. INIZIATIVE. PAOLO BERTAGNOLLI: SCRIVERE A GIORNALI E RIVISTE PERCHE' INFORMINO SUL REFERENDUM BRASILIANO [Ringraziamo Paolo Bertagnolli (per contatti: paolo_bertagnolli at hotmail.com) per questo intervento. Paolo Bertagnolli e' impegnato nel movimento di Pax Christi a Bolzano e in molte iniziative di pace, solidarieta' e nonviolenza] Un'altra proposta che ho gia' cercato di attivare, ma che potrebbe avere maggiore efficacia se altri la facessero propria: chiedere a quotidiani e periodici italiani di presentare articoli sul referendum in Brasile e creare, in questo modo, un movimento d'opinione sottolineando che il referendum brasiliano e' un avvenimento storico, che un'azione in questa direzione potrebbe avere effetti straordinari per tutto il Sud America e per tutto il mondo. Sono convinto che valga la pena di impegnarsi per la vittoria del si' al referendum, per dare anche dall'Italia tutto il sostegno possibile. 9. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: LO STRANO CASO DELLA SIGNORINA X (OVVERO: DAL RE/ATTIVISMO AL PRO/ATTIVISMO) [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] Dopo aver passato numerosi anni a dedicarsi all'impegno sociale e politico, la signorina X sentiva di aver speso tutto, si sentiva consumata, disillusa, impoverita e amareggiata. Com'era accaduto? Come mai tante buone intenzioni avevano condotto ad una situazione cosi' priva di risultati? Come mai un lavoro cosi' importante non aveva avuto alcuna ricompensa? "Ho intenzione di fare del bene su questo pianeta", si era detta la signorina X tanti anni prima. Per quanto il pronunciamento possa sembrare retorico, X era sincera, e porto' con se' il proprio voto, inciso nell'anima. Non bado' molto alla propria sicurezza economica, ne' alle proprie esigenze, giacche' doveva essere sempre disponibile per chi avrebbe potuto aver bisogno di lei, per la manifestazione o i volantini, o per essere confortato: la porta della signorina X era sempre aperta, il suo telefono, il suo frigorifero, il suo divano erano fruibili in ogni momento, per chiunque ne avesse bisogno. X non voleva far parte del dannato "sistema", ed avere un lavoro fisso le sembrava compromettente, percio' un'estate vendeva libri porta a porta, faceva un po' la babysitter durante l'inverno, lavorava una stagione come cameriera, un'altra non lavorava affatto. X era ovunque, entrava a pie' pari in ogni campagna, contro la guerra, contro l'inquinamento, per le cause delle donne, a favore dei migranti, con i partiti o senza, dovunque ci fosse da protestare, lei c'era. * Man mano che il tempo passava, pero', per quante energie lei mettesse in qualunque progetto, le sembrava che nessuno di essi si realizzasse. Era arrivata ad odiare le persone che avrebbe voluto convincere, quelle tiepide o apparentemente insensibili, quelle a cui non importava nient'altro che fare compere e guardare la televisione. Il suo idealismo divento' rabbia, la rabbia divento' amarezza. Erano bugie quelle che la cultura dominante le aveva raccontato e le raccontava, ma erano bugie anche quelle in cui lei aveva creduto? Che dire delle sue amiche e compagne di lotta, ad esempio? Per la maggior parte, avevano ormai un lavoro fisso, figli, vacanze, automobili. Avevano meno tempo per le riunioni, per l'attivismo. Ah, si erano vendute al "sistema", mentre lei non aveva il becco di un quattrino e passava le estati ad organizzare conferenze ed eventi per l'autunno. Odiava anche loro. Si sentiva punita. Le sembrava che il peso del mondo fosse stato caricato sulle sue spalle, e che quell'immane peso la stesse ora facendo crollare sotto di se'. Dall'amarezza arrivo' il giudizio finale: erano le altre persone ad essere sbagliate, erano le altre persone il suo problema. * Fu a questo punto che X, fortunatamente, comincio' a riflettere. Fino a quel momento non era stata un'attivista, ma una re/attivista, saltando in piedi ad ogni squillo, rispondendo ad ogni sollecitazione, con una frenesia compulsiva. E aveva solo imparato a disprezzare un sempre maggior numero di persone. Non si meravigliava piu' di essere cosi' sola. Quelli che seguono sono i "quattro passi" che l'ho invitata a fare con me quando mi ha raccontato la sua storia. * Quattro passi per diventare pro/attivisti: 1. Impegnatevi a fare del "lavoro interiore". 2. Dite no a cio' che non volete e dite si' a cio' che volete. 3. Raccogliete attorno a voi persone che condividono la vostra visione. 4. Lavorate sul messaggio che volete mandare all'esterno in modo che esso rifletta positivita'. * Impegnatevi a fare del "lavoro interiore" Se scegliete di compiere uno solo dei quattro passi proposti, scegliete questo. E' di gran lunga il piu' importante e produttivo, perche' se e' una scommessa la sua posta e' la vita. E' un esistere amorevole, conscio, riflessivo, che riconosce l'interdipendenza di tutte le forme di vita, che esplora nuove visioni, che apprezza i benefici del "non attaccamento" (ovvero che apprende ad avere relazioni non basate sul possesso o sul dominio). Lavorando su voi stessi schiudete le porte al vostro potere, alla vostra pace interiore, e al successo del vostro impegno. E' importante che voi non diventiate delle vittime sacrificali sull'altare delle vostre cause. Persone arrabbiate e amareggiate e travolte dal proprio attivismo possono essere efficaci solo a brevissimo termine, e perdono, e fanno perdere, sempre di piu' di quel che guadagnano. Non si crea nessun cambiamento positivo che sia duraturo, se il sentimento da cui si parte e' l'ira funesta del pelide Achille. Usate per il lavoro interiore cio' che funziona per voi (meditazione, yoga, preghiera, riflessione, connessione alle energie naturali, letture, eccetera): qualsiasi cosa vi aiuti a capire chi siete e perche' agite nel modo in cui agite. Questo vi aiutera' a guarire le vecchie ferite e ad amare voi stessi. Non e' una cosa che potete fare una volta sola: per avere degli effetti e' necessario che l'esplorazione di voi stessi continui come continua la vostra vita. Organizzate quest'ultima attorno a proponimenti e pratiche che includano la responsabilita' e l'integrita'. Imparate ad essere e sentirvi responsabili delle vostre azioni. Imparate che il biasimare va bene, ma non va mai bene abbastanza, da solo, per cambiare qualcosa. Imparate a riconoscere il vostro legame, come individui, con le varie collettivita' e comunita' di cui fate parte. Non lasciate che l'urgente eclissi l'importante: date priorita' ai vostri bisogni emotivi. * Dite no a cio' che non volete e si' a cio' che volete C'e' quasi da perdersi non vi pare? C'e' cosi' tanto a questo mondo a cui dire "no" e c'e' cosi' tanto a cui dire "si'". Eppure, sebbene sia il passo piu' semplice, e' quello che richiede la maggior abilita'. Dire "no" senza aver nulla a cui dire "si'" significa erogare energia senza riceverne. A lungo andare, consuma. Percio': continuate ad andare alle manifestazioni, a scrivere lettere, a firmare petizioni; quando qualcosa non giova alla vita, avete tutto il diritto di dire "non sono d'accordo". Ma cercate di farlo senza che l'odio inquini le vostre azioni. Qualunque sia la causa a cui vi state dedicando, ammattire di rabbia per essa ferisce la vostra umanita' e dissipa la vostra forza vitale. Certamente, questo non e' di aiuto ne' a voi, ne' all'istanza di cui intendete occuparvi. Ogni "no" alla violenza che pronunciate alto e forte deve quindi basarsi su un altrettanto alto e forte "si'" alla nonviolenza. Le strutture delle relazioni umane possono essere sbagliatissime, crudeli e da spazzare via senza rimpianti: ma non per non mettere nulla al loro posto. Se il "no" e' dovere morale, il "si'" lo e' parimenti. Avere una visione chiara di cio' che volete crea una forma di pensiero positiva con cui altre persone possono entrare in risonanza. E' questo seme di possibilita', questa volonta' ispiratrice, che permette al cambiamento di avvenire. * Raccogliete attorno a voi persone che condividono la vostra visione Se questa visione comincerete a dirla, a mostrarla, a viverla serenamente voi per primi vi pronostico una felice sorpresa: ce ne sono di piu', di voi, di quanti pensavate. E mentre vi raccogliete in un gruppo e condividete punti di vista e opinioni, la visione diventera' piu' solida, piu' reale, piu' vera, piu' vicina. Maggiore e' il numero delle persone che capiscono come sia giusto e sano dire la propria verita', maggiori sono le possibilita' che tale verita' venga udita. Il "potere insieme" e' una forza travolgente per bellezza ed efficacia: irradia il magnetismo di una speranza concreta e nutre chi lo pratica. Sebbene possiate pensare e trovare piu' facile radunare persone attorno al "no", avrete maggiori possibilita' di vedere un cambiamento se diventerete il "si'", e cioe' se incarnerete il cambiamento voi stessi. * Lavorate sul messaggio che volete mandare all'esterno in modo che esso rifletta positivita' Quando un problema suscita in voi sentimenti forti, usualmente vi muovete per il cambiamento. Ma vi chiedete anche qual e' il modo piu' efficace per ottenerlo? E a chi vi state rivolgendo, perche' lo voglia insieme con voi? Predicare ai convertiti suona sempre bene, poiche' i convertiti rifletteranno le vostre opinioni e vi daranno ragione, ma non sono loro che avete bisogno di convincere. Concentrarsi sul problema ed esaminarne i dettagli e' certo una parte importante di un messaggio diretto all'esterno, ma non dovrebbe essere il vostro sforzo principale. Generalmente tutti sanno che l'ambiente e' in pericolo, che gli esseri umani e gli animali soffrono in tutto il mondo, che guerre di ogni genere devastano e uccidono corpi e anime. Un messaggio intelligente creera' uno scenario alternativo, in cui nessuno venga umiliato e in cui ciascuno si senta bene ad essere parte della soluzione. Le persone si illuminano quando capiscono di avere potere come individui, perche' questo riduce molto le loro paure. E la luce puo' arrivare anche a coloro che identifichiamo come oppositori o insensibili. La tentazione di etichettarli in blocco come "sbagliati" e "cattivi" ve la daranno ogni giorno, ma sapete bene che sono umani quanto voi, e che non li sposterete insultandoli o sparando razzi sulle loro finestre. Un gran numero di brave persone, ad esempio, lavora per pessime compagnie economiche, o per organizzazioni e istituzioni e sistemi politici che stanno facendo errori terribili. Perche' non aprire loro una porta? Se il messaggio che mandate loro e' radicato nella visione positiva in cui anche essi hanno un ruolo, la luce oltre quei battenti potrebbe diventare assai attraente. 10. RIFLESSIONE. MONICA LANFRANCO COLLOQUIA CON ROSANGELA PESENTI SULLE DONNE E IL POTERE [Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: mochena at village.it) per averci messo a disposizione questo suo colloquio con Rosangela Pesenti gia' apparso sul quotidiano "Liberazione" il 9 settembre 2005. Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo 1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale di formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994 ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e'' socia fondatrice della societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA Donne di sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi: 1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra). E' stato pubblicato recentemente il suo libro, scritto insieme a Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti, Intra Moenia, Napoli 2003. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione. Rosangela Pesenti e' una delle figure piu' autorevoli e prestigiose del movimento delle donne in Italia] A lungo dirigente nazionale dell'Udi, l'Unione Donne Italiane, la piu' antica associazione di donne del paese, Rosangela Pesenti intreccia il suo lavoro di storica con quello di psicoterapeuta; nel 2002, l'ultimo congresso Udi al quale ha partecipato, Pesenti scriveva nel documento preparatorio: "E' arrivato il momento di spendere la nostra lungimiranza e di guardare con spregiudicatezza alle giovani donne che ci sono cresciute accanto; per farlo e' necessario uscire dalla dimensione del materno come l'unica forma pensabile di rapporto tra donne e generazioni e metterci in gioco in un corpo a corpo dove l'altra non ci somiglia e non ci appartiene eppure la riconosciamo. Stare insieme ci ha costrette a calibrare e disciplinare le aspettative che avevamo rispetto alla politica e alla vita. Stare insieme, ancora oggi, ci obbliga a sperimentare forme inedite della politica che non cancellano le generazioni precedenti dal punto di vista simbolico e nemmeno nella loro realta' di persone concrete: abbiamo imparato a governare i passaggi senza cancellare le storie e i corpi. Siamo la generazione che si e' assunta molte responsabilita' nella vita e nei rapporti familiari e sociali: e' ora tempo di tradurre tutto questo in parola collettiva e percio' in visibilita' politica". In un romanzo di qualche anno fa, Trasloco, Rosangela Pesenti aveva tentato la strada della commistione tra narrazione e politica, e si interrogava gia' allora sul potere. * - Monica Lanfranco: Cominciamo proprio da Audre Lord e la sua frase: "Non possiamo smantellare la casa del padrone con i suoi attrezzi". Sei d'accordo con lei? e cosa ti evoca questa affermazione? - Rosangela Pesenti: Non svaluto la capacita' di "pensare" il cambiamento che e' stata la grande illusione della mia giovinezza, ma appunto parlo di illusione perche' dove le parole non si sono radicate nei corpi, dove non c'e' stato il coraggio di riconoscere le proprie radici e decidere il da farsi senza ipocrisie o infingimenti, le parole sono state svuotate di senso ed ora sembrano fuori uso. Sono d'accordo con la frase di Audre Lord per ognuna delle parole che propone: parto dall'ultima, "padrone", che evoca la presenza di servi o schiavi (condizione giuridicamente poco differente tanto che storicamente per alcuni secoli l'una e l'altra si sovrappongono e in parte si confondono) e ho la sensazione che le donne abbiano riscoperto "la morale dello schiavo" come risorsa su cui costruire la propria vita. Il buon matrimonio sembra ridiventare la carriera da perseguire, e fare bambini la nobile occupazione che giustifica il mantenimento nel chiuso del nido. Non faccio un'osservazione moralistica sulla vita delle singole donne, ma guardo una rappresentazione sociale molto presente nel "profondo nord" ricco e immeschinito di cui non si riesce poi a cogliere la realta' dei vissuti se non in un crescente disagio sociale e nell'infelicita' dipinta perfino sui volti dei bambini, che faticano a reggere la recita del perenne sorriso predicata dalla tv. L'esito della sconfitta politica delle donne italiane negli anni '80 e' socialmente visibile per chi come me e' nata dopo la guerra e ha voluto vivere fino in fondo la sua vita come cittadina, lavoratrice, madre e continuare sempre a cercarsi e interrogarsi nel suo essere prima di tutto donna. "Io sono mia" continua ad essere una frase che mi emoziona perche' non fornisce una definizione o una certezza, afferma semplicemente una responsabilita' nell'accettazione della propria nascita, del proprio essere nel mondo, definisce l'unico vero spazio di possesso non prevaricante. Intorno al padrone noi donne costruiamo la casa, anni fa dicevo che noi mandiamo in giro gli uomini "lavati, stirati e mangiati" e loro fanno finta di saper governare il mondo. Ci vuole coraggio a smantellare una casa, luogo di tutte le ambiguita' a cominciare da quello che davvero vogliamo per i figli e le figlie. La casa e' prima di tutto il luogo in cui si costruiscono i legami e le eredita'. Siamo in grado come madri di pensare giustizia e uguaglianza da lasciare in eredita' a figli e figlie? Chi detiene privilegi sociali e' in grado di pensare i propri figli e figlie come parte di una collettivita' che esercita insieme diritti uguali? Il benessere ha generato nei nostri cervelli un perverso corto circuito affettivo: piu' conosciamo le condizioni disperate di altri, piu' cerchiamo di proteggere chi ci e' caro svendendo ideali e principi morali. Come se davvero fosse possibile salvare i nostri figli mentre gli altri muoiono delle nostre complicita'. Ora in gioco pero' ci sono anche l'aria e l'acqua, non potremo blindare le nostre case. Sarebbe il momento di smantellarle, e' questa davvero la parola giusta che non significa distruggere, ma smontare la vita e ricostruirla in modo diverso. Si tratta di fare un trasloco, attivita' in cui siamo ancora maestre perche' in qualche remota fibra del nostro essere sopravvivono certamente le antiche competenze del nomadismo. Si puo' smantellare la casa del padrone. Resta la questione degli attrezzi, che non e' da poco. Gli attrezzi vanno definiti e costruiti uno ad uno, non sono parole astratte, di un attrezzo si definisce l'utilita' e il modo d'uso. * - Monica Lanfranco: Pur con alcune eccezioni sembra che anche le donne con le migliori intenzioni, una volta arrivate ai vertici del potere, si uniformino ad esso, diventando una fotocopia dell'agire maschile. Dove sta il problema: nella politica o nelle donne? - Rosangela Pesenti: La politica seleziona abilmente le donne a cui consente di arrivare al potere, la prima condizione e' che non abbiano fatto esperienze politiche tra donne, che i loro corpi siano vergini da questo punto di vista, che non presentino alcun segno di una storia che e' gia' stata rimossa per l'ennesima volta. Le donne che fanno politica spesso con la loro presenza coprono la voragine di un'assenza e nemmeno lo sanno, pur essendone pienamente responsabili. I gradi della complicita' sono molti, basterebbe smantellarne alcuni. * - Monica Lanfranco: Se sei stata attiva nella politica istituzionale (o in gruppi di donne extraistituzioni) a qualunque livello, puoi raccontare i punti di forza e quelli di debolezza della tua esperienza? - Rosangela Pesenti: Il punto di forza e' secondo me identico a quello di debolezza e sta nel modi con cui si costruisce collettivamente il rapporto tra risorse e relazioni umane. Omettere i dati di realta', deformarli a proprio favore, cancellare le differenze, nascondere la pochezza degli obiettivi dietro parole altisonanti, negare l'evidenza delle sconfitte, scegliere l'adattamento per non affrontare la fatica della mediazione, assecondare le esclusioni, rimuovere le voci scomode, utilizzare la dimensione affettiva per procurarsi la fedelta' delle alleanze, e tutte le varie pratiche da "cresta sulla spesa" che le donne conoscono bene possono servire alle singole per trovarsi il proprio piccolo spazio, ma sono elementi che determinano la scomparsa politica di tutte, nessuna esclusa e in pochi anni, come abbiamo potuto constatare. Se vengono meno i diritti sociali e' quasi impossibile avere accesso a quelli politici per le donne che non hanno "i privilegi della proprieta'". La competenza politica non s'improvvisa se vuole esprimere e rispondere anche alla parte femminile del mondo, si impara solo in una collettivita' politica femminile non omologata, che in questo momento non riesco a vedere da nessuna parte. * - Monica Lanfranco: Quali possono essere gli alleati, e quali invece i peggiori ostacoli alla realizzazione di una diversa qualita' della politica per le donne? - Rosangela Pesenti: Per le alleanze ci vogliono patti chiari, ma non c'e' dubbio che gli ostacoli piu' significativi possono essere le donne stesse. Quando le condizioni ti costringono a fare lo slalom tra sotterfugio e privilegio e la tua forza come la tua debolezza stanno negli affetti, non e' facile pensare a far vivere una cittadinanza, parola del resto pensata nella modernita' contro le donne. Ho la sensazione che gli uomini guardino al mondo delle donne senza capire o senza vedere, e che comunque trovino la loro cecita' molto comoda e funzionale al proprio modo di stare al mondo. Il casalingato, che e' la nostra catena, potrebbe essere il luogo della nostra forza, Lisistrata insegna, ma l'eroismo non e' una pratica che si regge a lungo, e nella solitudine di ognuna si sopravvive attraverso gli accomodamenti. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1051 del 12 settembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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