La nonviolenza e' in cammino. 981



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 981 del 4 luglio 2005

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Il segreto delle casalinghe
2. Marina Forti: La lotta della comunita' di Sarayaco
3. Luisa Muraro: Per una politica a forma di serpente
4. Anna Corsi: Il voto di Carolina
5. Rosino Gibellini: Juergen Moltmann, una teologia per il regno di Dio. A
quarant'anni dalla "Teologia della speranza"
6. Con "Qualevita", la lezione di Leonardo Boff
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: IL SEGRETO DELLE CASALINGHE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice
dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di),
Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

Sulla costa occidentale del Madagascar vive la tribu' dei Sakalava,
teoricamente monarchica, leale ad una linea di sovrani di sesso maschile. La
devozione va pero' piu' ai sovrani morti che a quelli vivi, ed i desideri
dei reali defunti vengono a conoscenza della tribu' tramite le sciamane che
parlano con i loro spiriti. Le sciamane sono sempre donne anziane, di comune
condizione sociale. Ufficialmente, quindi, i Sakalava sono governati da
un'elite maschile, ma la voce ordinaria e concreta dell'autorita' e' quelle
delle donne anziane.
Anche i nostri governi occidentali sono composti, in larga maggioranza, da
elite maschili (e molti membri di tali gruppi privilegiati sembrano defunti
quanto i reali Sakalava e quando aprono bocca per mostrare di essere in vita
ci si augura subito che la richiudano). Anche noi veniamo incoraggiate e
incoraggiati a guardare in alto, ad una sola sorgente di potere, incarnata
nei membri dei governi.
Eppure la storia continua ad essere cambiata da persone che si suppone siano
prive di potere. Sono certa che le sciamane Sakalava sanno usare il
buonsenso, quando danno i loro responsi, oltre che la forza spirituale e la
tradizione. Vecchie, non nobili, donne. Non appare una posizione di potere,
e lo e'. Pensate alle casalinghe. Cosa c'e' di meno "potente", in apparenza,
di un ruolo del genere?
Kristen Breitweiser, Patty Casazza, Lorie Van Auken, e Mindy Kleinberg,
vedove di uomini che lavoravano nel World Trade Center durante l'attacco
dell'11 settembre, erano tutte casalinghe. Quando hanno cominciato a fare
ricerca e a fare domande ai loro rappresentanti politici, hanno forzato la
nascita della "Commissione 11/9". Le chiamano "Jersey Girls" ("Le ragazze
del Jersey") e sono diventate delle esperte di sicurezza nazionale e
terrorismo. Ad un anno dal crollo delle Torri una di esse ha relazionato al
Congresso sui risultati delle loro indagini. Sei mesi piu' tardi la
Commissione 11/9 ha emesso il proprio verdetto ufficiale, ovvero che non vi
erano legami di alcun genere tra Saddam Hussein ed Al Qaida, proprio come le
donne sostenevano. Nel frattempo, queste casalinghe hanno fatto campagne
contro la rielezione di Bush, e per la pace. Stanno ancora lavorando, non
hanno intenzione di smettere.
E forse avete sentito nominare Lois Gibbs; e' un'ecologista, oggi direttrice
del "Centro per la salute, l'ambiente e la giustizia" di New York, in cui si
aiutano le persone ad opporsi alle devastazioni ambientali ed alle
esposizioni ai tossici come la diossina. Era una casalinga, alla fine degli
anni '70, quando comincio' ad investigare sul perche' familiari e vicini di
casa si ammalassero cosi' facilmente e di frequente, e scopri' che
l'inquinamento del quartiere ne era la causa. Per lottare contro gli
inquinatori fondo' un'associazione nel vicinato nel 1978 e da allora ha
continuato a mettere in relazioni gruppi e persone, a premere per leggi
ambientali, a salvare vite umane.
O possiamo guardare alle casalinghe di Buenos Aires, alle Madri di Plaza de
Mayo, la piu' coraggiosa e visibile opposizione ad un regime terrificante,
che ha organizzato le donne in tutta l'Argentina ed ha portato nel paese le
associazioni internazionali per i diritti umani. Protestano ancora, in Plaza
de Mayo, ogni settimana. Le madri non possono pensare a chi hanno messo al
mondo ed appiccicarci l'etichetta "scomparso", "scomparsa": erano figli e
figlie, ed erano amati e amate. L'amore non si lascia cancellare cosi'
facilmente.
E diamo uno sguardo alle casalinghe del delta del Niger, che dal 1986 fino
alle clamorose occupazioni del 2002 hanno sempre sconfitto le compagnie
petrolifere.
*
Ci deve essere un segreto, qualcosa che ci e' rimasto nascosto, se non
impariamo nulla dalle lotte vincenti delle donne, e soprattutto delle donne
apparentemente piu' prive di potere che esistano.
Puo' essere che queste casalinghe si basino proprio sulle qualita' che
dovrebbero renderle irrilevanti, come la cura e la casa, e le usino come
attrezzi per smantellare il dominio? In fondo, la radice di "ecologista" e'
il termine greco "oikos", casa. Vedete, le casalinghe cominciano sempre con
cio' che amano. Poi tagliano diritto, attraverso le sabbie mobili dei "non
capite" e "non dovreste" e "non vi riguarda", e mettono in luce una cosa
molto semplice: che del male e' stato fatto, e che il male deve essere
fermato.
Bene, mi direte, ma si tratta di una faccenda abbastanza comune e nota,
chiunque si direbbe d'accordo, e poi e' semplicistico vederla cosi', non e'
vera politica.
Puo' darsi, il problema e' che la narrazione della lotta contro il "male",
cosi' come mi arriva, non e' quella descritta sopra.
Tipicamente si narra in film, libri e articoli della violazione personale
patita da un uomo, o da un gruppo di uomini (anche quando non e' vero:
ricordate, a giustificazione dell'intervento nell'ex Jugoslavia, il "gli
hanno violentato le mogli" di un noto politico di sinistra italiano?).
Singoli o in gruppo, gli uomini offesi imbracciano un fucile, reale o
simbolico, e partono per la vendetta. In nome di alti valori o della sete di
sangue non fa molta differenza; a costoro non interessa prevenire il male
futuro, interessa infliggerne altro per pareggiare i conti, per ristabilire
l'onore della tribu', per esistere come eroi. Questa e' la politica vera,
no?
Lei, la nostra casalinga che non fa vera politica, di solito fa un'altra
cosa. Non lotta per la vendetta, ma per stabilire dei diritti. Comincia da
cio' che le e' vicino per difendere il principio che chiunque dovrebbe
essere protetto dall'avidita' delle compagnie petrolifere o dalla diossina,
che chiunque dovrebbe avere un'istruzione e che chiunque dovrebbe sapere la
verita' su cio' che sta facendo il suo governo. Lei raccoglie altre persone
attorno a se', da' consapevolezza alla comunita', e la ricrea. Il suo lavoro
genera organizzazioni, legislazione, educazione, coscienza.
Lei racconta la saga dell'espansione, della connessione, della relazione.
Pensa la molteplicita', mentre l'eroe si erge isolato sul suo mucchio di
cadaveri (reali o simbolici). Ecco, come i Sakalava sono ufficialmente
governati da re, mentre le loro anziane dettano le leggi, cosi' noi siamo
ufficialmente "salvati" da eroi di ogni genere, ed il vero lavoro per la
cura e la salvezza del pianeta lo svolgono donne ufficialmente prive di
potere. Le quali, tra l'altro, si assumono spesso l'incarico di salvare
anche i cosiddetti eroi.

2. ESPERIENZE. MARINA FORTI: LA LOTTA DELLA COMUNITA' DI SARAYACO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 luglio 2005. Marina Forti, giornalista
particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti umani, del sud
del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano "Il manifesto"
sempre acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia globale e delle
lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per sopravvivere e far
sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di Marina Forti: La signora
di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo,
Feltrinelli, Milano 2004]

Sarayaco e' raggiungibile solo dal fiume, o dal cielo: la strada si ferma
parecchi chilometri piu' a ovest, a Canelos, sul limitare della regione
amazzonica dell'Ecuador. Piccola citta' (o sarebbe meglio dire grosso
villaggio) fluviale sul Rio Bobonaza, un affluente del Rio delle Amazzoni,
Sarayaco e' da tre anni al centro di una dura battaglia tra la comunita'
indigena locale e una compagnia petrolifera, la Cgc argentina ("Compania
general de Combustibles", nota anche come San Jorge). Battaglia vincente per
la popolazione di Sarayaco, per il momento: l'azienda ha dovuto fermare i
lavori preliminari cominciati nel 2003.
"Secondo la costituzione ecuadoriana, lo stato non poteva dare una
concessione nel nostro territorio senza una consultazione previa della
comunita'", spiega Franklin Toala, un giovanissimo attivista Sarayaco che
incontro nella capitale ecuadioriana Quito: siamo nella sede di "Accion
Ecologica", organizzazione ambientalista e per la giustizia sociale che da
parecchi anni lavora con le comunita' di zone petrolifere, tutte nelle
regioni amazzoniche del paese. Franklin indica una mappa delle concessioni
petrolifere della sua provincia, quella di Pastaza: Sarayaco e' proprio al
centro del "blocco" dato in concessione alla Cgc, e confina a nord con un
blocco dell'Agip petroli. "Eppure l'azienda aveva cominciato a entrare, da
nord e da ovest, senza preocuparsi di consultazioni ne' d'altro", continua
Franklin. L'esercito, spiega, le garantiva il servizio di sicurezza armato:
solo quando sono cominciate le proteste i militari, in un confronto diretto
con la comunita' locale, hanno accettato di ritirarsi. Soprattutto,
"l'azienda ha cercato l'appoggio di altre comunita' indigene, in modo da
creare un conflitto intercomunitario". Il risultato e' che la Cgc ha sospeso
i suoi lavori, ma da tre anni la comunita' di Sarayaco vive isolata,
accerchiata: il fiume, unica via d'accesso se si escludono gli aeroplanini
che possono posarsi sulla minuscola pista d'atterraggio, non e'
transitabile. A monte sono i Canelos a bloccarlo. A valle e' la piccola
comunita' degli Hatun Molino: "Sono tre famiglie, una piccola comunita'
evangelica. Hanno accettato di lavorare per la compagnia". I Sarayaco vivono
cosi' assediati: "L'aereo e' costoso. E non potersi muovere rappresenta una
pressione materiale e morale molto forte".
*
L'assedio fisico non e' l'unica pressione a cui devono resistere i Sarayaco.
Ci sono le accuse: "Al Congresso (il parlamento nazionale, ndr) e' stato
detto che il problema qui e' rappresentato dalla guerriglia e dal
narcotraffico: non sanno neppure la geografia del paese, qui siamo
lontanissimi dal confine con la Colombia", fa notare Franklin.
Le minacce: il nostro interlocutore racconta di quella volta, gennaio 2004,
che tutta la comunita' aveva deciso di marciare a Canelos per protestare.
Sono stati attaccati ancora prima di arrivare. "Lucio Gutierrez, il
presidente deposto appena due mesi fa, aveva dichiarato Sarayaco un problema
di sicurezza nazionale: signifca che passa sotto la diretta responsabilita'
dell'esercito e della presidenza". Cita episodi di minacce a dirigenti della
comunita', arresti arbitrari, torture.
Con l'appoggio di Accion Ecologica i Sarayaco si sono rivolti alla
Commissione interamericana per i diritti umani, portando testimonianze e
filmati: la Commissione ha accettato di aprire un caso nei confronti dello
stato ecuadoriano per violazione dei diritti fondamentali di un popolo
indigeno.
"Per trent'anni ci hanno detto che lo sviluppo dell'Ecuador dipende dal
petrolio", aggiunge Marcelo Orellana, di Accion Ecologica, "la realta' e'
che il petrolio e' sfruttato ma noi siamo piu' poveri di prima". Lui parla
di "un piano strategico per dividere le comunita' indigene, generando
conflitti tra le une e le altre". Accusa: lo stato non osserva i suoi
obblighi costituzionali verso le comunita' indigene del paese. "Ma abbiamo
stati deboli, classi dirigenti corruttibili. Soccombono facilmente alle
pressioni di aziende multinazionali".
Per questo i Sarayaco vogliono interessare del loro caso istituzioni
internazionali, magari anche il Parlamento europeo.

3. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: PER UNA POLITICA A FORMA DI SERPENTE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo intervento. Luisa Muraro insegna all'Universita' di
Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito
delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda
biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque
fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione
allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di
Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera
accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella
scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia
dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba
Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista
dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al
femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della
differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva:
La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981,
ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La
Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti,
Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla
nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria
delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via
Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima
(1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero
della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della
maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel
1997"]

A chi o a che cosa dobbiamo dare la responsabilita' della sconfitta dei
referendum? mi ha chiesto una donna nel corso di un dibattito pubblico. Se
intendi a chi dare la colpa, a nessuno, le ho risposto, perche' non credo
che "sconfitta" sia la parola giusta. In quel dibattito si parlava della
politica della differenza, che e' una politica indipendente dal sistema dei
partiti e della rappresentanza, perche', fondamentalmente, non ha niente a
che fare con gli schieramenti e le contrapposizioni. Per chi sceglie questa
politica, non c'e' il noi che abbiamo ragione contro gli altri. Prendiamo la
Chiesa cattolica. E' vero che alcuni suoi capi si sono intromessi nella
politica italiana in una maniera (fate cosi', non fate cola') che la legge
proibisce ai capi religiosi. Ma io non mi scandalizzo, la politica e'
un'espressione di esistenza personale e sociale, piu' persone s'interessano
e meglio e': il mio portinaio e amico Antonio cosi' come il presidente della
Cei, le donne costrette a prostituirsi cosi' come il Papa... Se non sei
d'accordo, impegnati di piu', impegnati anche a capire meglio quello che
dicono gli altri. In effetti, la politica della differenza aiuta a pensare
meglio, fuori dagli schemi. Continuando con lo stesso esempio di prima: se i
capi della Chiesa cattolica fanno una politica conservatrice, ricordiamoci
che ci sono anche i non capi, donne e uomini comuni del mondo cattolico, i
quali spesso portano avanti idee diverse e interessanti.
Insomma, questi referendum sulla legge 40, per come sono andati, io li
considero una opportunita' per avanzare nella politica delle donne (che
tanti uomini cominciano a prendere in seria considerazione anche per se'). I
passaggi da fare, sono due: ragionare sull'esito del referendum e da qui
tornare ai grandi temi sollevati dal dibattito precedente.
Primo, ragionare sul risultato della consultazione fuori dalla logica del
vincere/perdere. Alcune hanno gia' cominciato a farlo e non e' un caso che
si tratti di "vecchie femministe" - un'espressione che un certo giornalismo
ha usato per disprezzo, ma si tratta di tipi ai quali le femministe non
piacciono ne' vecchie ne' giovani - perche' sono, siamo donne di un
movimento che lottava ma senza schieramenti, senza maggioranze, senza
antagonismi del tipo" mors tua vita mea". Un pensiero si e' fatto strada:
l'enormita' dell'astensione indica che la parola d'ordine dell'astensione a
modo suo (che io non ho condiviso) corrispondeva ad un sentimento che
esisteva di suo. Bisogna capirlo, riascoltando meglio noi stesse e le
persone intorno a noi. Molte donne, secondo me, sono state sensibili alla
parola d'ordine dei difensori della legge 40: "sulla vita non si vota". Non
importa tanto il significato dello slogan in bocca a uomini noti per essere
difensori della politica di guerra. In se' e nell'ascolto di tante, lo
slogan dice una cosa vera.
Siamo gia' al secondo passaggio, ripensare i temi sollevati dai referendum.
Li indico sommariamente, tutte li abbiamo presenti. La paura della scienza:
con il loro potere (o con il potere del mercato che c'e' alle spalle) gli
scienziati suscitano dei timori che certi giudicano irrazionali, non
importa, sono diffusi e bisogna capire, bisogna cercare risposte piu'
convincenti di quelle che abbiamo ricevuto finora. Il corpo materno: la
biotecnologia ha separato gli inizi della vita dal corpo femminile e questo
ci mette tutti e tutte in grande difficolta'; la morale e il diritto
d'impostazione neutra (maschile) non possono avallare questa novita'
dettando regole indipendentemente dal pensiero e dal sentire femminile; noi,
a nostra volta, non abbiamo fatto abbastanza per comunicare agli uomini che
cos'e' relazione materna. La paternita': i progressi scientifici rendono
secondario il ruolo maschile nella procreazione, dopo che la rivoluzione
femminista ha tolto legittimita' al simbolico patriarcale; le due cose,
messe insieme, stanno creando una specie di fronte ideologico, la cui
bandiera e' la famiglia di una volta, idealizzata come luogo di sicurezza e
d'amore... Anche qui, c'e' bisogno di ascolto e, da parte maschile, di una
presa di coscienza.
Sopra, ho detto che abbiamo una opportunita', per che cosa? Secondo me,
davanti alle molte posizioni, alcune contrastanti, non dobbiamo cercare di
unificarci. Resta pero' il pericolo di finire in un inerte pluralismo, anche
questo sito rischia di diventare una raccolta di posizioni che non si
parlano. La pluralita' aiuta a pensare meglio, io sostengo, purche' ciascuna
si esprima in un linguaggio aperto: un linguaggio in cui dicendo chiaramente
come la penso, mostro anche di sapere che altre, altri pensano altrimenti, e
gli apro la porta perche' abbiano voglia di parlarmi, di spiegarsi e, in
caso, di ascoltarmi. Il compito che abbiamo davanti e' di disegnare questa
forma politica, che interessa il linguaggio e i rapporti, simile alla forma
di un serpente che si snoda e si muove.

4. RIFLESSIONE. ANNA CORSI: IL VOTO DI CAROLINA
[Ringraziamo Normanna Albertini (per contatti: normanna.a at libero.it) per
averci messo a disposizione questo articolo di Anna Corsi che apparira' nel
numero di settembre del notiziario della Rete Radie' Resch, e che proponiamo
come anticipazione. Anna Corsi, laureata in scienze sociali, lavora presso
il Centro giovani del Comune di Castelnovo ne' Monti (Re), occupandosi
soprattutto di ragazzini immigrati; da vari anni collabora col notiziario
della Rete Radie' Resch, curando la rubrica "Giovani oggi"]
Sono trascorsi 60 anni da quando le donne in Italia hanno votato la prima
volta. Mia nonna mi racconto' che sua  madre voto' quel 2 giugno 1946 e
scrisse inopportunamente a chiare lettere il suo nome sulla scheda:
"Carolina Genitoni. Viva la Repubblica!". Me la immagino quella grafia
impostata e un po' traballante, tipica di chi una volta imparava a scrivere
e negli anni perdeva il rapporto con la penna.
Mia nonna si sposo' nel 1958, quando era in vigore il Codice Penale che
prevedeva all'art. 544 il matrimonio riparatore: chi seduceva una minorenne
poteva rimediare sposandola. Io che ho 26 anni fatico ad immaginare come,
solo 40 anni fa, una donna era obbligata a sposare il suo violentatore o
rapitore per "rimediare" all'accaduto, come se il buon nome di una famiglia
fosse piu' importante della dignita' di una persona. Le ragazze oggi
dovrebbero conoscere questa storia e ringraziare le tante Franca Viola che
si sono ribellate e hanno lottato per la loro e la nostra liberta' di donne.
Credo che se venisse fatta un'indagine tra le giovani italiane, in poche
saprebbero che e' solo con la legge n. 66 del 1996 che la violenza sessuale
e' riconosciuta come violenza contro la persona e non contro la morale.
Gli anni '70 furono ricchi di cambiamenti sociali: basti pensare alla legge
sul divorzio, a quella sulla chiusura dei manicomi (180/1978) e all'epocale
riforma del diritto di famiglia del 1975 che ha sancito formalmente la
parita' tra i sessi.
Mi dispiace che oggi i media ricordino quegli anni solo attraverso la storia
del terrorismo, tralasciando quella dei movimenti dal basso che hanno
lavorato anche per le importanti riforme istituzionali.
Nell'arco di tre generazioni i diritti che la societa' ha formalmente
acquisito sono stati tanti, soprattutto per le fasce piu' oppresse come
donne, bambini, emarginati.
Oggi la situazione in Italia non e' delle migliori: i cambiamenti sono
sempre piu' veloci e il welfare piu' debole, i servizi risultano poco
elastici e in ritardo nelle risposte, la politica e' guidata dall'economia e
la stessa  societa' civile da' per scontati i diritti che in passato ha
conquistato.
Basti vedere i risultati dell'ultimo referendum in cui la percentuale che si
e' recata alle urne e' stata molto bassa. L'esempio che hanno dato il clero
e alcuni esponenti di partiti politici chiedendo l'astensione, e' stato
vergognoso, come lo e' l'indifferenza e l'ignoranza degli italiani per i
propri diritti .Votare e' un diritto che si e' conquistato con fatica e non
recarsi alle urne e' un atto di immaturita' nei confronti della democrazia.
Il problema della inconsapevolezza della nostra storia ci si ripropone tutti
i giorni, quando per forza maggiore sbarcano gli immigrati sulle coste
italiane che si portano con se' il loro modo di vivere e la loro cultura.
La presenza degli extracomunitari e' un grido forte che deve farci
riflettere su  quella storia che vorremmo acquisita una volta per sempre.
Questi stranieri "danno fastidio" alle societa' e alle istituzioni perche'
non solo ci ricordano cosa siamo stati, ma ci costringono anche a mettere in
discussione e ridefinire il nostro modo di concepire il rapporto tra i
sessi, il lavoro, la religione e quant'altro. I "diversi" scardinano quei
meccanismi falsi che abbiamo costruito, mettendo in luce le magagne della
nostra societa' che non vorremmo vedere: come lavoro nero e mafia. C'e' chi
preferisce falsare la storia come se fossimo da secoli "piu' evoluti" dei
ragazzi che arrivano sui gommoni, stanchi e disperati, nella speranza di
guadagnare da vivere.
Da qualche settimana lavoro in un centro frequentato in maggioranza da
ragazzi albanesi che hanno come sogno diventare muratori. Hanno dai 15 ai 18
anni e mi ricordano i giovani di cui parlava don Milani nella Lettera a una
professoressa, i "bocciati" della societa' costretti al lavoro per poverta'
materiale e culturale. Nel loro modo di vivere il maschilismo e' la
normalita' del rapporto tra i sessi: vivono contraddizioni continue tra
famiglia e societa' poiche' la liberta' della donna non viene accettata.
Sono attratti da miti di potenza, potere, violenza: vorrebbero relazionarsi
con le ragazze ma hanno modi brutali che le allontanano.
Quando parlo con loro e con le mamme albanesi mi ricordano la nostra storia.
Credo che sia inevitabile camminare con questo passato che e' presente e
urla in faccia a quei giovani italiani che invece di votare preferiscono
andare al mare, trascurando i loro diritti per cui tanti hanno sofferto e
lottato.
Sarebbe interessante fare alleanza con queste donne per non dimenticare le
battaglie che sono state compiute nella societa'. Solo 25 anni fa Carla
Lonzi scriveva: "la donna e' stufa di allevare un figlio che le diventera'
un cattivo amante. In una liberta' che si sente di affrontare la donna
libera anche il figlio, e il figlio e' l'umanita'".

5. PROFILI. ROSINO GIBELLINI: JUERGEN MOLTMANN, UNA TEOLOGIA PER IL REGNO DI
DIO. A QUARANT'ANNI DALLA "TEOLOGIA DELLA SPERANZA"
[Dal sito della casa editrice Queriniana (www.queriniana.it) riprendiamo il
n. 37 del 3 dicembre 2004 di "Teologi@/Internet. Forum teologico a cura di
Rosino Gibellini". Il testo di Gibellini di seguito riportato e' preceduto
dalla seguente nota introduttiva: "Quarant'anni fa, nel 1964, usciva in
Germania Teologia della speranza di Juergen Moltmann, e l'anno seguente, nel
1965, usciva la terza edizione con un'importante Appendice, in cui Moltmann
discuteva le tesi de Il Principio speranza (1959) di Ernst Bloch. Seguirono,
nei primi anni Settanta, le traduzioni del libro di Moltmann nelle
principali lingue internazionali (giapponese e coreano compresi). In
particolare l'edizione italiana appariva nella 'Biblioteca di teologia
contemporanea' della Queriniana nel 1970 e vinceva il Premio letterario
internazionale 'Isola d'Elba'. L'opera di Moltmann rappresenta una scrittura
epocale nella teologia del XX secolo, in quanto non si tratta di una
riflessione teologica sulla speranza, ma di un ripensamento del
cristianesimo in chiave escatologica. Il quarantesimo anniversario di
Teologia della speranza e' stato celebrato alla Emory University (Atlanta,
Georgia, Usa). 'Giornale di teologia' ricorda il XL dell'opera pubblicando
l'ultimo breve libro di Moltmann, Nella fine - l'inizio, che presenta una
'piccola teologia della speranza'. Riproduciamo l'editoriale di Rosino
Gibellini".
Rosino Gibellini, illustre teologo e straordinario promotore della
conoscenza della riflessione teologica di tutto il mondo; riteniamo
fondamentale il suo contributo al dibattito filosofico oltre che teologico
contemporaneo (ma anche, aggiungiamo, all'impegno per la pace, di
liberazione, per i diritti umani), contributo estrinsecatosi particolarmente
con quell'impegno monumentale che e' la stupenda collana "Giornale di
teologia" edita dalla Queriniana di Brescia. Opere di Rosino Gibellini:
fondamentale e' La teologia del XX secolo, Queriniana, Brescia 1995, ma
dovremmo citare numerosi altri suoi volumi, ed almeno i seguenti tutti editi
dalla Queriniana: (a cura di), Breviario teologico dell'Avvento; (a cura
di), Prospettive teologiche per il XXI secolo; Teilhard De Chardin: l'opera
e le interpretazioni; La teologia di Juergen Moltmann; (a cura di), La nuova
frontiera della teologia in America Latina; (a cura di), Teologia nera;
Teologia e ragione. Itinerario e opera di Wolfhart Pannenberg; Il dibattito
sulla teologia della liberazione; (a cura di), Percorsi di teologia
africana; con Gilberto Gillini, Patrizio Rota Scalabrini, Mariateresa
Zattoni Gillini, Alternativa; con Mary Hunt (a cura di), La sfida del
femminismo alla teologia; con Dean Peerman (a cura di), Teologia dal
Nordamerica; con Giorgio Penzo (a cura di), Dio nella filosofia del
Novecento; con Marie Therese Van Lunen-Chenu, Donna e teologia. Opere su
Rosino Gibellini: in suo onore (per festeggiarne i settant'anni) è stato
pubblicato il volume di AA. VV., Cammino e visione, Queriniana, Brescia
1996.
Juergen Moltmann, nato ad Amburgo nel 1926, prigioniero di guerra, pastore,
teologo; e' una delle voci piu' autorevoli della riflessione teologica
contemporanea. Nella genesi del suo capolavoro del 1964 (Teologia della
speranza) e' ovviamente forte ed esplicita l'influenza del pensiero di Ernst
Bloch e del suo "principio speranza". Altro suo grande capolavoro e' Il Dio
crocifisso del 1972. Opere di Jürgen Moltmann: segnaliamo particolarmente
Teologia della speranza, L'esperimento speranza, Dio nella creazione.
Dottrina ecologica della creazione, La giustizia crea futuro, Il Dio
crocifisso, tutti pubblicati presso la Queriniana, Brescia. Riportiamo di
seguito tutte le opere di Moltmann attualmente disponibili nel catalogo
della Queriniana: con Kuno Fuessel, Johann Baptist Metz e altri, Ancora
sulla "teologia politica": il dibattito continua; con Walter Kasper, Gesu'
si', chiesa no?; con Hans Kueng (a cura di), Una confessione di fede
ecumenica?; con Hans Kueng  (a cura di), La disputa dello Spirito santo; con
Hans Kueng  (a cura di), Chi ha la parola nella Chiesa?; con Hans Kueng  (a
cura di), Il diritto al dissenso; con Hans Kueng  (a cura di), Maria nelle
chiese; con Hans Kueng  (a cura di), Il cristianesimo tra le religioni
mondiali; con Hans Kueng  (a cura di), Una Convocazione ecumenica per la
pace; con Hans Kueng  (a cura di), Etica delle religioni universali e
diritti umani; con Hans Kueng  (a cura di), Il fondamentalismo come sfida
ecumenica; con Hans Kueng  (a cura di), Islam - una sfida per il
cristianesimo; con Karl-Josef Kuschel (a cura di), I movimenti pentecostali
come sfida ecumenica; con Pinchas Lapide, Monoteismo ebraico - Dottrina
trinitaria cristiana. Un dialogo; con Pinchas Lapide, Israele e Chiesa:
camminare insieme? Un dialogo; Teologia della speranza. Ricerche sui
fondamenti e sulle implicazioni di una escatologia cristiana; Prospettive
della teologia. Saggi; Il Dio crocifisso. La croce di Cristo, fondamento e
critica della teologia cristiana; (a cura di), Le origini della teologia
dialettica. Parte I: Karl Barth, Heinrich Barth, Emil Brunner - Parte II:
Rudolf Bultmann, Friedrich Gogarten, Edward Thurneisen; La chiesa nella
forza dello spirito. Contributo per una ecclesiologia messianica; Futuro
della creazione; Trinita' e Regno di Dio. La dottrina su Dio; Dio nella
creazione. Dottrina ecologica della creazione; La via di Gesu' Cristo.
Cristologia in dimensioni messianiche; Nella storia del Dio trinitario.
Contributi per una teologia trinitaria; Lo Spirito della vita. Per una
pneumatologia integrale; L'Avvento di Dio. Escatologia cristiana; Dio nel
progetto del mondo moderno. Contributi per una rilevanza pubblica della
teologia; Esperienze di pensiero teologico. Vie e forme della teologia
cristiana; Scienza e sapienza. Scienza e teologia in dialogo; In dialogo con
Ernst Bloch; La giustizia crea futuro. Una politica ispirata alla pace e
un'etica fondata sulla creazione in un mondo minacciato; Che cos'e' oggi la
teologia? Due contributi sulla sua attualizzazione; Chi e' Cristo per noi
oggi?; La fonte della vita. Lo Spirito Santo e la teologia della vita; (a
cura di), Biografia e teologia. Itinerari di teologi; Nella fine - l'inizio.
Una picccola teologia della speranza; Dio viene e l'uomo acquista la
liberta'. Conversazioni e tesi; Chi e' l'uomo?; Esperienze di Dio.
Speranza - Angoscia - Mistica; Religione, rivoluzione e futuro; Sul gioco.
Saggi sulla gioia della liberta' e sul piacere del gioco; Il linguaggio
della liberazione. Prediche e meditazioni; L'esperimento speranza.
Introduzioni; Nuovo stile di vita. Piccoli passi verso la "comunita'"; Uomo.
L'antropologia cristiana tra i conflitti del presente; con Walter Kasper,
Hans-Georg Geyer, Hans Kueng, Sulla teologia della croce; con Hans Kueng (a
cura di), La Bibbia nel conflitto delle interpretazioni; con Johann Baptist
Metz, Storia della passione. Due meditazioni su Marco 8,31-38; con Wolfhart
Pannenberg, Karl Rahner, Johann Baptist Metz e altri, Dibattito sulla
"teologia politica"; con Karl Rahner, Anton Voegtle e altri, Il simbolo
apostolico; con Richard Shaull, Helmut Gollwitzer e altri, Dibattito sulla
"teologia della rivoluzione". Opere su Juergen Moltmann: Rosino Gibellini,
La teologia di Juergen Moltmann, Queriniana, Brescia 1975]

Uno dei tratti caratteristici della teologia del Novecento e' la riscoperta
del carattere escatologico del cristianesimo. L'escatologia era ridotta ad
essere "dottrina dei novissimi", dottrina delle realta' ultime, da svolgere
settorialmente e per di piu' come appendice finale dopo la trattazione delle
altre verita' cristiane. Un autentico recupero dell'escatologia biblica
significava ricollocarla nello spazio esplosivo della storia. E'
un'operazione di largo respiro che la teologia ha affrontato soprattutto
negli anni Sessanta e alla quale ha dato un decisivo contributo il teologo
evangelico Juergen Moltmann.
*
1. La vastita' d'orizzonte della speranza cristiana
L'opera che lo ha rivelato e' Teologia della speranza del 1964, che e' stata
al centro di un appassionato dibattito e che rimane scrittura-chiave del
Novecento teologico.
Per tracciare i lineamenti di una teologia della speranza cristiana Moltmann
prende le mosse dall'Antico Testamento, battendo un sentiero storico, che
passa nel mezzo dell'esperienza veterotestamentaria, che e' esperienza di
promesse, di aspettazioni e speranze, e con i profeti, di speranza
escatologica (di vittoria, cioe', sulla morte e di futuro oltre la morte).
L'escatologia cristiana - che nasce dall'esperienza di pasqua - ricorda e
riprende le speranze veterotestamentarie, e tuttavia ne differisce e le
eccede, in quanto parla di Cristo e del suo futuro. La risurrezione di
Cristo e' convalida delle promesse precedenti, ma essa stessa e' promessa
universalizzata e radicalizzata in prospettiva escatologica, e cioe' e'
promessa per tutti (promessa universalizzata) di vittoria sulla morte e di
futuro oltre la morte (promessa radicalizzata); e' promissio inquieta,
promessa che non si da' pace e che non trova riposo se non nella finale
risurrezione dei morti e nella totalita' e novita' del nuovo essere.
L'evento del Cristo dischiude un futuro di vita all'umanita'.
Dalla riscoperta della speranza come struttura portante della rivelazione
biblico-cristiana nasce un nuovo dinamismo per la missione: "La pro-missio
del regno e' il fondamento della missio dell'amore per il mondo".
Nell'analisi di Moltmann sono ormai tramontati i tempi costantiniani, in cui
il cristianesimo fungeva da corona della societa', e tuttavia il
cristianesimo non puo' ridursi a funzioni suppletive e di sgravio, cui lo
demanda la societa' secolare e pluralista. La cristianita' non esiste per
se', e cioe' non esiste in funzione di una ecclesiasticizzazione del mondo,
ma neppure esiste in funzione della stabilizzazione della societa'; essa
vive di una promessa che dischiude un orizzonte di speranza a tutta
l'umanita'; essa ha, dunque, una missione; benche' non sia la salvezza del
mondo, "e' al servizio della veniente salvezza del mondo ed e' come una
freccia lanciata nel mondo per indicarne il futuro".
*
2. La radicalita' della speranza cristiana
La risurrezione di Cristo ha una struttura prolettica; essa e' anticipazione
del futuro di vita e di risurrezione che Dio dona all'umanita'. Tuttavia il
punto di vista prolettico e' insufficiente a cogliere la verita' dell'evento
del Cristo. Sorge infatti la domanda: se con la risurrezione e' "gia'
iniziato" il futuro di Dio, che senso hanno allora il suo patire e il suo
morire? In altre parole: in quell'Uno si anticipa il futuro di Dio, ma
perche' proprio in quell'Uno? La risposta, su cui riflette la teologia della
croce, che Moltmann svolge in Il Dio crocifisso del 1972, suona: e' stato
risuscitato colui che e' stato crocifisso.
Scrive Moltmann: "La croce... modifica la risurrezione". La risurrezione e'
anticipazione del futuro di Dio. Ma, siccome la risurrezione e' risurrezione
del crocifisso, questa anticipazione diventa anticipazione del futuro di Dio
per coloro che sono senza speranza e senza diritto. La croce diventa cosi'
il significato della risurrezione. Una croce senza risurrezione
significherebbe fallimento e Gesu' di Nazareth non sarebbe il Cristo di Dio.
Una risurrezione senza croce suonerebbe solo miracolo, metamorfosi nella
glorificazione, prolessi astratta del futuro. La risurrezione del crocifisso
e' prolessi e speranza per i senza speranza nella croce del presente.
In Teologia della speranza, a partire dall'evento di Cristo si guarda in
avanti verso l'eschaton, e allora il punto privilegiato di osservazione e'
la risurrezione di Cristo, da cui e' possibile avere la vista del futuro
promesso da Dio; in Il Dio crocifisso, invece, dall'eschaton si guarda
all'indietro, all'evento del Cristo, e ci si pone la domanda come sia
presente il futuro regno di Dio nella realta' del presente. I due cammini
teoretici devono essere, entrambi, percorsi. La riflessione svolta in
Teologia della speranza da' prospettive alla speranza cristiana, aprendo gli
spazi dell'orizzonte del regno, ma potrebbe portare all'entusiasmo e saltare
il movimento dell'incarnazione, dell'obbedienza e dell'amore; la riflessione
svolta in Il Dio crocifisso da' profondita' e radicalita' alla speranza,
introducendo nel movimento messianico la storia della passione umana.
*
3. La creativita' della speranza cristiana
La speranza cristiana e' speranza creativa: "Noi non siamo solo gli
interpreti del futuro, ma gia' dei collaboratori del futuro, la cui forza
nella speranza come pure nel compimento e' Dio". Dopo Teologia della
speranza Moltmann ha prontamente aderito, verso il 1968, al programma di
"teologia politica", per dare concretezza alla speranza cristiana. In questa
prospettiva la teologia della speranza progetta le "azioni della speranza"
della comunita' cristiana; e la teologia della croce svolta in Il Dio
crocifisso introduce nelle azioni della speranza le azioni di resistenza e
di liberazione, le azioni cioe' di una speranza resa scaltra e decisa alla
perseveranza ("il fiato lungo della speranza"), il compito piu' urgente
della comunita' cristiana come "comunita' messianica" e "avanguardia del
mondo liberato".
E' il tema che Moltmann affronta in un'opera minore, come L'esperienza della
speranza (1974), e soprattutto nel trattato ecclesiologico, La Chiesa nella
forza dello Spirito (1975), che assieme a Teologia della speranza (1964) e a
Il Dio crocifisso (1972) costituisce una sorta di trilogia: la trilogia
della speranza.
La chiesa di Cristo e' la chiesa del regno: l'angolo visuale, pertanto, e'
la missione della cristianita', in tutta la sua vastita', nella storia per
il regno. La chiesa di Cristo vive nell'orizzonte del regno, perche' vive
nella forza dello Spirito santo "come comunita' messianica al servizio del
regno di Dio nel mondo".
Il concetto di messianico realizza una mediazione tra l'escatologico e lo
storico, tra il regno di Dio e la storia: non separazione nel senso della
metafisica, per la quale l'eternita' trascende il tempo; ne' identificazione
nel senso delle filosofie storicistiche, per le quali il senso della storia
trova realizzazione totale all'interno della storia; bensi' mediazione: "Se
l'escatologico diventa storico, lo storico diventa escatologico". Nella
venuta del Cristo e nella risurrezione l'escatologico ha fatto il suo
ingresso nella storia; la storia si pone, cosi', in cammino verso il suo
compimento finale: "La speranza diventa realistica e la realta' diventa
pregna di speranza".
Tale mediazione messianica si esprime innanzitutto nella figura messianica
dell'anticipazione, che non e' ancora compimento, ma solo frammento del
tutto che viene; ne consegue che sono esclusi sia l'entusiasmo fanatico, sia
la rassegnazione tragica. Inoltre essa trova espressione nella figura
messianica della resistenza contro le forze del male e della morte ancora
all'opera in un mondo che tende a chiudersi in se stesso e su se stesso.
Anticipazione e resistenza sono connesse con le figure messianiche della
dedizione e della rappresentanza: le anticipazioni non rappresentano se
stesse, rappresentano cio' che deve venire ed esigono impegno e dedizione al
presente perche' si apra al futuro del regno. Nell'anticipazione tramite
resistenza, dedizione e rappresentanza la storia si mantiene aperta al
futuro escatologico.
*
4. La speranza nell'orizzonte del Regno
Dopo il ciclo della teologia della speranza (1964-1975), Juergen Moltmann ha
intrapreso un progetto di teologia sistematica (con una serie di Contributi
sistematici di teologia, 1980-1999), come teologia dialogica, che si
sviluppa in comunione ecumenica con le teologie delle chiese cristiane e che
pensa in modo ecumenico tutti i grandi temi della tradizione cristiana: essa
ha le sue coordinate di riferimento, oltre che nella "Scrittura" come fonte
cristiana, nella comune speranza nel "Regno" come orizzonte di riflessione.
In Trinita' e Regno di Dio (Contributi sistematici di teologia 1, 1980)
Moltmann muove una critica decisa alla dottrina cristiana su Dio concepita
in termini di monoteismo cristiano e sviluppa una dottrina su Dio come
Trinita' aperta sulla storia dell'uomo, che apre la storia dell'uomo e del
mondo al futuro del regno di Dio. La Trinita' come storia di Dio e' "storia
della storia umana", per cui la storia umana e' in Dio: non, hegelianamente,
Dio nella storia; ma, cristianamente, la storia in Dio.
Conseguentemente, in Dio nella creazione (Contributi sistematici di teologia
2, 1985), Moltmann non parte dalla dottrina monoteistica su Dio, che
considera Dio come Soggetto assoluto, da cui deriva una teoria della
creazione come Oggetto, in cui il mondo diventa oggetto affidato al dominio
dell'uomo, creato ad immagine di Dio; ma dalla dottrina trinitaria su Dio,
da cui deriva una dottrina ecologica della creazione, operando cosi' il
passaggio da una concezione gerarchica tra Dio e il mondo ad una concezione
comunionale. Dio non e' solo il Creatore trascendente del mondo, ma e'
presente nel mondo con il suo Spirito cosmico. Il concetto trinitario di
creazione tiene insieme la trascendenza di Dio nel mondo e la sua immanenza
ad esso, e insieme tiene aperta la creazione al futuro del regno,
prospettato come "la sim-patia di tutte le cose".
Con La via di Gesu' Cristo (Contributi sistematici di teologia 3, 1989)
Moltmann affronta il tema cristologico. Se Teologia della speranza (1964)
svolge le linee di una cristologia escatologica, e Il Dio crocifisso (1972),
le linee di una escatologia cristologica; La via di Gesu' Cristo punta ad
una integrazione e svolge una "cristologia della via". Il simbolo della via
esprime il momento processuale e il fine verso cui tende la cristologia: e
l'escatologia e' sempre il compimento della cristologia. Il teologo ebraico
Martin Buber confessa: "La chiesa si fonda sulla fede nel Cristo gia'
venuto, in una redenzione gia' accordata da Dio all'umanita'. Noi, Israele,
non riusciamo a crederlo". Moltmann, in dialogo con l'ebraismo, sviluppa una
cristologia in dimensioni messianiche: "Ogni confessione di Cristo ci mette
in cammino e non significa mai la meta... Chi confessa il 'Cristo di Dio'
riconosce il Cristo in divenire, il Cristo in cammino, il Cristo in
movimento della storia escatologica di Dio, e si pone anche lui sulla 'via
di Cristo' nella sequela di Gesu'".
Con Lo Spirito della vita (Contributi sistematici di teologia 4, 1991)
Moltmann affronta il tema dello Spirito santo, sviluppando una pneumatologia
integrale, che vada oltre una pneumatologia antropologica (Dio nel soggetto)
in una duplice direzione: nella direzione della comunita' e della comunione
creaturale (Dio in tutte le cose): "La possibilita' di conoscere Dio in
tutte le cose e tutte le cose in Dio si fonda teologicamente sulla
concezione dello Spirito divino come Spirito della creazione e fonte della
vita". In questo senso il teologo evangelico imputa alla grande opera
pneumatologica di Congar, Credo nello Spirito santo (1969) di essere
focalizzata solo sullo Spirito della chiesa e della fede, e di non prestare
sufficiente attenzione alla scoperta dell'ampiezza cosmica dell'azione dello
Spirito di Dio.
Con L'avvento di Dio (Contributi sistematici di teologia 5, 1995) Moltmann
affronta il tema dell'escatologia. L'escatologia ha sempre a che fare con la
fine, ma essa non ha come tema la fine, ma la ricreazione di tutte le cose.
Il principio dell'escatologia cristiana e' cosi' formulato "alla fine -
l'inizio", e cioe': alla fine, il nuovo inizio. La trattazione e' una
ripresa della tematica e della prospettiva di Teologia della speranza
(1964), ma con l'intento di elaborare sistematicamente una "escatologia
integrante", che integra l'"escatologia personale", l'"escatologia della
storia" e l'"escatologia cosmica". L'escatologia ha una dimensione
apocalittica, in quanto l'apocalittica mette a tema la fine del mondo.
L'apocalittica preserva la dottrina cristiana della speranza da un ottimismo
superficiale, ma l'escatologia e' la speranza che "nella fine" si ha un
"nuovo inizio". Un'apocalittica senza escatologia non rientra in una
prospettiva biblica, ma sarebbe una teoria della catastrofe, mentre
l'escatologia, pur considerando la fine (e' la dimensione apocalittica
dell'escatologia), implica sempre la categoria del novum, e alimenta una
speranza "creativa" e "militante". E' il tema ripreso in questa Piccola
teologia della speranza (2003), che si riconnette espressamente
all'escatologia integrale de L'avvento di Dio, ma approfondisce una
"escatologia personale", mostrando la forza vitale e il conforto della
speranza nella vita personale. In una recente intervista (2003) Moltmann,
ricordando il filosofo Bloch autore de Il Principio speranza (1959), si e'
cosi' espresso: "Bloch ha fatto spesso delle osservazioni piuttosto semplici
sulla morte. Ma il Principio speranza incomincia: 'Che cosa attendiamo noi
propriamente?'. Ma poi viene la domanda seguente: 'Che cosa ci attende?'. E
su questo voleva una risposta". E la risposta del teologo e': "Noi siamo
attesi".
Moltmann conclude il suo percorso sistematico con il volume Esperienze di
pensiero teologico. Vie e forme della teologia cristiana (Contributi
sistematici di teologia 6, 1999), in cui esplicita la metodologia del suo
lavoro teologico, caratterizzando il suo modo di far teologia come "teologia
per il regno di Dio": "La teologia non e' per me [a differenza di Barth] una
dogmatica intra-ecclesiale, o postmoderna indirizzata solo alla propria
comunita' di fede [a differenza di Lindbeck], ne' e' per me la scienza
culturale della religione civile della societa' borghese [a differenza della
teologia "progressista"]. La teologia nasce dalla passione per il regno di
Dio e per la sua giustizia, e questa passione sorge nella comunita' di
Cristo. Grazie a questa passione la teologia diventa fantasia per il regno
di Dio nel mondo e per il mondo nel regno di Dio". Per questo suo
orientamento la teologia di Moltmann si fa "teologia pubblica", e, nelle sue
molteplici modulazioni, trova sempre la sua fonte nel motivo della speranza:
"Non ho voluto solo una teologia sulla speranza, ma una teologia
a-partire-dalla speranza: una teologia come escatologia, una teologia del
regno liberante di Dio nel mondo".

6. RIVISTE. CON "QUALEVITA", LA LEZIONE DI LEONARDO BOFF
Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi
all'ascolto della lezione di Leonardo Boff.
*
"La teologia della liberazione e' nata all'interno di un impegno e di una
prassi che si propongono la liberazione degli oppressi. Non si tratta
soltanto di riflettere su un tema in piu' - il tema della liberazione - tra
i tanti contemplati nell'agenda teologica. Si tratta di pensare la totalita'
del contenuto della fede e del vangelo a partire da una prassi di
liberazione e da una scelta per i poveri contro la loro poverta'" (Leonardo
Boff, Quandfo la teologia ascolta il povero, Cittadella, Assisi 1984, p.
96).
*
"Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta
che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni
satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della
nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica
libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con
l'agenda-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori
di cui disponiamo.
Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a
"Qualevita", e' un'azione buona e feconda.
Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030
Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora
086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito:
www.peacelink.it/users/qualevita
Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro
13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo
2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a
'Qualevita'".

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 981 del 4 luglio 2005

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