[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 880
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 880
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 26 Mar 2005 00:11:37 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 880 del 26 marzo 2005 Sommario di questo numero: 1. Benito D'Ippolito: Il naufragio 2. Nando dalla Chiesa: Il saccheggio 3. Riccardo Orioles: Ancora una primavera 4. Liliana Moro presenta "Le guerre dell'acqua" di Vandana Shiva 5. Giorgio Rimondi presenta "Una filosofa innamorata" di Annarosa Buttarelli 6. Annarita Buttafuoco, una storica del femminismo tra teoria e prassi 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. BENITO D'IPPOLITO: IL NAUFRAGIO Ma chi armava la mano agli scafisti? Chi dettava le regole del gioco? Chi sbarrava al fuggiasco la via della salvezza? La rapina di chi quei paesi aveva impoverito ridotto a fame dittatura e guerra? Chi aveva armato dittatori e mercenari? Chi chiedeva carne umana in scatola schiava nei sottoscala o nuda sui marciapiedi? Chi proibiva alla vittima la fuga dal carnefice? Chi nelle mani della mafia l'affidava ad un tempo straccio di viscere e gallina dalle uova d'oro, business quotato non meno delle armi e dell'eroina? In quest'oscuro specchio in cui mi specchio vedo qualcosa che non vorrei vedere vedo la morte e vedo le mie mani. 2. I COMPITI DELL'ORA. NANDO DALLA CHIESA: IL SACCHEGGIO [Ringraziamo gli amici di Italia Democratica (per contatti: italiademocratica at tiscali.it) per averci messo a disposizione questo articolo apparso sul quotidiano "L'Unita'" del 24 marzo 2005. Nando dalla Chiesa e' nato a Firenze nel 1949, sociologo, docente universitario, parlamentare; e' stato uno dei promotori e punti di riferimento del movimento antimafia negli anni ottanta; e' persona di straordinaria limpidezza morale. Tra le opere di Nando dalla Chiesa segnaliamo particolarmente: Il potere mafioso, Mazzotta; Delitto imperfetto, Mondadori; La palude e la citta' (con Pino Arlacchi), Mondadori; Storie, Einaudi; Il giudice ragazzino, Einaudi; Milano-Palermo: la nuova resistenza (a cura di Pietro Calderoni), Baldini & Castoldi; I trasformisti, Baldini & Castoldi; La politica della doppiezza, Einaudi; Storie eretiche di cittadini perbene, Einaudi; La legge sono io, Filema; La guerra e la pace spiegate da mio figlio, Filema. Ha inoltre curato (organizzandoli in forma di autobiografia e raccordandoli con note di grande interesse) una raccolta di scritti del padre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, In nome del popolo italiano, Rizzoli. Opere su Nando dalla Chiesa: suoi ritratti sono in alcuni libri di carattere giornalistico di Pansa, Stajano, Bocca; si veda anche l'intervista contenuta in Edgarda Ferri, Il perdono e la memoria, Rizzoli] Ora state attenti. Immaginate di essere in uno stadio immenso. E che uno speaker dalla voce tonante annunci a un pubblico sterminato le formazioni delle squadre, usando le cadenze ritmiche di una volta, quelle che hanno fatto la leggenda del calcio. Immaginate di sentire la formazione della prima squadra, che chiameremo "Costituzione 1". Eccola. Ascoltatela bene. Nenni; Einaudi, Parri; Saragat, De Gasperi, Togliatti; Calamandrei, Moro, Pertini, Croce, Dossetti (con panchina di lusso: Valiani, Amendola, Nitti, Terracini, La Pira, Lazzati, Di Vittorio, Ruini, la Malfa senior...). E immaginate poi di ascoltare, nel frastuono della folla e della Storia, la formazione della seconda squadra, che chiameremo "Costituzione 2". Eccola di nuovo. Ascoltate bene anche questa. Bondi; D'Onofrio, Nania; Bossi, Calderoli, Castelli; Schifani, Pastore, Berlusconi, Fini, Previti (con panchina assai piu' risicata, ma su cui siede, lo si riconosce in lontananza, La Malfa junior). Senza offesa per nessuno, e ben sapendo che il vero valore dei politici lo misurano i posteri, la differenza tra le due formazioni appare perfino imbarazzante: comunque sufficiente a dire di che cosa sia capace l'una e di che cosa sia capace l'altra. Il guaio e' che se gli antichi godono i frutti della fama che si tributa a chi non c'e' piu', i posteri godono della possibilita' di agire indisturbati contro i loro avversari. Le umane vicende li hanno infatti resi vincitori di libere elezioni ed essi fanno quel che gli pare. Un autentico saccheggio di patrimonio ideale. A questo sembrava di assistere ieri mattina al Senato. E l'amarissima sensazione si trasferiva nei gesti, nel clima, nelle parole che pur occorreva pronunciare. Sembrava di assistere a una grande azione di demolizione compiuta in fretta e con poco rispetto per mura e suppellettili (e fondatori) da una immobiliare di arricchiti, vogliosi di rifare il cuore della citta' a proprio uso e consumo. Il risultato? Fate la seguente operazione-finestra. Andate su Internet e leggetevi il testo uscito dal Senato. E prima ancora di vedere che cosa c'e' scritto, osservate un'altra cosa, forse piu' importante: la lunghezza degli articoli. E poi ficcateci dentro il naso e, sempre prima di studiare i contenuti, guardate come quegli articoli sono scritti. E' impressionante, fa perfino impallidire la differenza tra il testo originale e quello odierno. Tanto sono stringati, brevi, incisivi, solenni, gli articoli della Costituzione, tanto sono lunghi, prolissi, sbrodolati, tignosi, gli articoli di questo guazzabuglio. Nella Carta fondativa della Repubblica c'e' una quasi plastica rassegna di principi. Poche parole per scolpire i valori, i grandi punti di riferimento di un Paese che vuole tornare alla democrazia dopo il fascismo e la tragedia bellica e i campi di sterminio. Nel testo approvato ieri un articolo puo' durare pagine, proprio come e' gia' avvenuto nel testo piu' pazzo del mondo, quello che pretende di riformare, anziche' la psiche dell'estensore, l'ordinamento giudiziario della Repubblica. E tanto e' chiaro e netto il linguaggio della Carta uscita dalla Resistenza, al punto che anche un ragazzino la puo' leggere e capire, altrettanto involuto e avvocatesco e' il linguaggio di questa Carta uscita dalla baita estiva di Lorenzago. Piu' che una Costituzione, il Senato ha licenziato ieri qualcosa che, dal punto di vista dello stile, sta a meta' tra un codice e un regolamento di condominio. Sara' un caso ma il solo articolo che, nel cambiamento, e' rimasto asciutto come prima e' quello che riguarda il bilancio dello Stato; poiche' in tema di bilanci, come sappiamo, e' sempre meglio non esagerare con obblighi e prescrizioni. Ma perche', questa e' la domanda, ad articoli brevi e solenni si sostituiscono (come gia' con l'articolo 111 sul giusto processo ai tempi dell'Ulivo) dei dettagliati ordini di servizio? Perche' la riga e mezzo dell'articolo 70 (la funzione legislativa) diventa uno sproloquio di romanzo in burocratese? La risposta e' semplice, mortificante. Perche' mancano i principi, perche' non c'e' il compromesso nobile di chi costruisce qualcosa insieme sapendo che terra' fede, nello spirito anzitutto, all'impegno scritto. Perche' e' friabile il terreno su cui si costruisce. Per questo occorrono mille aggiustamenti, paletti, filtri, aggiunte, condizioni e riserve. Perche' quasi nulla si tiene in proprio, sulla base di un patto di fedelta'. Ma le Costituzioni che vengono scritte cosi' sono Costituzioni senz'anima. Nascono morte. * Che dire a questo punto? Tornare alle critiche tante volte espresse, sulla dittatura della maggioranza (concetto fornito di piena cittadinanza nella storia delle dottrine politiche), sullo sbilanciamento dei poteri, sulla corrosione delle garanzie, sul federalismo fasullo ma con in se' il dna della secessione? Forse oggi, poiche' le scene di vita danno colori piu' limpidi alle battaglie delle idee, conviene mettere nello zaino della propria memoria cio' che si e' visto e sentito. Il mio gruppo parlamentare che ha goduto di tre-minuti-tre a testa per discutere la nuova Costituzione. I silenzi dell'Udc, che lanciava urla strazianti invocando che si fermasse la "deriva" in atto e che in aula ha taciuto rigorosamente salvo parlare alla fine per la bocca del senatore D'Onofrio; il quale, con i capelli corvini delle grandi occasioni, ha spiegato - lui ex ministro - che in piu' di mezzo secolo in Italia non c'e' stato pluralismo. E poi ha pure spiegato che non e' vero che aumentano i giudici costituzionali di nomina politica, anzi sono diminuiti. Oggi, ha assicurato, sono cinque; ora diventeranno di meno, perche' la Camera dei deputati ne nominera' tre, e i quattro del Senato mica sono politici, quello sara' il Senato federale. Lo volete capire o no?, ha chiesto in segno di sfida all'opposizione. No, gli e' stato risposto in coro. E poi i motteggi dei leghisti, particolarmente in vena contro la patria e contro lo Stato e contro Ciampi, nel loro gioco beffardo di rimandi di banco in banco. Sono pesati e hanno fatto clima, in generale, i silenzi della maggioranza. Una Costituzione stupenda e modernissima, su cui in aula pero' i suoi sostenitori hanno speso una minuscola manciata di interventi, a dispetto di chi in futuro tentera' di capire le ragioni di tanto entusiasmo attraverso gli atti parlamentari. Di corsa, senza pathos, ma con la dovuta retorica negli interventi conclusivi. La retorica che ha portato il senatore Pastore (nome felicissimo per chi guidava il mansueto e disciplinato gruppo di Forza Italia) a giurare che la maggioranza ha le sue radici nell'antitotalitarismo, si tratti del totalitarismo di sinistra o di destra (e questa e' un po' azzardata, ne converranno anche i "terzisti"). La mente torna alla faccia sbigottita degli autonomisti trentini, che si sono trovati inopinatamente buggerati - le promesse non sono state mantenute, giuravano -, con meno autonomia di quanta ne abbiano adesso, e questo grazie all'agognato federalismo. Torna poi, la mente, alla dignita' di Domenico Fisichella e del suo dissenso in omaggio ai valori della Destra, o di Renzo Gubert, il sociologo trentino dell'Udc. Torna al tricolore amaramente indossato dall'opposizione e agli striscioni (sempre tricolori) esibiti dalla destra rimasta sola in aula: "Nasce la nuova Italia", "Stop ai ribaltoni", "Torna l'interesse nazionale", roba che ai leghisti un altro po' gli vien l'infarto. Tutto questo mentre gruppi di senatori dell'opposizione si chiedono costernati e un po' risentiti chi abbia mai deciso che si esca dall'Aula e se non sia un dovere (civile, istituzionale, il mediatico viene dopo) quello di lasciare scritto il proprio "no" a questa poltiglia indigeribile; e se il voto nel nome degli italiani e della propria coscienza sia qualcosa che si decide nelle riunioni delle segreterie senza neanche un'assemblea di discussione con gli interessati, i quali sono pur sempre deputati e senatori della Repubblica, mica fanti del re. Che questa incolta sovversione avvenga nell'anno sessantesimo dalla Liberazione, come ha ricordato Gavino Angius, rende tutto piu' simbolico. Ma deve spingere le forze della democrazia costituzionale a ingaggiare una di quelle grandi battaglie ideali che, nel corso della storia, danno senso alla vita dei partiti. E danno senso anche - non sembri troppo - alla vita dei cittadini. 3. MEMORIA CHE SCHIUDE. RICCARDO ORIOLES: ANCORA UNA PRIMAVERA [Da "La Catena di San Libero", n. 276 del 21 marzo 2005 riprendiamo i seguenti testi. "La Catena di san Libero" (per contatti: riccardoorioles at libero.it) e' una delle cose migliori che circolano nella rete telematica: e' possibile richiederla gratuitamente. Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo' essere richiesto gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)] Ventuno marzo: primavera, bella giornata per saltare la scuola e anche - fra le altre cose - giorno della memoria per le vittime dei mafiosi. Ma a me la parola "vittime" non e' mai piaciuta: quasi tutti quelli che sono stati uccisi in realta' non sono stati vittime impotenti, ma hanno lottato coraggiosamente contro il potere mafioso. Perche' e' stata una lotta, ed e' una lotta tuttora. Commemoriamo quanto ci pare e piace, magari con sindaci e presidenti, ma non rassegnamoci a niente: lottiamo. Percio' vorrei farti leggere 'sta roba di venti anni fa. Fabio (l'autore del primo volantino) ora e' uno grande, ma a quell'epoca era un ragazzo come te. Ce n'erano un sacco cosi', in Sicilia e altrove. Questo numero della "Catena" e' dedicato a loro, ai militanti antimafiosi. * "SicilianiGiovani". Volantino per un'assemblea (primavera '84) Anche se non ti promettiamo ricchi premi e cotillons vale ugualmente la pena che tu legga questo volantino e per dei motivi, ne converrai, piu' che seri: tanto per cominciare e' gratis e non e' un pretesto per venderti un'enciclopedia; poi perche' e' stato fatto per te, e da ragazzi uguali a te, piu' o meno intelligenti, piu' o meno incavolati, insomma gente come te. Vogliamo proporti una nuova idea da realizzare insieme: "SicilianiGiovani", un mezzo di espressione libero e moderno a disposizione di chiunque voglia dire qualcosa, non il primo della classe, ne' quelli che salgono sempre in cattedra. Infatti non ci interessa il letterato, l'artista, il politicante, ma tutti quelli che vogliono scrivere, raccontare, disegnare, fotografare anche solo partecipare a qualcosa, esserci, sentirsi vivi e protagonisti, non solo complici della propria vita. E' una possibilita' di opporci a un'esistenza grigia che scorre per inerzia, alla solitudine, alla rassegnazione inutile (ci dicono di non rompere le scatole e starci zitti, e noi ci stiamo? No). Non dormirci su ancora, vieni se hai qualcosa da dire, da raccontare. Fabio Via Reclusorio del Lume (vicino piazza S. Domenico), Facolta' di scienze politiche, Aula A * "SicilianiGiovani". Il coraggio di lottare Caro Salvatore (o Antonio o Vincenzo o Roberto, o come diavolo ti chiami), come vedi, io non so nemmeno il tuo nome (forse ci saremo visti qualche volta, in un treno di pendolari o in una discoteca, ma naturalmente senza farci caso) e non so nemmeno che tipo sei, se tipo "ragazzino perbene" oppure tipo punk (a me personalmente piacerebbe di piu' cosi', ma questo e' solo una cosa mia personale). Non so neppure che cosa stai facendo in questo momento, forse hai trovato il giornale per caso e siccome ora c'e' una lezione noiosa te lo leggi sottobanco tanto per passare il tempo; o forse sei sull'autobus o forse da qualche parte con i tuoi amici (neanche tu sai granche' di me: bene, sono un giornalista dei "Siciliani", ho qualche anno piu' di te ma non molti, sono triste perche' mi hanno ammazzato un amico, ho anche la paranoia che lo facciano pure a me e ne ho paura perche' non sono particolarmente coraggioso. Non sono affatto un grande giornalista anzi sono alle prese con problemi molto piu' grandi di me). L'importante comunque e' che tu capisca che io in questo momento non sto parlando al Ragazzo Impegnato, non sto facendo il discorso "simbolico" per dire che in realta' faccio appello a tutti quelli che ecc. ecc. No, io sto parlando proprio a te personalmente, perche' ho bisogno di aiuto e non mi fido delle persone importanti. Ho bisogno invece della gente "comune", quella come te (e come me). Parliamoci chiaro: io non credo affatto che tu sia particolarmente interessato a tutte queste cose. L'altra volta, anzi, quando c'e' stata l'assemblea Contro-La-Mafia (ci sara' stata anche nella tua scuola) tu per un po' sei stato ad ascoltare tutto quello che dicevano i professori e i tuoi compagni piu' "politici" poi, semplicemente, ti sei annoiato e te ne sei andato. Siccome era una bella giornata, spero che tu te ne sia anche andato in villa con la tua ragazza. Tutto questo mi va benissimo. Io non credo molto alle parole, e credo che ognuno debba fare cio' che sente e non quello che dicono gli altri. Pero'. vedi, c'e' un trucco. Gli altri - cioe' le persone importanti, i professori, i "politici" - partono da un punto di vista, e cioe' che loro sanno tutto mentre tu non sai un bel niente. E che quindi debbono essere loro a dirti cosa fare. Tanto, tu sei "qualunquista", uno che se ne frega delle Cose Serie, che pensa solo a farsi la canna e ad andare in discoteca (i giornalisti come me, invece, sono "i ragazzi di Fava", bravi ragazzi certo, ma un po' troppo arrabbiati e un po' fessi...). Invece non e' cosi'. Tu sai un sacco di cose, solo che non le dici nel loro linguaggio, o non le dici affatto. Pero' le sai. Per esempio sai che la tua vita non e' affatto una gran bella vita, che ti annoi: questo non e' affatto qualunquismo, e' la tua vita. Non c'e' bisogno di parole difficili per dirlo. E sai pure che non ti va di continuare cosi' e che intanto devi continuare lo stesso perche' non c'e' altro da fare, Sai che, nonostante tutte le belle parole, nessuno ti puo' aiutare a far qualcosa perche' in realta' a nessuno gliene frega veramente molto di te: Sai anche altre cose, per esempio che fra un paio d'anni resterai disoccupato come il novanta per cento dei tuoi amici, che fra i tuoi amici ce n'e' sicuramente qualcuno che si buca, che tu ancora sei fra i piu' fortunati perche' sei - probabilmente - uno studente e non uno scippatore o un marchettaro (e se lo sei, il discorso vale anche per te). Sai un sacco di cose serie, insomma, ma tu stesso non ti accorgi nemmeno di saperle (non solo gli altri ti considerano un "qualunquista": sono riusciti a convincere anche te che lo sei), e percio' non contano niente, non pesano. E percio' quelli che sanno parlare continuano a comandare loro, indisturbati: tanto, tu non conti... Questo e' il trucco. Se tu ti rendessi conto di quanto sia importante - e, ma in una maniera del tutto nuova, anche "politico" - anche andare in villa con la ragazza, cercare di fare quello che ti piace, vivere la tua vita come vorresti tu, tutto quanto cambierebbe. C'e' stato un onorevole che, poche ore dopo che hanno ammazzato quel mio amico, e' venuto fuori con aria arrogante - "la mafia non c'e', ha detto in sostanza, fatevi gli affari vostri!" - a minacciarci. Bene, quell'onorevole in realta' e' un debole, e' un isolato, perche' non ha nessunissima idea della vita reale, della gente vera: al massimo, puo' fare qualche danno ora, per il potere che ha. Noi invece - tu ed io - siamo molto forti e gli possiamo ridere in faccia perche' la vita (la vita di ogni giorno, quella normale, la nostra) la conosciamo, ci siamo dentro, sappiamo che cos'e'; ci mancano solo le parole, ma le troveremo (e non saranno mai grandi parole, grandi ideali, faccende da politici: ma parole comuni, normali, quelle della vita di ogni giorno). Allora, adesso ti faccio la mia proposta. Lasciamo perdere se hai la cravatta o l'orecchino (io, ripeto, preferirei l'orecchino: ma e' questione di gusti, ognuno ha i suoi). Queste sono cose secondarie. La cosa importante e' che tu vuoi vivere la tua vita, e che ti sei scocciato di quella che ti danno. Come me. Allora dammi una mano. Parole non me ne servono, mi servono poche cose da fare. Poche, ma da farle sul serio, perche' noi due - tu, ed io - siamo gente seria, non politicanti. Andare in villa con la ragazza e' una cosa seria, e anche fare questo giornale e' una cosa seria. Solo i bei discorsi non sono una cosa seria. * "SicilianiGiovani". Un altro volantino "Siciliani/giovani" ha una "politica" molto semplice e chiara, e cioe': primo, schierarsi apertamente contro la mafia; secondo, affrontare liberamente tutti i problemi dei giovani. Quanto alla politica ufficiale, quella dei partiti, non siamo ne' favorevoli ne' contrari. Semplicemente, non e' il nostro campo; chi vuole affrontarlo, puo' farlo anche da solo (del resto ci sembra che in questo momento la lotta alla mafia e per una migliore condizione di vita dei giovani siano la cosa fondamentale, senza la quale tutto il resto e' poesia). Ma allora a che serve Siciliani/giovani? A dare la parola alla gente, a fare parlare i ragazzi in prima persona, direttamente e senza bisogno di nessuno. E quindi a farli contare nella societa'. Noi non siamo qualunquisti, non diciamo che tutto e' uguale e che non vale la pena di far niente. Pero' non siamo nemmeno ideologici, vogliamo imparare dalla realta' e dalla gente e non dai professionisti della politica. In tutto questo cosa c'entrano "I Siciliani"? "I Siciliani" da soli possono riuscire a denunciare la mafia, ma non a creare una mentalita' antimafiosa. Non si tratta solo di distruggere la mafia, ma anche di costruire qualcos'altro. Questo qualcos'altro non lo possiamo inventare a freddo, ma deve venire dalla gente, e specialmente dai giovani, liberamente e senza prediche inutili. Si tratta di sviluppare al massimo grado la creativita' di ciascuno, perche' ciascuno e' in grado di contribuire e d'altra parte nessuno oggi e' in grado di costruire qualcosa di buono da solo. Si tratta in sostanza di capire come si puo' fare a vivere meglio, non nelle grandi teorie, ma nella realta' di ogni giorno. Ma questo e' un giornale o un'organizzazione? Non lo sappiamo ancora, probabilmente puo' diventare l'uno e l'altra. Ma attenzione: un giornale di tipo nuovo, e cioe' assolutamente libero e fatto dalla base; e un'organizzazione di tipo nuovo, senza ideologie fisse e soprattutto senza professionisti, ideologie e leaderini. Un'organizzazione tutta da inventare. E come si puo' fare a mettere in piedi questa organizzazione? Non ne abbiamo la piu' pallida idea. A questo dobbiamo pensarci tutti, strada facendo. Finora abbiamo i gruppi di lavoro su argomenti concreti e il collegamento fra gente di varie scuole. Questo non e' venuto fuori perche' l'ha detto qualcuno, ma semplicemente perche' erano il modo piu' semplice di affrontare le cose da fare. Anche quando si trattera' di organizzarsi in maniera piu' ampia, bisognera' continuare a seguire questo metodo, e cioe': prima i problemi concreti: a secondo dei problemi, il tipo di organizzazione, senza troppe teorie. Si e' parlato pure di manifestazioni. Una manifestazione seria si potrebbe fare, in tutta la Sicilia, per il cinque gennaio: purche' non sia una semplice manifestazione ma un modo di ricordare a tutti "tutti" i nostri problemi, da quelli della mafia a quelli della vita quotidiana. Ma anche in questo caso, andiamoci per gradi: prima bisogna che si sia d'accordo tutti e che si discuta fra tutti per tutto il tempo che ci vuole. Ma come facciamo a essere certi di non venire strumentalizzati? Per quanto riguarda noi "Siciliani", non abbiamo interessi elettorali, quindi il problema si pone solo fino a un certo punto. Quello che vogliamo fare lo diciamo apertamente e chiaramente, e non crediamo che possa far paura a nessuno che abbia un minimo di buonsenso. La parola "Siciliani" appartiene a tutti, comunque la pensino su tutto il resto, purche' siano d'accordo che bisogna eliminare la mafia. "I Siciliani" non e' un generale che comanda, e' semplicemente una bandiera. Dove portarla, dipende da tutti noi. E gli altri? Per gli altri, non possiamo farci niente. Ognuno ha il diritto di parlare, e noi non possiamo censurare nessuno. Sta a noi ragionarci sopra, scegliere fra le varie proposte e, in caso di contrasti, decidere in assemblea. C'e' solo da ricordarci che, in ogni caso, le cose importanti non sono le grandi parole ma i fatti concreti, anche se si notano poco. * "SicilianiGiovani". Noi e "loro" C'e' un sacco di gente a cui non sta affatto bene che i ragazzi siciliani stiano allegri, si divertano e cerchino di riprendersi in mano la propria vita. Proviamo a fare qualche nome: - i mafiosi come Santapaola, Ferlito e Ferrera, che "mantengono l'ordine" (assieme ai vari colonnelli Licata) nei quartieri, ammazzando chi si ribella o si fanno i miliardi con l'eroina; - i politicanti come Aleppo e Drago, che da un lato danno i contributi ai mafiosi e dall'altro dicono che "la mafia non esiste"; - i padroni come Rendo, Graci, Costanzo o Finocchiaro, che licenziano gli operai, vanno a braccetto con i mafiosi e poi si infuriano se qualcuno gli chiede da dove vengono tutti quei soldi; - i giornali come "La Sicilia", che fanno casino quando trovano un ragazzo con un po' di fumo, ma di fronte a mafiosi e cavalieri se ne stanno zitti. La mafia non danneggia le persone importanti, ma va avanti sulla pelle di tutti noi. Allora, ricordiamo quelli che hanno avuto il coraggio di lottare contro la mafia, appoggiamo quelli che continuano a lottare ancora ma, soprattutto, organizziamoci nella nostra vita quotidianamente per non subire prepotenze da nessuno e per vivere come desideriamo noi, non come vogliono gli altri. E per cominciare, fra un mese tutti in piazza per il centro giovanile autogestito. "Siciliani/Giovani" 4. LIBRI. LILIANA MORO PRESENTA "LE GUERRE DELL'ACQUA" DI VANDANA SHIVA [Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo questa recensione del libro di Vandana Shiva, Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003. Liliana Moro (per contatti: mor.li at libero.it), insegnante di italiano e storia, fa parte della Societa' Italiana delle Storiche e collabora con la Libera Universita' delle Donne come docente. Si occupa di storia dell'istruzione e di storia della scienza e collabora con la rivista "Il paese delle donne". Opere di Liliana Moro: AA. VV., Profumi di donne, Cuen, 1997; con Sara Sesti, Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila, Pristem - Universita' Bocconi, seconda edizione 2002. E' una delle webmaster del sito dell'Universita' delle donne, e cura in particolare le rubriche Storia, Guerra, Pensiamoci e l'Agenda. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003] La guerra, che ci circonda da molti lati, ha imprevedibili radici: per scoprirne alcune e' estremamente utile la lettura dell'ultimo libro di Vandana Shiva: Le guerre dell'acqua. Si tratta di un'analisi che la scienziata indiana ha condotto su un elemento chiave dell'economia e della vita del pianeta, l'acqua, che e' stata ed e' tuttora causa di conflitti piu' o meno espliciti. Se il rapporto guerre-petrolio e' stato ampiamente indagato, meno ovvio risulta questo legame tra gli strumenti di morte e un liquido che associamo normalmente alla vita. L'acqua e' una risorsa primordiale su cui si e' sviluppata un'antichissima cultura di gestione collettiva per garantire la sopravvivenza di tutti, soprattutto in quei luoghi, come l'India, in cui e' meno abbondante. Ora e' divenuta oggetto di appropriazione capitalistica e la sua trasformazione in merce non ne ha solo innalzato il prezzo, ne ha anche prodotto la scarsita'. Molti conflitti tra popoli e fra stati sono sorti da una logica di possesso invece che di condivisione: nel Punjab come in Palestina. Tra Egitto e Etiopia ci sono tensioni per l'uso delle acque del Nilo, e per quelle del Tigri e dell'Eufrate sono in conflitto Turchia, Siria ed Iraq. I dati forniti da Vandana Shiva contraddicono un diffuso convincimento: quello che l'innovazione tecnologica produca miglioramenti nello sfruttamento delle risorse idriche. "In India, proprio quando si e' iniziato a investire capitali nei progetti idrici, sempre piu' villaggi hanno visto diminuire le riserve d'acqua". Di fatto gli interventi del governo indiano nei villaggi con problemi di scarsita' idrica esistono ormai da 22 anni ma hanno migliorato la condizione solo di 25 villaggi. Un fallimento di tal genere nasce dalla fiducia nelle tecnologie importate dal cosiddetto Occidente: sono stati scavati pozzi profondi da cui e' stata estratta acqua in grandi quantita': tutto bene, quindi. Ma le riserve profonde, sotterranee abbisognano di molti anni per ricostruirsi e ora intere regioni sono divenute completamente aride. In che consiste il vantaggio economico di queste iniziative? Se c'e', indubbiamente non riguarda le popolazioni rurali. Qualcosa di analogo avviene per le dighe, e Vandana ci narra come questo problema non sia limitato all'India e ai paesi del sud del mondo: gia' da fine '800 coinvolse gravemente l'Ovest degli Stati Uniti dove si sviluppo' un conflitto, anche guerreggiato, attorno alla costruzione di acquedotti e dighe sul fiume Colorado. Attualmente la costruzione di dighe gigantesche sui principali fiumi del mondo comporta l'evacuazione di milioni di persone, spostate sovente a grandi distanze dalle valli che devono essere sommerse. Questi cittadini perdono il loro paese, le tradizioni, gli antenati e non beneficeranno mai dell'acqua dei nuovi bacini. I costi sociali ed economici sono giganteschi e gli stati coinvolti non sono in grado di sostenerli, quindi vengono per lo piu' finanziati dalla Banca Mondiale. Chi ha partecipato direttamente ad alcuni progetti ha constatato che "i costi ecologici e sociali superavano di gran lunga i benefici. In linea di massima, i vantaggi venivano enormemente gonfiati per adeguarsi alla logica degli utili sul capitale investito dalla Banca mondiale". Questa e' una forma di violenza: "Il fatto che al di la' dello stato e del mercato esistano comunita' di persone in carne e ossa con bisogni concreti e' qualcosa che, nella corsa alla privatizzazione, viene spesso dimenticata". Attraverso l'analisi dettagliata di casi concreti, la Shiva mostra come la centralizzazione delle decisioni per attuare i progetti delle grandi imprese esclude i diretti interessati e conduce alla negazione della democrazia. Cosi' cresce l'insicurezza e il fondamentalismo. Citando Gandhi, Vandana Shiva ci ammonisce che "La terra ha abbastanza per le necessita' di tutti, ma non per l'avidita' di pochi". 5. LIBRI. GIORGIO RIMONDI PRESENTA "UNA FILOSOFA INNAMORATA" DI ANNAROSA BUTTARELLI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 marzo 2005, che lo riprende dal n. 3 dalla bella rivista telematica "Per amore del mondo" (disponibile nel sito www.diotimafilosofe.it). Giorgio Rimondi vive e lavora a Ferrara e si occupa principalmente di musica e letteratura. Annarosa Buttarelli fa parte della comunita' filosofica di "Diotima", collabora con il dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona, ha scritto saggi pubblicati all'interno di volumi curati da Diotima (Oltre l'uguaglianza, La sapienza di partire da se', La rivoluzione inattesa); ha dedicato vari saggi alla filosofa spagnola Maria Zambrano; e' impegnata nel pensiero e nella politica della differenza. Opere di Annarosa Buttarelli: Donne e divino, S.C.C., Mantova 1992; in Diotima, Oltre l'uguaglianza, Liguori, Napoli 1995; in Diotima, La sapienza di partire da se', Liguori, Napoli 1996; in Diotima, La rivoluzione inattesa, Nuova pratiche, Milano 1997; con Luisa Muraro e Liliana Rampello, Duemilaeuna. Donne che cambiano l'Italia, Nuove Pratiche, Milano 2000; con Laura Boella, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; Una filosofa innamorata, Bruno Mondadori, Milano 2004. Maria Zambrano, insigne pensatrice spagnola (1904-1991), allieva di Ortega y Gasset, antifranchista, visse a lungo in esilio. Tra le sue opere tradotte in italiano cfr. almeno: Spagna: pensiero, poesia e una citta', Vallecchi, Firenze 1964; I sogni e il tempo, De Luca, Roma 1964; Chiari del bosco, Feltrinelli, Milano 1991; I beati, Feltrinelli, Milano 1992; La tomba di Antigone. Diotima di Mantinea, La Tartaruga, Milano 1995; Verso un sapere dell'anima, Cortina, Milano 1996; La confessione come genere letterario, Bruno Mondadori, Milano 1997; All'ombra del dio sconosciuto. Antigone, Eloisa, Diotima, Nuova Pratiche Editrice, Milano 1997; Seneca, Bruno Mondadori, Milano 1998; Filosofia e poesia, Pendragon, Bologna 1998. L'agonia dell'Europa, Marsilio, Venezia 1999. Dell'aurora, Marietti, Genova 2000; Delirio e destino, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000; Persona e democrazia. La storia sacrificale, Bruno Mondadori, Milano 2000; L' uomo e il divino, Edizioni Lavoro, Roma 2001; Le parole del ritorno, Citta' Nuova, Roma 2003. Opere su Maria Zambrano: un buon punto di partenza e' il volume monografico Maria Zambrano, pensatrice in esilio, "Aut aut" n. 279, maggio-giugno 1997, e il recente libro di Annarosa Buttarelli, Una filosofa innamorata. Maria Zambrano e i suoi insegnamenti, Bruno Mondadori, Milano 2004] Chi scorresse l'indice del libro di Annarosa Buttarelli (Una filosofa innamorata. Maria Zambrano e i suoi insegnamenti, Bruno Mondadori) dopo essersi soffermato sul titolo, che facendo dell'innamoramento una qualita' filosofica suona quasi una provocazione, proverebbe un supplemento di inquietudine di fronte ai termini che caratterizzano il contenuto dei capitoli: non solo perche' appaiono marginali rispetto a una accreditata tradizione di pensiero, ma in quanto solitamente ritenuti estranei alla possibilita' stessa di una trattazione scientifica. La serie, incompleta ma significativa, di eredita' (filosofica), trasformazione, empatia, invisibile, amore, disegna infatti il tracciato di un progressivo allontanamento dagli ambiti della riflessione occidentale, non fosse altro perche' l'eredita' filosofica (prima della serie) si costituisce come lascito di un sapere duale, dunque separativo, mentre l'amore (ultimo della serie), come si sa vive di contraddizioni. Certamente l'amore appartiene alla nostra esperienza e alla nostra riflessione, come testimonia la persistenza del "discorso d'amore" nel lavoro di poeti, romanzieri e trattatisti. Ma, per l'appunto, questo discorso si rivela assai problematico. Sia quando tende a scomporre la presunta unita' dell'Io, a drammatizzare un gioco delle parti che ce lo rappresenta come dolente e frammentato: da Cavalcanti a Barthes; sia quando, viceversa e specularmente, mira a un'improbabile fusione unificante, alla sintesi del due-in-uno e dunque al misconoscimento della differenza: come nella tradizione del pensiero cristiano, consegnata all'idea dell'amore agapico, e successivamente in quella del Romanticismo, catturata nelle voluttuose spire dell'amour-passion. La provocazione, se tale si puo' considerare, di un testo dedicato a una "filosofa innamorata" sta dunque prima di tutto nella volonta' di tenere insieme i (presunti) contrari, nel tentativo di abitare l'aporia - coerentemente alla pratica del pensiero della differenza sessuale cui fa riferimento Buttarelli -, e secondariamente nell'insistere (ritornare?) sul concetto d'amore come motore della vita e del sapere. In un'ottica maschile, mi sembra esattamente questo concentrarsi su un concetto pur cosi' evidente, nella sua varieta' fenomenologica, a trasformarlo nella fonte di un'inquietudine analoga a quella del "perturbante" freudiano-lacaniano, quel perturbante che permette alla struttura di funzionare solo restando celato, poiche' laddove appare - in questo caso perche' apertamente convocato - produce un'immediata alterazione delle coordinate soggettive, un vacillamento dell'essere. Ineffabile ma sostanzialmente aconcettuale, l'esperienza d'amore per gli uomini resta infatti uno spazio vuoto, che malvolentieri si accetta di attraversare limitandosi semmai a evocarla metaforicamente. Forse perche' un'oscura consapevolezza suggerisce che essa, esattamente come il perturbante, se affrontata nella sua verita' trasformatrice ci lascia annichiliti e come trasparenti a noi stessi, costringendoci a rimettere in questione il nostro rapporto primordiale con la conoscenza. Troppo vicino al cuore segreto dell'identita', fino a sovrapporvisi e rappresentarla, nel discorso maschile l'amore occupa forse il posto del rimosso che non deve ritornare, pena il sorgere dell'angoscia. E allora gli si preferisce il tema dell'amicizia, sul quale si e' costruita una lunga tradizione di pensiero. Tradizione che ha inquadrato l'amicizia nei recinti di una Stimmung storicamente non priva di ambiguita' ma dal profilo peculiarmente virile, quindi pacificante, e soprattutto in grado di tenere separati l'Io e l'Altro: in nome della sostanziale dissimmetria dei rapporti umani e nel contesto di una affinita' intellettuale prima ancora che emotiva, in cui distanza e presenza trovano un loro miracoloso ancorche' precario equilibrio. Pur con qualche distinguo, allora, questa amicizia sembrerebbe abbastanza prossima a quell'empatia (mediana nella serie) cui Buttarelli rimanda esplicitamente, definendola come uno "stare in compresenza amorosa con l'altro". Tanto piu' se questa compresenza consente a un rapporto non fusionale, mantiene insomma quella minima distanza in grado di mettere il simbolico maschile al riparo da perturbanti identificazioni. Se non che non si parla di amicizia nel libro di Buttarelli, ma in linea con gli insegnamenti di Maria Zambrano ancora e sempre di amore e della sua valenza trasformativa. Di un amore che viene di lontano e precede la filosofia, che implica la capacita' di sostenere la presenza dell'altro ma anche la sua mancanza, ovvero che impone di sperimentare la mancanza radicale che costituisce l'indispensabile requisito per imparare ad ascoltare, dunque a trasformarsi. Ancora una volta, siamo fuori dalla tradizione. Siamo in presenza di un'idea della critica (filosofica) che nulla ha a che fare con il commento, il rispetto dei codici, il dispiegamento dei dati, una critica che ricerca la propria salvezza, cioe' la propria "salute", nell'evidenza di un sentire che nulla deve alla vocazione tassidermica di certa filosofia e filologia. Scriveva Galeno che il buon medico e' sempre filosofo. E aveva ragione, ancorche' il suo viatico abbia consentito lo sviluppo di due percorsi concettuali inquietanti e paralleli: quello di una scienza medica che nasce dallo studio dei cadaveri, che trova il proprio oggetto nella raggelata fissita' dei corpi morti e, nulla intendendo del divenire dei corpi viventi, tende a farsi prescrittiva; quello di una scienza filosofica che si struttura in episteme per negare la radice umana dell'esperienza, organizzando un sapere razionale e cumulativo di cui si fanno zelanti custodi le accademie di ogni tempo. Sicche' entrambi, medico e filosofo, condividono la stessa catastale esigenza di ordine, lo stesso mortifero desiderio di sistematizzare il reale. E tuttavia Maria Zambrano, suggerisce Buttarelli, come accade agli sciamani di certi popoli da noi considerati primitivi, crede che la mediazione del linguaggio operi positivamente solo quando si collega a una qualita' quasi magica del sentire, e che la scrittura sia il giusto strumento che consente di pensare questo sentire. La scrittura dunque non consiste tanto nell'abilita' di dar forma all'informe (per produrre magari il proprio capo-lavoro, irrigidita autonomia di una forma senza divenire), come sostiene un'opinione diffusa, quanto nella possibilita' di de-lirare (nel senso etimologico di uscire dal solco) come pratica di una trasformazione che sta piu' dalla parte dell'informe che della forma: poiche' cerca le aree di transizione, le zone di vicinanza e indistinzione e, soprattutto, le possibilita' di relazione che ne derivano. Per esempio fra poesia e filosofia, visibile e invisibile, magari transitando per la porta del sogno, tema cui Zambrano ha dedicato parte della sua riflessione ma che non trova ospitalita' nel libro di Buttarelli, poiche' la studiosa italiana ritiene di non aver ancora trovato le giuste mediazioni per affrontare il "registro iniziatico e onirico" che caratterizza il pensiero della filosofa andalusa. Rinuncia, ormai lo sappiamo, da leggersi come sincero atto d'amore, quell'amore che sopporta la mancanza e mantiene la differenza affinche' il dialogo continui (e prima ancora si instauri) senza tramutarsi in monologo. Questa scelta ovviamente prolunga la nostra attesa, ma sostiene anche il nostro desiderio. Desiderio di quanti, lettori amici o innamorati, come terzi nella relazione si sentono chiamati a testimoniare del senso (e del valore) di questo libro senza necessariamente con-fondersi con esso. 6. PROFILI. ANNARITA BUTTAFUOCO, UNA STORICA DEL FEMMINISMO TRA TEORIA E PRASSI [Dal sito www.antrodellasibilla.it riprendiamo questa scheda biobibliografica su Annarita Buttafuoco (Cagliari 1951 - Arezzo 1999), illustre storica ed indimenticabile animatrice di straordinarie esperienze di cultura ed impegno civile] Nata a Cagliari nel 1951, ha vissuto fino al 1970 all'Isola d'Elba. Trasferitasi a Roma, si laurea nel 1974 con una tesi su Lineamenti antropologici del Sanfedismo. Dall'autunno del 1974, inizia l'insegnamento all'Universita' di Siena, sede di Arezzo; nel 1981 e' ricercatrice e nel 1992 diventa professore associato. Tiene innumerevoli conferenze e corsi in moltissime citta' italiane e straniere. Organizzatrice dalle straordinarie capacita', a Roma nel 1975 fonda assieme a Tilde Capomazza la rivista "DWF (Donna, Woman, Femme)", che dirigera' poi dal 1978 al 1986. Dal 1991 al 1995 e' presidente della Societa' italiana delle storiche, nonche' promotrice della Scuola estiva di storia delle donne. La scuola, istituita in collaborazione con l'Universita' di Siena, organizza ogni anno due corsi settimanali di women's studies presso la Certosa di Pontignano. Nel 1993 Annarita diventa presidente dell'Unione Femminile Nazionale, carica che ricoprira' fino alla morte. Nel 1994 promuove la trasformazione del Centro per gli studi del movimento di liberazione della donna in Italia in Fondazione Elvira Badaracco e fonda gli Archivi riuniti delle donne, quale "costola" dell'Unione femminile nazionale. Gli Archivi Riuniti costituiscono uno strumento prezioso per valorizzare l'esperienza storica femminile nelle sue diverse espressioni e per contribuire alla migliore conoscenza della storia delle donne e dei processi che nel corso del tempo, in diverse culture e societa', hanno presieduto alla formazione dell'identita' di genere e alla struttura dei rapporti tra i sessi. A tal fine, l'associazione compie un'opera di recupero, raccolta e tutela sia di interi fondi archivistici, sia di singoli documenti provenienti da persone, famiglie, associazioni, enti ed istituzioni varie. Annarita muore ad Arezzo, a soli quarantotto anni, il 22 maggio 1999. * Opere di Annarita Buttafuoco Le Mariuccine. Storia di un'istituzione laica. L'asilo Mariuccia, Milano, Angeli, 1985; Sul movimento politico delle donne. Scritti inediti di Franca Pieroni Bortolotti, Roma, Utopia, 1987; Cronache femminili: Temi e momenti della stampa emancipazionista in Italia dall'unita' al fascismo, Siena, Universita' di Siena, 1988; Svelamento. Sibilla Aleramo. Una biografia intellettuale, Milano, Feltrinelli, 1988; Modi di essere. Studi, riflessioni, interventi sulla cultura e la politica delle donne in onore di Elvira Badaracco, raccolti da Annarita Buttafuoco, Bologna, Editoriale Mongolfiera, 1991; A. Buttafuoco, C. Brezzi, Cosentino, Una bibliografia, secoli XVIII-XX, Bibbiena, Distretto scolastico n. 29, 1991; Le origini della Cassa nazionale di maternita', Siena, Universita' di Arezzo-Siena, 1992; Questioni di cittadinanza. Donne e diritti sociali nell'Italia liberale, Siena, Protagon Editori Toscani, 1995; A. Buttafuoco, E. Baeri (a cura di), Riguardarsi. Manifesti del movimento politico delle donne in Italia, Siena, Protagon Editori Toscani, 1997. * Articoli di Annarita Buttafuoco Appunti sul problema storico dell'inculturazione femminile: Note sul Medioevo, in "DWF donna woman femme", 1975, n. 3, pp. 21-47; A. Buttafuoco, U. Cerroni, Filosofia e storia: la dialettica degli affetti, in "DWF donna woman femme", 1975, n. 3, pp. 141-159; A. Buttafuoco, E. Cornaro Foscarini, Discorsi accademici: intorno agli studi delle donne, in "DWF donna woman femme", 1975, n. 1, pp. 151-178; Il tempo ritrovato: Riflessioni sul mestiere di storica, in "DWF donna woman femme", 1975, n. 1, pp. 37-47; Eleonora Fonseca Pimentel: Una donna nella rivoluzione, in "Nuova DWF", 1977, n. 3, pp. 51-92; Un incontro con le autrici de "I mille volti di Elena", in "Nuova DWF", 1978, n. 8, pp. 121-136; Uguaglianza, in M. D'Amato, Y. Ergas, S. Piccone Stella (a cura di), Sociologia della famiglia. Sull'emancipazione femminile, (Lessico politico delle donne, collana coordinata da M. Fraire), Milano, Gulliver, 1979; Lavoro a domicilio e sessualita': Materiali di una ricerca sul campo, in "Nuova DWF", 1979, n. 10-11, pp. 187-210; Condizione delle donne e movimento di emancipazione femminile, in Storia della societa' italiana, Vol XX, L'Italia di Giolitti, Milano, Teti, 1981; La storiografia femminista americana tra Women's culture e Women's Politics, in "Societa' e storia", 1981, n. 4, pp. 943-965; Di "madri" e di "sorelle". Frammenti su donne, femminismo, storiografia, in "Nuova DWF", 1981, n. 15, pp. 89-104; A. Buttafuoco, G. Turnaturi, Molto si e' detto e si dira': ... Quasi un editoriale, in "Nuova DWF", 1981, n. 16, pp. 5-17; Dalla redazione dell''"Unione femminile" (1901-1905), in "Nuova DWF", 1982, n. 21, pp. 101-141; A. Buttafuoco, R. De Longis, La stampa politica delle donne dal 1861 al 1924. Repertorio-catalogo, in "Nuova DWF", 1982, n. 21, pp. 73-100; Ripensare la storia politica: Il sentimento della politica, in "Nuova DWF", 1982, suppl. al n. 22, pp. 49-60; Cerco casa..., in "Nuova DWF", 1982, n. 19/20, pp. 124-126; Sprezza chi ride: Politica e cultura nei periodici del movimento di emancipazione in Italia, in "Nuova DWF", 1982, n. 21, pp. 7-34; Per insofferenza di freno e per miseria: Discole vagabonde e prostitute dell'Asilo Mariuccia (1902-1914), in "Movimento operaio e socialista", 1983, n. 1, pp. 117-134; Amore proibito: Ricerche americane sull'esistenza lesbica. Premessa di A. Buttafuoco, in "Nuova DWF", 1985, n. 23/24, pp. 3-4; Solidarieta', emancipazionismo, cooperazione. Dall'Associazione generale delle Operaie all'Unione femminile nazionale, in L'audacia insolente. La cooperazione femminile 1886-1986, Venezia, Marsilio, 1986: Il "tragico racconto": vita e avventure di Angela B., prostituta, tra l'altro, in "Memoria", 1986, n. 17, pp. 117-132; L'universo femminile tra subordinazione e emancipazione, in F. Della Peruta (a cura di), Vita civile degli italiani: societa', economia, cultura materiale. Citta', fabbriche e nuove culture alle soglie della societa' di massa, 1850-1920, Milano, Electa, 1987; Franca Pieroni Bortolotti e la storia del movimento di emancipazione femminile, in "Quaderni di storia delle donne comuniste", 1987, numero monografico; La filantropia come politica. Esperienze dell'emancipazionismo italiano nel Novecento, in L. Ferrante, M. Palazzi, G. Pomata (a cura di), Ragnatele di rapporti: Patronage e reti di relazioni nella storia delle donne, Torino, Rosenberg & Sellier, 1988; Vite esemplari: Donne nuove di primo Novecento, in A. Buttafuoco, M. Zancan (a cura di), Svelamento. Sibilla Aleramo: una biografia intellettuale, Milano, Feltrinelli, 1988; Liberta', fraternita', uguaglianza: per chi? Donne nella Rivoluzione francese, in A. M. Crispino (a cura di), Esperienza storica femminile nell'eta' moderna e contemporanea, Roma, Udi, 1988; Straniere in patria: Temi e momenti dell'emancipazione femminile italiana dall'Unita' al fascismo, in A. M. Crispino (a cura di), Esperienza storica femminile nell'eta' moderna e contemporanea, Roma, Udi, 1988; A. Buttafuoco L. Mariani, I volti di Messalina: Note sul rapporto tra emancipazionismo femminile e teatro, in "Movimento operaio e socialista", 1988, n. 3, pp. 481-499; In servitu' regine. Educazione ed emancipazione nella stampa politica femminile, in S. Soldani (a cura di), L'educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell'Italia dell'Ottocento, Milano, Franco Angeli, 1989; Uno specchio dotato di memoria. Note su fotografia e storia delle donne in margine alla mostra, in C. Colombo (a cura di), Donna lombarda: Un secolo di vita femminile, Milano, Electa, 1989; L'impegno al femminile. Cinque protagoniste fra politica e cultura, in "Il Risorgimento. Rivista di storia del Risorgimento e storia contemporanea", Comune di Milano "Amici del Rsorgimento", 1989; Una "filantropia politica": Profilo di Nina Rignano Sullam, in "Il Risorgimento", 1989, giugno; Virtu' civiche e virtu' domestiche. Letture del ruolo femminile nel triennio rivoluzionario, in G. Benassati, L. Rossi (a cura di), L'Italia nella Rivoluzione, Bologna, Grafis edizioni, 1990; Historia y memoria de si': Feminismo y Teoria del Discurso, in G. Colaizzi (a cura di), Feminismo y Teoria del discurso, Madrid, Ediciones Catedra, 1990; Storia di genere, storia delle donne, in "L'informazione bibliografica", 1990, n. 4, pp. 597-607; Ottomarzo in archivio, in "Noi donne", 1990, n. 3, pp. 100-101; La causa delle donne. Cittadinanza e genere nel triennio "giacobino" italiano, in Modi di essere: Studi, riflessioni, interventi sulla cultura e la politica delle donne in onora di Elvira Badaracco, raccolti da Annarita Buttafuoco, Bologna, Editoriale Mongolfiera, 1991; Matherhood as a political Strategy. The role of the Italian Women's Movement in the Creation of the Cassa Nazionale di Maternita', in G. Book, P. Thane (a cura di), Maternity and gender policies: women and the rise of the european welfare states, 1880s-1950s, Londra, Routledge, 1991; Femmes "nouvelles" et redemption del prostitutees, l'exemple du refuge Mariuccia a' Milan, in E. Gubin (a cura di), Norme et marginalites. Comportaments feminism aux XIXe-XXe siecles, Universite' Libre de Bruxelles 1991; Vuoti di memoria: Sulla storiografia politica delle donne in Italia, in "Memoria", 1991, n. 31, pp. 61-72; Vie per la cittadinanza. Associazionismo politico femminile in Lombardia tra Ottocento e Novecento, in Donna lombarda: 1860-1945 (introduzione di A. Buttafuoco), Milano, Franco Angeli, 1992; Per un diritto. Coeducazione e identita' femminile nell'emancipazionismo italiano tra Ottocento e Novecento, in E. Beseghi, V. Telmon (a cura di), Educazione al femminile: dalla parita' alla differenza, Firenze, La Nuova Italia, 1992; Tra cittadinanza politica e cittadinanza sociale: Progetti ed esperienze del movimento politico delle donne nell'Italia liberale, in G. Bonacchi, A. Groppi (a cura di), Il dilemma della cittadinanza. Diritti e doveri delle donne, Bari, Laterza, 1993; La politicita' della storia delle donne, in L. Capobianco (a cura di), Donne tra memoria e storia, Napoli, Liguori, 1993; Prefazione al libro: P. Montani, Educare gli educatori: la Scuola dei genitori di Milano (1953-1962), Milano, Rosemberg Sellier, 1994; Prefazione a Sandra Chimenti, in: P. Clemente (a cura di), Salvo buon fine, Siena, Senese, 1997; Cittadine italiane al voto, in "Passato e presente", 1997, n. 40, pp. 5-11; Vite sulla carta: oggettivita', memoria e trasmissione nell'archivio di Ersilia Majno, in "Bollettino I.R.R.S.A.E. Lombardia", 1994, supplemento al n. 45, dicembre 1998. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 880 del 26 marzo 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
- Prev by Date: La nonviolenza e' in cammino. 879
- Next by Date: La nonviolenza e' in cammino. 881
- Previous by thread: La nonviolenza e' in cammino. 879
- Next by thread: La nonviolenza e' in cammino. 881
- Indice: