La nonviolenza e' in cammino. 943



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 943 del 28 maggio 2005

Sommario di questo numero:
1. Clementina
2. Luciano Bonfrate: Clementina, o della verita'
3. Hannah Arendt: Ogni volta
4. Mao Valpiana: Presentata a Montecitorio la proposta di legge per i Corpi
civili di pace
5. Andrea Cozzo: Ipotesi di un programma di lavoro nonviolento per superare
il sistema mafioso
6. Le ragioni della nonviolenza in alcuni scritti di Giuliano Pontara
7. Magistratura Democratica: Sul referendum del 12-13 giugno
8. Con "Qualevita", all'ascolto di Marianella Garcia
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PER CLEMENTINA
[Clementina Cantoni, volontaria dell'associazione umanitaria "Care
international", impegnata in Afghanistan nella solidarieta' con le donne, e'
stata rapita alcuni giorni fa]

Siamo certi che stiamo facendo il possibile per la sua liberazione?
O non dovremmo forse con piu' convinzione, con piu' energia, con piu'
visibilita' levare la nostra voce?
Si sta manifestando almeno in tutte le citta' italiane?
Si stanno promuovendo in tutte le istituzioni rappresentative del popolo
italiano - in tutti i Comuni, le Province, le Regioni, in Parlamento -
ordini del giorno per la sua liberazione e deliberazioni recanti azioni di
solidarieta' concreta con la martoriata popolazione afghana?
Alla sequela di Clementina si sta o no sentendo e collocando quel soggetto
che chiamiamo, qualunque cosa cio' voglia dire, il popolo della pace?

2. LETTERE. LUCIANO BONFRATE: CLEMENTINA, O DELLA VERITA'
[Ringraziamo Luciano Bonfrate per questo intervento.
Su Clementina Cantoni vedi la notizia introduttiva al testo precedente.
Florence Aubenas e' la giornalista francese del quotidiano "Liberation", da
sempre impegnata per la pace e i diritti umani, rapita da settimane in Iraq.
Tra le opere di Florence Aubenas: con Miguel Benasayag, Resistere e' creare,
Mc editrice, Milano 2004]

E la verita' e' questa: che l'Afghanistan
e' il nostro futuro se altro futuro
schiudere non sapremo con la forza
della nonviolenza, che sola libera e salva.

E la verita' e' questa: che l'Afghanistan
potra' essere libero e felice
solo se cesseranno la guerra,
il mercato dell'eroina, i signori
della guerra, i signori
della mafia, i signori
degli eserciti, i signori del mondo
il fascismo, e il fascismo detto
"democratico", e il fascismo
del patriarcato.

Ma la guerra, la mafia, il fascismo
non cesseranno la'
se non li contrasteremo anche qui.

E' la nonviolenza la scelta da fare, la nonviolenza
clemenza e misericordia
riconoscenza, riconoscimento di umanita'.

E' la nonviolenza la lotta da condurre
come e con Clementina,
come e con Florence.

E a chi  ancora chiede
stentoreo, beffardo, tritando tra i denti
la propria vergogna di complice dei lupi,
"dove sono, dove sono, dove sono i pacifisti?"
questo solo rispondere possiamo:
sequestrati a Kabul e a Baghdad,
Clementina, Florence, tante e tanti
che non si arresero alla legge del coltello.

3. MAESTRE. HANNAH ARENDT: OGNI VOLTA
[Da Hannah Arendt, Sulla rivoluzione, Edizioni di Comunita', Milano 1983,
1996, p. 306. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel
1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la
costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America;
e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice,
intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli
monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono:
Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999;
Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

Ogni volta che il sapere e il fare si separano, lo spazio della liberta' va
perduto.

4. INIZIATIVE. MAO VALPIANA: PRESENTATA A MONTECITORIO LA PROPOSTA DI LEGGE
PER I CORPI CIVILI DI PACE
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per questo intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in
Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale
e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento
(si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di
intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale
del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di
Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel
1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese
militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il
riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega
obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante
la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta
per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e'
stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]

Nella sala della sacrestia della Camera dei deputati, a Montecitorio, si e'
svolto il 25 maggio un seminario promosso dalla "Rete Corpi Civili di Pace",
per presentare la proposta di legge n. 5812, "Disposizioni per il
riconoscimento dei congedi per la partecipazione a missioni organizzate
nell'ambito dei corpi civili di pace" (prima firmataria l'on. Tiziana
Valpiana, con l'adesione di Giovanni Bianchi, Ruzzante, Boato, Pistone,
Grandi, Ruggeri, Bandoli, Bielli, Bimbi, Bulgarelli, Calzolaio, Cima,
Crucianelli, Maura Cossutta, Deiana, De Simone, Fumagalli, Giacco,
Giulietti, Griffagnini, Kessler, Mascia, Mantovani, Luca', Provera, Russo
Spena).
"Una proposta - ha spiegato Tiziana Valpiana, capogruppo del Prc nella
Commissione affari sociali della Camera - sottoscritta da un gran numero di
parlamentari, che accoglie una richiesta che arriva diffusamente dalla
societa' civile: dare spazio, attuazione e riconoscimento istituzionale alla
difesa civile, non armata e  nonviolenta".
La finalita' della proposta di legge e' anche quella di creare un
riconoscimento e un sostegno istituzionale attorno alla proposta della
difesa nonviolenta. I Corpi civili di pace, che gia' operano da anni in
situazioni di crisi, dal Kosovo alla Bosnia, da Israele-Palestina allo Sri
Lanka, sono un'applicazione concreta dei principi costituzionali di "difesa
della patria" e di "ripudio della guerra".
Il lavoratore che chiedera' di partecipare ad interventi di Corpi civili di
pace sulla base della legge oggi presentata si vedrebbe garantito un periodo
frazionabile di almeno dodici mesi di aspettativa non retribuita dal proprio
impiego, sia pubblico che privato, conservando  altri istituti come
l'anzianita',  le ferie, la tredicesima e i contributi previdenziali
figurativi.
*
Al seminario di presentazione del disegno di legge sono interventi Alberto
L'Abate (presidente dell'Italian Peace Research Institute - in sigla:
Ipri-), e Nanni Salio (segretario dell'Ipri), che hanno illustrato il ruolo
positivo dei Corpi civili di pace nella soluzione nonviolenta dei conflitti,
e come essi siano un'efficace articolazione della societa' civile costituiti
da professionisti e volontari, qualificati e preparati per intervenire in
situazioni di crisi attraverso gli strumenti della difesa popolare
nonviolenta e della diplomazia popolare.
Particolarmente significativa la partecipazione del ministro Carlo
Giovanardi (ministro ai rapporti con il Parlamento, con delega per il
Servizio civile) e dell'on. Massimo Palombi (direttore dell'Ufficio
nazionale per il servizio civile), che hanno dimostrato un reale interesse
al progetto e una sostanziale condivisione, auspicandone l'approvazione,
come un possibile arricchimento e completamento delle esperienze di servizio
civile allestero, per poter affiancare ai giovani anche personale volontario
adulto, con esperienze e specifica formazione.
Nel corso del seminario si e' anche cercato di articolare il concetto stesso
di Corpi civili di pace attraverso corsi di formazione o missioni in luoghi
a rischio per prevenire i conflitti, sulla base di progetti da presentare al
"Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta" e sottoporre
all'approvazione dell'Ufficio nazionale per il servizio civile.
*
Della "Rete Corpi Civili di Pace", promotrice dell'iniziativa, fanno parte
un cartello d'associazioni: Associazione per la pace, Berretti Bianchi,
Movimento Nonviolento, Casa per la pace di Milano, Centro studi difesa
civile, Movimento Internazionale della Riconciliazione, Gavci, Obiettori
Forlivesi, Operazione Colomba, Pax Chisti, Pbi, Rete Lilliput Bologna, Sisp
e Servizio Civile Internazionale.

5. RIFLESSIONE. ANDREA COZZO: IPOTESI DI UN PROGRAMMA DI LAVORO NONVIOLENTO
PER SUPERARE IL SISTEMA MAFIOSO
[Ringraziamo Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) per averci messo a
disposizione il testo del suo intervento nella sessione conclusiva del
convegno sul tema "Superare il sistema mafioso. Il contributo della
nonviolenza" svoltosi a Palermo il 21-22 maggio 2005. Andrea Cozzo e'
docente universitario di cultura greca, studioso e amico della nonviolenza,
promotore dell'attivita' didattica e di ricerca su pace e nonviolenza
nell'ateneo palermitano, tiene da anni seminari e laboratori sulla gestione
nonviolenta dei conflitti, ha pubblicato molti articoli sulle riviste dei
movimenti nonviolenti, fa parte del comitato scientifico dei prestigiosi
"Quaderni Satyagraha". Tra le sue opere recenti: Se fossimo come la terra.
Nietzsche e la saggezza della complessita', Annali della Facolta' di Lettere
e filosofia di Palermo. Studi e ricerche, Palermo 1995; Dialoghi attraverso
i Greci. Idee per lo studio dei classici in una societa' piu' libera, Gelka,
Palermo 1997; (a cura di), Guerra, cultura e nonviolenza, "Seminario
Nonviolenza", Palermo 1999; Manuale di lotta nonviolenta al potere del
sapere (per studenti e docenti delle facoltà di lettere e filosofia),
"Seminario Nonviolenza", Palermo 2000; Tra comunita' e violenza. Conoscenza,
logos e razionalita' nella Grecia antica, Carocci, Roma 2001; Saggio sul
saggio scientifico per le facolta' umanistiche. Ovvero caratteristiche di un
genere letterario accademico (in cinque movimenti), "Seminario Nonviolenza",
Palermo 2001; Filosofia e comunicazione. Musicalita' della filosofia antica,
in V. Ando', A. Cozzo (a cura di), Pensare all'antica. A chi servono i
filosofi?, Carocci, Roma 2002, pp. 87-99; Sapere e potere presso i moderni e
presso i Greci antichi. Una ricerca per lo studio come se servisse a
qualcosa, Carocci, Roma 2002; Lottare contro la riforma del sistema
scolastico-universitario. Contro che cosa, di preciso? E soprattutto per che
cosa?, in V. Ando' (a cura di), Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione,
discipline e senso degli studi, Carocci, Roma 2002, pp. 37-50; Scienza,
conoscenza e istruzione in Lanza del Vasto, in "Quaderni Satyagraha", n. 2,
2002, pp. 155-168; Dopo l'11 settembre, la nonviolenza, in "Segno" n. 232,
febbraio 2002, pp. 21-28; Conflittualita' nonviolenta. Filosofia e pratiche
di lotta comunicativa, Edizioni Mimesis, Milano 2004]

Confesso che non mi viene facile, senza una adeguata pausa di riflessione
dalla fine del convegno su "Superare il sistema mafioso. Il contributo della
nonviolenza", abbozzare linee per una continuazione del lavoro. Anche
perche' questo voleva essere solo un iniziale momento pubblico ufficiale in
cui amici della nonviolenza, curiosi della nonviolenza e perplessi sulla
nonviolenza si potessero incontrare e scambiare le loro prime riflessioni e
"confusioni".
Questo e' certamente gia' un grosso risultato, e percio' proprio continuare
ad incontrarci per fare crescere la riflessione individuale e collettiva
puo' essere anche un primo punto del programma di lavoro per il futuro, in
vista di un altro convegno da tenersi, diciamo, fra un paio di anni.
Facendo dunque una prima riflessione a caldo, tra i compiti che abbiamo per
proseguire il nostro percorso, metterei schematicamente i seguenti.
*
Relativamente alllo studio:
1. approfondire le possibilita' di intreccio e scambio tra giustizia
rigenerativa-riparativa (in tutte le sue sfaccettature) e nonviolenza.
Entrambe infatti sono basate sull'idea che concentrarsi sulla bonta' dei
mezzi sia la cosa migliore per raggiungere piu' stabilmente fini buoni e, in
concreto, che costruire relazioni tra vittime e rei sia meglio che punire, e
tanto la prima quanto la seconda cercano di sfuggire alla logica dicotomica
di imparzialita' vs .parzialita' ed equidistanza vs faziosita', ricercando
piuttosto la compartecipazione e l'equivicinanza: lungi da me, naturalmente,
l'idea di pensare che, allora, le ingiustizie devono essere sopportate o
passivamente tollerate. Accettare la "sfida impossibile" (cfr. la relazione
di Gilda Scardaccione e il gruppo di lavoro sulle pratiche di mediazione e
di giustizia rigenerativa coordinato da Marinetta Cannito) della giustizia
riparativa nell'ambito dei reati di mafia significa accettare di prendere in
seria considerazione un radicale mutamento di paradigma che investe tanto il
livello simbolico-culturale generale, quanto quello specifico del diritto.
E' chiaro che la prospettiva di incidere sull'ordinamento giuridico si
rivolge a tempi medio-lunghi (anche se mi piace pensare che con un lavoro
continuo su questo versante si potrebbe puntare a tempi medio-brevi): in
realta' c'e' da rendere noto e comunicare su questo tema sia all'interno del
movimento nonviolento, sia all'interno degli studiosi di diritto, presso i
quali e' ancora marginalissimo e confinato solo in alcune esperienze del
diritto penale minorile. Un tentativo di abbinare le problematiche della
nonviolenza e quella della giustizia riparativa ho fatto io stesso,
all'interno di alcuni paragrafi sulla mediazione nel mio libro
Conflittualita' nonviolenta.
2. Studiare nella storia del movimento di liberazione dalla mafia le lotte
esplicitamente nonviolente (ad esempio quelle di Danilo Dolci) o leggibili
alla luce delle categorie della nonviolenza - sia pure di nonviolenza
pragmatica - per enuclearne le dinamiche specifiche rispetto al loro
successo o insuccesso, in modo da potere proporre per il futuro modelli di
comportamento consapevole che facciano uscire dalla cultura di una reazione
meccanica, spesso solo emotiva e temporanea, a particolari azioni mafiose di
grande risalto. Insomma si tratta di fare un lavoro storiografico "tagliato"
con l'ottica della nonviolenza, per creare una sorta di continuazione e
declinazione in un ambito particolare delle dinamiche dell'azione
nonviolenta di Gene Sharp, magari cercando di capire se, come sono convinto,
alcune categorie della Difesa popolare nonviolenta (in sigla: Dpn) non
possano essere utili, opportunamente modificate, per pensare come
rapportarsi al fenomeno mafioso (cfr. gruppo di lavoro su Dpn, servizio
civile e contrasto alla mafia). In cio' e' essenziale, e quindi da perorare,
la cooperazione tra amici della nonviolenza e conoscitori specialisti della
storia della mafia e dell'antimafia: penso in primo luogo a "curiosi della
nonviolenza" come Anna Puglisi e Umberto Santino (cfr. la relazione di
quest'ultimo), a cui, per i loro studi all'interno del Centro Impastato e
per il loro concreto impegno antimafia, tutti, credo, dobbiamo moltissimo.
3. Individuare alternative strutturali al macrosistema di cui il sistema
mafioso e' semplicemente parte e "potere senza volto" (cfr. la relazione di
Nanni Salio e, ancora, il gruppo di lavoro coordinato da lui e da me).
Questo significa impegnarsi per la trasformazione della societa' nel suo
insieme: da societa' basata sulla competizione (che poi porta anche alla
prevaricazione mafiosa), sul potere di pochi e sulla democrazia formale (che
continua a restare un gioco a somma zero e dunque, come diceva Gandhi,
"forma diluita del nazismo e del fascismo"), sul denaro e sullo spreco
consumistico (che porta all'individualismo e all'indifferenza: anche questi
atteggiamenti che favoriscono il sistema mafioso), sull'accettazione del
valore della violenza (per quanto istituzionalizzata: cfr. eserciti), a
societa' fondata sulla cooperazione, sul potere di tutti (l'onnicrazia
capitiniana), sull'ecologia e sulla comunicazione, sulla conflittualita'
intesa come capacita' di gestire i conflitti con rispetto dell'avversario e
con spirito costruttivo (ma anche assertivo rispetto all'esigenza di
riparazione).
*
Relativamente all'azione concreta:
1. Contestualmente al compito appena detto, lavorare per la diffusione di
una cultura della gestione nonviolenta dei conflitti: non solo praticando un
certo stile di vita in famiglia o nei rapporti di lavoro, ma anche pensando
alla possibilita' di proporre ed organizzare i centri sociali, le
parrocchie, i condomini, le associazioni ecc. come luoghi espressamente
deputati a cio'. La gestione nonviolenta dei conflitti e' immediatamente
costruzione di societa' libera dal dominio mafioso, sia come elemento di
cultura alternativa ad esso sia come pratica concreta che allontana dal
ricorso ad esso (mi riferisco naturalmente al regime di complicita' che a
volte si instaura con la mafia quando, proprio per risolvere un conflitto
con qualcuno, si ricorre all'aiuto del mafioso del quartiere).
2. Proporre nelle scuole una cultura fondata su una coscienza individuale
viva ed attenta, su un'educazione alla responsabilita' anziche' al solo
rispetto formale della legalita', che puo' suonare appello vuoto e
addirittura odioso in contesti in cui e' evidente che lo Stato non riesce a
dare pane e lavoro ma si limita a reprimere chi trasgredisce le leggi (cfr.
il gruppo di lavoro coordinato da Augusto Cavadi e Simona Rampulla).
3. Mettere a punto ulteriori strumenti concreti ed efficaci fondati sul
coinvolgimento della societa' civile e sulla valorizzazione del ruolo delle
donne (cfr. il gruppo di lavoro coordinato da Anna Puglisi). A proposito di
iniziative concrete, quella intitolata "Addiopizzo" pensata dal cosiddetto
"Comitato degli adesivi" di Palermo e' senz'altro positiva ma va a mio
parere perfezionata, pena il rischio di abbandonare alla solitudine i
commercianti non coraggiosi. A questa e ad altre associazioni, ma anche ai
media (cfr. la relazione di Vincenzo Sanfilippo, che, per la verita', tocca
anche molti altri punti), alle scuole, alle parrocchie, ai centri sociali,
alle donne, a tutti i cittadini abbiamo il compito, credo, di proporre
l'idea di un cammino comune, da fare in sinergia e con continuita'. Un
incontro con tutte le realta' impegnate in questa direzione e' importante
per un lavoro di rete che raccordi costantemente tutte le pratiche di
resistenza civile volte a liberare la societa' dal dominio mafioso; ma
varra' la pena anche, e forse soprattutto, pensare ad una o piu' assemblee
cittadine - e intendo dire assemblee non solo degli intellettuali ma anche
dei cittadini comuni, non presso qualche sala del palazzo comunale ma nel
cortile di un centro sociale o di una parrocchia - in cui tutti, come nei
Centri di Orientamento Sociale di capitiniana memoria o nelle grandi
riunioni organizzate da Danilo Dolci, possano partecipare all'elaborazione
di un percorso comune. Ecco, fare comunita', senza presunzione e con
desiderio di ascoltare la voce degli altri per potere entrare in armonia con
loro ed agire coralmente: forse questo e' cio' che possiamo proporci al
livello meno istituzionale.

6. MATERIALI. LE RAGIONI DELLA NONVIOLENZA IN ALCUNI SCRITTI DI GIULIANO
PONTARA
[Riproponiamo ancora una volta questa scheda, redatta frettolosamente alcuni
anni fa, recante riassunti ed estratti da alcuni scritti di Giuliano
Pontara. Su Giuliano Pontara, che e' uno dei massimi studiosi della
nonviolenza a livello internazionale, riproduciamo di seguito una breve
notizia biografica gia' apparsa in passato su questo notiziario (e
nuovamente ringraziamo di tutto cuore Giuliano Pontara per avercela messa a
disposizione): "Giuliano Pontara e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre
1932. In seguito a forti dubbi sulla eticita' del servizio militare, alla
fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha
insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni all'Istituto di filosofia
dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal 1997. Negli ultimi
quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a contratto in
varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, Bologna,
Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International University
of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita' Internazionale
delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e
dal '94 e' coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore
dei corsi [si e' ora dimesso, insieme all'intero comitato scientifico -
ndr]. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una
serie di agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale
permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato
membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei
diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino
1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995,
come presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). Pontara ha
pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e
teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad
introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del
pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano,
inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo
e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en
inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una
introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik,
Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol.
I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The
Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32;
Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G.
Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori
Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia,
Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a
cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp.
100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State
and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International,
Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988;
Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma
1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y
generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile,
nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,  Torino 1996; Breviario per un'etica
quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte,
LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49. E' autore delle voci Gandhismo,
Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario
di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche Tea,
Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence,
Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de
France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una
vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza,
Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il
pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia
degli scritti di Giuliano Pontara (che comprende circa cento titoli) puo'
essere letta nel n. 380 del 10 ottobre 2002 di questo notiziario]

I. Da Giuliano Pontara, Nonviolenza (per la critica radicale della violenza)
Elenchiamo alcune ragioni essenziali per cui occorre essere rigidamente
contro la violenza. Citiamo da Giuliano Pontara, voce Nonviolenza, in AA.VV.
(a cura di Bobbio, Matteucci, Pasquino), Dizionario di politica, Tea, Milano
1992:
1. il primo argomento "mette in risalto il processo di escalation storica
della violenza. Secondo questo argomento, l'uso della violenza (...) ha
sempre portato a nuove e piu' vaste forme di violenza in una spirale che ha
condotto alle due ultime guerre mondiali e che rischia oggi di finire nella
distruzione dell'intero genere umano";
2. il secondo argomento "mette in risalto le tendenze disumanizzanti e
brutalizzanti connesse con la violenza" per cui chi ne fa uso diventa
progressivamente sempre piu' insensibile alle sofferenze ed al sacrificio di
vite che provoca;
3. il terzo argomento "concerne il depauperamento del fine cui l'impiego di
essa puo' condurre (...). I mezzi violenti corrompono il fine, anche quello
piu' buono";
4. il quarto argomento "sottolinea come la violenza organizzata favorisca
l'emergere e l'insediamento in posti sempre piu' importanti della societa',
di individui e gruppi autoritari (...). L'impiego della violenza organizzata
conduce prima o poi sempre al militarismo";
5. il quinto argomento "mette in evidenza il processo per cui le istituzioni
necessariamente chiuse, gerarchiche, autoritarie, connesse con l'uso
organizzato della violenza, tendono a diventare componenti stabili e
integrali del movimento o della societa' che ricorre ad essa (...). 'La
scienza della guerra porta alla dittatura' (Gandhi)".
A questi argomenti ne vorremmo aggiungere altri due:
6. un argomento, per cosi' dire, di tipo epistemologico: siamo contro la
violenza perche' siamo fallibili, possiamo sbagliarci nei nostri giudizi e
nelle nostre decisioni, e quindi e' preferibile non esercitare violenza per
imporre fini che potremmo successivamente scoprire essere sbagliati;
7. soprattutto siamo contro la violenza perche' il male fatto e'
irreversibile (al riguardo Primo Levi ha scritto pagine indimenticabili
soprattutto nel suo ultimo libro I sommersi e i salvati).
Agli argomenti contro la violenza Pontara aggiunge opportunamente un ultimo
decisivo ragionamento: "I fautori della dottrina nonviolenta sono coscienti
che ogni condanna della violenza come strumento di lotta politica rischia di
diventare un esercizio di sterile moralismo se non e' accompagnata da una
seria proposta di istituzioni e mezzi di lotta alternativi. Di qui la loro
proposta dell'alternativa satyagraha o della lotta nonviolenta positiva, in
base alla duplice tesi a) della sua praticabilita' anche a livello di massa
e in situazioni conflittuali acute, e b) della sua efficacia come strumento
di lotta" per la realizzazione di una societa' fondata sulla dignita' della
persona, il benessere di tutti, la salvaguardia dell'ambiente.
*
II. Da Giuliano Pontara, Gandhismo (definizione del satyagraha)
Sunteggiamo qui alcuni passaggi essenziali della voce Gandhismo scritta da
Pontara per il gia' citato Dizionario di politica curato da Bobbio,
Matteucci e Pasquino, Utet, Torino, poi Tea, Milano. Nello stesso volume
Pontara ha steso altresi' le voci Nonviolenza, Ricerca scientifica sulla
pace, Utilitarismo.
La voce di dizionario di cui qui citeremo e riassumeremo alcuni punti
essenziali esordisce ricordando che Gandhi insistette sempre nell'affermare
che "non esiste qualcosa come il gandhismo", cosi' rimarcando il carattere
aperto e sperimentale delle sue concezioni etiche, sociali e politiche, ed
il suo rifiuto di ogni forma di settarismo che si richiamasse al suo nome
(come e' noto, non altrimenti Marx affermava di non essere marxista). Gandhi
non scrisse alcun trattato sistematico sulla sua concezione della
nonviolenza, la sua opera letteraria e' fondamentalmente costituita di
migliaia di articoli giornalistici, lettere, appelli, sempre stesi con un
fine immediato ed interlocutori specifici; del resto la sua autobiografia
conferma questo carattere sperimentale della sua riflessione ed azione,
recando fin nel titolo esplicitamente l'espressione esplicativa di Storia
dei miei esperimenti con la verita'.
Ovviamente dal complesso dell'opera gandhiana, palesemente asistematica (e
Pontara sottolinea una somiglianza in questo con l'opera gramsciana), e'
possibile ricavare  alcuni elementi teorici originali, persistenti e
coerenti che grosso modo possiamo considerare particolarmente caratteristici
dell'elaborazione teorica e della proposta pratica gandhiana. Pontara
sottolinea particolarmente:
"a) la critica all'industrialismo in quanto tale, e non soltanto alla
variante capitalistica di esso;
b) la concezione di uno 'stato nonviolento';
c) le idee sull'educazione fondata sulla partecipazione al lavoro
produttivo, soprattutto a quello manuale;
d) la sua filosofia dei conflitti di gruppo;
e) la sua concezione dei rapporti tra etica e politica;
f) la sua dottrina del satyagraha come modalita' del tutto particolare della
lotta politica".
La parte piu' perspicua del testo e' ovviamente la caratterizzazione della
specifica modalita' di lotta nonviolenta che Gandhi definisce satyagraha,
"termine coniato da Gandhi che significa, all'incirca, modalita' di lotta
caratterizzata dalla fermezza nella verita'. Siffatta modalita' di lotta e'
definita da sei princìpi fondamentali. In tutta brevita' essi sono i
seguenti.
1) In una situazione conflittuale non si debbono porre obiettivi
incompatibili con la concezione etica che soggiace alla dottrina
nonviolenta: 'E' impossibile praticare il satyagraha al servizio di una
causa ingiusta'.
2) In una situazione conflittuale si deve impostare sin dall'inizio la lotta
in modo tale da non minacciare l'avversario nei suoi interessi vitali (la
vita, l'integrita' fisica e psichica), scegliendo tecniche di lotta
deliberatamente volte a minimizzare le sofferenze che il conflitto puo'
comportare per la parte avversaria.
3) In una situazione conflittuale bisogna essere disposti a sobbarcarsi di
sacrifici che possono essere anche assai notevoli (...).
4) Il quarto principio del satyagraha prescrive di attenersi in ogni fase
del conflitto alla massima obiettivita' e imparzialita', di appellarsi alla
ragione cercando di comprendere i motivi e gli argomenti della parte
avversaria, di non operare nella clandestinita'.
5) Un requisito fondamentale del satyagraha e' quello di un impegno continuo
e costante in un programma costruttivo fondato in parte sulla individuazione
di fini sovraordinati, ossia tali che la loro realizzazione e'
nell'interesse delle parti in conflitto ed e' possibile soltanto merce' una
certa collaborazione tra di esse. Cio' serve a creare quel minimo di
comunicazione senza la quale una lotta di tipo satyagraha non e' possibile
(...).
6) Un ultimo principio fondamentale della lotta satyagraha e' quello che
Gandhi chiamava 'la legge di progressione dei mezzi': si puo' ricorrere a
forme piu' radicali di lotta nonviolenta soltanto dopo che quelle piu'
blande si sono mostrate chiaramente inefficaci.
Gandhi riteneva che i suoi 'esperimenti' di lotta satyagraha in Sud Africa e
in India avessero dimostrato la validita' delle tre seguenti ipotesi:
a) che con una dovuta preparazione e organizzazione e' possibile portare
delle vaste masse a praticare forme di lotta che soddisfano in misura
notevole i requisiti del satyagraha;
b) che il metodo satyagraha costituisce una concreta ed efficace alternativa
alla violenza armata nella lotta per delle cause giuste;
c) che il satyagraha tende a bloccare, in forza di fattori morali,
psicologici e politici, la reazione violenta dell'oppositore, a condurre a
soluzioni accettate e costruttive dei conflitti, e di conseguenza ad una
riduzione massima della violenza nel mondo".
*
III. Da Giuliano Pontara, La personalita' nonviolenta
Nel secondo capitolo che ha lo stesso titolo dell'intero volume: La
personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996, Giuliano
Pontara evidenzia dieci qualita' di quella che definisce la "personalita'
nonviolenta" (contrapposta alla "personalita' autoritaria"), qualita' che
cosi' elenca e descrive:
1. Il ripudio della violenza (su cui svolge un'analisi molto fine ed
articolata che qui non possiamo adeguatamente riassumere ma alla quale
rinviamo anche perche' e' assai caratteristica del modo di argomentare
dell'autore);
2. La capacita' di identificare la violenza (ovvero di riconoscerla anche
laddove si presenti mascherata o cronicizzata; "la capacita' di individuare
la violenza a tutti i livelli, da quello personale a quello istituzionale,
da quello individuale a quello strutturale, da quello internazionale a
quello intergenerazionale. Altrettanto importante e' la capacita' di
individuarla in tutte le forme che essa puo' assumere, e non soltanto in
quelle piu' appariscenti della violenza armata");
3. La capacita' di empatia (ovvero di identificazione con gli altri e in
primo luogo con quelli che soffrono di piu');
4. Il rifiuto dell'autorita' ("una persona nonviolenta ritiene che la
responsabilita' per quello che fa non puo' essere addossata ad altri... fa
dunque propria la massima di don Milani: l'obbedienza, in quanto tale, non
e' una virtu'");
5. La fiducia negli altri (che si contrappone alla logica militare: "Uno dei
principi fondamentali della nonviolenza prescrive di impostare la conduzione
di un conflitto in modo tale da fare appello ai lati migliori di coloro che
ci si trova di fronte come oppositori, usando tecniche di lotta volte ad
ingenerare in un numero sempre maggiore degli individui che costituiscono il
gruppo oppositore una crescente fiducia nei confronti del gruppo
nonviolento. Si tratta di un continuo tentativo di sostituire la spirale
della sfiducia, propria della logica della violenza, con la spirale della
fiducia");
6. La capacita' di dialogare, ovvero la disposizione al dialogo (qui Pontara
svolge una efficace perorazione in favore del principio fallibilista, di cui
riportiamo ampi stralci: "Un assunto che soggiace alla disposizione al
dialogo e' l'accettazione del principio del fallibilismo. Questo principio
ci dice che siamo tutti esseri mortali con poteri di conoscenza limitati
onde nessuno puo' mai dirsi sicuro che quello che in un certo momento crede
essere vero, in effetti sia tale: puo' benissimo darsi che sia falso. Il
fallibilismo vale in primo luogo nel campo della scienza. Ma vale ugualmente
nel campo delle credenze etiche. I nostri giudizi morali possono infatti
essere distorti dai nostri piccoli interessi egoistici, o fondati su ipotesi
empiriche false o su informazioni incomplete. Possono anche essere fondati
su assunti di valore che non abbiamo visitato criticamente o tali per cui se
esaminati criticamente saremmo stati disposti ad abbandonare. (...) Il
fallibilismo in etica e' profondamente compatibile con l'avere delle
profonde convinzioni morali (...). Un individuo fornito di una personalita'
nonviolenta... non vorra' escludere a priori la possibilita' di aver lui
torto e l'avversario ragione. Per questo egli rifiuta metodi di conduzione
dei conflitti che comportano la distruzione dell'avversario (...). Il
fallibilismo abbraccia anche le credenze religiose ed essere fallibilista in
religione e' pur sempre compatibile con l'avere una profonda fede religiosa
(...). L'interiorizzazione del principio del fallibilismo e' dunque uno dei
migliori vaccini contro tutte le forme di fanatismo...; e' altresi'
fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni democratiche e
costituisce un grande incentivo alla tolleranza (...). Il fallibilismo vale
nei confronti di tutti i giudizi, anche quelli in cui si articola il
fallibilismo stesso: non possiamo escludere che la credenza stessa per cui
siamo tutti fallibili in effetti sia falsa. Ben poco pero' induce a credere
che tale essa sia. Il contrario del fallibilismo e' il dogmatismo");
7. La mitezza (che ovviamente si armonizzi con le altre qualita' indicate);
8. Il coraggio;
9. L'abnegazione;
10. La pazienza.
*
IV. Da Giuliano Pontara, Etica  e generazioni future
Pontara e' autore di un bel libro introduttivo, chiaro ed essenziale, su
Etica e generazioni future, Laterza, Roma-Bari 1995. Il libro muove dalla
consapevolezza che "le possibilita' che l'attuale generazione di adulti e
quelle immediatamente successive hanno di influire, nel bene e nel male, e a
livello globale, sulle generazioni future, anche su quelle che esisteranno
in un futuro remoto, parrebbero essere enormemente maggiori di quelle che
ogni altra generazione precedente abbia mai avute. Questo comporta che il
problema della nostra responsabilita' nei confronti dei posteri assume
un'importanza molto maggiore che non quella che ragionevolmente poteva avere
per generazioni precedenti" (p. 6).
Pontara delinea tre possibilita' di incidere sulle generazioni future, anche
di un futuro remoto:
"a) e' possibile incidere su quanti individui esisteranno in futuro - con lo
zero come limite inferiore, caso che si verificherebbe, ad esempio, in
seguito allo scoppio (magari per errore) di una guerra termonucleare che
ponesse fine all'umanita';
b) e' possibile incidere su quali individui esisteranno in futuro: cio' non
soltanto in seguito agli sviluppi della scienza biomedica e dell'ingegneria
genetica, bensi' anche in quanto (e come si vedra' meglio in seguito) le
scelte di certe linee di politica energetica, economica, sociale,
demografica, militare, ecc., hanno effetti tali per cui nessuno degli
individui che esisteranno tre-quattro secoli dopo che una certa linea
politica e' stata scelta sarebbe esistito ove fosse stata mandata ad effetto
una qualche linea politica alternativa;
c) e' possibile incidere sul tenore e la qualita' della vita di vaste masse
di individui che esisteranno in futuro" (p. 15).
Stante questa situazione, si pone il problema della nostra responsabilita'
morale verso le generazioni future, che Pontara articola cosi':
"1. Vi sono obblighi o doveri morali di natura generale che soggetti,
individuali o collettivi, esistenti in un qualsiasi periodo di tempo hanno
nei confronti di generazioni di individui i quali rispetto ad essi vivranno
nel futuro? (...)
2. Quali sono piu' precisamente gli obblighi generali cui si soggiace, e
possono essi trovare una spiegazione plausibile, vale a dire un fondamento
in una teoria etica sostenibile? (...)
3. Quali obblighi più specifici si possono dedurre da quelli generali per
quanto riguarda la nostra responsabilità verso le generazioni a noi future?
(...)
4. Quali sono le misure educative, sociali, giuridiche, politiche - sia a
livello locale sia a livello globale, sia a livello di singoli stati sia a
livello internazionale - necessarie al fine di far rispettare gli obblighi
morali verso le generazioni future?" (pp. 15-16).
Al termine di una vasta, approfondita e problematica disamina di tutti i
nodi considerati, Pontara giunge alla formulazione di un approccio che
propone "alcune norme di morale intergenerazionale tra le quali vorrei
mettere in rilievo almeno le quattro seguenti:
N1. Non fare scelte che abbiano effetti irreversibili, o comunque la cui
reversibilita' e' molto difficile ed estremamente costosa;
N2. Massimizzare il tenore di vita sostenibile;
N3. Salvaguardare la biodiversita';
N4. Salvaguardare il patrimonio artistico, scientifico, culturale.
Il rispetto generale di queste norme parrebbe essere condizione necessaria
affinche' alle generazioni future siano almeno lasciate aperte opzioni non
minori di quelle che hanno le generazioni oggi esistenti" (p. 160).
Il filosofo pone anche il problema delle misure giuridiche e politiche
necessarie affinche' queste norme siano rispettate, ed evidenzia come ad
esempio la Costituzione italiana "non soltanto non contiene alcun  accenno a
diritti di generazioni future, ma non contiene nemmeno alcun accenno a
obblighi di salvaguardia dell'ambiente" (p. 161); ed esaminando il contesto
e le relazioni internazionali evidenzia la necessita' di una svolta
profonda.
"Chiudo con due osservazioni che sono ovvie, ma che vale la pena ribadire.
La prima e' che bisogna stare in guardia contro l'errore di ritenere che
ogni stato, come oggi esiste, abbia obblighi soltanto o particolarmente
forti nei confronti delle generazioni future di propri cittadini. Infatti,
come la storia, anche piu' recente, ci insegna, gli stati sono istituzioni
che nascono, si modificano, spariscono. Non ha quindi molto senso parlare di
obblighi che lo stato ha soltanto nei confronti delle generazioni di propri
futuri cittadini. Il problema della responsabilita' verso le generazioni
future e' un problema globale, non nazionale.
La seconda osservazione che va ribadita e' che una politica responsabile
(improntata, tra l'altro, alla osservanza dei dettami delle quattro norme
sopra messe in rilievo) nei confronti delle generazioni future e'
necessariamente connessa con una politica responsabile nei confronti delle
generazioni oggi viventi nei paesi del Terzo mondo.
(...) E' quindi della massima importanza che i rapporti tra Nord e Sud siano
radicalmente ridimensionati: di questo ridimensionamento fa certamente parte
la cancellazione regolata dell'enorme debito del Terzo mondo che si aggira
sull'astronomica somma di 1.400 miliardi di dollari. E' una delle misure
necessarie per salvaguardare vitali interessi di generazioni future" (pp.
165-166).

7. DOCUMENTI. MAGISTRATURA DEMOCRATICA: SUL REFERENDUM DEL 12-13 GIUGNO
[Dal sito www.comitatoreferendum.it riprendiamo la mozione approvata dal
recente congresso di Magistratura Democratica relativa al referendum sulla
legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita]

Tra poco piu' di un mese [il 12-13 giugno 2005] sara' oggetto del voto
referendario la legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita: una
legge dissonante con quelle degli altri paesi europei; ideologica nel
dettare una morale di Stato; con forti profili di incostituzionalita';
rigidamente prescrittiva e incongruente.
Una legge che e' lontana dalla realta' delle relazioni tra i soggetti
coinvolti nella procreazione, perche', attribuendo prevalente valore al
concepito rispetto ai diritti delle persone e prefigurando per norma la
contrapposizione tra concepito e madre, riduce la soggettivita' a biologia e
stravolge il senso della relazione di maternita'. Perche', vietando la
fecondazione eterologa, non riconosce la pluralita' di modelli genitoriali e
familiari, ignora il principio di autodeterminazione e impedisce che legami
di affetto e solidarieta' prendano consapevolmente il posto di legami di
sangue.
Una legge che, vietando sperimentazione e ricerca persino sugli embrioni
soprannumerari prodotti prima della legge 40, lasciati al grande freddo di
un infinito congelamento, sacrifica a questi la liberta' di ricerca
scientifica finalizzata all'attuazione del diritto alla salute che e' anche
interesse della collettivita'.
La via dei referendum per cancellare le peggiori storture della legge 40 si
dimostra stretta e ardua: alla difficolta' dei quattro quesiti si aggiungono
la limitatezza di spazi di informazione pubblica e la campagna astensionista
in atto.
L'impegno di Magistratura Democratica e' irrinunciabile perche' i temi posti
dai referendum rimandano a principi che sono patrimonio della corrente: la
laicita' dello Stato -che non e' indifferenza verso i valori etici, ma
ricerca di principi compatibili con la pluralita' delle culture presenti
nella societa', a garanzia dei pari diritti di tutti i cittadini- e il
diritto all'autodeterminazione degli individui nelle questioni che attengono
alla procreazione.
In vista della scadenza referendaria, ma non solo, Magistratura Democratica
conferma l'impegno della corrente e di ciascun aderente a contribuire alla
diffusione di informazione e a favorire la piu' ampia e consapevole
partecipazione alla consultazione. Perche' questo referendum non sia solo
espressione di un voto, ma diventi occasione di confronto e crescita,
individuale e collettiva, che, al di la' di ogni fondamentalismo, renda
possibile nell'utilizzo delle opportunita' offerte dalle tecnologie della
riproduzione il consapevole formarsi di un'etica della responsabilita'.

8. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI MARIANELLA GARCIA
Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. All'ascolto
di Marianella Garcia
*
"Non potete crogiolarvi nei dubbi intanto che ci massacrano" (da un discorso
di Marianella Garcia, in Raniero La Valle, Linda Bimbi, Marianella e i suoi
fratelli, Feltrinelli, Milano 1983, p. 190).
*
"Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta
che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni
satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della
nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica
libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con
l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori
di cui disponiamo.
Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a
"Qualevita", e' un'azione buona e feconda.
Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030
Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora
086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito:
www.peacelink.it/users/qualevita
Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro
13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo
2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a
'Qualevita'".

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 943 del 28 maggio 2005

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