[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 1047
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1047
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 8 Sep 2005 01:24:01 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1047 dell'8 settembre 2005 Sommario di questo numero: 1. www.referendosim.com.br 2. Vincere la paura per costruire la pace. Appello per la quarta giornata del dialogo cristianoislamico 3. Tiziano Terzani: C'e' solo una via: la nonviolenza 4. Margarete Buber-Neumann: Dell'amicizia e del contatto umano 5. Giorgio Nebbia: Supponiamo che... 6. Il "Cos in rete" di settembre 7. Riletture: Nadine Gordimer, Un mondo di stranieri 8. Riletture: Doris Lessing, Il taccuino d'oro 9. Riletture: Clarice Lispector, La passione secondo G. H. 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. WWW.REFERENDOSIM.COM.BR www.referendosim.com.br e' il sito che fornisce informazioni e materiali per sostenere il si' al referendum brasiliano del 23 ottobre per vietare il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni. Invitiamo tutte le persone che ci leggono a visitarlo. Ed invitiamo ancora tutte le persone di volonta' buona a sostenere le nostre sorelle e i nostri fratelli brasiliani impegnati nella campagna referendaria. Si' al referendum che propone di proibire il commercio delle armi, si' al referendum che propone di salvare la vita degli esseri umani, si' al disarmo, si' all'umanita'. Per promuovere iniziative in Italia per sostenere la campagna per il "si'" al referendum brasiliano per vietare il commercio delle armi, si puo' contattare Francesco Comina in Italia (e-mail: f.comina at ladige.it) e padre Ermanno Allegri in Brasile (e-mail: ermanno at adital.com.br, sito: www.adital.com.br). 2. APPELLI. VINCERE LA PAURA PER COSTRUIRE LA PACE. APPELLO PER LA QUARTA GIORNATA DEL DIALOGO CRISTIANOISLAMICO [Dal comitato organizzatore della quarta giornata del dialogo cristianoislamico (per contatti: redazione at ildialogo.org) riceviamo e diffondiamo] Il mondo ha bisogno di saggezza, di pace, di concordia fra le nazioni, fra le culture e le religioni. Gli esseri umani hanno bisogno di riconciliarsi con la natura che viene invece sempre piu' violentata e distrutta da una politica dissennata di sfruttamento delle risorse naturali e da una politica economica che ha il suo centro propulsore nella produzione di armamenti. C'e' bisogno di impegnarsi non per la guerra ma per dare da mangiare a tutti gli esseri umani. L'Africa, l'Asia, L'America del sud, chiedono pane non proiettili. C'e' bisogno di impegnarsi a fondo per trovare rimedi alle malattie che affliggono l'umanita' quali l'aids, il cancro, le malattie genetiche. C'e' bisogno che il genere umano gareggi nel fare il bene invece che il male. * Negli ultimi due mesi abbiamo invece assistito a continui proclami a favore della violenza e ad incitamenti al razzismo. Scrittori, giornalisti, filosofi, capi di stato, hanno fatto a gara nel diffondere paura e violenza, razzismo e xenofobia, odio del diverso, di chi ha un diverso colore della pelle o una diversa religione o cultura. Le azioni terroristiche sono servite a rafforzare tale orientamento e non certo a fermarlo. I risultati di questa politica dissennata sono sotto gli occhi di tutti: la potente America e' stata messa in ginocchio da un uragano che ha messo in luce come la politica degli armamenti sostenuta da quel governo, abbia portato alla consistente diminuzione delle risorse destinate alla collettivita'. Le spese per sostenere un esercito gigantesco, con alcuni milioni di americani in armi sparsi per il mondo, hanno portato alla riduzione drastica degli investimenti per tutto cio' che avrebbe consentito di evitare quello che e' accaduto a New Orleans, distrutta per la mancata manutenzione degli argini di un fiume e da una inesistente protezione civile. * Di fronte ai drammi che l'umanita' sta vivendo, occorre che i credenti delle grandi religioni monoteistiche, l'ebraismo, il cristianesimo, l'islam, sappiano liberarsi dalle diffidenze reciproche alimentate ad arte da chi usa la religione a fini di dominio sul proprio popolo o sul mondo intero. Occorre combattere il male con il bene che e' l'unico modo per spezzare il circolo infernale che riproduce il male all'infinito. Occorre liberare la capacita' degli uomini e delle donne di Dio di costruire alleanze e dialogo fra le civilta' e le religioni. Occorre che gli uomini e le donne di Dio si schierino decisamente per il dialogo e la pace togliendo qualsiasi alibi o appoggio a chiunque usi la violenza terroristica o militare per risolvere i conflitti internazionali. * Dobbiamo "vincere la paura per costruire la pace": questo lo slogan, drammaticamente attuale, che abbiamo lanciato quest'anno per la celebrazione della quarta edizione della giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico, che, come negli anni scorsi, si terra' nell'ultimo venerdi' di Ramadan che quest'anno cade il prossimo 28 ottobre 2005. Invitiamo tutte e tutti a moltiplicare le occasioni di incontro e di dialogo dal basso con le comunita' islamiche e con tutte le religioni, per far diventare la pace una prospettiva reale e non piu' solo una vaga speranza. E la pace trionfera' se tutte e tutti la sapremo non solo reclamare dai governanti ma vivere conseguentemente nella nostra vita di tutti i giorni. Ed e' con tale spirito che invitiamo tutte e tutti a partecipare alla marcia della pace Perugia-Assisi dell'11 settembre 2005 * Promuovono l'appello le seguenti riviste e associazioni a cui ci si puo' rivolgere per adesioni o segnalazione di iniziative: - "Adista", via Acciaioli 7, 00186 Roma, tel. 066868692, 0668801924, fax: 066865898, e-mail: info at adista.it, sito: www.adista.it - "Confronti", Roma, tel. 064820503, 0648903241, fax: 064827901, e-mail: redazione at confronti.net, sito: www.confronti.net - "Cem-Mondialita'", via Piamarta 9, 25121 Brescia, tel. 0303772780, fax 0303772781, e-mail: cemmondialita at saveriani.bs.it, sito: www.saveriani.bs.it/cem - Cipax - Centro interconfessionale per la pace, via Ostiense 152, 00154 Roma, tel./fax: 0657287347, e-mail: cipax-roma at libero.it, sito: www.romacivica.net/cipax - Emi - Editrice missionaria italiana, via di Corticella 181, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, ufficio stampa: stampa at emi.it, sito: www.emi.it - "Forum Internazionale Civilta' dell'Amore", via Roma 36, 02100 Rieti, tel. 0746750127, fax: 0746751776, e-mail: forum at forumreligioni.it - "Il dialogo", via Nazionale 51, 83024 Monteforte Irpino (Avellino), tel. 3337043384, sito: www.ildialogo.org; e-mail: redazione at ildialogo.org - "La nonviolenza e' in cammino", foglio quotidiano del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it - "Missione Oggi", via Piamarta 9, 25121 Brescia, tel. 0303772780, fax: 0303772781, e-mail: missioneoggi at saveriani.bs.it, sito: www.saveriani.bs.it/Missioneoggi - "Mosaico di pace", via Petronelli 6, 70052 Bisceglie (Bari), tel. 0803953507, fax: 0803953450, e-mail: info at mosaicodipace.it, sito: www.mosaicodipace.it - "Notam, Lettera agli Amici del Gruppo del Gallo di Milano", corrispondenza: Giorgio Chiaffarino, via Alciati 11, 20146 Milano, e-mail: notam at sacam.it, sito: www.ildialogo.org/notam - "Qol. Una voce per il dialogo tra le religioni e le culture", piazza Unita' d'Italia 8, 42017 Novellara (Re), tel. 0522654251, fax: 059650073, e-mail: torrazzo at libero.it, sito: www.qolrivista.it - "Tempi di fraternita'", c/o Centro Studi "Domenico Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 0141218291, 0119573272, fax: 02700519846, sito: www.tempidifraternita.it, e-mail: tempidifraternita at tempidifraternita.it - "Volontari per lo sviluppo", corso Chieri 121/6, 10132 Torino, tel. 0118993823, fax: 0118994700, e-mail: redazione at volontariperlosviluppo.it, sito: www.volontariperlosviluppo.it * Per l'elenco completo dei firmatari dell'appello, per tutti i materiali ad esso relativi e per le iniziative in corso si puo' visitare il sito: www.ildialogo.org, e-mail: redazione at ildialogo.org 3. RIFLESSIONE. TIZIANO TERZANI: C'E' SOLO UNA VIA: LA NONVIOLENZA [Da "Athenet on line. Notizie e approfondimenti dall'Universita' di Pisa", n. 6, maggio 2002 (sito: www.unipi.it) riprendiamo questo intervento di Tiziano Terzani li' pubblicate col titolo "Prima che sia troppo tardi. Riflessioni sulla guerra in corso"; dalla stessa fonte riprendiamo anche la seguente presentazione redazionale dell'autore: "Tiziano Terzani e' uno dei giornalisti italiani che gode di maggior prestigio a livello internazionale. Laureatosi in giurisprudenza a Pisa nel 1962, e' stato sino allo scorso anno corrispondente per l'Asia del settimanale tedesco 'Der Spiegel'. E' uno dei pochi giornalisti rimasti a Saigon dopo la rotta dell'esercito statunitense. Ha vissuto a Singapore, Hong Kong, Pechino, Tokio, Bangkok e New Delhi. Lo scorso marzo Terzani e' tornato a Pisa per presentare il suo ultimo libro: Lettere contro la guerra". Dal sito www.tizianoterzani.com riprendiamo la seguente breve biografia basata su date e luoghi ricavati dai libri di Tiziano Terzani e Angela Staude: "1938. Tiziano Terzani nasce il 14 settembre del 1938 a Monticelli, quartiere di Firenze. A 17 anni conosce quella che poi diventera' sua moglie, Angela Staude (nata nel 1939 a Firenze da genitori tedeschi, padre pittore e madre architetto). 1962. Si laurea con lode in Giurisprudenza presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, frequentata grazie a una borsa di studio. 1965. Mette piede per la prima volta in Asia, quando viene inviato in Giappone dall'Olivetti per tenere alcuni corsi aziendali. 1969. Consegue un Master in Affari Internazionali alla Columbia University di New York, seguendo corsi di storia e lingua cinese. Nell'agosto dello stesso anno nasce il primo figlio, Folco. Ansioso di partire per l'Asia, rinuncia alle richieste di grandi quotidiani come "il Giorno" e "The Guardian", accettando invece un contratto del "Der Spiegel": diventa cosi' corrispondente dall'Asia per il settimanale tedesco. Lo sara' per 30 anni. 1971. A marzo nasce la secondogenita, Saskia. 1973. Pubblica "Pelle di Leopardo" dedicato alla guerra in Vietnam. 1975. E' tra i pochi giornalisti al mondo a rimanere a Saigon e assiste alla presa di potere da parte dei comunisti. Da questa esperienza nascera' "Giai Phong! La liberazione di Saigon" (1976). Il libro viene tradotto in varie lingue e selezionato in America come "Book of the Month". 1979. Dopo quattro anni passati ad Hong Kong, si trasferisce, sempre con la famiglia, a Pechino. Fra i primi corrispondenti a tornare a Phnom Penh dopo l'intervento vietnamita in Cambogia, racconta il suo viaggio in "Holocaust in Kambodscha" (1981). 1984. Il lungo soggiorno in Cina si conclude a febbraio con l'arresto per "attivita' controrivoluzionarie" e successiva espulsione. L'intensa esperienza cinese, con il suo drammatico epilogo, da' origine a "La porta proibita" (1985), pubblicato contemporaneamente in Italia, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. 1985. Risiede ad Hong Kong per tutto l'anno, poi si trasferisce a Tokyo dove rimane fino al 1990, quindi a Bangkok. 1991. In agosto, mentre si trova in Siberia con una spedizione sovietico-cinese, apprende la notizia del golpe anti-Gorbacev e decide di raggiungere Mosca. Il lungo viaggio diventera' "Buonanotte, Signor Lenin" (1992), uscito anche in Germania e Gran Bretagna, che rappresenta una fondamentale testimonianza in presa diretta del crollo dell'impero sovietico. Il libro viene selezionato per il "Thomas Cook Award", il premio inglese per la letteratura di viaggio. Collabora nel frattempo, gia' dalla meta' degli anni ottanta, con diversi quotidiani e riviste italiane ("Corriere della Sera", "la Repubblica", "L'Espresso", "Alisei") e con la radio e tv svizzera in lingua italiana insieme a Leandro Manfrini. 1994. Si stabilisce in India con la moglie Angela Staude, scrittrice, e i due figli. 1995. Il capolavoro "Un indovino mi disse" (1995) e' la cronaca di un anno vissuto come corrispondente dall'Asia senza mai prendere aerei: il libro ottiene un notevole successo di critica e di pubblico. 1997. Al ritorno da Calcutta Terzani avverte i primi sintomi che porteranno alla diagnosi di cancro. A Orvieto gli viene conferito il prestigioso "Premio Luigi Barzini all'inviato speciale". 1998. La sua esperienza lo accredita a livello internazionale tra i massimi conoscitori del continente asiatico e infatti in questo anno pubblica "In Asia" dove descrive le multiformi realta' storiche, culturali ed economiche del continente. Un libro a meta' tra reportage e racconto autobiografico. 2001. Pochi mesi dopo gli attentati dell'11 settembre e dell'attacco militare degli Stati Uniti in Afghanistan, interviene nel dibattito sul terrorismo pubblicando "Lettere contro la guerra" (prima edizione, marzo 2002), dedicate al nipote Novalis. Il libro per i suoi contenuti decisamente forti, ma onesti, viene rifiutato da tutti gli editori di lingua anglosassone. Significativa, anche se non molto conosciuta, la protesta dell'Ambasciata americana a Roma, che sottolinea la gravita' di alcuni passaggi del libro. Comunque sia, per contrastare questa "censura", Terzani paga di tasca propria la traduzione del libro e la rende disponibile gratuitamente su internet, dimostrando cosi' la liberta' assoluta delle proprie opinioni. Curiosamente proprio in India comincia a girare una copia "pirata", in inglese: Terzani stesso raccontera' divertito questo episodio, a riprova di come la censura non possa nulla contro la liberta' di sapere, ribadendo una volta per tutte come "i fatti siano un velo dietro cui si nascondono le verita'". E la sete di verita' - in un mondo in piena guerra - e' legittimamente tanta. 2002. Inizia il "pellegrinaggio di pace" attraverso scuole e incontri pubblici appoggiando la causa di Emergency "Fuori l'Italia dalla guerra" insieme a Gino Strada. Questo impegno civile viene documentato in due modi. Il primo e' raccolto in un volume di Federica Morrone dal titolo "Regaliamoci la pace". Una lunga conversazione con Tiziano Terzani con allegati quindici contributi per una cultura di pace tra cui spiccano il Nobel Dario Fo, Gianni Mina', Vauro, Alda Merini, Margherita Hack, padre Zanotelli, Giulietto Chiesa ecc. (prima edizione, novembre 2002). Il secondo documento dell'impegno civile di Terzani e' raccolto invece in un filmato che esce un mese piu' tardi con la nuova edizione di "Lettere contro la guerra". La vhs "Tiziano Terzani - Il kamikaze della pace" e' un film-documento di circa un'ora realizzato dalla Radiotelevisione Svizzera in lingua italiana che vede la partecipazione di Jovanotti. Qui Terzani parla della sua vita, ma anche dell'attualita' della guerra e dei valori di pace e civilta' che l'umanita' sta calpestando senza remore. 2004. Nel marzo 2004 pubblica "Un altro giro di giostra - Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo" dove parla di se', della sua malattia e di come "vede il mondo". Il 19 aprile 2004 rilascia un'ultima intervista radiofonica alla storica emittente fiorentina "Controradio". Il 27 e 28 maggio rilascia al regista milanese Mario Zanot una lunga intervista filmata che diventera' poi un film: "Anam, il senzanome". Quattro mesi dopo (il 28 luglio), proprio mentre tutte le sue opere vengono ristampate in edizione economica, si spegne nella sua casa all'Orsigna, piccolo borgo sull'Appennino pistoiese. Ma prima di "lasciare il suo corpo", raccoglie i suoi pensieri in un lungo dialogo-diario con il figlio Folco che uscira' nella primavera del 2006"] Dopo trentacinque anni di giornalismo sono andato in pensione, ma la mia idea non era quella di smettere di lavorare, volevo fare un altro viaggio. Siccome tutta la vita avevo viaggiato... fuori, volevo fare un viaggio... dentro. Cosi', mi sono trasferito sull'Himalaya, in una capanna senza acqua, luce, telefono, senza umani per chilometri. Ci vogliono due ore di cammino attraverso una foresta di rododendri e due ore con una jeep per arrivare dove c'e' qualcuno che vende della frutta, del riso, dove c'e' un cyber-caffe' dal quale mando i messaggi a mia moglie, al mondo... E dinnanzi alle piu' grandi montagne del mondo, godevo del silenzio. Passavo ore seduto sull'erba sotto i deodar, gli alberi di Dio, dei cedri altissimi pieni di corvi con i quali ho fatto amicizia; vengono a mangiare con me al mattino lo yogurt che faccio con delle bacche. Ero pronto a passare cosi' il resto della mia vita, quando nel settembre scorso sono venuto in Italia per il mio sessantatreesimo compleanno - mia moglie sta a Firenze e ogni tanto, ogni due o tre mesi, ci incontriamo, lei viene a trovarmi, io vado a trovarla - cosi' mi sono ritrovato, come tutti voi, come tutto il mondo, davanti alle torri che cadevano. Un amico mi ha telefonato: "vai subito alla televisione", sono arrivato in tempo per vedere il secondo aereo che impattava. * Forse perche' vivo in Asia da tanto tempo, forse perche' sono convinto che la vita e' una e che il piu' bel simbolo di questa unita' e armonia e' il simbolo dello yin e dello yang, del tao, in cui all'interno della luce c'e' una radice di tenebra, e all'interno della tenebra c'e' un punto di luce, ma in questo sgomento orribile ho visto il punto di luce e mi sono detto: "bah! Questa e' una buona occasione!". L'ho sentito forte: "questa e' una buona occasione!". Certo, una buona occasione perche' il mondo e' cambiato, le torri hanno cambiato il nostro mondo, l'hanno cambiato profondamente; e' il momento che cambiamo anche noi. Per la prima volta l'orrore del nostro rapporto col mondo era dinnanzi a tutti noi. L'atomica e' stata una grande e orribile svolta nella storia dell'umanita', tant'e' vero che tutti quelli che vi avevano partecipato e avevano un cuore hanno dovuto riflettere sulla moralita', sulla giustificazione di quella bomba... Una bomba sganciata su due citta', uccidendo trecentomila persone, tutte civili. Percio' non facciamoci raccontare che le torri sono qualcosa di nuovo, qualcosa di orribilmente nuovo. Le guerre ormai uccidono solo i civili, di soldati ne uccidono sempre di meno; questa guerra poi ne e' la dimostrazione. Ma la bomba atomica in verita' non l'abbiamo vissuta, abbiamo visto delle foto, l'abbiamo letta nei libri, ma era qualcosa di lontano. Erano giapponesi, erano cattivi, si erano comportati orribilmente nel corso della guerra; e il fatto che poi per trentacinque anni la guerra fredda avesse congelato la capacita' atomica delle due potenze, ci ha allontanato dall'orrore del nostro suicidio. L'11 settembre invece ce l'ha messo davanti, e abbiamo visto tutti, tutto il mondo ha visto l'orrore di questo crimine. Allora, come dicevo, ho pensato che l'11 settembre fosse una grande occasione per riflettere, per fermarsi, per stare in silenzio e chiedersi: "ma che ci facciamo su questa terra? Cosa vogliamo fare delle nostre vite?". Non scrivevo piu' da tempo, lavoravo a un'altra cosa. Tutto quel che avevo da dire sul giornalismo l'avevo detto nel libro In Asia. Col giornalismo percio' avevo chiuso, ma davanti alla tragedia ho sentito il dovere di dire le due o tre cose che in trent'anni mi pare di aver capito. E' cosi' che ho scritto la prima lettera per raccontare dei fondamentalisti che si preparano alla jihad, essendo uno dei pochi che aveva avuto modo di conoscerli per puro caso. * Io non sono molto intelligente, ne' molto colto, ne' molto brillante, pero' sono fortunatissimo. La prima volta al fronte fischia una pallottola e colpisce quello accanto. Sono catturato dai kmer rossi, vengo messo al muro, riesco a ridere e non mi ammazzano. Incontro una donna a diciassette anni e ci vivo insieme fino a sessantatre e spero anche per il tempo che mi rimane. A volte la fortuna e' anche qualcosa a cui bisogna tirare dei calci, ma io ce ne ho sempre avuta molta. Poi ho un po' d'istinto. Nel 1996 sapevo che quell'uomo che aveva messo la bomba al Wtc era passato da un luogo che si chiamava l'universita' della jihad, che poi era un campo di addestramento. Ci sono andato e per due giorni sono rimasto in mezzo a quella gente sentendomi un appestato, perche' ero un occidentale, portatore di questa cultura depravata, ma ho imparato tante cose. Da giornalista ho sempre sentito che se volevo capire i conflitti non potevo stare da una parte sola, dovevo anche capire gli altri. Nel '73 in Vietnam passai il fronte per andare a trovare i vietcong. Quando andavo in pattuglia con gli americani, ci sparavano addosso e anche per me quelli diventavano il nemico, ma questa identificazione con un fronte mi pesava. Me ne rendo conto solo ora, ma mi sono sempre interessato, magari istintivamente, all'altro: chi e', cosa pensa, cosa fa, perche'? E cosi', come ho passato le linee con i vietcong, nel '96 ho passato le linee del terrorismo e ho scritto le mie riflessioni in una lettera che ho mandato al "Corriere della Sera". Lasciatemi subito dire che io non ho uno stipendio dal "Corriere", ma sono grato al "Corriere" e al suo direttore, Ferruccio De Bortoli, per aver pubblicato, con coraggio, devo dire, tutto quello che gli ho mandato. Perche' la mia voce era stonata in quei giorni; era come tirare un sasso contro un castello di vetro, fatto di ipocrisie, di banalita', di reazioni automatiche, di politici e commentatori che senza fantasia ricorrevano a quello che si sa dire, al tornaconto del momento, al dire "spalla a spalla con gli americani". Allora, ho scritto questa lettera che si concludeva con un appello al cuore, per il quale sono stato preso per i fondelli da tutti: "Terzani gli e' rincoglionito, gli e' diventato induista, gli e' diventato buddista", un "sognatore dell'Oriente". Perche' avevo detto che la violenza genera solo violenza, l'odio genera solo odio, l'odio si combatte solo con l'amore. "L'amore? Oh, gli e' proprio grullo quello li'!". Sapete, gli indiani si salutano cosi', dicendosi namaskar, che vuol dire: "saluto la divinita' che e' in te". Se noi procediamo per la strada di definire il nemico, come ha fatto Rumsfeld, "a wonder animal", non riusciremo mai ad evitare il confronto di civilta' e con questo la fine di ogni civilta'. * Noi dobbiamo aprire un dialogo di civilta', non dobbiamo disumanizzare il nemico, ma capirne le ragioni per evitare che lui faccia quell'atto, il piu' innaturale della vita, che e' quello di uccidersi uccidendo. Secondo me il terrorismo non si combatte uccidendo i terroristi, anzi in una forma perversa noi creiamo terroristi con quello che stiamo facendo. Il terrorismo si combatte eliminando le ragioni che fanno di un uomo un terrorista; perche' quelli sono uomini come noi, sono nati, son cresciuti, hanno amato, alcuni hanno famiglia, bambini. Guardate le storie di questi giorni della Palestina, storie di ragazzi che si suicidano. Sono nati per vivere, l'uomo nasce per vivere, non per suicidarsi. E allora, cos'e' che porta un uomo a fare quest'atto cosi' innaturale? Capiamolo, e potremo eliminare il terrorismo rimuovendone le cause. Questa era la mia posizione il 14 settembre 2001. Apriti cielo... parte la Fallaci con il suo urlo di rabbia meschina, secondo me, di orgoglio mal riposto, che era poi un grido di vendetta. Intendiamoci, sul piano personale io rispetto la Fallaci: e' una signora anziana; ha avuto una vita molto movimentata, e' una persona che vive sola, in una scatola di una scatola, di una scatola in quella scatola che e' New York. Non risponde al telefono, si sente perseguitata. E' una persona che affronta a suo modo la vecchiaia e la morte, quella cosa che ognuno di noi ha diritto di affrontare a suo modo. E questo lo rispetto, anzi ho compassione. Pero' mi pare che affrontarla con le passioni piu' basse, violente e meschine, non giovi ne' a lei - e le ho augurato pace dentro, cosi' che la trovi anche fuori - ne' agli altri. Quando poi ho saputo che la sua lettera veniva letta nelle scuole mi sono proprio preoccupato, ne ho sentito il pericolo e ho voluto levare la mia voce per la pace, la comprensione, la nonviolenza. Cosi' ho scritto una lettera aperta che il "Corriere", molto generosamente, ha pubblicato. * A questo punto avevo tirato due sassi. Non potevo tornare in cima all'Himalaya a guardarmi l'ombelico. Ho ripreso il mio sacco, ci ho messo dentro il computer, con i miei soldi, senza l'accreditamento di nessuno, con una carta da giornalista falsa, si' avete capito bene, falsa. Questo fatto lo trovo divertentissimo. Tutta la vita... "sono Terzani di 'Der Spiegel'"; e improvvisamente sono... un pensionato. Adesso quando arrivo in aeroporto sulla scheda, sapete, alla voce "professione", scrivo "pensionato", mi piace, e' bellissimo... pero' quando vai a un ministero degli esteri, anche da quei tagliagole che ora gestiscono Kabul, vogliono sapere chi sei, e non potevo presentarmi cosi' "un pensionato? Mbe'?". E allora mi sono fatto fare una carta da giornalista a Bangkok. Chi di voi ha conosciuto Bangkok sa che c'e' una strada, Kaosang road, dove per 250 pat, per cinque dollari, ti fanno una carta di Presidente della Repubblica, di chirurgo, di quello che vuoi. Io me ne sono fatta fare una da giornalista e mi sono rimesso in viaggio. Ho passato due mesi in Pakistan, lungo la frontiera afghana, evitando gli altri giornalisti, perche' c'e' un inseminamento di bugie spaventoso. Ad Islamabad c'e' un solo grande albergo a cinque stelle, elegantissimo, pieno di giornalisti, quelli che appaiono in mezzo busto. Stanno tutti su una terrazza con una bella vista sulle montagne, e ci sono tante gabbiette, Bbc, Cnn, Rai1, Tv2, Cbs. Insomma, sono tutti li', tutti hanno la loro gabbietta e la cosa bellissima e' questa: stanno in questo albergo tutti assieme e basta che qualcuno metta in giro una voce, che dia un'imbeccata in maniera opportuna, che subito viene rilanciata da tutti i media del mondo. Il Pentagono lo sa perfettamente e ne approfitta. The Office of Strategic Influence, si chiama l'ufficio racconta-bugie. In questi giorni ci hanno detto di averlo chiuso, ma raccontano tante di quelle bugie... E certo c'erano decine di funzionari dell'ufficio in quell'albergo. La mattina incontravano un giornalista spagnolo a colazione e gli dicevano: "ma hai sentito? I talebani... ne hanno ammazzate oltre quarantamila di quelle donne... e il burqa... Madonna! Pare - per dirne una - che i talebani incatenino le donne sotto il burqa...". Allora il giornalista spagnolo incontrava un collega: "oh, ma hai sentito?" e quello, che nel frattempo era stato avvicinato da un altro funzionario dell'ufficio: "che incatenano le donne?" "Si'... ma allora e' vero!". Dopo cinque minuti erano tutti lassu' sul tetto: "i talebani hanno messo anche le catene ora...". Allora, per evitare di essere inseminato me ne stavo in certe pensioncine vicino all'universita' e come al solito ho avuto una fortuna cane. Ho trovato due giovani che parlano il pashtun, una delle due grandi lingue dell'Afghanistan. Erano studenti di medicina e adoravano parlare inglese, l'unica lingua con cui ci si poteva intendere, perche' con tutte le lingue che parlo non parlo quelle dell'Afghanistan. Me li sono presi tutti e due come guide e interpreti, ho vissuto con loro, ho viaggiato con loro. Con loro sono andato a vedere i jihadi, quei giovani che partivano con le organizzazioni fondamentaliste, con il loro kalashnikov. Ce n'era uno senza scarpe, gli ho detto: "ma come? vai in guerra scalzo?" "eeeeh" mi ha detto "appeno arrivo taglio i piedi a un americano e gli piglio le scarpe". Interessante. E' cosi' che loro vedevano la loro jihad... interessante. Un mese dopo sono tornato a vedere cosa ne era di un gruppo che avevo visto partire, entusiasta di combattere. Di quarantatre, ne erano tornati appena tre. Quaranta fatti a pezzi dai B-52. Ho parlato con uno di questi: "e ora?" gli ho chiesto; "Io sono gazi" mi ha risposto, come dire: sono un veterano, per cui godo di grande prestigio nel villaggio "e sono agli ordini della mia organizzazione", un'organizzazione fondamentalista che ora Musharaff ha messo all'indice. "Agli ordini dell'organizzazione? Ma se l'organizzazione ti ordina di andare a mettere una bomba a New York?" "ah! Ci vado subito", mi ha detto. * Ecco il terrorismo. Il terrorismo nasce dall'asimmetria con cui tutto si sta svolgendo nel mondo. Se tu vedi i tuoi quaranta colleghi fatti a pezzi dalle bombe sganciate da quindici chilometri di distanza da un irraggiungibile pilota, che beve la coca cola e schiaccia dei bottoni, come puoi, in quella logica perversa della violenza, che io prego, chiedo, imploro di evitare, come puoi vendicarti? Perche' parliamoci chiaro: tutta questa vicenda e' all'insegna della vendetta. Anche l'operazione americana, la nostra operazione, ha un fondo di vendetta, e' evidente. Avete visto la fotografia del talebano a Guantanamo Bay in ginocchio ai piedi del marine? Era incatenato, tutto rasato, aveva una maschera, gli orecchi tappati. E quella foto non l'ha rubata un paparazzo per mostrare gli orrori della guerra, l'ha consegnata il Pentagono alla stampa. Perche'? Dopo si sono accorti di aver sbagliato, ma il Pentagono l'ha consegnata perche' l'opinione pubblica americana aveva bisogno di vedere che finalmente si erano vendicati e che avevano messo in ginocchio il terrorista. Il problema e' che quella stessa foto nel resto del mondo ha fatto un'altra impressione, e ora l'America paga per questo: deve rifare i suoi conti, deve riconquistare la simpatia del mondo, deve chiudere l'ufficio delle bugie, perche' quella foto probabilmente era vera, ma veniva dall'ufficio delle bugie. Insomma e' la vendetta, e non cercano nemmeno di nasconderlo. E gli altri? Come si possono vendicare gli altri? Come si puo' vendicare uno che non riesce a vedere il suo nemico, perche' gli vola sulla testa a chilometri di altezza? L'unica vendetta possibile e' il terrorismo. Per questo bisogna evitare il circolo vizioso della violenza se vogliamo evitare il suicidio dell'umanita', perche' ormai le armi di distruzione di massa sono tali che non c'e' scelta. La guerra e' in corso. In questo momento i B52 sorvolano l'Afghanistan pronti a bombardare qualcuno, forse Al Qaeda, forse no. In questo momento da qualche parte un giovane di quelli di cui dicevo sta preparando una bomba, che puo' mettere a Londra, a Mogadiscio, a New York... chissa' dove? La guerra e' in corso, e non illudiamoci: non possiamo continuare a vivere come se non fosse successo niente. * E allora ripeto: l'unico modo e' capire, l'unico modo e' fermarsi, in silenzio, riflettere e trovare un modo per dialogare. C'e' solo una via: la nonviolenza. Non c'e' stata mai una guerra che abbia messo fine a tutte le guerre. 4. MAESTRE. MARGARETE BUBER-NEUMANN: DELL'AMICIZIA E DEL CONTATTO UMANO [Da Margarete Buber-Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Il Mulino, Bologna 1994, 2005, p. 212. Margarete Buber-Neumann (1901-1989), intellettuale strenuamente impegnata per i diritti umani, e' stata una delle fondamentali testimoni della dignita' umana nel secolo dei totalitarismi; moglie del figlio del grande filosofo Martin Buber, poi compagna del dirigente comunista tedesco - che morira' vittima dello stalinismo - Heinz Neumann; partecipa vivacemente alle vicende culturali e alla lotta politica in Germania, poi emigra col marito in Urss. Nel 1937 viene internata in un campo di concentramento russo e nel 1940 consegnata alla Gestapo e deportata nel lager nazista di Ravensbrueck; sopravvissuta, scrivera' libri di memorie che lumeggiano potentemente cruciali decenni di storia europea e testimoniano di un intransigente impegno per la dignita' umana. Opere di Margarete Buber Neumann: Da Potsdam a Mosca, il Saggiatore, Milano 1966, poi Il Mulino, Bologna 2000; Prigioniera di Stalin e Hitler, Il Mulino, Bologna 1994, 2005; Milena. L'amica di Kafka, Adelphi, Milano 1986, 1999. Opere su Margarete Buber Neumann: cfr. per un'introduzione le pagine a lei dedicate in Tzvetan Todorov, Memoria del male, tentazione del bene, Garzanti, Milano 2001] Sono sopravvissuta alla Siberia e a Ravensbrueck non tanto perche' ero una persona particolarmente forte dal punto di vista fisico e nervoso, e neppure perche' non ho mai abbassato la guardia al punto di perdere il rispetto di me stessa, quanto grazie al fatto di aver sempre incontrato persone che avevano bisogno di me e, facendomi sentire necessaria, mi gratificavano delle gioie dell'amicizia e del contatto umano. 5. RIFLESSIONE. GIORGIO NEBBIA: SUPPONIAMO CHE... [Dalla rivista diretta da Domenico Jervolino "Alternative", n. 1, gennaio-febbraio 2005 (sito: www.alternativerivista.it). Giorgio Nebbia, nato a Bologna nel 1926, docente universitario di merceologia, gia' parlamentare, impegnato nei movimenti ambientalisti e pacifisti, e' una delle figure di riferimento della riflessione e dell'azione ecologista nel nostro paese. Tra le sue molte pubblicazioni segnaliamo particolarmente: Lo sviluppo sostenibile, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1991; tra le piu' recenti cfr. gli opuscoli Alla ricerca di un'Italia sostenibile, Tam tam libri, Mestre 1997, e La violenza delle merci, Tam tam libri, Mestre 1999; cfr. anche: Il problema dell'acqua, Cacucci, Bari 1965, 1969; La societa' dei rifiuti, Edipuglia, Bari 1990; Sete, Editori Riuniti, Roma 1991] Supponiamo che ci riesca di liberarci di Berlusconi e della sua destra. Supponiamo di avere di fronte cinque anni di amministrazione, nazionale e locale. Che cosa potra' fare una sinistra in cinque anni? La crisi economica, di occupazione, anche morale, dell'Italia in questo inizio del XXI secolo dipende in parte dalla perdita della capacita', della comprensione, del gusto del lavoro e della produzione dei beni materiali. La borghesia ha ben compreso il potenziale eversivo della cultura del lavoro, della produzione, della classe lavoratrice, e dopo la crisi degli anni '70 del ventesimo secolo - crisi di classe e crisi energetica e produttiva - ha avuto buon gioco a inventare nuovi miti. Uno di questi e' che le societa' industriali avanzate siano delle societa' dematerializzate, cioe' basate sulle immagini, sui servizi e sempre meno sugli oggetti fisici, sulle merci, sui manufatti, il che ha vanificato la capacita' umana di riconoscere e comprendere i beni materiali e l'importanza del fabbricare oggetti, del fabbricarli bene, dell'innovazione nella produzione. Eppure la nostra non e' una societa' dematerializzata; basta guardarsi intorno per vedere che, in una societa' industriale avanzata, la quantita' di merci e materiali che passano dalla natura, al mondo della produzione, al mondo del "consumo", e che ben presto si trasformano in scorie e rifiuti rigettati nell'ambiente circostante, non solo non diminuisce, ma aumenta continuamente. Non solo le societa' avanzate non sono immateriali, ma la domanda di materiali, fonti di energia, la domanda di corpi riceventi - aria, acqua, suolo, mare - in cui immettere le scorie, aumenta continuamente fino a un punto in cui le riserve vanno esaurendosi e la capacita' ricettiva dei corpi naturali va saturandosi. Da qui fenomeni come l'effetto serra, la distruzione dell'ozono stratosferico, l'eutrofizzazione dei mari e dei laghi, la congestione e l'inquinamento urbani, eccetera. Da qui l'inconsistenza dell'altro mito di questa borghesia, quello della "sostenibilita'", secondo cui ci si puo' mangiare crescenti quantita' dei beni comuni della Terra e si puo' contaminarli impunemente dando l'illusione che ci sara' petrolio o grano o legname o aria pulita, uguali a oggi, per le future generazioni. La cosa e' destinata a farsi sempre piu' grave a mano a mano che gli abitanti del Sud del mondo, 4,5 miliardi di persone in questo 2004, si avvicinano a quei consumi che sono privilegio - si fa per dire - del miliardo e 700 milioni di abitanti del Nord del pianeta. Per conquistare materie prime scarse, spazi in cui scaricare i rifiuti, si andra' sempre piu' spesso incontro a guerre locali e al proliferare di attivita' criminali, cioe' a situazioni insostenibili. La liberazione da questo stato di cose presuppone una diffusione delle conoscenze su larga scala, a livello popolare, dei caratteri della produzione degli oggetti, delle merci, e del mondo della tecnosfera. Diffusione ben difficile, perche' il mondo imprenditoriale ha tutto l'interesse a non far conoscere ne' che cosa produce, ne' come le merci sono prodotte, ne' quali effetti esse hanno sugli esseri umani e sull'ambiente. Un programma "di sinistra" per uscire dalla crisi, presuppone, a mio parere, una svolta culturale lungo tre direzioni. * La prima, che chiamerei del "che cosa produrre", rivolta alla convinzione che il mondo della produzione - agricola, industriale, dei servizi - deve cambiare la sua maniera di ragionare e capire che il futuro della sua intrapresa (forse della sua stessa sopravvivenza), in un libero mercato, non dipende dalle furbizie e dagli ammiccamenti e dalla pubblicita' - spesso cosi' stupida da rasentare il ridicolo, che solo dei lettori e spettatori rincitrulliti possono non cogliere - ma da una nuova maniera di comunicare con consumatori e acquirenti. Solo cosi' coloro che lavorano bene potranno spiegare quello che producono, come, dove, quali vincoli accettano nell'interesse dei valori collettivi. A solo titolo di esempio, i lettori dei giornali vengono continuamente informati sulle fusioni finanziarie, sull'andamento della borsa e dei mercati, ma nessuno spiega che cosa ciascuna impresa produce, se la fusione fra societa', oltre ad arrecare vantaggi monetari (ad alcuni) assicura migliori scarpe o carne in scatola o piastrelle o automobili, fa aumentare o diminuire i posti di lavoro e quali effetti ha sul territorio, dalla localizzazione delle fabbriche agli inquinamenti. Una svolta che richiede conoscenze e una nuova contestazione, proprio perche' i dirigenti - adesso li chiamano manager - sono stati educati a ragionare in termini di soldi e hanno perso di vista che il fatturato e i profitti dipendono dalla qualita' degli oggetti che fabbricano e dei servizi che rendono disponibili. La nuova borghesia e la nuova destra hanno cattivo gioco nel dire che non esiste piu' una classe operaia, perche' essa esiste eccome, e comprende nuove forme di lavoratori, che, oltre a governare un altoforno o una macchina tessile, governano piu' delicati processi e strumenti elettronici: gli uni e gli altri dipendenti, non in grado di influire sulla qualita' di quello che producono - merci e servizi - in quanto la quantita' e la qualita' della produzione sono decise in centri lontani, spesso in luoghi lontani, sulla base di criteri a breve termine, spesso miopi. * Il secondo punto, che chiamerei del "dove e come produrre", richiede una nuova svolta nella politica ambientale vera e propria. Essa comporta una revisione della normativa attuale, troppo permissiva e scritta dal grande potere economico, sulla localizzazione delle fabbriche, sui piani regolatori urbani, sulla bonifica delle zone contaminate dai rifiuti, sulla sistemazione perenne dei materiali radioattivi in circolazione, sulla difesa del suolo anche mediante opere di rimboschimento, sulla difesa delle coste contro l'erosione, sull'approvvigionamento idrico, sulla limitazione dell'appropriazione privata delle acque pubbliche, autorizzata dalle attuali leggi. Una politica urbanistica che vieti le costruzioni di edifici e strade nelle zone in cui e' compromesso il libero flusso delle acque dei fiumi e dei torrenti, per evitare frane e alluvioni ad ogni piena, resa ogni anno piu' frequente dai mutamenti climatici planetari in atto. Una politica dei trasporti che privilegi il trasporto pubblico su quello privato, con l'effetto di una minore congestione urbana e di un minore inquinamento con vantaggio per la salute. Una politica che stabilisca la necessita' di diminuire la massa dei rifiuti, di recuperare dai rifiuti ogni possibile materiale riciclabile e riutilizzabile e che imponga che le merci e i macchinari prodotti debbano essere progettati (e quelli importati debbano essere fabbricati) in vista del riutilizzo dei materiali, per fermare la sconsiderata moltiplicazione degli inceneritori inquinanti. Una politica diretta a diminuire i consumi di elettricita' e di energia fossile, le importazioni di petrolio e di gas naturale, anche per attenuare il contributo italiano all'effetto serra e ai mutamenti climatici, che incentivi l'utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e la produzione decentrata di elettricita'. Si tratta di far applicare, anche imponendo il funzionamento della burocrazia dei servizi e dei controlli, le leggi esistenti che sono state ignorate, violate e annacquate, da parte degli stessi governi, ogni volta che arrecavano disturbo o danno a interessi economici forti, quelli che oggi dominano il paese; migliori servizi pubblici possono dare un contributo decisivo a erodere tale strapotere. * Il terzo punto necessario per una svolta nella direzione di una societa' piu' giusta e meno violenta nei confronti delle classi deboli, dei popoli poveri e meno violenta verso la natura, presuppone la ripresa di una adeguata consapevolezza e orgoglio della classe operaia, le cui lotte appaiono, secondo l'immagine che ne distribuisce la borghesia padronale, appiattite su rivendicazioni egoistiche o corporative. Non si tratta solo di riconoscere il ruolo centrale del lavoro umano nella produzione degli oggetti e delle merci, ma di rivendicare con forza il contributo di innovazione e di progresso nato dalle lotte della classe operaia. Qui vorrei ricordare soltanto il silenzio esistente e caduto sulle lotte operaie da parte di quella che poi si e' chiamata "ecologia". Eppure era stata la sinistra, il socialismo, la classe operaia a lottare, nel corso dell'ultimo secolo, per ottenere migliori condizioni nelle fabbriche, cibi meno contaminati, acque meno inquinate. Ma mi pare che i lavoratori non abbiano un adeguato orgoglio nel rivendicare di essere stati loro, spesso, i primi a battersi per l'"ecologia", per migliori condizioni di lavoro, per una critica dei processi produttivi, per una critica, anche, della qualita' delle merci prodotte. Per una critica della produzione delle merci oscene per eccellenza, le armi * Supposto che ci riesca di liberarci di questo governo, bisogna gettare le fondamenta di un edificio in cui dovranno ricominciare a vivere i sopravvissuti della attuale crisi, un edificio da costruire sulle macerie di una destra internazionale ormai priva di valori, di progetti, di creativita'; occorre predisporre una nuova cultura che parta proprio dal mondo del lavoro, degli oggetti e della natura, che ricuperi il carattere unitario della grande circolazione di materia e di energia da cui dipende sia la vita nella biosfera, sia la risoluzione dei problemi umani nella tecnosfera. Problemi e bisogni, nel Nord e nel Sud del mondo, prima di tutto di acqua, abitazioni, cibo, diritto alla salute e all'informazione critica, alla conoscenza, premessa della liberta'. Soddisfare i bisogni elementari di oltre 6 miliardi di esseri umani che abitano la Terra e che crescono al tasso di 60 milioni all'anno, migliaia di milioni dei quali sono sotto il livello di sopravvivenza e di decenza, significa progettare, costruire, insegnare a costruire, abitazioni, macchinari, mezzi di trasporto, alimenti, utilizzando le risorse locali, insegnare a utilizzare fonti di energia e materie prime sconosciute a noi abitanti del Nord del mondo. * La soluzione va cercata in un recupero del senso dello Stato, inteso non come governo che assicura profitti alle classi forti e costi e sacrifici alle classi deboli, ma che operi per il bene pubblico, "pro bono publico", come dovrebbe fare appunto "lo Stato". Uno Stato capace di trattare con gli altri paesi europei, con l'impero americano e con i paesi del Sud del mondo con proprie idee e progetti, con una ideologia di solidarieta' e di pace, con una coraggiosa rivendicazione del dovere di eliminare le armi nucleari dagli arsenali di tutti i paesi, compresi quelli "ufficialmente" nucleari. Un governo capace di esercitare una pianificazione e un controllo della qualita' e della quantita' delle merci e dei servizi prodotti, sotto i vincoli di rispetto della salute umana e delle risorse naturali; in questo modo metteremmo in moto un processo capace di eliminare la disoccupazione nei paesi sazi di consumi inutili e di indurre nei paesi poveri una svolta che eviti le guerre locali, le ingerenze degli imperi del Nord del mondo nella conquista e rapina delle loro materie prime. Il successo del nuovo corso di cui stiamo parlando presuppone anche una rivoluzione culturale, specialmente una revisione critica delle scale dei valori, una rivoluzione che puo' nascere soltanto dal mondo del lavoro. 6. STRUMENTI. IL "COS IN RETE" DI SETTEMBRE [Dall'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti: l.mencaroni at libero.it) riceviamo e diffondiamo] Vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di settembre 2005 del "C.O.S. in rete" (sito: www.cosinrete.it). Nello spirito del Cos di Capitini, le nostre e le vostre risposte e osservazioni a quello che scrive la stampa sui temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta, antifascismo, tra cui: Premi Aldo Capitini; Mozart rivoluzionario nonviolento; I neocons all'assalto dell'Onu; Chissa' se le donne; Alla ricerca dell'etica; Voi vi fidereste?; Dai vostri frutti vi conosceremo; Quale religione nelle scuole; La storia clericale del Risorgimento; Le contraddizioni in seno al popolo di Fausto; Il papa leninista; Nonviolenza e diritti umani; Musulmane libere in Cina; Rapsodia di agosto; La mafia e oltre; Non dimentichiamo la violenza; Cio' che non siamo e cio' che non vogliamo; etc. Piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale sugli stessi temi. Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al "C.O.S. in rete" e' libera e aperta a tutti mandando i contributi all'indirizzo e-mail: capitini at tiscali.it, come pure la discussione nel sito blog del Cos: http://cos.splinder.com Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato indirizzo in: www.aldocapitini.it 7. RILETTURE. NADINE GORDIMER: UN MONDO DI STRANIERI Nadine Gordimer, Un mondi di stranieri, Feltrinelli, Milano 1961, 1990, pp. 336. Pubblicato nel 1958, uno dei piu' bei romanzi di Nadine Gordimer, la grande scrittrice sudafricana impegnata nella lotta contro l'apartheid, premio Nobel per la letteratura. Riflettere ancora sulla vicenda storica del regime razzista sudafricano sarebbe di grande utilita' oggi che quel mostruoso modello - sconfitto li' - si sta riproducendo su scala planetaria. 8. RILETTURE. DORIS LESSING: IL TACCUINO D'ORO Doris Lessing, Il taccuino d'oro, Feltrinelli, Milano 1964, 1977, 2 voll. per complessive pp. 724. Un romanzo da farsi e un mondo che si disfa: uno sguardo e una voce di donna coglie, nomina, squaderna, discute e giudica, disvela e mette in crisi, cio' che e' essenziale, cio' che e' ineludibile, cio' che e' terribile, cio' che svanisce. 9. RILETTURE. CLARICE LISPECTOR: LA PASSIONE SECONDO G. H. Clarice Lispector, La passione secondo G. H., La Rosa, Torino 1982, Feltrinelli, Milano 1991, pp. 168. "Non devo aver paura di vedere l'umanizzazione dal di dentro" (p. 132); un libro a un tempo enigmatico e rischiaratore, straordinariamente influente nella riflessione femminista italiana. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1047 dell'8 settembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
- Prev by Date: La nonviolenza e' in cammino. 1046
- Next by Date: Nonviolenza. Femminile plurale. 28
- Previous by thread: La nonviolenza e' in cammino. 1046
- Next by thread: Nonviolenza. Femminile plurale. 28
- Indice: