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La nonviolenza e' in cammino. 981
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 981
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 4 Jul 2005 00:26:26 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 981 del 4 luglio 2005 Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Il segreto delle casalinghe 2. Marina Forti: La lotta della comunita' di Sarayaco 3. Luisa Muraro: Per una politica a forma di serpente 4. Anna Corsi: Il voto di Carolina 5. Rosino Gibellini: Juergen Moltmann, una teologia per il regno di Dio. A quarant'anni dalla "Teologia della speranza" 6. Con "Qualevita", la lezione di Leonardo Boff 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: IL SEGRETO DELLE CASALINGHE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] Sulla costa occidentale del Madagascar vive la tribu' dei Sakalava, teoricamente monarchica, leale ad una linea di sovrani di sesso maschile. La devozione va pero' piu' ai sovrani morti che a quelli vivi, ed i desideri dei reali defunti vengono a conoscenza della tribu' tramite le sciamane che parlano con i loro spiriti. Le sciamane sono sempre donne anziane, di comune condizione sociale. Ufficialmente, quindi, i Sakalava sono governati da un'elite maschile, ma la voce ordinaria e concreta dell'autorita' e' quelle delle donne anziane. Anche i nostri governi occidentali sono composti, in larga maggioranza, da elite maschili (e molti membri di tali gruppi privilegiati sembrano defunti quanto i reali Sakalava e quando aprono bocca per mostrare di essere in vita ci si augura subito che la richiudano). Anche noi veniamo incoraggiate e incoraggiati a guardare in alto, ad una sola sorgente di potere, incarnata nei membri dei governi. Eppure la storia continua ad essere cambiata da persone che si suppone siano prive di potere. Sono certa che le sciamane Sakalava sanno usare il buonsenso, quando danno i loro responsi, oltre che la forza spirituale e la tradizione. Vecchie, non nobili, donne. Non appare una posizione di potere, e lo e'. Pensate alle casalinghe. Cosa c'e' di meno "potente", in apparenza, di un ruolo del genere? Kristen Breitweiser, Patty Casazza, Lorie Van Auken, e Mindy Kleinberg, vedove di uomini che lavoravano nel World Trade Center durante l'attacco dell'11 settembre, erano tutte casalinghe. Quando hanno cominciato a fare ricerca e a fare domande ai loro rappresentanti politici, hanno forzato la nascita della "Commissione 11/9". Le chiamano "Jersey Girls" ("Le ragazze del Jersey") e sono diventate delle esperte di sicurezza nazionale e terrorismo. Ad un anno dal crollo delle Torri una di esse ha relazionato al Congresso sui risultati delle loro indagini. Sei mesi piu' tardi la Commissione 11/9 ha emesso il proprio verdetto ufficiale, ovvero che non vi erano legami di alcun genere tra Saddam Hussein ed Al Qaida, proprio come le donne sostenevano. Nel frattempo, queste casalinghe hanno fatto campagne contro la rielezione di Bush, e per la pace. Stanno ancora lavorando, non hanno intenzione di smettere. E forse avete sentito nominare Lois Gibbs; e' un'ecologista, oggi direttrice del "Centro per la salute, l'ambiente e la giustizia" di New York, in cui si aiutano le persone ad opporsi alle devastazioni ambientali ed alle esposizioni ai tossici come la diossina. Era una casalinga, alla fine degli anni '70, quando comincio' ad investigare sul perche' familiari e vicini di casa si ammalassero cosi' facilmente e di frequente, e scopri' che l'inquinamento del quartiere ne era la causa. Per lottare contro gli inquinatori fondo' un'associazione nel vicinato nel 1978 e da allora ha continuato a mettere in relazioni gruppi e persone, a premere per leggi ambientali, a salvare vite umane. O possiamo guardare alle casalinghe di Buenos Aires, alle Madri di Plaza de Mayo, la piu' coraggiosa e visibile opposizione ad un regime terrificante, che ha organizzato le donne in tutta l'Argentina ed ha portato nel paese le associazioni internazionali per i diritti umani. Protestano ancora, in Plaza de Mayo, ogni settimana. Le madri non possono pensare a chi hanno messo al mondo ed appiccicarci l'etichetta "scomparso", "scomparsa": erano figli e figlie, ed erano amati e amate. L'amore non si lascia cancellare cosi' facilmente. E diamo uno sguardo alle casalinghe del delta del Niger, che dal 1986 fino alle clamorose occupazioni del 2002 hanno sempre sconfitto le compagnie petrolifere. * Ci deve essere un segreto, qualcosa che ci e' rimasto nascosto, se non impariamo nulla dalle lotte vincenti delle donne, e soprattutto delle donne apparentemente piu' prive di potere che esistano. Puo' essere che queste casalinghe si basino proprio sulle qualita' che dovrebbero renderle irrilevanti, come la cura e la casa, e le usino come attrezzi per smantellare il dominio? In fondo, la radice di "ecologista" e' il termine greco "oikos", casa. Vedete, le casalinghe cominciano sempre con cio' che amano. Poi tagliano diritto, attraverso le sabbie mobili dei "non capite" e "non dovreste" e "non vi riguarda", e mettono in luce una cosa molto semplice: che del male e' stato fatto, e che il male deve essere fermato. Bene, mi direte, ma si tratta di una faccenda abbastanza comune e nota, chiunque si direbbe d'accordo, e poi e' semplicistico vederla cosi', non e' vera politica. Puo' darsi, il problema e' che la narrazione della lotta contro il "male", cosi' come mi arriva, non e' quella descritta sopra. Tipicamente si narra in film, libri e articoli della violazione personale patita da un uomo, o da un gruppo di uomini (anche quando non e' vero: ricordate, a giustificazione dell'intervento nell'ex Jugoslavia, il "gli hanno violentato le mogli" di un noto politico di sinistra italiano?). Singoli o in gruppo, gli uomini offesi imbracciano un fucile, reale o simbolico, e partono per la vendetta. In nome di alti valori o della sete di sangue non fa molta differenza; a costoro non interessa prevenire il male futuro, interessa infliggerne altro per pareggiare i conti, per ristabilire l'onore della tribu', per esistere come eroi. Questa e' la politica vera, no? Lei, la nostra casalinga che non fa vera politica, di solito fa un'altra cosa. Non lotta per la vendetta, ma per stabilire dei diritti. Comincia da cio' che le e' vicino per difendere il principio che chiunque dovrebbe essere protetto dall'avidita' delle compagnie petrolifere o dalla diossina, che chiunque dovrebbe avere un'istruzione e che chiunque dovrebbe sapere la verita' su cio' che sta facendo il suo governo. Lei raccoglie altre persone attorno a se', da' consapevolezza alla comunita', e la ricrea. Il suo lavoro genera organizzazioni, legislazione, educazione, coscienza. Lei racconta la saga dell'espansione, della connessione, della relazione. Pensa la molteplicita', mentre l'eroe si erge isolato sul suo mucchio di cadaveri (reali o simbolici). Ecco, come i Sakalava sono ufficialmente governati da re, mentre le loro anziane dettano le leggi, cosi' noi siamo ufficialmente "salvati" da eroi di ogni genere, ed il vero lavoro per la cura e la salvezza del pianeta lo svolgono donne ufficialmente prive di potere. Le quali, tra l'altro, si assumono spesso l'incarico di salvare anche i cosiddetti eroi. 2. ESPERIENZE. MARINA FORTI: LA LOTTA DELLA COMUNITA' DI SARAYACO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 luglio 2005. Marina Forti, giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano "Il manifesto" sempre acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004] Sarayaco e' raggiungibile solo dal fiume, o dal cielo: la strada si ferma parecchi chilometri piu' a ovest, a Canelos, sul limitare della regione amazzonica dell'Ecuador. Piccola citta' (o sarebbe meglio dire grosso villaggio) fluviale sul Rio Bobonaza, un affluente del Rio delle Amazzoni, Sarayaco e' da tre anni al centro di una dura battaglia tra la comunita' indigena locale e una compagnia petrolifera, la Cgc argentina ("Compania general de Combustibles", nota anche come San Jorge). Battaglia vincente per la popolazione di Sarayaco, per il momento: l'azienda ha dovuto fermare i lavori preliminari cominciati nel 2003. "Secondo la costituzione ecuadoriana, lo stato non poteva dare una concessione nel nostro territorio senza una consultazione previa della comunita'", spiega Franklin Toala, un giovanissimo attivista Sarayaco che incontro nella capitale ecuadioriana Quito: siamo nella sede di "Accion Ecologica", organizzazione ambientalista e per la giustizia sociale che da parecchi anni lavora con le comunita' di zone petrolifere, tutte nelle regioni amazzoniche del paese. Franklin indica una mappa delle concessioni petrolifere della sua provincia, quella di Pastaza: Sarayaco e' proprio al centro del "blocco" dato in concessione alla Cgc, e confina a nord con un blocco dell'Agip petroli. "Eppure l'azienda aveva cominciato a entrare, da nord e da ovest, senza preocuparsi di consultazioni ne' d'altro", continua Franklin. L'esercito, spiega, le garantiva il servizio di sicurezza armato: solo quando sono cominciate le proteste i militari, in un confronto diretto con la comunita' locale, hanno accettato di ritirarsi. Soprattutto, "l'azienda ha cercato l'appoggio di altre comunita' indigene, in modo da creare un conflitto intercomunitario". Il risultato e' che la Cgc ha sospeso i suoi lavori, ma da tre anni la comunita' di Sarayaco vive isolata, accerchiata: il fiume, unica via d'accesso se si escludono gli aeroplanini che possono posarsi sulla minuscola pista d'atterraggio, non e' transitabile. A monte sono i Canelos a bloccarlo. A valle e' la piccola comunita' degli Hatun Molino: "Sono tre famiglie, una piccola comunita' evangelica. Hanno accettato di lavorare per la compagnia". I Sarayaco vivono cosi' assediati: "L'aereo e' costoso. E non potersi muovere rappresenta una pressione materiale e morale molto forte". * L'assedio fisico non e' l'unica pressione a cui devono resistere i Sarayaco. Ci sono le accuse: "Al Congresso (il parlamento nazionale, ndr) e' stato detto che il problema qui e' rappresentato dalla guerriglia e dal narcotraffico: non sanno neppure la geografia del paese, qui siamo lontanissimi dal confine con la Colombia", fa notare Franklin. Le minacce: il nostro interlocutore racconta di quella volta, gennaio 2004, che tutta la comunita' aveva deciso di marciare a Canelos per protestare. Sono stati attaccati ancora prima di arrivare. "Lucio Gutierrez, il presidente deposto appena due mesi fa, aveva dichiarato Sarayaco un problema di sicurezza nazionale: signifca che passa sotto la diretta responsabilita' dell'esercito e della presidenza". Cita episodi di minacce a dirigenti della comunita', arresti arbitrari, torture. Con l'appoggio di Accion Ecologica i Sarayaco si sono rivolti alla Commissione interamericana per i diritti umani, portando testimonianze e filmati: la Commissione ha accettato di aprire un caso nei confronti dello stato ecuadoriano per violazione dei diritti fondamentali di un popolo indigeno. "Per trent'anni ci hanno detto che lo sviluppo dell'Ecuador dipende dal petrolio", aggiunge Marcelo Orellana, di Accion Ecologica, "la realta' e' che il petrolio e' sfruttato ma noi siamo piu' poveri di prima". Lui parla di "un piano strategico per dividere le comunita' indigene, generando conflitti tra le une e le altre". Accusa: lo stato non osserva i suoi obblighi costituzionali verso le comunita' indigene del paese. "Ma abbiamo stati deboli, classi dirigenti corruttibili. Soccombono facilmente alle pressioni di aziende multinazionali". Per questo i Sarayaco vogliono interessare del loro caso istituzioni internazionali, magari anche il Parlamento europeo. 3. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: PER UNA POLITICA A FORMA DI SERPENTE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo intervento. Luisa Muraro insegna all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel 1997"] A chi o a che cosa dobbiamo dare la responsabilita' della sconfitta dei referendum? mi ha chiesto una donna nel corso di un dibattito pubblico. Se intendi a chi dare la colpa, a nessuno, le ho risposto, perche' non credo che "sconfitta" sia la parola giusta. In quel dibattito si parlava della politica della differenza, che e' una politica indipendente dal sistema dei partiti e della rappresentanza, perche', fondamentalmente, non ha niente a che fare con gli schieramenti e le contrapposizioni. Per chi sceglie questa politica, non c'e' il noi che abbiamo ragione contro gli altri. Prendiamo la Chiesa cattolica. E' vero che alcuni suoi capi si sono intromessi nella politica italiana in una maniera (fate cosi', non fate cola') che la legge proibisce ai capi religiosi. Ma io non mi scandalizzo, la politica e' un'espressione di esistenza personale e sociale, piu' persone s'interessano e meglio e': il mio portinaio e amico Antonio cosi' come il presidente della Cei, le donne costrette a prostituirsi cosi' come il Papa... Se non sei d'accordo, impegnati di piu', impegnati anche a capire meglio quello che dicono gli altri. In effetti, la politica della differenza aiuta a pensare meglio, fuori dagli schemi. Continuando con lo stesso esempio di prima: se i capi della Chiesa cattolica fanno una politica conservatrice, ricordiamoci che ci sono anche i non capi, donne e uomini comuni del mondo cattolico, i quali spesso portano avanti idee diverse e interessanti. Insomma, questi referendum sulla legge 40, per come sono andati, io li considero una opportunita' per avanzare nella politica delle donne (che tanti uomini cominciano a prendere in seria considerazione anche per se'). I passaggi da fare, sono due: ragionare sull'esito del referendum e da qui tornare ai grandi temi sollevati dal dibattito precedente. Primo, ragionare sul risultato della consultazione fuori dalla logica del vincere/perdere. Alcune hanno gia' cominciato a farlo e non e' un caso che si tratti di "vecchie femministe" - un'espressione che un certo giornalismo ha usato per disprezzo, ma si tratta di tipi ai quali le femministe non piacciono ne' vecchie ne' giovani - perche' sono, siamo donne di un movimento che lottava ma senza schieramenti, senza maggioranze, senza antagonismi del tipo" mors tua vita mea". Un pensiero si e' fatto strada: l'enormita' dell'astensione indica che la parola d'ordine dell'astensione a modo suo (che io non ho condiviso) corrispondeva ad un sentimento che esisteva di suo. Bisogna capirlo, riascoltando meglio noi stesse e le persone intorno a noi. Molte donne, secondo me, sono state sensibili alla parola d'ordine dei difensori della legge 40: "sulla vita non si vota". Non importa tanto il significato dello slogan in bocca a uomini noti per essere difensori della politica di guerra. In se' e nell'ascolto di tante, lo slogan dice una cosa vera. Siamo gia' al secondo passaggio, ripensare i temi sollevati dai referendum. Li indico sommariamente, tutte li abbiamo presenti. La paura della scienza: con il loro potere (o con il potere del mercato che c'e' alle spalle) gli scienziati suscitano dei timori che certi giudicano irrazionali, non importa, sono diffusi e bisogna capire, bisogna cercare risposte piu' convincenti di quelle che abbiamo ricevuto finora. Il corpo materno: la biotecnologia ha separato gli inizi della vita dal corpo femminile e questo ci mette tutti e tutte in grande difficolta'; la morale e il diritto d'impostazione neutra (maschile) non possono avallare questa novita' dettando regole indipendentemente dal pensiero e dal sentire femminile; noi, a nostra volta, non abbiamo fatto abbastanza per comunicare agli uomini che cos'e' relazione materna. La paternita': i progressi scientifici rendono secondario il ruolo maschile nella procreazione, dopo che la rivoluzione femminista ha tolto legittimita' al simbolico patriarcale; le due cose, messe insieme, stanno creando una specie di fronte ideologico, la cui bandiera e' la famiglia di una volta, idealizzata come luogo di sicurezza e d'amore... Anche qui, c'e' bisogno di ascolto e, da parte maschile, di una presa di coscienza. Sopra, ho detto che abbiamo una opportunita', per che cosa? Secondo me, davanti alle molte posizioni, alcune contrastanti, non dobbiamo cercare di unificarci. Resta pero' il pericolo di finire in un inerte pluralismo, anche questo sito rischia di diventare una raccolta di posizioni che non si parlano. La pluralita' aiuta a pensare meglio, io sostengo, purche' ciascuna si esprima in un linguaggio aperto: un linguaggio in cui dicendo chiaramente come la penso, mostro anche di sapere che altre, altri pensano altrimenti, e gli apro la porta perche' abbiano voglia di parlarmi, di spiegarsi e, in caso, di ascoltarmi. Il compito che abbiamo davanti e' di disegnare questa forma politica, che interessa il linguaggio e i rapporti, simile alla forma di un serpente che si snoda e si muove. 4. RIFLESSIONE. ANNA CORSI: IL VOTO DI CAROLINA [Ringraziamo Normanna Albertini (per contatti: normanna.a at libero.it) per averci messo a disposizione questo articolo di Anna Corsi che apparira' nel numero di settembre del notiziario della Rete Radie' Resch, e che proponiamo come anticipazione. Anna Corsi, laureata in scienze sociali, lavora presso il Centro giovani del Comune di Castelnovo ne' Monti (Re), occupandosi soprattutto di ragazzini immigrati; da vari anni collabora col notiziario della Rete Radie' Resch, curando la rubrica "Giovani oggi"] Sono trascorsi 60 anni da quando le donne in Italia hanno votato la prima volta. Mia nonna mi racconto' che sua madre voto' quel 2 giugno 1946 e scrisse inopportunamente a chiare lettere il suo nome sulla scheda: "Carolina Genitoni. Viva la Repubblica!". Me la immagino quella grafia impostata e un po' traballante, tipica di chi una volta imparava a scrivere e negli anni perdeva il rapporto con la penna. Mia nonna si sposo' nel 1958, quando era in vigore il Codice Penale che prevedeva all'art. 544 il matrimonio riparatore: chi seduceva una minorenne poteva rimediare sposandola. Io che ho 26 anni fatico ad immaginare come, solo 40 anni fa, una donna era obbligata a sposare il suo violentatore o rapitore per "rimediare" all'accaduto, come se il buon nome di una famiglia fosse piu' importante della dignita' di una persona. Le ragazze oggi dovrebbero conoscere questa storia e ringraziare le tante Franca Viola che si sono ribellate e hanno lottato per la loro e la nostra liberta' di donne. Credo che se venisse fatta un'indagine tra le giovani italiane, in poche saprebbero che e' solo con la legge n. 66 del 1996 che la violenza sessuale e' riconosciuta come violenza contro la persona e non contro la morale. Gli anni '70 furono ricchi di cambiamenti sociali: basti pensare alla legge sul divorzio, a quella sulla chiusura dei manicomi (180/1978) e all'epocale riforma del diritto di famiglia del 1975 che ha sancito formalmente la parita' tra i sessi. Mi dispiace che oggi i media ricordino quegli anni solo attraverso la storia del terrorismo, tralasciando quella dei movimenti dal basso che hanno lavorato anche per le importanti riforme istituzionali. Nell'arco di tre generazioni i diritti che la societa' ha formalmente acquisito sono stati tanti, soprattutto per le fasce piu' oppresse come donne, bambini, emarginati. Oggi la situazione in Italia non e' delle migliori: i cambiamenti sono sempre piu' veloci e il welfare piu' debole, i servizi risultano poco elastici e in ritardo nelle risposte, la politica e' guidata dall'economia e la stessa societa' civile da' per scontati i diritti che in passato ha conquistato. Basti vedere i risultati dell'ultimo referendum in cui la percentuale che si e' recata alle urne e' stata molto bassa. L'esempio che hanno dato il clero e alcuni esponenti di partiti politici chiedendo l'astensione, e' stato vergognoso, come lo e' l'indifferenza e l'ignoranza degli italiani per i propri diritti .Votare e' un diritto che si e' conquistato con fatica e non recarsi alle urne e' un atto di immaturita' nei confronti della democrazia. Il problema della inconsapevolezza della nostra storia ci si ripropone tutti i giorni, quando per forza maggiore sbarcano gli immigrati sulle coste italiane che si portano con se' il loro modo di vivere e la loro cultura. La presenza degli extracomunitari e' un grido forte che deve farci riflettere su quella storia che vorremmo acquisita una volta per sempre. Questi stranieri "danno fastidio" alle societa' e alle istituzioni perche' non solo ci ricordano cosa siamo stati, ma ci costringono anche a mettere in discussione e ridefinire il nostro modo di concepire il rapporto tra i sessi, il lavoro, la religione e quant'altro. I "diversi" scardinano quei meccanismi falsi che abbiamo costruito, mettendo in luce le magagne della nostra societa' che non vorremmo vedere: come lavoro nero e mafia. C'e' chi preferisce falsare la storia come se fossimo da secoli "piu' evoluti" dei ragazzi che arrivano sui gommoni, stanchi e disperati, nella speranza di guadagnare da vivere. Da qualche settimana lavoro in un centro frequentato in maggioranza da ragazzi albanesi che hanno come sogno diventare muratori. Hanno dai 15 ai 18 anni e mi ricordano i giovani di cui parlava don Milani nella Lettera a una professoressa, i "bocciati" della societa' costretti al lavoro per poverta' materiale e culturale. Nel loro modo di vivere il maschilismo e' la normalita' del rapporto tra i sessi: vivono contraddizioni continue tra famiglia e societa' poiche' la liberta' della donna non viene accettata. Sono attratti da miti di potenza, potere, violenza: vorrebbero relazionarsi con le ragazze ma hanno modi brutali che le allontanano. Quando parlo con loro e con le mamme albanesi mi ricordano la nostra storia. Credo che sia inevitabile camminare con questo passato che e' presente e urla in faccia a quei giovani italiani che invece di votare preferiscono andare al mare, trascurando i loro diritti per cui tanti hanno sofferto e lottato. Sarebbe interessante fare alleanza con queste donne per non dimenticare le battaglie che sono state compiute nella societa'. Solo 25 anni fa Carla Lonzi scriveva: "la donna e' stufa di allevare un figlio che le diventera' un cattivo amante. In una liberta' che si sente di affrontare la donna libera anche il figlio, e il figlio e' l'umanita'". 5. PROFILI. ROSINO GIBELLINI: JUERGEN MOLTMANN, UNA TEOLOGIA PER IL REGNO DI DIO. A QUARANT'ANNI DALLA "TEOLOGIA DELLA SPERANZA" [Dal sito della casa editrice Queriniana (www.queriniana.it) riprendiamo il n. 37 del 3 dicembre 2004 di "Teologi@/Internet. Forum teologico a cura di Rosino Gibellini". Il testo di Gibellini di seguito riportato e' preceduto dalla seguente nota introduttiva: "Quarant'anni fa, nel 1964, usciva in Germania Teologia della speranza di Juergen Moltmann, e l'anno seguente, nel 1965, usciva la terza edizione con un'importante Appendice, in cui Moltmann discuteva le tesi de Il Principio speranza (1959) di Ernst Bloch. Seguirono, nei primi anni Settanta, le traduzioni del libro di Moltmann nelle principali lingue internazionali (giapponese e coreano compresi). In particolare l'edizione italiana appariva nella 'Biblioteca di teologia contemporanea' della Queriniana nel 1970 e vinceva il Premio letterario internazionale 'Isola d'Elba'. L'opera di Moltmann rappresenta una scrittura epocale nella teologia del XX secolo, in quanto non si tratta di una riflessione teologica sulla speranza, ma di un ripensamento del cristianesimo in chiave escatologica. Il quarantesimo anniversario di Teologia della speranza e' stato celebrato alla Emory University (Atlanta, Georgia, Usa). 'Giornale di teologia' ricorda il XL dell'opera pubblicando l'ultimo breve libro di Moltmann, Nella fine - l'inizio, che presenta una 'piccola teologia della speranza'. Riproduciamo l'editoriale di Rosino Gibellini". Rosino Gibellini, illustre teologo e straordinario promotore della conoscenza della riflessione teologica di tutto il mondo; riteniamo fondamentale il suo contributo al dibattito filosofico oltre che teologico contemporaneo (ma anche, aggiungiamo, all'impegno per la pace, di liberazione, per i diritti umani), contributo estrinsecatosi particolarmente con quell'impegno monumentale che e' la stupenda collana "Giornale di teologia" edita dalla Queriniana di Brescia. Opere di Rosino Gibellini: fondamentale e' La teologia del XX secolo, Queriniana, Brescia 1995, ma dovremmo citare numerosi altri suoi volumi, ed almeno i seguenti tutti editi dalla Queriniana: (a cura di), Breviario teologico dell'Avvento; (a cura di), Prospettive teologiche per il XXI secolo; Teilhard De Chardin: l'opera e le interpretazioni; La teologia di Juergen Moltmann; (a cura di), La nuova frontiera della teologia in America Latina; (a cura di), Teologia nera; Teologia e ragione. Itinerario e opera di Wolfhart Pannenberg; Il dibattito sulla teologia della liberazione; (a cura di), Percorsi di teologia africana; con Gilberto Gillini, Patrizio Rota Scalabrini, Mariateresa Zattoni Gillini, Alternativa; con Mary Hunt (a cura di), La sfida del femminismo alla teologia; con Dean Peerman (a cura di), Teologia dal Nordamerica; con Giorgio Penzo (a cura di), Dio nella filosofia del Novecento; con Marie Therese Van Lunen-Chenu, Donna e teologia. Opere su Rosino Gibellini: in suo onore (per festeggiarne i settant'anni) è stato pubblicato il volume di AA. VV., Cammino e visione, Queriniana, Brescia 1996. Juergen Moltmann, nato ad Amburgo nel 1926, prigioniero di guerra, pastore, teologo; e' una delle voci piu' autorevoli della riflessione teologica contemporanea. Nella genesi del suo capolavoro del 1964 (Teologia della speranza) e' ovviamente forte ed esplicita l'influenza del pensiero di Ernst Bloch e del suo "principio speranza". Altro suo grande capolavoro e' Il Dio crocifisso del 1972. Opere di Jürgen Moltmann: segnaliamo particolarmente Teologia della speranza, L'esperimento speranza, Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, La giustizia crea futuro, Il Dio crocifisso, tutti pubblicati presso la Queriniana, Brescia. Riportiamo di seguito tutte le opere di Moltmann attualmente disponibili nel catalogo della Queriniana: con Kuno Fuessel, Johann Baptist Metz e altri, Ancora sulla "teologia politica": il dibattito continua; con Walter Kasper, Gesu' si', chiesa no?; con Hans Kueng (a cura di), Una confessione di fede ecumenica?; con Hans Kueng (a cura di), La disputa dello Spirito santo; con Hans Kueng (a cura di), Chi ha la parola nella Chiesa?; con Hans Kueng (a cura di), Il diritto al dissenso; con Hans Kueng (a cura di), Maria nelle chiese; con Hans Kueng (a cura di), Il cristianesimo tra le religioni mondiali; con Hans Kueng (a cura di), Una Convocazione ecumenica per la pace; con Hans Kueng (a cura di), Etica delle religioni universali e diritti umani; con Hans Kueng (a cura di), Il fondamentalismo come sfida ecumenica; con Hans Kueng (a cura di), Islam - una sfida per il cristianesimo; con Karl-Josef Kuschel (a cura di), I movimenti pentecostali come sfida ecumenica; con Pinchas Lapide, Monoteismo ebraico - Dottrina trinitaria cristiana. Un dialogo; con Pinchas Lapide, Israele e Chiesa: camminare insieme? Un dialogo; Teologia della speranza. Ricerche sui fondamenti e sulle implicazioni di una escatologia cristiana; Prospettive della teologia. Saggi; Il Dio crocifisso. La croce di Cristo, fondamento e critica della teologia cristiana; (a cura di), Le origini della teologia dialettica. Parte I: Karl Barth, Heinrich Barth, Emil Brunner - Parte II: Rudolf Bultmann, Friedrich Gogarten, Edward Thurneisen; La chiesa nella forza dello spirito. Contributo per una ecclesiologia messianica; Futuro della creazione; Trinita' e Regno di Dio. La dottrina su Dio; Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione; La via di Gesu' Cristo. Cristologia in dimensioni messianiche; Nella storia del Dio trinitario. Contributi per una teologia trinitaria; Lo Spirito della vita. Per una pneumatologia integrale; L'Avvento di Dio. Escatologia cristiana; Dio nel progetto del mondo moderno. Contributi per una rilevanza pubblica della teologia; Esperienze di pensiero teologico. Vie e forme della teologia cristiana; Scienza e sapienza. Scienza e teologia in dialogo; In dialogo con Ernst Bloch; La giustizia crea futuro. Una politica ispirata alla pace e un'etica fondata sulla creazione in un mondo minacciato; Che cos'e' oggi la teologia? Due contributi sulla sua attualizzazione; Chi e' Cristo per noi oggi?; La fonte della vita. Lo Spirito Santo e la teologia della vita; (a cura di), Biografia e teologia. Itinerari di teologi; Nella fine - l'inizio. Una picccola teologia della speranza; Dio viene e l'uomo acquista la liberta'. Conversazioni e tesi; Chi e' l'uomo?; Esperienze di Dio. Speranza - Angoscia - Mistica; Religione, rivoluzione e futuro; Sul gioco. Saggi sulla gioia della liberta' e sul piacere del gioco; Il linguaggio della liberazione. Prediche e meditazioni; L'esperimento speranza. Introduzioni; Nuovo stile di vita. Piccoli passi verso la "comunita'"; Uomo. L'antropologia cristiana tra i conflitti del presente; con Walter Kasper, Hans-Georg Geyer, Hans Kueng, Sulla teologia della croce; con Hans Kueng (a cura di), La Bibbia nel conflitto delle interpretazioni; con Johann Baptist Metz, Storia della passione. Due meditazioni su Marco 8,31-38; con Wolfhart Pannenberg, Karl Rahner, Johann Baptist Metz e altri, Dibattito sulla "teologia politica"; con Karl Rahner, Anton Voegtle e altri, Il simbolo apostolico; con Richard Shaull, Helmut Gollwitzer e altri, Dibattito sulla "teologia della rivoluzione". Opere su Juergen Moltmann: Rosino Gibellini, La teologia di Juergen Moltmann, Queriniana, Brescia 1975] Uno dei tratti caratteristici della teologia del Novecento e' la riscoperta del carattere escatologico del cristianesimo. L'escatologia era ridotta ad essere "dottrina dei novissimi", dottrina delle realta' ultime, da svolgere settorialmente e per di piu' come appendice finale dopo la trattazione delle altre verita' cristiane. Un autentico recupero dell'escatologia biblica significava ricollocarla nello spazio esplosivo della storia. E' un'operazione di largo respiro che la teologia ha affrontato soprattutto negli anni Sessanta e alla quale ha dato un decisivo contributo il teologo evangelico Juergen Moltmann. * 1. La vastita' d'orizzonte della speranza cristiana L'opera che lo ha rivelato e' Teologia della speranza del 1964, che e' stata al centro di un appassionato dibattito e che rimane scrittura-chiave del Novecento teologico. Per tracciare i lineamenti di una teologia della speranza cristiana Moltmann prende le mosse dall'Antico Testamento, battendo un sentiero storico, che passa nel mezzo dell'esperienza veterotestamentaria, che e' esperienza di promesse, di aspettazioni e speranze, e con i profeti, di speranza escatologica (di vittoria, cioe', sulla morte e di futuro oltre la morte). L'escatologia cristiana - che nasce dall'esperienza di pasqua - ricorda e riprende le speranze veterotestamentarie, e tuttavia ne differisce e le eccede, in quanto parla di Cristo e del suo futuro. La risurrezione di Cristo e' convalida delle promesse precedenti, ma essa stessa e' promessa universalizzata e radicalizzata in prospettiva escatologica, e cioe' e' promessa per tutti (promessa universalizzata) di vittoria sulla morte e di futuro oltre la morte (promessa radicalizzata); e' promissio inquieta, promessa che non si da' pace e che non trova riposo se non nella finale risurrezione dei morti e nella totalita' e novita' del nuovo essere. L'evento del Cristo dischiude un futuro di vita all'umanita'. Dalla riscoperta della speranza come struttura portante della rivelazione biblico-cristiana nasce un nuovo dinamismo per la missione: "La pro-missio del regno e' il fondamento della missio dell'amore per il mondo". Nell'analisi di Moltmann sono ormai tramontati i tempi costantiniani, in cui il cristianesimo fungeva da corona della societa', e tuttavia il cristianesimo non puo' ridursi a funzioni suppletive e di sgravio, cui lo demanda la societa' secolare e pluralista. La cristianita' non esiste per se', e cioe' non esiste in funzione di una ecclesiasticizzazione del mondo, ma neppure esiste in funzione della stabilizzazione della societa'; essa vive di una promessa che dischiude un orizzonte di speranza a tutta l'umanita'; essa ha, dunque, una missione; benche' non sia la salvezza del mondo, "e' al servizio della veniente salvezza del mondo ed e' come una freccia lanciata nel mondo per indicarne il futuro". * 2. La radicalita' della speranza cristiana La risurrezione di Cristo ha una struttura prolettica; essa e' anticipazione del futuro di vita e di risurrezione che Dio dona all'umanita'. Tuttavia il punto di vista prolettico e' insufficiente a cogliere la verita' dell'evento del Cristo. Sorge infatti la domanda: se con la risurrezione e' "gia' iniziato" il futuro di Dio, che senso hanno allora il suo patire e il suo morire? In altre parole: in quell'Uno si anticipa il futuro di Dio, ma perche' proprio in quell'Uno? La risposta, su cui riflette la teologia della croce, che Moltmann svolge in Il Dio crocifisso del 1972, suona: e' stato risuscitato colui che e' stato crocifisso. Scrive Moltmann: "La croce... modifica la risurrezione". La risurrezione e' anticipazione del futuro di Dio. Ma, siccome la risurrezione e' risurrezione del crocifisso, questa anticipazione diventa anticipazione del futuro di Dio per coloro che sono senza speranza e senza diritto. La croce diventa cosi' il significato della risurrezione. Una croce senza risurrezione significherebbe fallimento e Gesu' di Nazareth non sarebbe il Cristo di Dio. Una risurrezione senza croce suonerebbe solo miracolo, metamorfosi nella glorificazione, prolessi astratta del futuro. La risurrezione del crocifisso e' prolessi e speranza per i senza speranza nella croce del presente. In Teologia della speranza, a partire dall'evento di Cristo si guarda in avanti verso l'eschaton, e allora il punto privilegiato di osservazione e' la risurrezione di Cristo, da cui e' possibile avere la vista del futuro promesso da Dio; in Il Dio crocifisso, invece, dall'eschaton si guarda all'indietro, all'evento del Cristo, e ci si pone la domanda come sia presente il futuro regno di Dio nella realta' del presente. I due cammini teoretici devono essere, entrambi, percorsi. La riflessione svolta in Teologia della speranza da' prospettive alla speranza cristiana, aprendo gli spazi dell'orizzonte del regno, ma potrebbe portare all'entusiasmo e saltare il movimento dell'incarnazione, dell'obbedienza e dell'amore; la riflessione svolta in Il Dio crocifisso da' profondita' e radicalita' alla speranza, introducendo nel movimento messianico la storia della passione umana. * 3. La creativita' della speranza cristiana La speranza cristiana e' speranza creativa: "Noi non siamo solo gli interpreti del futuro, ma gia' dei collaboratori del futuro, la cui forza nella speranza come pure nel compimento e' Dio". Dopo Teologia della speranza Moltmann ha prontamente aderito, verso il 1968, al programma di "teologia politica", per dare concretezza alla speranza cristiana. In questa prospettiva la teologia della speranza progetta le "azioni della speranza" della comunita' cristiana; e la teologia della croce svolta in Il Dio crocifisso introduce nelle azioni della speranza le azioni di resistenza e di liberazione, le azioni cioe' di una speranza resa scaltra e decisa alla perseveranza ("il fiato lungo della speranza"), il compito piu' urgente della comunita' cristiana come "comunita' messianica" e "avanguardia del mondo liberato". E' il tema che Moltmann affronta in un'opera minore, come L'esperienza della speranza (1974), e soprattutto nel trattato ecclesiologico, La Chiesa nella forza dello Spirito (1975), che assieme a Teologia della speranza (1964) e a Il Dio crocifisso (1972) costituisce una sorta di trilogia: la trilogia della speranza. La chiesa di Cristo e' la chiesa del regno: l'angolo visuale, pertanto, e' la missione della cristianita', in tutta la sua vastita', nella storia per il regno. La chiesa di Cristo vive nell'orizzonte del regno, perche' vive nella forza dello Spirito santo "come comunita' messianica al servizio del regno di Dio nel mondo". Il concetto di messianico realizza una mediazione tra l'escatologico e lo storico, tra il regno di Dio e la storia: non separazione nel senso della metafisica, per la quale l'eternita' trascende il tempo; ne' identificazione nel senso delle filosofie storicistiche, per le quali il senso della storia trova realizzazione totale all'interno della storia; bensi' mediazione: "Se l'escatologico diventa storico, lo storico diventa escatologico". Nella venuta del Cristo e nella risurrezione l'escatologico ha fatto il suo ingresso nella storia; la storia si pone, cosi', in cammino verso il suo compimento finale: "La speranza diventa realistica e la realta' diventa pregna di speranza". Tale mediazione messianica si esprime innanzitutto nella figura messianica dell'anticipazione, che non e' ancora compimento, ma solo frammento del tutto che viene; ne consegue che sono esclusi sia l'entusiasmo fanatico, sia la rassegnazione tragica. Inoltre essa trova espressione nella figura messianica della resistenza contro le forze del male e della morte ancora all'opera in un mondo che tende a chiudersi in se stesso e su se stesso. Anticipazione e resistenza sono connesse con le figure messianiche della dedizione e della rappresentanza: le anticipazioni non rappresentano se stesse, rappresentano cio' che deve venire ed esigono impegno e dedizione al presente perche' si apra al futuro del regno. Nell'anticipazione tramite resistenza, dedizione e rappresentanza la storia si mantiene aperta al futuro escatologico. * 4. La speranza nell'orizzonte del Regno Dopo il ciclo della teologia della speranza (1964-1975), Juergen Moltmann ha intrapreso un progetto di teologia sistematica (con una serie di Contributi sistematici di teologia, 1980-1999), come teologia dialogica, che si sviluppa in comunione ecumenica con le teologie delle chiese cristiane e che pensa in modo ecumenico tutti i grandi temi della tradizione cristiana: essa ha le sue coordinate di riferimento, oltre che nella "Scrittura" come fonte cristiana, nella comune speranza nel "Regno" come orizzonte di riflessione. In Trinita' e Regno di Dio (Contributi sistematici di teologia 1, 1980) Moltmann muove una critica decisa alla dottrina cristiana su Dio concepita in termini di monoteismo cristiano e sviluppa una dottrina su Dio come Trinita' aperta sulla storia dell'uomo, che apre la storia dell'uomo e del mondo al futuro del regno di Dio. La Trinita' come storia di Dio e' "storia della storia umana", per cui la storia umana e' in Dio: non, hegelianamente, Dio nella storia; ma, cristianamente, la storia in Dio. Conseguentemente, in Dio nella creazione (Contributi sistematici di teologia 2, 1985), Moltmann non parte dalla dottrina monoteistica su Dio, che considera Dio come Soggetto assoluto, da cui deriva una teoria della creazione come Oggetto, in cui il mondo diventa oggetto affidato al dominio dell'uomo, creato ad immagine di Dio; ma dalla dottrina trinitaria su Dio, da cui deriva una dottrina ecologica della creazione, operando cosi' il passaggio da una concezione gerarchica tra Dio e il mondo ad una concezione comunionale. Dio non e' solo il Creatore trascendente del mondo, ma e' presente nel mondo con il suo Spirito cosmico. Il concetto trinitario di creazione tiene insieme la trascendenza di Dio nel mondo e la sua immanenza ad esso, e insieme tiene aperta la creazione al futuro del regno, prospettato come "la sim-patia di tutte le cose". Con La via di Gesu' Cristo (Contributi sistematici di teologia 3, 1989) Moltmann affronta il tema cristologico. Se Teologia della speranza (1964) svolge le linee di una cristologia escatologica, e Il Dio crocifisso (1972), le linee di una escatologia cristologica; La via di Gesu' Cristo punta ad una integrazione e svolge una "cristologia della via". Il simbolo della via esprime il momento processuale e il fine verso cui tende la cristologia: e l'escatologia e' sempre il compimento della cristologia. Il teologo ebraico Martin Buber confessa: "La chiesa si fonda sulla fede nel Cristo gia' venuto, in una redenzione gia' accordata da Dio all'umanita'. Noi, Israele, non riusciamo a crederlo". Moltmann, in dialogo con l'ebraismo, sviluppa una cristologia in dimensioni messianiche: "Ogni confessione di Cristo ci mette in cammino e non significa mai la meta... Chi confessa il 'Cristo di Dio' riconosce il Cristo in divenire, il Cristo in cammino, il Cristo in movimento della storia escatologica di Dio, e si pone anche lui sulla 'via di Cristo' nella sequela di Gesu'". Con Lo Spirito della vita (Contributi sistematici di teologia 4, 1991) Moltmann affronta il tema dello Spirito santo, sviluppando una pneumatologia integrale, che vada oltre una pneumatologia antropologica (Dio nel soggetto) in una duplice direzione: nella direzione della comunita' e della comunione creaturale (Dio in tutte le cose): "La possibilita' di conoscere Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio si fonda teologicamente sulla concezione dello Spirito divino come Spirito della creazione e fonte della vita". In questo senso il teologo evangelico imputa alla grande opera pneumatologica di Congar, Credo nello Spirito santo (1969) di essere focalizzata solo sullo Spirito della chiesa e della fede, e di non prestare sufficiente attenzione alla scoperta dell'ampiezza cosmica dell'azione dello Spirito di Dio. Con L'avvento di Dio (Contributi sistematici di teologia 5, 1995) Moltmann affronta il tema dell'escatologia. L'escatologia ha sempre a che fare con la fine, ma essa non ha come tema la fine, ma la ricreazione di tutte le cose. Il principio dell'escatologia cristiana e' cosi' formulato "alla fine - l'inizio", e cioe': alla fine, il nuovo inizio. La trattazione e' una ripresa della tematica e della prospettiva di Teologia della speranza (1964), ma con l'intento di elaborare sistematicamente una "escatologia integrante", che integra l'"escatologia personale", l'"escatologia della storia" e l'"escatologia cosmica". L'escatologia ha una dimensione apocalittica, in quanto l'apocalittica mette a tema la fine del mondo. L'apocalittica preserva la dottrina cristiana della speranza da un ottimismo superficiale, ma l'escatologia e' la speranza che "nella fine" si ha un "nuovo inizio". Un'apocalittica senza escatologia non rientra in una prospettiva biblica, ma sarebbe una teoria della catastrofe, mentre l'escatologia, pur considerando la fine (e' la dimensione apocalittica dell'escatologia), implica sempre la categoria del novum, e alimenta una speranza "creativa" e "militante". E' il tema ripreso in questa Piccola teologia della speranza (2003), che si riconnette espressamente all'escatologia integrale de L'avvento di Dio, ma approfondisce una "escatologia personale", mostrando la forza vitale e il conforto della speranza nella vita personale. In una recente intervista (2003) Moltmann, ricordando il filosofo Bloch autore de Il Principio speranza (1959), si e' cosi' espresso: "Bloch ha fatto spesso delle osservazioni piuttosto semplici sulla morte. Ma il Principio speranza incomincia: 'Che cosa attendiamo noi propriamente?'. Ma poi viene la domanda seguente: 'Che cosa ci attende?'. E su questo voleva una risposta". E la risposta del teologo e': "Noi siamo attesi". Moltmann conclude il suo percorso sistematico con il volume Esperienze di pensiero teologico. Vie e forme della teologia cristiana (Contributi sistematici di teologia 6, 1999), in cui esplicita la metodologia del suo lavoro teologico, caratterizzando il suo modo di far teologia come "teologia per il regno di Dio": "La teologia non e' per me [a differenza di Barth] una dogmatica intra-ecclesiale, o postmoderna indirizzata solo alla propria comunita' di fede [a differenza di Lindbeck], ne' e' per me la scienza culturale della religione civile della societa' borghese [a differenza della teologia "progressista"]. La teologia nasce dalla passione per il regno di Dio e per la sua giustizia, e questa passione sorge nella comunita' di Cristo. Grazie a questa passione la teologia diventa fantasia per il regno di Dio nel mondo e per il mondo nel regno di Dio". Per questo suo orientamento la teologia di Moltmann si fa "teologia pubblica", e, nelle sue molteplici modulazioni, trova sempre la sua fonte nel motivo della speranza: "Non ho voluto solo una teologia sulla speranza, ma una teologia a-partire-dalla speranza: una teologia come escatologia, una teologia del regno liberante di Dio nel mondo". 6. RIVISTE. CON "QUALEVITA", LA LEZIONE DI LEONARDO BOFF Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi all'ascolto della lezione di Leonardo Boff. * "La teologia della liberazione e' nata all'interno di un impegno e di una prassi che si propongono la liberazione degli oppressi. Non si tratta soltanto di riflettere su un tema in piu' - il tema della liberazione - tra i tanti contemplati nell'agenda teologica. Si tratta di pensare la totalita' del contenuto della fede e del vangelo a partire da una prassi di liberazione e da una scelta per i poveri contro la loro poverta'" (Leonardo Boff, Quandfo la teologia ascolta il povero, Cittadella, Assisi 1984, p. 96). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenda-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 981 del 4 luglio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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