[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 895
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 895
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 10 Apr 2005 00:09:59 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 895 del 10 aprile 2005 Sommario di questo numero: 1. Con Farid Adly 2. Maria Luigia Casieri: L'educazione che ama e che libera (parte seconda). Alcune piste di ricerca 3. Ettore Masina: In quel momento 4. Carla Cohn: Lo specchio frantumato. Auschwitz-Birkenau, ottobre 1944 5. Nove quaderni di un corso di educazione alla pace 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. CON FARID ADLY [Farid Adly, autorevole giornalista (apprezzato collaboratore del "Corriere della sera", "Il manifesto", Radio popolare di Milano, ed altre notissime testate) e prestigioso militante per i diritti umani, e' direttore dell'agenzia-stampa "Anbamed. Notizie dal Mediterraneo" (per contatti: anbamed at katamail.com); alcuni giorni fa ad Acquedolci, il centro siciliano in cui vive e lavora, ha subito una grave intimidazione mafiosa: e' stato minacciato di morte per impedirgli di svolgere il suo lavoro di inchiesta, documentazione e denuncia, con particolar riferimento alla sua concreta azione in difesa dell'ambiente, della legalita', dei diritti di tutti. Per piu' dettagliate informazioni cfr. anche il n. 890 di questo notiziario; per contatti ed informazioni ulteriori: tel. 3398599708, o anche 0941730053] A Farid Adly, prestigioso intellettuale e giornalista, vittima alcuni giorni addietro di una grave minaccia di morte, stanno pervenendo numerose, autorevoli attestazioni di solidarieta'. Insieme a lui il prossimo venerdi' 15 aprile sara' ad Acquedolci, il centro dei Nebrodi in provincia di Messina in cui Farid Adly vive e lavora, il parlamentare europeo Claudio Fava, figlio del martire della resistenza antimafiosa Pippo Fava; insieme alle ore 21 in piazza del municipio terranno un comizio che sara' un momento forte di riflessione, di denuncia, di testimonianza, di resistenza e di liberazione; di lotta per la verita', per la legalita' e la democrazia, per i diritti di tutti, per la difesa della biosfera, per contrastare il potere mafioso e le mille forme di complicita' con la violenza, la menzogna, la corruttela. Deve essere chiaro a tutti che Farid Adly non e' isolato: che lui ed i suoi compagni di lotta di Acquedolci hanno il sostegno persuaso, la solidarieta' autentica, l'aiuto concreto di tutte le donne e gli uomini che condividono la loro lotta per la salvaguardia della biosfera, per i diritti civili e sociali di tutti, per la convivenza democratica e lo stato di diritto. Che le intimidazioni mafiose contro di lui non riguardano solo lui, ci riguardano tutti. Che a lottare contro le intimidazioni mafiose, contro le devastazioni ambientali, contro una gestione discutibile - o pusillanime, o peggio - della cosa pubblica, non c'e' solo lui: ci siamo tutti. * Ma c'e' di piu': Farid Adly all'impegno civile e professionale che ha fatto si' che da decenni in Italia ed in altri paesi del bacino del Mediterraneo sia uno dei piu' stimati operatori sia dell'informazione democratica, sia del dialogo interculturale, sia del pensiero e dell'azione di solidarieta', di giustizia e di pace, aggiunge una qualita' ulteriore: l'essere un amico della nonviolenza. Farid Adly e' quindi non solo un lottatore per la verita', la democrazia, i diritti, ma questo impegno adempie con quel peculiare rigore, quella particolare coerenza, quella profonda limpidezza ed intransigenza che il concetto di nonviolenza designa. Ad Acquedolci insieme a Farid Adly e i suoi compagni ci sono anche le ombre grandi di Danilo Dolci, e di don Pino Puglisi, e di Peppino Impastato e di Pippo Fava e delle tante e dei tanti che all'intimidazione mafiosa e al saccheggio della natura e alla violenza sulle persone hanno resistito. Ed insieme ci sono e ci saranno le persone in carne ed ossa, gli esseri umani viventi, che di quelle ombre si sono messi alla scuola, che recano nel cuore l'eredita' di Ninni Cassara' e di Libero Grassi, di Giovanni Falcone e di Salvatore Carnevale. * A tutti i nostri lettori ed a tutte le nostre lettrici che non lo avessero gia' fatto chiediamo ancora di esprimere solidarieta' a Farid Adly, di prendere pubblicamente posizione, di far circolare l'informazione sulla lotta che Farid Adly sta conducendo, sul rischio cui e' esposto. Se qualcuno puo' aver pensato che un singolo Farid Adly possa essere "mandato a casa in una bara" (questa l'esplicita minaccia proferita dal latore dell'intimidazione mafiosa la sera del 2 aprile), sappiano sia i sicari che i mandanti che a contrastare i loro crimini non c'e' un solo Farid Adly, ma innumerevoli: siamo tutti Farid Adly, come siamo tutti Fuenteovejuna. Tutte e tutti vi invitiamo ad inviare dichiarazioni di solidarieta' con Farid Adly all'agenzia "Anbamed. Notizie dal Mediterraneo": e-mail: anbamed at katamail.com 2. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: L'EDUCAZIONE CHE AMA E CHE LIBERA (PARTE SECONDA). ALCUNE PISTE DI RICERCA [I materiali bibliografici seguenti sono stati gia' proposti in piu' fascicoli del notiziario "Educarsi alla pace" nel novembre-dicembre 2004. Tutti sono estratti dalle sezioni bibliografiche contenute in Maria Luigia Casieri, Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di apprendimento della lingua scritta, 5 voll., Viterbo 2004. Maria Luigia Casieri (per contatti: nbawac at tin.it), nata a Portici (Na) nel 1961, insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali animatrici del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Ha organizzato a Viterbo insieme ad altri il "Tribunale per i diritti del malato"; assistente sociale, ha svolto un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di assistenza per gli emigrati italiani; rientrata in Italia si e' impegnata nel settore educativo; per dieci anni ha prestato servizio di volontariato in una casa-famiglia per l'assistenza ai minori; dal 1987 e' insegnante di ruolo nella scuola per l'infanzia; ha preso parte a varie iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti; ha tenuto relazioni a convegni e corsi di aggiornamento, e contribuito a varie pubblicazioni. Opere di Maria Luigia Casieri: Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di apprendimento della lingua scritta, Viterbo 2004. Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, psicolinguista e psicopedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del processi di alfabetizzazione; e' di fondamentale importanza il suo contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da parte dei bambini. Tra le molte opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo l'ormai classico volume scritto in collaborazione con Ana Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Un suo profilo e' nel n. 790 del 26 dicembre 2004 di questo notiziario. La divisione in due distinte rubriche dei libri di seguito segnalati e' determinata dal riferimento al testo cui la bibliografia si riferisce, moltissimi testi possono essere ugualmente inclusi sotto l'uno e l'altro item. Del resto, come e' noto, e' convincimento della struttura che cura questo notiziario che il pensiero delle donne e' in larga misura tout court la nonviolenza in cammino, e che la scelta della nonviolenza e' il cuore stesso delle fondamentali teorie della liberazione] 1. Pensiero delle donne, della differenza, della liberazione Basaglia, Franco, Scritti, 2 voll., Einaudi, Torino 1981-1982. Beauvoir, Simone de, Le deuxieme sexe, 2 voll., Gallimard, Paris 1949, 1976, 1989. Boella, Laura, Cuori pensanti, Edizioni Tre Lune, Mantova 1998. Boella, Laura, Le imperdonabili, Tre Lune Edizioni, Mantova 2000. Boella, Laura, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000. Bonhoeffer, Dietrich, Resistenza e resa, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1988. Burgos, Elisabeth (a cura di), Mi chiamo Rigoberta Menchu' (1983), Giunti, Firenze 1987. Cavarero, Adriana, Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 1997. Demarca, Cristina, Teorie di genere, Bompiani, Milano 2003. Diotima, Mettere al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990. Forti, Marina, La signora di Narmada, Feltrinelli, Milano 2004. Gramsci, Antonio, Quaderni del carcere, (edizione critica) 4 voll., Einaudi, Torino 1975, 2001. Gutierrez, Gustavo, Teologia della liberazione. Prospettive (1971), Queriniana, Brescia 1972, 1981. Irigaray, Luce, Speculum (1974), Feltrinelli, Milano 1975, 1989. Lispector, Clarice, La passione secondo G. H. (1964), La Rosa, Torino 1982, Feltrinelli, Milano 1991. Maccacaro, Giulio A., Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976, Feltrinelli, Milano 1979. Menapace, Lidia, Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001. Ongaro Basaglia, Franca, Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982. Ongaro Basaglia, Franca, Una voce, Il Saggiatore, Milano 1982. Restaino, Franco, Cavarero Adriana (a cura di), Le filosofie femministe, Paravia, Torino 1999. Santino, Umberto, Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000. Shiva, Vandana, Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Shiva, Vandana, Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003. Shiva, Vandana, Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995. Shiva, Vandana, Terra madre, Utet, Torino 2002. Siebert, Renate, La mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995. Siebert, Renate, Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano 1994, 1997. Vegetti Finzi, Silvia (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992. Tommasi, Wanda, I filosofi e le donne, Tre Lune Edizioni, Mantova 2001. Wolf, Christa, Cassandra, Edizioni e/o, Roma 1984. Wolf, Christa, Premesse a Cassandra (1983), Edizioni e/o, Roma 1984. Woolf, Virginia, Le tre ghinee (1938), La Tartaruga, Milano 1975, Feltrinelli, Milano 1987. Woolf, Virginia, Una stanza tutta per se', Il Saggiatore, Milano 1982, in altra traduzione: Newton Compton, Roma 1993. Zamboni, Chiara, La filosofia donna. Percorsi di pensiero femminile, Demetra, Colognola ai Colli 1997. * 2. Diritti dei bambini, educazione alla pace, accostamento alla nonviolenza AA. VV., Marxismo e nonviolenza, Lanterna, Genova 1977. AA. VV., Nonviolenza e marxismo, Libreria Feltrinelli, Milano 1981. Archibugi, Daniele, David Beetham, Diritti umani e democrazia cosmopolitica, Feltrinelli, Milano 1998. Balducci, Ernesto, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia, Principato, Milano 1985. Bernardi, Marcello, Il nuovo bambino, Rizzoli - Milano Libri, Milano 1972, 1998. Capitini, Aldo, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992. Capitini, Aldo, Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Cinquantanove ragazze e ragazzi di strada con Gerard Lutte, Principesse e sognatori nelle strade in Guatemala, Kappa, Roma 1994. Cozzo, Andrea, Conflittualita' nonviolenta, Mimesis, Milano 2004. Dimenstein, Gilberto, Storie di strada. La guerra ai bambini in Brasile (1990), Terra Nuova - Unicef, Roma 1991. Lanfranco, Monica, Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003. Dolci, Danilo, Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974. Ferrajoli, Luigi, Diritto e ragione, Laterza, Roma-Bari 1989, 1990. Gandhi, Mohandas, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996. Hillesum, Etty, Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, 1996. Hillesum, Etty, Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001. King, Martin Luther, "I have a dream", Mondadori, Milano 2001. King, Martin Luther, La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994. King, Martin Luther, Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993. L'Abate, Alberto, Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985. L'Abate, Alberto, Consenso, conflitto e mutamento sociale, Franco Angeli, Milano 1990. Quino, Tutta Mafalda, Bompiani, Milano 1978, 1980. Peyretti, Enrico, "Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente", in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001 (edizione aggiornata in "La nonviolenza e' in cammino" nn. 714-715). Salio, Nanni, Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995. Sharp, Gene, Politica dell'azione nonviolenta (1973, 1979), 3 voll., Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997. Tonucci, Francesco, La citta' dei bambini, Laterza, Roma-Bari 1996. Visalberghi, Aldo (a cura di), Scuola e cultura di pace, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1985. Weil, Simone, Quaderni, 4 voll., Adelphi, Milano 1982-1993. 3. LUTTI. ETTORE MASINA: IN QUEL MOMENTO [Ringraziamo Ettore Masina (per contatti: e-mail: ettore at ettoremasina.it, sito: www.ettoremasina.it) per l'invio della sua "Lettera" mensile (la "Lettera" viene inviata anche in versione cartacea a chiunque ne faccia richiesta scrivendo al suo indirizzo: via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. 068102216; un contributo alle spese di fotocopiatura e postali e' assai gradito; i versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma). Riportiamo la "Lettera" n. 106 del marzo-aprile 2005. Nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, Ettore Masina - giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare - e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi due libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997) e Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994); Il Volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002)] 1. La prima definizione che di lui mi viene in mente e' quella di "mistico militante". Sembra una contraddizione in termini, essendo spesso il mistico persona che cerca la solitudine, mentre Giovanni Paolo II, instancabilmente, cercava le folle. Tuttavia c'era in lui un trasporto appassionato per il Sacro, il Misterioso, l'Arcano. Papa Woytjla amava le favole udite, nelle sue escursioni, nei villaggi dei monti Tatra; amava le leggende auree del martirologio, i segreti delle veggenti e degli stigmatizzati, le ombre e le luci di antiche tradizioni; ma soprattutto amava le molteplici immagini della Madonna: quelle acheropite, cioe' dipinte da mani non umane (forse da angeli o da Luca, l'evangelista pittore); quelle sfregiate dagli infedeli, e quelle apparse alla contadinella di Lourdes, ai pastorelli di Fatima o a qualche lacero peon messicano. Ciascuna di queste immagini sembrava, nella devozione di papa Woytjla, diversa da tutte le consorelle, quasi non si trattasse della stessa persona: una dedita alla salvezza dei malati, una alla protezione degli indios, una a presidiare una barriera geopolitica dagli attacchi degli infedeli e l'altra, infine, a proclamare la necessita' della distruzione del bolscevismo. Quest'ultima aveva un rapporto personalissimo con lui: nella corona regale che a Fatima posero sul capo della sua immagine e' inserita la pallottola che vent'anni fa avrebbe ucciso Giovanni Paolo II, se quella Madonna non avesse steso la tenera mano per deviarne il tragitto. Della Madre del Cristo era tanto devoto da avere scelto come insegna papale la M di Maria e il motto "Tutto tuo", il quale aveva non soltanto scandalizzato i protestanti, ma reso perplessi quei cattolici che preferiscono pensare che ognuno, nella Chiesa, debba essere "tutto" di Cristo; e quella sua "pieta' mariana", che certamente costituiva una pietra d'inciampo nel processo ecumenico, ebbe anche, piu' volte, un'altra singolare espressione. Se, nei curricula di qualche vescovo nominato a una sede importante, si cercavano invano titoli rilevanti di cultura o una briciola di profezia, se dunque ci si domandava le ragioni di una scelta sorprendente, si scopriva spesso che si trattava di persone che - vietnamite, brasiliane o italiane che fossero - avevano composto manuali di spiritualita' mariana. Documenti del genere erano per Giovanni Paolo II garanzie di fedelta', patenti di ortodossia cattolica. * 2. Quando, diventato il successore di Pietro, usciva dal tepore di questo affetto filiale e dalle ombre sacre del passato, Woytjla guardava la Chiesa come una sacra fortezza assediata da temibili avversari. Dapprima gli era stato facile individuare il Nemico: vivendo in un Paese costretto nei confini dell'impero moscovita, il papa polacco - seminarista clandestino obbligato a ore di pesante lavoro manuale, poi prete vigilato come persona sospetta, infine vescovo in perenne contesa con l'intolleranza dell'apparato statale e di partito -, aveva potuto misurare la pericolosita' del materialismo dialettico, la gravita' delle negazioni dei diritti umani, l'ottusa perversione burocratica della leadership sovietica. Percio' aveva continuato ad appoggiare con tutto il suo nuovo prestigio la resistenza di Solidarnosc, e appassionatamente sviluppato una catechesi anticomunista. Nel 1989, alla caduta del muro di Berlino e delle cortine di ferro, i governanti dell'Europa e degli Stati Uniti gli rendevano devoto omaggio come a un grande protagonista (forse il maggiore) dello sgretolamento di quello che Reagan aveva definito "Impero del Male". Tuttavia l'anticomunismo di Woytjla non fu privo di conseguenze negative. Lasciandosi dominare dalle sue esperienze personali ed essendo incapsulato, volente o nolente, nel sistema informativo reaganiano, Giovanni Paolo II fini' per precipitare nella trappola ideologica di identificare in ogni fermento di liberazione una sotterranea presenza del comunismo. Egli fu allora l'autore di una vera e propria (inconsapevole, ma non per questo meno grave) devastazione della Chiesa dell'America Latina, Nel volto dominato dalla collera e nel dito levato ad ammonire padre Ernesto Cardenal inginocchiato davanti a lui, i cattolici di quel continente potevano cogliere in Woytjla una profonda incomprensione della loro storia. L'ossessione anticomunista e i suoi consiglieri curiali spinsero Woytjla a sbrigative condanne di quella teologia della liberazione che aveva dato a milioni di poveri il senso di una piena cittadinanza nell'ambito della Chiesa; e i discorsi di questo papa in occasione dei suoi viaggi nel continente furono poco piu' che generici se paragonati alle condizioni di vita delle popolazioni; ma, certi atti, furono anche peggiori. Molti diplomatici vaticani preferivano chiudere occhi e orecchie davanti alla violenza dei ricchi e dei militari: e i loro rapporti influirono grandemente sul comportamento del pontefice. Woytjla spiego' una volta, con impressionante semplicismo, che vi erano per lui due tipi di dittature: quelle comuniste, tese a un futuro senza limiti, radicalmente omicide e deicide, e quelle latino-americane che entravano temporaneamente in funzione, come nell'antica Roma, quando le patrie erano in pericolo. L'immagine di Giovanni Paolo II che si affacciava a un balcone avendo accanto un sorridente Pinochet fece piangere molte donne dei desaparecidos e i superstiti delle camere di tortura, che avrebbero avuto bisogno di conforto. Uno ad uno, i vescovi "sospetti" furono rimossi o immediatamente pensionati appena raggiunta l'eta' canonica, e poi costretti (come dom Helder Camara) a silenziosi "arresti" domiciliari; altri (come il cardinale Arns) si videro drasticamente ridotte le dimensioni della propria diocesi; mentre prelati di alto rango e altezzosa seigneurerie (come il cardinale di Managua, Obando Bravo) furono mantenuti al loro posto anche se ormai quasi ottantenni. Si chiuse cosi' l'eroica epoca ecclesiale che aveva visto le comunita' di base legate ai loro vescovi da un intenso rapporto affettivo, il popolo di Dio non ridotto alla passivita' neppure dalla violenza delle dittature e decine di sacerdoti imprigionati, torturati o addirittura assassinati per avere osato difendere quei poveri che i documenti del Concilio definiscono immagine del Crocifisso. Il papa che non esitava a canonizzare come martiri tutti i preti uccisi dai "rossi" durante la guerra civile spagnola, tacque su quelli martirizzati in Brasile, in Argentina, in Guatemala, nel Salvador ad opera degli squadroni della morte. Gli spagnoli, per lui, erano stati assassinati in odio alla fede cristiana, ma qui, in Latinoamerica, assassini e mandanti si definivano cattolici, e i morti erano stati, da vivi, a fianco dei poveri, dunque di ribelli e, in quanto tali, probabilmente "rossi". E' questo fraintendimento che Giovanni Paolo II dovra' confessare incontrando il sorriso di monsignor Romero, nella Terra Nuova in cui ogni passato si apre alla riconciliazione. Nella loro disperata speranza, nella loro sete d'amore, enormi masse di poveri continuarono ad accogliere con entusiasmo il papa nei suoi viaggi, a pregare con lui, a suonare maracas, flauti e tamburelli, a offrirgli in dono serapes, ponchos e diademi di sfolgoranti piume di arara, a sorridergli con povere bocche sdentate, ma molte persone pensose si allontanarono dalla Chiesa cattolica. Si ripeteva in America Latina cio' che era avvenuto per la classe operaia in Europa nel secolo XIX. Come aveva scritto Moltmann: "Non avendo trovato nelle chiese un Dio di speranza, molti andarono a cercare speranze senza dio". * 3. Nei primi anni del suo pontificato, Karol Woytjla fu un uomo bellissimo. Era alto, diritto e forte: si capiva che aveva praticato e amato molti sport. Il papa alpinista, il papa sciatore, il papa nuotatore... (i poveri, cosi' generosi nel comprendere le necessita' delle Persone Importanti, gli perdonarono certamente la costruzione di una piscina a Castelgandolfo in cui egli soltanto poteva bagnarsi). Il povero vecchio degli ultimi anni, squassato dal Parkinson come un albero antico percosso da una bufera senza tregua, non ha cancellato l'impressione di forza che il pontefice degli anni '80 suscitava. I giornalisti "di corte", che non sono soltanto quelli dell'"Osservatore romano", amavano allora commentare il vigore con il quale Giovanni Paolo II sottolineava con gesti imperiosi certe sue affermazioni e finivano per parlare di lui come di un antico condottiero. Credo che non fosse soltanto piaggeria. Se, per questo papa, la Chiesa era una roccaforte assediata, allora essa, pensava Woytjla, aveva bisogno non solo di un esercito di fedeli ma anche di truppe scelte: e cioe' dei gruppi cattolici di piu' ferrea disciplina nella ricerca di perfezione spirituale e quelli piu' legati a un disegno di restaurazione della cristianita'. Davanti ai drammi della Chiesa nel mondo, Giovanni XXIII aveva convocato un Concilio; nel giugno del 1998 questo suo successore convoco' una grande riunione di tutti i movimenti cattolici, gli istituti secolari, le nuove organizzazioni di impegno, i cercatori di pentecoste. Non e' un caso che nelle ore della sua agonia il tg1 abbia affidato cosi' largamente all'Opus Dei il compito di riassumere le caratteristiche del pontificato di Woytjla. A questi suoi militi spirituali, il papa dono' velocissime canonizzazioni, posti di grande rilievo e anche, cio' che non era mai avvenuto nella storia cattolica, un inquadramento gerarchico proprio, che frantumava le Chiese locali, sottraendo ai vescovi fedeli ed energie e favorendo il crescere di orgogliosi settarismi. * 4. Tuttavia questo papa che alcuni vorrebbero presentare come uno di quegli atleti della fede che non si smuovono mai dalle loro certezze, fu un uomo che non cesso' di interrogarsi e di confrontarsi con il mondo. Una progrediente cesura segna il suo magistero fra gli anni '80 e quelli '90. Quando il Satana dell'Oriente mostro' che i suoi piedi erano di argilla e un capitalismo selvaggio si insedio' brutalmente al suo posto, allora papa Woytjla ebbe piu' chiara la miseria spirituale di tanta parte dell'Occidente, la decadenza del mondo borghese: vide con occhi piu' penetranti che non si trattava soltanto di questioni morali che, del resto, affliggevano anche la Polonia (l'aborto, il divorzio, le inadempienze sacramentali, l'ignoranza religiosa): l'Europa Occidentale e l'America del Nord erano contrassegnate da peccati collettivi che sminuivano la dignita' dell'uomo. Allora condanno' con maggiore forza - la forza di uno di quegli "uomini della penitenza" medievali che trascinavano le folle a pentimento - la distruttivita' sociale dell'edonismo, l'idolatria per gli status symbols, l'egoismo dei popoli ricchi nei confronti dei continenti poverissimi, un sistema culturale pressappochista dal punto di vista etico, fatto piu' di negazioni che di valori. Dichiaro' che il neoliberismo non era meno ateo del marxismo dialettico, anche se la sua nomenklatura si proclamava cristianissima, e i libri che produceva non erano cosi' chiaramente avversi alla religione quanto la ridicola Bibbia dell'Ateismo distribuita da un'apposita accademia nei territori dell'Impero sovietico. Vide la dignita' dell'uomo ridotta a quella di una variabile nei conteggi del Mercato, le borse valori decidere la sorte di miliardi di figli di Dio. Disse che, almeno, i comunisti avevano lottato contro la disoccupazione e si erano presi cura dei poveri. L'Occidente - scrisse - aveva creato "strutture di morte". Il consumismo gli pareva una tabe mortale per lo spirito. Grido' ai giovani di non ascoltarne "le sirene perche' risucchiano l'anima". * 5. Soprattutto vide con chiarezza (che probabilmente lo feri' anche fisicamente attraverso i misteriosi canali della psiche) che quello che tre suoi predecessori avevano definito "imperialismo capitalista del danaro" aveva in se' tali valenze distruttive da portare a guerre mostruose. Allora il papa che da giovane sembrava voler piantare la sua croce astile come uno stendardo ai margini di uno spirituale campo di battaglia, si trascino', sempre piu' curvo e malato, sul crinale della storia per percuotere, come Mose' sul monte, la roccia della durezza dei cuori e farne scaturire l'acqua dell'amore. Piu' che qualunque altro papa, grido', contro tutte le bandiere, che la violenza e' menzogna, che la violenza "e' un male inaccettabile e che mai risolve i problemi". Non si mantenne sulle generali; condanno' questa guerra, in Iraq, come illecita, illegale, immorale. Gli tocco' la sorte dei profeti. Gli uomini del potere imperiale (i Bush, i Blair, gli Sharon, i Berlusconi) che adesso si accalcheranno dietro la sua salma, gli resero allora l'omaggio che non si puo' ricusare ai vecchi patriarchi che vogliono ancora parlare alla famiglia ma lo fanno senza rendersi ben conto della situazione; e molti vescovi italiani tradussero la chiarezza dei suoi discorsi in banalita' di routine, in consigli vaghi e non perentori. Ricordo il febbraio 1991: ero in parlamento quando Giovanni Paolo II pronunzio' parole durissime contro la prima guerra del Golfo. Rammento il turbamento dei deputati democristiani; ma subito da molti illustri pulpiti, primo fra tutti quello del cardinale Ruini, la condanna del papa fu "interpretata" ed estenuata; e il partito "di ispirazione cattolica" voto' l'ingresso dell'Italia nel conflitto. * 6. Era un papa - il primo - ad avere sofferto i dolori che le guerre moderne seminano nelle famiglie, cosi' come il primo ad essersi guadagnato il pane con fatica fisica. Percio' quando parlava di queste cose si sentiva l'autenticita' dei sentimenti. Questo fu importante soprattutto per i giovani, che sono stufi di parole e affamati di testimonianze. Nell'impudica moltiplicazione dei telegiornali si producono, come ci ha insegnato McLuhan, fenomeni di aggregazione alla maggioranza, di necessita' psicologica di entrare nel gruppo dominante e di prestarsi allo spettacolo mediatico; percio' non mi illudo sulla profondita' e durevolezza delle espressioni estorte dai telecronisti in questi giorni a tanti ragazzi e ragazze. Ma e' certamente un fatto che questo papa raccolse la simpatia e anche l'ammirazione dei giovani, e non soltanto di quelli che andavano a vederlo e ascoltarlo allo stesso modo che pellegrinano per gli stadi dei concerti rock. Moltissimi credettero di poter ricevere da quel vecchio un senso da dare alla propria vita. Egli credette in loro. Li defini' "popolo delle beatitudini evangeliche" perche' gli parevano ancora immuni dal materialismo degli adulti e quindi disponibili alla generosita' cristiana. Li esorto' a rischiare la propria vita perche' il terzo millennio vedesse finalmente un mondo di giustizia, di liberta', di pace. Gli furono riconoscenti della fiducia che manifestava loro. * 7. Nei lunghi anni del suo pontificato, i cavalieri dell'Apocalisse galopparono come non mai sulla Terra. Nuovissime pesti, dall'aids alla sars, assaltarono interi continenti. Le guerre non furono soltanto quelle degli eserciti imperiali: spaventosi conflitti straziarono l'umanita', generando fame e morte in nome dell'oro, dei diamanti, del coltan, dell'uranio. Cataclismi che sembaravano apocalittici sembrarono annunziare la ribellione della Terra alle incessanti violenze inferte al pianeta dall'avidita' dei ricchi. Penso che talvolta egli si sia sentito al centro di un formicaio impazzito che gli imponeva sforzi che non riusciva piu' a sostenere. Cosi' la rotta del Grande Pescatore non fu lineare: si rifiuto' al concetto di lotta fra civilta', difese i diritti dei palestinesi, entro' da fratello nelle sinagoghe e da adoratore del Dio unico nelle moschee, riusci' a rinsaldare i rapporti con i figli di Lutero, ma gli parve doveroso ribadire il suo ruolo di Capo della Chiesa universale, di negare salvezze che non accettavano di provenire dal Cristo e consenti' che il proselitismo romano offendesse profondamente le Chiese "sorelle" dell'Oriente. Difese la vita in fieri, parlo' contro la pena di morte ma condanno' testardamente l'uso del condom nonostante gli scienziati gli assicurassero che era di fatale importanza per bloccare la devastante proliferazione dell'aids. Fu di rocciosa intransigenza nei confronti dell'obbligatorieta' del celibato, della non ammissibilita' ai sacramenti delle persone che, dopo un naufragio matrimoniale, cercavano di rifarsi una famiglia. Si carico' del passato della storia ecclesiale, inginocchiandosi a chiedere perdono umilmente per tanti delitti: ma lo fece a nome dei figli della Chiesa, non a nome dell'istituzione che pure sapeva semper meretrix. Si occupo' poco della politica italiana ma permise che Sodano e Ruini restringessero il Tevere allargato dai due papi dei quali aveva assunto il nome. Ebbe un carattere testardo e impetuoso, persino collerico: ma la sua estrema vecchiaia fu un esempio toccante di coraggio e di forza morale. Si', insegno' come si soffre e si muore da cristiani, cercando fino all'ultimo che la morte ci trovi vivi, per noi e per gli altri. Penetro' a questo modo nelle tragedie umane, quelle personali e quelle collettive, e fu forse la sua lezione piu' alta. Ho pianto (o quasi) vedendo il suo urlo silenzioso, alla finestra della sua stanza, quando ha capito che non sarebbe mai piu' riuscito a parlare. Ho ritrovato in questa sua kenosis le urla di tutto il secolo XX: il grido senza suono di Munch e il furore dell'idiota di Faulkner e l'invocazione della donna di "Roma citta' aperta" stroncata dal piombo nazista. Ho pensato che in quel momento egli raccogliesse in se' il pianto di tutte le Racheli che piangono i loro figli e non vogliono essere consolate perche' non sono piu'. In quel momento mi e' parso grandissimo e l'ho amato. 4. TESTIMONIANZE. CARLA COHN: LO SPECCHIO FRANTUMATO. AUSCHWITZ-BIRKENAU, OTTOBRE 1944 [Ringraziamo di cuore Carla Cohn (per contatti: carlacohn at tele2.it) per averci messo a disposizione questo suo racconto-testimonianza; la traduzione dall'inglese e' di Yuri Anastasi e Paola del Re. Carla (Carola) Cohn, nata a Berlino nel 1927, deportata e sopravvissuta ai campi di sterminio, e' psicoterapeuta e testimone della Shoah. Un'altra sua straordinaria testimonianza e' nel n. 883 di questo notiziario; un altro racconto-testimonianza e' nel n. 890] Era ottobre o gia' novembre? Non lo sapeva. Con quei brividi di freddo addosso non si poneva certo la domanda. Quale significato poteva avere il tempo, quale cognizione certa se ne poteva avere in un luogo dove non c'erano orologi visibili, dove il tempo sembrava infinito. Giorni, notti, ore, svanivano in un'unica, indistinta, cupa agonia. Un'agonia interrotta soltanto dai frequenti appelli per la conta - lo "Zaehl Appell". Si era costrette a stare a lungo in piedi in lunghe file da cinque in attesa di essere contate dalle SS con tanto di frusta e cani minacciosi al seguito. Lo "Zaehl Appell" veniva spesso interrotta da colpi di frusta lungo le fila delle donne, probabilmente perche' qualcuna si era mossa leggermente nonostante si cercasse di rimanere immobili, come ordinato. Dilaniate dalla fame, al limite della spossatezza, trattenevano a stento le loro ultime riserve per controllare e sopprimere gli spasmi della diarrea - ultime tracce liquide di vita che colavano via, a volte non piu' trattenute dalla vergogna o dalla paura. Quell'appello ripetuta due volte al giorno era l'ultima ironia in vista delle camere a gas. Ormai da tempo ridotte ad essere non-persone, numeri, l'appello faceva parte della disciplina forzata per essere certi che, fra quelli ancora in vita, nessun "pezzo" mancasse, che nessuno fosse fuggito. Ma non c'era nessuna possibilita' di fuga, circondate com'erano dalle SS armate, dai loro cani da guardia e dai recinti di filo spinato ad alta tensione. Quel triplo filo non incuteva comunque nessuna paura; ormai quel recinto era diventato la promessa di una morte facile, impersonale, piu' rapida della "selezione" di Mengele, "l'angelo della morte". Eppure lo sforzo di correre abbastanza vicino per abbracciare quel recinto sembrava insormontabile. Inoltre c'erano i cani, e la forza rimasta poca. Questa liberazione apparentemente semplice non era piu' nel loro immaginario, riempito invece di visioni di torture, di "esperimenti medici". La loro fantasia non poteva andare oltre il momento attuale. Faceva freddo o piu' semplicemente le ossa si stavano gelando? Non sapevano piu' distinguere queste differenze. I loro corpi erano sempre un brivido di disperazione fisica. Probabilmente faceva molto freddo; tutte le SS indossavano uniformi di lana con pesanti cappotti e guanti. Ma, cosa curiosa, c'era una donna, bionda, delle SS che faceva sferzare la sua frusta con grande energia, strano, indossava soltanto una camicia estiva blu, senza neppure una giacca sopra. Le braccia al di sopra dei guanti erano nude e robuste. Faceva caldo o faceva freddo? Il sibilo vibrante di un fischietto lacero' la nebbia. Si udi' un ordine: "Dietro front, march". La conta si era tenuta davanti a una delle baracche dove avevano trascorso la notte. Dentro, attraverso le piccole inferriate filtrava un po' di luce sui muri che formavano quell'enorme struttura zeppa di file e file di "letti" a tre piani, vicinissime le una alle altre. Queste impalcature a tre piani erano ricoperte da assi di legno messe a caso. Un mattone qua e la' sostituiva qualche asse mancante. * La ragazza trovo' un posto in un angolo vicino al muro. Quel muro sembrava offrirle un po' di sostegno, di conforto. Fu contenta di potervisi rannicchiare contro. Raccolse due mattoni che erano a portata di mano. Ora erano suoi, soltanto suoi, almeno per quel momento, le servivano a mo' di cuscino. Avrebbero dato un minimo di sostegno alla testa. Si senti' quasi contenta. Contenta di aver trovato qualcosa. Qualcosa che le avrebbe consentito di trascorrere meglio la notte. Qualcosa che gli altri non avevano visto. Eppure era la', alla portata di tutti. Si raggomitolo' stretta stretta verso l'angolo. Piego' le gambe verso di se', piu' vicine possibile al corpo per ottenere un po' di caldo, e doveva sistemarsi bene il vecchio cappotto da uomo sotto la giacca a righe in modo da coprire le parti scoperte delle gambe, al di sopra delle calze di misure diverse e ormai ridotte a brandelli. Anche se per niente morbido, largo e pesante com'era quel cappotto nero le avrebbe dato un po' di calore. Almeno lo sperava. Con orrore le venne in mente la ressa del giorno precedente. Una lotta disperata per procurarsi due zoccoli di legno della sua stessa misura. Trovarne due in fretta e furia, tra l'ordine di alzarsi e quello di uscire per lo Zaehl-Appell, "schnell, raus", non era stata cosa da poco. Alla fine si era ritrovata con due zoccoli, ma entrambi del piede destro. Uno le andava anche bene, ma l'altro no. Per niente. Troppo grande. Perlomeno era in grado di fare entrare il piede sinistro, ma... Zoccoli che non calzavano bene rendevano impossibile correre e "presto" significava precipitarsi fuori piu' in fretta possibile. Esitando, restia a lasciare quello che a lei sembrava un cantuccio confortevole, sapeva che c'era una cosa che doveva assolutamente cercare di fare. Sebbene la sua mente fosse annebbiata e confusa, fu quel ricordo di dolore fisico dovuto allo zoccolo di legno che calzava male che la costrinse ad agire. Scivolo' lungo la panca piu' esterna e scese dal suo "letto". C'era poca luce, e in quella pallida luce non scorse nessuno, tranne una vaga figura in fondo allo stanzone che lentamente si trascinava verso il bidone, la latrina, ormai trabocchevole. Noto' che quando quell'ombra la raggiunse, si fermo'. Poi la vide prima rimpicciolirsi e poi raddoppiarsi nel tentativo di afferrare una delle travi di legno vicine per sostenersi. Mezza piegata e mezza accovacciata cerco' di utilizzare il bidone. Guardo' altrove, nessuno in giro; si concentro' su cio' che doveva fare. Sentiva il silenzio che l'avvolse. Carponi per evitare il raggio di luce sopra la sua testa striscio' fino al posto vicino dove si ammmucchiavano pile di zoccoli buttati alla rinfusa. Dopo aver dato un'occhiata intorno, tiro' fuori dal mucchio un paio di zoccoli che le sembravano piu' o meno della stessa misura. Li guardo' meglio: le misure erano diverse. Ne trattenne in mano uno che calzava bene, il sinistro. Con affanno riprese la ricerca. Ricomincio' a rovistare nel mucchio cercandone l'altro che potesse andare bene. Tiro' fuori un altro zoccolo e lo confronto' con quello che aveva in mano. La misura era giusta, ma era ancora un altro sinistro. Che fatica distinguere gli zoccoli! La luce era cosi fioca che era impossibile notare differenze fra l'uno e l'altro. Sinistro e destro si diversificavano soltanto per le piccole punte ricurve. Cerco' ancora affanosamente, a tastoni, per trovare lo zoccolo destro. Alla fine lo trovo'. Nascose gli zoccoli sotto il suo cappotto e si raggomitolo' come prima. Ormai, vinta la paura di lasciare il suo posto, non si guardo' neppure piu' attorno per vedere se qualcuno la osservava. Con due zoccoli della sua misura, che importanza poteva avere qualche frustata! Nascosti sotto il cappotto nessuno poteva vederli per rubarli. Raggiunse il suo posto per rannicchiarsi sopra il suo tesoro salvavita. Non essere in grado di correre per lo Zaehl-Appell poteva significare la camera a gas. Ritrasse le gambe con gli zoccoli sotto il cappotto, accertandosi che non si vedessero. Non era consentito tenere gli zoccoli a riposo. Cerco' di sistemare bene i mattoni sotto la testa, lentamente, e appoggio' il suo corpo contro il muro. Qualche attimo dopo comincio' a rilassarsi. Si avvicino' al muro ancora di piu' divenendo quasi un tutt'uno con esso. Come se quel muro fosse uno scudo di protezione. * Un terribile parapiglia interrompe il suo sonno e con il cuore in gola scivolo' giu' dal suo cantuccio. Tutt'attorno un disordine confuso di grida soffocate di donne che erano state svegliate dal sibilo acuto di fischietti e al grido di: "schnell, schnell, raus". Di corsa, svelte, fuori. Scendere da quelle cuccette fu un continuo tentativo di superarsi l'un l'altra nell'intento di trovare gli zoccoli giusti e poterseli infilare. In questo caos di corpi che si urtavano, nessuno si accorse di lei che aspettava. Aspettava il momento giusto in cui si fosse liberato un varco, per seguire le donne che si precitavano dove c'erano le scodelle con quel liquido scuro, cercando di essere le prime per potersi accaparrare quella brodaglia. A fatica s'intrufolo' nel groviglio di queste donne, ma del "caffe'" non era rimasta neanche l'ombra. Niente. Una donna che ne aveva avuto una scodella piena fino all'orlo, non potendosi bere tutto quel liquido in fretta, le passo' la sua razione che era ancora a meta'. Era perfino caldo! Guardo' il secchio della latrina all'angolo, riempito oltre misura traboccava per le vibrazioni prodotte da tutte quelle donne in corsa che passavano vicino. Doveva fare i propri bisogni. Come sarebbe riuscita, altrimenti, a rimanere a lungo in piedi per lo Zaehl Appell? Appoggiandosi ad una trave di legno per mantenersi in equilibrio, si accovaccio' sul secchio gia' traboccante. Una vecchia abitudine le fece usare il secchio anziche' il pavimento; con tutto quello che c'era per terra, sarebbe stata la stessa cosa. Si senti' quasi vittoriosa. Aveva del liquido caldo nello stomaco. Aveva fatto i propri bisogni. E due zoccoli della sua stessa misura. Ce l'avrebbe fatta a resistere. Ora poteva mantenersi immobile sull'attenti durante l'appello. Lo sapeva. * File, file e ancora file di cinque, interminabili e quasi immobili si mescolavano alla foschia dell'alba. Come ombre. Gli unici oggetti considerevolmente visibili erano delle alte strutture verticali stranamente illuminate da fiamme che a singhiozzo guizzavano dalla punta, fendendo e illuminando la cappa di fumo grigio che li avvolgeva. La sua mente si rifiuto' di afferrarne il significato sebbene sapesse gia' quale fosse. I suoi occhi invece furono ammaliati da quella fredda luminosita', da quelle fiamme arancione. 537. 538. Meglio non pensare. 541. 542. Non era stata tatuata. Lei assieme ad altre fu esclusa. Quelle col numero tatuato sarebbero state mandate a un campo di lavoro. 555. Neppure il tuo numero tatuato sul braccio che significava momentanea salvezza come "pezzo" assegnato al lavoro. "Arbeit macht frei" cosi era scritto all'ingresso di Auschwitz. Ma questo era Birkenau. 561. Supplicai affinche' i miei occhi non vedessero. Li chiudero' con tutte le mie forze, cosi' stretti che non vedro' piu' nulla e nessuno mi potra' vedere. Scompariro'. 599. 600. * "Dietro front, marsh!" Riapri' gli occhi e comincio' a muoversi assieme alle altre vaghe figure. Le avrebbero condotte alle docce per la "disinfestazione" dai pidocchi. Lo sapeva gia'. C'erano gia' state sottoposte altre volte. La prima volta non sapevano cosa sarebbe successo - a dire il vero mai era possibile sapere cosa sarebbe successo. Dopo aver ricevuto l'ordine di spogliarsi del tutto erano state condotte in uno stanzone gelido con delle docce attaccate al soffitto - sembravano migliaia. L'acqua fredda che scendeva non duro' a lungo. Non fu sufficiente per bagnarsi completamente. La durata di quella breve doccia consenti' pero' di notare che la maggior parte delle finestre era rotta. Ecco perche' c'era quel freddo cane. Ancora bagnate furono allineate per essere rasate, testa e corpo. La metamorfosi fu quasi divertente. Nell'impossibilita' di vedere se stesse, guardavano le compagne mentre perdevano ogni somiglianza con cio' che erano prima. Gli uomini delle SS si divertivano. Ridevano quando meta' della testa rimaneva completamente pelata, mentre l'altra meta' conservava ancora la sembianza originaria. Ma anche questa meta' sarebbe presto stata cancellata. Per un attimo, passato e presente sembravano perdere consistenza; divennero un tutt'uno - clipp, clipp - e non rimaneva altro che quell'inafferrabile presente fantasma. Nell'entrare dentro le docce l'ordine era "spogliatevi" e per loro era diventato automatico eseguirlo senza neanche la minima preoccupazione per gli uomini delle SS che guardavano. Le non-persone non provavano piu' pudore; esseri inferiori, sub-umani, dovevano soltanto obbedire. Lasciarono i loro stracci dietro, in un mucchio, e cercavano di raggiungere le docce piu' vicine alle uscite, sperando di essere fuori prima che le docce sprigionassero il gas. Tutte sapevano che se le porte d'uscita venivano chiuse mentre erano ancora sotto le docce ne sarebbe uscito il gas. Fuori prima delle altre, piu' in fretta che si poteva. Chi ce la faceva ad uscire forse riusciva anche ad afferrare una camicia in piu', o una maglia o un paio di calze di lana da quel mucchio di stracci per terra lasciato da una precedente "disinfestazione". Sempre se fossero uscite ancora vive da quelle docce. Mai una volta che le fosse capitato di uscire per prima. Mai. Le altre erano sempre piu' veloci, forse nel vano tentativo di evitare quello che ormai tutti sapevano. Se uscira' il gas, chiudero' gli occhi stretti stretti e in un secondo - cos'e' un secondo, neanche il tempo di pensarci - il corpo ancora bagnato assorbe il gas in un attimo. Il getto d'acqua s'arresto'. Lei fu trascinata dalle donne verso l'uscita. * Accanto al mucchio degli indumenti una Kapo li sparpagliava per aria. A caso. Prese al volo una calza, una soltanto. Nell'abbassarsi velocemente riusci' ad afferrare anche un pezzo di lana, un'imbottitura da mettere sotto la camicia che le era stata gettata sopra la testa. Mentre si incamminava verso un'altra Kapo che sparpagliava giacche e cappotti. Adocchio' un cappotto nero da uomo. Bello pesante. Per niente male. Se ne impossesso' in fretta e ci scivolo' dentro. Afferro' anche un giacca a righe, abbastanza larga da poterla portare sopra il cappotto, e un berretto anch'esso a righe per la testa rasata. Zoccoli, un altro mare di zoccoli tutt'intorno. Ora lei era abbastanza allenata per cercare e trovare in fretta il compagno di quello zoccolo che gia' calzava e fu poi spinta, trascinata verso un corridoio, stretto e quasi al buio. "In fila per uno". Il giovane delle SS che urlo' l'ordine non le guardava neppure. Le sue mani e i suoi occhi erano addosso al cane lupo che gli stava accanto. Lei guardo' di nuovo: aveva paura di non aver sentito un altro ordine. Tutto il corpo era ormai condizionato dall'esecuzione di ordini che incutevano paura. Ci si poteva muovere soltanto su comando. Si accorse pero' che il giovane SS si era girato per controllare se le altre donne fossero uscite dallo stanzone. * Lei giro' la testa dall'altra parte, e vicino, di fronte a lei, vide una faccia sotto un berretto a righe, una faccia che la riempi' di sgomento. Timidi peli, irti come setole, sbucavano da sotto il berretto. Un largo cappotto nero lasciava intravedere una giacca a righe troppo stretta. Segni profondi al collo. Un pallore di morte sul viso accentuato dal nero del capotto, con occhi irrequieti come fiamme. Ebbe una sensazione di disgusto. Con un brivido non riusci' a spiegarsi il perche' di quell'uomo delle SS che stava li' in piedi cosi' calmo. Guardo' di nuovo il viso di quella donna. Impossibile distogliere lo sguardo da quell'apparizione. Riusciva a comprendere adesso il disprezzo e l'astio che si celavano negli ordini delle SS, urlati a denti stretti per smorzare un evidente scoppio di odio. Creature come quella donna davvero sembravano sotto-umane non-persone, non degne di esistere. La SS s'incammino' verso la fila di dietro. Senti' l'ordine di marciare, lo stridio dei denti - suoi o del suo cane? -, lei si giro' per vedere ancora quella donna. I suoi occhi corsero lungo le file di donne ma non riusci' a vederla. Niente. Non la trovo'. Vide pero', appeso al muro, un frammento di uno specchio. 5. MATERIALI. NOVE QUADERNI DI UN CORSO DI EDUCAZIONE ALLA PACE Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo ha realizzato nove quaderni di "Materiali per la riflessione" estratti da fascicoli del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" degli ultimi anni e utilizzati come dispense nel Corso di educazione alla pace che si sta svolgendo presso il liceo scientifico di Orte (Vt). I titoli dei quaderni fin qui realizzati sono: Dieci parole della nonviolenza in cammino; Una sera di Chico Mendes; Aldo Capitini: Teoria della nonviolenza; Un blues in memoria di Martin Luther King; Jean-Marie Muller: Significato della nonviolenza; Jean-Marie Muller: Momenti e metodi dell'azione nonviolenta; Anna Bravo: Resistenza civile; Litania dei morti in preghiera, ed altri lutti; Enrico Peyretti: Difesa senza guerra. I quaderni sono disponibili anche in formato elettronico e possono essere ricevuti gratuitamente da chiunque tramite e-mail. E' sufficiente farne richiesta al Centro di ricerca per la pace di Viterbo, all'indirizzo di posta elettronica: nbawac at tin.it 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 895 del 10 aprile 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
- Prev by Date: La nonviolenza e' in cammino. 894
- Next by Date: La domenica della nonviolenza. 16
- Previous by thread: La nonviolenza e' in cammino. 894
- Next by thread: La domenica della nonviolenza. 16
- Indice: