[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 932
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 932
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 17 May 2005 00:18:33 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 932 del 17 maggio 2005 Sommario di questo numero: 1. Anna Puglisi: Un storia fatta da donne 2. Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino (parte seconda) 3. Severino Vardacampi: Da Palermo all'umanita' 4. Giulio Vittorangeli ricorda Luigi Pintor 5. Riletture: Louise F. Pusch, Susanne Gretter (a cura di), Un mondo di donne 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. ANNA PUGLISI: UNA STORIA FATTA DA DONNE [Il minimo frammento seguente e' la chiusa di un articolo di Anna Puglisi, Un ricordo di Felicia, pubblicato in "Mezzocielo", gennaio-febbraio 2005; lo abbiamo estratto da Anna Puglisi, Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005, p. 211. Anna Puglisi, prestigiosa studiosa e militante antimafia, e' impegnata nell'esperienza del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di cui e' una delle fondatrici. Tra le opere di Anna Puglisi: con Umberto Santino (a cura di), La mafia in casa mia, intervista a Felicia Bartolotta Impastato, La Luna, Palermo 1986; con Antonia Cascio (a cura di), Con e contro. Le donne nell'organizzazione mafiosa e nella lotta antimafia, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1988; Sole contro la mafia, La Luna, Palermo 1990; Donne, mafia e antimafia, Centro Impastato, Palermo 1998, Di Girolamo, Trapani 2005; con Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005. Felicia Bartolotta Impastato e' la madre di Giuseppe Impastato (1948-1978), il militante antimafia di Cinisi (Pa) assassinato dalla mafia; Felicia Bartolotta Impastato lo ha sostenuto nella sua lotta, che ha proseguito dopo l'uccisione del figlio. E' deceduta nel dicembre 2004. Opere di Felicia Bartolotta Impastato: La mafia in casa mia, intervista di Anna Puglisi e Umberto Santino, La Luna, Palermo 1987. Opere su Felicia Bartolotta Impastato: Anna Puglisi e Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005; di lei ovviamente si parla ampiamente nei libri dedicati alla figura di Peppino Impastato. Per richiedere il libro (pp. 248 + 16 di inserto fotografico, euro 10) e per ulteriori informazioni e contatti con l'autrice: Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it] ... Felicia fa parte della lunga storia delle lotte contro la mafia, una storia fatta da donne come lei, la storia della Sicilia migliore. 2. MATERIALI. CONTRO LA MAFIA. UNA BREVE RASSEGNA DI ALCUNI LAVORI DI UMBERTO SANTINO (PARTE SECONDA) [La prima parte di questa rassegna bibliografica e' apparsa sul notiziario di ieri; ad esso rinviamo anche per alcune notizie essenziali su Umberto Santino e sul Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Segnaliamo nuovamente che questa rassegna bibliografica e' stata originariamente redatta nel 1998: non abbiamo modificato le schede scritte allora, ne' quelle aggiunte in ripubblicazioni successive] 7. La mafia come soggetto politico, 1994 L'opuscolo La mafia come soggetto politico, e' stato pubblicato nella collana "csd appunti", 2, Palermo, ottobre 1994, e riproduce le lezioni di un seminario tenuto presso la Scuola di formazione etico-politica "Giovanni Falcone", novembre-dicembre 1992. I testi erano gia' stati pubblicati sulla rivista "Una citta' per l'uomo", nn. 1, 2, 3-4, febbraio-agosto 1993. La prima parte, dal titolo Introduzione, alle pp. 3-20, e' suddivisa in: Premessa: indicazioni metodologiche; 1. Un'ipotesi definitoria; 1.1. Un'ipotesi di periodizzazione; 2. La soggettivita' politica della mafia; 2.1. La mafia come gruppo politico; 2.2. La produzione mafiosa della politica; 2.3. Doppia mafia in doppio Stato: una duplice dualita'. La seconda parte, La soggettivita' politica della mafia: profilo storico, alle pp. 21-35, e' suddivisa in: 1.1. Cosa ci insegnano i fenomeni premafiosi; 1.2. Il "partito della mafia"; 1.3. La nascita dello Stato unitario: dall'"opposizione mafiosa" alla "legalizzazione della mafia"; 1.4. Il ruolo della mafia nella contrapposizione Est-Ovest; 2. Il problema del terzo livello. L'analisi di Giovanni Falcone; 2.1. Il rapporto mafia-politica nel maxiprocesso; 2.2. L'autonomia della mafia e il concorso in associazione mafiosa. La terza parte, La produzione mafiosa della politica e la produzione politica della mafia, alle pp. 36-62, e' suddivisa in: 1. Come la mafia produce politica; 1.1. Stragi e delitti politico-mafiosi; 1.2. Lo scambio elettorale; 1.3. Il controllo sulle istituzioni; 2. Come la politica produce mafia; 2.1. Servizi segreti, massoneria e Tangentopoli; 3. La relazione della Commissione antimafia su mafia e politica: coabitazione tra Stato e mafia, responsabilita' penale e politica; 4. La politica della mafia: strategia, tattica, funzione?, 5. Indicazioni per un percorso di liberazione. Con le sue 64 pagine l'opuscolo puo' essere una buona lettura introduttiva sia per lo studio individuale che per la discussione collettiva (del resto esso riproduce appunto lezioni svolte in un seminario di studi). Cogliamo l'occasione per segnalare l'utilissima rivista "Una città per l' uomo" (alias "CxU"), su cui questi testi sono primieramente apparsi. En passant ricordiamo anche l'altra rivista palermitana di grande interesse: "Segno". In tema di riviste ricordiamo ovviamente anche "Narcomafie" di Torino. Ed ancora: i fascicoli n. 7-8/1990 e 25/1996 di "Meridiana" di Roma, e il n. 2/1992 di "Asterischi" di Roma. Di Giovanni Falcone a noi sembra ovviamente di gran lunga piu' utile il volume di Interventi e proposte (1982-1992), Sansoni, Firenze 1994, che non il noto libro-intervista a cura di Marcelle Padovani, Cose di Cosa Nostra, Rizzoli, Milano 1991. A nostro giudizio recano un utile contributo all'analisi di alcuni dei temi affrontati in questo opuscolo la relazione della Commissione parlamentare antimafia su Mafia e politica (un'edizione agile ne ha pubblicato Laterza, Bari 1993; un'edizione arricchita da altri materiali e' stata pubblicata, a cura di Orazio Barrese, in Mafia politica pentiti, presso Rubbettino, Soveria Mannelli 1993); ed il libro di Luciano Violante, Non e' la piovra, Einaudi, Torino 1994 (Violante, come e' noto, era il presidente della Commissione parlamentare che produsse il testo sopra citato, e il principale autore di esso). * 8. Casa Europa, 1994 L'opuscolo Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, e' stato pubblicato nella collana "csd appunti", 1, Palermo, maggio 1994, e contiene i testi di tre relazioni ad altrettanti convegni. La prima relazione: La mafia siciliana e il mercato delle droghe in Europa, relazione al convegno internazionale dell'OGD (Observatoire Geopolitique des Drogues) sul tema "La geopolitique mondiale des drogues", Parigi, 10-12 dicembre 1992, gia' pubblicata in volume in Francia e in rivista in Italia. Ne segnaliamo in particolare alcuni passi della Premessa. Un paradigma adeguato: la mafia come organizzazione criminale e blocco sociale. "Secondo la legge antimafia promulgata nel settembre 1982, dopo l'assassinio Dalla Chiesa, 'l'associazione e' di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivita' economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se' o per altri'. Cosa Nostra e gli altri gruppi mafiosi compongono la struttura criminale descritta dalla legge ma non esauriscono il fenomeno mafioso che e' stato ed e' qualcosa di molto piu' complesso. Riassumo l'ipotesi definitoria adottata per le ricerche condotte con il Centro Impastato: un sistema di violenza e illegalita' finalizzato all'accumulazione del capitale e all'acquisizione e gestione di posizioni di potere che si avvale di un codice culturale e gode di un certo consenso sociale. Le organizzazioni criminali sono al centro di un blocco sociale transclassista, che va dai politici legati ai mafiosi ai consulenti finanziari che curano le operazioni di riciclaggio e di investimento, agli avvocati stabilmente a servizio della mafia, agli imprenditori collegati o succubi, giu' giu' fino agli spacciatori di droghe e ai venditori di sigarette di contrabbando. La funzione dominante all'interno di tale blocco, che potrebbe aggirarsi su alcune centinaia di migliaia di persone, e' svolta da soggetti legali-illegali che si possono definire borghesia mafiosa. In contraddizione con uno degli stereotipi piu' diffusi (la mafia come contropotere criminale e antistato), le associazioni mafiose e il blocco sociale a egemonia mafiosa hanno un rapporto duale con lo Stato. In quanto associazione criminale la mafia e' contro e fuori dello Stato, non viola il diritto ma nega il diritto, perche' non riconosce il monopolio statale della forza; per il suo ruolo economico (che si e' sviluppato attraverso l'uso del denaro pubblico) e politico (dal controllo sul voto al rapporto con i centri decisionali necessario per ottenere, ad esempio, gli appalti di opere pubbliche, che hanno costituito e costituiscono uno dei settori piu' rilevanti delle attivita' legali), la mafia e il suo blocco sociale sono dentro e con lo Stato. La riprova piu' significativa e' data dal ruolo della mafia all'interno della contrapposizione Est-Ovest. La mafia ha avuto un ruolo centrale nella repressione e regolazione del conflitto sociale (si pensi alla violenza mafiosa contro le sinistre e il movimento contadino negli anni '40 e '50) e negli anni '60 e '70 e' stato il punto di coagulo di una borghesia terziaria e parassitaria che ha sostituito il vecchio blocco agrario come classe dominante in Sicilia e nel Mezzogiorno d'Italia. La definizione di criminalita' istituzionalizzata contenuta nel Progetto di Relazione della Commissione del Parlamento Europeo del novembre 1991, coglie questo aspetto essenziale della mafia, la sua politicita', il suo ruolo nella produzione della politica, in quanto essa determina o contribuisce a determinare le decisioni e le scelte riguardanti la gestione del potere e la distribuzione delle risorse". La seconda relazione: Il ruolo della mafia nel saccheggio del territorio, relazione al convegno "Ambiente ecologia societa'", Gibellina, 14 novembre 1993, gia' pubblicata in rivista. Segnaliamo a p. 21: "La risorsa territorio ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della mafia e del blocco sociale a partecipazione o ad egemonia mafiosa, per due ragioni: l'organizzazione mafiosa si basa sul controllo del territorio (e tale controllo e' costitutivo della sua natura di gruppo politico, in senso weberiano) e lo sfruttamento e la depredazione del territorio hanno costituito uno dei terreni primari delle sue attivita'. Tutto cio' si e' inserito in un contesto socio-economico e culturale che considera ambiente e territorio come merce e che ha assunto i caratteri di vera e propria macchina distruttiva soprattutto negli ultimi decenni" (il ragionamento prosegue poi con una opportuna citazione da James O' Connor). La relazione poi esamina vicende specifiche (che qui indichiamo citando i titoli di specifici paragrafi del testo): il controllo mafioso dell'acqua come esempio di uso privato di una risorsa pubblica; i pozzi di Palermo; il sacco di Palermo e la cementificazione della Conca d'oro; appalti di opere pubbliche ed economia delle catastrofi ("Tangentopoli non e' una serie di casi di corruzione che coinvolgono imprese, partiti politici e istituzioni ma e' il venire allo scoperto di una corruzione sistemica", p. 35); l'industria del terremoto. Segue un paragrafo su Gruppi criminali internazionali: l'impatto ambientale della produzione di droghe, traffici di armi e materie nucleari. Ed una conclusione il cui titolo non poteva che essere: Per un nuovo modello di sviluppo. La terza relazione: Economia mondiale e sviluppo locale, relazione al V Incontro internazionale sullo sviluppo locale, Madeira (Portogallo), 4-5 febbraio 1994. Testo utilizzato anche come traccia per la presentazione del Seminario internazionale "Quale sviluppo per la Sicilia. L'utilizzazione dei Fondi strutturali della Comunita' Europea", Castellana Sicula (PA), 12-13 marzo 1994. Citiamo un passo da p. 57: "La spesa pubblica ha una notevole incidenza sull'economia e sulla societa' siciliana. Essa e' essenzialmente fondata sulla politica delle grandi opere ed e' servita per cementare un blocco sociale conservatore, essenzialmente parassitario, ed ha una parte notevole nell'accumulazione mafiosa. Attraverso gli appalti e subappalti di opere pubbliche l'organizzazione mafiosa e' riuscita ad accaparrarsi quote rilevanti di denaro pubblico, configurandosi come una vera e propria borghesia di Stato. Tale impiego della spesa pubblica e' riuscito ad aggregare consenso nei confronti dei partiti di governo, ha creato una rete di imprese assistite e di clientele, ha distrutto o degradato il territorio, ma non ha creato sviluppo. Si puo' parlare di un modello di sottosviluppo pubblico-mafioso, durato dal dopoguerra fino ad oggi. Funzionale a questo modello e' stata la preordinata mancanza di qualsiasi politica di programmazione". Tra gli autori cui si puo' far riferimento per approfondire alcuni temi proposti in questo opuscolo (ed in particolare la dimensione internazionale, le dinamiche macroeconomiche, la ristrutturazione dei poteri su scala planetaria, le questioni concernenti il territorio e la sovranita'...) ci sono ovviamente Samir Amin, Giovanni Arrighi, James O' Connor, Marco Revelli, Jeremy Rifkin, Immanuel Wallerstein, il gruppo di "Le monde diplomatique". Noi riteniamo di notevole interesse anche le riflessioni di alcuni studiosi latinoamericani come Enrique Dussel; per conoscere le analisi in merito di militanti ed intellettuali critici latinoamericani in italiano la fonte migliore e' il periodico "Amanecer". Una casa editrice che pubblica lavori molto interessanti con specifico riferimento alle dinamiche della globalizzazione e' Asterios Editore, di Trieste; qualche libro molto utile ha pubblicato la casa editrice Manifestolibri, di Roma. * 9. La mafia interpretata, 1995 La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995, e' apparso nella collana "Saggi brevi di sociologia", con una presentazione di Paolo Jedlowski e Renate Siebert. Nella presentazione Jedlowski e Siebert evidenziano che "il testo offre... una rassegna dei principali approcci disciplinari esistenti al fenomeno della mafia (sociologico, storico, criminologico ed economico). E' una rassegna critica: il punto di vista teorico e politico da cui viene operata non e' taciuto, cosi' come e' esplicita la discussione delle posizioni via via presentate... l'utilita' del volume e la ricchezza di spunti che offre sono straordinarie..." (p. 5); e ancora: "il testo qui presentato cela un invito piu' ampio che alla 'discussione': quello ad interagire in modo non solo 'teorico' e 'critico' ma anche pratico e impegnato, affinche' la lotta alla mafia assuma le dimensioni adeguate a far fronte alla complessita', all'articolazione e alla vastita' del pericolo che questa rappresenta. Come scrive Santino, la mafia e' 'un insieme di organizzazioni criminali (...) che agiscono all'interno di un vasto e ramificato contesto relazionale, configurando un sistema di violenza e di illegalita' finalizzato all'accumulazione del capitale e all'acquisizione e gestione di posizioni di potere, che si avvale di un codice culturale e gode di un certo consenso sociale'. Se questo e' vero, tanto l'analisi che intende interpretarla quanto la pratica politica che intende contrastarla devono situarsi su piu' dimensioni" (p. 8). Il libro e' organizzato in sei capitoli preceduti da una breve introduzione che prende le mosse dalla celebre inchiesta di Leopoldo Franchetti per un excursus su 120 anni di analisi sociologica del fenomeno mafioso. Il primo capitolo si intitola I sociologi e la mafia: dall'impresa mafiosa alla mafia-impresa, ed esamina gli studi sociologici statunitensi ed italiani sul crimine organizzato e la mafia. Santino ha facile gioco nell'individuare esiguita', genericita' e debolezze del lavoro e del dibattito di autori sovente neppure sufficientemente ferrati sul piano meramente informativo in merito all'argomento trattato. Il secondo capitolo, dal titolo Gli storici e le mafie, esamina particolarmente il dibattito attuale tra gli storici ed i recenti lavori di Nicola Tranfaglia, Paolo Pezzino e Salvatore Lupo. Il terzo capitolo, I criminologi e la criminalita' organizzata, discute ovviamente in particolare i temi proposti dalla "criminologia critica". Il capitolo quarto, Gli economisti e l'economia del crimine organizzato, esamina ricerche, analisi e dibattiti specifici di economisti statunitensi ed italiani (questi ultimi giunti alla presa di coscienza "con un quarto di secolo di ritardo rispetto agli Stati Uniti"). E' appena il caso di ricordare che Santino ha pubblicato a suo tempo due testi fondamentali come La mafia finanziaria e (con Giovanni La Fiura) L'impresa mafiosa. Nel quinto capitolo, dal titolo programmatico: Un paradigma della complessita', alle pp. 129-157, Santino propone e argomenta l'ipotesi definitoria formulata e adottata per le ricerche condotte dal Centro Impastato; sono pagine assai dense, molto lucide e attente, che sintetizzano efficacemente l'approccio analitico che l'autore propone ed ha articolato ed affinato nel corso di decenni di studio e di lotta. Segue un sesto ed ultimo capitoletto, brevissimo, a mo' di commiato, dal titolo Le scienze sociali hanno un futuro? Si tratta di un libro breve (168 pp.) e di efficace sintesi; la discussione delle varie posizioni esaminate e' esplicita e spesso vivace, ma sempre precisa e attenta a non forzare o deformare le posizioni altrui, che vengono criticate senza eufemismi ma anche senza esagerazioni. Ottime anche le note, che costituiscono non solo un momento di approfondimento, ma quasi un controcanto piu' sciolto e pungente ed arricchiscono consistentemente il testo. Per le sue peculiari caratteristiche e' un volumetto che raccomandiamo come utilissima lettura introduttiva. Tra i libri utilmente consultabili, oltre quelli citati ed analizzati nel testo, suggeriamo anche: Giovanni Falcone, Interventi e proposte, Sansoni, Firenze 1994; Vincenzo Ruggiero, Economie sporche, Bollati Boringhieri, Torino 1996; Luciano Violante, Non e' la piovra. Dodici tesi sulle mafie italiane, Einaudi, Torino 1994. * 10. Sicilia 102, 1995 L'opuscolo Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, e' stato pubblicato nella collana "csd appunti", 3, Palermo, gennaio 1995, e consiste di una cronologia ragionata della lotta contro la mafia e per la democrazia scandita dalle uccisioni di protagonisti del movimento antimafioso. L'opuscolo si apre con una breve introduzione dal titolo Appunti per una storia del movimento antimafia, che propone anche una periodizzazione in tre fasi: la prima, caratterizzata dal movimento contadino, dai Fasci siciliani al secondo dopoguerra; la seconda, relativa agli anni '60-'70 e caratterizzata dall'impegno antimafia della nuova sinistra; la terza, dagli anni ottanta, con la ripresa del movimento di massa. Seguono, con il titolo Una cronologia ragionata, alcune pagine di presentazione dei criteri della ricerca: "Questo non e' un elenco di tutte le vittime della mafia, ma una cronologia ragionata dei delitti che hanno colpito persone impegnate nella lotta contro la mafia e per la democrazia. Un conto e' la pieta' che puo' riguardare tutti gli uccisi, un altro la memoria che tenga conto del perche' sono stati uccisi, cioe' del loro ruolo da vivi. Un contadino, un sindacalista, un politico impegnati in un'azione di cambiamento, non sono la stessa cosa di un mafioso, di un complice o di un colluso. Nella cronologia ci sono anche i nomi di rappresentanti delle forze dell'ordine caduti nella lotta contro il banditismo, piu' o meno intrecciato con la mafia, e di altre persone (bambini e ragazzi, anche di famiglia mafiosa, donne e uomini uccisi nel corso di sparatorie tra mafiosi) non tanto perché sono 'innocenti' (espressione che sottintende che il magistrato, il poliziotto sono ammazzabili per mestiere) ma soprattutto per indicare quanto diffusa sia stata la violenza mafiosa e smentire il luogo comune della mafia buona, tradizionale, che ammazzava con moderazione, rispettava certe regole e coltivava il senso dell'onore. Non ci sono invece i mafiosi, i politici collusi o che non risultano impegnati contro la mafia..." (p. 12). Con il titolo Un secolo di lotte, alle pp. 17-68, sono riportate date e vicende significative. Segue una nota sulle fonti utilizzate. In conclusione un breve testo dal titolo Ricordati di ricordare che rievoca figure, vicende e situazioni. Tra i molti libri che si potrebbero consultare su questi stessi temi segnaliamo particolarmente alcune testimonianze e riflessioni: Nando dalla Chiesa, Delitto imperfetto, Mondadori, Milano 1984; Claudio Fava, La mafia comanda a Catania, Laterza, Bari 1991; Idem, Cinque delitti imperfetti, Mondadori, Milano 1994; Giuseppe Fava, Mafia. Da Giuliano a Dalla Chiesa, Editori Riuniti, Roma 1984; Renate Siebert, La mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; ed il n. 25/1996 di "Meridiana", fascicolo monografico dal titolo Antimafia. Ovviamente sui temi della Resistenza e della memoria sono fondamentali le opere di Primo Levi e di Nuto Revelli. * 11. La democrazia bloccata, 1997 Il volume La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997, riprende un tema che gia' nel 1977 era stato oggetto di un convegno promosso dal "Centro siciliano di documentazione" (che verrà intitolato a Giuseppe Impastato dopo il suo assassinio); nel trentennale della strage del primo maggio '47, quel convegno si intitolava "Portella della Ginestra: una strage per il centrismo", ed in esso Umberto Santino aveva presentato una relazione su La ricomposizione del blocco borghese in Sicilia (altri relatori erano Nicola Gallerano, Lisa Foa, Aldo Brigaglia, Vittorio Foa, Anna Rossi Doria, Claudio Pavone, e nel dibattito intervennero molti altri militanti e studiosi). Gia' quel convegno era un tentativo di opporsi alla cancellazione della memoria (in epoca di compromesso storico), l'attuale libro e' un ennesimo invito al ricordo e all'analisi (scrive l'autore a p. 7: "Nel cinquantesimo anniversario della strage pubblico in questo volume la mia relazione al convegno del '77, con qualche modifica, e dei materiali di documentazione, testi di difficile reperimento (...). L'intento della pubblicazione e' di contribuire, ancora una volta, a una riflessione, in un contesto profondamente mutato rispetto a quello di vent'anni fa"). La quarta di copertina cosi' riassume il senso del libro: "La strage di Portella della Ginestra del primo maggio 1947 non fu un fatto isolato, consumatosi in una remota periferia: in quel lembo di campagna siciliana si mise in scena quella che sarebbe stata definita la 'democrazia bloccata' e si svolsero le prove generali del 'doppio Stato'. A Portella si recita un copione destinato a ripetersi, anche se in tempi diversi e con soggetti diversi, ma con la stessa logica e con lo stesso scopo: allora si tratto' di impedire alle sinistre l'accesso al governo, dopo la vittoria della coalizione del Blocco del popolo alle elezioni regionali dell'aprile '47, concludere rapidamente la fase dell'unita' antifascista escludendo le sinistre dal governo nazionale e porre le premesse per una direzione del Paese rigidamente chiusa a sinistra, che si sarebbe puntualmente realizzata e avrebbe avuto la sua sanzione con le elezioni del 18 aprile '48. Dalla fine degli anni '60 in poi il copione venne rispolverato e arricchito, con le stragi che hanno insanguinato l'Italia, da Piazza Fontana a Brescia, a Bologna, che miravano ad impedire un ricambio al potere, e ci sono perfettamente riuscite. E come e' avvenuto per la strage di Portella, anche per le altre stragi non sono stati individuati i mandanti. La 'seconda Repubblica' ha gli armadi pieni degli scheletri della 'prima'. Il libro contiene una puntuale ricostruzione storica del dopoguerra in Sicilia e un'ampia raccolta di documenti: sulla strage, sul processo alla banda Giuliano, sui lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno mafioso in Sicilia dedicati ai rapporti tra banditismo, mafia e politica". Il libro si articola come segue: Introduzione; 1. La svolta del '47; 2. Mezzogiorno e Sicilia durante il fascismo; 3. Il separatismo come arroccamento tattico e rottura fittizia; 4. L'autonomismo riparazionista come terreno di contrattazione con lo Stato; 5. Il ruolo della DC nella ricomposizione del blocco dominante; 6. Portella della Ginestra: un'ipoteca sulla Regione e sullo Stato; 7. Alcune considerazioni finali; Appendice. L'ampia appendice (pp. 133-227) riporta una precisa cronologia 1943-1950, ed una ricca serie di documenti di varie fonti (dalla stampa dell'epoca, agli atti processuali di Viterbo, alla Commissione parlamentare antimafia). Sull'argomento cfr. anche Giuseppe Di Lello, Giudici, Sellerio, Palermo 1994, e Orazio Barrese, Giacinta D'Agostino, La guerra dei sette anni, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997. * 12. Oltre la legalita', 1997 L'opuscolo Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, e' stato pubblicato nella collana "csd appunti", 6, Palermo, settembre 1997. Si tratta di un lavoro didascalico ed introduttivo, probabilmente molto valido per uso didattico o come base per riflessioni e dibattiti tra persone impegnate nell'iniziativa antimafia ed in particolare sul versante culturale di essa iniziativa. Nella quarta di copertina e' illustrato sinteticamente il senso del lavoro: "Legalita', democrazia, sovranita', sono termini spesso usati in modo troppo generico per ricavarne indicazioni concrete per lottare efficacemente contro le mafie e il diffondersi del crimine e dell'illegalita'. Questo scritto analizza rigorosamente le parole-chiave del dibattito attuale e traccia le linee essenziali di un programma di lavoro che leghi insieme aspetti giuridici, politici, economici, etici, culturali in una prospettiva di mutamento della societa' mafiogena e di rinnovamento della vita quotidiana". L'opuscolo prende spunto dalla circolare ministeriale sull'educazione alla legalita' dell'ottobre 1993 per proporre una riflessione ampia ed articolata sui concetti di legalita', democrazia e sovranita' analizzando la valenza che essi assumono nel dibattito antimafia. Il lavoro e' organizzato nei seguenti capitoli: 1. La legalita', la mafia, lo Stato; 2. La democrazia, le democrazie; 3. La sovranita' come fondamento del potere; 4. La normalita': sogno o progetto?; 5. I limiti di un approccio politico-giuridico formale; 6. La mafia come fenomeno complesso; 7. Un programma per un'alternativa alle mafie e alla societa' mafiogena. Ovviamente i capitoli 6 e 7 sono quelli di maggior interesse: il 6 riassume le tesi principali del lavoro teorico e politico di Santino e del Centro Impastato, il 7 riformula e sintetizza quella che e' ormai una koine' dei militanti di movimento piu' avvertiti. In particolare l'ultimo paragrafo del cap. 6 (par. 6.3. Globalizzazione capitalistica e mafie), presenta una significativa e non casuale consonanza con le analisi di studiosi come - tra altri - Samir Amin e Ignacio Ramonet, e con la "quarta tessera" del ragionamento proposto dal subcomandante Marcos dell'Ezln nel suo saggio per "Le Monde diplomatique", La quarta guerra mondiale e' cominciata. L'opuscolo costituisce un buon promemoria dei principali temi su cui si concentra la riflessione collegata alla prassi dei movimenti di solidarieta' e di liberazione. Nella bibliografia (agile ma puntuale; non esibizionista, ma concretamente agita) sono presenti autori anche a noi molto cari, da Anders a Balducci a Jonas. Su questi temi cfr. anche: Augusto Cavadi (a cura di), A scuola di antimafia, Csd quaderni/6, Palermo 1994; Augusto Cavadi, Liberarsi dal dominio mafioso, EDB, Bologna 1993; Amelia Crisantino, Giovanni La Fiura, La mafia come metodo e come sistema, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 1989; Cosimo Scordato, Uscire dal fatalismo, Edizioni Paoline, Milano 1991. Il saggio di Marcos cui sopra si faceva cenno e' stato pubblicato in Italia in opuscolo dal "Manifesto", Roma 1997. Ovviamente su questi temi (democrazia, legalita', etc.) non si puo' non fare riferimento alla riflessione di Norberto Bobbio (al riguardo cfr. riassuntivamente le monografie di Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino 1989, e Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia. Le regole del gioco, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1994). (Parte seconda - Segue) 3. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: DA PALERMO ALL'UMANITA' [Ringraziamo Severino Vardacampi - abituale collaboratore di questo foglio - per averci messo a disposizione il seguente intervento nonostante le perplessita' dell'autore stesso che lo sente "lacunoso, parziale, frammentario e mutilo"] Vorremmo provare ad enunciare nel modo piu' stringato (ma forse solo frettoloso) alcuni dei motivi, sia contingenti che sostanziali, per cui ci sembra che il convegno sul tema "Superare il sistema mafioso. Il contributo della nonviolenza", che per iniziativa di varie persone amiche della nonviolenza si svolgera' a Palermo il 21-22 maggio (per iscrizioni e segreteria del convegno: e-mail: v.sanfi at virgilio.it, tel. 0916259789, fax: 091348997, altre e-mail di riferimento: acozzo at unipa.it, csdgi at tin.it), si trovi a poter assumere una rilevanza politica generale, e potrebbe avere finanche un impatto reale e immediato su decisive attuali dinamiche politiche, sociali e culturali. * Un primo motivo contingente: la crisi di consenso del governo Berlusconi non e' crisi del berlusconismo (cioe' dell'articolazione italiana e particolarmente degradata dell'ideologia e delle prassi del blocco sociale dominante nella cosiddetta globalizzazione neoliberista, che peraltro e ad un tempo eredita da assetti sociali, culture politiche e tradizioni ideologiche peculiarmente italiane); berlusconismo la cui egemonia ha ormai fortemente inquinato e largamente colonizzato le rappresentanze politiche e sociali non solo del ceto politico tradizionale, ma anche dei cosiddetti nuovi movimenti della societa' civile. Si pone pertanto qui e adesso l'immediata esigenza di indicare priorita' politiche e ancoraggi culturali - ovvero scelte logiche ed assiologiche feconde e cogenti - al movimento reale che si batte per l'affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani, per la difesa della biosfera, per una convivenza civile, cioe' fondata su leggi e su costumi che l'umana dignita' inverino. La lotta contro la mafia e la lotta contro la guerra e contro il terrorismo (guerra e terrorismo che ormai sempre piu' esplicitamente coincidono) costituiscono non una delle priorita', bensi' la priorita' tout court dell'azione politica - morale, culturale - nel nostro paese e non solo; e la scelta della nonviolenza e' il passo indispensabile (lo ripetiamo: indispensabile) per poter condurre questa lotta. * Un secondo motivo contingente: la crescente pretesa (e fin chiassosamente proclamata ed esibita) attenzione verso la nonviolenza da parte di varie forze politiche e sociali (un'attenzione strumentale, superficiale, travisante e fin imbrogliona in molti casi, lo sappiamo; ma pur sintomatica di un evidente imporsi all'agenda politica di tutti della necessita' della nonviolenza come teoria-prassi adeguata alla presente distretta altrimenti inaffrontabile) dimostra ad abundantiam come, ben lungi dal consentire per ignavia che della nonviolenza si faccia una "ideologia di ricambio" con cio' stesso facendone strame, occorra invece pienamente dispiegarne e valorizzarne la carica ermeneutica, progettuale ed operativa, capace anche di riattivare tradizioni di pensiero e organizzative, e pratiche sociali e politiche, che incrociandosi con la nonviolenza e lasciandosene per cosi' dire sia fecondare che passare al vaglio che trasformare possono tornare a svolgere una funzione critica e costruttiva, pedagogica e trasformativa, di solidarieta' e di liberazione. Ma perche' questo avvenga occorre che la nonviolenza venga proposta nella sua peculiarita' e complessita' ad un tempo, confutando e rigettando le caricature di essa, chiarendone le molteplici dimensioni e i caratteri sostanziali, evidenziandone l'apertura ed insieme la non mistificabile specificita', la rigorosa esigenza di chiarificazione che pone, il nitido ed intransigente lottare contro la violenza e la menzogna, contro l'ingiustizia e l'indifferenza, contro le strutture che coartano e umiliano le donne e gli uomini, che aggrediscono e devastano il mondo, che negano dignita' e verita', che uccidono vite. La nonviolenza e' lotta, o non e' nulla. E insieme e' comprensione, o non e' nulla. * Un terzo motivo contingente: la crisi del movimento per la pace e' di una tale evidenza che girarci intorno facendo finta di niente e' peggio che inutile: e' scellerato. Al di la' dei lugubri e insensati trionfalismi dei cialtroni in carriera e' del tutto evidente che il movimento pacifista, che pure ha avuto un'estensione cospicua e un radicamento reale, non solo non e' riuscito ne' a fermare ne' a contrastare la guerra, ma anzi in talune sue espressioni e rappresentanze dominanti ha sovente fornito - e non sempre suo malgrado - una sorta di complicita' ad essa nella forma volta a volta di una gestione della protesta appariscentemente roboante ed effettualmente silenziatrice perche' meramente propagandistica e subalterna ai riti dei mass-media, di un baccano distraente e vieppiu' ignobile in quanto meramente autopromozionale, di una passivizzazione deresponsabilizzante perche' elusiva di cruciali questioni; e infine e decisivamente con la riproduzione di modalita' di pensiero e di azione subalterne alla cultura e alle pratiche della violenza e della menzogna. Perche' e' avvenuto questo? Perche' non si e' fatta la scelta della nonviolenza. Non si e' fatta la scelta della nonviolenza, che sola puo' contrastare la guerra e costruire la pace; ed anzi si e' permesso che nel movimento per la pace si infiltrassero e persino divenissero egemoni tradizioni e gruppi e pratiche la cui riflessione e le cui proposte sono peggio che confuse e ambigue, sono inquinate dall'introiezione di teorie e prassi talora sciaguratamente giustificazioniste della violenza, della menzogna, del totalitarismo, talaltra - o contemporaneamente - intrise di carrierismo e fin affarismo, di razzismo (nella variante ad un tempo paternalista e irresponsabile) e di nichilismo. Un esempio decisivo: il maschilismo; che reca con se' altresi' autoritarismo e militarismo, irresponsabilita' e adorazione della violenza. Il maschilismo che massimamente ha disgregato dall'interno, depotenziato e corrotto, e infine destituito di credibilita' il messaggio e l'azione dei movimenti per la pace che non hanno fatto consapevolmente e rigorosamente la scelta della nonviolenza; la scelta della nonviolenza: di cui la teoria e la prassi delle donne e dei movimenti delle donne costituiscono il cuore, la forza motrice, la traccia e la stella polare. La scelta della nonviolenza, l'opposizione integrale alla guerra, alle armi, all'uccidere, l'opposizione integrale alla violenza e alla menzogna; ecco cio' che occorre: ergo la lotta alla mafia - alle mafie - e' ineludibile banco di prova; lotta alla mafia - alle mafie - che significa anche lotta contro la schiavitu', lotta contro un'economia assassina, lotta contro una gestione corruttiva e distruttiva tanto delle relazioni interpersonali, dei mondi vitali quotidiani, quanto delle agenzie della socializzazione e delle istituzioni, e del territorio e della biosfera; e - decisivamente - lotta contro la cultura patriarcale di cui il sistema di potere mafioso e' una delle manifestazioni piu' eclatanti (certo non l'unica, molte altre altrettanto eclatanti ve ne sono, e diffusamente fin celebrate - come certe pur venerande e per altri versi talora finanche ammirevoli istituzioni e tradizioni che, in quanto praticano l'oppressione sessista e talora fin l'apartheid di genere, in questo si rivelano segregazioniste e duramente liberticide, totalitarie e disumananti, e in cio' al potere mafioso contigue oltre quanto ne abbiano coscienza ed in contraddizione con i principi di difesa della dignita' umana e di rispetto e promozione dell'umana persona che pure sinceramente, persuasamente - ma purtroppo sovente solo astrattamente - affermano). * Un quarto motivo contingente: l'assoluta centralita' dell'impegno per la legalita' e per un ordine internazionale fondato sul diritto. Proprio perche' la cosiddetta globalizzazione neoliberista guidata dal capitale finanziario ha provocato la violazione e la devastazione di ogni norma morale e giuridica, il ritorno della guerra, la crescita del terrorismo a tutti i livelli, una "deregulation" che si esplica nella guerra di tutti contro tutti, proprio per tutto cio' i poteri criminali non solo si incistano in essa, ma ne sono ad un tempo i principali beneficiari, e gli attori - gli agenti - piu' coerenti: l'apparato concettuale ed operativo dei poteri criminali (ideologico, organizzativo, economico e militare) trova in questa cosiddetta globalizzazione il suo trionfo culturale ed empirico, l'ambito di estrinsecazione e di riconoscimento piu' adeguato al suo delittuoso operare. La lotta al potere mafioso e' dunque ipso facto impegno per la legalita' sostanziale, per un ordine mondiale fondato sul riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani; e' l'impegno fondamentale della nonviolenza in cammino come affermazione dell'umanita' di tutte e tutti, dell'umana convivenza, della responsabilita' sia nei confronti dell'umanita' intera, comprese le generazioni future, sia per la biosfera. Quando affermiamo la necessita' che la nonviolenza sia riconosciuta ed agita come giuriscostituente, non soltanto enunciamo la realta' fattuale che essa e' la scelta che invera diritto e politica intesi come forme atte a promuovere e garantire la civile convivenza, non soltanto cogliamo alcune rilevanti attuali tendenze finanche del diritto penale (ad esempio l'esperenza della Commissione per la verita' e la riconciliazione in Sud Africa), ma affermiamo ad un tempo la maturita' e l'urgenza del porre coscientemente ed esplicitamente la nonviolenza alla base sia dell'ordinamento giuridico a tutti i livelli, sia della riforma dei costumi e dei saperi (la "riforma morale e intellettuale" di gramsciana memoria) resa necessaria dal dispiegarsi tanto degli effetti distruttivi della tecnica quanto dell'inadeguatezza etica e cognitiva dei gruppi dirigenti e degli assetti dominanti attuali e dei processi formativi e decisionali di cui sono il portato. L'impegno per la democrazia estesa a tutte e tutti (omnicrazia, amava dire Capitini); per il diritto pienamente inverato, che non opprime bensi' collega, difende e libera; per la legalita' come ripudio di ogni prepotenza e violenza, come riconoscimento e difesa di ogni esistenza: tutto cio' e' ad un tempo opposizione ad ogni potere criminale, e nonviolenza in cammino. * Ma vi sono beninteso anche altri motivi, e sostanziali. E di alcuni di essi altra volta diremo. * Per tutto questo - e per molto altro ancora, come si dice - abbiamo bisogno qui e adesso di una discussione ampia e approfondita, franca ed esplicita, senza infingimenti o ipocrisie, per due ordini di motivi: perche' anche per la nonviolenza la lotta alla mafia e' decisivo banco di prova; e perche' anche la nonviolenza e' tutt'altro che un campo concettuale univoco, bensi' complesso, pluridimensionale, contestuale e relazionale quant'altri mai. Il convegno di Palermo - cio' che sapra' raccogliere, tematizzare, riconoscere, criticare, avviare - potra' pertanto costituire un contributo qualificato sia alla lotta alla mafia, sia all''autocomprensione della nonviolenza come movimento reale, sia al quid agendum della politica in senso pieno e forte; e potra' quindi forse anche costituire un punto di svolta. Ma naturalmente potra' farlo se riuscira' a non ridursi ad una sola dimensione, o a una sola tradizione; se sapra' entrare nel concreto, nel vivo, con l'apertura, la capacita' dialogica e inclusiva, la pluralita' ed insieme la limpidezza di contenuti e di metodi, e l'accoglienza sollecita delle differenze, dell'inesausta creativita' e dell'incessante incontro, dell'infinito corale colloquio di cui la nonviolenza consiste. E ad esempio: se sapra' riconoscere nel pensiero e nell'agire delle donne la corrente calda e l'esperienza decisiva della nonviolenza in cammino; se sapra' cogliere quanto della nonviolenza - ahimsa e satyagraha - permei tutte le grandi lotte antimafia; se sapra' in umilta' e in rigore svolgere anche una critica decisa e feconda a molte rappresentazioni correnti della nonviolenza stessa, e finanche ad aspetti rilevanti di molte tradizioni nonviolente autentiche e preziose ma fortemente condizionate dal contesto patriarcale e dalla gestione maschilista e autoritaria di esse; e soprattutto se sapra' contrastare approcci astratti e riduttivi che confliggono proprio con cio' che della nonviolenza e' il cuore: l'attenzione al concreto, la percezione del limite, l'apertura all'altro e all'altra, la scelta della lotta nitida e intransigente contro ogni violenza (e in primis quella che noi stessi alberghiamo). Affermando la misericordia che libera e salva in quanto si fa ad un tempo conflitto, comunicazione, condivisione; affermando in concreto la solidarieta' con le vittime e traendone altresi' tutte le conseguenze fin epistemologiche; affermando il ripudio di ogni complicita' con l'uccidere, e con quelle premesse all'uccidere - alla denegazione di umanita' - che sono il mentire e l'opprimere, l'ingiustizia e l'incuria, lo sperpero e l'indifferenza, quella duplice sordita' alla parola altrui e alla parola propria. Principio responsabilita' e' la nonviolenza: la nonviolenza generativa, femminile, plurale. La nonviolenza ogni giorno da riscoprire, da reinventare, da inverare, che chiede il contributo originale ed insostituibile, critico e creativo, di ognuna ed ognuno; senza semplificazioni, senza pretese di "chiudere il discorso", schiudendosi invece all'ascolto che nutre, donandosi nella solidarieta' che al male ed al nulla resiste. La nonviolenza e' lotta, incontro, appello. Che salva il mondo, se lo salvi tu. 4. MEMORIA. GIULIO VITTORANGELI RICORDA LUIGI PINTOR [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'". Luigi Pintor, nato nel 1925 a Roma, fratello di Giaime, antifascista, giornalista a "L'Unita'" dal 1946 al 1965, parlamentare, nel 1969 ha dato vita al "Manifesto" (iniziativa per cui fu radiato dal Pci), dapprima rivista e poi quotidiano su cui ha scritto fino alla scomparsa nel 2003. Straordinario corsivista politico, univa una prosa giornalistica di splendida bellezza ad un rigore morale e di ragionamento di eccezionale nitore. Opere in volume di Luigi Pintor: I mostri, Alfani, Roma 1976; Parole al vento, Kaos, Milano 1990; Servabo, Bollati Boringhieri, Torino 1991; La signora Kirchgessner, Bollati Boringhieri, Torino 1998; Il nespolo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Politicamente scorretto, Bollati Boringhieri, Torino 2001; I luoghi del delitto, Bollati Boringhieri, Torino 2003; Punto e a capo, Manifestolibri, Roma 2004] Il 17 maggio 2003 moriva Luigi Pintor; una di quelle voci che ci mancano, e si sente che ci mancano. In marzo e aprile 2003 aveva scritto quasi ogni giorno contro la guerra in Iraq, era gia' malato, non lo sapeva. La vita non lo aveva risparmiato e non lo avrebbe risparmiato neppure la malattia. Del resto, la crudelta' della morte l'aveva frequentata fin da ragazzo, quando il fratello grande, Giaime, era saltato su una mina tedesca nel tentativo di raggiungere le formazioni partigiane combattenti del nord Italia. Era stato, ancora, provato negli affetti: la moglie, Marina, morta di cancro, poi il figlio Giaime e, d'improvviso, intollerabile, la morte della figlia Roberta. Rossana Rossanda, nel ricordarlo, ha scritto di come sopraffatto dalle perdite, gli era venuto un sentimento contraddittorio: mai mancare all'impegno ("Servabo") e insieme la sensazione d'una fatalita' negativa dell'esistenza, e fin un senso di colpa, la colpa di essere, di sopravvivere, di aver mancato non si sa come e dove, che filtra dai suoi libri, anch'essi contraddittori fra la profondita' del pessimismo e la perfezione della forma. Noi, semplicemente, lo vogliamo ricordare con le sue stesse parole: l'ultimo editoriale pubblicato dal "Manifesto" del 24 aprile 2003. Parole che hanno conservato intatta tutta la loro drammatica attualita'. * "La sinistra italiana che conosciamo e' morta. Non lo ammettiamo perche' si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, e' fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternita' e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalita' nel quadro internazionale e interno. Non credo che lo facciano per opportunismo e che sia imputabile a singoli dirigenti. Dall'89 hanno perso la loro collocazione storica e i loro riferimenti e sono passati dall'altra parte. Con qualche sfumatura. Vogliono tornare al governo senza alcuna probabilita' e pensano che questo dipenda dalle relazioni con i gruppi dominanti e con l'opinione maggioritaria moderata e di destra. Considerano il loro terzo di elettorato un intralcio piu' che l'unica risorsa disponibile. Si sono gettati alle spalle la guerra con un voto parlamentare consensuale. Non la guerra irachena ma la guerra americana preventiva e permanente. Si fanno dell'Onu un riparo formale e non vedono lo scenario che si e' aperto. Cio' vale anche per lo scenario italiano, dove il confronto e' solo propagandistico. Non sono mille voci e una sola anima come dice un manifesto, l'anima non c'e' da tempo e ora non c'e' la faccia e una fisionomia politica credibile. E' una constatazione non una polemica. Noi facciamo molto affidamento sui movimenti dove una presenza e uno spirito della sinistra si manifestano. Ma non sono anche su scala internazionale una potenza adeguata. Le nostre idee, i nostri comportamenti, le nostre parole, sono retrodatate rispetto alla dinamica delle cose, rispetto all'attualita' e alle prospettive. Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C'e' un'umanita' divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire. Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una estraneita' riguardo all'altra parte. Destra e sinistra sono formule superficiali e svanite che non segnano questo confine. Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere, non possono essere un'opzione tra le altre, ma un principio assoluto che implica una concezione del mondo e dell'esistenza quotidiana. Non una bandiera e un'idealita' ma una pratica di vita. Se la parte di umanita' oggi dominante tornasse allo stato di natura con tutte le sue protesi moderne farebbe dell'uccisione e della soggezione di se' e dell'altro la regola e la leva della storia. Noi dobbiamo abolire ogni contiguita' con questo versante inconciliabile. Una internazionale, un'altra parola antica che andrebbe anch'essa abolita ma a cui siamo affezionati. Non un'organizzazione formale ma una miriade di donne e uomini di cui non ha importanza la nazionalita', la razza, la fede, la formazione politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano e riconoscono quasi d'istinto ed entrano in consonanza con naturalezza. Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneita' ma in un giro circoscritto e geloso. Ora e' un'area senza confini. Non deve vincere domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo e' reinventare la vita in un'era che ce ne sta privando in forme mai viste". 5. RILETTURE: LOUISE F. PUSCH, SUSANNE GRETTER (A CURA DI): UN MONDO DI DONNE Louise F. Pusch, Susanne Gretter (a cura di), Un mondo di donne. Trecento ritratti celebri, Pratiche, Milano 2003, pp. 384, euro 21. Edizione italiana a cura di Maria Gregorio, con una breve introduzione di Natalia Aspesi, una ricca appendice che facilita la consultazione ed una bibliografia di 1.232 titoli; trecento brevi profili di donne "tessitrici di storia e di vita"; un libro da adottare nelle scuole. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 932 del 17 maggio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
- Prev by Date: La nonviolenza e' in cammino. 931
- Next by Date: La nonviolenza e' in cammino. 933
- Previous by thread: La nonviolenza e' in cammino. 931
- Next by thread: La nonviolenza e' in cammino. 933
- Indice: