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Nonviolenza. Femminile plurale. 13
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 13
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 26 May 2005 16:02:41 +0200
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 13 del 26 maggio 2005 In questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Prima che le rose sfioriscano 2. Presentata la proposta di legge di Tiziana Valpiana ed altri per i Corpi civili di pace 3. Sara Ongaro: Resistenza creativa 4. Elena Cattaneo: La pseudoscienza, la ricerca, il referendum 5. Carla Lonzi: Manifestro di Rivolta Femminile (luglio 1970) 6. Franca Ongaro Basaglia: In questa norma 7. Simone Weil: Insieme 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: PRIMA CHE LE ROSE SFIORISCANO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003] Maggio e' il mese internazionale dell'odio per le donne? Era un talk show assai popolare, "Kadinin Sesi" ("La voce delle donne"); prodotto ad Istanbul, era diventato il piu' seguito del paese. Vita familiare e violenza domestica non erano mai state discusse in televisione, e per molte donne che sono state ospitate dalla trasmissione, essa era divenuta uno dei pochi luoghi a cui potevano rivolgersi per avere aiuto. I critici del programma sostengono che le donne venivano "sfruttate" per aver maggiori ascolti e che il programma non era in grado di sostenerle e proteggerle dopo che erano apparse in televisione. Ma purtroppo nessuno sembra in grado di sostenere e proteggere le donne in Turchia. Birgul Isik, una donna in fuga da un marito violento, era arrivata in autobus ad Istanbul dalla sua citta', Elazig, per rivolgersi alla legge. Appena scesa dal mezzo cerco' la stazione di polizia piu' vicina e chiese aiuto, ma i poliziotti dichiararono che non potevano fare nulla per lei. Uno di essi si offri' pero' di telefonare a Yasemin Bozkurt, la conduttrice di "Kadinin Sesi". La donna partecipo' alla trasmissione televisiva del 17 maggio scorso, in cui la conduttrice chiamo' al telefono in diretta il governatore della citta' di Elazig, chiedendogli protezione per Birgul Isik. Il governatore promise e si impegno', e chiese alla donna di tornare a casa. Cosi' rassicurata, Birgul riprese l'autobus, e quando scese nella sua citta' alla fermata c'era ad aspettarla suo figlio di quattordici anni. Il ragazzino non ha avuto esitazioni di sorta ed ha sparato alla madre numerosi colpi, sembra su ordine del padre. Birgul e' sopravvissuta, ma e' attualmente in coma. Kanal D, il network televisivo che produceva il programma, non ha trovato di meglio da fare che cancellarlo: "Stava diventando un problema sociale", hanno detto i dirigenti. Il canale Atv, che mandava in onda un altro popolare show centrato sulle istanze femminili, si e' immediatamente accodato, e lo ho cancellato dalla programmazione. * Il 14 maggio, invece, oltre trecento donne palestinesi sono scese in strada per protestare contro i "delitti d'onore", chiedendo una legislazione che protegga le donne dall'essere uccise dai loro parenti di sesso maschile per aver "disonorato" la famiglia con il loro comportamento "non casto". La settimana prima un cristiano palestinese di Ramallah aveva ammesso di aver ucciso la figlia di vent'anni poiche' costei aveva sposato un musulmano senza il suo consenso. Lunedi' 9 maggio un musulmano palestinese ha ucciso due delle sue sorelle strangolandole ed ha forzato la terza a bere dell'acido, sempre per motivi "d'onore" (anche la terza ragazza e' morta). Nei territori palestinesi la legge condona con molta facilita' questi delitti, per cui gli offensori possono aspettarsi al massimo una sentenza a sei mesi di carcere. * Il 15 maggio a Lahore, in Pakistan, si e' tenuta una maratona per i diritti umani delle donne. La corsa era organizzata dalla Commissione per i diritti umani pakistana e dal Comitato d'azione per i diritti dei popoli. La violenza contro le donne e' un problema enorme, nel paese, ma la maratona in se' era stata giudicata inopportuna da varie autorita' religiose e secolari, poiche' prevedeva che uomini e donne corressero insieme. E' scattato quindi il "bando" alla partecipazione delle donne in quanto "contraria all'Islam". Le donne lo hanno sfidato, e non appena la maratona e' cominciata la polizia ha cominciato ad inseguire e catturare i partecipanti (maschi e femmine) spingendoli a bastonate dentro i furgoni. Alle donne e' stato riservato uno speciale trattamento: oltre ad infliggere loro percosse, i poliziotti le hanno spogliate in pubblico, stracciando i loro vestiti "non islamici". Fra le quaranta persone arrestate vi erano Asma Jahangir e Hina Jilanni, presidente e segretaria generale della Commissione per i diritti umani. Asma Jahangir ha dichiarato che il governo e la polizia "hanno raggiunto il punto piu' basso della vergogna, nell'umiliare le donne in questo modo. La polizia mi ha strappato le vesti. Una donna poliziotto mi ha detto che avevano il preciso ordine di togliere di dosso gli abiti alle partecipanti". La giornalista ed attivista per i diritti umani Jugnoo Mohsin aggiunge: "La chiamate democrazia quella in cui le donne vengono battute dai poliziotti per una maratona pacifica? Hanno cercato di arrestare anche me, ma mi hanno lasciata andare quando hanno visto che ero una giornalista". No, non possiamo chiamarla democrazia. * Ed e' un nome che non si adatta neanche agli "sviluppati" e "moderni" stati occidentali. Il 21 maggio il Tribunale di Mathison nell'Utah ha processato per l'ennesima volta il signor John Daniel Kingston, mormone, per abuso su minori. Il procedimento e' ancora in corso, ma non vi sono ragioni di dubitare che, come dicono le attiviste di "Tapestry", il signor Kingston se la cavera' ancora una volta con "un buffetto sulla guancia". Abusa di bambini e bambine da anni, ma viene assolto o condannato a pene lievi in ragione del primo emendamento della Costituzione statunitense (liberta' di professare la propria religione; il secondo emendamento, come e' noto, e' quello che garantisce il "diritto" di possedere armi). Nel comunicato delle donne di "Tapestry" si legge: "Ancora una volta un delinquente, a cui viene permesso di praticare la poligamia ed il maltrattamento di donne e minori, viene protetto dallo stato dell'Utah. Ancora una volta si condona chi sfrutta e ferisce, chi viola i diritti umani e civili di coloro che sono piu' vulnerabili. Quando avranno fine gli abusi sui bambini?". * Ieri era il 25 maggio. La donna e' entrata nell'erboristeria, dove mi trovavo anch'io, con una vistosa benda sull'occhio e una ricetta medica in mano. Esile, bionda, un corpo ben coperto per nascondere i lividi, un corpo che si ritraeva tremando, la testa bassa, le parole balbettate. Non e' la prima volta. Suo marito la picchia regolarmente. Non voleva acquistare nulla, forse non voleva neppure parlare, ma solo stare per attimo in un luogo che e' frequentato quasi esclusivamente da donne, pieno di profumi e colori, con musica dolce in sottofondo. E' uscita traballando dopo pochi minuti, come se avesse ripreso quel tanto di coraggio che le serviva per attraversare la strada. Ma non puo' bastare. La prossima volta, dico a me stessa, la prossima volta: e se non riuscisse a tornare? Se la prossima volta in cui la batte fosse l'ultima, fosse la volta in cui la uccide? * Maggio, mese delle rose e della festa della mamma, mese di Maria e della sua gioiosa visita ad Elisabetta. Anch'io mi chiamo Maria, ma in questi giorni mi sembra di non aver nulla per cui cantare. Pure, dovro' far visita ad Elisabetta prima che finisca questo maggio, prima che le rose sfioriscano. 2. INIZIATIVE. PRESENTATA LA PROPOSTA DI LEGGE DI TIZIANA VALPIANA ED ALTRI PER I CORPI CIVILI DI PACE [Dalla segreteria di Tiziana Valpiana (per contatti: pres_valpiana at camera.it) riceviamo e diffondiamo. Tiziana Valpiana e' parlamentare, da sempre impegnata per la pace e i diritti umani] Il 25 maggio 2005 e' stata presentata a Montecitorio nell'ambito di un incontro con le realta' pacifiste e l'associazionismo di base, la proposta di legge 5812, (primi firmatari: Valpiana, Giovanni Bianchi, Ruzzante, Boato, Pistone, Grandi, Ruggeri, Bandoli, Bielli, Bimbi, Bulgarelli, Calzolaio, Cima, Crucianelli, Maura Cossutta, Deiana, De Simone, Fumagalli, Giacco, Giulietti, Griffagnini, Kessler, Mascia, Mantovani, Luca', Provera, Russo Spena) che prevede la possibilita' di congedi dal lavoro per partecipare a missioni internazionali, organizzate nell'ambito dei Corpi civili di pace. "Una proposta - ha spiegato Tiziana Valpiana, prima firmataria della proposta di legge - sottoscritta da un gran numero di parlamentari, che accoglie una richiesta che arriva diffusamente dalla societa' civile: dare, nella risoluzione dei conflitti e delle guerre, spazio e attuazione a pratiche di pace nonviolente". Alla presentazione sono intervenuti Alberto L'Abate, presidente dell'Italian Peace Research Institute (Ipri), dell'Universita' di Firenze; il prof. Nanni Salio, segretario dell'Ipri, dell'Universita' di Torino; Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta". * Della "Rete verso i Corpi civili di pace" (articolazione della societa' civile costituita da professionisti e volontari qualificati e preparati per intervenire in situazioni di crisi attraverso gli strumenti della difesa popolare nonviolenta e della diplomazia popolare) fa parte un cartello d'associazioni, tra cui Associazione per la pace, Berretti bianchi, Movimento nonviolento, Casa per la pace di Milano, Centro studi difesa civile, Mir, Gavci, Obiettori Forlinesi, Operazione Colomba, Pax Chisti, Pbi, Rete Lilliput di Bologna, Sisp e Servizio Civile Internazionale. * La finalita' della proposta di legge e' quella d'ottenere un riconoscimento e un sostegno istituzionale ai Corpi civili di pace (che gia' operano da anni in situazioni di crisi, dal Kosovo alla Bosnia e allo Sri Lanka) sulla base di progetti riconosciuti dall'Ufficio nazionale per il servizio civile. Il lavoratore che chiede di parteciparvi dovrebbe vedersi garantito un periodo frazionabile di almeno dodici mesi di aspettativa non retribuita dal proprio impiego, sia pubblico che privato, conservando altri istituti come l'anzianita', le ferie, la tredicesima e i contributi previdenziali. 3. RIFLESSIONE. SARA ONGARO: RESISTENZA CREATIVA [Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo questo intervento di Sara Ongaro tenuto allo "sconvegno" su "Quali soggettivita' femministe oggi..." il 4 maggio 2002, intervento che costituisce anche una traccia dei contenuti del seminario su "Donne e globalizzazione" che l'autrice tenne il 19-20 ottobre 2002 presso la Libera universita' delle donne di Milano. Sara Ongaro "e' nata a Lodi nel 1971, si e' laureata in filosofia con indirizzo antropologico a Siena e ha conseguito un master in Women and Development a York. Vive e sogna in Sicilia dove si e' trasferita per amore del Sud e dove lavora intorno alle tematiche della globalizzazione insieme ad altre antropologhe, riunite nella cooperativa Daera, e al suo compagno. Ha pubblicato Le donne e la globalizzazione, Domande di genere all'economia globale della ri-produzione, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001"] Di tutte le domande contenute nell'invito allo "sconvegno" quelle che mi toccano maggiormente riguardano le strategie di sopravvivenza, la resistenza creativa e trasformativa del nostro quotidiano: vorrei interrogarmi su come questo campo mette in gioco il mio femminismo. Ho scelto di vivere in Sicilia (sono lombarda di origine), nella sua punta sud orientale, sotto Tunisi per latitudine, di guardare cioe' all'Italia e all'Europa dal suo punto estremo verso l'Africa, da una periferia lontana da tutto, fuori dai cosiddetti circuiti "interessanti". E' sicuramente la sfida di uno sguardo diverso, sottosopra. E' un luogo di grande bellezza, dove la vita costa molto meno in termini economici, anche perche' e' sostenuta da relazioni umane fatte di scambi, perche' si puo' ogni giorno fare un giro in una campagna selvatica e ricchissima e tornarne con borse piene di buonissime cose da mangiare. Non ho un lavoro fisso e dipendente, sono antropologa e formatrice, lavoro su quel che mi interessa a sufficienza per vivere, ma questo mi permette di gestire il mio tempo, di prendermi una vacanza a febbraio e di curarmi un'influenza anche per due settimane come dico io. Tutte queste scelte le vivo e condivido con il mio compagno, ritrovandoci ad essere una famiglia felice e di diversi milioni sotto la soglia di poverta'. Da qualche anno lavoro insieme ad altre tre amiche antropologhe: ci siamo create uno spazio di discussione e confronto sulle tematiche, i metodi e i modi per stare in questa realta' e nella nostra professione, per lavorare insieme e vivere solidarmente. Stiamo costituendoci in cooperativa; non vogliamo essere un gruppo solo per quanto riguarda l'attivita' lavorativa, ma anche per la gestione di aspetti che fanno parte della nostra vita, che interessano il nostro tempo quotidiano, che stanno intorno, prima, dopo e dentro il nostro lavoro: per esempio la gestione dei nostri bambini o delle nostre case sono per noi terreno di sperimentazione e responsabilita' collettiva. Con noi c'e' anche un amico che non e' antropologo, ma e' interessato al nostro percorso. Facciamo anche parte di una rete di antropologhe (anche qui c'e' un solo antropologo) - quasi tutte siamo ex-compagne di universita' - che non si definisce femminista, benche' alcune lo siano e benche' molte di noi lavorino con un approccio di genere e su tematiche assolutamente vicine alla ricerca del femminismo storico. * Ecco, nella mia esperienza la definizione di femminista non ha mai contato molto, ma la vicinanza e' sempre stata grande: i percorsi di consapevolezza personale e di studio sono stati segnati profondamente dal femminismo, ma c'e' anche forte il sentire che siamo altro dalle femministe storiche. Ampliare, articolare, rendere plurale questo concetto e' un'esigenza e soprattutto, nella mia esperienza, quando ho iniziato a frequentare la Sicilia, ho imparato quanto fosse importante e arricchente coinvolgere in questo processo gli uomini, cosa che finche' ho vissuto al nord mi sembrava assolutamente irrilevante e poco interessante: ora e' diventato per me imprescindibile. * Per me pensare a resistere a questo sistema, significa avere davanti il suo nocciolo capitalista/consumista e militarista, sapendo che entrambe queste caratteristiche sono segnate pesantemente e inevitabilmente dal sessismo, nocciolo che fra l'altro in questi ultimissimi anni si sta manifestando in tutta la sua evidenza (la guerra globale, il "turbocapitalismo"); la visione antropologica che fa da ideologia a tale sistema e' quella dell'individuo onnipotente, incapace di riconoscersi dei limiti, immagine di estrema forza ed efficacia, ma allo stesso tempo di drammatica debolezza e inettitudine a stare dentro la vita per quello che e' (a meno di continue protesi e correttivi tecnologici). Qui credo ci sia molto da ragionare. Provo a proporre alcune idee. Io credo che il desiderio infinito (per cui abbiamo il diritto di lavorare 12 ore e di avere due bei bambini e di andare al cinema e in vacanza e... e...) e' un desiderio onnipotente e aggiungo, di fatto maschile, perche' storicamente sono gli uomini ad essere stati liberi dai vincoli assolutamente stringenti della riproduzione della vita, a potersi fare la loro vita; e direi anche che e' un desiderio "colonizzatore", perche' incurante delle conseguenze che semina intorno, sotto e dietro di se', che ha bisogno di pesare su altri per realizzarsi e di sfruttarli. E' un desiderio legato all'individuo isolato, absolutus. E' incarnando questo desiderio in espansione, incessante che vivremo meglio? Ha senso pensare solo a come realizzarlo ricorrendo a piu' merci, ad altre relazioni di mercato? Non si potrebbe invece ripensarsi come individue e provare a smettere di concepire il limite come elemento negativo, guardarne anche la potenzialita' di riproduttore di vita e di vita con dignita' e abbondanza? Assumersi fino in fondo le conseguenze delle proprie scelte, saper dire si' a certe cose e no ad altre, sapere che alcune cose ne escludono altre, sentirsi chiamate a ripensare le relazioni intorno a noi, affinche' questa mentalita' non sia solo delle donne (facendone quindi ancora le vittime, caricate di tutte le responsabilita' e i pesi) ma delle comunita', degli uomini, in modo che ciascuno porti la sua parte di "peso" e nessuno ne senta piu' la pesantezza. Dico peso fra virgolette perche' credo sia proprio in queste relazioni che troviamo per esempio quelle cose che sono l'amore, l'affetto, la cura. Il limite per noi e' associato alla morte, alla fine e mai alla trasformazione, all'apertura di un'altra dimensione: ma la vita risponde ad una legge di rigenerazione. Il femminismo per me oggi e' la via per imparare questa mentalita' nuova (o antichissima). I nostri limiti siamo noi stesse, non sono altro da noi, contro di noi, come se solo il desiderio fosse la nostra essenza. Quali sono allora i limiti positivi del nostro desiderio? Sono i confini che le relazioni intense con gli altri ci pongono, sono i confini del nostro corpo con le sue possibilita' e debolezze, con i suoi tempi e le sue energie, che ovviamente non sono immutabili, ma possono essere appunto trasformati a seconda di quante relazioni solidali e rigenerative creiamo intorno a noi. * Vorrei raccontare un esempio molto concreto che mi viene da una discussione fatta a Porto Alegre quest'anno a un seminario femminista: una giovane donna peruviana, economista, bianca, ricca, afferma che ovviamente noi possiamo essere la' perche' a casa abbiamo altre donne che tengono la casa, i figli e il marito. Quello che per me stona e' l'"ovviamente": e' un arrendersi a un sistema e a delle relazioni coloniali (nel vero senso della parola perche' poi le donne di servizio sono tutte indigene), senza nemmeno immaginare che si potrebbe lavorare per relazioni diverse con il compagno, con le amiche, con se stesse (le donne indigene presenti al Forum per esempio i bambini se li portavano appresso). Questo non vuole essere un giudizio sulle scelte di ciascuna, ma una sollecitazione ad evitare gli "ovviamente" quando in gioco sono le nostre relazioni personali incrostate di dinamiche fra i generi e le classi (o le razze) che a una femminista dovrebbero per lo meno fare problema. Certe cose ci piacerebbero, ma non ci arriviamo, non riusciamo proprio ad inventarci nulla di diverso, pazienza... Riusciamo a dire qualche volta questo "pazienza...", ma non come una sconfitta, bensi' come attesa di qualcosa di nuovo e di diverso, al di la' anche del nostro desiderio, e non al di qua? non e' anche questa un'esperienza normale, della vita? e' chiaramente ben altro dalla passivita' fatalista: e' la creativita' di risorse insperate che ci possono fare scoprire dimensioni diverse dove non ne aspettavamo. * Gia' pensare, come si proponeva nel documento, a delle strategie prima di tutto personali e poi man mano collettive, in piccoli gruppi e poi sociali, mi pare sia un metodo "resistente" e che alle modalita' di pensiero e azione delle donne deve molto: stiamo cambiando le nostre vite per non essere troppo pesantemente cambiate e soprattutto ci stiamo credendo, stiamo gia' cambiando, non stiamo aspettando le Nazioni Unite o chissa' chi: il cambiamento e' gia' davanti a noi, fra noi, in tanti piccoli frammenti che si moltiplicano, non lottiamo per il domani, ma per l'oggi, per la nostra vita. Pensando percio' alle strategie di resistenza mi viene subito in mente quella della sottrazione (liberare quante piu' azioni, momenti e luoghi dalla mercificazione), della riappropriazione di tempi e momenti dalla fretta, dalle merci e dalle parole del consumismo. Chiamo questi: esperimenti di autonomia dalle relazioni mortifere ed opache come sono quelle del mercato globale e del suo discorso principe (la pubblicita' che permea di se' moltissimi altri discorsi non direttamente finalizzati alla vendita). Creare spazi dove poter sperimentare sul proprio corpo e sulle proprie emozioni cosa cambia il fare le cose in un'altra maniera. Per questo noi non abbiamo la televisione, usiamo pochissimo la macchina e mai l'aereo (significa 23 ore di viaggio per arrivare a Milano), io faccio meditazione quotidianamente (cioe' "spreco" nel silenzio vari minuti della mia giornata). Introducendo queste cose non cambia solo il tempo, ma le relazioni, l'organizzazione di tutta la giornata. * Ho parlato di sottrazione, ma c'e' il pericolo che la parola sia negativa. Infatti mi sono convinta che la cosa fondamentale nella prassi alternativa accanto al "qui e ora" sia il principio del piacere: non si puo' fare nulla con sacrificio, mortificazione, altrimenti semplicemente non funziona; bisogna cambiare un comportamento sapendo che bisognera' cambiare dimensione, atteggiamento, spirito. Ho riflettuto molto su questo spinta da alcuni genitori desiderosi di cambiare, ma preoccupati dall'ostilita' dei figli. Io non ho ancora figli, ma sono stata figlia di genitori molto alternativi e da molti anni osservo le altre famiglie e mi sembra di vedere che cio' che fa la differenza e' quanto piacere mettiamo nella trasformazione: in moltissimi pur lodevoli tentativi di cambiare il proprio stile di vita si avverte un senso del dovere, e' vissuto in fondo come un sacrificio, certo per un bene che si considera piu' grande, ma comunque come qualcosa di negativo, soprattutto con sensi di colpa rispetto all'imposizione di uno stile diverso al proprio figlio e alla propria figlia, rispetto ai suoi amici e amiche. Non mi e' invece mai capitato di trovare una famiglia in crisi per il proprio stile di vita alternativo quando insieme a questo c'era il dedicare tempo, energie, attenzioni, discussioni e giochi ai figli e il sentire il cambiamento davvero come un piacere, una conquista e non una perdita. Io sono stata una figlia educata in modo un po' diverso, ma questo invece che farmi sentirmi inferiore, mi ha dato sempre un certo orgoglio, immagino perche' mi veniva trasmesso come qualcosa di molto positivo, con molti piu' vantaggi e bellezze che non lo stile uniforme degli altri. "Sottrarsi" significa "fare opera di riappropriazione": nel mondo dove tutto e' merce (la vita, i sogni, i gusti, le scelte), dove cio' che e' meglio per noi lo determinano i mass media, le agenzie pubblicitarie, gli apparati industriali, dove il meccanismo capitalista, vero fondamentalismo pervasivo, violento e inconsapevole del mondo di oggi, necessita per funzionare di produrre sempre nuove merci e cioe' di indurre sempre nuovi bisogni, dei quali ci ritroviamo schiave perche' non abbiamo alcun margine per dire questo si' e questo no, e finiamo per perdere ogni nozione di noi stesse, di cosa davvero ci serve e di cosa no, di cosa ci fa bene e di cosa no. Riappropriarsi significa ritrovarsi, ridare i "nostri" nomi alle cose, sfuggire a certi terreni e inventarne altri, imparare a convivere (ben diverso da accettare passivamente) con la vita, le sue trasformazioni, le sue fatiche, le sue attese, i suoi limiti: prendendo scorciatoie non c'e' pace, non c'e' orizzonte e quindi nemmeno consapevolezza, progetto possibile che coniughi il noi piccolo e personale, privato, e il noi collettivo. Forse i drammi del turbocapitalismo odierno hanno davvero portato a saldare o a rendere evidentissima la connessione fra privato (i nostri personali e familiari comportamenti, la nostra personale salute) e pubblico (l'effetto serra, le guerre, ecc.). * Nel libretto "Le donne e la globalizzazione" che ho scritto come una sintesi che sentivo necessaria a me prima di tutto per guardare a questo mondo di oggi, uno strumentario insomma di concetti e domande per andare avanti, sono arrivata ad alcuni punti che ritengo fondamentali da tenere in agenda, ne cito qui due: stanno un po' a monte di tutto il discorso scritto fino ad ora; ci interrogano come femministe e appassionate di trasformazione vitale. 1. La relazione con le donne non occidentali, la contaminazione con le loro pratiche, con la loro forza, la loro positivita' e propositivita' (torno da un viaggio in Brasile nel quale ho passato abbastanza tempo a contatto con esperienze di educazione e lavoro popolare: ci si rende abbastanza conto di due cose fondamentali: che le donne non hanno alcuna remora a intervenire, parlare in pubblico, esprimere leadership, e che gli uomini non hanno particolari difficolta' a partecipare a momenti "di donne" con grande ascolto e impegno; mi capita spesso di fare incontri sulle donne mussulmane dove cerchiamo di sfatare l'idea di una donna sottomessa e passiva non solo parlando della storia arabo-persiana, ma anche facendo emergere mille esempi quotidiani che ormai ciascuna di noi ha accumulato e nei quali le donne mussulmane si dimostrano molto piu' determinate e convinte del fatto loro di quanto lo siamo noi); dovremmo interrogarci su cosa abbiamo bisogno di chiedere loro (smettiamola con: cosa dobbiamo dare?); 2. L'attenzione al contesto mondiale di riorganizzazione della riproduzione sociale (e anche biologica) con le donne in primo piano essendo sempre state le principali produttrici di quel valore non monetario che sorregge anche il capitale ed essendo oggi massicciamente impiegate sia nella produzione che nella riproduzione pagata. Con il risultato che questo processo di riorganizzazione colloca oggi le donne del mondo in ruoli molto diversi: quelle del Sud, lavoratrici della riproduzione oltre che della produzione industriale, a garantire a quelle del Nord l'accesso pieno a ritmi, spazi pubblici, carriere ecc. prima disponibili piu' facilmente agli uomini (stiamo in pratica importando un modello tipico dei Paesi di tradizione coloniale), l'emancipazione di alcune a spese della subordinazione e dell'espulsione dalla cittadinanza di altre. 4. RIFLESSIONE. ELENA CATTANEO: LA PSEUDOSCIENZA, LA RICERCA, IL REFERENDUM [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 maggio 2005. Elena Cattaneo e' docente di Farmacologia all'Universita' degli studi di Milano, fa parte del Comitato per il si' al referendum] In Italia i malati con malattie degenerative sono decine di migliaia. Se pensiamo alle sole malattie neurologiche come il Morbo di Alzheimer o di Parkinson, la Corea di Huntington e la Sclerosi Amiotrofica Laterale, sono moltissime le persone che vivono con la speranza di una terapia. Speranze che pero' dovrebbero essere alimentate solo dopo una rigorosa autenticazione sperimentale delle ipotesi sulle quali gli scienziati lavorano nei laboratori di tutto il mondo. Se quelle ipotesi pero' dovessero risultare non ripetibili allora devono essere letteralmente "lavate via", perche' la ricerca di frontiera ha il dovere di autocorreggersi. * Non-scoperte sulle staminali adulte E' successo proprio questo, ad esempio, con le staminali adulte e la loro presunta capacita' di "transdifferenziare" a cellule di un tessuto molto diverso da quello di origine, con scoperte che le ipotizzavano come equivalenti alle embrionali. Queste "scoperte" sono state, purtroppo, pubblicamente e ampiamente smentite. Non mi sembra pero' che l'effetto prodotto da queste non-scoperte sia stato "lavato via" nella percezione che si ha nella societa' civile italiana. Anzi, soprattutto in quest'ultimo periodo, aleggia sulla discussione referendaria e viene costantemente alimentato. Ovviamente questa propaganda mediatica tutta basata su una fittizia promessa di "curare tutto", sull'elencare protocolli "sperimentali" che usano le staminali adulte (come se "usare" significhi cura totale e garantita per tutti e per tutte le malattie) in contrasto con quelli che usano le embrionali (fortunatamente zero, in quanto la ricerca sulle embrionali nasce pochi anni fa ed e' ancora tutta da sperimentare), questo "pompare", e' utilizzato ad arte per creare immagine, posizionamenti, imperi e baronie, cercando di influenzare l'opinione pubblica. Senza specificare che la cura certa e duratura per le malattie del sangue con le adulte (ma e' cosi'?) non significa cura certa, per esempio, per le malattie del cervello. Per queste ultime infatti si deve ancora decidere: 1) se le staminali, di fatto, possono essere utili; 2) quale staminale funziona meglio; 3) se deriveranno eventuali benefici dall'inserimento nel circuito lesionato o piuttosto da fattori che esse rilasciano, con il conseguente spostamento dell'obiettivo sui "farmaci" rilasciati dalle staminali piuttosto che sostituire cio' che e' degenerato. Tutte ipotesi di lavoro, non certezze. * La scienza non e' una partita E' un vero problema, dunque, quando ipotesi o risultati ancora in nuce escono dai laboratori troppo presto e troppo presto vengono amplificati ed esagerati. Si assiste al tentativo di imporre una nuova "scienza", quella delle teorie e delle promesse, citando protocolli a favore e protocolli contro, come in una partita, in una logica aberrante del "raccontare all'opinione pubblica" quello che l'opinione pubblica (soprattutto se meno esperta e preparata) avrebbe piacere a sentirsi raccontare, contrapponendola alla scienza dei risultati duraturi, comunque e per chiunque difficile da governare e da predire: la scienza che, ancora oggi, non puo' dare aprioristicamente garanzie di cura per tutto, indipendentemente da quale cellula si stia considerando. Allora, dico, ben vengano gli strumenti in piu' offerti dalla ricerca. Poi decideremo in base a risultati ottenuti in protocolli verificabili. In questo panorama ormai troppo mediatico, la ricerca passa come qualcosa di aneddotico, come se bastasse una parola magica, "staminale (adulta)", e automaticamente cio' di cui si dispone nei laboratori diventi pronto all'uso negli ospedali, "la cura e' la'...", "tra tre anni saremo sul Parkinson..." (veniva dichiarato ben piu' di tre anni fa), "ci stiamo arrivando...". Come scienziata non accettero' mai il "ci stiamo arrivando" come principale argomento di una discussione scientifica. Anche perche' c'e' molto da fare prima di arrivarci. Per esempio, i protocolli di preparazione di molti tipi di staminali adulte restano grossolani, al punto da avere poco controllo su cio' che si cresce, finendo con lo spacciare per staminali adulte miscele di cellule instabili e non omogenee. * I diktat della pseudo-scienza Ma qualcuno va anche oltre: i diktat scientifici italiani, recitati da scienziati che andrebbero chiamati pseudo-tali quando si comportano cosi', aggiungono che "la ricerca sulle cellule staminali embrionali non serve". Eppure queste cellule sono da un lato uno strumento rilevante per comprendere i meccanismi di base di tutte le cellule umane e di alcune malattie in particolare. Dall'altro sono talmente straordinarie e interessanti da essere necessarie per capire l'attivita' e la tossicita' di farmaci. Allora, mi domando, come lo consideriamo uno scienziato che afferma, senza prove e magari senza esperienza diretta, che 'una ricerca - quella dell'altro - non serve'? A quale scopo uno scienziato si pronuncia in questo modo? Perche' siamo arrivati, non a caso solo in Italia, a questo finto marasma tecnico-scientifico che ha, in realta', l'obbiettivo di far passare per "conflitto scientifico" quello che e' un problema etico? Chi l'ha generato? Forse basterebbe consultare la stampa degli anni precedenti la scoperta delle embrionali (era il 1998) per ricordarsi del bombardamento mediatico in cui le possibilita' di cura di queste cellule sono state a dir poco esagerate. Esagerazioni che sono state poi indirizzate verso le adulte "che curano" creando ad arte il finto conflitto scientifico. * Perche' questo marasma in Italia? Erano altri anni, qualcuno direbbe. Ma ancora oggi si usano le stesse strategie: si passano le ipotesi per fatti, le teorie per risultati. Due modi diversi di alimentare le speranze. Personaggi eminenti (o considerati tali) spacciano sulla stampa soluzioni a raggiera, naturalmente non autenticate. Come se enunciare un'ipotesi potesse equivalere a validarla sperimentalmente. Non sono forse tentativi di confondere, di mettere il risultato davanti all'esperimento che deve ancora essere fatto? Ma abbiamo presente, dal punto di vista scientifico, cosa si sta divulgando? Siamo di fronte, invece, a ipotesi di lavoro su cui siamo ancora liberi di studiare a patto che i finanziamenti pubblici vengano erogati attraverso un attento vaglio scientifico delle ipotesi e delle loro razionalita'. Studi che non possono essere propinati subdolamente gia' come la nuova soluzione. Facendo passare tra l'altro il solito concetto sbagliato di scienza "facile e risolutoria" (ovviamente sempre attraverso le adulte) pronta ad entrare in azione. * Molte le vie, uno il metodo Da sempre non sono tra gli scienziati che dicono che disporre di embrionali equivalga ad avere una cura, per esempio, per le malattie del cervello. E' una strada (non l'unica). E a dire il vero non ne conosco nemmeno uno di scienziato che si esprime in quel modo. Ma non sono nemmeno tra quelli che cavalcano le ipotesi fantascientifiche delle adulte pronte a curare e che promuovono una visione della scienza vista dal buco della serratura. Magari tentando pure di far passare il concetto che il trapianto rappresenta l'unico obiettivo della ricerca sulle staminali e che in virtu' delle loro "proprieta' cura-tutto" le staminali (spesso non-staminali) adulte siano sufficienti. Peccato che ci siano numerosi laboratori (tra cui metto il nostro all'Universita' di Milano) interessati a usare le staminali embrionali per studiare il differenziamento, i meccanismi di malattia e sviluppare farmaci. E allora? Allora oggi c'e' bisogno di entrambe le ricerche sulle adulte e sulle embrionali, e lo posso motivare scientificamente e in modo dettagliato con chiunque me lo chieda. Che si parta dall'una o dall'altra cellula, per realizzare le speranze c'e' comunque un solo modo: lavorare nei laboratori senza inventarsi scorciatoie. Magari evitando che scienziati seri debbano competere per i finanziamenti con scienziati "dalla ricetta facile". Scienziati che, magari, stanno anche in commissioni che erogano i fondi e, magari, riescono ad auto-assegnarseli attraverso procedure che, ancora oggi e nonostante le richieste, non sono ancora state rese trasparenti (a proposito di etica). * Perche' votare e' un dovere Chiudo ricordando quella che a mio avviso e' l'essenza del ricercatore. Non lo stipendio (credo nessuno abbia dubbi) ma una tensione etica che spinge ad affrontare con spirito critico e senza preconcetti ipotesi razionali che sfociano in risultati autenticati. La medicina e la scienza oggi hanno bisogno anche (ma non solo) della ricerca sulle staminali embrionali. Lo si puo' fare anche in Italia, attraverso regole razionali e condivise che, per esempio, consentano di utilizzare le blastocisti sovrannumerarie le quali, ad oggi, sono destinate a restare congelate per i prossimi duemila anni. Il tutto senza creare nuovi embrioni e senza attivare quella importante discussione etica su cui e' poi difficile legiferare se non violando i riferimenti etici di alcuni a favore dei riferimenti etici di altri (di chi poi? dei piu' ascoltati? dei piu' ricchi?). Un parere strettamente personale sulla legge: sono cattolica praticante e uno dei primi principi che perseguo e' l'uguaglianza tra le persone. L'Italia non e' appesa nel nulla e una legge che consente agli italiani piu' ricchi di by-passarla semplicemente andando all'estero e', a mio avviso, una brutta legge. Votare e' un dovere. 5. DOCUMENTI. CARLA LONZI: MANIFESTO DI RIVOLTA FEMMINILE (LUGLIO 1970) [Da Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale, Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982, pp. 13-22, riprendiamo il manifesto di "Rivolta Femminile" del luglio 1970, uno dei testi fondamentali della riflessione femminista in Italia. Carla Lonzi e' stata un'acutissima intellettuale femminista, nata a Firenze nel 1931 e deceduta a Milano nel 1982, critica d'arte, fondatrice del gruppo di Rivolta Femminile. Opere di Carla Lonzi: Sputiamo su Hegel, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982; Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978; Scacco ragionato, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1985. Opere su Carla Lonzi: Maria Luisa Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990] "Le donne saranno sempre divise le une dalle altre? Non formeranno mai un corpo unico?" (Olympe de Gouges, 1791) La donna non va definita in rapporto all'uomo. Su questa coscienza si fondano tanto la nostra lotta quanto la nostra liberta'. * L'uomo non e' il modello a cui adeguare il processo di scoperta di se' da parte della donna. * La donna e' l'altro rispetto all'uomo. L'uomo e' l'altro rispetto alla donna. L'uguaglianza e' un tentativo ideologico per asservire la donna a piu' alti livelli. * Identificare la donna all'uomo significa annullare l'ultima via di liberazione. * Liberarsi per la donna non vuol dire accettare la stessa vita dell'uomo perche' e' invivibile, ma esprimere il suo senso dell'esistenza. * La donna come soggetto non rifiuta l'uomo come soggetto, ma lo rifiuta come ruolo assoluto. Nella vita sociale lo rifiuta come ruolo autoritario. * Finora il mito della complementarieta' e' stato usato dall'uomo per giustificare il proprio potere. * Le donne son persuase fin dall'infanzia a non prendere decisioni e a dipendere da persona "capace" e "responsabile": il padre, il marito, il fratello... * L'immagine femminile con cui l'uomo ha interpretato la donna e' stata una sua invenzione. * Verginita', castita', fedelta', non sono virtu'; ma vincoli per costruire e mantenere la famiglia. L'onore ne e' la conseguente codificazione repressiva. * Nel matrimonio la donna, privata dal suo nome, perde la sua identita' significando il passaggio di proprieta' che e' avvenuto tra il padre di lei e il marito. * Chi genera non ha la facolta' di attribuire ai figli il proprio nome: il diritto della donna e' stato ambito da altri di cui e' diventato il privilegio. * Ci costringono a rivendicare l'evidenza di un fatto naturale. * Riconosciamo nel matrimonio l'istituzione che ha subordinato la donna al destino maschile. Siamo contro il matrimonio. * Il divorzio e' un innesto di matrimoni da cui l'istituzione esce rafforzata. * La trasmissione della vita, il rispetto della vita, il senso della vita sono esperienza intensa della donna e valori che lei rivendica. * Il primo elemento di rancore della donna verso la societa' sta nell'essere costretta ad affrontare la maternita' come un aut-aut. * Denunciamo lo snaturamento di una maternita' pagata al prezzo dell'esclusione. * La negazione della liberta' d'aborto rientra nel veto globale che viene fatto all'autonomia della donna. * Non vogliamo pensare alla maternita' tutta la vita e continuare ad essere inconsci strumenti del potere patriarcale. * La donna e' stufa di allevare un figlio che le diventera' un cattivo amante. * In una liberta' che si sente di affrontare, la donna libera anche il figlio e il figlio e' l'umanita'. * In tutte le forme di convivenza, alimentare, pulire, accudire e ogni momento del vivere quotidiano devono essere gesti reciproci. * Per educazione e per mimesi l'uomo e la donna sono gia' nei ruoli della primissima infanzia. * Riconosciamo il carattere mistificatorio di tutte le ideologie perche' attraverso le forme ragionate di potere (teologico, morale, filosofico, politico) hanno costretto l'umanita' a una condizione inautentica, oppressa e consenziente. * Dietro ogni ideologia noi intravediamo la gerarchia dei sessi. * Non vogliamo d'ora in poi tra noi e il mondo nessuno schermo. * Il femminismo e' stato il primo momento politico di critica storica alla famiglia e alla societa'. * Unifichiamo le situazioni e gli episodi dell'esperienza storica femminista: in essa la donna si e' manifestata interrompendo per la prima volta il monologo della civilta' patriarcale. * Noi identifichiamo nel lavoro domestico non retribuito la prestazione che permette al capitalismo, privato e di stato, di sussistere. * Permetteremo quello che di continuo si ripete al termine di ogni rivoluzione popolare quando la donna, che ha combattuto insieme con gli altri, si trova messa da parte con tutti i suoi problemi? * Detestiamo i meccanismi della competitivita' e il ricatto che viene esercitato nel mondo dalla egemonia dell'efficienza. Noi vogliamo mettere la nostra capacita' lavorativa a disposizione di una societa' che ne sia immunizzata. * La guerra e' stata da sempre l'attivita' specifica del maschio e il suo modello di comportamento virile. * La parita' di retribuzione e' un nostro diritto, ma la nostra oppressione e' un'altra cosa. Ci basta la parita' salariale quando abbiamo gia' sulle spalle ore di lavoro domestico? * Riesaminiamo gli apporti creativi della donna alla comunita' e sfatiamo il mito della sua laboriosita' sussidiaria. * Dare alto valore ai momenti "improduttivi" e' un'estensione di vita proposta dalla donna. * Chi ha il potere afferma: "Fa parte dell'erotismo amare un essere inferiore". Mantenere lo "status quo" e' dunque un suo atto d'amore. * Accogliamo la libera sessualita' in tutte le sue forme, perche' abbiamo smesso di considerare la frigidita' un'alternativa onorevole. * Continuare a regolamentare la vita fra i sessi e' una necessita' del potere; l'unica scelta soddisfacente e' un rapporto libero. * Sono un diritto dei bambini e degli adolescenti la curiosita' e i giochi sessuali. * Abbiamo guardato per 4.000 anni: adesso abbiamo visto! * Alle nostre spalle sta l'apoteosi della millenaria supremazia maschile. Le religioni istituzionalizzate ne sono state il piu' fermo piedistallo. E il concetto di "genio" ne ha costituito l'irraggiungibile gradino. * La donna ha avuto l'esperienza di vedere ogni giorno distrutto quello che faceva. * Consideriamo incompleta una storia che si e' costituita sulle tracce non deperibili. * Nulla o male e' stato tramandato dalla presenza della donna: sta a noi riscoprirla per sapere la verita'. * La civilta' ci ha definite inferiori, la chiesa ci ha chiamate sesso, la psicanalisi ci ha tradite, il marxismo ci ha vendute alla rivoluzione ipotetica. * Chiediamo referenze di millenni di pensiero filosofico che ha teorizzato l'inferiorita' della donna. * Della grande umiliazione che il mondo patriarcale ci ha imposto noi consideriamo responsabili i sistematici del pensiero: essi hanno mantenuto il principio della donna come essere aggiuntivo per la riproduzione dell'umanita', legame con la divinita' o soglia del mondo animale; sfera privata e "pietas". Hanno giustificato nella metafisica cio' che era ingiusto e atroce nella vita della donna. * Sputiamo su Hegel. * La dialettica servo-padrone e' una regolazione di conti tra collettivi di uomini: essa non prevede la liberazione della donna, il grande oppresso della civilta' patriarcale. * La lotta di classe, come teoria di classe sviluppata dalla dialettica servo-padrone, ugualmente esclude la donna. Noi rimettiamo in discussione il socialismo e la dittatura del proletariato. * Non riconoscendosi nella cultura maschile, la donna le toglie l'illusione dell'universalita'. * L'uomo ha sempre parlato a nome del genere umano, ma meta' della popolazione terrestre lo accusa ora di aver sublimato una mutilazione. * La forza dell'uomo e' nel suo identificarsi con la cultura, la nostra nel rifiutarla. * Dopo questo atto di coscienza l'uomo sara' distinto dalla donna e dovra' ascoltare da lei tutto quello che la concerne. * Non saltera' il mondo se l'uomo non avra' piu' l'equilibrio psicologico basato sulla nostra sottomissione. * Nella cocente realta' di un universo che non ha mai svelato i suoi segreti, noi togliamo molto del credito dato agli accanimenti della cultura. Vogliamo essere all'altezza di un universo senza risposte. * Noi cerchiamo l'autenticita' del gesto di rivolta e non la sacrificheremo ne' all'organizzazione ne' al proselitismo. * Comunichiamo solo con donne. Roma, luglio 1970 6. MAESTRE. FRANCA ONGARO BASAGLIA: IN QUESTA NORMA [Da Franca Ongaro Basaglia, Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982, p. 152. Franca Ongaro Basaglia, intellettuale italiana di straordinario impegno civile, pensatrice di profondita', finezza e acutezza straordinarie, insieme al marito Franco Basaglia e' stata tra i protagonisti del movimento di psichiatria democratica; e' deceduta nel gennaio 2005. Tra i suoi libri segnaliamo particolarmente: Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982; Manicomio perché?, Emme Edizioni, Milano 1982; Una voce: riflessioni sulla donna, Il Saggiatore, Milano 1982; in collaborazione con Franco Basaglia ha scritto La maggioranza deviante, Crimini di pace, Morire di classe, tutti presso Einaudi; ha collaborato anche a L'istituzione negata, Che cos'e' la psichiatria, e a molti altri volumi collettivi. Ha curato l'edizione degli Scritti di Franco Basaglia. Su Franca Ongaro Basaglia riproponiamo anche la seguente scheda biobibliografica estratta dal quotidiano "Il manifesto" e gia' riprodotta nel n. 812 de "La nonviolenza e' in cammino": "Dalle avventure per i bambini alla rivoluzione nelle istituzioni. I suoi primi lavori Franca Ongaro li aveva dedicati ai bambini: Le avventure di Ulisse illustrate da Hugo Pratt, e una riduzione del romanzo Piccole donne di Louise May Alcott uscirono sul "Corriere dei Piccoli" tra il '59 e il '63. In quegli stessi anni i suoi interessi si indirizzarono verso il lavoro nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, con il gruppo che si stava raccogliendo attorno a suo marito Franco Basaglia, con il quale - nella seconda meta' degli anni '60 - scrisse diversi saggi cui contribuirono altri componenti del gruppo goriziano. Due suoi testi - "Commento a Ervin Goffman, La carriera morale del malato di mente" e "Rovesciamento istituzionale e finalita' comune" - fanno parte dei primi libri che documentano e analizzano il lavoro di apertura dell'ospedale psichiatrico di Gorizia, Che cos'e' la psichiatria (1967) e L'istituzione negata (1968). E' sua la prima traduzione italiana dei testi di Erving Goffman Asylums e Il comportamento in pubblico, pubblicati da Einaudi rispettivamente nel 1969 e nel 1971. Introdusse anche il lavoro di Gregorio Bermann La salute mentale in Cina (1972). Dagli anni `70 Franca Ongaro fu coautrice di gran parte dei principali testi di Franco Basaglia, da Morire di classe (1969) a La maggioranza deviante (1971), Crimini di pace (1975), fino al saggio "Condotte perturbate. Le funzioni delle relazioni sociali", commissionato da Jean Piaget per la Encyclopedie de la Pleiade e uscito nel 1987. Nel 1981 e `82 curo' per Einaudi la pubblicazione dei due volumi degli Scritti di Franco Basaglia. Franca Ongaro e' stata anche autrice di volumi e saggi di carattere filosofico e sociologico sulla medicina moderna e le istituzioni sanitarie, sulla bioetica, sulla condizione della donna, sulle pratiche di trasformazione delle istituzioni totali. Tra i suoi testi principali, i volumi Salute/malattia. Le parole della medicina (Einaudi, 1979), raccolta dei lemmi di sociologia della medicina scritti per la Enciclopedia Einaudi; Una voce. Riflessioni sulla donna (Il Saggiatore, 1982) che include la voce Donna della Enciclopedia Einaudi; Manicomio perche'? Emme Edizioni 1982; Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate scomodo, Editori Riuniti, 1987. Tra i saggi, Eutanasia, in Le nuove frontiere del diritto, "Democrazia e Diritto", n. 4-5, Roma 1988; Epidemiologia dell'istituzione psichiatria. Sul pensiero di Giulio Maccacaro (Medicina Democratica, 1997); Eutanasia. Liberta' di scelta e limiti del consenso in R. Dameno e M. Verga (a cura di), Finzioni e utopie. Diritto e diritti nella societa' contemporanea, (Guerrini, 2001). Dall'84 al '91 e' stata, per due legislature, senatrice della sinistra indipendente. Nel luglio 2000 ha ricevuto il premio Ives Pelicier della International Academy of Law and Mental Health, e nell'aprile 2001 l'universita' di Sassari le ha conferito la laurea honoris causa in scienze politiche"] Regole, divieti, tabu', proibizioni, repressioni; divisioni di classe, di razza, di colore, di sesso, di ruolo; sopraffazioni, soprusi e umiliazioni, violenza organizzata e permanente: questo e' cio' che costituisce il mondo della norma. Nessuna regola a difesa dell'esistenza dell'uomo, ma ogni regola fatta per il suo dominio e la sua manipolazione. In questa norma non puo' identificarsi l'uomo dominato perche' e' fatta per la sua distruzione, ma neppure colui che appartiene alla schera dei dominatori, pena l'assopimento e l'uccisione della sua umanita'. 7. MAESTRE. SIMONE WEIL: INSIEME [Da Simone Weil, Quaderni, volume III, Adelphi, Milano 1988, p. 218. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] Due cose ci vengono dal di fuori, la necessita' e il bene. Ed esse vengono a noi insieme. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 13 del 26 maggio 2005
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