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La nonviolenza e' in cammino. 943
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 943
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 28 May 2005 03:11:01 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 943 del 28 maggio 2005 Sommario di questo numero: 1. Clementina 2. Luciano Bonfrate: Clementina, o della verita' 3. Hannah Arendt: Ogni volta 4. Mao Valpiana: Presentata a Montecitorio la proposta di legge per i Corpi civili di pace 5. Andrea Cozzo: Ipotesi di un programma di lavoro nonviolento per superare il sistema mafioso 6. Le ragioni della nonviolenza in alcuni scritti di Giuliano Pontara 7. Magistratura Democratica: Sul referendum del 12-13 giugno 8. Con "Qualevita", all'ascolto di Marianella Garcia 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PER CLEMENTINA [Clementina Cantoni, volontaria dell'associazione umanitaria "Care international", impegnata in Afghanistan nella solidarieta' con le donne, e' stata rapita alcuni giorni fa] Siamo certi che stiamo facendo il possibile per la sua liberazione? O non dovremmo forse con piu' convinzione, con piu' energia, con piu' visibilita' levare la nostra voce? Si sta manifestando almeno in tutte le citta' italiane? Si stanno promuovendo in tutte le istituzioni rappresentative del popolo italiano - in tutti i Comuni, le Province, le Regioni, in Parlamento - ordini del giorno per la sua liberazione e deliberazioni recanti azioni di solidarieta' concreta con la martoriata popolazione afghana? Alla sequela di Clementina si sta o no sentendo e collocando quel soggetto che chiamiamo, qualunque cosa cio' voglia dire, il popolo della pace? 2. LETTERE. LUCIANO BONFRATE: CLEMENTINA, O DELLA VERITA' [Ringraziamo Luciano Bonfrate per questo intervento. Su Clementina Cantoni vedi la notizia introduttiva al testo precedente. Florence Aubenas e' la giornalista francese del quotidiano "Liberation", da sempre impegnata per la pace e i diritti umani, rapita da settimane in Iraq. Tra le opere di Florence Aubenas: con Miguel Benasayag, Resistere e' creare, Mc editrice, Milano 2004] E la verita' e' questa: che l'Afghanistan e' il nostro futuro se altro futuro schiudere non sapremo con la forza della nonviolenza, che sola libera e salva. E la verita' e' questa: che l'Afghanistan potra' essere libero e felice solo se cesseranno la guerra, il mercato dell'eroina, i signori della guerra, i signori della mafia, i signori degli eserciti, i signori del mondo il fascismo, e il fascismo detto "democratico", e il fascismo del patriarcato. Ma la guerra, la mafia, il fascismo non cesseranno la' se non li contrasteremo anche qui. E' la nonviolenza la scelta da fare, la nonviolenza clemenza e misericordia riconoscenza, riconoscimento di umanita'. E' la nonviolenza la lotta da condurre come e con Clementina, come e con Florence. E a chi ancora chiede stentoreo, beffardo, tritando tra i denti la propria vergogna di complice dei lupi, "dove sono, dove sono, dove sono i pacifisti?" questo solo rispondere possiamo: sequestrati a Kabul e a Baghdad, Clementina, Florence, tante e tanti che non si arresero alla legge del coltello. 3. MAESTRE. HANNAH ARENDT: OGNI VOLTA [Da Hannah Arendt, Sulla rivoluzione, Edizioni di Comunita', Milano 1983, 1996, p. 306. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Ogni volta che il sapere e il fare si separano, lo spazio della liberta' va perduto. 4. INIZIATIVE. MAO VALPIANA: PRESENTATA A MONTECITORIO LA PROPOSTA DI LEGGE PER I CORPI CIVILI DI PACE [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Nella sala della sacrestia della Camera dei deputati, a Montecitorio, si e' svolto il 25 maggio un seminario promosso dalla "Rete Corpi Civili di Pace", per presentare la proposta di legge n. 5812, "Disposizioni per il riconoscimento dei congedi per la partecipazione a missioni organizzate nell'ambito dei corpi civili di pace" (prima firmataria l'on. Tiziana Valpiana, con l'adesione di Giovanni Bianchi, Ruzzante, Boato, Pistone, Grandi, Ruggeri, Bandoli, Bielli, Bimbi, Bulgarelli, Calzolaio, Cima, Crucianelli, Maura Cossutta, Deiana, De Simone, Fumagalli, Giacco, Giulietti, Griffagnini, Kessler, Mascia, Mantovani, Luca', Provera, Russo Spena). "Una proposta - ha spiegato Tiziana Valpiana, capogruppo del Prc nella Commissione affari sociali della Camera - sottoscritta da un gran numero di parlamentari, che accoglie una richiesta che arriva diffusamente dalla societa' civile: dare spazio, attuazione e riconoscimento istituzionale alla difesa civile, non armata e nonviolenta". La finalita' della proposta di legge e' anche quella di creare un riconoscimento e un sostegno istituzionale attorno alla proposta della difesa nonviolenta. I Corpi civili di pace, che gia' operano da anni in situazioni di crisi, dal Kosovo alla Bosnia, da Israele-Palestina allo Sri Lanka, sono un'applicazione concreta dei principi costituzionali di "difesa della patria" e di "ripudio della guerra". Il lavoratore che chiedera' di partecipare ad interventi di Corpi civili di pace sulla base della legge oggi presentata si vedrebbe garantito un periodo frazionabile di almeno dodici mesi di aspettativa non retribuita dal proprio impiego, sia pubblico che privato, conservando altri istituti come l'anzianita', le ferie, la tredicesima e i contributi previdenziali figurativi. * Al seminario di presentazione del disegno di legge sono interventi Alberto L'Abate (presidente dell'Italian Peace Research Institute - in sigla: Ipri-), e Nanni Salio (segretario dell'Ipri), che hanno illustrato il ruolo positivo dei Corpi civili di pace nella soluzione nonviolenta dei conflitti, e come essi siano un'efficace articolazione della societa' civile costituiti da professionisti e volontari, qualificati e preparati per intervenire in situazioni di crisi attraverso gli strumenti della difesa popolare nonviolenta e della diplomazia popolare. Particolarmente significativa la partecipazione del ministro Carlo Giovanardi (ministro ai rapporti con il Parlamento, con delega per il Servizio civile) e dell'on. Massimo Palombi (direttore dell'Ufficio nazionale per il servizio civile), che hanno dimostrato un reale interesse al progetto e una sostanziale condivisione, auspicandone l'approvazione, come un possibile arricchimento e completamento delle esperienze di servizio civile allestero, per poter affiancare ai giovani anche personale volontario adulto, con esperienze e specifica formazione. Nel corso del seminario si e' anche cercato di articolare il concetto stesso di Corpi civili di pace attraverso corsi di formazione o missioni in luoghi a rischio per prevenire i conflitti, sulla base di progetti da presentare al "Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta" e sottoporre all'approvazione dell'Ufficio nazionale per il servizio civile. * Della "Rete Corpi Civili di Pace", promotrice dell'iniziativa, fanno parte un cartello d'associazioni: Associazione per la pace, Berretti Bianchi, Movimento Nonviolento, Casa per la pace di Milano, Centro studi difesa civile, Movimento Internazionale della Riconciliazione, Gavci, Obiettori Forlivesi, Operazione Colomba, Pax Chisti, Pbi, Rete Lilliput Bologna, Sisp e Servizio Civile Internazionale. 5. RIFLESSIONE. ANDREA COZZO: IPOTESI DI UN PROGRAMMA DI LAVORO NONVIOLENTO PER SUPERARE IL SISTEMA MAFIOSO [Ringraziamo Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) per averci messo a disposizione il testo del suo intervento nella sessione conclusiva del convegno sul tema "Superare il sistema mafioso. Il contributo della nonviolenza" svoltosi a Palermo il 21-22 maggio 2005. Andrea Cozzo e' docente universitario di cultura greca, studioso e amico della nonviolenza, promotore dell'attivita' didattica e di ricerca su pace e nonviolenza nell'ateneo palermitano, tiene da anni seminari e laboratori sulla gestione nonviolenta dei conflitti, ha pubblicato molti articoli sulle riviste dei movimenti nonviolenti, fa parte del comitato scientifico dei prestigiosi "Quaderni Satyagraha". Tra le sue opere recenti: Se fossimo come la terra. Nietzsche e la saggezza della complessita', Annali della Facolta' di Lettere e filosofia di Palermo. Studi e ricerche, Palermo 1995; Dialoghi attraverso i Greci. Idee per lo studio dei classici in una societa' piu' libera, Gelka, Palermo 1997; (a cura di), Guerra, cultura e nonviolenza, "Seminario Nonviolenza", Palermo 1999; Manuale di lotta nonviolenta al potere del sapere (per studenti e docenti delle facoltà di lettere e filosofia), "Seminario Nonviolenza", Palermo 2000; Tra comunita' e violenza. Conoscenza, logos e razionalita' nella Grecia antica, Carocci, Roma 2001; Saggio sul saggio scientifico per le facolta' umanistiche. Ovvero caratteristiche di un genere letterario accademico (in cinque movimenti), "Seminario Nonviolenza", Palermo 2001; Filosofia e comunicazione. Musicalita' della filosofia antica, in V. Ando', A. Cozzo (a cura di), Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002, pp. 87-99; Sapere e potere presso i moderni e presso i Greci antichi. Una ricerca per lo studio come se servisse a qualcosa, Carocci, Roma 2002; Lottare contro la riforma del sistema scolastico-universitario. Contro che cosa, di preciso? E soprattutto per che cosa?, in V. Ando' (a cura di), Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione, discipline e senso degli studi, Carocci, Roma 2002, pp. 37-50; Scienza, conoscenza e istruzione in Lanza del Vasto, in "Quaderni Satyagraha", n. 2, 2002, pp. 155-168; Dopo l'11 settembre, la nonviolenza, in "Segno" n. 232, febbraio 2002, pp. 21-28; Conflittualita' nonviolenta. Filosofia e pratiche di lotta comunicativa, Edizioni Mimesis, Milano 2004] Confesso che non mi viene facile, senza una adeguata pausa di riflessione dalla fine del convegno su "Superare il sistema mafioso. Il contributo della nonviolenza", abbozzare linee per una continuazione del lavoro. Anche perche' questo voleva essere solo un iniziale momento pubblico ufficiale in cui amici della nonviolenza, curiosi della nonviolenza e perplessi sulla nonviolenza si potessero incontrare e scambiare le loro prime riflessioni e "confusioni". Questo e' certamente gia' un grosso risultato, e percio' proprio continuare ad incontrarci per fare crescere la riflessione individuale e collettiva puo' essere anche un primo punto del programma di lavoro per il futuro, in vista di un altro convegno da tenersi, diciamo, fra un paio di anni. Facendo dunque una prima riflessione a caldo, tra i compiti che abbiamo per proseguire il nostro percorso, metterei schematicamente i seguenti. * Relativamente alllo studio: 1. approfondire le possibilita' di intreccio e scambio tra giustizia rigenerativa-riparativa (in tutte le sue sfaccettature) e nonviolenza. Entrambe infatti sono basate sull'idea che concentrarsi sulla bonta' dei mezzi sia la cosa migliore per raggiungere piu' stabilmente fini buoni e, in concreto, che costruire relazioni tra vittime e rei sia meglio che punire, e tanto la prima quanto la seconda cercano di sfuggire alla logica dicotomica di imparzialita' vs .parzialita' ed equidistanza vs faziosita', ricercando piuttosto la compartecipazione e l'equivicinanza: lungi da me, naturalmente, l'idea di pensare che, allora, le ingiustizie devono essere sopportate o passivamente tollerate. Accettare la "sfida impossibile" (cfr. la relazione di Gilda Scardaccione e il gruppo di lavoro sulle pratiche di mediazione e di giustizia rigenerativa coordinato da Marinetta Cannito) della giustizia riparativa nell'ambito dei reati di mafia significa accettare di prendere in seria considerazione un radicale mutamento di paradigma che investe tanto il livello simbolico-culturale generale, quanto quello specifico del diritto. E' chiaro che la prospettiva di incidere sull'ordinamento giuridico si rivolge a tempi medio-lunghi (anche se mi piace pensare che con un lavoro continuo su questo versante si potrebbe puntare a tempi medio-brevi): in realta' c'e' da rendere noto e comunicare su questo tema sia all'interno del movimento nonviolento, sia all'interno degli studiosi di diritto, presso i quali e' ancora marginalissimo e confinato solo in alcune esperienze del diritto penale minorile. Un tentativo di abbinare le problematiche della nonviolenza e quella della giustizia riparativa ho fatto io stesso, all'interno di alcuni paragrafi sulla mediazione nel mio libro Conflittualita' nonviolenta. 2. Studiare nella storia del movimento di liberazione dalla mafia le lotte esplicitamente nonviolente (ad esempio quelle di Danilo Dolci) o leggibili alla luce delle categorie della nonviolenza - sia pure di nonviolenza pragmatica - per enuclearne le dinamiche specifiche rispetto al loro successo o insuccesso, in modo da potere proporre per il futuro modelli di comportamento consapevole che facciano uscire dalla cultura di una reazione meccanica, spesso solo emotiva e temporanea, a particolari azioni mafiose di grande risalto. Insomma si tratta di fare un lavoro storiografico "tagliato" con l'ottica della nonviolenza, per creare una sorta di continuazione e declinazione in un ambito particolare delle dinamiche dell'azione nonviolenta di Gene Sharp, magari cercando di capire se, come sono convinto, alcune categorie della Difesa popolare nonviolenta (in sigla: Dpn) non possano essere utili, opportunamente modificate, per pensare come rapportarsi al fenomeno mafioso (cfr. gruppo di lavoro su Dpn, servizio civile e contrasto alla mafia). In cio' e' essenziale, e quindi da perorare, la cooperazione tra amici della nonviolenza e conoscitori specialisti della storia della mafia e dell'antimafia: penso in primo luogo a "curiosi della nonviolenza" come Anna Puglisi e Umberto Santino (cfr. la relazione di quest'ultimo), a cui, per i loro studi all'interno del Centro Impastato e per il loro concreto impegno antimafia, tutti, credo, dobbiamo moltissimo. 3. Individuare alternative strutturali al macrosistema di cui il sistema mafioso e' semplicemente parte e "potere senza volto" (cfr. la relazione di Nanni Salio e, ancora, il gruppo di lavoro coordinato da lui e da me). Questo significa impegnarsi per la trasformazione della societa' nel suo insieme: da societa' basata sulla competizione (che poi porta anche alla prevaricazione mafiosa), sul potere di pochi e sulla democrazia formale (che continua a restare un gioco a somma zero e dunque, come diceva Gandhi, "forma diluita del nazismo e del fascismo"), sul denaro e sullo spreco consumistico (che porta all'individualismo e all'indifferenza: anche questi atteggiamenti che favoriscono il sistema mafioso), sull'accettazione del valore della violenza (per quanto istituzionalizzata: cfr. eserciti), a societa' fondata sulla cooperazione, sul potere di tutti (l'onnicrazia capitiniana), sull'ecologia e sulla comunicazione, sulla conflittualita' intesa come capacita' di gestire i conflitti con rispetto dell'avversario e con spirito costruttivo (ma anche assertivo rispetto all'esigenza di riparazione). * Relativamente all'azione concreta: 1. Contestualmente al compito appena detto, lavorare per la diffusione di una cultura della gestione nonviolenta dei conflitti: non solo praticando un certo stile di vita in famiglia o nei rapporti di lavoro, ma anche pensando alla possibilita' di proporre ed organizzare i centri sociali, le parrocchie, i condomini, le associazioni ecc. come luoghi espressamente deputati a cio'. La gestione nonviolenta dei conflitti e' immediatamente costruzione di societa' libera dal dominio mafioso, sia come elemento di cultura alternativa ad esso sia come pratica concreta che allontana dal ricorso ad esso (mi riferisco naturalmente al regime di complicita' che a volte si instaura con la mafia quando, proprio per risolvere un conflitto con qualcuno, si ricorre all'aiuto del mafioso del quartiere). 2. Proporre nelle scuole una cultura fondata su una coscienza individuale viva ed attenta, su un'educazione alla responsabilita' anziche' al solo rispetto formale della legalita', che puo' suonare appello vuoto e addirittura odioso in contesti in cui e' evidente che lo Stato non riesce a dare pane e lavoro ma si limita a reprimere chi trasgredisce le leggi (cfr. il gruppo di lavoro coordinato da Augusto Cavadi e Simona Rampulla). 3. Mettere a punto ulteriori strumenti concreti ed efficaci fondati sul coinvolgimento della societa' civile e sulla valorizzazione del ruolo delle donne (cfr. il gruppo di lavoro coordinato da Anna Puglisi). A proposito di iniziative concrete, quella intitolata "Addiopizzo" pensata dal cosiddetto "Comitato degli adesivi" di Palermo e' senz'altro positiva ma va a mio parere perfezionata, pena il rischio di abbandonare alla solitudine i commercianti non coraggiosi. A questa e ad altre associazioni, ma anche ai media (cfr. la relazione di Vincenzo Sanfilippo, che, per la verita', tocca anche molti altri punti), alle scuole, alle parrocchie, ai centri sociali, alle donne, a tutti i cittadini abbiamo il compito, credo, di proporre l'idea di un cammino comune, da fare in sinergia e con continuita'. Un incontro con tutte le realta' impegnate in questa direzione e' importante per un lavoro di rete che raccordi costantemente tutte le pratiche di resistenza civile volte a liberare la societa' dal dominio mafioso; ma varra' la pena anche, e forse soprattutto, pensare ad una o piu' assemblee cittadine - e intendo dire assemblee non solo degli intellettuali ma anche dei cittadini comuni, non presso qualche sala del palazzo comunale ma nel cortile di un centro sociale o di una parrocchia - in cui tutti, come nei Centri di Orientamento Sociale di capitiniana memoria o nelle grandi riunioni organizzate da Danilo Dolci, possano partecipare all'elaborazione di un percorso comune. Ecco, fare comunita', senza presunzione e con desiderio di ascoltare la voce degli altri per potere entrare in armonia con loro ed agire coralmente: forse questo e' cio' che possiamo proporci al livello meno istituzionale. 6. MATERIALI. LE RAGIONI DELLA NONVIOLENZA IN ALCUNI SCRITTI DI GIULIANO PONTARA [Riproponiamo ancora una volta questa scheda, redatta frettolosamente alcuni anni fa, recante riassunti ed estratti da alcuni scritti di Giuliano Pontara. Su Giuliano Pontara, che e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia' apparsa in passato su questo notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal 1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita' Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e dal '94 e' coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore dei corsi [si e' ora dimesso, insieme all'intero comitato scientifico - ndr]. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di Barcellona 1996). Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e teorica, metaetica e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag, Staffanstorp 1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49. E' autore delle voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence, Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli scritti di Giuliano Pontara (che comprende circa cento titoli) puo' essere letta nel n. 380 del 10 ottobre 2002 di questo notiziario] I. Da Giuliano Pontara, Nonviolenza (per la critica radicale della violenza) Elenchiamo alcune ragioni essenziali per cui occorre essere rigidamente contro la violenza. Citiamo da Giuliano Pontara, voce Nonviolenza, in AA.VV. (a cura di Bobbio, Matteucci, Pasquino), Dizionario di politica, Tea, Milano 1992: 1. il primo argomento "mette in risalto il processo di escalation storica della violenza. Secondo questo argomento, l'uso della violenza (...) ha sempre portato a nuove e piu' vaste forme di violenza in una spirale che ha condotto alle due ultime guerre mondiali e che rischia oggi di finire nella distruzione dell'intero genere umano"; 2. il secondo argomento "mette in risalto le tendenze disumanizzanti e brutalizzanti connesse con la violenza" per cui chi ne fa uso diventa progressivamente sempre piu' insensibile alle sofferenze ed al sacrificio di vite che provoca; 3. il terzo argomento "concerne il depauperamento del fine cui l'impiego di essa puo' condurre (...). I mezzi violenti corrompono il fine, anche quello piu' buono"; 4. il quarto argomento "sottolinea come la violenza organizzata favorisca l'emergere e l'insediamento in posti sempre piu' importanti della societa', di individui e gruppi autoritari (...). L'impiego della violenza organizzata conduce prima o poi sempre al militarismo"; 5. il quinto argomento "mette in evidenza il processo per cui le istituzioni necessariamente chiuse, gerarchiche, autoritarie, connesse con l'uso organizzato della violenza, tendono a diventare componenti stabili e integrali del movimento o della societa' che ricorre ad essa (...). 'La scienza della guerra porta alla dittatura' (Gandhi)". A questi argomenti ne vorremmo aggiungere altri due: 6. un argomento, per cosi' dire, di tipo epistemologico: siamo contro la violenza perche' siamo fallibili, possiamo sbagliarci nei nostri giudizi e nelle nostre decisioni, e quindi e' preferibile non esercitare violenza per imporre fini che potremmo successivamente scoprire essere sbagliati; 7. soprattutto siamo contro la violenza perche' il male fatto e' irreversibile (al riguardo Primo Levi ha scritto pagine indimenticabili soprattutto nel suo ultimo libro I sommersi e i salvati). Agli argomenti contro la violenza Pontara aggiunge opportunamente un ultimo decisivo ragionamento: "I fautori della dottrina nonviolenta sono coscienti che ogni condanna della violenza come strumento di lotta politica rischia di diventare un esercizio di sterile moralismo se non e' accompagnata da una seria proposta di istituzioni e mezzi di lotta alternativi. Di qui la loro proposta dell'alternativa satyagraha o della lotta nonviolenta positiva, in base alla duplice tesi a) della sua praticabilita' anche a livello di massa e in situazioni conflittuali acute, e b) della sua efficacia come strumento di lotta" per la realizzazione di una societa' fondata sulla dignita' della persona, il benessere di tutti, la salvaguardia dell'ambiente. * II. Da Giuliano Pontara, Gandhismo (definizione del satyagraha) Sunteggiamo qui alcuni passaggi essenziali della voce Gandhismo scritta da Pontara per il gia' citato Dizionario di politica curato da Bobbio, Matteucci e Pasquino, Utet, Torino, poi Tea, Milano. Nello stesso volume Pontara ha steso altresi' le voci Nonviolenza, Ricerca scientifica sulla pace, Utilitarismo. La voce di dizionario di cui qui citeremo e riassumeremo alcuni punti essenziali esordisce ricordando che Gandhi insistette sempre nell'affermare che "non esiste qualcosa come il gandhismo", cosi' rimarcando il carattere aperto e sperimentale delle sue concezioni etiche, sociali e politiche, ed il suo rifiuto di ogni forma di settarismo che si richiamasse al suo nome (come e' noto, non altrimenti Marx affermava di non essere marxista). Gandhi non scrisse alcun trattato sistematico sulla sua concezione della nonviolenza, la sua opera letteraria e' fondamentalmente costituita di migliaia di articoli giornalistici, lettere, appelli, sempre stesi con un fine immediato ed interlocutori specifici; del resto la sua autobiografia conferma questo carattere sperimentale della sua riflessione ed azione, recando fin nel titolo esplicitamente l'espressione esplicativa di Storia dei miei esperimenti con la verita'. Ovviamente dal complesso dell'opera gandhiana, palesemente asistematica (e Pontara sottolinea una somiglianza in questo con l'opera gramsciana), e' possibile ricavare alcuni elementi teorici originali, persistenti e coerenti che grosso modo possiamo considerare particolarmente caratteristici dell'elaborazione teorica e della proposta pratica gandhiana. Pontara sottolinea particolarmente: "a) la critica all'industrialismo in quanto tale, e non soltanto alla variante capitalistica di esso; b) la concezione di uno 'stato nonviolento'; c) le idee sull'educazione fondata sulla partecipazione al lavoro produttivo, soprattutto a quello manuale; d) la sua filosofia dei conflitti di gruppo; e) la sua concezione dei rapporti tra etica e politica; f) la sua dottrina del satyagraha come modalita' del tutto particolare della lotta politica". La parte piu' perspicua del testo e' ovviamente la caratterizzazione della specifica modalita' di lotta nonviolenta che Gandhi definisce satyagraha, "termine coniato da Gandhi che significa, all'incirca, modalita' di lotta caratterizzata dalla fermezza nella verita'. Siffatta modalita' di lotta e' definita da sei princìpi fondamentali. In tutta brevita' essi sono i seguenti. 1) In una situazione conflittuale non si debbono porre obiettivi incompatibili con la concezione etica che soggiace alla dottrina nonviolenta: 'E' impossibile praticare il satyagraha al servizio di una causa ingiusta'. 2) In una situazione conflittuale si deve impostare sin dall'inizio la lotta in modo tale da non minacciare l'avversario nei suoi interessi vitali (la vita, l'integrita' fisica e psichica), scegliendo tecniche di lotta deliberatamente volte a minimizzare le sofferenze che il conflitto puo' comportare per la parte avversaria. 3) In una situazione conflittuale bisogna essere disposti a sobbarcarsi di sacrifici che possono essere anche assai notevoli (...). 4) Il quarto principio del satyagraha prescrive di attenersi in ogni fase del conflitto alla massima obiettivita' e imparzialita', di appellarsi alla ragione cercando di comprendere i motivi e gli argomenti della parte avversaria, di non operare nella clandestinita'. 5) Un requisito fondamentale del satyagraha e' quello di un impegno continuo e costante in un programma costruttivo fondato in parte sulla individuazione di fini sovraordinati, ossia tali che la loro realizzazione e' nell'interesse delle parti in conflitto ed e' possibile soltanto merce' una certa collaborazione tra di esse. Cio' serve a creare quel minimo di comunicazione senza la quale una lotta di tipo satyagraha non e' possibile (...). 6) Un ultimo principio fondamentale della lotta satyagraha e' quello che Gandhi chiamava 'la legge di progressione dei mezzi': si puo' ricorrere a forme piu' radicali di lotta nonviolenta soltanto dopo che quelle piu' blande si sono mostrate chiaramente inefficaci. Gandhi riteneva che i suoi 'esperimenti' di lotta satyagraha in Sud Africa e in India avessero dimostrato la validita' delle tre seguenti ipotesi: a) che con una dovuta preparazione e organizzazione e' possibile portare delle vaste masse a praticare forme di lotta che soddisfano in misura notevole i requisiti del satyagraha; b) che il metodo satyagraha costituisce una concreta ed efficace alternativa alla violenza armata nella lotta per delle cause giuste; c) che il satyagraha tende a bloccare, in forza di fattori morali, psicologici e politici, la reazione violenta dell'oppositore, a condurre a soluzioni accettate e costruttive dei conflitti, e di conseguenza ad una riduzione massima della violenza nel mondo". * III. Da Giuliano Pontara, La personalita' nonviolenta Nel secondo capitolo che ha lo stesso titolo dell'intero volume: La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996, Giuliano Pontara evidenzia dieci qualita' di quella che definisce la "personalita' nonviolenta" (contrapposta alla "personalita' autoritaria"), qualita' che cosi' elenca e descrive: 1. Il ripudio della violenza (su cui svolge un'analisi molto fine ed articolata che qui non possiamo adeguatamente riassumere ma alla quale rinviamo anche perche' e' assai caratteristica del modo di argomentare dell'autore); 2. La capacita' di identificare la violenza (ovvero di riconoscerla anche laddove si presenti mascherata o cronicizzata; "la capacita' di individuare la violenza a tutti i livelli, da quello personale a quello istituzionale, da quello individuale a quello strutturale, da quello internazionale a quello intergenerazionale. Altrettanto importante e' la capacita' di individuarla in tutte le forme che essa puo' assumere, e non soltanto in quelle piu' appariscenti della violenza armata"); 3. La capacita' di empatia (ovvero di identificazione con gli altri e in primo luogo con quelli che soffrono di piu'); 4. Il rifiuto dell'autorita' ("una persona nonviolenta ritiene che la responsabilita' per quello che fa non puo' essere addossata ad altri... fa dunque propria la massima di don Milani: l'obbedienza, in quanto tale, non e' una virtu'"); 5. La fiducia negli altri (che si contrappone alla logica militare: "Uno dei principi fondamentali della nonviolenza prescrive di impostare la conduzione di un conflitto in modo tale da fare appello ai lati migliori di coloro che ci si trova di fronte come oppositori, usando tecniche di lotta volte ad ingenerare in un numero sempre maggiore degli individui che costituiscono il gruppo oppositore una crescente fiducia nei confronti del gruppo nonviolento. Si tratta di un continuo tentativo di sostituire la spirale della sfiducia, propria della logica della violenza, con la spirale della fiducia"); 6. La capacita' di dialogare, ovvero la disposizione al dialogo (qui Pontara svolge una efficace perorazione in favore del principio fallibilista, di cui riportiamo ampi stralci: "Un assunto che soggiace alla disposizione al dialogo e' l'accettazione del principio del fallibilismo. Questo principio ci dice che siamo tutti esseri mortali con poteri di conoscenza limitati onde nessuno puo' mai dirsi sicuro che quello che in un certo momento crede essere vero, in effetti sia tale: puo' benissimo darsi che sia falso. Il fallibilismo vale in primo luogo nel campo della scienza. Ma vale ugualmente nel campo delle credenze etiche. I nostri giudizi morali possono infatti essere distorti dai nostri piccoli interessi egoistici, o fondati su ipotesi empiriche false o su informazioni incomplete. Possono anche essere fondati su assunti di valore che non abbiamo visitato criticamente o tali per cui se esaminati criticamente saremmo stati disposti ad abbandonare. (...) Il fallibilismo in etica e' profondamente compatibile con l'avere delle profonde convinzioni morali (...). Un individuo fornito di una personalita' nonviolenta... non vorra' escludere a priori la possibilita' di aver lui torto e l'avversario ragione. Per questo egli rifiuta metodi di conduzione dei conflitti che comportano la distruzione dell'avversario (...). Il fallibilismo abbraccia anche le credenze religiose ed essere fallibilista in religione e' pur sempre compatibile con l'avere una profonda fede religiosa (...). L'interiorizzazione del principio del fallibilismo e' dunque uno dei migliori vaccini contro tutte le forme di fanatismo...; e' altresi' fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni democratiche e costituisce un grande incentivo alla tolleranza (...). Il fallibilismo vale nei confronti di tutti i giudizi, anche quelli in cui si articola il fallibilismo stesso: non possiamo escludere che la credenza stessa per cui siamo tutti fallibili in effetti sia falsa. Ben poco pero' induce a credere che tale essa sia. Il contrario del fallibilismo e' il dogmatismo"); 7. La mitezza (che ovviamente si armonizzi con le altre qualita' indicate); 8. Il coraggio; 9. L'abnegazione; 10. La pazienza. * IV. Da Giuliano Pontara, Etica e generazioni future Pontara e' autore di un bel libro introduttivo, chiaro ed essenziale, su Etica e generazioni future, Laterza, Roma-Bari 1995. Il libro muove dalla consapevolezza che "le possibilita' che l'attuale generazione di adulti e quelle immediatamente successive hanno di influire, nel bene e nel male, e a livello globale, sulle generazioni future, anche su quelle che esisteranno in un futuro remoto, parrebbero essere enormemente maggiori di quelle che ogni altra generazione precedente abbia mai avute. Questo comporta che il problema della nostra responsabilita' nei confronti dei posteri assume un'importanza molto maggiore che non quella che ragionevolmente poteva avere per generazioni precedenti" (p. 6). Pontara delinea tre possibilita' di incidere sulle generazioni future, anche di un futuro remoto: "a) e' possibile incidere su quanti individui esisteranno in futuro - con lo zero come limite inferiore, caso che si verificherebbe, ad esempio, in seguito allo scoppio (magari per errore) di una guerra termonucleare che ponesse fine all'umanita'; b) e' possibile incidere su quali individui esisteranno in futuro: cio' non soltanto in seguito agli sviluppi della scienza biomedica e dell'ingegneria genetica, bensi' anche in quanto (e come si vedra' meglio in seguito) le scelte di certe linee di politica energetica, economica, sociale, demografica, militare, ecc., hanno effetti tali per cui nessuno degli individui che esisteranno tre-quattro secoli dopo che una certa linea politica e' stata scelta sarebbe esistito ove fosse stata mandata ad effetto una qualche linea politica alternativa; c) e' possibile incidere sul tenore e la qualita' della vita di vaste masse di individui che esisteranno in futuro" (p. 15). Stante questa situazione, si pone il problema della nostra responsabilita' morale verso le generazioni future, che Pontara articola cosi': "1. Vi sono obblighi o doveri morali di natura generale che soggetti, individuali o collettivi, esistenti in un qualsiasi periodo di tempo hanno nei confronti di generazioni di individui i quali rispetto ad essi vivranno nel futuro? (...) 2. Quali sono piu' precisamente gli obblighi generali cui si soggiace, e possono essi trovare una spiegazione plausibile, vale a dire un fondamento in una teoria etica sostenibile? (...) 3. Quali obblighi più specifici si possono dedurre da quelli generali per quanto riguarda la nostra responsabilità verso le generazioni a noi future? (...) 4. Quali sono le misure educative, sociali, giuridiche, politiche - sia a livello locale sia a livello globale, sia a livello di singoli stati sia a livello internazionale - necessarie al fine di far rispettare gli obblighi morali verso le generazioni future?" (pp. 15-16). Al termine di una vasta, approfondita e problematica disamina di tutti i nodi considerati, Pontara giunge alla formulazione di un approccio che propone "alcune norme di morale intergenerazionale tra le quali vorrei mettere in rilievo almeno le quattro seguenti: N1. Non fare scelte che abbiano effetti irreversibili, o comunque la cui reversibilita' e' molto difficile ed estremamente costosa; N2. Massimizzare il tenore di vita sostenibile; N3. Salvaguardare la biodiversita'; N4. Salvaguardare il patrimonio artistico, scientifico, culturale. Il rispetto generale di queste norme parrebbe essere condizione necessaria affinche' alle generazioni future siano almeno lasciate aperte opzioni non minori di quelle che hanno le generazioni oggi esistenti" (p. 160). Il filosofo pone anche il problema delle misure giuridiche e politiche necessarie affinche' queste norme siano rispettate, ed evidenzia come ad esempio la Costituzione italiana "non soltanto non contiene alcun accenno a diritti di generazioni future, ma non contiene nemmeno alcun accenno a obblighi di salvaguardia dell'ambiente" (p. 161); ed esaminando il contesto e le relazioni internazionali evidenzia la necessita' di una svolta profonda. "Chiudo con due osservazioni che sono ovvie, ma che vale la pena ribadire. La prima e' che bisogna stare in guardia contro l'errore di ritenere che ogni stato, come oggi esiste, abbia obblighi soltanto o particolarmente forti nei confronti delle generazioni future di propri cittadini. Infatti, come la storia, anche piu' recente, ci insegna, gli stati sono istituzioni che nascono, si modificano, spariscono. Non ha quindi molto senso parlare di obblighi che lo stato ha soltanto nei confronti delle generazioni di propri futuri cittadini. Il problema della responsabilita' verso le generazioni future e' un problema globale, non nazionale. La seconda osservazione che va ribadita e' che una politica responsabile (improntata, tra l'altro, alla osservanza dei dettami delle quattro norme sopra messe in rilievo) nei confronti delle generazioni future e' necessariamente connessa con una politica responsabile nei confronti delle generazioni oggi viventi nei paesi del Terzo mondo. (...) E' quindi della massima importanza che i rapporti tra Nord e Sud siano radicalmente ridimensionati: di questo ridimensionamento fa certamente parte la cancellazione regolata dell'enorme debito del Terzo mondo che si aggira sull'astronomica somma di 1.400 miliardi di dollari. E' una delle misure necessarie per salvaguardare vitali interessi di generazioni future" (pp. 165-166). 7. DOCUMENTI. MAGISTRATURA DEMOCRATICA: SUL REFERENDUM DEL 12-13 GIUGNO [Dal sito www.comitatoreferendum.it riprendiamo la mozione approvata dal recente congresso di Magistratura Democratica relativa al referendum sulla legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita] Tra poco piu' di un mese [il 12-13 giugno 2005] sara' oggetto del voto referendario la legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita: una legge dissonante con quelle degli altri paesi europei; ideologica nel dettare una morale di Stato; con forti profili di incostituzionalita'; rigidamente prescrittiva e incongruente. Una legge che e' lontana dalla realta' delle relazioni tra i soggetti coinvolti nella procreazione, perche', attribuendo prevalente valore al concepito rispetto ai diritti delle persone e prefigurando per norma la contrapposizione tra concepito e madre, riduce la soggettivita' a biologia e stravolge il senso della relazione di maternita'. Perche', vietando la fecondazione eterologa, non riconosce la pluralita' di modelli genitoriali e familiari, ignora il principio di autodeterminazione e impedisce che legami di affetto e solidarieta' prendano consapevolmente il posto di legami di sangue. Una legge che, vietando sperimentazione e ricerca persino sugli embrioni soprannumerari prodotti prima della legge 40, lasciati al grande freddo di un infinito congelamento, sacrifica a questi la liberta' di ricerca scientifica finalizzata all'attuazione del diritto alla salute che e' anche interesse della collettivita'. La via dei referendum per cancellare le peggiori storture della legge 40 si dimostra stretta e ardua: alla difficolta' dei quattro quesiti si aggiungono la limitatezza di spazi di informazione pubblica e la campagna astensionista in atto. L'impegno di Magistratura Democratica e' irrinunciabile perche' i temi posti dai referendum rimandano a principi che sono patrimonio della corrente: la laicita' dello Stato -che non e' indifferenza verso i valori etici, ma ricerca di principi compatibili con la pluralita' delle culture presenti nella societa', a garanzia dei pari diritti di tutti i cittadini- e il diritto all'autodeterminazione degli individui nelle questioni che attengono alla procreazione. In vista della scadenza referendaria, ma non solo, Magistratura Democratica conferma l'impegno della corrente e di ciascun aderente a contribuire alla diffusione di informazione e a favorire la piu' ampia e consapevole partecipazione alla consultazione. Perche' questo referendum non sia solo espressione di un voto, ma diventi occasione di confronto e crescita, individuale e collettiva, che, al di la' di ogni fondamentalismo, renda possibile nell'utilizzo delle opportunita' offerte dalle tecnologie della riproduzione il consapevole formarsi di un'etica della responsabilita'. 8. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI MARIANELLA GARCIA Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. All'ascolto di Marianella Garcia * "Non potete crogiolarvi nei dubbi intanto che ci massacrano" (da un discorso di Marianella Garcia, in Raniero La Valle, Linda Bimbi, Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983, p. 190). * "Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori di cui disponiamo. Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a "Qualevita", e' un'azione buona e feconda. Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro 13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a 'Qualevita'". 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 943 del 28 maggio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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