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La nonviolenza e' in cammino. 993
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 993
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 16 Jul 2005 00:11:03 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 993 del 16 luglio 2005 Sommario di questo numero: 1. Eduardo Galeano: Motti, morti 2. Brunetto Salvarani: La fondante dimensione dialogica 3. Hamza Roberto Piccardo: Noi musulmani impegnati contro ogni terrorismo, per la pace, la giustizia, la sicurezza in Europa e nel mondo 4. Abolire i Cpt, ripristinare lo stato di diritto 5. Eve Ensler: Una lettera all'America 6. Il tempo e' scaduto 7. Rosetta Stella presenta "Donne e Chiesa tra mistica e istituzioni" di Romana Guarnieri 8. Marguerite Sand ricorda Claude Simon 9. Maria Antonietta Saracino ricorda Arthur Maimane 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. EDUARDO GALEANO: MOTTI, MORTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 luglio 2005. Eduardo Galeano e' nato nel 1940 a Montevideo (Uruguay); giornalista e scrittore, nel 1973 in seguito al colpo di stato militare e' stato imprigionato e poi espulso dal suo paese; ha vissuto lungamente in esilio fino alla caduta della dittatura. Dotato di una scrittura nitida, pungente, vivacissima, e' un intellettuale fortemente impegnato nella lotta per i diritti umani e dei popoli. Tra le sue opere, fondamentali sono: Le vene aperte dell'America Latina, recentemente ripubblicato da Sperling & Kupfer, Milano; Memoria del fuoco, Sansoni, Firenze; il recente A testa in giu', Sperling & Kupfer, Milano. Tra gli altri suoi libri editi in italiano: Guatemala, una rivoluzione in lingua maya, Laterza, Bari; Voci da un mondo in rivolta, Dedalo, Bari; La conquista che non scopri' l'America, Manifestolibri, Roma; Las palabras andantes, Mondadori, Milano] "New York, Madrid, Londra: il terrorismo attacca di nuovo". Questo e' stato il titolo principale di molti giornali del mondo, nell'edizione che ha informato sulle esplosioni che hanno scosso la capitale britannica. Coincidenza rivelatrice: non una riga sull'Afghanistan o sull'Iraq. I bombardamenti contro l'Afghanistan e contro l'Iraq non sono - e non continuano a essere - attentati terroristici, che nel caso dell'Iraq si ripetono un giorno dopo l'altro? Non e' sempre, o quasi sempre, la classe lavoratrice a metterci i morti negli attentati e nelle guerre? Non meritano, le vittime di ogni espressione del disprezzo per la vita umana, lo stesso rispetto e la stessa compassione? Per non saper leggere ne' scrivere, non meno di tremila contadini sono stati fatti a pezzi dalle bombe che cercavano, senza incontrarlo, Bin Laden in terra afghana. E non meno di venticinquemila civili, molti dei quali donne e bambini, sono stati fatti a pezzi dalle bombe che cercavano, senza trovarle, le armi di distruzione di massa in Iraq, nonche' per il bagno di sangue che l'occupazione straniera del paese continua a creare. Se fosse stato l'Iraq a invadere gli Stati Uniti, un'anomalia cui nessuno pensa, in proporzione le vittime civili ammonterebbero a trecentomila nordamericani. I tuoni di un simile orrore avrebbero risuonato nei secoli. Invece, essendo i morti iracheni essi si sono trasformati rapidamente in un fatto normale. * Nel 1776 la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti affermo' che tutti gli uomini nascono uguali, tuttavia pochi anni dopo la prima costituzione chiari' il concetto: essa stabili' che nel censimento della popolazione ciascun nero equivaleva a tre quinti di una persona. Quante parti o pezzetti di persona vale oggi un iracheno? "Alcuni sono piu' uguali di altri", cosi' si dice. * E dicono: "verranno altri che ti faranno del bene". Il terrore di stato, fecondo padre di tutti i terrorismi, trova alibi perfetti nei terrorismi che genera. Sparge lacrime di coccodrillo ogniqualvolta la merda colpisce il ventilatore e finge innocenza di fronte alle conseguenze delle proprie azioni. Pero' non devono rammaricarsi i signori del mondo: le atrocita' che commettono i fanatici e i pazzi, offrono loro le giustificazioni e regalano l'impunita'. * "Le bugie hanno le gambe corte". E' chiaro a tutti: le bugie hanno gambe lunghissime. Tanto lunghe che corrono a una velocita' molto superiore alle smentite degli stessi bugiardi. Dopo aver urlato ai quattro venti che l'Iraq era un pericolo per l'umanita' Bush e Blair ammisero pubblicamente che il paese che avevano invaso e annientato non possedeva armi di distruzione di massa. Nelle successive elezioni negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna il popolo li ricompenso' rieleggendoli. * "Il crimine non paga". Ora i proverbi non sanno cio' che dicono. Il mondo spende nientemeno che 2.200 milioni di dollari al giorno - si' al giorno - nell'industria militare, industria della morte, e giorno dopo giorno la cifra sale e sale. Le guerre abbisognano di armi, le armi abbisognano di guerre e le guarre abbisognano di nemici. Non c'e' commercio piu' profittevole che l'assassinio praticato su scala industriale. La sua industria derivata, l'industria della paura, consacrata alla fabbricazione di nemici, e' oggi come oggi la fonte principale di guadagno delle imprese dedite all'intrattenimento e alla comunicazione. A Hollywood non c'e' piu' un film senza esplosioni, e i suoi sceneggiatori aggiungono paura alla paura: e se fosse poco il panico sulla terra, aggiungono minacce terroristiche importandole da altri pianeti. L'industria militare ha bisogno di produrre paura per giustificare la sua esistenza. Un circuito perverso: il mondo diventa un mattatoio che diventa un manicomio che diventa un mattatoio che... L'iraq, paese bombardato, occupato, umiliato, e' la scuola del crimine piu' attiva dei giorni nostri. I suoi invasori, che si definoscono liberatori, hanno montato la' il piu' prolifico vivaio di terroristi, che si alimenta con lo scoramento e con la disperazione. * "Dio aiuta chi si alza presto". Si alza presto chi dirige la guerra? Si alzano presto i banchieri di successo? In realta', il proverbio esorta gli umili lavoratori ad alzarsi presto, e proviene dai tempi in cui lavorare rendeva. Ma nel mondo di oggi, il lavoro conta meno della spazzatura. Dei due motori del sistema universale di potere, questo sistema che ai tempi della mia infanzia si chiamava capitalismo, uno solo funziona. Lo stimolo della cupidigia e' scomparso, almeno per i lavoratori. Ormai piu' nessuno ha la minima speranza di diventare ricco lavorando. Adesso i due motori sono la paura e la paura: paura di perdere l'impiego, paura di non trovare l'impiego, paura della fame, paura dell'abbandono. I sindacati difendevano i lavoratori, in tempi che adesso sembrano preistorici. Le multinazionali piu' famose, Walmart e Mc Donald's, negano senza dissimulare minimamente il diritto operaio all'associazione e gettano per strada chiunque commetta l'audacia di tentare di farlo. Agli organismi internazionali che vigilano per i diritti umani, questa scandalosa violazione non li muove di un capello; gli esempi si moltiplicano. L'indifferenza ai sindacati, o la loro semplice proibizione, inizia a essere normale. Il sindacalismo, frutto di due secoli di lotte operaie, e' in crisi in tutto il mondo, come sono in crisi tutti gli strumenti di difesa collettiva e pacifica della gente che vive del proprio lavoro, e che ora - ciascuno abbandonato a se stesso - sopravvive costretta ad accettare, si' o si', quello che gli imprenditori esigono: il doppio delle ore in cambio della meta' del salario. I sindacati, indeboliti, perseguitati, possono aiutare ben poco, e dio sembra essere impegnato in altre cose. Il presidente Bush ha bisogno di lui notte e giorno: il suo progetto di conquista del pianeta e' una missione divina, e dio guida ogni suo passo. Come comunicano? Via e-mail, via fax, per telefono o con la telepatia? Segreto di stato. * "Le armi le ricarica il diavolo". Questo modo di dire non si fraintende. Dio non puo' essere tanto fottuto. Dev'essere il diavolo che carica le armi, o almeno le armi di distruzione di massa, quelle vere, quelle che l'Iraq non aveva, le stesse che stanno distruggendo il mondo: i bombardamenti pieni di falsita' eseguiti dalle fabbriche dell'opinione pubblica; le armi chimiche della societa' del consumo, che rendono folle il clima e imputridiscono l'aria; i gas velenosi delle fabbriche della paura, che ci obbligano ad accettare l'inaccettabile e trasformano l'indegnita' in fatalita' del destino; la letale impunita' dei serial killer elevata alla categoria dei capi di stato; e l'arma a doppio taglio delle grandi potenze che moltiplicano, ogni volta, poverta' e discorsi contro la poverta', che nello stesso tempo vendono mine antiuomo e gambe di legno e che gettano missili dal cielo e contratti di ricostruzione sugli stessi paesi che annientano. 2. RIFLESSIONE. BRUNETTO SALVARANI: LA FONDANTE DIMENSIONE DIALOGICA [Ringraziamo Brunetto Salvarani (per contatti: brunetto at carpinet.biz) per averci messo a disposizione questo suo articolo apparso sul quotidiano "Avvenire" del 14 luglio 2005. Brunetto Salvarani, teologo ed educatore, da tempo si occupa di dialogo ecumenico e interreligioso, avendo fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani "Qol"; ha diretto dal 1987 al 1995 il Centro studi religiosi della Fondazione San Carlo di Modena; saggista, scrittore e giornalista pubblicista, collabora con varie testate e fa parte del Comitato "Bibbia cultura scuola", che si propone di favorire la presenza del testo sacro alla tradizione ebraico-cristiana nel curriculum delle nostre istituzioni scolastiche; e' direttore della "Fondazione ex campo Fossoli", vicepresidente dell'Associazione italiana degli "Amici di Neve' Shalom - Waahat as-Salaam", il "villaggio della pace" fondato in Israele da padre Bruno Hussar; e' tra i promotori dell'appello per la giornata del dialogo cristiano-islamico. Ha pubblicato vari libri presso gli editori Morcelliana, Emi, Tempi di Fraternita', Marietti, Paoline] "Non esiste attenzione all'ecumenismo! Per molti, anzi, si parla gia' di un tempo postecumenico, mentre chi ne fa pratica ha la sensazione che il problema sia stato saltato di pari passo, senza passarvi attraverso: semmai l'ecumenismo deve ancora cominciare, non e' finito". La perentoria considerazione s'inseriva in un discorso che don Germano Pattaro, autorevole pioniere del dialogo nel nostro paese, tenne nel '73 a Modena, alla Fondazione S. Carlo: quando il Concilio era chiuso da poco e molti cattolici vivevano l'attesa un po' ingenua di una palingenesi prossima ventura. Egli vi tracciava un panorama coraggiosamente in chiaroscuro, a fronte di tanti profeti dell'ottimismo teologico a basso prezzo, elencando le cause di quella situazione oggettivamente complessa: dalla leggerezza di chi coglieva nella prospettiva del dialogo (ecumenico e interreligioso) solo un argomento suggestivo, a' la page, alla visione appiattita sulle operazioni di vertice, al suo venir percepito come lusso per la pastorale, incalzato dai casi ritenuti seri.. Il fatto e' che, ripeteva, manca il coraggio di annunciare il messaggio per cui, per i credenti nel Dio unico, alla base della convivialita' interreligiosa autentica risiede la continua conversione del cuore. Sottoscriverei in toto. Credo anzi che le parole di Pattaro restino preziose per il percorso accidentato del dialogo cristianoislamico, considerato come segno, per quanto contraddittorio, di speranza per il futuro. Perche' sarebbe sbagliato e ingeneroso se il pesante clima politico odierno, l'intransigenza generalizzata quanto pervasiva e le paure diffuse - in ulteriore aumento dopo gli attentati londinesi - ci facessero dimenticare che tra cristianesimo e islam non si danno solo diffidenze o conflitti potenziali, ma pure (gia' oggi) esperienze d'apertura e fiducia reciproca: le buone pratiche in tal senso, fortunatamente, non mancano. Nulla, fra l'altro, puo' cancellare un dato di fatto, il carattere di pluralismo religioso che assimila l'Italia alle grandi nazioni europee. Nel nostro mosaico di fedi l'islam, piaccia o no, la fa da padrone, com'e' facile costatare dalla proliferazione mediatica di notizie - per lo piu' di colore, cronaca nera e politica internazionale - sui musulmani. Una concentrazione d'informazioni vistosa nel "dopo 11 settembre", che, con tali modalita', non fa bene a nessuno: in primo luogo all'islam stesso. Tanto che da qualche tempo, nei meeting cristianoislamici, vado sostenendo la tesi (solo all'apparenza paradossale) che sarebbe buona cosa de-islamizzare il dialogo interreligioso, nel senso di non concentrarlo esclusivamente sul mondo musulmano, operando affinche' anche gli altri attori del mosaico citato entrino nel gioco a pieno titolo. Con la propria specifica esperienza, la propria storia peculiare. A una considerazione simile giunge il filosofo algerino da tempo a Parigi Mohammed Arkoun, quando, invitando a rileggere criticamente i grandi codici religiosi per sottrarli alla sclerosi cui li hanno ridotti i guardiani dell'ortodossia, aggiunge: "In questa prospettiva e' necessario analizzare e studiare contemporaneamente le diverse religioni, uscendo dal proprio orizzonte ristretto. Non ha senso parlare solo di islamismo o di cristianesimo senza domandarsi quello che succede nelle altre fedi". Soprattutto in questi anni, la parola dialogo si rivela sovente piu' aspirazione che realta', ed e' usata in maniera prematura, retorica o banale. Per questo risulterebbe forse piu' onesto limitarci a parlare di incontri o di rapporti interreligiosi, o ancora, come la teologia piu' avvertita, di conversazioni tra religioni. Del resto, in molti documenti vaticani - come la Nostra Aetate e l'enciclica del dialogo per eccellenza, l'Ecclesiam Suam di Paolo VI - il termine dialogo traduce il latino colloquium, che evoca una dimensione piu' onestamente dimessa e quotidiana. Emerge infatti sempre piu' spesso come la fondante dimensione dialogica si mostri quella personale, privata, incisivamente concreta, quale quella vissuta da quanti hanno a che fare, direttamente e non superficialmente, con immigrati di altre fedi. "Vita dialogica - scriveva Martin Buber - non e' quella in cui si ha a che fare con molti uomini, ma quella in cui si ha davvero a che fare con gli uomini con cui si ha a che fare". 3. RIFLESSIONE. HAMZA ROBERTO PICCARDO: NOI MUSULMANI IMPEGNATI CONTRO OGNI TERRORISMO, PER LA PACE, LA GIUSTIZIA, LA SICUREZZA IN EUROPA E NEL MONDO [Attraverso Franco Borghi (per contatti: franco.borghi at fbitc.it) riceviamo e diffondiamo questo intervento. Hamza Roberto Piccardo (per contatti: hamza.p at uno.it), gia' segretario nazionale dell'Ucoii (Unione delle comunita' e organizzazioni islamiche in Italia), e' portavoce dell'European muslim network; ha curato per la casa editrice Newton Compton una delle piu' diffuse versioni italiane del Corano] Cari firmaari e care firmatarie della lettera di solidarieta' ai musulmani e alle musulmane d'Italia, quando e' giunta la notizia di quel che era avvenuto a Londra, molti di noi sono andati mentalmente ad un versetto della sura Al Maida che recita: "Gareggiano nel seminare disordine sulla terra, ma Allah non ama i corruttori". Ci e' parso subito evidente che questo crimine si collocasse con assoluta consequenzialita' in un contesto di allargamento di un conflitto voluto e programmato per annientare un antagonista ritenuto troppo ricco rispetto alla sua debolezza politico-militare e quindi facilmente depredabile. Che nelle more di questo progetto ci fosse la vita di centinaia di migliaia d'innocenti non deve essere sembrato qualcosa che suggerisse un ripensamento, un cambio di strategia. Stanno gareggiando in terrore, gli aggressori e quelli che vogliono apparire come il braccio armato degli aggrediti, che' i loro governi son complici dell'aggressione o del tutto asserviti, corrotti, inetti. Cari e care, in fondo la guerra non e' altro che una gara a chi semina piu' disordine e distruzione, piu' terrore e piu' morte. E alla fine non vince nessuno di quelli che ne sono stati attori, ma bisogna pur cessarla e ricostruire quello che puo' essere distrutto un'altra volta e rimpiazzare i caduti, e confortare i superstiti e dire mai piu'... e poi ricominciare... Ci siamo tutti in mezzo a questa guerra, noi e voi, e quanto mi pesa questa divisione, che' quasi tutti noi ci sentiamo di questo paese come voi. Sono nostri morti quelli di Madrid, Londra, New York , Beslan, come sappiamo che sentite essere vostri quelli di Falluja, Grozny, della Palestina e dell'Afghanistan. Ci provammo anni orsono a fermare questo scempio: allora i balconi d'Italia fiorirono dei colori della pace e decine di milioni di persone in Europa e in tutto l'Occidente marciarono per dire no alla guerra. Avvenne in quel contesto qualcosa di grande, per la prima volta una comunita' di immigrati che si era tenuta per lo piu' al margine dei grandi fenomeni politici, si era finalmente sentita parte della maggioranza. Di quella maggioranza ampia ed eterogenea che oggi le vostre firme riproducono, di quegli uomini e donne di buona volonta' che dicevano no alla guerra e al terrore, nettamente senza distinguo. Da Giovanni Paolo II ai Disobbedienti, tutti insieme appassionatamente... tutti insieme sconfitti. Poi il riflusso e l'arretramento del movimento di massa ha lasciato il campo libero agli equilibrismi politici di chi ha paura del marchio d'irriducibilita', che mette fuori dal gioco, che emargina, che esclude dall'alternanza. Ora, dopo anni di guerra atroce e sporchissima, anni in cui Falluja e Guantanamo sono diventati i nuovi simboli della vergogna dell'Occidente e gli attentati di Madrid e di Londra hanno chiarito definitivamente che il riscatto del mondo islamico non puo' passare per l'emulazione della ferocia, siamo tutti un po' meno liberi e un po' meno sicuri. Mentre il mostro mai sopito del razzismo e dell'intolleranza religiosa riprende fiato, e ad altissimi livelli si dice che gli attentati di Londra sono un attacco contro la cristianita', dobbiamo prepararci a fronteggiare il peggio e a lavorare per il meglio. Nonostante la stanca estiva siamo gia' in una campagna elettorale che qualcuno pensa non potersi permettere di perdere e che altri cominciano a dubitare di poter vincere. Non e' certo questo il clima migliore per un rasserenamento politico e un'azione di prevenzione e di repressione del terrorismo in Italia. Quando il referente non e' solo la legge, ma diventa sempre di piu' un'opinione pubblica irresponsabilmente aizzata dai media, si lascia ampio spazio a derive neoautoritarie poliziesche e giustizialiste nel corso delle quali perderemo un altro po' di liberta' e difficilmente diventeremo piu' sicuri. Nel documento che ho scritto in qualita' di portavoce dell'European muslim network (Emn) dicevo che: "E' necessario interrompere una spirale di violenza cieca e sanguinaria con un'azione coesa e coerente di tutti coloro i quali hanno a cuore la pace e il benessere dell'umanita', a Londra come a Baghdad, a Madrid come a Kabul, a Roma come a Gaza, a Mosca come a Grozny. Gli uomini e le donne di questa Europa che stenta a ritrovare nelle sue istituzioni e nelle sue forze politiche l'espressione della sua grande cultura, della sua grande umanita', devono fare oggi uno sforzo immane e irrinunciabile, devono attivare in tutto il continente azioni di pace e di responsabilizzazione mediante forme di mobilitazione permanente e di strenua vigilanza, affinche' fallisca il progetto di chi prospera sull'odio e sulla guerra, affinche' venga respinta e ripudiata sul nascere ogni volonta' di assurda vendetta, di nuova reiterata aggressione. Una particolare responsabilita' incombe a noi musulmani e musulmane d'Europa (e d'Occidente), quella di sfuggire all'appiattimento, alla paura, all'isolamento. E' necessario invece assumersi in pieno il ruolo di testimoni della nostra religione portatrice di pace e di giustizia, con coerenza, e con una coesione infracomunitaria che dara' la misura del nostro impegno e della nostra sincerita'". Per quanto ci riguarda questa e' la nostra priorita' assoluta, consultiamoci e decidiamo insieme forme e momenti di lotta e di testimonianza per la pace e la sicurezza in Europa e nel mondo. 4. APPELLI. ABOLIRE I CPT, RIPRISTINARE LO STATO DI DIRITTO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 luglio 2005 riprendiamo il seguente appello, uno dei tanti appelli e delle molte iniziative che da piu' parti sono stati promossi per chiedere l'abolizione dei Centri di permanenza temporanea (in sigla: Cpt), campi di concentramento che violano flagrantemente la legalita' costituzionale, i principi dello stato di diritto, la democrazia formale e sostanziale, i diritti umani] Chiudere la lunga stagione del "diritto speciale" dei migranti, che sta alla base della detenzione degli stranieri nei Centri di permanenza temporanea, e' non solo necessario ma anche possibile. Quel "diritto speciale" non ha altro scopo se non quello di espellere lo straniero attraverso misure amministrative e penali non coerenti con i principi della Costituzione. Il trattenimento nei Cpt rappresenta una manifestazione di coercizione della liberta' personale che risulta sproporzionata rispetto al provvedimento di espulsione cui e' finalizzata. Al migrante, insomma, non vengono assicurate neanche le benche' minime garanzie giurisdizionali. Chediamo dunque di chiudere i Cpt - insieme alla stagione del "diritto speciale" - per riaffermare i principi dello stato di diritto, visto che l'immigrazione e' il vero banco di prova delle democrazie contemporanee che non devono rinunciare alla promessa di garantire la sacralita' delle persone, di tutte le persone. * Primi firmatari: Andrea Accardi (Medici senza frontiere), Paolo Beni (Arci), Franco Ippolito (Magistratura democratica), Piero Soldini (Cgil), Lorenzo Trucco (Associazione studi giuridici sull'immigrazione). 5. RIFLESSIONE. EVE ENSLER: UNA LETTERA ALL'AMERICA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione questo testo di Eve Ensler del primo luglio 2005. Eve Ensler, drammaturga, poetessa, sceneggiatrice e regista, docente universitaria, attivista per i diritti delle donne, fondatrice e direttrice artistica di "V-Day", movimento globale che combatte la violenza alle donne e alle bambine, vive a New York. Tra le opere di Eve Ensler: I monologhi della vagina, Marco Tropea Editore, Milano 2000; Il corpo giusto, Marco Tropea Editore, Milano 2005. Come e' noto I monologhi della vagina ha ricevuto nel 1997 il prestigioso Obie Award, ed e' stato portato in scena con grande successo a Broadway (con star come Susan Sarandon, Glenn Close, Melanie Griffith e Winona Ryder), a Londra (con Kate Winslet e Cate Blanchett) e in diverse altre citta' europee] Questa lettera e' stata scritta immediatamente dopo la conclusione dei lavori del "Tribunale mondiale sull'Iraq", ad Istanbul, dove ho fatto parte assieme ad altre 13 persone di una giuria la cui presidente era Arundhati Roy. Il Tribunale ha ascoltato per tre giorni testimonianze su varie istanze relative alla guerra in Iraq, come la legalita' della guerra stessa, il ruolo dell'Onu, i crimini di guerra ed il ruolo dei media, la distruzione dei siti culturali e dell'ambiente. La sessione di Istanbul era il punto culminante del lavoro di numerose commissioni di investigazione e ascolto che si sono tenute in tutto il mondo negli ultimi due anni. * Cara America, mi struggo dal desiderio di raggiungerti, di attraversare questo fiume di indifferenza, di consumazione, di diniego. Sto cercando di trovarti, brancolando attraverso le disperate limitazioni delle parole e delle descrizioni, nuotando attraverso la retorica del terrore e di Dio. Ho bisogno che tu ti desti. La casa e' in fiamme e tu stai ancora dormendo, cullata dall'intossicazione del fumo e degli specchi. Ho bisogno che tu ti svegli, e so che scuotendoti e spaventandoti otterrei solo di farti aggrappare piu' strettamente al tuo sonno. E allora, in che modo ti diro' cosa sta accadendo? Come ti parlero' dei 100.000 morti iracheni del cui omicidio tu ed io siamo responsabili (1)? Ognuno di essi dava valore alla propria vita, aspettava il mattino, si godeva la prima tazza di latte, o di caffe' o di te'. In che modo raccontero' cio' che ho imparato? La sostanza, identica al napalm illegale, che ha sciolto la tenera pelle di un bimbo di cinque anni; le bombe a grappolo che hanno lasciato dietro di se' una prole assassina nascosta, un cumulo di bombe piu' piccole pronte ad esplodere, disperse su tutta la terra irachena; l'uranio impoverito che noi abbiamo lanciato, e che ora vive nei polmoni, nei fegati e nel suolo (2). Come ti raccontero' della pianificazione strategica di tali atrocita' negli uffici, nei corridoi di palazzo, nei sedili di dietro delle limousine, lo scempio e il saccheggio organizzato dell'Iraq tramite il terrore, la fame e la sete imposte al popolo iracheno (3)? Come posso convincerti ad ascoltare le storie dei nostri soldati, che ora stanno cercando di uccidere se stessi, nel tentativo di fuggire la follia degli omicidi e delle mutilazioni senza ragione (4)? Per favore, non tornare a dormire. So quanto e' duro udire di questi enormi buchi neri chiamati prigioni, dove teniamo migliaia di persone senza accuse specifiche, senza processo, e udire delle torture, delle bassezze, delle crudelta' che infliggiamo a costoro (5). America, coloro che ora controllano il nostro paese sono cambiati, hanno messo fine alla legge. Non credo che tu abbia la pelle cosi' dura o che tu sia cosi' egoista da non avere interesse in questo. Il tuo sonno e' indotto. Sei distratta e depistata. Le corporazioni economiche hanno inventato e perfezionato queste pozioni sonnifere per anni, sviluppando ingredienti che hanno fatto in modo tu disprezzassi ogni piu' piccola parte di te, per farti sentire brutta, grassa, stupida, povera e non abbastanza importante. E cosi' tu spendi il tuo tempo e ogni centesimo del denaro che neppure hai per comprare prodotti che ti faranno sentire meglio, piu' magra, piu' leggera, piu' bianca, piu' elastica. E consumi e consumi, mentre le corporazioni consumano te. Si prendono i tuoi soldi, il tuo tempo, e la tua voce, e i tuoi istinti, e la tua indignazione, e la tua tristezza, e la tua rabbia, e il tuo dolore. Consumano il tuo coraggio e ti lasciano al suo posto solo paura. Divorano la tua coscienza, la tua memoria, la tua compassione. E come parlero', quando loro sono sicuri di potermi legare la lingua? Quando diranno che non amo il mio paese, non sostengo le truppe, non onoro i morti e non credo in Dio? Come mi faro' strada, America, in questo avvilupparsi sigillato, nella tua ossessione per te stessa, nel guscio fatto da tv, cuffiette, dvd, cellulare? America, sto diventando disperata, e so che questo non mi fara' pubblicare o udire. Coloro che controllano l'informazione diranno che sono estrema, che sto impazzendo. Ma io ho sentito le grida dei bambini nelle case di Falluja che esplodevano (6). Ho visto i volti in agonia delle donne irachene insonni, che si tenevano stretti i resti carbonizzati dei loro bimbi fra le braccia. Ho visto che noi, come nazione, siamo sempre piu' isolati, disprezzati e soli. America, non c'e' piu' molto tempo. Il fuoco si spande, e consuma il mondo. Noi siamo i piromani. Avremo bisogno l'uno dell'altro per trovare una via d'uscita fra le menzogne e la nebbia. Ci vorranno la nostra piu' grande immaginazione, il nostro piu' grande coraggio, la nostra piu' grande abilita' per spegnere queste fiamme. * Note 1. Iraq death toll soared "post war", 100.000 Iraqis dead (Lancet survey), http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/3962969.stm 2. USA admits to use of napalm, www.globalsecurity.org/org/news/2003/030810-napalm-iraq01.htm ; Irregular Weapons Used Against Iraq, www.globalpolicy.org/security/issues/iraq/attack/consequences/ ; Who studies depleted uranium in Iraq, http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/middle_east/1506151.stm 3. Rumsfeld, Amnesty trade barbs over prisoner abuse, www.worldtribunal.org/main/ 4. Army probes soldier suicides, www.usatoday.com/news/nation/2003-10-13-army-suicides-usat_x.htm ; Military Families Against the war, www.mfso.org 5. Systematic Use of Psychological Torture by US Forces, www.worldtribunal.org/main/ 6. This Is Our Guernica, www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,1471011,00.html 6. APPELLI. IL TEMPO E' SCADUTO [Da Silvia Marcuz (per contatti: donkisciotte78 at libero.it) riceviamo e diffondiamo il seguente apprezzabile appello sottoscritto da alcune egregie personalita' dell'impegno per la pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani. Ma un appello, vogliamo pur dirlo, ad un tempo generoso e inadeguato, sintomatico nel suo slancio e nelle sue ingenuita' di esigenze condivise e di confusioni e subalternita' rispetto a cui non e' piu' rinviabile una rottura per uscire da una condizione che ha fatto si' che il movimento che si oppone alla guerra e all'ingiustizia nel corso degli anni sempre piu' si e' adattato a fare proclami quanto piu' roboanti tanto piu' ininfluenti, a ritagliarsi un suo ghetto, a lasciarsi ridurre a complice per introiettata sudditanza, mentre la catastrofe dell'umanita' sempre piu' s'approssima. Finche' non si fa il passo della scelta della nonviolenza, finche' questo passo non si coglie, si enuncia, si tematizza nella sua portata teoretica e pratica, nel suo essere cardine di un'azione di trasformazione autentica, interiore e sociale, una rottura epistemologica e un'azione politica in senso pieno e forte, si resta asserviti al sistema di potere: ogni appello che non dichiari e proponga nitida e intransigente la scelta della nonviolenza, dell'azione nonviolenta, della rivoluzione nonviolenta, ahime', e' poco piu' che chiacchiera (severino vardacampi)] Il tempo e' scaduto. Chiamata a una svolta per le persone e le comunita' critiche in movimento. C'e' un tesoro in Italia che abbiamo costruito noi, noi che siamo le comunita' critiche e le persone che da tempo hanno deciso che il mondo puo' e deve essere migliore. Lo abbiamo messo assieme in anni di lavoro, e alcuni suoi frutti sono visibili a diecimila chilometri da qui, come a poca distanza dalle nostre case. Questo c'e'. Ma l'evidenza dell'impatto globale di tanto lavoro non e' quella che speravamo. Infatti le cose non sono meglio, non al Sud, non al Nord, non per la pace, non per la legalita' e per la democrazia, ne' per i lavoratori, ne' per gli Immigrati, ne' per gli escl usi, ne' per l'ambiente, non per l'informazione, non per la salute, non per il nostro futuro. Piccoli grandi miracoli li abbiamo fatti, ma nella sostanza il risultato e' questo, facciamocene carico per la parte che ci compete. Questo significa solo che il nostro tesoro va certamente valorizzato, ma pensato pero' come primo mattone cui far seguire ben di piu'. E allora la chiamata va a noi tutti, per fermare la nostra macchina, aggregarci, e: - ripartire con una differenza: nuovi metodi, da inventare assieme; - marciare con una differenza: coesione, oltre gli individualismi che ci annullano; - esserci con una differenza: risultati tangibili. Non abbiamo alternative, il tempo e' scaduto. * Se siamo d'accordo su: 1. Il primato degli interessi di tutti gli esseri viventi sulle priorita' economiche di crescita ed espansione; 2. Il ripudio della guerra, come sancito dall'articolo 11 della Costituzione italiana, ma anche la necessaria condivisione e presa in carico dei costi di un mondo non belligerante; 3. Il riequilibrio della sperequazione Nord-Sud non solo come dovere morale, ma anche come interesse dei Paesi ricchi, e la condivisione e presa in carico dei costi di tale riequilibrio; 4. La difesa della Costituzione italiana nella sua interezza come ci fu consegnata dai padri costituenti, perche' oggi e' evidente il rischio di un suo svuotamento e di una sua applicazione su basi selettive. A rischio e' la nostra stessa democrazia; 5. La consapevolezza che la resa della sovranita' nazionale a istituzioni sovranazionali e' una tendenza portatrice di una duplice realta'. Da una parte progresso, dall'altra possibili grandi pericoli per gli interessi fondamentali del cittadino. Oltre ai casi dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e del Fondo Monetario Internazionale, si sottolinea il piu' sottaciuto caso dell'Unione Europea; 6. La difesa della legalita' nazionale e internazionale contro tutte le mafie. Nel nostro Paese il sistema mafia non e' un fatto di carattere regionale, bensi' di costume diffuso e ormai fuori controllo; 7. La consapevolezza che lungo tutta la storia umana la prosperita' delle culture e delle economie e' sempre dipesa dalla libera circolazione degli individui, indipendentemente dalla loro religione, nazionalita' o stato sociale, e non solo dalla libera circolazione delle merci; 8. Il diritto a una informazione pubblica libera e non vincolata al rendimento di capitali; 9. La ferma convinzione che la pubblica istruzione, la pubblica sanita', e lo Stato sociale vanno mantenuti ad un elevato livello, e che i beni comuni, come l'acqua, sono imprescindibili. Il diritto al lavoro stabile (art. 1 e 4 della Costituzione italiana) viene ribadito come inalienabile, mentre la flessibilita' va concepita solo come scelta opzionale del cittadino, e mai come sua unica alternativa. La convinzione che le economie private possono fiorire solo all'interno di un saldo sistema economico pubblico; 10. La consapevolezza che ciascuno di noi, in quanto cittadini delle societa' ricche, ha avuto e continua ad avere una parte di responsabilita' nello squilibrio del mondo, e che percio' l'atto del cambiamento spetti a noi per primi, oltre che ai potenti; 11. Siamo un soggetto politico, facciamo cioe' politica nel rapporto diretto con i cittadini del mondo. Nei confronti dei partiti politici dell'arco istituzionale, il nostro ruolo e' quello di sorveglianti e ideatori di proposte, ma non ci sara' commistione con essi, bensi' collaborazione sempre con una chiara separazione di ruoli; ... ci chiamiamo a raccolta. * Vi chiediamo di incontrarci per trovare una coesione a partire da questi spunti, e per rivedere i metodi con cui cercheremo il consenso per un cambiamento reale. Vitale e' comprendere che e' sui quei metodi che ci qualificheremo come rilevanti o, al contrario, irrilevanti ai fini di un cambiamento. La loro efficacia determinera' il consenso delle opinioni pubbliche pro o contro le aspirazioni per un mondo piu' equo, in altre parole: tutto. Sui metodi alcuni suggerimenti essenziali: 1. La conoscenza dei chi, come, cosa degli Altri, e cioe' chi erano, come hanno fatto e cosa sono diventati coloro che in pochi anni hanno quasi totalmente smantellato il mondo figlio di cento anni di lotte dal basso. Vi sono, qui, lezioni essenziali. 2. La comprensione dei milioni di elettori-consumatori che danno vari gradi di consenso agli Altri, capire cosa li muove, o cosa gli impedisce di attivarsi per tutelare se stessi nonostante il disagio crescente. 3. La necessita' di trovare una grande responsabilita' e coesione fra noi, perche' l'individualismo e l'incostanza sono sinonimo di sicuro fallimento per chi si e' preso il compito di stimolare un contro-pensiero in milioni di elettori-consumatori gia' tremendamente fidelizzati a un'esistenza commerciale. 4. Il coraggio di adottare anche metodi che si discostano da quelli che abbiamo sempre praticato. Il lavoro va fatto dal basso verso il basso e dal basso verso l'alto: tra noi e la gente, e da noi ai politici, alle classi dirigenziali. Questo vale anche per i potenziali finanziatori/sostenitori delle nostre campagne. 5. L'assoluta necessita' di saper parlare a tutti e di sapersi far ascoltare da tutti, da sinistra a destra, a favore di chi e' apatico, sfiduciato, arrabbiato, impaurito, qualunquista ecc. Il loro consenso puo' cambiare il mondo. La svolta e' a portata di mano. Cogliamola. * Primi firmatari: Alex Zanotelli, Gino Strada, Gianni Rinaldini, Luigi Ciotti e altri amici. 7. LIBRI. ROSETTA STELLA PRESENTA "DONNE E CHIESA TRA MISTICA E ISTITUZIONI" DI ROMANA GUARNIERI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 luglio 2005. Rosetta Stella, saggista e studiosa del pensiero della differenza sessuale incrociato alle forme di spiritualita' cristiana, e' stata docente presso il Centro culturale "Virginia Woolf" di Roma, ha contribuito alla fondazione della rivista "Via Dogana" di Milano, fa parte dell'esperienza di "Balena", ha collaborato e collabora con diverse riviste. Tra le opere di Rosetta Stella: Sul Magnificat, Marietti, Genova 2001; D'un tratto. Del tutto. Una femminista alle prese con Dio, Marietti, Genova 2002. Romana Guarnieri, discepola di don Giuseppe De Luca, e' stata una delle massime studiose italiane di storia della pieta' e della mistica medievale. Nata a L'Aia, in Olanda, nel 1913, si trasferi' a Roma nel 1925 e qui si laureo' in lingua e letteratura tedesca. Nel 1938 conobbe don Giuseppe e sotto la sua direzione si dedico' alla ricerca storico-filologica. Dopo il 1940 collaboro' alla fondazione delle Edizioni di storia e letteratura, dedicandosi in particolare all'"Archivio italiano per la storia della pieta'", di cui assunse la direzione alla morte di don De Luca. Fu autrice di numerosi saggi sul "Movimento del Libero Spirito" e sulle protagoniste della mistica femminile. E' scomparsa nel dicembre 2004. Opere di Romana Guarnieri: e' in corso di pubblicazione presso le Edizioni di Storia e Letteratura una raccolta in quattro volumi dell'intera opera scientifica di Romana Guanieri; e' gia' stato pubblicato il primo volume, Donne e Chiesa tra mistica e istituzioni (secoli XIII -XV), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2004] Mistica e' una parola che ha fatto e fa discutere in ambito religioso e non solo, e che si puo' prevedere diventera' parola corrente nei dibattiti intorno alla religione e ai rapporti di questa con la laicita' e i suoi intellettuali. La si usera' a proposito o a sproposito, ma servira' per descrivere tutto quanto dell'esperienza religiosa esula dal consueto codice di riconoscimento e di controllo. Vale la pena allora di segnalare un libro non di facile lettura, ma necessario per chi volesse attrezzarsi. Si tratta di Donne e Chiesa tra mistica e istituzioni (secoli XIII -XV), edito dalle Edizioni di Storia e Letteratura (2004), primo di una serie di quattro volumi (i prossimi sono in via di pubblicazione) che raccoglieranno finalmente tutta l'opera scientifica di Romana Guarnieri purtroppo scomparsa ormai sei mesi fa. Grande studiosa del fenomeno socio-religioso in genere, qui appunta la sua attenzione su quanto esso sia andato sviluppandosi in tutta l'Europa cristiana a partire dal 1100 fino al Concilio di Trento. * Si tratto' di secoli tormentati, attraversati da movimenti altamente radicali - albigesi, valdesi, fratelli e sorelle del libero spirito, gioachimiti, ecc. - tutti in vario modo disgustati dalla Chiesa ufficiale del momento, spudoratamente interessata e senza scrupolo, dalla sete di denaro e di potere. E tutti pervasi da un bisogno di cristianesimo piu' alla lettera evangelico, semplice, casto, libero e povero. Essi vedevano fiorire al loro interno una presenza in gran numero di donne, che cercavano e spesso la' trovavano, un modo congruo di fuoriuscire da una condizione avvilente della propria dignita' di esseri umani liberi e pensanti. Donne spesso di alto rango, literatae, teologhe, scrittrici e poete, che andavano esprimendo tali qualita' senza nascondersi in cure da dilettanti, ma con ruoli riconosciuti e gran rispetto di seguito. Non piu' badesse, essendo concluso il periodo delle grandi "badesse mitrate", esse si sottraevano alla condizione sociale del loro tempo di spose coatte o monache forzate, attraverso una libera scelta di vita laica ma religiosa interiormente, nei costumi e nelle "virtu'", mantenendosi in un rapporto complesso e difficile con le autorita' e con gli ordini monastici riconosciuti da Roma. Tutta l'Europa fu attraversata dallo scoppio dei cosiddetti Ordini Mendicanti, altamente rivoluzionari e molto pervasivi. In essi prolificavano esperienze religiose di stampo mistico di estremo interesse, non governabili da nessun codice e, per propria natura si potrebbe dire, sottratte a giudizi di ortodossia regolare, nonostante per quasi tutte i tribunali ecclesiastici non risparmiarono indagini e condanne. Di esse, molte donne furono depositarie privilegiate e maestre. Conducevano una vita schiva, dedita prevalentemente agli studi e a opere di misericordia non ostentate verso gli ultimi. Mostravano liberta' in presa di coscienza di se stesse, autorevolezza e spesso autorita' esercitata verso discepolati espliciti, autentico amor di Dio e dedizione a cio' che costituiva il nerbo portante della loro esistenza e cioe' il manifestare fedelta' alla Verita', praticabile nella vita terrena, di un rapporto privilegiato e in presa diretta, senza necessita' di mediazioni clericali e maschili, col Dio/Amore. Le "Amiche di Dio", come le ha chiamate Luisa Muraro in suo libro, prendevano vari nomi sul territorio europeo: beghine nei Paesi Bassi per esempio, o bizzoche nell'Italia centrale, papelarde o santerelle o monacelle... tutte precorritrici, come fa notare Guarnieri, delle ottocentesche congregazioni a vita mista, una volta che tali nomi hanno assunto i significati di disprezzo che, per opera occulta della propaganda clericale, sono andati diffondendosi nelle dicerie popolari. Al contrario, all'epoca, essi qualificavano persone di sesso femminile, del tutto speciali, al servizio della cultura in presa diretta sulle Sacre Scritture. Persone che si misuravano, assolvendo cosi' ad un compito spirituale, nella esegesi e nello studio, intesi entrambi come strumenti ineludibili di santificazione personale e di salvezza propria e di chi accorreva ad ascoltarle. In forma, diciamo cosi', semireligiosa, esse davano vita e consistenza ad esperienze del tutto nuove all'interno della Chiesa, difficilmente accettabili dal potere ecclesiastico centrale, ma che trovavano eco e risonanza vistosa nelle comunita' di popolo ampiamente inteso (frequenti i discepolati di carattere aristocratico e colto). Vere e proprie animatrici, spesso, di cenacoli culturali e di pratica alternativa e critica nei confronti delle pratiche consuete di stampo devoto tradizionale, accoglievano al loro "desco" chiunque, gente umile e persone acculturate, cattedratici e persino, a volte, uomini con responsabilita' di governo di citta' e nazioni. Ma soprattutto erano ascoltate e seguite da altre donne, con le quali stabilivano rapporti speciali di confidenza e amicizia feconda, oltre che di magistrale scambio di risorse d'amore e di saperi. * Romana Guarnieri, storica di professione, dal titolo guadagnato prevalentemente sul campo, le ha sapute scovare - la grandissima Margherita Porete, autrice dello splendido Specchio delle anime semplici, l'ha proprio letteralmente scoperta lei - riconoscere, studiare e amare con perspicacia particolare, avendo seguito ella stessa, una vocazione simile alla loro, per esistenza vissuta alla loro maniera e per altrettanto spirito di innovazione che non si risparmiava di esercitare nei confronti della Chiesa cattolica di oggi. Amava proprio definirsi cosi' a chi aveva la fortuna di godere delle sue calde e grate conversazioni e lo ha anche scritto in un suo altro fortunato libro: "per chi non lo sapesse sono una Beghina, - ha esordito di sorpresa - una di quelle che otto-nove secoli fa diedero tanto da fare a vescovi ed inquisitori, chi le voleva sante, chi demoni scatenati...". 8. LUTTI. MARGUERITE SAND RICORDA CLAUDE SIMON [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 luglio 2005. Marguerite Sand si occupa di letteratura e arte. Claude Simon (1913-2005), scrittore francese, resistente, tra le figure di maggior rilievo dell'esperenza del "nouveau roman", premio Nobel per la letteratura nel 1985. Tra le opere di Claude Simon: La strada delle Fiandre (1960), Il palace (1962), Storia (1967), La battaglia di Farsalo (1969), Trittico (1973), tutte tradotte presso Einaudi] Dopo una vita dedicata alla letteratura - aveva ottenuto il Nobel nell'85 - alla pittura e alla fotografia, Claude Simon e' morto ieri, all'eta' di novantadue anni. Era nato a Tananarive, nell'altopiano centrale del Madagascar, al tempo colonia francese, il 10 ottobre del 1913. Orfano di padre, riusci' comunque a completare la propria formazione in alcune delle principali universita' europee, tra cui Oxford e Cambridge, prima di subire il trauma profondo della guerra civile spagnola, a cui prese parte tra le fila dei repubblicani, e quello, ancor piu' lacerante, di una Europa che virava decisamente al nero. Fuggito dai nazisti, che lo avevano fatto prigioniero dopo la battaglia della Mosa, Simon si diede al maquis, entrando nella piu' straordinaria tra le fucine di talenti letterari che il '900 ricordi: la resistenza francese. Fu li' che conobbe Robbe-Grillet, Marguerite Duras, Robert Antelme, Rene' Char e molti altri tra coloro che sarebbero stati - nel bene e nel male - suoi compagni di viaggio e di lotta. Sul piano letterario, come molti autori della sua generazione, Simon comincio' presto a confrontarsi con la crisi e l'impasse del romanzo tradizionale. Benche' avesse alle spalle gia' quattro volumi - Le Tricheur, La Corde raide, Gulliver e Le Sacre du printemps - la notorieta' arrivo' per lui solo nel 1957, dopo la pubblicazione di Le vent. Tentative de restitution d'un retable baroque, uscito in concomitanza con La Jalousie di Robbe-Grillet e con La Modification di Butor. Il suo nome venne allora accostato al nouveau roman, di cui condivise fino alla fine il tentativo di demolizione di ogni storia artefatta, di ogni costruzione attorno o, peggio ancora, "dentro" il personaggio, di ogni intento pedagogico da basso idealismo; e quel diverso sentimento della realta' che non si risolve se non venendo ai ferri corti con la forma, il tempo e lo stile della narrazione. 9. LUTTI. MARIA ANTONIETTA SARACINO RICORDA ARTHUR MAIMANE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 luglio 2005 riportiamo un estratto del necrologio dello scrittore sudafricano scomparso a Londra. Maria Antonietta Saracino, anglista, insegna all'Universita' di Roma "La Sapienza"; si occupa di letterature anglofone di Africa, Caraibi, India e di multiculturalismo. Ha curato numerosi testi, tra cui Altri lati del mondo (Roma, 1994), ha tradotto e curato testi di Bessie Head (Sudafrica), Miriam Makeba (Sudafrica), la narrativa africana di Doris Lessing e Joseph Conrad, testi di Edward Said, di poeti africani contemporanei, di Aphra Behn; ha curato Africapoesia, all'interno del festival Romapoesia del 1999; ha pubblicato saggi sulle principali aree delle letterature post-coloniali anglofone, collabora regolarmente con le pagine culturali de "Il manifesto" e con i programmi culturali di Radio3. Arthur Maimane, giornalista e scrittore, e' nato nel 1932 in Sudafrica da genitori tswana e xhosa, entra ancora giovanissimo nella celebre rivista "Drum" di Johannesburg, di cui diventa vicedirettore; costretto all'esilio, lavora dapprima in altri stati africani ed infine, nel 1963, si trasferisce a Londra dove lavora per la radio e la televisione dedicandosi soprattutto al teatro; dopo la fine dell'apartheid torna a Johannesburg come redattore e corrispondente parlamentare del settimanale "The weekly mail"; e' deceduto nel 2005. Opere di Arthur Maimane: Vittime, Edizioni Lavoro, Roma 1992] Per chi si occupi di letteratura africana, e sudafricana in particolare, la figura di Arthur Maimane - morto a Londra dove viveva, avendo acquisito la cittadinanza inglese dopo una vita passata in esilio -, rappresenta una delle molte voci prestigiose e mai disposte al compromesso, che molto hanno contribuito con impegno politico e militanza intellettuale, alla costruzione del nuovo Sudafrica. Una intera generazione di intellettuali vissuti in esilio eppure costantemente legati al paese che avevano dovuto abbandonare, per la cui futura liberazione da lontano si prodigano per decenni. Nato nel 1932 in un sobborgo di Johannesburg da padre tswana e madre xhosa, Maimane sceglie la via del giornalismo letterario, affascinato dalla esperienza di "Drum", della cui redazione entra a far parte a 19 anni. Creata nel 1950 da Henry Xhumalo - assassinato nel '57 a 39 anni - "Drum" e' rivista letteraria, di confronto politico e riflessione sociale, che da' voce e spazio ad autori emergenti, non solo sudafricani. Intorno alle sue pagine si riuniscono scrittori come Lewis Nkosi, Ezekiel Mphahlele, Mzisi Kunene, all'epoca entusiasti giovani protagonisti di quello che e' passato alla storia sudafricana come il Rinascimento di Sophiatown, oggi "grandi vecchi" del nuovo parlamento di Mandela e Tabo Mbeki. Tra questi, per l'appunto Maimane. Ma la tensione politica si fa piu' incalzante, e come altri nel '58 Maimane va in esilio, in Ghana, da poco indipendente, sebbene anche li' la sua voce risulti scomoda; lasciato il Ghana per l'Inghilterra, nel '61 e' assunto - primo giornalista di colore - dalla Reuters e inviato in Tanzania. Poi di nuovo a Londra, dove produce documentari per la Bbc, scrive di Sudafrica e svolge militanza politica insieme ai tanti intellettuali in esilio. Accanto ad articoli, opere teatrali, racconti brevi, nel 1976 scrive il suo unico romanzo, Victims (Vittime, Edizioni Lavoro, Roma 1992), presto premiato e contemporaneamente messo al bando in Sudafrica... 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 993 del 16 luglio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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