La nonviolenza e' in cammino. 1051



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1051 del 12 settembre 2005

Sommario di questo numero:
1. Assisi, in cammino
2. Enrico Peyretti: Si', un caldo invito
3. Aldo Antonelli: Si'
4. Gaetano Farinelli: Si'
5. Daniele Lugli: Si'
6. Lidia Menapace: Si'
7. Carlo Sansonetti: Si'
8. Paolo Bertagnolli: Scrivere a giornali e riviste perche' informino sul
referendum brasiliano
9. Maria G. Di Rienzo: Lo strano caso della signorina X (ovvero: dal
re/attivismo al pro/attivismo)
10. Monica Lanfranco colloquia con Rosangela Pesenti sulle donne e il potere
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. ASSISI, IN CAMMINO

Ogni volta la marcia e' un appello. Ogni volta del volto di Aldo, della voce
di Aldo risuona.
Ogni marcia e' lo stesso cammino, ogni passo avvicina apre i cuori.
E' un appello e un cammino la marcia: nonviolenza che chiama alla lotta.

2. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: SI', UN CALDO INVITO
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti:e.pey at libero.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha
fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del
"non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto
il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente
edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha
curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn.
791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti:
www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia
bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15
novembre 2003 di questo notiziario]

Rivolgiamo ad amici, conoscenti, pubblicazioni, associazioni, movimenti e
istituzioni che hanno contatti col Brasile un caldo invito a sostenere il
si' al referendum che si svolgera' in quel paese il 23 ottobre 2005.
Il 23 ottobre in Brasile si svolgera' il primo referendum nella storia di
quell'immenso paese: la popolazione tutta sara' chiamata a decidere se vuole
proibire il commercio delle armi da fuoco. Aiutate calorosamente,
energicamente, affettuosamente il popolo brasiliano, attraverso i contatti
che avete, a dare una speranza a se stesso e al mondo.
Le armi in tante mani sono non soltanto un pericolo, come mostrano le
statistiche (vedere in calce alcuni dati), ma un degrado delle piu' antiche
civilta' popolari. La diffusione delle armi imbarbarisce popolazioni civili,
incrudelisce persone normalmente buone.
E' ben vero che la violenza viene dal cuore, non dalla mano e dallo
strumento, ma lo strumento mortale a facile disposizione puo' - per l'unita'
ingarbugliata dell'impasto umano - retroagire sui cuori piu' deboli, meno
padroni di se', piu' in balia dei venti del momento e delle reazioni
primarie.
L'occasione fa l'uomo ladro, dice il proverbio, non come necessita', ma
probabilita'. Cosi' l'arma fa l'uomo omicida. Soprattutto e' il rispetto e
la cultura dell'arma, oggi oscenamente alti, insieme alla sua
"normalizzazione" tra gli oggetti commerciabili, che corrodono e corrompono
l'umanita' di noi tutti, e le relazioni umane.
Ricordo l'orrore intimo provato a Gerusalemme, citta' tre volte santa, nel
vedere per strada tanti civili col fucile in spalla: ritrovavo i corpi umani
deturpati dalla lebbra delle armi, che avevo visto nella mia infanzia sotto
l'occupazione tedesca.
Una pagina orrenda di Nietzsche, nel 1880-'81, profetizzava "giusto e buono"
il fatto che "i fino ad oggi tacciati di delinquenti" si creassero "un
diritto", anche se cio' "rende pericoloso il secolo venturo e mette ad
ognuno il fucile in spalla" (Aurora, n. 164). Il voto in Brasile vuole
abolire il diritto del delitto.
Sottoporre a giudizio democratico e a energica limitazione politica la
quantita' e diffusione delle armi e' un grande passo di civilizzazione, di
umanizzazione. Ma anche in Brasile e' impedito cun durezza dall'industria
cinica delle armi, disposta a trarre un guadagno da ogni morto ammazzato.
*
C'e' un bel precedente nella Svizzera, fortezza e forziere ben armato, nel
cuore geografico d'Europa. Il 26 novembre 1989 gli svizzeri votarono sulla
proposta di iniziativa popolare di abolire l'esercito. Era previsto un
massimo di 30% di si', che secondo il ministro della difesa sarebbe gia'
stata una catastrofe. Il si' ebbe il 35,6% nazionale, con punte del 50,4 e
del 55,5 nei cantoni di Ginevra e del Giura. Tobia Schnebli scrisse: "E'
successo l'inimmaginabile. Si e' messa in dubbio l'esistenza della vacca
sacra". Nessun altro paese ha mai messo ai voti il tabu' dell'esercito.
D'altra parte, nell'89, la Svizzera non riconosceva l'obiezione di coscienza
e oggi lo fa con molti limiti. E' tuttora attivo un movimento "Per una
Svizzera senza esercito". (Fonti di stampa; Peter Bichsel, Il virus della
ricchezza, capitolo "L'esercito e' mortale (anche in tempo di pace)", pp.
81-94, Marcos y Marcos, Milano 1990; Periodico trimestrale "Obiezione!", c.
p. 2463, 6501 Bellinzona, e-mail: obiezione at serviziocivile.ch).
*
Il Costarica non ha l'esercito, abolito nel 1949. Il paese ha svolto una
efficace politica di pace nella regione, negli anni '80. In ogni villaggio,
il simbolo che incontri non e' la Coca Cola, ma la scuola e il posto di
pronto soccorso: i giovani medici fanno un anno di servizio obbligatorio
nelle comunita' piu' lontane. La polizia e' molto presente, a prevenire piu'
che a reprimere. L'analfabetismo e' al 4,2%, mentrre nel Centroamerica e' al
30%. La speranza di vita e' 77 anni, la piu' alta di tutta l'America Latina.
Il tasso di omicidi e' di 7 ogni 100.000, sette volte in meno del Guatemala,
il paese piu' violento della regione. Il 25% della popolazione e' immigrata,
accolta, ha arricchito la cultura locale. L'ultima guerra il Costarica l'ha
fatta nel 1856 contro degli avventurieri al soldo di uomini d'affari Usa. I
monumenti nelle piazze non ricordano generali e battaglie, ma i valori di
Pace, Democrazia, Cultura. A Ciudad Colon sorge l'Universita' della Pace,
patrocinata dalle Nazioni Unite, con docenti provenienti da oltre una
dozzina di nazioni. I problemi non mancano: Il Costarica si proclama
neutrale, ma nel 2003 il governo di Abel Pacheco approvo' la guerra di Bush
all'Iraq, sconfessato da tutta l'opinione pubblica. (Fonte: Costarica senza
esercito, di Maurizio Campisi, giornalista italiano che vive la', nel
mensile "il foglio", n. 302, maggio 2003, sito: www.ilfoglio.org).
*
Se il Brasile dara' un segno in questa direzione, sara' un'altra stella
luminosa tra le nubi della lunga notte che stiamo attraversando.
*
Appendice. Nessun'arma e' leggera
Ogni anno, in tutto il mondo, circa mezzo milione di esseri umani sono
uccisi dalla  violenza armata: una persona al minuto. Ci sono circa 639
milioni di armi leggere nel mondo oggi, e 8 milioni vengono prodotte ogni
anno.
Le armi purtroppo circolano liberamente in molte zone del mondo attraversate
da  conflitti. La loro diffusione incontrollata e il loro uso arbitrario da
parte di eserciti regolari e di gruppi armati hanno un costo elevato in
termini di vite umane, di risorse  e di opportunita' per sfuggire alla
poverta'. Ogni anno, in Africa, Asia, Medio Oriente e America Latina si
spendono in media 22 miliardi di dollari per l'acquisto di armi: una  somma
che avrebbe permesso a questi paesi di mettersi in linea con gli "Obiettivi
di Sviluppo del Millennio" promossi dall'Onu, eliminare l'analfabetismo
(cifra stimata: 10 miliardi di dollari l'anno) e ridurre la mortalita'
infantile e materna (cifra stimata: 12 miliardi di dollari l'anno).
Per far fronte a questo drammatico problema e' nata la mobilitazione
internazionale  "Control Arms", lanciata congiuntamente da Amnesty
International, Oxfam e Iansa, che si prefigge l'obiettivo dell'adozione di
un Trattato internazionale sul commercio delle  armi entro il luglio 2006.
Nel nostro paese la campagna e' rilanciata dalla sezione italiana di Amnesty
International e dalla Rete italiana per il disarmo. Oltre a contribuire alla
grande mobilitazione mondiale, i promotori intendono agire per migliorare
gli strumenti legislativi e di trasparenza esistenti in Italia sul commercio
di armi. Il nostro paese e' infatti il quarto produttore e il secondo
esportatore mondiali di armi leggere, eppure la nostra legislazione e'
vecchia  di 30 anni e ad oggi non esiste alcuna forma di controllo sugli
intermediatori internazionali di armi.
Il 23 ottobre in Brasile un referendum sottoporra' alla popolazione il
quesito: "Volete che il commercio delle armi da fuoco e munizioni venga
bandito in Brasile?". Contro la forte pressione degli industriali della
morte, ognuno scriva e sostenga il popolo brasiliano nella scelta di vita:
Francesco Comina (per contatti: f.comina at ladige.it) e' il referente in
Italia.
In Brasile, nel 2004, sono stati 38.000 i morti ammazzati da armi da fuoco:
una persona ogni 15 minuti; il 40,8% delle lesioni invalidanti di pazienti
dei centri di riabilitazione si devono alle armi. Nel gruppo dei pazienti
tra 12 e 18 anni, le armi sono la causa del 61% dei casi di lesioni
invalidanti.
Il referendum e' importante per il Brasile, per l'America Latina e per il
mondo intero. Ci sono in Brasile quasi 18 milioni di armi da fuoco in
circolazione. Possedere armi per difendersi dalla violenza non e' una
risposta: chi ha un'arma in casa ha infatti il 57% in piu' di possibilita'
di essere assassinato rispetto a chi non ne ha.
A New Orleans, in Usa, lo spaccio libero delle armi e il saccheggio delle
armerie, ha reso piu' terribile la tragedia dell'uragano Katrina.
Per ulteriori informazioni, interviste e approfondimenti:
- Amnesty International Ufficio Stampa: tel. 064490224, cell. 3486974361,
e-mail: press at amnesty.it
- Rete italiana per il disarmo: cell. 3283399267 oppure 3355769531, e-mail:
segreteria at disarmo.org, sito: www.disarmo.org
- sul referendum brasiliano: sito: www.referendosim.com.br
- contatti per sostenere dall'Italia il referendum brasiliano: per
promuovere iniziative in Italia per sostenere la campagna per il "si'" al
referendum brasiliano per vietare il commercio delle armi si puo' contattare
Francesco Comina in Italia (e-mail: f.comina at ladige.it) e padre Ermanno
Allegri in Brasile (e-mail: ermanno at adital.com.br, sito: www.adital.com.br);
inoltre questo foglio in queste settimane ospitera' le dichiarazioni di
sostegno al si' al referendum brasiliano delle persone che vorranno
intervenire per esprimere solidarieta' (e-mail: nbawac at tin.it).

3. 23 OTTOBRE. ALDO ANTONELLI: SI'
[Ringraziamo don Aldo Antonelli (per contatti: ednran at tin.it) per questo
intervento. Aldo Antonelli e' parroco di Antrosano (Aq) e straordinario
costruttore di pace, una persona che ha preso sul serio il discorso della
montagna, saldo e profondo un amico della nonviolenza]

Il prossimo 23 ottobre, in Brasile, si terra' un referendum contro il
commercio delle armi.
Il quesito e' questo: "Il commercio di armi da fuoco e munizioni deve essere
proibito in Brasile?".
Si tratta del primo referendum nella storia del Brasile e non puo' che farci
piacere che il tema referendario riguardi proprio il commercio delle armi,
in un paese in cui circolano quasi 18 milioni di armi, piu' della meta'
delle quali non hanno una regolare registrazione. Il Brasile e' l'unico
paese che non e' in guerra in cui si muore piu' per armi (30,1% delle cause
non naturali) che per incidenti stradali (25,9%).
Nonostante la pesantezza dei dati, trovo comunque molto riduttivo un
discorso che si limiti ai numeri.
Le armi non sono solo un prodotto, sono anche una filosofia. Una pistola non
e' semplicemente un oggetto; costituisce anche una dimensione esistenziale
che dissemina tossine cancerogene nel tessuto sociale di un individuo e di
una comunita'. Mi perdonino gli esegeti ma il rimando, che io non ritengo
abusivo, e' chiaramente rivolto al comando che Gesu' rivolge ai suoi: "Non
temete quelli che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima. Temete
piuttosto coloro che possono mandare in rovina e il corpo e l'anima".
Le armi non ammazzano semplicemente vite umane, ma devastano interiormente
il comune sentire, pongono in contrapposizione con l'"altro", inoculano
nella arterie dei sentimenti umani il veleno della cultura del "nemico",
sequestrano la struttura mentale della persona entro una camera di sicurezza
che, disgiunta da ogni affetto, diventa violenza pura.
E, non a caso, la violenza e' diventata la retorica della nostra epoca.
Non solo. Essa sgorga ormai, abbondante, dalla sorgenti economiche e
politiche del potere, ma la sua terribile malizia contagia anche la
coscienza delle vittime, le quali aspettano il momento per prendere il posto
dei violenti...
"Ogni vittima - amava ripete il caro Ernesto Balducci - e' un oppressore
potenziale".
A pagina 275 del suo bellissimo libro "A Testa in giu'", Eduardo Galeano
scrive: "La violenza genera violenza, come si sa; ma genera anche guadagni
per l'industria della violenza, che la vende come spettacolo e la trasforma
in oggetto di consumo".
C'e', ormai, uno stretto connubio tra grandi ideali e violenza: quelli sono
stati le fonti normali di legittimazione di questa. Le uccisioni in nome di
Dio, della Patria, della Rivoluzione, anche dell'Uomo, sono state sempre
accompagnate da qualche benedizione, impartita da qualche altare: della fede
o della ragione, della tradizione o dell'utopia.
Noi, figli della pace e ambasciatori della nonviolenza, dovremmo far nostro
il consiglio di Armido Rizzi: Togliere le iniziali maiuscole a questi
polinomi (Dio-Patria-Rivoluzione-Uomo) e "buttarle ai piedi del povero,
dell'altro in carne ed ossa: ecco un atto irrinunciabile del costruttore di
pace; (quanto a Dio, la maiuscola se l'e' tolta da se' nell'uomo-Gesu')".
Pongo ai compagni ed amici che mi leggono un domanda che, personalmente, mi
sovviene come sfida ad ogni inizio giornata: "Come e' possibile ripopolare
questa societa' di idealita', di passioni, di speranze e utopie per
rilanciare un progetto alternativo di vita che metta al bando la forza, la
guerra, lo spirito prevaricatore e la violenza omicida?". E' la stessa
domanda che si poneva Francesco Comina su "Mosaico di pace" gia' nel
settembre del 2000.

4. 23 OTTOBRE. GAETANO FARINELLI: SI'
[Ringraziamo Gaetano Farinelli (per contatti: posta at macondo.it) per questo
intervento. Gaetano Farinelli, prete operaio, educatore, e' uno dei
principali animatori dell'esperienza di "Macondo", associazione per
l'incontro e la comunicazione tra i popoli (per contatti: via Romanelle 123,
36020 Pove del Grappa (Vi), tel. 0424808407, e-mail: posta at macondo.it, sito:
www.macondo.it). Tra le opere di Gaetano Farinelli: Attraversare il deserto,
Macondo Libri - Citta' Aperta, Troina (En) - Pove del Grappa (Vi) 2001]

Il giorno 23 di ottobre il Brasile vota per l'eliminazione della vendita di
armi da fuoco ai privati.
La determinazione del referendum fa seguito alla legge brasiliana sul
disarmo del 2003, che all'articolo 35 prevede la conferma della legge stessa
da parte dei cittadini brasiliani. Tutti i cittadini uomini e donne dai 18
anni ai 70 anni sono tenuti a rispondere al quesito: "Il commercio di armi
da fuoco e munizioni deve essere proibito in Brasile?". E' il primo
referendum in assoluto per il Brasile e primo nel mondo rispetto al tema
delle armi.
*
Il motivo primo della legge e' l'alto numero di morti per arma da fuoco. Nel
2003 in Brasile sono morti per causa di armi ben quarantamila persone, la
maggior parte delle quali sono giovani. Il 67% delle morti di uomini tra i
15-34 anni e' per armi da fuoco.
Piu' che arma di difesa il possesso di armi e' un incentivo al crimine e al
delitto, sia all'interno della vita domestica, sia da parte dei banditi che
hanno libero accesso alla compera delle armi. La morte per armi da fuoco e'
la prima causa di morte in Brasile e supera quella per incidenti stradali,
aids, cancro e qualsiasi altra causa esterna.
Si sono formati in Brasile due schieramenti a favore o contro l'abolizione
della legge per l'eliminazione della vendita di armi.
Tutte le chiese cristiane sono a favore della legge per l'abolizione della
vendita di armi in Brasile;  si sono formati molti comitati a favore della
legge del 2003.
*
Nel mondo si annoverano altri paesi che hanno leggi di controllo per la
vendita di armi ai cittadini: Australia, Canada, Inghilterra, Giappone, dove
il numero di morti per armi da fuoco e' minimo: 28 morti in un anno.
In Italia l'acquisto di armi e' molto ampio; vedi di Edoardo Mori,
magistrato di Cassazione: Sintesi del diritto delle armi, che scrive: "Ogni
cittadino sano di mente e che non sia pregiudicato o malfamato o obiettore
di coscienza ha diritto di acquistare armi. Chi e' munito di una qualsiasi
licenza di porto d'armi ha gia' dimostrato all'autorita' di essere sano di
mente ed onesto e quindi puo' acquistare armi e munizioni di ogni genere,
nei limiti consentiti. Chi ha licenza di porto di fucile puo' acquistare
armi corte, e viceversa".
Il numero di omicidi in Italia era di 600 nel 2002. Per armi da fuoco sono
293 ed e' la percentuale piu' alta.

5. 23 OTTOBRE. DANIELE LUGLI: SI'
[Ringraziamo Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) per
questo intervento. Daniele Lugli e' il segretario nazionale del Movimento
Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida
esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile
competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita
gentilezza e saggezza grande]

Nel moltiplicarsi di segni che documentano la ferocia autodistruttiva
dell'umanita' finalmente ne appare uno buono, che tutti ci riguarda.
L'indizione del referendum sulla produzione e commercio delle armi in
Brasile e' un passo giusto nella giusta direzione.
Che un intero e grande popolo sia chiamato a pronunciarsi, a decidere, e' di
per se' un fatto molto importante.
Il solo precedente che mi sembra mostri qualche analogia e' il referendum
"Svizzera disarmata" tenuto nel 1989.
Non passo', ma ottenne comunque un alto consenso: 35,6% di voti a favore.
Creare un effettivo collegamento tra questa iniziativa e quelle che, in
particolare nel nostro paese e in Europa, sono nella stessa direzione
orientate, e' compito degli amici della nonviolenza.

6. 23 OTTOBRE. LIDIA MENAPACE: SI'
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il
futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento
politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia
Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza
sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara
Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il
papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

L'occasione si e' offerta quando Francesco Comina ha indetto - non molti
giorni fa - un incontro tra i e le bolzanine che operano nella pace
nonviolenza solidarieta' giustizia, una piccola nebulosa di persone amiche,
per le quali l'invito e' stato come il primo riprendersi e ritrovarsi dopo
l'estate, dunque gia' una occasione piacevole di per se'. Aggiugeva
importanza e fascino soprattutto l'argomento presentato e illustrato da uno
dei missionari in Brasile, che sono di Bolzano, qui hanno famiglia, amici e
mantengono relazioni costanti.
Ci sono andata di corsa, e le ragioni, che mi si sono ancor piu' chiarite
nel corso della serata, mi hanno indotta a proporre che la delegazione
bolzanina alla marcia Perugia-Assisi si facesse portatrice di un appello
affinche' la marcia stessa si impegnasse ufficialmente e formalmente a
sostegno del referendum. Dato, tra l'altro, che anche dal Brasile si sa che,
proposto da un deputato del gruppo di Lula e avvocato per i diritti civili
durante la dittatura militare brasiliana, e' sostenuto da tutte le
formazioni  politiche e sindacali di sinistra e progressiste e da tutte le
chiese - cattolica ed evangeliche. Dunque una adesione non spacca, ma unisce
e da' anche nuova linfa all'impresa di Lula in un momento difficile e un po'
triste (ma non vi pare che siano troppe le coincidenze per le quali a
Chavez, Lula, Arafat e suo fratello, e anche al segretario delle Nazioni
Unite, capita di trovarsi tutti insieme sotto campagne infamanti? a me
lettrice appassionata di gialli una coincidenza pare una coincidenza, due un
indizio, tre quasi una prova di complotto): vorrei vederci piu' chiaro e
sapere perche' se quelle accuse c'erano, vengono fuori tutte adesso, con
propaggini fino da noi con la "questione morale": e da che pulpiti!
*
Torniamo alla felice occasione: come dicevo, un parlamentare stimabile, con
una alleanza larga di persone e istituzioni che non lo sono meno, lancia un
referendum in Brasile, per abolire il commercio delle armi da fuoco.
Sembra una meta modesta e lo e', se fossimo persone ragionevoli che le armi
da fuoco le avessimo gia' abolite da tempo e ovunque. Ma poiche' siamo in
piena follia globale la ragionevolissima iniziativa brasiliana fa notizia e
scalpore e suscita interrogativi: ce la faranno?
Per dare una idea della dimensione e attualita' della cosa, il missionario
che ha illustrato l'argomento ci ha detto che nella sua comunita' in una
settimana ci sono stati quattro morti in seguito all'uso di armi dette
"leggere"; che in Brasile il porto d'armi e' diffusissimo (del resto anche
negli Usa) e chi lo ha, suole "affittare" le armi  a chi non ha il permesso,
e che anche la polizia fa questo. Chi e' piu' avvelenato dall'orrendo
contagio sono bambini, ragazzi, giovani e giovanissimi.
*
Occorre sapere altro, per essere fermamente e con fervore d'accordo? Se
occorre, basta aggiungere che l'Italia e' il secondo produttore mondiale di
tali armi, che si chiamano per "uso sportivo e civile (!)", che il nostro
commercio estero e' fatto in gran parte di tali armi. Se vogliamo mandare un
messaggio forte e non vago a chi si appresta a proporcisi come governante,
dobbiamo fargli sapere che un modello economico fondato soprattutto sul
commercio delle armi leggere (e anche di quelle pesanti e di sistemi d'arma)
e' una vergogna.
*
In  piu', e qui c'entro io, sono convinta che la primavera del mondo oggi
sta nell'America latina e dobbiamo imparare da loro, sia le forme di
costruzione di culture molteplici e diffuse, sia le iniziative pratiche: il
gruppo Galfisa - gruppo america latina di filosofia e sociologia - e' attivo
tra tutte le universita' del continente latino-americano e coinvolge non
solo accademici e accademiche, ma organizzazioni sociali, donne native, Sem
terras, insomma una delizia; tra Cuba, Venezuela, Brasile e Argentina si sta
costruendo Telesur, una emittente televisiva che Prieto, il ministro della
cultura di Cuba, chiama "la Cnn de los pobres": i segni che ci arrivano
sono grandi e tanti  e solo una nostra sorda superbia puo' farci stare in
disparte, ma vuol dire stare in disparte dalla storia, finire nel
dimenticatoio del tempo. Insomma, muoviamoci!

7. 23 OTTOBRE. CARLO SANSONETTI: SI'
[Ringraziamo don Carlo Sansonetti (per contatti: carlo.sansonetti at libero.it)
per questo intervento. Carlo Sansonetti, parroco di Attigliano, ha preso
parte a varie rilevanti esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in
America Latina, ed e' trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla
strada". Per ulteriori informazioni e per sostenere le attivita' di
solidarieta' in Guatemala e in Angola dell'associazione "Sulla strada": via
Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr), tel. 0744992760, cell. 3487921454,
e-mail: sullastrada at iol.it, sito: www.sullastradaonlus.it; l'associazione
promuove anche un periodico, "Adesso", che si situa nel solco della proposta
di don Primo Mazzolari, diretto da Arnaldo Casali; per contattare la
redazione e per richiederne copia: c. p. 103, 05100 Terni, e-mail:
adesso at reteblu.org, sito: www.reteblu.org/adesso]

Siamo di fronte a un fatto epocale: il potere politico, senza mezzi termini
o compromessi diplomatici, decide di resistere alle pressioni dell'industria
delle armi e di lavorare per l'interesse della gente. Investire sul disarmo
da' come risultato piu' vita, meno morti, ma anche meno traumi e spese
sociali.
Il tentativo brasiliano del disarmo della gente, diventa paradigma del
disarmo globale e costituisce il primo, propedeutico passo per investire
sulla vita, dopo tanta morte voluta, cercata e arrecata dalla politica del
riarmo e del commercio delle armi.
Togliere armi significa togliere aggressivita' (dal luglio del 2004, quando
e' iniziato il disarmo volontario, fino ad oggi, in Brasile gli omicidi sono
diminuiti drasticamente, nello stato del Parana' addirittura del 20%);
chiedere poi al popolo di esprimersi se il commercio delle armi da fuoco e
munizioni deve essere proibito in Brasile da' come risultato una riflessione
profonda e liberatoria per tutti.
Dare alle gente il potere di decidere su un futuro senza armi, in un momento
storico contraddistinto da una violenza senza fine, ha l'effetto di un vero
e proprio cortocircuito sociologico, perche' non sono piu' i poteri
soprastanti (commercianti di armi senza scrupoli,  la grande industria, il
potere politico asservito ai loro interessi economici) a decidere, ma la
gente, uomini e donne che vivono la tragedia della vita quando a imperare e'
solo la legge del pi' forte. Si torna alla civilta'. Si ritorna all'uomo.

8. INIZIATIVE. PAOLO BERTAGNOLLI: SCRIVERE A GIORNALI E RIVISTE PERCHE'
INFORMINO SUL REFERENDUM BRASILIANO
[Ringraziamo Paolo Bertagnolli (per contatti: paolo_bertagnolli at hotmail.com)
per questo intervento. Paolo Bertagnolli e' impegnato nel movimento di Pax
Christi a Bolzano e in molte iniziative di pace, solidarieta' e nonviolenza]

Un'altra proposta che ho gia' cercato di attivare, ma che potrebbe avere
maggiore efficacia se altri la facessero propria: chiedere a quotidiani e
periodici italiani di presentare articoli sul referendum in Brasile e
creare, in questo modo, un movimento d'opinione sottolineando che il
referendum brasiliano e' un avvenimento storico, che un'azione in questa
direzione potrebbe avere effetti straordinari per tutto il Sud America e per
tutto il mondo.
Sono convinto che valga la pena di impegnarsi per la vittoria del si' al
referendum, per dare anche dall'Italia tutto il sostegno possibile.

9. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: LO STRANO CASO DELLA SIGNORINA X (OVVERO:
DAL RE/ATTIVISMO AL PRO/ATTIVISMO)
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice
dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di),
Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

Dopo aver passato numerosi anni a dedicarsi all'impegno sociale e politico,
la signorina X sentiva di aver speso tutto, si sentiva consumata, disillusa,
impoverita e amareggiata. Com'era accaduto? Come mai tante buone intenzioni
avevano condotto ad una situazione cosi' priva di risultati? Come mai un
lavoro cosi' importante non aveva avuto alcuna ricompensa?
"Ho intenzione di fare del bene su questo pianeta", si era detta la
signorina X tanti anni prima. Per quanto il pronunciamento possa sembrare
retorico, X era sincera, e porto' con se' il proprio voto, inciso
nell'anima. Non bado' molto alla propria sicurezza economica, ne' alle
proprie esigenze, giacche' doveva essere sempre disponibile per chi avrebbe
potuto aver bisogno di lei, per la manifestazione o i volantini, o per
essere confortato: la porta della signorina X era sempre aperta, il suo
telefono, il suo frigorifero, il suo divano erano fruibili in ogni momento,
per chiunque ne avesse bisogno. X non voleva far parte del dannato
"sistema", ed avere un lavoro fisso le sembrava compromettente, percio'
un'estate vendeva libri porta a porta, faceva un po' la babysitter durante
l'inverno, lavorava una stagione come cameriera, un'altra non lavorava
affatto. X era ovunque, entrava a pie' pari in ogni campagna, contro la
guerra, contro l'inquinamento, per le cause delle donne, a favore dei
migranti, con i partiti o senza, dovunque ci fosse da protestare, lei c'era.
*
Man mano che il tempo passava, pero', per quante energie lei mettesse in
qualunque progetto, le sembrava che nessuno di essi si realizzasse. Era
arrivata ad odiare le persone che avrebbe voluto convincere, quelle tiepide
o apparentemente insensibili, quelle a cui non importava nient'altro che
fare compere e guardare la televisione.
Il suo idealismo divento' rabbia, la rabbia divento' amarezza. Erano bugie
quelle che la cultura dominante le aveva raccontato e le raccontava, ma
erano bugie anche quelle in cui lei aveva creduto? Che dire delle sue amiche
e compagne di lotta, ad esempio? Per la maggior parte, avevano ormai un
lavoro fisso, figli, vacanze, automobili. Avevano meno tempo per le
riunioni, per l'attivismo. Ah, si erano vendute al "sistema", mentre lei non
aveva il becco di un quattrino e passava le estati ad organizzare conferenze
ed eventi per l'autunno. Odiava anche loro. Si sentiva punita. Le sembrava
che il peso del mondo fosse stato caricato sulle sue spalle, e che
quell'immane peso la stesse ora facendo crollare sotto di se'.
Dall'amarezza arrivo' il giudizio finale: erano le altre persone ad essere
sbagliate, erano le altre persone il suo problema.
*
Fu a questo punto che X, fortunatamente, comincio' a riflettere. Fino a quel
momento non era stata un'attivista, ma una re/attivista, saltando in piedi
ad ogni squillo, rispondendo ad ogni sollecitazione, con una frenesia
compulsiva. E aveva solo imparato a disprezzare un sempre maggior numero di
persone. Non si meravigliava piu' di essere cosi' sola. Quelli che seguono
sono i "quattro passi" che l'ho invitata a fare con me quando mi ha
raccontato la sua storia.
*
Quattro passi per diventare pro/attivisti:
1. Impegnatevi a fare del "lavoro interiore".
2. Dite no a cio' che non volete e dite si' a cio' che volete.
3. Raccogliete attorno a voi persone che condividono la vostra visione.
4. Lavorate sul messaggio che volete mandare all'esterno in modo che esso
rifletta positivita'.
*
Impegnatevi a fare del "lavoro interiore"
Se scegliete di compiere uno solo dei quattro passi proposti, scegliete
questo. E' di gran lunga il piu' importante e produttivo, perche' se e' una
scommessa la sua posta e' la vita. E' un esistere amorevole, conscio,
riflessivo, che riconosce l'interdipendenza di tutte le forme di vita, che
esplora nuove visioni, che apprezza i benefici del "non attaccamento"
(ovvero che apprende ad avere relazioni non basate sul possesso o sul
dominio).
Lavorando su voi stessi schiudete le porte al vostro potere, alla vostra
pace interiore, e al successo del vostro impegno. E' importante che voi non
diventiate delle vittime sacrificali sull'altare delle vostre cause. Persone
arrabbiate e amareggiate e travolte dal proprio attivismo possono essere
efficaci solo a brevissimo termine, e perdono, e fanno perdere, sempre di
piu' di quel che guadagnano. Non si crea nessun cambiamento positivo che sia
duraturo, se il sentimento da cui si parte e' l'ira funesta del pelide
Achille. Usate per il lavoro interiore cio' che funziona per voi
(meditazione, yoga, preghiera, riflessione, connessione alle energie
naturali, letture, eccetera): qualsiasi cosa vi aiuti a capire chi siete e
perche' agite nel modo in cui agite. Questo vi aiutera' a guarire le vecchie
ferite e ad amare voi stessi. Non e' una cosa che potete fare una volta
sola: per avere degli effetti e' necessario che l'esplorazione di voi stessi
continui come continua la vostra vita. Organizzate quest'ultima attorno a
proponimenti e pratiche che includano la responsabilita' e l'integrita'.
Imparate ad essere e sentirvi responsabili delle vostre azioni. Imparate che
il biasimare va bene, ma non va mai bene abbastanza, da solo, per cambiare
qualcosa. Imparate a riconoscere il vostro legame, come individui, con le
varie collettivita' e comunita' di cui fate parte. Non lasciate che
l'urgente eclissi l'importante: date priorita' ai vostri bisogni emotivi.
*
Dite no a cio' che non volete e si' a cio' che volete
C'e' quasi da perdersi non vi pare? C'e' cosi' tanto a questo mondo a cui
dire "no" e c'e' cosi' tanto a cui dire "si'". Eppure, sebbene sia il passo
piu' semplice, e' quello che richiede la maggior abilita'. Dire "no" senza
aver nulla a cui dire "si'" significa erogare energia senza riceverne. A
lungo andare, consuma. Percio': continuate ad andare alle manifestazioni, a
scrivere lettere, a firmare petizioni; quando qualcosa non giova alla vita,
avete tutto il diritto di dire "non sono d'accordo". Ma cercate di farlo
senza che l'odio inquini le vostre azioni. Qualunque sia la causa a cui vi
state dedicando, ammattire di rabbia per essa ferisce la vostra umanita' e
dissipa la vostra forza vitale. Certamente, questo non e' di aiuto ne' a
voi, ne' all'istanza di cui intendete occuparvi. Ogni "no" alla violenza che
pronunciate alto e forte deve quindi basarsi su un altrettanto alto e forte
"si'" alla nonviolenza. Le strutture delle relazioni umane possono essere
sbagliatissime, crudeli e da spazzare via senza rimpianti: ma non per non
mettere nulla al loro posto. Se il "no" e' dovere morale, il "si'" lo e'
parimenti. Avere una visione chiara di cio' che volete crea una forma di
pensiero positiva con cui altre persone possono entrare in risonanza. E'
questo seme di possibilita', questa volonta' ispiratrice, che permette al
cambiamento di avvenire.
*
Raccogliete attorno a voi persone che condividono la vostra visione
Se questa visione comincerete a dirla, a mostrarla, a viverla serenamente
voi per primi vi pronostico una felice sorpresa: ce ne sono di piu', di voi,
di quanti pensavate. E mentre vi raccogliete in un gruppo e condividete
punti di vista e opinioni, la visione diventera' piu' solida, piu' reale,
piu' vera, piu' vicina. Maggiore e' il numero delle persone che capiscono
come sia giusto e sano dire la propria verita', maggiori sono le
possibilita' che tale verita' venga udita. Il "potere insieme" e' una forza
travolgente per bellezza ed efficacia: irradia il magnetismo di una speranza
concreta e nutre chi lo pratica. Sebbene possiate pensare e trovare piu'
facile radunare persone attorno al "no", avrete maggiori possibilita' di
vedere un cambiamento se diventerete il "si'", e cioe' se incarnerete il
cambiamento voi stessi.
*
Lavorate sul messaggio che volete mandare all'esterno in modo che esso
rifletta positivita'
Quando un problema suscita in voi sentimenti forti, usualmente vi muovete
per il cambiamento. Ma vi chiedete anche qual e' il modo piu' efficace per
ottenerlo? E a chi vi state rivolgendo, perche' lo voglia insieme con voi?
Predicare ai convertiti suona sempre bene, poiche' i convertiti
rifletteranno le vostre opinioni e vi daranno ragione, ma non sono loro che
avete bisogno di convincere. Concentrarsi sul problema ed esaminarne i
dettagli e' certo una parte importante di un messaggio diretto all'esterno,
ma non dovrebbe essere il vostro sforzo principale. Generalmente tutti sanno
che l'ambiente e' in pericolo, che gli esseri umani e gli animali soffrono
in tutto il mondo, che guerre di ogni genere devastano e uccidono corpi e
anime. Un messaggio intelligente creera' uno scenario alternativo, in cui
nessuno venga umiliato e in cui ciascuno si senta bene ad essere parte della
soluzione. Le persone si illuminano quando capiscono di avere potere come
individui, perche' questo riduce molto le loro paure. E la luce puo'
arrivare anche a coloro che identifichiamo come oppositori o insensibili. La
tentazione di etichettarli in blocco come "sbagliati" e "cattivi" ve la
daranno ogni giorno, ma sapete bene che sono umani quanto voi, e che non li
sposterete insultandoli o sparando razzi sulle loro finestre. Un gran numero
di brave persone, ad esempio, lavora per pessime compagnie economiche, o per
organizzazioni e istituzioni e sistemi politici che stanno facendo errori
terribili. Perche' non aprire loro una porta? Se il messaggio che mandate
loro e' radicato nella visione positiva in cui anche essi hanno un ruolo, la
luce oltre quei battenti potrebbe diventare assai attraente.

10. RIFLESSIONE. MONICA LANFRANCO COLLOQUIA CON ROSANGELA PESENTI SULLE
DONNE E IL POTERE
[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: mochena at village.it) per averci
messo a disposizione questo suo colloquio con Rosangela Pesenti gia' apparso
sul quotidiano "Liberazione" il 9 settembre 2005.
Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo
1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il
paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale
di formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994
ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con
il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i
mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e'' socia fondatrice della
societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA
Donne di sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per
giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due
edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e
fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network
europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro
Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine
secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi:
1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e
politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile
anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha
scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra). E'
stato pubblicato recentemente il suo libro, scritto insieme a Maria G. Di
Rienzo, Donne disarmanti, Intra Moenia, Napoli 2003. Cura e conduce corsi di
formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici)
sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione.
Rosangela Pesenti e' una delle figure piu' autorevoli e prestigiose del
movimento delle donne in Italia]

A lungo dirigente nazionale dell'Udi, l'Unione Donne Italiane, la piu'
antica associazione di donne del paese, Rosangela Pesenti intreccia il suo
lavoro di storica con quello di psicoterapeuta; nel 2002, l'ultimo congresso
Udi al quale ha partecipato, Pesenti scriveva nel documento preparatorio:
"E' arrivato il momento di spendere la nostra lungimiranza e di guardare con
spregiudicatezza alle giovani donne che ci sono cresciute accanto; per farlo
e' necessario uscire dalla dimensione del materno come l'unica forma
pensabile di rapporto tra donne e generazioni e metterci in gioco in un
corpo a corpo dove l'altra non ci somiglia e non ci appartiene eppure la
riconosciamo. Stare insieme ci ha costrette a calibrare e disciplinare le
aspettative che avevamo rispetto alla politica e alla vita. Stare insieme,
ancora oggi, ci obbliga a sperimentare forme inedite della politica che non
cancellano le generazioni precedenti dal punto di vista simbolico e nemmeno
nella loro realta' di persone concrete: abbiamo imparato a governare i
passaggi senza cancellare le storie e i corpi. Siamo la generazione che si
e' assunta molte responsabilita' nella vita e nei rapporti familiari e
sociali: e' ora tempo di tradurre tutto questo in parola collettiva e
percio' in visibilita' politica". In un romanzo di qualche anno fa,
Trasloco, Rosangela Pesenti aveva tentato la strada della commistione tra
narrazione e politica, e si interrogava gia' allora sul potere.
*
- Monica Lanfranco: Cominciamo proprio da Audre Lord e la sua frase: "Non
possiamo smantellare la casa del padrone con i suoi attrezzi". Sei d'accordo
con lei? e cosa ti evoca questa affermazione?
- Rosangela Pesenti: Non svaluto la capacita' di "pensare" il cambiamento
che e' stata la grande illusione della mia giovinezza, ma appunto parlo di
illusione perche' dove le parole non si sono radicate nei corpi, dove non
c'e' stato il coraggio di riconoscere le proprie radici e decidere il da
farsi senza ipocrisie o infingimenti, le parole sono state svuotate di senso
ed ora sembrano fuori uso.
Sono d'accordo con la frase di Audre Lord per ognuna delle parole che
propone: parto dall'ultima, "padrone", che evoca la presenza di servi o
schiavi (condizione giuridicamente poco differente tanto che storicamente
per alcuni secoli l'una e l'altra si sovrappongono e in parte si confondono)
e ho la sensazione che le donne abbiano riscoperto "la morale dello schiavo"
come risorsa su cui costruire la propria vita. Il buon matrimonio sembra
ridiventare la carriera da perseguire, e fare bambini la nobile occupazione
che giustifica il mantenimento nel chiuso del nido.
Non faccio un'osservazione moralistica sulla vita delle singole donne, ma
guardo una rappresentazione sociale molto presente nel "profondo nord" ricco
e immeschinito di cui non si riesce poi a cogliere la realta' dei vissuti se
non in un crescente disagio sociale e nell'infelicita' dipinta perfino sui
volti dei bambini, che faticano a reggere la recita del perenne sorriso
predicata dalla tv.
L'esito della sconfitta politica delle donne italiane negli anni '80 e'
socialmente visibile per chi come me e' nata dopo la guerra e ha voluto
vivere fino in fondo la sua vita come cittadina, lavoratrice, madre e
continuare sempre a cercarsi e interrogarsi nel suo essere prima di tutto
donna.
"Io sono mia" continua ad essere una frase che mi emoziona perche' non
fornisce una definizione o una certezza, afferma semplicemente una
responsabilita' nell'accettazione della propria nascita, del proprio essere
nel mondo, definisce l'unico vero spazio di possesso non prevaricante.
Intorno al padrone noi donne costruiamo la casa, anni fa dicevo che noi
mandiamo in giro gli uomini "lavati, stirati e mangiati" e loro fanno finta
di saper governare il mondo.
Ci vuole coraggio a smantellare una casa, luogo di tutte le ambiguita' a
cominciare da quello che davvero vogliamo per i figli e le figlie.
La casa e' prima di tutto il luogo in cui si costruiscono i legami e le
eredita'. Siamo in grado come madri di pensare giustizia e uguaglianza da
lasciare in eredita' a figli e figlie? Chi detiene privilegi sociali e' in
grado di pensare i propri figli e figlie come parte di una collettivita' che
esercita insieme diritti uguali?
Il benessere ha generato nei nostri cervelli un perverso corto circuito
affettivo: piu' conosciamo le condizioni disperate di altri, piu' cerchiamo
di proteggere chi ci e' caro svendendo ideali e principi morali. Come se
davvero fosse possibile salvare i nostri figli mentre gli altri muoiono
delle nostre complicita'.
Ora in gioco pero' ci sono anche l'aria e l'acqua, non potremo blindare le
nostre case.
Sarebbe il momento di smantellarle, e' questa davvero la parola giusta che
non significa distruggere, ma smontare la vita e ricostruirla in modo
diverso. Si tratta di fare un trasloco, attivita' in cui siamo ancora
maestre perche' in qualche remota fibra del nostro essere sopravvivono
certamente le antiche competenze del nomadismo.
Si puo' smantellare la casa del padrone. Resta la questione degli attrezzi,
che non e' da poco. Gli attrezzi vanno definiti e costruiti uno ad uno, non
sono parole astratte, di un attrezzo si definisce l'utilita' e il modo
d'uso.
*
- Monica Lanfranco: Pur con alcune eccezioni sembra che anche le donne con
le migliori intenzioni, una volta arrivate ai vertici del potere, si
uniformino ad esso, diventando una fotocopia dell'agire maschile. Dove sta
il problema: nella politica o nelle donne?
- Rosangela Pesenti: La politica seleziona abilmente le donne a cui consente
di arrivare al potere, la prima condizione e' che non abbiano fatto
esperienze politiche tra donne, che i loro corpi siano vergini da questo
punto di vista, che non presentino alcun segno di una storia che e' gia'
stata rimossa per l'ennesima volta.
Le donne che fanno politica spesso con la loro presenza coprono la voragine
di un'assenza e nemmeno lo sanno, pur essendone pienamente responsabili. I
gradi della complicita' sono molti, basterebbe smantellarne alcuni.
*
- Monica Lanfranco: Se sei stata attiva nella politica istituzionale (o in
gruppi di donne extraistituzioni) a qualunque livello, puoi raccontare i
punti di forza e quelli di debolezza della tua esperienza?
- Rosangela Pesenti: Il punto di forza e' secondo me identico a quello di
debolezza e sta nel modi con cui si costruisce collettivamente il rapporto
tra risorse e relazioni umane.
Omettere i dati di realta', deformarli a proprio favore, cancellare le
differenze, nascondere la pochezza degli obiettivi dietro parole
altisonanti, negare l'evidenza delle sconfitte, scegliere l'adattamento per
non affrontare la fatica della mediazione, assecondare le esclusioni,
rimuovere le voci scomode, utilizzare la dimensione affettiva per procurarsi
la fedelta' delle alleanze, e tutte le varie pratiche da "cresta sulla
spesa" che le donne conoscono bene possono servire alle singole per trovarsi
il proprio piccolo spazio, ma sono elementi che determinano la scomparsa
politica di tutte, nessuna esclusa e in pochi anni, come abbiamo potuto
constatare.
Se vengono meno i diritti sociali e' quasi impossibile avere accesso a
quelli politici per le donne che non hanno "i privilegi della proprieta'".
La competenza politica non s'improvvisa se vuole esprimere e rispondere
anche alla parte femminile del mondo, si impara solo in una collettivita'
politica femminile non omologata, che in questo momento non riesco a vedere
da nessuna parte.
*
- Monica Lanfranco: Quali possono essere gli alleati, e quali invece i
peggiori ostacoli alla realizzazione di una diversa qualita' della politica
per le donne?
- Rosangela Pesenti: Per le alleanze ci vogliono patti chiari, ma non c'e'
dubbio che gli ostacoli piu' significativi possono essere le donne stesse.
Quando le condizioni ti costringono a fare lo slalom tra sotterfugio e
privilegio e la tua forza come la tua debolezza stanno negli affetti, non e'
facile pensare a far vivere una cittadinanza, parola del resto pensata nella
modernita' contro le donne.
Ho la sensazione che gli uomini guardino al mondo delle donne senza capire o
senza vedere, e che comunque trovino la loro cecita' molto comoda e
funzionale al proprio modo di stare al mondo.
Il casalingato, che e' la nostra catena, potrebbe essere il luogo della
nostra forza, Lisistrata insegna, ma l'eroismo non e' una pratica che si
regge a lungo, e nella solitudine di ognuna si sopravvive attraverso gli
accomodamenti.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1051 del 12 settembre 2005

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