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La nonviolenza e' in cammino. 973
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 973
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 26 Jun 2005 00:17:38 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 973 del 26 giugno 2005 Sommario di questo numero: 1. Patricia Lombroso: Un'intervista 2. Osvaldo Caffianchi: Degli eserciti 3. Lidia Menapace: Il ritorno dell'abisso 4. Bruna Peyrot: L'esperienza e l'elaborazione del "Partito dei lavoratori' (Pt) brasiliano (parte prima) 5. Sergio Labate presenta "Il principio nonviolenza" di Jean-Marie Muller 6. Con "Qualevita", all'ascolto di Christian Mellon e Jacques Semelin 7. Letture: Eva Cantarella, Itaca 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. TESTIMONIANZE. PATRICIA LOMBROSO: UN'INTERVISTA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 giugno 2005. Patricia Lombroso e' corrispondente da New York del quotidiano; ha pubblicato in volume una raccolta di sue interviste a Noam Chomsky dal 1975 al 2003: Noam Chomsky, Dal Vietnam all'Iraq. Colloqui con Patricia Lombroso, Manifestolibri, Roma 2003] "In Iraq non ho piu' intenzione di tornare. Per il Pentagono sono nella lista dei 6.000 'disertori'. In gergo militare ci indicano con la sigla 'Aow', Absent of war. Durante la mia esperienza in Mesopotamia ho visto che per i nostri soldati e comandanti li' non esistono regole. Tutti si comportano come nell'avamposto del nuovo Far west americano. Politici e militari ci hanno detto una valanga di bugie sulla missione a Baghdad. La mia esperienza e' stata decisiva per farmi maturare la convinzione che non sarei mai tornato in Iraq". Mark, 20 anni, vive in clandestinita' dal marzo del 2004. Dopo l'"Active duty" alla base militare di Forthood, nel Texas, venne spedito in Iraq a 17 anni. Recentemente e' entrato nelle file dei disertori alla guerra in Iraq. Come nel caso della guerra in Vietnam, il numero dei "resistenti" all'avventura bellica si sta estendendo in modo preoccupante per il Pentagono, incapace di trovare soldati, marines e forze speciali - anche dispensando bonus pecuniari dai 40.000 ai 150.000 dollari - disposti a riarruolarsi volontariamente per la guerra. Mark, nell'intervista al "Manifesto", ci racconta dalla clandestinita' la sua esperienza. - Patricia Lombroso: Quando e' stato spedito in Iraq? - Mark: Nel marzo del 2003, la mia unita' da Forthood in Texas e' stata spostata in Iraq. Facevamo parte della polizia militare. Son rimasto fino al marzo 2004. Avevo 17 anni. Addestramento militare di una settimana con regole d'ingaggio che poi si sono verificate inesistenti sul teatro di guerra. Trattavamo tutti gli iracheni come dei criminali. I nostri comandanti pattugliavano le strade di Tikrit, la citta' dove ero assegnato: quando si annoiavano impartivano a noi soldati l'ordine di fare irruzione in ogni casa privata di un determinato quartiere da loro indicato. Spargendo terrore dovevamo far uscire ogni singolo membro di ogni nucleo familiare, arrestarlo e sbatterlo in prigione. - Patricia Lombroso: Quali erano le motivazioni per l'arresto e sequestro di civili innocenti? - Mark: Non esisteva alcun motivo, ne' sospetti concreti che facessero parte della resistenza irachena. Dovevamo eseguire questi ordini, terrorizzare donne e bambini con il pretesto di dover sequestrare armi e munizioni, anche se non trovavamo nulla nelle case. - Patricia Lombroso: Venivate informati che questo faceva parte di una missione militare? - Mark: Non esisteva nessun motivo, ne' missione. Ai check point bloccavamo le auto di civili iracheni sul nostro percorso e li derubavamo di tutto il denaro in loro possesso. Tra i soldati si era stabilita una gara, quasi un gioco sadico nei confronti della popolazione locale. I giovani soldati gareggiavano a chi riusciva a distruggere il maggior numero di auto irachene sparando dai nostri gipponi "Hunvees". Era diventato un passatempo. Per ogni veicolo iracheno distrutto, il soldato collocava uno sticker sul proprio cruscotto. Si scommetteva anche su quante donne nude potevamo rinvenire quando di notte effettuavamo irruzioni nelle case degli iracheni. Quante persone si riusciva a terrorizzare al punto di urinarsi addosso per la paura. Fu questo il primo segnale che desto' in me l'orrore per quanto stavamo facendo. - Patricia Lombroso: Come venivano puniti i soldati protagonisti di questi atti di sadismo ingiustificati? - Mark: In Iraq i soldati hanno completa mano libera da parte dei loro comandanti e generali. Possono fare quello che vogliono senza essere puniti. Civili innocenti iracheni venivano uccisi impunemente, derubati e gettati nel Tigri. - Patricia Lombroso: Lei ha partecipato, durante le irruzioni in case private, a questi atti di terrorismo da parte dei soldati americani? - Mark: Rifiutai di eseguire questi ordini. Cominciai a capire che la guerra era contro un nemico inesistente. Stavamo semplicemente saccheggiando un paese, distruggendo scuole, ospedali. Non era vero che eravamo in Iraq per aiutare la ricostruzione, presto ho verificato le balle che hanno detto a noi e all'opinione pubblica: eravamo stati mandati in guerra per abbattere il regime di Saddam Hussein che minacciava di distruggere gli Stati Uniti. Presto abbiamo appreso che non esistevano armi di sterminio in Iraq. Eravamo degli invasori che saccheggiavano il paese. L'informazione a disposizione era il giornale militare "Star and stripes". L'accesso all'informazione televisiva era limitata ad un solo canale: la Arm force network, tv militare. Molto spesso non avevamo accesso ad internet. - Patricia Lombroso: Gli altri soldati del suo plotone la pensavano come lei? - Mark: Lei non puo' immaginare la reazione individuale dei soldati quando viene menzionato l'attacco terroristico dell'11 settembre. E' patriottismo cieco. Loro sono convinti di essere in Iraq per vendicarsi dei morti americani dell'11 settembre. Non possono psicologicamente ammettere il contrario. Serve loro per giustificare tutto l'orrore che fanno in Iraq. - Patricia Lombroso: Ma nell'ultimo anno di guerra e' lo stesso Pentagono ad ammettere che il numero dei disertori e' salito da un numero esiguo a 6.000 soldati. Altri chiedono asilo in Canada. - Mark: Il rifiuto da parte dei soldati di tornare a combattere in Iraq per una guerra che non trova giustificazioni e' una evoluzione recente. Ma la maggioranza dei soldati che sono in Iraq preferisce pensare che e' ok. Eseguono ordini e si rifiutano di pensare. 2. PAROLE. OSVALDO CAFFIANCHI: DEGLI ESERCITI Gli eserciti che bucano corpi come fossero sacchi polverosi gli eserciti che rompono anime come fossero bolle di sapone gli eserciti che sanno che tu sai ed hai paura di dire di no gli eserciti che uccidono col soffio e con lo sguardo, col batter delle ciglia che svanirebbero in un lampo se ci decidessimo a dire di no. 3. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: IL RITORNO DELL'ABISSO [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it ) per averci messo a disposizione questo articolo scritto per il quotidiano "Liberazione". Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] C'e' una precipitazione di orrori da non starci dietro: gli ultimi sono le proposte della Lega di castrare gli stupratori e l'avanspettacolo di Berlusconi ottimista e play boy. Credo comunque che l'Italia dovrebbe chiedere scusa alla Presidente del consiglio finlandese per le parole di Berlusconi secondo le quali avrebbe dovuto corteggiarla per poter avere l'ufficio europeo dell'alimentazione a Parma (la patria della Parmalat). Vedo che la cosa non ha sollevato scandalo e persino la giornalista del telegiornale l'ha data con amabilita' sorridente. E un giudice bolognese per aver detto che una parte della illegalita' e' causata dal cattivo esempio dall'alto (il presidente del consiglio fa l'elogio dell'economia sommersa), viene indicato a una "esemplare" punizione. E' una cosa che avevo pensato io pure sentendo membri del governo non chiudere subito i discorsi "comprensivi" verso chi spara ai ladri, sicche' un certo "concorso di colpa" almeno morale (non chiedo nessuna legge, solo una censura morale diffusa ed espressa dalla stampa) ce l'hanno, quando poi un orefice rincorre per strada un rapinatore e lo uccide. Cosi' la proposta di Calderoli avra' come effetto di provocare atti violenti verso giovani immigrati. E' vero che la violenza sessuale e' in aumento, e come non potrebbe con l'aumento di violenza, ferocia, crudelta' della vita sociale? La proposta di castrazione chimica o chirurgica e' sostenuta dall'intero gruppo parlamentare, almeno - par di capire - per gli stupri non "normali", dice un deputato leghista. Forse quelli in famiglia, o da parte di soldati magari in Somalia o contro prostitute sono "normali"? Non so se qualcuno puo' capire che le parole di quei signori passano come carta vetrata sulla pelle per me e le altre moltissime che con fatica da bestia e una tenacia senza limiti ci siamo impegnate per far modificare il codice italiano in materia di "violenza carnale" (c'e' chi la chiama ancora cosi'), e ignora che ci sono volute tre legislature per far uscire lo stupro dai reati contro la morale e passarlo tra i reati contro la persona, e lotte senza fine per far riconoscere il reato di violenza sessuale commesso in famiglia e anche da parte del marito o partner, e che una particolare attenzione e' stata data nella legge allo stupro di gruppo, che non e' una invenzione degli immigrati. In materia spetta parola ad Anna Finocchiaro che porto' la legge all'approvazione (sia pure con alcune mediazioni che molte di noi non le avevano nemmeno perdonato). Il sentimento della legalita' cala paurosamente: nella cronaca di questi giorni il delitto avvenuto a Napoli da parte di un giovane pregiudicato contro la sua ragazza viene chiamato nel tg una azione "stupida", e si coglie una sfumatura di "comprensione" rispetto agli attacchi alla polizia: e' pur sempre il buon vecchio "delitto d'onore". Il dolore e' per me molto forte, la rabbia ancor di piu', bisognera' organizzare qualche corso alternativo di storia dei primi decenni della Repubblica, qui non e' piu' "solo" la Resistenza cancellata o la Costituzione scempiata. Stanno andando a scatafascio molte cose che ci erano sembrate tanto giuste, persino ovvie. 4. ESPERIENZE. BRUNA PEYROT: L'ESPERIENZA E L'ELABORAZIONE DEL "PARTITO DEI LAVORATORI" (PT) BRASILIANO (PARTE PRIMA) [Ringraziamo Bruna Peyrot (per contatti: brunapeyrot at terra.com.br) per averci messo a disposizione il capitolo quinto, "Scrivere la democrazia", del suo libro La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta Edizioni, Troina (En) 2004. Bruna Peyrot, torinese, scrittrice, studiosa di storica sociale, conduce da anni ricerche sulle identita' e le memorie culturali; collaboratrice di periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, autrice di vari libri; vive attualmente in Brasile. Si interessa da anni al rapporto politica-spiritualita' che emerge da molti dei suoi libri, prima dedicati alla identita' e alla storia di valdesi italiani, poi all'area latinoamericana nella quale si e' occupata e si occupa della genesi dei processi democratici. Tra le sue opere: La roccia dove Dio chiama. Viaggio nella memoria valdese fra oralita' e scrittura, Forni, 1990; Vite discrete. Corpi e immagini di donne valdesi, Rosenberg & Sellier, 1993; Storia di una curatrice d'anime, Giunti, 1995; Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese, Giunti, 1997; Dalla Scrittura alle scritture, Rosenberg & Sellier, 1998; Una donna nomade: Miriam Castiglione, una protestante in Puglia, Edizioni Lavoro, 2000; Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita', Citta' Aperta, 2002; La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta, 2004. Per richiedere il libro alla casa editrice: Citta' Aperta Edizioni, via Conte Ruggero 73, 94018 Troina (En), tel. 0935653530, fax: 0935650234. Segnaliamo ai lettori che per esigenze grafiche legate alla diffusione per via informatica del nostro foglio, i termini brasiliani sono stati semplificati abolendo tutti gli accenti all'interno delle parole e sostituendo tutti i caratteri con particolarita' grafiche non tipiche della lingua italiana; questo rende la trascrizione di quei termini non fedele ma semplicemente orientativa. I conoscitori della soave lingua portoghese-brasiliana sapranno intuire le soluzioni adeguate, con tutti gli altri ci scusiamo] "O homen faz a terra E a terra faz o homen Como se entrelacados Fossem para a vida O mesmo encontro (a mesma dor) A mesma paz do pasto O mesmo vasto andar Distraido no crepusculo" (Tarso Genro, Poema do Lavrador) 1. "Essere" del Pt Il passaggio dalla coscienza di classe alla coscienza di luogo non puo' lasciare indifferente un partito come il Pt che pur con anime diverse, aveva fondato la sua politica sull'azione della classe operaia dell'Abc di Sao Paulo. La sua storia puo' aiutare a capire oltre vent'anni di Brasile, nel tessuto sociale del quale ha saputo profondamente insinuarsi, interpretandolo fino a portare il suo militante per eccellenza, Luiz Inacio Lula da Silva, alla presidenza della repubblica. Il Manifesto della fondazione del Pt, avvenuta il 10 febbraio 1980 nel Colegio Sion di Sao Paulo, cosi' recita: "Il Partido dos Trabalhadores nasce dalla necessita' sentita da milioni di brasiliani di intervenire nella vita sociale e politica del paese per trasformarla. La piu' importante lezione che il lavoratore brasiliano ha imparato nelle sue lotte e' che la democrazia e' una conquista che o si costruisce con le sue mani o non sara'... Il Pt afferma il suo impegno per la democrazia piena ed esercitata direttamente dalle masse...". L'attuale Statuto completa gli intenti originari e, all'articolo primo, dice: "Il Partido dos Trabalhadores (Pt) e' un'associazione volontaria di cittadini e cittadine che si propongono di lottare per la democrazia, il pluralismo, la solidarieta', le trasformazioni politiche, sociali, istituzionali, economiche, giuridiche e culturali, destinate a eliminare lo sfruttamento, il dominio, l'oppressione, la diseguaglianza, l'ingiustizia e la miseria, con l'obiettivo di realizzare il socialismo democratico" (1). Fra i diritti degli affiliati c'e' quello di potersi organizzare in correnti interne (capitolo IV, art. 13, punto 8) e di "essere trattato in forma rispettosa, senza distinzione di grado nella disponibilita' militante" (capitolo IV, art. 13, punto 14). Fra i doveri si trova quello di contrastare ogni tipo di discriminazione: etnica, religiosa, di genere, eta', orientamento sessuale, colore, razza e verso i portatori di handicap (capitolo IV, art. 14, punto 2). Il passaggio fra i due documenti precisa, nonostante il cambiamento di linguaggio, l'intento democratico, chiaro fin dall'inizio soprattutto al nucleo fondatore del Pt, quella frangia piu' cosciente e politicizzata del sindacalismo operaio dell'Abc di Sao Paulo che seppe rompere con il settarismo dei gruppi e spostare la tensione ideale sulla prima parola del binomio - riforma o rivoluzione? - che percorreva allora tutti i dibattiti della sinistra brasiliana. Forte di una pratica cattolica basata sull'"amore come ragione di vita" che portava a "rischiare tutto radicalizzando l'impegno con la resistenza" (2), decise che il diritto minimo di ciascuno era poter decidere il senso della propria storicita'. Questa scelta della democrazia fu sempre una radice irrinunciabile da far maturare in nuovi frutti, come hanno sottolineato il presidente nazionale del Pt fino alla sua elezione a ministro della Casa Civil, Jose' Dirceu e Silvio Jose' Pereira, segretario nazionale organizzativo. In oltre vent'anni di esistenza "abbiamo imparato a governare senza perdere le nostre radici e senza abbandonare i nostri principi. Questa evoluzione rappresenta il fondamento di una pratica partitaria etica e militante, la pratica di una proposta e di azioni di governo democratiche, partecipative e popolari che hanno lottato contro l'esclusione sociale... Il Pt e' cresciuto, cambiato, maturato. E' oggi uno dei piu' importanti riferimenti, fra i partiti organizzati, per la sinistra mondiale". Essi ribadiscono ancora la necessaria e vincente "unita' partitaria" e il fatto che "il Brasile necessita di una rivoluzione etica, di un altro modello economico e di riforme sociali e politiche che redistribuiscano la rendita, la terra e la ricchezza, che diano ai cittadini giustizia e democrazia, con un vero benessere sociale" (3). * Il Pt e' uno dei piu' grandi partiti della sinistra latinoamericana, in un contesto continentale in cui il partito non e' mai stato "uno strumento di rappresentanza di interessi di gruppi, ne' uno strumento di negoziazione di domande sociali" ma "uno strumento di ripartizione del potere tra elite dirigenti" (4). Nato con la fine della dittatura militare, il Pt si dichiara una formazione "socialista e democratica" che ha preso le distanze sia dal populismo latinoamericano sia dai socialismi reali di Urss e Cina. La sua originalita' sta nell'essere casa comune per forze del mondo sindacale, del marxismo rivoluzionario e riformista, del femminismo, della teologia della liberazione e per i movimenti sociali come i Sem Terra. Ai quali si possono aggiungere componenti trotzkiste e altre varie espressioni sociali. Partito, dunque, composito al suo interno, con differenti aree che si confrontano in una dialettica democratica imparata nella quotidianita', e' una vera e propria scuola di "socialismo personalizzante" (5) che ha creato, in uno stretto legame comunitario, nel milione di iscritti attuali, quadri politici professionalizzati, cosmopoliti e dalla proverbiale capacita' di militanza. Una ricerca sul Pt di Rio Grande do Sul (6) riflette la traiettoria politica di un gruppo di militanti fra i 30 e i 45 anni. Il loro capitale culturale di partenza e' simile: attivi nelle pastorali della chiesa cattolica o nelle associazioni studentesche, diplomati, senza patrimonio famigliare, con genitori che hanno investito la loro ascesa sociale nell'educazione dei figli stimolandoli a frequentare l'universita'. In questo contesto, il partito diventa un mezzo per cambiare collocazione nella societa', spesso attraverso una militanza "professionalizzata", con l'offerta al partito di cio' che si sa fare (medico, insegnante, avvocato, bancario, tecnico agricolo...). Tutti hanno partecipato alle scadenze che hanno reso democratico il Brasile: lotta alla dittatura, campagne elettorali, directa ja' per l'elezione diretta del presidente della repubblica. La carriera dentro il partito e' stata proporzionale alla loro presenza. La dedizione integrale alla politica e la costanza nelle riunioni hanno permesso l'appropriazione dei codici comunicativi interni, utili a partecipare alla vita del partito. Cio' significa entrare a far parte di una rappresentazione collettiva - un certo modo di parlare, citazioni obbligatorie da fare, riferimenti storici da non dimenticare - che li ha integrati nella complessa rete delle relazioni, dentro e intorno al partito. Infatti, per Rio Grande do Sul, lo stato piu' politicizzato del Brasile, essere un dirigente o un quadro del Pt e' avere un potere sociale ampio e riconosciuto. Ognuno diventa "un nodo informativo che sviluppa un sapere giocato per fare carriera verso ruoli dirigenziali. In questa traiettoria scarseggiano le donne, mentre i quadri gia' in funzione tendono a perpetuare all'infinito il ruolo rivestito. Insomma, il capitale politico da spendere dentro il partito e' dato dal seguente curriculum: rete di relazioni che si e' riusciti a creare intorno a se', presenza nei movimenti sociali, tempo di militanza e di permanenza fisica nel partito, capacita' di gestire - talvolta manipolare - riunioni di iscritti, difendere tesi, farsi notare, rappresentare bene l'ente e saper negoziare accordi produttivi. Cio' che abbiamo descritto potrebbe di certo valere per qualsiasi partito di massa, soprattutto di sinistra. Per il Pt brasiliano, tuttavia, c'e' qualcosa in piu': la necessita' per il militante di voler esprimere una consapevole diversita': "Che il Pt sia un partito diverso dagli altri, tutti lo percepiscono all'istante. E cio' non e' dovuto solo alle sue posizioni politiche che molti considerano troppo radicali. Nemmeno e' dovuto all'esistenza dei barbuti di partito, visto che non sono in molti. Le persone riconoscono il petista perche' c'e' una forma petista di essere, una cultura propria, piu' che un'ideologia. Un entusiasmo paragonabile solo alle sfide calcistiche, un'energia che porta i militanti - la tanto temuta militanza del Pt - a uscire nelle strade, bandiere in mano, stella sul petto" (7). Il libro citato, con testi e bellissime fotografie che narrano la memoria di un percorso ventennale, e' stato edito anche in forma di calendario per essere diffuso capillarmente. Cio' dimostra che il Pt forma una societa' con propri costumi ed eventi fondatori comuni, come e' successo al proletariato di fabbrica descritto da Stefano Merli che per sopravvivere agli "ergastoli dell'industria" aveva creato una societa' solidale alternativa con le associazioni di mutuo soccorso e uno stile famigliare separato dal resto della societa' (8). L'intensita' totalizzante della militanza, a volte mistica, diventa visibile in modo particolare durante le mobilitazioni politiche. Le bandeiracos, ad esempio, sbandierate con lo stendardo del Pt sui viadotti, agli incroci delle vie principali e nei parchi, coinvolgono famiglie e reti di amici chiamati a collaborare. Esistono poi forme di militanza piu' individuali, come le Cartas acidas, inviate nel 1988 da Bernardo Kucinski ogni giorno a Lula e ai coordinatori della sua campagna elettorale per informarli sull'umore del paese. Fra falsita' e tentativi di occultamento dei problemi piu' gravi, come la crisi del real, l'autore suggeriva iniziative possibili, a caldo, per essere in sintonia con l'opinione pubblica che si inquietava per cose spesso diverse da quelle immaginate dal partito. A volte Kucinski suggeriva a Lula anche di commentare fotografie apparse sulla stampa del giorno, come quella su "Folha" del 30 luglio 1998 (Carta acida n. 3), in cui sono ripresi i tre chilometri di disoccupati a Sao Paulo, in fila per un posto di lavoro (9). * Se si partecipa a qualche campagna elettorale si puo' comprendere come in Brasile le elezioni non siano solo l'espressione di uno statuto formale della democrazia. Esse, infatti, rendono visibili aspetti importanti della vita sociale, come se tutto emergesse dal silenzio precedente di un'azione di massa sotterranea: le appartenenze si proclamano con una vastissima gadgettistica, le iniziative si moltiplicano, i fronti si ampliano con nuovi aderenti e gli "scontri" prendono figurazioni metaforiche, come quelle delle marce al Parque Farroupilha di Porto Alegre. Le elezioni, in altre parole, da quando sono democratiche, invadono la sfera sociale quotidiana, e restituiscono luoghi della politica. Si attua una liturgia laica simile al carnevale, in cui appare una sospensione temporale della gerarchia dei poteri, in cui tutto puo' accadere, tutto puo' essere invertito, tutto prende un diverso senso e anche il "basso" puo' diventare "alto", proprio come nella tradizione medievale, in cui il popolo, una volta l'anno, si liberava dai vincoli della lealta' al potere costituito per entrare con "l'allegria collettiva della massa popolare nella piazza" (10). Le campagne elettorali sembrano offrire l'antica visione comica del mondo rinnovato, che con la sua risata collettiva scatenava il potere del mondo alla rovescia. Ma i militanti del Pt, al contrario, vogliono conservare questo nuovo universo, che intendono regolamentare con la sicurezza che danno le procedure democratiche, cosi' amate dopo anni di dittatura e autoritarismo, tanto che il caos della moltitudine non puo' che trasformarsi nell'ordine della democrazia e "al frastuono ed al mescolamento caotico della piazza non puo' che contrapporsi l'ordine assembleare, dove ciascuno parla a suo turno nel silenzio dell'uditorio" (11). * La militanza non finisce, tuttavia, con le campagne elettorali. Soprattutto se leader comunitario in un barrio o in un movimento particolare, il militante garantisce la continua comunicazione con l'eletto. Cio' vale per molti partiti brasiliani, ma soprattutto per il Pt che esprime la "multipresenza della militanza" (12). Di solito esiste un team specializzato per tenere le relazioni con la base del partito o della popolazione del municipio che ha eletto il parlamentare. Suo compito e' di ricevere le delegazioni (donne, agricoltori, sindaci, giovani...) che oltre a "chiedere", spesso desiderano essere accompagnati a visitare il Parlamento dove il deputato "fa il padrone di casa", e rispondere, cosa che richiede discrezione e sensibilita', a telefonate e lettere. Queste ultime, sono state classificate in un'interessante ricerca (13). Esse vanno dalle richieste in favore della collettivita' a quelle piu' personali - un lavoro, un intervento per la salute dei famigliari, una borsa di studio per i figli - da quelle scritte dalle donne, piu' subalterne e meno abituate a difendere il loro onore di capofamiglia, a quelle di uomini che dichiarano di scrivere in via del tutto eccezionale, perche' hanno conosciuto il parlamentare. Il mediatore del partito con la comunita' riveste un ruolo importante, soprattutto se sindaco o curatore di gabinetti particolari. Infatti, se alle prossime elezioni, il parlamentare perdera' sara' sua la responsabilita' della sconfitta, in caso contrario avra' il merito. Uno dei compiti importanti dei "quadri" e' di saper conciliare l'agenda del parlamentare con gli eventi locali del suo distretto d'elezione: un'inaugurazione, una celebrazione, un dibattito richiedono la sua presenza. Un'astuzia particolare e' infatti saper conferire un aspetto regionale a questioni generali. Questa tendenza ha prodotto un processo di regionalizzazione della politica, per cui il parlamentare concentra la sua azione solo nell'epicentro territoriale dei voti ottenuti. Le campagne elettorali sono meticolosamente organizzate dal Pt che distribuisce manuali di aiuto ai militanti, come quello del 1989 a Porto Alegre. Fra i consigli: serieta' professionale e impegno di costruzione del partito perche' "la nostra maggior ricchezza e' la militanza". Non si tralasciano neppure indicazioni precise sulla forma e la grandezza dello stemma: stella gialla su sfondo rosso, con la sigla Pt in rosso al centro. Il Pt e' dotato, infine, di strumenti informativi come "Pt noticias", giornale del direttivo nazionale e, dal 1996, la Fondazione Perceu Abramo, dedicata alla memoria di un militante esemplare, giornalista e scrittore, fondatore del "Jornal dos Trabalhadores" (24 edizioni, fra 1982 e 1983), fatta conoscere soprattutto dalla sua vasta produzione editoriale e dal trimestrale "Teoria e Debate", sede, fra l'altro, di un ampio dibattito sul ruolo del partito nella societa' brasiliana. * Il Pt ha svolto un ruolo di profonda innovazione nella societa' brasiliana, oltre ad essere stato un'agenzia di socializzazione che ha emancipato molti dei suoi quadri, come per decenni il Partito comunista italiano. Basta considerare gli attuali ministri di Lula. Quasi tutti hanno un'origine sociale modesta. Il padre di Lula era pulitore di auto, come quello di Luiz Gushiken; il padre di Luiz Dulci piccolo venditore, di Marina Silva seringueiro, di Jose' Dirceu grafico. In una generazione, questi figli degli strati sociali bassi sono diventati ministri (14). Le tre grandi anime del Pt delle origini - il nuovo sindacalismo nato dalle lotte operaie del 1978, la moltitudine di piccole organizzazioni dell'area marxista, decimate alla fine degli anni settanta, e le comunita' di base di Frei Betto, Frei Eugenio e Padre Alipio - hanno dovuto imparare ad andare d'accordo, in vista del comune obiettivo di conquistare la democrazia. Anzi, proprio queste loro tensioni interne le hanno addestrate a mediare le posizioni. I cristiani portarono i sentimenti e i valori, i sindacalisti la scelta di classe e i marxisti la lunga e impervia storia del socialismo internazionale. Cio' che li ha uniti indissolubilmente fu la militanza. Tuttavia, in un'epoca in cui le proposte totalizzanti sono in crisi per la "gelatinosita' della societa' civile" (15), come ha saputo il Pt entrare nelle pieghe di un'epoca in cui la demodernizzazione intesa come "rottura dei legami che uniscono la liberta' personale all'efficacia collettiva" (16) ha colpito anche il Brasile? * Tarso Genro e' stato il militante che ha sempre creduto nella necessita' della teoria, a partire dalla riflessione sul ruolo del partito che appassiono' sia gli anni Ottanta, decennio di formazione del Pt, sia l'attualita', in cui la vittoria di Lula impone il Pt come forza di governo. Tarso scrisse nel 1989, alle soglie della vittoria a Porto Alegre: "La sua crescita e la sua maturazione avviene in un'epoca di crisi profonda dei valori del comunismo... In un'epoca in cui essere di sinistra e' quasi sinonimo di 'perdita di vivacita'', al contrario dei periodi aurei della creativita' del socialismo francese, tedesco e russo. In un periodo in cui essere comunista e' quasi come essere sinonimo di piatto ripetitore di formule preconfezionate e vuote, cosa che contrasta apertamente con la ricchezza e la varieta' dell'elaborazione marxista vera, interessante e accattivante, dal punto di vista intellettuale e morale" (17). Tarso sostiene che il Pt, proprio per il fatto di essere cresciuto nelle lotte sociali, e' radicalmente democratico e di fatto orientato verso il socialismo. Negli anni Ottanta, il Pt aveva davanti a se' tre possibilita': diventare un partito socialdemocratico, fautore di uno stato assistenzialista, un partito rivoluzionario di massa controllato dai marxisti, oppure scindersi in altri partiti. Tarso contribui' a un'altra sfida: dare al Pt una storia piu' lunga di quella che ha lasciato la sua impronta dal 1980, collegandolo alla storia del socialismo internazionale. In realta', i modi di ragionare delle tre anime originarie si fanno sentire ancora oggi nel corpo del Pt, sotto forma di atteggiamenti che a volte mal si conciliano con la nuova visione di un partito ormai di massa. La teorizzazione della conflittualita' per se stessa, tipica dell'estrema sinistra, si sclerotizza nell'opposizione continua al governo Lula, e la militanza come unico requisito politico sta dimostrando il suo limite. Per diventare referenti di un paese come il Brasile necessitano, infatti, quadri che abbiano capacita' di lettura culturale oltre che politica, per saper comprendere le dinamiche sociali anche sul terreno empirico della quotidianita'. Al politico si richiede di conoscere anche la vita "normale". Essere movimento non basta piu': "essere" del Pt oggi significa non solo appartenere a un partito, ma a un Brasile democratico. Si e' scritto anche sulle tessere dei nuovi iscritti del 2004: "L'orgoglio di essere brasiliano", al posto di "L'orgoglio di essere petista". Non e' un cambio di sole parole. Dietro c'e' una trasformazione di identita', che impone il ripensamento sul senso della vita di partito. Come reagira' il Pt, con Lula al governo, rispetto alla sua memoria di resistenza, quella stessa che ha saputo creare nuove istituzioni e nuove forme di sapere? * La vittoria di Lula e' sbocciata dall'impegno di molti che vogliono ancora sentirsi partecipi. Ma se in campagna elettorale bastava una bandiera in mano per esserlo, oggi non piu'. Si chiede di prendere decisioni nel partito. Ma come e' possibile dare potere ai militanti? Fino al 1968 il comunista era una figura diabolica, poi lentamente entro' nella quotidianita'. Lula incarna questa familiarizzazione con il socialismo e il bisogno di storia democratica. Poter dire "compagno presidente" non e' da poco. Cosi' come non e' da poco avere un presidente che non si comporta con arroganza ma come "un direttore d'orchestra, attento alla polifonia nazionale, sensibile alla sofferenza concreta e non ai numeri manipolati degli indicatori economici" (18). In che misura, si chiede Marilena Ciaui', una delle piu' insigni filosofe brasiliane, studiosa di Spinoza, un partito democratico riesce a far interagire i tre piani indispensabili allo sviluppo di una cultura democratica: il piano politico con la presa del potere, il piano sociale con la partecipazione popolare, e il piano ideologico con la diffusione di un progetto condiviso dalla maggioranza dei cittadini e dai suoi militanti? (19). Tarso risponde con la "visione" che viene dalla storia, e si proietta nella globalizzazione con un nesso inscindibile fra democrazia e verita'. Come e' possibile, tuttavia, tracciarne i contorni quando la modernita' confina in "una microetica che ci impedisce di chiedere, e addirittura pensare, responsabilita' per eventi globali, come la catastrofe nucleare o ecologica, verso le quali, piu' nessuno individualmente, sembra poter essere responsabilizzato" (20). La risposta a questa "empasse etica" avverra' nel tempo. Intanto, il gruppo dirigente del Pt e' consapevole dei nuovi compiti che lo attendono. Un documento lucido in proposito e' la testimonianza di Jose' Genoino, presidente del partito: "Il Pt e' al cento per cento governo, ma non puo' essere un'appendice statale, deve essere un partito strategico, poiche' ha un progetto piu' ampio e piu' profondo di quello di governo. Il partito e' decisivo per far marciare il governo Lula, e per questo deve essere autonomo, forte, tenere le sue istanze funzionanti e l'autonomia per suggerire, stimolare e dialogare con il governo. Non possiamo ripetere tre tipi di errori che accaddero con i governi di sinistra nel mondo e in alcune amministrazioni del Pt. Primo: comandare i nostri eletti, secondo il vecchio modello stalinista, in cui ministri e segretari devono passare per il partito... La seconda esperienza che dobbiamo rifiutare e' che il Pt sia... il 'destabilizzatore dei suoi governi'... Il Pt e' un partito di sinistra, orientato ai valori del socialismo democratico, e' un partito di militanti, di mobilitazione sociale. Comprende le politiche del governo... ma non arrotola le sue bandiere... Il Pt e' l'unica esperienza nel Brasile di un partito di massa, cosa che esige una comunicazione di massa, che non puo' essere solo lasciata alla grande impresa o alla televisione, deve essere qualcosa di permanente e creativo, in modo che sia il partito a far circolare le informazioni... Dobbiamo modernizzare la relazione con la militanza... che aggrega nella campagna stessa, sulle politiche del partito... Dobbiamo creare una militanza politica e un'altra sociale; il militante politico vecchio stile e' superato e non abbiamo un militante sociale della 'causa'... Modernizzazione significa oltre ogni cosa trasparenza nelle informazioni, fino alle sedi piu' ben tenute, luoghi pubblici, perche' il Pt e' un'istanza pubblica di esercizio di cittadinanza... Il Pt e' l'unico partito che permette nei propri statuti la liberta' di voto quando si tratta di questioni di coscienza, filosofia, religione, e permette la dichiarazione di un voto stesso divergente dal partito" (21). * La ricchezza del Pt, quel suo essere "una specie di relazione politica di forze contradditorie, con un alto grado di unita', ma importanti differenze" (22) rischia pero' di subire la stessa crisi che ha colpito i partiti europei socialisti e comunisti, pur non essendolo. Come ha detto Lula, nell'ottobre 2003, all'apertura del XXII Congresso dell'Internazionale Socialista a Sao Paulo: "Abbiamo riflettuto molto quando abbiamo deciso di formare il Partido dos Trabalhadores in Brasile, fin dai tempi del regime militare, nel mezzo di vigorose mobilitazioni delle classi lavoratrici. Non abbiamo disconosciuto l'eredita' del socialismo del ventesimo secolo. Soprattutto non abbiamo scordato i suoi sogni, il sacrificio di molti, le speranze che furono capaci di risvegliare. Ma apparteniamo, insieme ad altre organizzazioni, soprattutto dell'America Latina, a un'altra generazione di partiti" (23). Per il Pt si aggiunge un'ulteriore sfida: la necessita' di teorizzare la propria pratica, cosa che ha sempre fatto poco. La ragione sta nel suo stesso marchio di nascita, forgiato dalle lotte di resistenza alla dittatura piu' che dalla riflessione teorica, lasciata a pochi. Fu il caso, fra gli altri, di Caio Prado Jr, studioso insigne e fondatore del Partito Comunista, che pubblico' le sue analisi economiche da solo, controcorrente rispetto alle tesi ufficiali del partito. Lo stesso accadde a Sergio Buarque de Holanda e Celso Furtado. Il risultato di questo processo e' che la "base" va da una parte, la riflessione teorica dall'altra. Il Pt, in altre parole, eredita una prassi di movimenti sociali ricchissima, di cui il bilancio partecipato e' solo una delle pratiche messe in atto, ma e' sempre piu' necessario sedimentare questa nuova tradizione "controegemonica", teorizzarne i presupposti, scriverla e trasformarla in idee guida per le nuove generazioni di militanti e per i cittadini brasiliani. Tarso Genro e' uno dei pochi politici brasiliani che ci ha provato: ha scritto un pezzo della storia del Brasile politico, riflettendo sul ruolo dello stato, sulla democrazia e concludendo con un pensiero guida: la democrazia deve essere sempre democratizzata, con l'invenzione di nuove forme di inclusione sociale per far pensare e decidere cerchi sempre piu' ampi di esclusi. Un altro aspetto, tuttavia, ci sembra importante per la salvaguardia dell'identita' di un partito, nato dalla conciliazione di anime diverse, che oggi potrebbe essere posto in difficolta' proprio da quella diversita' che un tempo era la sua ricchezza. Essere al governo cambia il ruolo delle correnti interne del Pt, sempre esistite, ma che l'esercizio del potere potrebbe polarizzare, come gia' avvenuto con la sinistra radicale di Luciana Genro, figlia di Tarso, critica, con la corrente Mes (Movimento Esquerda Socialista) della posizione del Pt sul Fmi e le riforme di uno stato che considera sempre antagonista. * Note 1. Partido dos Trabalhadores, Estatuto, Sao Paulo, Fundacao Perceu Abramo, p. 155 e ss. 2. Bimbi L., Lettere a un amico, Genova, Marietti, 1990, p. 99. 3. Dirceu J., Pereira S. J., Partido dos Trabalhadores, Prefacio, in Estatuto, cit. p. 9 e ss. 4. Pasquale Ferrara P., I partiti politici, in Alberto Cuevas (a cura di), America Latina 3. Le Istituzioni. La politica. L'economia, Roma, Edizioni Lavoro, 1998, p. 293. 5. Konder L., Frei Betto, O individuo no socialismo, Sao Paulo. Prefazione di Lula, Editora Fundacao Perseu Abramo, 2001, p. 15. 6. Gaglietti M., Pt. Ambivalencias de uma militancia, Porto Alegre, Dacasa Editora - Unicruz, 1995, p. 33. 7. AA. VV., Partido de los trabajadores - Brasil. Trayectorias, Sao Paulo, Fundacao Perseu Abramo, 2002, p. 47. 8. Merli S., Proletariato di fabbrica e capitalismo industriale: il caso italiano, Firenze, La Nuova Italia. 9. Kucinski B., As Cartas acidas da campanha de Lula de 1998, Sao Paulo, Atelie' Editorial, 2000. 10. Bachtin M., L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Torino, Einaudi, 1979, p. 159. 11. Mancini R., I guardiani della voce, Roma, Carocci, 2002, p. 78. 12. Gaglietti M., Pt. Ambivalencias de uma militancia, cit., p. 16. 13. Beatriz Maria Alasia de Heredia, Entre duas eleicoes. Relacoes politico-eleitor, in Beatriz Heredia, Carla Teixeira, Irlys Barreira (a cura di), Como se fazem eleicoes no Brasil, Rio de Janeiro, 2002, pp. 29-31. 14. La tabella, suddivisa per titolo di studio e professione dei ministri e dei loro padri, si trova in "Estado de Sao Paulo", 12 agosto 2003. 15. Fornazieri A., Consideracoes sobre a Sociedade Civil, o Estado e a Estrategia, Teoria e Politica, 1988, p. 29. 16. Touraine A., Liberta', uguaglianza, diversita', Milano, Il Saggiatore, 2002, p. 35. 17. Genro T. F., Gramsci, Rosa e o Pt, Note presentate al Seminario Nova Esquerda, ottobre 1989, p. 9. 18. Gomez de Souza L. A., A Utopia. Surgindo no meio de nos, Rio de Janeiro, Mauad, 2003, p. 15. 19. Chaui' M., Cultura e democracia, Sao Paulo, Cortez Editora, 2001, p. 146. 20. Boaventura De Sousa Santos B., Pela mao de Alice. O social e o politico na pos-modernidade, Sao Paulo, Editora Cortez, 2001, p. 91. 21. De Azevedo R., Pt, sustentar o governo, intervista a Jose' Genoino, in "Teoria e debate", 2003, n. 53. Gli stessi concetti sono espressi in Leonel Rocha, O Pt nao sera' pelego, Intervista a Jose' Genoino, "Istoe'", 5 febbraio 2003. 22. Edmilson Rodriguez E., Modos petistas de governar, in AA. VV., Governo e cidadania, Sao Paulo, Fundacao Perseu Abramo, 1999, p. 27. 23. "Folha de Sao Paulo", 27 ottobre 2003. (Parte prima - Segue) 5. LIBRI. SERGIO LABATE PRESENTA "IL PRINCIPIO NONVIOLENZA" DI JEAN-MARIE MULLER [Da "Azione nonviolenta" del maggio 2005 riprendiamo questa recensione del bel libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus, Pisa 2004, pp. 336, euro 15 (per richieste alla casa editrice: e-mail: info-plus at edizioniplus.it, sito: www.edizioniplus.it). Sergio Labate (per contatti: sergiolabate at unimc.it) e' docente di ermenutica filosofica all'Universita' di Macerata, ove ha tra l'altro promosso e guidato un approfondito seminario sul libro di Jean-Marie Muller di cui qui si parla. Tra le pubblicazioni di Sergio Labate: La sapienza dell'amore. In dialogo con Emmanuel Levinas, Cittadella, Assisi 2000; La verita' buona. Senso e figure del dono nel pensiero contemporaneo, Cittadella, Assisi 2004; "Volto e donazione. Il tema dell'evidenza in Levinas", in P. Ventura (ed.), Ri-pensando al diritto, Giappichelli, Torino 2001; "Dono o abbandono. Interrogando il libro II di Dato che", in G. Ferretti (ed.), Fenomenologia della donazione: a proposito di Dato che di Jean-Luc Marion, Morlacchi, Perugia 2002; Presenza e reciprocita'. Linee di ricerca tra Levinas e il dono, in "Firmana. Quaderni di teologia e pastorale", n. 2, 2002; "Liberta' e gratuita' nel pensiero di Emmanuel Levinas", in G. Ferretti, R. Mancini (edd.), La dignita' della liberta', Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 2003; "Donare in sostanza. Sul potere ontologico del dono", in G. Ferretti (ed.), Il codice del dono. Verita' e gratuita' nelle ontologie del Novecento, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 2003. Jean-Marie Muller, filosofo francese, nato nel 1939 a Vesoul, docente, ricercatore, e' tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento. E' direttore degli studi presso l'Institut de Recherche sur la Resolution non-violente des Conflits (Irnc). In gioventu' ufficiale della riserva, fece obiezione di coscienza dopo avere studiato Gandhi. Ha condotto azioni nonviolente contro il commercio delle armi e gli esperimenti nucleari francesi. Nel 1971 fondo' il Man (Mouvement pour une Alternative Non-violente). Nel 1987 convinse i principali leader dell'opposizione democratica polacca che un potere totalitario, perfettamente armato per schiacciare ogni rivolta violenta, si trova largamente spiazzato nel far fronte alla resistenza nonviolenta di tutto un popolo che si sia liberato dalla paura. Tra le opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Desobeir a' Vichy, Presses Universitaires de Nancy, Nancy 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1999; Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004] La pubblicazione in italiano del volume di Muller, la cui riuscita e' dovuta all'ostinata lungimiranza e al fine lavoro di traduzione di Enrico Peyretti, avviene in un periodo in cui sembra rifiorire, a piu' livelli, l'attualita' della nonviolenza. Ma il volume di Muller non e' semplicemente uno tra gli altri. Esso sembra piuttosto contenere una ricapitolazione di tutti i temi che l'attualita' reclama a viva voce. In questo senso, dunque, non e', come si dice in molti casi, un testo definitivo sulla nonviolenza, ma piuttosto un testo inaugurale, che consiglio a tutti quelli che cercano d'inverare la nonviolenza nel cammino dell'esistenza. Tra i tanti meriti di questo libro voglio elencarne almeno tre. Il primo merito e' quello di mettere in luce la profonda continuita' che lega i processi politici, quelli culturali e quelli filosofici. La violenza e la nonviolenza non sono contenuti di tali processi, ma ne rappresentano il metodo o la forma stessa. Sia la politica che la cultura non devono scegliere la nonviolenza come un'opzione tra le altre, a partire da una neutralita' originaria. Il cittadino che mette in conto di poter scegliere la nonviolenza come di poter scegliere la violenza e' gia' violento. La neutralita' e' una forma di violenza e pensare e agire in modo neutrale e' lasciare sempre aperto il varco della violenza. La nonviolenza non e' un altro mondo visto con gli stessi occhi, ma richiede la conversione dello sguardo che interpreta il mondo. Solo se un altro sguardo e' possibile, un altro mondo e' possibile. Il secondo merito e' di rispondere in modo chiaro e non ambiguo a quel luogo comune per cui i nonviolenti sarebbero solo gente armata di buone intenzioni, senza spirito pratico e politico. Muller sottolinea invece quanto la nonviolenza si oppone alla violenza perche' ha a che fare con i conflitti, consistendo precisamente nel loro attraversamento. Cosi' il nonviolento non e' colui che si disinteressa dei conflitti, finendo per cadere nell'irresponsabilita' pur di non sporcarsi le mani, ma e' colui che assume la responsabilita' della risoluzione d'ogni conflitto fin dalla sua radice, anche quando questo occuparsi della radice vuol dire fare i conti con la complessita' delle ragioni delle parti in conflitto. La nonviolenza e' una modalita' di risoluzione radicale dei conflitti, mentre la violenza riproduce il conflitto in quanto cerca semplicemente di estinguerlo, senza attraversarlo. Muller lascia parlare la storia, la cui lezione e' chiara: ogni atto di violenza, presentato come ultimo, ha sempre avuto come conseguenze altra violenze. Non si tratta allora di essere semplicemente idealisti per amore della pace, ma piuttosto di essere massimamente realisti riguardo alla violenza: "se la violenza esiste dappertutto, in nessun luogo essa raggiunge il fine che pretende di giustificarla. Mai, da nessuna parte, la violenza realizza la giustizia tra gli uomini; mai, in nessun luogo, la violenza apporta una soluzione umana agli inevitabili conflitti umani che costituiscono la trama della storia" (p. 302). Il terzo merito e' quello di presentare con uno stile agevole e accessibile ai non addetti ai lavori le principali voci e riflessioni filosofiche sulla nonviolenza, da Gandhi a Levinas, fino a Eric Weil. Questo quadro, la cui semplicita' di tratto non diviene mai semplificazione, e' intessuto su una tonalita' ricorrente: se noi cerchiamo di rendere ragione della nonviolenza, rimarremo delusi. La nonviolenza non ha principio, essa e' principio. Non e' la razionalita' occidentale a dover rendere ragione della nonviolenza; e' la nonviolenza, in quanto principio di una nuova ragione, a dover trasformare e rendere nonviolenta la ragione. Questa trasformazione e' possibile solo nel momento in cui anche il pensiero diviene una pratica nonviolenta. Infine, un'avvertenza di stile: la scrittura utilizzata da Muller stupisce per la sua chiarezza. In un testo celebre, Duerrenmatt invitava a diffidare di ogni discorso profondo per privilegiare invece il discorso comprensibile. Il libro di Muller offre un discorso comprensibile, testimonianza di quanto l'autentica profondita' d'un discorso si mostri nella capacita' di offrire spazi di senso a colui che ascolta o a colui che legge. 6. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI CHRISTIAN MELLON E JACQUES SEMELIN Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi all'ascolto di Christian Mellon e Jacques Semelin. * "L'azione nonviolenta consiste nel lottare contro la violenza nelle sue diverse forme, dirette e/o strutturali, attraverso dei mezzi che escludono ogni forma di violenza diretta" (Christian Mellon, Jacques Semelin, La non-violence, Puf, Paris 1994, p. 20). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 7. LETTURE. EVA CANTARELLA: ITACA Eva Cantarella, Itaca, Feltrinelli, Milano 2002, 2004, pp. 240, euro 7,50. Un ritorno che e' un inizio (ma ogni inizio - gia' lo sappiamo - vuole rappresentarsi a se stesso come un ritorno): la nascita della polis greca, e della politica e del diritto come ancora li pensiamo. Un saggio appassionante di una straordinaria giurista e antichista che rilegge con sguardo di donna - e con la forza euristica del pensiero femminista - gli esordi di molte cose e di un mondo mutato da mutare ancora. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 973 del 26 giugno 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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