La nonviolenza e' in cammino. 947



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 947 del primo giugno 2005

Sommario di questo numero:
1. Viterbesi
2. Donne in nero: Per Clementina e per tutti gli ostaggi, contro tutte le
uccisioni
3. Agnese Ginocchio: Una canzone per Clementina
4. Beppe Pavan: Il nesso
5. Liliana Tedesco: Le danze del convegno
6. Giulio Vittorangeli: Un appello per la Costituzione
7. Enrico Peyretti: La proposta di Gandhi come sintesi di oriente e
occidente per uscire dalla violenza
8. Paolo Candelari: Perche' il 12 giugno non andro' a votare
9. Peppe Sini: Perche' il 12 giugno andro' a votare
10. Con "Qualevita", la riflessione di Gloria Gazzeri
11. Riletture: Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo
12. Riletture: Elena Soetje, La responsabilita' della vita
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. VITERBESI
Forse sara' perche' siamo viterbesi e ci manca il senso della "virilita'
romana" (come spiegava Marcello Mastroianni in Una giornata particolare di
Ettore Scola), ma mandare la gente a morire ci ripugna.
Come ci ripugna mandare la gente ad uccidere.
Come ci ripugna addestrare la gente ad ammazzare.
Ci manca il senso della virilita' romana, abbiamo solo il senso dell'umana
pieta'.
*
E dal governo, dal parlamento, dal capo dello stato che in violazione di
quanto disposto dalla legge fondamentale della Repubblica Italiana
continuano a mandare a morte i nostri figli in quella che fu la fertile
mezzaluna ove la civilta' umana nacque e oggi sta morendo, non condoglianze
che ci offendono piu' che sputi, non retorica sacrificale di chi sacrifica
sempre gli altri, non promesse tanto solenni quanto fasulle, non offe
macchiate del sangue dei morti, solo una cosa vogliamo: ripristino immediato
della legalita' sancita dalla Costituzione della Repubblica Italiana,
ripristino del rigoroso rispetto dell'articolo 11 della Costituzione che
proibisce all'Italia di partecipare alla guerra in corso in Iraq, cessazione
immediata della partecipazione italiana alla guerra.
*
Ed al posto delle armi e degli armati cola' inviare ingenti aiuti umanitari
a tutte le vittime; inviare cola' innumerevoli - innumerevoli, si' -
operatori ed operatrici di pace organizzati in forme disarmate e
nonviolente: autentici corpi civili di pace; esercitare una solidarieta'
concreta e orientata alla vita di tutti, al disarmo di tutti, alla
convivenza di tutti, in sincero e generoso aiuto ad una popolazione cinque
volte martoriata: dalla dittatura fin genocidaria prima; dalle guerre
durante, poi ed ancora; dal decennale embargo assassino delle vittime piu'
innocenti; dall'occupazione militare straniera stragista e torturatrice, dai
terroristi di tutte le bande.
*
E adesso fate tacere le grancasse, e lasciateci piangere in silenzio i
nostri morti.

2. APPELLI. DONNE IN NERO: PER CLEMENTINA E PER TUTTI GLI OSTAGGI, CONTRO
TUTTE LE UCCISIONI
[Ringraziamo Nadia Cervoni (per contatti: giraffan at tiscali.it) per averci
inviato questo documento approvato dall'assemblea delle Donne in nero
svoltasi a Sasso Marconi il 29 maggio.
Clementina Cantoni, volontaria dell'associazione umanitaria "Care
international", impegnata in Afghanistan nella solidarieta' con le donne, e'
stata rapita alcuni giorni fa]

Per Clementina Cantoni le Donne in nero riunite a Sasso Marconi il 29 maggio
2005:
Liberiamo la pace, per Clementina, per Florence, per Hussein, per tutti gli
ostaggi, per il popolo afghano e per il popolo iracheno: fuori la guerra
dalla storia.
La rete italiana delle Donne in nero riunita in assemblea il 28 e 29 maggio
2005 chiede:
- liberta' per Clementina Cantoni e per gli altri ostaggi della guerra, per
Florence Aubenas e per il suo interprete, Hussein Hanoun Al-Saadi;
- pace e liberta' per il popolo afghano, per il popolo iracheno e per tutte
le donne e gli uomini vittime delle guerre.
Esprime solidarieta' ai familiari, alle amiche e agli amici, alle cooperanti
e ai cooperanti di Care International, l'organizzazione attiva a Kabul in un
progetto a favore delle vedove, migliaia in Afghanistan, un paese
attraversato da oltre 25 anni di guerra.
Chiede il ritiro delle truppe italiane da tutti gli scenari di guerra.
In questa attesa dolente noi Donne in nero urleremo in silenzio per le
strade e nelle piazze fino a quando Clementina, Florence, Hussein, tutti gli
ostaggi, il popolo afghano e il popolo iracheno saranno liberati. Fino a
quando la guerra non sara' messa fuori dalla storia, perche' la guerra in
Afghanistan, la guerra in Iraq, tutte le guerre e i terrorismi uccidono vite
umane e la nostra umanita'.
Perche' cessi il fuoco, perche' finisca una guerra globale e permanente,
essa stessa generatrice di terrorismo. Perche' non ci siano piu' corpi
sottratti alla vita per la follia del dominio delle armi.
Le bombe uccidono cuore e mente, tra uccidere e morire noi donne, scegliamo
di vivere.

3. TESTIMONIANZE. AGNESE GINOCCHIO: UNA CANZONE PER CLEMENTINA
[Ringraziamo di cuore Agnese Ginocchio (per contatti: e-mail:
agnese.musica at katamail.com, sito: www.agneseginocchio.it) per averci messo a
disposizione questo primo abbozzo di getto di una canzone per Clementina
Cantoni. Agnese Ginocchio, "cantautrice per la pace, la nonviolenza, contro
tutte le guerre e le mafie", e' generosamente impegnata in molte iniziative
di pace, di solidarieta', per i diritti umani e la nonviolenza]

Liberate la pace
liberate le donne di pace
liberate Clementina Cantoni
donna e volto di pace.

Volto di donna
volto di pace
volto di speranza
volto di liberta'
eterna giovinezza dell'animo.

Volto di colei che incanta e unisce i cuori degli esseri umani
per amore del servizio.
Volto di donna
proiettato nell'arcobaleno dell'estate,
che si erge dalle cascate inondanti
scaturite dai monti, che scendono imponenti tra le pianure,
per fecondare la terra e il deserto inaridito dalle guerre.

Volto di donna, chiaro e trasparente,
sguardo terso come il cielo,
innocente e dolce, semplice e profondo,
che accompagna il volo
della bianca colomba della pace.

Docile e mite compagna della nonviolenza
innalzeremo per te il canto dell'amore,
la danza e la festa dell'amicizia fra i popoli,
la voce della speranza degli ultimi e dei piccoli,
mentre sorge l'aurora dopo la lunga notte.

Sulle note arcobaleno della mia chitarra
per te, compagna di strada,
per te, donna in cammino e volto di pace,
trovero' forza, coraggio, audacia nell'alzare forte la mia voce
e cantare ancora una volta:

Liberate la pace
liberate le donne di pace
liberate Clementina Cantoni
donna arcobaleno e volto della pace

affinche' tu possa ritornare fra noi presto.

Ciao, Clementina!

4. RIFLESSIONE. BEPPE PAVAN: IL NESSO
[Ringraziamo Beppe Pavan (per contatti: carlaebeppe at libero.it) per questo
intervento. Beppe Pavan e' impegnato nella bellissima esperienza nonviolenta
della comunita' di base e del "gruppo uomini" di Pinerolo (preziosa
esperienza di un gruppo di uomini messisi all'ascolto del femminismo con
quella virtu' dell'"attenzione" di cui ci parlava Simone Weil), ed in tante
altre esperienze di pace e di solidarieta']

Domenica 28 maggio 2005. Ho appena visto in tv Clementina Cantoni, pallida e
incerta, dare stentate notizie di se', con due fucili puntati a pochi
centimetri dalla testa.
Certo, non stavano per sparare, quei fucili. Ma i due uomini che li
impugnavano: che pena! Mi sembravano il bambino che ero, quando giocavo a
far la guerra; quando, da militare, anche in punta alla Tofana dovevo fare
attenti-riposo-presentat'arm.
Esibizione. Dei muscoli: non c'era riscaldamento in seminario, negli inverni
di fine anni '50, ma andavamo a lavarci in canottiera per far vedere i
bicipitini che crescevano; del pene: in caserma c'era chi, tra grandi
sghignazzi, si faceva fotografare mostrandolo; dell'intelligenza: nel
sindacato: documenti infiniti, interventi logorroici, competizione sfrenata;
della superiorita': "noi dobbiamo insegnare, non abbiamo nulla da imparare
dagli altri" sosteneva il rettore.
In quei due poveracci armati, che esibivano la loro "superiore cultura
maschile" nei confronti della dolcezza forte e inoffensiva di Clementina, mi
e' parso di vedere tanti uomini di potere, ma anche me e ogni uomo quando
crediamo di dover esibire e dimostrare chissa' cosa, invece di concentrarci
sul vivere e sull'amare: le uniche cose che davvero val la pena di fare.
Puntare "virilmente" un'arma contro le donne (legge 40, stupri e guerre e
violenze senza fine, superiorita' della propria "civilta'", soggezione delle
donne e della natura, rifiuto dell'autocoscienza personale in ordine alla
cultura patriarcale, al riconoscimento della differenza e della parzialita'
maschile, eccetera) e' una competenza che i padri sanno esercitare e
trasmettere ai loro figli. E il mondo continua ad andare a ramengo.
"La violenza contro le donne e' affare degli uomini, non solo delle donne"
scrive, con infinita ragione, Elisabeth Green in Lacrime amare: possibile
che noi uomini non riusciamo a trovare il coraggio di ammetterlo, di
riconoscerlo, di dirlo a voce alta e in pubblico? Non e' solo violenza del
sistema, dell'economia, del terrorismo, delle armi; si tratta di violenza
del maschile, del patriarcato, cioe' degli uomini: esercitata e declinata in
mille modi diversi, compreso il silenzio, compresa l'insofferenza verso chi
si ostina a proporre queste riflessioni e le pratiche che da questa presa di
coscienza conseguono.
Possibile che sia cosi' difficile vedere il nesso?

5. RIFLESSIONE. LILIANA TEDESCO: LE DANZE DEL CONVEGNO
[Ringraziamo di cuore Liliana Tedesco (per contatti: lylium at neomedia.it) per
averci messo a disposizione il foglio di presentazione dell'attivita' da lei
coordinata con i partecipanti al convegno svoltosi a Palermo il 21-22 maggio
2005 sul tema "Liberarsi dal sistema mafioso. Il contributo della
nonviolenza"; nei prossimi giorni pubblicheremo anche le sue considerazioni
sull'esperienza condotta. Liliana Tedesco, musicista, amica della
nonviolenza, del movimento dell'Arca (l'esperienza nonviolenta promossa da
Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, una delle grandi figure della
nonviolenza), e' da sempre partecipe delle lotte contro la mafia, per la
pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani]

Come mai una serata danzante, ma non "dance", al convegno presente?
Se e' vero che la danza e' ben lontana dal tema della mafia, e' altrettanto
vero che la danza e' vicinissima ad un modo nonviolento di crescere, di
relazionarsi e di vivere.
*
"... la Legge della Crea­zione e' il Ritmo.
Tra il disordine e l'agitazione delle cose, come arrivano alla nostra
limitata capacita' d'intendere e al nostro cuore impaziente, e il cerchio
immutabile dell'Uno, si dispiega il piano dell'Ondeggiamento. Il passag­gio
da uno stato all'altro si fa dunque attraverso il Ritmo.
Ecco perche' colui che non sa piegarsi alla regola del Ritmo e' una frattura
nell'Universo, e si fara' frantumare.
Ecco perche' se non sai ne' danzare ne' cantare hai ben poche proba­bilita'
di saper vivere.
Ma se sai cantare e danzare, e nonostante cio' non sai cosa fai quan­do
canti e danzi, non sei che un saltimbanco e uno spiritoso.
Ti manca saper vivere come si canta o come si danza.
Il derviscio che gira su se stesso sa cosa vuol dire danzare, egli che si
tiene immobile nel centro del movimento, e il monaco benedettino sa che
cos'e' cantare. E l'uno e l'altro sanno cosa vuol dire vivere come si canta
o come si danza"
(Lanza del Vasto, Introduzione alla vita interiore, Jaca Book, Milano 1989,
p. 87).
*
Cosi' si esprime Lanza del Vasto parlando di due forme dell'espressivita'
umana legate, nell'immaginario collettivo, all'aspetto ludico o tutt'al piu'
a quello goliardicamente relazionale della vita.
In realta', sia il canto che la danza guidano l'essere umano alla ricerca di
se', alla ricerca e alla scoperta graduale di quella verita' su se stessi
che e' condizione necessaria per vivere in pienezza la relazione con se
stessi e con gli altri.
Sia il canto che la danza, sperimentati sotto questo punto di vista, sono
strumenti che fanno ordine all'interno (la verticalita' e la compostezza
della postura), che armonizzano l'interno con l'esterno (la sensazione della
vibrazione interna si trasforma in suono e in gesto), che permettono un
radicamento forte di se' a se stessi mentre si va verso gli altri.
Entrambi sono strumenti che sviluppano, in chi li pratica, l'attitudine ad
una disciplina liberante, all'attenzione per l'altro, attenzione alle sue
differenze da me.
Cantare o danzare insieme significa valorizzare la propria espressione anche
corporea mettendola a confronto dinamico e armonizzante con quella
dell'altro.
La parola ci interpreta e ci esprime; nel mito dei popoli di tutti i tempi,
la parola e il suo suono e' creazione, e' all'origine; a ragione essa e' il
mezzo di comunicazione privilegiato quantomeno nel modello sociale
occidentale. L'uso della parola, pero', non puo' essere assolutizzato:
spesso siamo cosi' abituati a "dire" e a "dirci", a "pensare" e a "scrivere"
su noi stessi e su tutto quello che accade intorno a noi, che i sensori
relativi ad altre forme recettive ed espressive possibili (compreso, e non
per ultimo, l'ascolto) si arrugginiscono e si sbilanciano talmente da
rischiare l'aberrazione se non addirittura l'atrofia.
Cantare e danzare, dunque, come strumenti di conoscenza e di quel "ritorno
all'evidenza" (cfr Lanza del Vasto, Principi e precetti del ritorno
all'evidenza, Gribaudi, Torino 1988) che puo' imbarazzare, o spaventare a
volte, perche' ci mette a nudo davanti a noi stessi e agli altri, ma che,
restituendo la persona a se stessa, la ricolma di una gioia di vivere
specialissima, da coltivare sempre piu' profondamente.

6. INIZIATIVE. GIULIO VITTORANGELI: UN APPELLO PER LA COSTITUZIONE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori
di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da
sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Un appello: "Il 23 marzo scorso e' stata approvata al Senato in terza
lettura la riforma della seconda parte della nostra Costituzione. Questa
riforma mette in pericolo le basi comuni del nostro ordinamento democratico,
mina alle radici la dimensione universalistica dei diritti dei cittadini,
incrina il principio solidaristico in base al quale si cementa una
comunita', mette a repentaglio il sistema di contrappesi e garanzie che sono
il fondamento di un buon sistema democratico. Questa riforma aggrava il
deficit di una democrazia schiacciata sempre di piu' su una dimensione
autoritaria e populistica. Si tratta in realta' di una vera e propria
'controriforma' che riduce la democrazia a 'gradimento' e vuole cittadini
passivi. Noi invece vogliamo una democrazia fondata sulla partecipazione
responsabile e su dei cittadini attivi. La difesa e l'allargamento della
democrazia sono temi che interrogano non solo l'Italia, ma anche la
dimensione europea e globale. Alla preoccupazione per le possibili
conseguenze di questa riforma si sommano le riserve sui contenuti e sul modo
con cui e' stata costruita la Costituzione Europea, la forte critica dello
smantellamento delle organizzazioni internazionali democratiche come le
Nazioni Unite e l'opposizione alla mercificazione dei diritti sanciti dalla
Dichiarazione universale dei diritti umani.
In un'epoca in cui la globalizzazione neoliberista subordina la democrazia
alle esigenze del mercato ed alle logiche privatistiche, e la politica si
lascia condizionare dall'economia e dai mercati, la nostra prospettiva
invece e' quella di allargare gli strumenti e i luoghi di partecipazione e
di democrazia rimettendo al centro lo spazio pubblico ed il protagonismo dei
cittadini. A favore di un allargamento degli spazi della democrazia e della
partecipazione e contro questa riforma della Costituzione la Tavola per la
solidarieta' lancia questo appello con l'invito alla mobilitazione a partire
dal prossimo 2 giugno, Festa della Repubblica, con iniziative in cento
citta' italiane e per la raccolta di un milione di firme entro il 2005...
Sei si' per la democrazia:
- si' a una nuova frontiera della democrazia diretta, dal basso e
partecipata, fondata sull'autogoverno e la sussidiarieta';
- si' alla riforma e alla civilizzazione della politica che favoriscano la
partecipazione, la collaborazione, la cooperazione;
- si' a un federalismo solidale e dal basso, per i diritti di tutti e la
solidarieta' in tutte le regioni;
- si' alla promozione della cittadinanza attiva e dell'interesse generale
per la partecipazione dei cittadini alla vita politica e democratica;
- si' a politiche sociali a difesa dei diritti e dei beni comuni che mettano
al centro i diritti dei cittadini;
- si' a una politica per la pace e per la solidarieta' internazionale per un
ruolo diverso dellíItalia nel mondo.
Sei no alla controriforma della Costituzione:
- no alla riforma di pochi e per fini elettorali perche' le regole di tutti
vanno decise da tutti;
- no al premierato assoluto che sacrifica la democrazia ad un modello
autoritario;
- no al pasticcio istituzionale e all'assenza di contrappesi che paralizza
le istituzioni e vanifica il principio della separazione dei poteri;
- no alla riduzione e alla diseguaglianza dei diritti che porta alla nascita
di venti Italie, mettendo fine all'universalita' dei diritti;
- no alla distruzione delle politiche sociali e dei beni comuni ridotti a
merce e servizi da comprare in una logica di mercato;
- no al coinvolgimento nelle guerre affinche' l'art 11 della Costituzione
sia la guida della politica estera italiana".
*
Questo riportato, in una brevissima sintesi, e' l'appello promosso dalla
Tavola per la solidarieta', con l'invito alla mobilitazione per allargare
gli spazi di democrazia e bloccare la controriforma della costituzione
repubblicana. Della Tavola fanno parte un vastissimo arco di associazioni,
ong, onlus, ecc. unite nell'intento di rimettere la solidarieta' al centro
della politica e della societa', del rapporto tra cittadini ed istituzioni,
tra popoli e culture, tra le persone.
Sul sito www.tavolaperlasolidarieta.it tutti i documenti completi della
campagna, che ritiene fondamentale che il nostro ordinamento si fondi sui
diritti, la solidarieta' internazionale, la pace; oltre la possibilita' di
firmare direttamente la petizione. Non sprechiamo questa nuova opportunita'
faticosamente costruita dal basso.

7. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LA PROPOSTA DI GANDHI COME SINTESI DI
ORIENTE E OCCIDENTE PER USCIRE DALLA VIOLENZA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo
foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace
e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente
edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha
curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn.
791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti:
www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei
principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di
questo notiziario]

Sono convinto che Gandhi e' una grande sintesi viva tra oriente e occidente,
nel meglio che l'umanita' ha prodotto su queste due vie di pensiero e
civilta'. Gia' la sua biografia e' indicativa di cio'. L'umanita', insieme
alle violenze che ha compiuto e compie, non cessa di chiedersi: come
uscirne? Uscirne di lato, evitandola? Schiacciarla? Uscirne verso l'alto, o
verso l'intimo? Sopportarla, attendendo?
Uno degli appelli classici alla nonviolenza sono quelle risposte paradossali
alla violenza (offrire l'altra guancia, dare anche la tunica, fare un miglio
in piu') che Gesu' propone entro il  Discorso della montagna (Matteo 5,
38-42; Luca 6, 29-30). Come interpretarli? Ecco due diverse letture. Walter
Wink, biblista statunitense, li spiega, in base al contesto sociale e
politico del tempo, come schiette azioni di forte resistenza nonviolenta
inventate e proposte da Gesu' (1). Eugen Drewermann, famoso teologo e
sociopsicologo tedesco, nel suo interessantissimo e ricco libro sulla guerra
(2), da' un'altra interpretazione. Secondo lui, Gesu' direbbe: se credi
veramente in Dio non ti devi difendere; Dio e' piu' potente di tutto cio'
che ti puo' spaventare.
La prima interpretazione e' di tipo attivo, piuttosto occidentale, la
seconda fiduciosamente passiva, di tipo mistico, piuttosto orientale.
Questa seconda lettura mi ricorda l'espressione in cui si racchiude il
sofferto itinerario (dal nazionalismo, al pacifismo, alla collaborazione
nell'attentato a Hitler) di Bonhoeffer sulla pace: "Osare la pace per fede".
Voleva dire non difendere il diritto? Sacrificare alla pace giustizia e
verita'? No, per lui la pace implica lotta, ma la lotta non implica guerra.
Voleva dire che la pace e' anzitutto obbedienza al comandamento di Dio; che
e' un fatto spirituale prima che diplomatico e politico; che "non si lascia
mai e poi mai garantire", perche' "e' il contrario della garanzia... infatti
deve essere osata". Percio' propose, gia' nel 1934, lui tedesco, un grande
concilio ecumenico di tutte le chiese cristiane perche' "il mondo debba
udire la parola della pace" e "la chiesa di Cristo tolga, nel nome di
Cristo, le armi dalla mano dei suoi figli" (3). Se fosse stato ascoltato,
forse una forza profonda di pace sarebbe intervenuta nella storia tragica di
quegli anni.
Tolstoj, che e' alle origini del pacifismo occidentale contemporaneo, ad
ispirazione religiosa, vedeva il centro del Vangelo nella parola di Gesu':
"Non resistere al male" (oppure "al malvagio"; Matteo 5, 39). Nel 1991, il
cardinale Biffi, sulla scorta del filosofo russo Solov'ev (morto nel 1900)
condanno' Tolstoj giudicando la nonviolenza come antievangelica e ingiusta
perche' rifiuterebbe di difendere i deboli e lascerebbe mano libera ai
prepotenti. Sono critiche alla nonviolenza che ritornano periodicamente,
anche da parte di persone serie. Ma Tolstoj aveva gia' risposto cento anni
prima, scrivendo che il Vangelo proibisce la resistenza "con la violenza"
(4). Nel pacifismo religioso di Tolstoj restava aperta la ricerca di altre
forme di resistenza, che Gandhi sviluppera', ma non c'era unilateralismo
spiritualistico, non c'era la resa alla violenza storica.
*
Certo, se pensiamo che l'unica resistenza alla violenza possa essere la
contro-violenza, allora la nonviolenza sarebbe una non-difesa (come mi disse
un alto ufficiale). Ma non e' affatto cosi'.
La nonviolenza matura e' lotta per la giustizia coi mezzi giusti, e non
quelli violenti. La lotta nonviolenta deve e vuole cercare, e puo'
realizzare, un'efficace difesa delle vittime, e non solo una
testimonianza-martirio. Forse in misure diverse, i due elementi, religioso e
politico, mistico e storico, di fede e di azione, di accoglienza e di
creazione, sono presenti nei pacifisti religiosi Tolstoj e Bonhoeffer, che
rappresentano due culture, due forme religiose, due momenti storici.
Ora, quella interpretazione che Drewermann da' delle parole di Gesu', da'
l'impressione che si ricava a prima vista da Bonhoeffer e da Tolstoj, di un
pacifismo tutto religioso: la scelta pratica della pace sarebbe un atto
religioso. Si sviluppera' anche in politica, ma e' fondata nella fede
religiosa. Se vogliamo, aggiungiamo anche La Pira, con la sua fede semplice
e fortissima. E' proprio cosi'? E' cosi' anche in Gandhi, in Capitini?
Drewermann riprende la tesi (sottolineata da Vattimo nella Introduzione, p.
10) che le religioni monoteiste, mediterranee e occidentali, in quanto
portatrici di una "rivelazione", sarebbero percio' "sorgente di violenza
infinita e di prepotenza. Il Dio d'amore diventa il Dio dei dogmi" (p. 133).
(Questa tesi si puo' discutere sotto alcuni aspetti, ma non e' il caso in
questo punto del discorso). Il buddhismo, invece, che non formula dottrine e
verita' assolute, o l'hinduismo, che descrive il divino in molti e sempre
diversi modi (cfr. p. 136), non avrebbero questa intrinseca tendenza alla
violenza. Purtroppo, nella storia, anche queste religioni hanno potuto
essere usate, a volte, per compiere e giustificare violenze (5). I diversi
modi di concepire la realta' e la vita influiscono certamente sul prevalere
di atteggiamenti di violenza o nonviolenza, ma non lo determinano in tutto e
per tutto ne' in un senso ne' nell'altro.
Inoltre, Drewermann vede nell'occidente, insieme a quel fattore religioso,
la violenza del capitalismo, che consiste nella continua espansione della
crescita e conquista di spazi e di potere, in una assurda ossessiva
dipendenza dalle cose esterne. Dunque, la pace come rinuncia creativa alla
violenza non sembra possibile all'attivismo dell'uomo occidentale, il quale
intende difendere con tutti i mezzi, anche violenti, le sue conquiste
materiali insieme ai preziosi diritti umani, che ha saputo individuare e
formulare. La rinuncia alla violenza sembra invece possibile allo spirito
contemplativo orientale, che cerca la pace interiore nella liberazione dalle
necessita'.
Se cio' e' vero molto in generale, oggi constatiamo che il capitalismo fa
presa anche sui popoli di civilta' orientale, e che nelle ricche societa'
occidentali serpeggia la simpatia per lo spirito orientale. In ogni modo, il
suggerimento gandhiano consiste nel superare la violenza arricchendo
l'interiorita' senza nessuna rinuncia alla politica della giustizia e alla
difesa dei diritti della dignita' umana. La tradizione avviata da Gandhi, su
antiche basi spirituali attualizzate, e' oggi presente e desta crescente
interesse in tutti i paesi del mondo, e in tutte le civilta' e religioni,
compreso l'islam (Allah e' grande, e' il piu' grande, percio' non prendo
ordini estremi da nessun potere umano; cfr p. 143). In essa, il tradizionale
misticismo orientale si sposa senza insuperabili contrasti col realismo
occidentale.
*
Il gandhismo (parola che Gandhi non vorrebbe sentire) e' dunque una linea
multiculturale, e interculturale, ricca di tolleranza positiva (sollevare,
non solo sopportare). Ai cristiani ha fatto riscoprire la nonviolenza
evangelica: le due diverse interpretazioni che ne danno Wink (Usa) e
Drewermann (Germania), sono componibili se riportate all'interno della ricca
tradizione gandhiana. Musulmani ed ebrei sono sollecitati a riconoscere semi
di nonviolenza attiva nel vivo delle proprie tradizioni. Settori aperti e
attivi dell'occidente ricco e forte, della sua cultura politica e anche
economica, riconoscono nella nonviolenza gandhiana la condizione necessaria
per la sopravvivenza, con maggiore giustizia, insieme all'umanita' intera,
del mondo contemporaneo che l'occidente ha costruito in modo geniale ma non
innocente.
Ma l'interculturalita' dell'eredita' di Gandhi non e' una semplice
sommatoria irenica di dati. Ha anche un'energia critica, che migliora cio'
che accoglie e lo vaglia in base a valori universali. Dell'occidente Gandhi
contesta non lo spirito di azione e progresso, ma la soggezione dell'uomo
alle macchine, alla possessivita' che rende nemici, che aliena, e spinge
alla violenza. Dell'oriente Gandhi contesta la passivita' e rassegnazione a
strutture ingiuste, discriminanti, giustificate con tradizioni religiose.
Dell'uno e dell'altro sa cogliere gli elementi piu' positivi.
Certamente Gandhi ha e afferma una concezione religiosa della vita, che e',
in sostanza, il senso della profonda unita' del tutto (simile sara' la
religione di Capitini), ma il suo apporto puo' benissimo essere inteso,
accolto e proseguito come un'opera essenzialmente razionale e un "metodo
politico" (6), ricchi di saggezza, umanita', giustizia, quindi anche di
spiritualita' non unicamente religiosa; come un modo sapiente, concreto e
buono di gestire i conflitti umani in modo piu' felice, meno doloroso.
Senza la pretesa di trovare la formula magica, possiamo dire che
l'esperienza e la riflessione di Gandhi possono valere molto, oggi e domani,
per unire i popoli, nel rispetto delle belle diversita'; per collegare le
religioni, nel dialogo rispettoso, e nella collaborazione morale; per far
intendere tra loro, su serie basi umane universali, persone e culture
religiose con persone e culture umanistiche non religiose.
*
Note
1. Walter Wink, Rigenerare i poteri, discernimento e resistenza in un mondo
di dominio, Emi, Bologna 2003. Ne ho riassunto il senso in "il foglio" n.
313, giugno-luglio 2004, col titolo Gesu' non era scemo. Giorgio Barazza e
Angela Dogliotti ne hanno scritto su "Azione Nonviolenta" n. 8-9,
agosto-settembre 2004, e n. 10, ottobre 2004.
2. Eugen Drewermann, La guerra e' la malattia, non la soluzione, Claudiana,
Torino 2005,  p. 137.
3. Si veda Paolo Ricca, Le chiese evangeliche e la pace, Edizioni Cultura
della Pace, Fiesole (Fi) 1989, pp. 78-86.
4. Lev Tolstoj, Il Regno di Dio e' in voi, Bocca, Roma 1894, riedito da
Publiprint e Manca nel 1988, p. 50. Uguale chiarimento viene da Pier Cesare
Bori, in Tolstoj oltre la letteratura, Edizioni Cultura della Pace, Fiesole
(Fi) 1991, p. 102. Ne ho scritto in La politica e' pace, Cittadella
editrice, Assisi 1998, pp. 169-172.
5. Oltre recenti casi in India, si possono vedere, per il buddhismo, tre
casi segnalati da Daniel L. Smith-Christofer, La nonviolenza nelle
religioni. Dai testi sacri alle tradizioni storiche, Emi, Bologna 2004, pp.
46-49.
6. Cosi' lo chiama Gandhi stesso. Cfr Jean-Marie Muller, Il principio
nonviolenza. Una filosofia della pace, Plus - Pisa University Press, Pisa
2004, pp. 250-252 e 256-258.

8. RIFLESSIONE. PAOLO CANDELARI: PERCHE' IL 12 GIUGNO NON ANDRO' A VOTARE
[Ringraziamo Paolo Candelari (per contatti: paolocand at libero.it) per questo
intervento. Paolo Candelari, presidente del Movimento Internazionale della
Riconciliazione, e' una delle piu' conosciute e stimate figure della
nonviolenza in Italia. Il Movimento Internazionale della Riconciliazione (in
sigla: Mir in Italia, Ifor - International Fellowship of Reconciliation - a
livello internazionale) e' uno dei principali e piu' autorevoli movimenti
nonviolenti]

Perche' il 12 giugno non andro' a votare.
1. Perche' ritengo che l'inizio della vita sia un mistero, e meno l'uomo ci
mette le mani, meglio e': nella nostra concezione onnipotente, riteniamo
tutto manipolabile; non ci rendiamo conto di come cio' che chiamiamo natura
sia il risultato di equilibri estremamente complessi, raggiunti in milioni
di anni, e ogni volta che li tocchiamo, dovremmo chiederci se siamo certi
delle conseguenze, e dei pericoli che puo' comportare. E' per questi motivi
che molti di noi si battono giustamente contro le manipolazioni genetiche di
piante ed animali. Ma a maggior ragione dovremmo opporci alla manipolazione
sull'uomo, alla modifica dei processi naturali che portano alla nascita
della vita. Siamo sicuri che portare la fecondazione fuori dal suo ambiente
naturale, in una asettica provetta, sia senza conseguenze sullo sviluppo
futuro del bambino? Che il congelamento dell'embrione sia del tutto
ininfluente? Che non ci sia uno scambio tra madre e figlio sin dall'inizio
del concepimento?
2. Perche' l'embrione non e' un grumo di cellule paragonabile ad "una foglia
d'insalata", come mi e' stato detto ad un banchetto di "referendari": cio'
e' contrario ad ogni evidenza scientifica, qui la religione non c'entra. E'
una vita umana, non in potenza, ma in atto, perche' esso non e' che l'inizio
di una evoluzione che proseguira' e diverra' un bambino, poi un adulto,
infine un vecchio e un giorno morira': e ogni stadio e' sempre diverso dal
precedente, ma sempre della stessa vita umana, dello stesso individuo si
tratta. E tutti quelli e quelle che disquisiscono su quando l'embrione
diventa persona, se quando iniziano le relazioni sociali, quando inizia
l'autocoscienza, ecc. questi si' mi paiono come quei teologi dell'antichita'
che si chiedevano in che momento Dio immettesse l'anima nel corpo, per poter
decidere cinicamente, a tavolino, chi avesse dignita' di vivere e chi no. Io
non so quando il feto divenga persona, ne' quando al corpo venga data
l'anima, ma nel dubbio scelgo la massima sicurezza: il mio modo di ragionare
e' rozzo e materialista: dall'inizio alla fine e' una vita umana in
divenire, a cui nessun altro essere umano ha diritto di por termine.
3. Perche' sono contrario alle sperimentazioni su esseri umani. Uno dei
"leit-motiv" di questa campagna referendaria e' che questa legge vieterebbe
la ricerca sulle cellule staminali, condannando percio' stesso i malati di
varie malattie oggi incurabili a rimanere senza cure che sarebbero invece a
portata di mano. Cio' e' falso. La ricerca puo' essere fatta e viene fatta
prelevando cellule staminali adulte e riproducendole; in ogni caso
l'equazione "avere tanti embrioni come cavie = curare malattie incurabili"
e' falsa; per ora ben poco si sa delle possibilita' di arrivare a
conclusioni da queste ricerche. Sono peraltro convinto che nessuno di noi
(non certo io) accetterebbe di essere curato grazie all'utilizzo di cavie
umane: siamo giustamente contrari all'utilizzo di cavie animali, a maggior
ragione dovremmo esserlo per quelle umane. Quello che e' certo e' che
l'enorme possibilita' di usare embrioni che si e' creata da quando si e'
diffusa la pratica della fecondazione artificiale va incontro all'interesse
di case farmaceutiche, centri di ricerca e aspiranti dott. Stranamore, che
da questa attivita' sperano di lucrare per fare esperimenti di tutti i
generi, compresi, e' inutile nasconderselo, quelli sulla clonazione umana.
4. Perche' mi spaventa proprio la prospettiva della clonazione umana: e non
ditemi che si tratta di fantascienza: gia' si parla di produzione in
laboratorio di umanoidi da cui prelevare organi, sempre a fin di bene,
ovviamente. Mi si risponde che col referendum non verrebbe consentita la
clonazione umana: gia', ma questo sara' il prossimo passo: del resto se si
proclama che l'etica non puo' fermare la scienza quali ragioni dovrebbero
impedirla il giorno che divenisse possibile? Fermiamoci in tempo; o domani
ci troveremo con guai peggiori dei mali che oggi vogliamo curare.
5. Perche' la scienza non e' infallibile. Gli scienziati sono uomini
fallibili come tutti gli altri: del resto quale e' il limite di fronte a cui
la scienza si deve fermare? per i promotori semplicemente non esiste: tutto
cio' che e' scientificamente possibile, o viene ritenuto tale, e' lecito. E
chiunque mette in discussione questo assunto, presentato come il dogma di
una nuova religione, viene tacciato di integralismo, di fondamentalismo. Chi
ci salvera' dall'intolleranza dei (sedicenti) tolleranti? Cio' di cui sta
discutendo, e' per me follia, delirio di onnipotenza; e tutto sfruttando il
sacrosanto desiderio di molte coppie di avere un figlio proprio. Ma che
senso ha, mi chiedo, volere un figlio ad ogni costo, senza neanche sapere
chi e' il padre (l'eterologa)? Non sarebbe meglio adottare un bimbo
abbandonato, piuttosto che farselo fabbricare in laboratorio?
6. Per una ragione piu' strettamente politica: il referendum e' il peggior
strumento per affrontare questioni cosi' complesse come la fecondazione
artificiale, la liberta' di ricerca scientifica, l'etica della vita. Le
posizioni al riguardo son ben piu' di due e non possono ridursi ad un si' o
un no secco. Occorre un dibattito approfondito, una reciproca capacita' di
ascolto e di attenzione; soprattutto, fermo restando che ognuno debba
seguire liberamente la propria coscienza, la soluzione legislativa deve
tener conto di tutte le posizioni, ed essere il risultato di un largo
consenso, non l'imposizione di una risicata maggioranza, che non sarebbe
neanche tale. Dunque dico no all'ennesima "guerra di religione" imposta dai
radicali, che pretendono di dividere manicheisticamente il mondo tra
"buoni", laici e positivisti, e "cattivi", oscurantisti e "talebani" (la
calunnia e' da sempre la loro arma politica preferita). E il 12 giugno, in
piena consapevolezza e liberta', esercitero' il mio pieno diritto di fare
politica rifiutando un referendum che disapprovo.
7. Una parola infine sulla questione del "clericalismo". Come potete vedere,
nelle mie argomentazioni non ho tirato fuori alcun motivo religioso o di
fede. Io ho sentito parlare per la prima volta di questi temi nel lontano
1986, in un convegno degli allora neonati "verdi", da Jeremy Rifkin. Oggi si
sente dire che solo i cattolici sono contro il referendum, e cosi' la
complessa questione dell'etica della vita, della cura dell'infertilita', e
della liberta' di ricerca si riduce a quella dell'ingerenza della chiesa
nella cosa pubblica. Da una parte ritengo che fare della chiesa cattolica
l'unica paladina delle ragioni della vita e dell'etica sia un regalo troppo
grosso, e non sempre meritato; dall'altra dico: fortuna che c'e' la chiesa a
sostenere queste ragioni, soprattutto di fronte al silenzio di chi dovrebbe
parlare e invece tace, o, lasciandosi trascinare dalla polemica
anticlericale, e dal livore, magari anche motivato, contro la chiesa
cattolica, si mette acriticamente al seguito di una mentalita' (e non e'
solo una mentalita', sono anche ben corposi interessi) scientista a
oltranza, che vorrebbe eliminare il concetto stesso di etica.
8. La legge 40 e' sicuramente emendabile e migliorabile, ma oggi c'e' in
gioco qualcosa di molto piu' importante: affermare che la scienza ha un
limite, che non tutto cio' che e' possibile e' lecito, che il progresso non
puo' essere infinito, che alfine c'e' un'etica della responsabilita' che
deve ispirare il nostro agire. Per questo ritengo che la eventuale sconfitta
di chi ha voluto il referendum avrebbe una portata ben piu' vasta dei
singoli quesiti, come lo fu il "no" al nucleare.
Nonviolenti, ecologisti, ambientalisti: sveglia! Non dovreste essere voi in
prima fila su questi temi? O quantomeno perplessi di fronte a chi vuol
sostituire il dogma dell'infallibilita' divina con quello
dell'infallibilita' della scienza.

9. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: PERCHE' IL 12 GIUGNO ANDRO' A VOTARE
Andro' a votare al referendum, e votero' per abrogare alcune norme contenute
nella legge 40 del 2004.
*
Non brevi alcune premesse
Premessa prima. Esprimo anch'io le mie personali opinioni, so che altre ed
altri pensano diversamente, ogni opinione ascolto con rispetto, qui dico non
piu' che la mia.
Su temi cosi' impegnativi non ci si puo' affidare a principi di autorita',
ma con scienza e coscienza assumersi ciascuna e ciascuno la propria
responsabilita'.
*
Premessa seconda. Si vota per abrogare o mantenere alcune parti della legge
40 del 2004 che reca disposizioni in materia di procreazione medicalmente
assistita.
Non si vota sulla scienza, sulla morale, sulla religione, sul diritto,
sull'antropologia; non si vota ne' per imporre una visione del mondo, ne'
per negarne altre; si vota per abrogare o meno alcune specifiche parti di
una specifica legge.
Non si vota perche' vi siano o non vi siano regole, si vota per abolire o
confermare alcune specifiche norme.
Inoltre: chi vota si' ai quesiti proposti non vota per costringere qualcuno
a fare qualcosa, ma solo per abrogare alcune norme di legge che proibiscono
a tutte e tutti di fare qualcosa.
Infine: anche astenersi dal voto e' un modo legittimo di esprimersi, sebbene
l'efficacia giuridica di questa scelta sia assai piu' debole (nel senso che
un prevalere del non voto rende nullo il referendum, ma non impedisce che la
legge possa essere successivamente modificata in Parlamento) e la sua
interpretazione assai piu' incerta rispetto ad un pronunciamento esplicito
con un si' o con un no (poiche' la non partecipazione al voto nessun parere
positivamente esprime).
*
Premessa terza. Per decidere se abrogare o mantenere alcune parti di una
legge non e' buon criterio fondarsi su argomenti estrinseci o accessori. Che
Tizio voti in un modo, non implica che il nostro voto debba dipendere dalla
simpatia o antipatia per quella persona o la sua parte; che taluni
sostenitori di una o altra scelta di voto o non voto dicano colossali
sciocchezze, non implica che chi per quella scelta si decide condivida per
questo anche quelle sciocchezze.
*
Premessa quarta. Personalmente ritengo legittimi tutti i pronunciamenti: il
si', il no, la scheda bianca (l'astensione in senso stretto), la scheda
nulla, la non partecipazione al voto.
Trovo invece insensato che alcuni pretendano di impedire ad altri di
pronunciarsi e di impegnarsi per le loro idee: ad esempio trovo scandaloso e
totalitario che qualcuno abbia espresso l'auspicio che si imponesse il
mutismo al presidente della Conferenza episcopale (cattolica) italiana; quel
diritto di esprimere le proprie opinioni e cercare di persuadere altri della
loro bonta' deve valere per tutti, poi liberi tutti di concordare o
dissentire.
*
Premessa quinta, ed ultima. Nella riflessione in corso non mi sembra che vi
sia una parte depositaria dei valori, e un'altra parte ai valori
indifferente; come non mi sembra che vi sia una parte a favore della scienza
e una parte che alla scienza si oppone; come non mi sembra che vi sia una
parte impegnata per il diritto e una parte contraria ad ogni diritto; ed
infine: non mi sembra che ci sia una parte "per la vita" e una parte "per la
morte". Magari le cose fossero cosi' semplici.
Aggiungo che personalmente non credo nella pretesa "neutralita'" della
scienza: e' per me ovvio che in merito all'agire degli scienziati e dei
tecnici - Hiroshima docet - e' doveroso esprimere una valutazione morale, e
che l'impresa scientifica e tecnologica deve essere regolata da norme
deontologiche e giuridiche.
Inoltre, e' per me ovvio che sono inammissibili il delirio di onnipotenza,
lo sfrenato consumismo, la violenza contro l'umanita' e la biosfera.
Ancora, e' per me ovvio che il senso del limite e' costitutivo dell'umana
liberta', e il riconoscimento del limite e' tanta parte dello splendore
della dignita' umana.
Infine, personalmente sono un sostenitore del fallibilismo nell'ambito della
teoria della conoscenza, deducendone anche le logiche conseguenze
nell'ambito della ragion pratica e quindi anche delle scelte politiche ed
economiche.
C'e' bisogno di aggiungerlo? Penso che la scelta della nonviolenza,
l'accostamento alla nonviolenza, la pratica della nonviolenza, si
estrinsechi anche (non solo, ma anche, e per quanto mi concerne soprattutto)
nella volonta' di adoperarsi per contrastare e quindi diminuire la violenza
nel mondo, recare aiuto a chi di aiuto ha bisogno.
*
Breve un'opinione sulla legge
Detto tutto questo, le mie modeste, personali opinioni sulla legge e sul
referendum, in breve, sono le seguenti.
Credo che la legge 40/2004 sia una legge per molti aspetti pessima; fosse
stato ammesso il referendum per abrogarla in toto credo che avrei votato
si'.
Non perche' in materia di tecnologie riproduttive non debbano esservi regole
e limiti, ma proprio perche' vorrei regole sagge (ovvero misericordiose) e
limiti efficaci (ovvero ragionevoli).
Avrei votato si' per abrogare l'intera legge sulla base di tre principi:
a) un principio di precauzione: mi sembra che la legge 40/2004 sia una legge
inadeguata e contraddittoria, succube di un'ideologia scientista e immorale,
autoritaria e violenta, dagli esiti perversi. Vorrei che in materia di
tecnologie riproduttive ci fosse piu' responsabilita', piu' cautela, piu'
umanita'. Sono un assertore del principio "in dubio, contra projectum"; sono
un assertore del "principio responsabilita'" su cui ha scritto pagine
magnifiche Hans Jonas; nel corso di molti anni ho letto e meditato con
profitto la straordinaria riflessione su questi temi da molti anni promossa
dal pensiero femminista (ad esempio Adrienne Rich; ad esempio Franca Ongaro
Basaglia; ad esempio Silvia Vegetti Finzi; ad esempio Maria Luisa Boccia e
Grazia Zuffa nel loro libro del 1998, L'eclissi della madre, un libro che
tutti gli elettori e le elettrici chiamati al referendum dovrebbero aver
letto).
b) un principio di legalita': mi sembra che la legge 40/2004 sia una legge
che contraddice (e destruttura, aprendo varchi di anomia) norme e principi
contenuti in leggi fondamentali del nostro ordinamento giuridico; mi sembra
inoltre che essa contenga al suo interno contraddizioni cosi' flagranti da
provocare situazioni di vero e proprio "doppio vincolo", irragionevoli,
patogene, che mettono in conflitto legalita' positiva e diritti sostanziali.
Mi sembra quindi una legge scientemente illegalitaria, un veroe proprio
mostro giuridico.
c) un principio di dignita' personale: mi sembra che la legge 40/2004 sia
una legge patentemente e fin ferocemente ostile alle donne; sia una legge
che alle donne (e sono le donne che fanno nascere gli esseri umani) nega
radicalmente fondamentali diritti, tra cui quello alla salute; sia una legge
che riproduce in forme fin parossistiche un'oppressione sessista che ne' il
morale sentire di ogni persona ragionevole, ne' la Costituzione della
Repubblica Italiana puo' ammettere. Non voglio essere complice di una legge
secondo la quale gli inalienabili diritti umani di una donna, persona
concretamente vivente, possono essere calpestati e annientati in nome dei
diritti che vengono attribuiti a un embrione.
Questo in breve per quanto attiene alla legge nel suo complesso.
*
Brevissima una dichiarazione di voto
Ma poiche' il referendum per abrogare tout court la legge 40/2004 non e'
stato ammesso, restano i quattro quesiti attuali che si riferiscono solo a
singole parti, peraltro le piu' controverse, di essa.
Essi sono relativi ad una molteplicita' di disposizioni che la legge 40
reca, su ciascuna delle quali ovviamente si puo' svolgere una riflessione
specifica approdando a specifiche conclusioni. Ciascun quesito referendario
meriterebbe un approfondimento, ma questo articolo e' gia' fin troppo lungo,
e cosa io pensi della legge nel suo insieme e' gia' fin troppo chiaro.
Concludo quindi con le stesse parole con cui ho iniziato: andro' a votare al
referendum, e votero' per abrogare alcune norme contenute nella legge 40 del
2004.

10. RIVISTE. CON "QUALEVITA", LA RIFLESSIONE DI GLORIA GAZZERI
Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ascoltando
la riflessione di Gloria Gazzeri.
*
"... quattro principi fondamentali... 1. Per opporsi al male occorre
impiegare una forza di segno contrario: l'amore e la verita'... 2. Non
collaborare con l'ingiustizia... 3. Sara' vinto il male fuori di noi, quando
lo avremo vinto in noi... 4. La legge evolutiva specifica dell'uomo e': ama
il tuo prossimo come te stesso" (Gloria Gazzeri, in "Qualevita", n. 101,
novembre 2002, pp. 7-8).
*
"Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta
che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni
satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della
nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica
libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con
l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori
di cui disponiamo.
Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a
"Qualevita", e' un'azione buona e feconda.
Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030
Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora
086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito:
www.peacelink.it/users/qualevita
Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro
13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo
2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a
'Qualevita'".

11. RILETTURE. ROBIN MORGAN: SESSUALITA', VIOLENZA E TERRORISMO
Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo, La Tartaruga, Milano 1998,
2003, pp. 250, euro 14,40. Un libro da leggere e rileggere.

12. RILETTURE. ELENA SOETJE: LA RESPONSABILITA' DELLA VITA
Elena Soetje, La responsabilita' della vita. Introduzione alla bioetica,
Paravia, Torino 1997, pp. 138, lire 13.500. Un agile testo introduttivo, con
ampia antologia e bibliografia ragionata.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 947 del primo giugno 2005

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