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La nonviolenza e' in cammino. 852
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 852
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 26 Feb 2005 00:17:42 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 852 del 26 febbraio 2005 Sommario di questo numero: 1. Voci per Giuliana 2. Mao Valpiana: Grazie a tutti 3. Peppe Sini: Da Venezia una vittoria della nonviolenza, una vittoria dell'umanita' 4. Chiara Cavallaro: "No alla censura preventiva sulla guerra", una campagna da sostenere 5. Per una bibliografia sulla Shoah (parte trentesima) 6. Ileana Montini: I seguaci di don Giussani 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. TESTIMONIANZE. VOCI PER GIULIANA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22, 23 e 24 febbraio 2005 riprendiamo alcuni dei molti interventi di solidarieta' con Giuliana Sgrena. Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004); e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005. Dal sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese. Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista"] Cara Giuliana, ti ho conosciuta il 2 luglio del 2003 quando insieme alle giornaliste inviate di guerra sei stata nostra ospite a Montecitorio e mi hai dato un'impressione di forza e di schiettezza. Toccante il tuo racconto sulla guerra in Iraq raccolto nel volume Le giornaliste e la guerra in Iraq, che rappresenta una preziosa riflessione. Il tuo rapimento e' per me una ragione di grande angoscia e sento la necessita' e il dovere di esprimere ai tuoi cari familiari la mia solidarieta'. Sono loro vicina con quella stessa schiettezza che ci ha reso amiche. A nome della Provincia di Avellino, quale presidente, e delle associazioni femminili presenti sul territorio, esprimo al tuo giornale il mio sostegno e mi impegno ad attivare una forte azione tesa ad ottenere la tua liberazione. Una persona come te, una donna che si e' spesa nella sua professione con estrema dedizione e straordinario coraggio, rappresenta sicuramente un riferimento per raccontare un mondo purtroppo martoriato da una guerra atroce. Il mio augurio e' che tu venga liberata e restituita all'amore e all'affetto dei tuoi cari genitori e di quanti, desiderosi di pace, sanno di poter avere da te una testimonianza vera e vissuta. Alberta De Simone, presidente della Provincia di Avellino * La Lega Araba condanna duramente il rapimento della giornalista Giuliana Sgrena e ne chiede l'immediata liberazione. La giornalista come l'abbiamo conosciuta e' un simbolo della pace, non merita il rapimento ne' la sofferenza perche' dedica tutto il suo impegno per la liberta' e la pace dei popoli oppressi, dalla Palestina all'Iraq ecc. Percio' chiediamo la sua liberazione per farla tornare ad aiutare i popoli del Terzo mondo e per avvicinare i popoli e porre fine alla cosiddetta guerra di civilta'. Fathi Abu Abed, portavoce della Lega degli Stati Arabi in Italia * Nei nostri pensieri e in tutto quello che facciamo in questi giorni c'e' Giuliana Sgrena. L'ho conosciuta in Italia, a un incontro in una sede del parlamento. Mi ha toccato il cuore. L'ho subito sentita come una donna irachena. Io e mio marito stiamo facendo numerosi appelli ai leader islamici, ai partiti islamici, alle moschee e a tante associazioni e a tanti giornali. Ho fatto girare nelle associazioni di donne islamiche una lettere che spiega quanto il popolo italiano sia in disaccordo con la decisione del suo governo di inviare truppe in Iraq. Giuliana e' una protagonista del movimento contro la guerra ed e' impegnata per la pace, la liberta' e la democrazia, non solo in Iraq ma anche in Algeria, Palestina e Afghanistan. Sono convinta che un iracheno non possa arrivare a uccidere una donna, qualsiasi sia la ragione, e questo e' quanto ci impone la nostra religione. Sono convinta che presto o tardi la rilasceranno. Sameera Ahmed Al-Awazi (Questo messaggio arriva dal quartiere di Adhamiya a Baghdad tramite l'ong italiana "Berretti bianchi". Sameera e' un'insegnante di lingua araba nella scuola primaria. Ha 44 anni, sei figli ed e' la moglie del dottor Riyadh Al-Adhadh, un medico reumatologo sunnita molto noto in citta', che e' stato anche eletto nel consiglio municipale ed e' membro dell'Iraqi islamic party che non ha partecipato alle elezioni volute dagli Usa. Sameera e' impegnata a dare sostegno alle vittime della guerra, specialmente le donne. E' stata in Italia nello scorso dicembre per partecipare alla sessione del World tribunal on Iraq a palazzo Marini, dove ha conosciuto Giuliana Sgrena). * Cari colleghi del "Manifesto", sono della redazione di Rainews 24. Conosco Giuliana da vari anni e abbiamo spesso fatto delle cose insieme. Sabato avrei voluto essere con voi alla manifestazione, ma il mio direttore mi ha chiesto di condurne la diretta. L'ho fatto con infinito amore ed emozione, anche se non sono potuta essere la con voi fisicamente. Ho pensato di far registrare su cassetta tutta la diretta. Sara' il mio regalo per Giuliana quando tornera'. Perche' tornera'. Lo vogliamo sperare, lo dobbiamo sperare e non possiamo farci prendere dalla stanchezza o dallo sconforto. Stanotte ho sognato Giuliana. Eravamo a Malta, al mare e tra gli edifici barocchi della Valletta. Giuliana era tornata da non molto, era tranquilla, sorrideva e si godeva il fresco delle onde e il calore del sole. Tutto era tanto sereno... Che sia di buon auspicio. Ne sono certa. Forza a tutti. Siete magnifici. Teniamoci stretti. Claudia Origlia 2. EDITORIALE. MAO VALPIANA: GRAZIE A TUTTI [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario. Nel notiziario di domani riprodurremo il testo integrale della sentenza] La sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Venezia giovedi' 24 febbraio 2005, di piena conferma della sentenza assolutoria di primo grado emessa dal Tribunale di Verona nel 1997, e' una sentenza che ci assolve definitivamente dall'accusa di blocco ferroviario per aver fermato alla stazione di Balconi di Pescantina il 12 febbraio 1991 il "treno della morte" proveniente dalla Germania e diretto a Livorno carico di mezzi militari destinati alla prima guerra in Iraq. Siamo stati assolti "perche' il fatto non sussiste" in quanto in sostanza i giudici riconoscono che la nostra azione diretta nonviolenta era tesa "non gia' ad impedire od ostacolare la liberta' dei trasporti ma a rendere palese e ad esternare una posizione di non allineamento a quella degli organi ufficiali", ed inoltre viene riconosciuta la correttezza e la coerenza della nostra condotta nonviolenta. Grazie a tutti. Questa "vittoria di tutti" e' stata ottenuta con il concorso di tantissimi amici della nonviolenza. In primo luogo vogliamo ringraziare gli avvocati della difesa, che con generosita', competenza, e autorevolezza hanno patrocinato la causa. Grazie di cuore a Sandro e Nicola Canestrini, Maurizio Corticelli, Nicola Chirco, Giuseppe Ramadori. Questi avvocati costituiscono una preziosa risorsa per tutto il movimento. Senza di loro non avremmo ottenuto un risultato cosi' soddisfacente. Grazie alle tantissime persone e gruppi che da ogni parte d'Italia hanno fatto pervenire la loro solidarieta', determinante far capire ai giudici che il blocco nonviolento non era un'azione estemporanea, ma esprimeva la profonda persuasione di un sentire comune e diffuso. Grazie a padre Angelo Cavagna e al professor Antonio Papisca, che con le loro testimonianze al primo processo hanno offerto ai giudici le profonde motivazioni morali e giuridiche per dichiarare illegittima quella guerra, e tutte le guerre. Grazie a chi ha sempre dato una corretta e puntuale informazione, senza la quale non sarebbe cresciuto il consenso attorno a noi. Grazie a chi prima di noi, con sacrificio personale, ci ha insegnato cos'e' la nonviolenza e ci ha fatto capire, con l'esempio, la forza e l'efficacia dell'azione diretta nonviolenta. Grazie ai nostri figli, non ancora nati nel 1991, oggi adolescenti, che ci hanno sostenuto con la loro vivace freschezza, con leggerezza e passione. Grazie al Movimento Nonviolento che ha messo a disposizione tutte le risorse ideali e materiali necessarie. Grazie alla magistratura, che ci ha giudicato con imparzialita' e in autonomia, ed ha saputo applicare con coraggio lo spirito della legge. Grazie a chi utilizzera' questa sentenza per proseguire il cammino della nonviolenza. Mao Valpiana a nome di tutti i 17 imputati, assolti. 3. EDITORIALE. PEPPE SINI: DA VENEZIA UNA VITTORIA DELLA NONVIOLENZA, UNA VITTORIA DELL'UMANITA' La sentenza emessa il 24 febbraio 2005 dalla Corte d'Appello di Venezia, che conferma pienamente la sentenza di primo grado di piena assoluzione degli amici della nonviolenza che nel 1991 avevano bloccato un treno che trasportava armi per la guerra del Golfo, ha un grande valore, per molti motivi. Nei prossimi giorni offriremo una piu' ampia documentazione e svolgeremo una piu' approfondita riflessione, ma fin d'ora vogliamo mettere in evidenza alcuni elementi a nostro avviso cruciali. 1. Avevano ragione gli amici della nonviolenza: col loro tentativo di impedire ad armi assassine di giungere sul teatro della guerra stragista essi obbedivano al principio fondamentale, e valore supremo, sancito dall'ar ticolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana, che ripudiando la guerra invera il principio basilare dell'intera civilta' umana: il dovere di non uccidere altri esseri umani. 2. Avevano ragione gli amici della nonviolenza: con la nonviolenza si puo' e si deve opporsi alle uccisioni. Se invece di 17 testimoni in una stazione ferroviaria dalle parti di Verona, milioni di persone in tante parti del mondo avessero fatto un analogo gesto limpido e concreto, un'analoga azione rigorosamente nonviolenta, avessero impedito la costruzione, il trasporto, l'uso di strumenti assassini, quante vite umane sarebbero state salvate, allora, oggi. 3. Avevano ragione gli amici della nonviolenza: la nonviolenza e' piu' forte. Se invece di persistere in equivoci, ambiguita', abulia e menzogne come sovente massivamente accade, almeno le persone sinceramente convinte che la pace e' preferibile alla guerra, il convivere preferibile all'assassinare, si decidessero infine della necessita' di fare la scelta della nonviolenza, e si desse quindi un movimento di massa consapevolmente, persuasamente, e quindi persuasivamente nonviolento, capace di costituire corpi civili di pace, capace di realizzare la difesa popolare nonviolenta, capace di fermare il tristo lavoro delle fabbriche d'armi e la sanguinaria operativita' delle strutture assassine, capace di rendere la nonviolenza azione collettiva e sentimento comune di dignita' e serieta' dinanzi alla vita propria ed altrui, principio giuriscostituente e riconoscimento di umanita' per tutti gli esseri umani, ebbene, quante vite potremmo salvare, quante dittature abbattere, quanti crimini impedire: abolire le guerre, abolire ogni terrorismo, sconfiggere ogni organizzazione criminale sarebbe allora possibile. 4. Avevano ragione gli amici della nonviolenza: la nonviolenza e' la via. La via su cui molte e molti si sono gia' messi: come ebbe a scrivere una volta Aldo Capitini: "la nonviolenza e' il varco attuale della storia". Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 5. I magistrati veneziani, come gia' quelli veronesi a suo tempo, questo hanno colto: nell'azione nonviolenta hanno visto all'opera la cittadinanza democratica, lo stato di diritto come costume morale e impegno civile incarnato nell'attiva responsabilita' delle persone, l'inveramento della Costituzione del nostro paese, e della carta dell'Onu, e della Dichiarazione universale dei diritti umani del '48; in quei diciassette cittadini italiani che fermavano il treno della morte hanno riconosciuto le antiche virtu' repubblicane cui ci chiamava Giacomo Leopardi, l'eredita' grande della Resistenza, il cielo stellato e la legge morale. E hanno saputo sentenziare che quell'agire non e' reato ma diritto, amore e non disprezzo della legge. Reato e' uccidere, delitto e' la guerra, crimine la produzione e l'uso delle armi che sopprimono umane esistenze. Nell'azione diretta nonviolenta di diciassette cittadini italiani che fermano un carico di armi che di li' a poco avrebbero menato strage di vite umane, nell'azione diretta nonviolenta di diciassette cittadini italiani che fermano un carico di armi per salvare cosi' quelle vite umane dalle armi minacciate di morte, quei giudici hanno saputo riconoscere la verita' e la giustizia in azione, il diritto legale, il dovere morale. E lo hanno sentenziato, in nome del popolo italiano, in nome dell'umanita'. 4. INIZIATIVE. CHIARA CAVALLARO: "NO ALLA CENSURA PREVENTIVA SULLA GUERRA", UNA CAMPAGNA DA SOSTENERE [Ringraziamo Chiara Cavallaro (per contatti: chiara.cavallaro at issirfa.cnr.it) per questo intervento. Chiara Cavallaro, prestigiosa figura del movimento per la pace, economista, ricercatrice Cnr, formatrice alla nonviolenza, fa parte del Comitato scienziate e scienziati contro la guerra, di "Articolo 11. Sana e robusta Costituzione", dell'esperienza di "Ostinati/e per la pace", ed e' una delle persone piu' attivamente impegnate nella campagna "No alla censura preventiva sulla guerra"] Ha come motto "No alla censura preventiva sulla guerra" la campagna contro l'approvazione della proposta di legge di delega al governo per la riforma dei codici penali militari di pace e di guerra (disegno di legge n. 5433, presentata dal Ministro della Difesa di concerto con il Ministro della Giustizia). Come esplicitato da Silvana Pisa in un articolo comparso sull'"Unita'" il 2 febbraio scorso, dal titolo "Repubblica fondata sulla guerra", la posta in gioco su questa legge delega, che si desume anche dalle scarne considerazioni qui riportate, e' la previsione della guerra come consuetudine internazionale per la risoluzione dei conflitti. Questa operazione passa per una sorta di "banalizzazione" della guerra, convertita in un immanente e, apparentemente, inevitabile "tempo di guerra" in cui, volenti o nolenti, saremmo costretti a vivere. Si sa che in situazioni di questo tipo la tentazione di ricorrere a strumenti gia' noti puo' essere dettata anche dalle migliori intenzioni e che la riflessione sul legame tra mezzi e fini rischia di essere rinviata a tempi meno "emergenziali". La campagna e' quindi, allo stesso tempo, un fronte di resistenza di fronte all'ennesimo tentativo di indicare e istituzionalizzare l'uso della violenza come strumento piu' efficace in situazioni di crisi e di conflitto, e un modo per rinnovare la necessita' e l'urgenza di cominciare a pensare, concretamente, a costruire la pace ed affrontare la trasformazione dei conflitti con altri mezzi e altro tipo di risorse rispetto alla deterrenza delle armi e degli eserciti. * Le tematiche oggetto della campagna Questi elementi e i problemi posti da questo progetto di legge delega sono pero' immediatamente individuabili dalla semplice lettura del testo della proposta di legge, pertanto quanto segue e' una sintetica elencazione dei suoi punti piu' eclatanti e delle osservazioni raccolte da varie fonti in questi due mesi. I punti sono suddivisibili in due aree: una prima, che investe piu' direttamente sensibilita' e diritti della societa' civile; e una seconda, piu' interna al campo delle scienze giuridiche e della giurisdizione militare in senso stretto, ma non per questo meno pericolosa. * La prima area Partiamo dalla prima area, i cui temi sono forse, nella campagna in atto, quelli maggiormente citati, e che si riferisce essenzialmente a quanto previsto nella riforma del codice penale militare di guerra. Attualmente il codice penale militare di guerra (che risale al 1941) prevede di essere in vigore ogni qualvolta sia stato dichiarato, con le procedure previste dagli artt. 78 e 87 della Costituzione, lo stato di guerra. Tuttavia, puo' essere applicato (art. 4 cpmg), anche in assenza di tale dichiarazione, quando espressamente previsto dalla legge, ed in particolare l'art. 9 dello stesso codice prevede che sia applicato anche alle operazioni militari armate all'estero. Se non bastasse questo, l'art. 165 del cpmg prevede, in seguito a quanto determinato con due leggi recenti (L. 6/2002 e L. 15/2002), che possa entrare in vigore anche nel caso di conflitti armati, definiti, indipendentemente dal luogo, come quei conflitti in cui una delle parti fa uso militarmente organizzato e prolungato delle armi nei confronti dell'altra per lo svolgimento di operazioni belliche. Le nostre operazioni all'estero, in particolare quella in Afghanistan (alla cui partecipazione si devono le due leggi del 2002 citate) e quella in Irak, stanno utilizzando come riferimento legislativo il codice penale militare di guerra in quanto operazioni all'estero per le quali si e' deciso per legge di adottare il cpmg, piu' che trattandosi di missioni con operazioni belliche nelle quali almeno una delle due parti (quella italiana o quella americana, per esempio), fa uso organizzato e prolungato delle armi nei confronti dell'altra (terroristi?). In questa situazione, che probabilmente si pone oltre il dettato costituzionale, pur trovandosi nei confini determinati da una legislazione in vigore, la proposta di legge delega n. 5433 (nella quale non vi e' nessun richiamo ai limiti posti dagli artt. 11 e 103 della Costituzione) non introduce elementi di certezza, piuttosto amplia l'automaticita' delle procedure per la determinazione di tale applicazione, prevedendo che il cpmg possa essere posto in vigore, nei casi gia' citati, con un qualsiasi atto avente forza di legge. Tradotto: decreto legge del governo, senza alcun preventivo passaggio per le camere. Tuttavia, si badi bene, questa situazione non configura uno "stato di guerra", bensi' la delega lo definisce in piu' parti un "tempo di guerra", i cui contorni paiono dati, quasi tautologicamente, come quel tempo (e quel luogo) dove i militari italiani si trovino, non e' chiaro perche', all'estero o in una condizione di conflitto armato. In questa condizione opereranno "come se" si fosse in guerra, pur essendo, magari, inviati in missione di pace. * Le conseguenze piu' eclatanti Le conseguenze piu' eclatanti di questa situazione, su cui la campagna sta particolarmente insistendo, sono in questi casi due: 1. entrano in vigore, in Afghanistan e Irak e nell'eventuale "tempo di guerra" previsto dalla delega, gli articoli che fanno parte del Terzo Libro del Codice "Dei reati militari, in particolare", Capo III, ovvero gli artt. 72, 73, 74 e 75 "Della illecita raccolta, pubblicazione e diffusione di notizie militari" che riguardano in particolare il procacciamento di notizie riservate, la diffusione di notizie riservate e l'agevolazione colposa di tali reati. La delega prevede l'abrogazione del solo art. 75 "Diffusione di notizie di particolare interesse militare", lasciando quindi in vigore i tre articoli precedenti (72, 73, 74). La Federazione Nazionale della Stampa, innanzitutto, ha sollevato il problema che la presenza di tali articoli lede i diritti alla liberta' di stampa da parte dei giornalisti, e altre associazioni hanno eccepito che questo lede anche il diritto ad essere informati da parte dei cittadini e delle cittadine; tale pericolo resterebbe in vigore anche a riforma avvenuta (1). 2. La seconda conseguenza e' piu' complessa. Non solo il codice penale militare di guerra, ma anche il codice penale "ordinario" contempla situazioni particolari in considerazione dell'esistenza di un "tempo di guerra". In particolare, gli artt. 248, 249, 250 contemplano reati del tutto particolari come "Somministrazione al nemico di provvigioni", "Partecipazione a prestiti a favore del nemico" o "Commercio col nemico". Tali reati potrebbero, in una situazione di ampia discrezionalita' e di scarsa definizione come quella prevista nell'ambito della delega, essere attribuiti per esempio all'operato di ong indipendenti operanti sul territorio di operazioni italiane all'estero. Tutto sta a intendersi sul significato di tempo di guerra e, probabilmente, alle relazioni che intercorrono tra ong e forze armate. 3. Ovviamente il problema principale risiede nella nuova definizione che la delega implicitamente da' di "tempo di guerra". Per la parte di dibattito su questo tema si rimanda tuttavia all'articolo di Claudio De Fiores "La revisione dei codici militari: una riforma per la guerra" pubblicato sul sito www.costituzionalismo.it, dove esso viene ampiamente trattato con la dovuta competenza. Una ragionevole sintesi e' che, per la legislazione fino alla proposta di legge delega, il tempo di guerra era indissolubilmente legato alla dichiarazione dello stato di guerra. Con la proposta di legge delega questo legame viene a mancare (2). * La seconda area La seconda area di conseguenze previste da questa proposta di legge delega investe sia il codice militare di pace che di guerra. Riassumo sinteticamente i vari punti, presentati da Domenico Gallo in una delle prime riunioni della campagna e gia' ben esplicitati nell'articolo di Scarfi presentato sul questa stessa rivista (n. 841): 1. il primo punto e' che si ritiene scandaloso pensare di poter riformare una materia cosi' delicata con una delega al governo (tale punto potrebbe investire comunque una pluralita' di altri settori per i quali sono dettati principi costituzionali che pure sono stati e sono oggetto di delega al governo); 2. il secondo e' che i principi contenuti alla base della riforma mantengono, ed ampliano, il campo di intervento della magistratura militare; va rilevato che tra i paesi europei solo Italia e Turchia mantengono ancora una giurisdizione militare come giurisdizione separata (e non come ramo speciale della giurisdizione generale), e che tale decisione risulta assolutamente in contraddizione con quella di abrogare la leva obbligatoria e con altre disposizioni legislative degli ultimi anni. Un esercito di volontari, sottratto alla giurisdizione civile e del lavoro, implica un pericoloso scollamento delle forze militari dalla societa', oltre a creare una serie di complicazioni procedurali nel caso di reati commessi congiuntamente tra civili e militari, e a configurare, per i medesimi reati, trattamenti differenziati per cittadini "uguali davanti alla legge". Ci sono infatti elementi che penalizzano maggiormente i militari rispetto ai civili a seguito del compimento di reati (come nel caso di uso di sostanze stupefacenti) o che ne inaspriscono le condizioni di detenzione (come nel caso di gravidanza); 3. alla base di tale impostazione di riforma sembra poter esserci il desiderio di evitare lo svuotamento di funzioni proprio della giurisdizione militare, che viceversa rischia di risultare inadeguata, per risorse e competenze, alle nuove funzioni ipotizzate; cio' lo si desume in particolare dal fatto che verrebbero sottoposti alla giurisdizione militare coloro che sono militari anche per reati che, ad oggi, erano perseguiti attraverso la giurisdizione ordinaria (reati amministrativi, ad esempio); 4. vi sono elementi di contrasto e connessioni difficili con l'attuale riforma della giustizia (per altro rinviata alle camere del Presidente della Repubblica); 5. l'art. 3, comma 1, lettera l, punto 17), prevede che divenga reato, per i militari, in tempo di pace, "la raccolta o la partecipazione in forma pubblica a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina", sicuramente riducendo l'ambito di esercizio di diritti democratici all'interno delle forze armate; 6. l'art. 3, comma 1, lettera a, punto 3) definisce come luogo militare qualunque luogo dove i militari si trovano, anche se temporaneamente, per ragioni di servizio, alimentando per questo verso il dibattito sulla questione della militarizzazione del territorio. Questi, se pur non esaustivi, sono gli elementi posti in luce dalla campagna di sensibilizzazione e pressione contro la legge delega. Va aggiunto che anche da parte militare, attraverso il Cocer ad esempio, sono state esplicitate molte, e in parte analoghe, preoccupazioni. * Lo stato della campagna Il sito www.ostinatiperlapace.org cerca di dare conto dell'andamento della campagna, propone via via l'aggiornamento di materiali utili a chi volesse documentarsi o attivarsi, ha predisposto un modulo per la raccolta di firme in sottoscrizione dell'appello lanciato a dicembre. Il numero di associazioni e di cittadini e cittadine che se ne sta facendo promotrice cresce lentamente ma ogni giorno di piu'. La sottoscrizione ha per effetto quello di essere inseriti nell'elenco di una newsletter che ha lo scopo di informare, in tempo quasi reale, di quanto si sta facendo e si ottiene. * Un primo successo In data 16 febbraio 2005, per esempio, si poteva registrare un primo successo ottenuto durante la discussione in commissione Difesa alla Camera. La temporanea assenza di presidente e vicepresidente della commissione e la presenza di tutti i parlamentari del centro sinistra ha consentito, infatti, di far passare (per 18 voti a 17) un emendamento presentato dallonorevole Deiana quasi incredibile perche' relativo al depennamento del codice militare di guerra dall'art. 1 della legge, che definisce l'ambito della delega al governo. Come dire: se di riforma si trattera', sara' per il solo codice di pace. A fronte di tale evento i lavori in commissione sono stati bloccati per riprendere nella settimana dal 21 al 28 febbraio con la costituzione di un comitato ristretto che valuti la nuova situazione creatasi. Si puo' ritenere, da quanto riportato in un incontro tenutosi il 17 febbraio nella sede dell'Fnsi, che l'attenzione portata sul tema dalla campagna abbia positivamente influito sull'attenzione che i parlamentari dell'opposizione hanno posto ai lavori in commissione. La battaglia pero', ovviamente, non e' vinta: per molti motivi, uno dei quali e' che, comunque, in corso di dibattito in aula, la maggioranza di governo potra' presentare emendamenti che reintroducano quanto e' stato bocciato in commissione. In ogni caso, comunque, sara' necessario tornare al Senato. Abbiamo concquistato un po' di tempo, ma niente di piu', e l'attenzione deve restare alta. I precedenti ci invitano a questa raccomandazione: la prima volta che questa legge delega venne presentata in Senato fu giovedi18 novembre 2004 e venne approvata nel suo testo terribile, oggi emendato, con questa votazione: senatori presenti: 178 (su 321), votanti: 177 (escluso il presidente della seduta), favorevoli: 132 (Fi, An, Lega, Udc), contrari: 45 (Ds, Margherita, misto Udeur, Verdi). Ovvero, venne approvato con una ampia assenza delle forze dell'opposizione. Il testo votato in aula era stato prima licenziato dalle commissioni riunite Difesa e Giustizia in data 27 ottobre 2004, ed era passato anche per i dovuti pareri delle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio tra luglio e novembre. Quindi la pressione della campagna e' utile soprattutto per tenere ben all'erta i parlamentari dell'opposizione, far capire loro che il movimento per la pace, o l'attenzione alla difesa dei principi democratici della nostra Costituzione, sono presenti anche quando la materia appare ostica. * Un sito e un appello Da parte dei promotori della campagna c'e' l'invito a chi ancora non lo avesse fatto, a visitare il sito www.ostinatiperlapace.org, sottoscrivere l'appello e far conoscere a quante piu' persone possibile questa campagna. Le due parlamentari che da febbraio 2004 hanno incessantemente tentato di far orientare la nostra attenzione su questo argomento (Silvana Pisa dei Ds ed Elettra Deiana del Prc) hanno apprezzato l'iniziativa dei gruppi del centrosinistra del Comune di Roma, che dietro pressione delle associazioni che siedono al Tavolo della pace, istituito in sede comunale, hanno presentato una mozione su questo tema in sede di Consiglio. Portare il risultato positivo di una tale mozione all'attenzione dei parlamentari, ma anche dei presidenti di Camera e Senato, potrebbe essere uno degli elementi per far sentire la voce di parte della societa' civile e delle istituzioni che le sono piu' vicine. Iniziative di pressione sui consigli comunali sono state ipotizzate anche da nodi della rete di Lilliput. Per una bozza del testo della possibile mozione rimandiamo ancora una volta al sito gia' citato, ovviamente da adeguare alle diverse situazioni. * Che fare di piu'? La campagna e' nata di corsa, a meta' dicembre, coinvolgendo diverse realta' di dimensioni, impatto territoriale, impatto sull'opinione pubblica e sui media assolutamente differenziato. "Art.11 sana e robusta Costituzione" ha messo in atto, oltre al presidio serale permanente sotto Palazzo Chigi, un'azione diretta alla redazione romana del "Corriere della Sera" per chiedere conto del silenzio sul tema, e volantinato e promosso l'appello ovunque fosse possibile e comprensibile. Rete Lilliput oltre a partecipare con il nodo di Roma, ha contribuito alla gestione del sito e della newletter. La Federazione nazionale della stampa italiana, insieme con le associazioni promotrici della campagna ha tenuto, giovedi' 17 febbraio, un incontro nella sua sede al quale hanno partecipato, oltre alle parlamentari, giornalisti/e della stampa e della televisione, giuristi, membri del Cocer e della magistratura militare, e parte dell'associazionismo. Le Donne in nero hanno organizzato a Roma una settimana di mobilitazione per Giuliana Sgrena nella quale hanno inserito anche un incontro sulla delega per la riforma dei codici, e analogo incontro si e' tenuto il 18 febbraio a Bologna. "Un Ponte per...", tra i primi a segnalare con un comunicato la pericolosita' del progetto di legge, ha tenuto, proprio con Giuliana Sgrena, un incontro su questo tema qualche tempo prima, a dicembre. Il Tavolo per la pace di Roma ha promosso la mozione in votazione al Comune di Roma di cui si parlava prima, e collaborato alla organizzazione dell'incontro alla Fnsi. Qualsiasi cosa si decida di fare, e' importante che possa venire a conoscenza dei parlamentari e degli altri promotori, cosi' da darle adeguata pubblicita', o concordare eventuali sinergie. Nella settimana di presentazione alla Camera, si sta pensando di presenziare come pubblico alle sedute e costruire una mobilitazione all'esterno di Montecitorio nella giornata di votazione. * Per contatti Per contatti, oltre a quanto si puo' trovare sul sito, si puo' scrivere anche a: "Articolo 11", e-mail: artundici at libero.it, o telefonare a: Manuele Messineo, tel. 3495705059 o Tiziana Boari, tel. 3397556744, o anche contattare l'autrice di questo articolo: e-mail: ch.cavallaro at virgilio.it * Note 1. Cio' che sembra invece si faccia piu' fatica ad accettare e' che tutti questi articoli sono attualmente in vigore sia nel territorio irakeno che in quello afgano controllato dai militari italiani (ancorche' sotto il comando di eserciti stranieri), e non solo in un futuro piu' o meno prossimo. Di fatto, quindi, gia' oggi la liberta' di informazione dalle zone di guerra e' limitata, ed essa non riguarda solo i giornalisti, ma chiunque si trovi o nelle forze armate italiane o nei territori sotto il loro controllo. 2. Per amore di completezza e verita' va detto che la legislazione attuale ammette l'adozione del cpmg ma senza l'applicazione del suo Libro IV, che e' quello relativo alla procedura penale militare di guerra: poiche' tale codice e' applicato in missioni di pace, le procedure e le pene previste debbono, prevalentemente, fare riferimento a quanto previsto nel codice di procedura di pace, salvo diverse disposizioni. Un modo per quietare le coscienze e rendere la questione ancora un po' piu' complessa. 5. MATERIALI. PER UNA BIBLIOGRAFIA SULLA SHOAH (PARTE TRENTESIMA) ZENO SALTINI Sacerdote cattolico ed educatore (1900-1981), nato a Fossoli di Carpi (Modena), fondatore della comunita' di "Nomadelfia" che ha sede dapprima nell'ex-campo di concentramento di Fossoli poi nei pressi di Grosseto, Zeno Saltini e' una grande figura di costruttore di pace e di nonviolenza. Dal sito di Nomadelfia (www.nomadelfia.it) riprendiamo la seguente scheda biografica: "Padre e fondatore di Nomadelfia e' don Zeno Saltini. 30 agosto 1900: Zeno Saltini nasce a Fossoli di Carpi (Mo), in una famiglia patriarcale. 1914 - Il rifiuto della scuola: a 14 anni e mezzo Zeno rifiuta di continuare gli studi, affermando che a scuola insegnano cose che non incidono nella vita, e va a lavorare nei poderi della famiglia. Vive in mezzo ai braccianti, conosce le loro miserie e ne condivide le giuste aspirazioni. 1920 - "Cambio civilta'": soldato di leva nella caserma del III Telegrafisti a Firenze, ha uno scontro violento, lui cattolico, con un amico anarchico alla presenza degli altri soldati. L'anarchico sostiene che Cristo e la Chiesa sono di ostacolo al progresso umano. Zeno sostiene il contrario, pur riconoscendo che i cristiani sono in gran parte incoerenti. Ma l'anarchico e' istruito e lui no. Tra i fischi degli altri soldati, Zeno si ritira da solo e decide: "Gli rispondero' con la mia vita. Cambio civilta' cominciando da me stesso. Per tutta la vita non voglio piu' essere ne' servo ne' padrone". Decide di studiare legge e teologia, mentre continua a dedicarsi ad attivita' di apostolato ed al recupero di ragazzi sbandati. Si laurea in legge presso l'Universita' Cattolica di Milano. Aveva intenzione di difendere come avvocato coloro che non potevano pagarsi un difensore; ora pero' si rende conto che la sua missione e' di prevenire che cadano in disgrazia: decide di farsi sacerdote. 6 gennaio 1931 - Sacerdote, "il primo figlio": celebra la sua prima messa nel duomo di Carpi e all'altare prende come figlio un ragazzo di 17 anni appena uscito dal carcere: Danilo. 1941 - "La prima mamma": a S. Giacomo Roncole, vicino a Mirandola (Mo), don Zeno accoglie come figli altri fanciulli abbandonati e fonda l'Opera Piccoli Apostoli. Ha giurato sull'altare che mai avrebbe fatto un collegio. Scoppia la seconda guerra mondiale. Nel 1941 una giovane studentessa, Irene, scappa da casa e si presenta a don Zeno dichiarandosi disposta a far da mamma ai Piccoli Apostoli. Don Zeno, con l'approvazione del vescovo, le affida i piu' piccoli e nasce con lei una maternita' nuova, virginea. Altre giovani donne la seguono, sono le "mamme di vocazione". Alcuni sacerdoti si uniscono a don Zeno e danno inizio ad un clero comunitario. 1943-1945. La Resistenza: con l'armistizio dell'8 settembre 1943 i tedeschi occupano l'Italia. Don Zeno, che aveva preso piu' volte posizione contro il fascismo, la guerra e le leggi razziali, parte per il sud. Alcuni figli lo seguono per sfuggire alle deportazioni in Germania. A S. Giacomo l'Opera e' duramente perseguitata e si tenta di disperderla. Diversi giovani Piccoli Apostoli entrano nelle formazioni partigiane, mentre alcuni sacerdoti Piccoli Apostoli contribuiscono all'organizzazione della Resistenza e aiutano centinaia di ebrei e di perseguitati politici a raggiungere la Svizzera con documenti falsi. Sette Piccoli Apostoli perdono la vita per la riconquista della liberta'. 1947-1948 - Nasce Nomadelfia: dopo la fine della guerra, nel 1947, i Piccoli Apostoli occupano l'ex campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, per costruire la loro nuova citta'. Abbattono muraglie e reticolati, mentre accanto alle famiglie di mamme di vocazione si formano le prime famiglie di sposi, che chiedono a don Zeno di poter accogliere i figli abbandonati, decisi ad amarli alla pari di quelli che nasceranno dal loro matrimonio. Il 14 febbraio 1948 approvano il testo di una Costituzione che verra' firmata sull'altare. L'Opera Piccoli Apostoli diventa cosi' Nomadelfia, che significa dal greco: "Dove la fraternita' e' legge". 1950 - Il "Movimento della Fraternita' Umana": nel 1950 Nomadelfia propone al popolo un movimento politico chiamato "Movimento della Fraternita' Umana", per abolire ogni forma di sfruttamento e per promuovere una democrazia diretta. Ma l'ostilita' delle forze politiche al governo e di alcuni ambienti ecclesiastici blocca l'iniziativa. I nomadelfi sono 1.150, dei quali 800 figli accolti (molti dei quali bisognosi di cure particolari) e 150 ospiti senza casa e senza lavoro. La situazione economica diventa sempre piu' pesante. Sfruttando questo pretesto si tenta di sciogliere Nomadelfia. 1952 - Lo scioglimento: il 5 febbraio 1952 il Sant'Ufficio ordina a don Zeno di lasciare Nomadelfia. Don Zeno ubbidisce. Costretti ad abbandonare Fossoli, i nomadelfi si rifugiano a Grosseto, su una tenuta di diverse centinaia di ettari da bonificare, donata da Maria Giovanna Albertoni Pirelli, dove vivono in gran parte sotto le tende. Pur lontano dai figli, don Zeno cerca di provvedere alle loro necessita', e sempre piu' spesso deve difenderne in tribunale alcuni che, strappati alle famiglie di Nomadelfia, sono ricaduti nella malavita. 1953 - La laicizzazione "pro gratia": chiede percio' al papa di poter rinunciare temporaneamente all'esercizio del sacerdozio per tornare alla guida dei suoi figli. Nel 1953 Pio XII gli concede la laicizzazione "pro gratia". Depone la veste, torna fra i suoi figli. I nomadelfi dopo la dispersione sono circa 400. 1962 - La "seconda" prima messa: nel 1954 don Zeno crea i "gruppi familiari". Nel 1961 i nomadelfi si danno una nuova Costituzione come associazione civile, e don Zeno chiede alla Santa Sede di riprendere l'esercizio del sacerdozio. Nomadelfia viene eretta in parrocchia e don Zeno nominato parroco. Il 22 gennaio 1962 celebra la sua "seconda prima messa". Nel 1965 don Zeno propone ai nomadelfi una nuova forma di apostolato: le "Serate di Nomadelfia", uno spettacolo di danze. Nel 1968 inizia la pubblicazione del mensile "Nomadelfia e' una proposta". Nello stesso anno i nomadelfi ottengono dal Ministero della Pubblica Istruzione di educare i figli sotto la loro responsabilita', nella propria scuola interna. 12 agosto 1980. I nomadelfi presentano a Giovanni Paolo II, nella villa di Castelgandolfo, una "Serata". E' presente tutta la popolazione di Nomadelfia. Il papa dice tra l'altro: "Se siamo vocati ad essere figli di Dio e tra noi fratelli, allora la regola che si chiama Nomadelfia e' un preavviso e un preannuncio di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti". 15 gennaio 1981 - La morte di don Zeno: pochi mesi dopo don Zeno, colpito da infarto, rivolge ai nomadelfi le ultime parole prima dell'agonia: si puo' considerare il suo testamento. Muore in Nomadelfia il 15 gennaio 1981, mentre il Papa riceve una delegazione di nomadelfi insieme ai quali prega per lui e invia la sua benedizione". Opere di Zeno Saltini: Don Zeno di Nomadelfia, L'uomo e' diverso, Ed. Nomadelfia; Tra le zolle, Ed. Nomadelfia; Sete di giustizia, Ed. Nomadelfia; I due regni, Ed. Nomadelfia; Dirottiamo la storia del rapporto umano, Ed. Nomadelfia; Dimidia hora, Ed. Nomadelfia; Lettere da una vita - vol. 1 (lettere scritte da don Zeno fra il 1900 e il 1952), EDB; Lettere da una vita - vol. 2 (lettere scritte da don Zeno fra il 1953 e il 1981), EDB; Don Zeno racconta l'avventura di Nomadelfia (autobiografia coordinata da Mario Sgarbossa e illustrata dai ragazzi di Nomadelfia), Ed. Nomadelfia. Opere su don Zeno Saltini e NomadelfiaNorina Galavotti di Nomadelfia, Mamma a Nomadelfia, Ed. Nomadelfia; Mario Sgarbossa , Don Zeno... e poi vinse il sogno, Citta' Nuova; Virgilio Angelo Galli, Qualcosa del padre, Mucchi Editore; Remo Rinaldi, Don Zeno, Turoldo e Nomadelfia. Era semplicemente Vangelo, EDB; Vittoria Fabretti, Don Zeno di Nomadelfia, Edizioni Messaggero Padova; Maurilio Guasco, Paolo Trionfini, Don Zeno e Nomadelfia tra societa' civile e religiosa (Atti del convegno di studi su don Zeno - 1999), Morcelliana; Nomadelfia, un popolo nuovo, Ed. Nomadelfia; Beppe Lopetrone con i Nomadelfi, Don Zeno 100 anni, (libro fotografico; cfr. anche il sito www.donzeno.it). Presso Nomadelfia sono disponibili - oltre a tutti i libri citati - anche videocassette ed altri materiali. BRUNETTO SALVARANI Brunetto Salvarani, teologo ed educatore, da tempo si occupa di dialogo ecumenico e interreligioso, avendo fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani "Qol"; ha diretto dal 1987 al 1995 il Centro studi religiosi della Fondazione San Carlo di Modena; saggista, scrittore e giornalista pubblicista, collabora con varie testate e fa parte del Comitato "Bibbia cultura scuola", che si propone di favorire la presenza del testo sacro alla tradizione ebraico-cristiana nel curriculum delle nostre istituzioni scolastiche; e' direttore della "Fondazione ex campo Fossoli", vicepresidente dell'Associazione italiana degli "Amici di Neve' Shalom - Waahat as-Salaam", il "villaggio della pace" fondato in Israele da padre Bruno Hussar; e' tra i promotori dell'appello per la giornata del dialogo cristiano-islamico. Ha pubblicato vari libri presso gli editori Morcelliana, Emi, Tempi di Fraternita', Marietti, Paoline. 6. MEMORIA. ILEANA MONTINI: I SEGUACI DI GIUSSANI [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Ha recentemente pubblicato, con altri coautori, Il desiderio e l'identita' maschile e femminile. Un percorso di ricerca, Franco Angeli, Milano 2004. Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] Ho visto la trasmissione di Giuliano Ferrara e di Ritanna Armeni ("Otto e mezzo") su La 7, ho letto molti articoli sulla morte del fondatore di Comunione e Liberazione don Giussani Ho trovato la trasmissione di Ferrara insopportabilmente ossequiosa e spesso gli articoli sui giornali gia' pronti alla santificazione, fatta eccezione, forse, di quello di F. Merlo su "La Repubblica" che ci ricorda anche gli interessi economici, non sempre evangelicamente limpidi, dei seguaci del prete lombardo. Ho dei ricordi che forse possono aiutare a mettere insieme un pezzo di storia italiana e cattolica. * Negli anni cinquanta i giovani milanesi arrivavano d'estate a Milano Marittima e stupivano favorevolmente noi dell'Azione Cattolica perche' si riunivano nel "raggio" senza dividere i maschi dalle femmine. In Azione Cattolica la divisione era spesso addirittura anche spaziale: un locale per le le bambine e le ragazze e un altro, piu' lontano, per i maschi. E poi loro facevano in periferia, a Milano, la "caritativa", mentre noi stavamo in parrocchia a fare le "adunanze". Li invidiavamo. Trascorsero gli anni e, circa a meta' dei sessanta, i giessini tennero a Cervia due convegni annuali nel vecchio cinema Astra che poteva ospitare fino a un migliaio di persone. Allora ero corrispondente del quotidiano cattolico "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle a Bologna in via Firenze, vicino alla stazione. Seguii il primo giorno del convegno e nel pomeriggio scrissi il pezzo e lo telefonai a Bologna. Certamente ero stata stata un po' critica, perche' mi era parso, per esempio, che usassero un linguaggio da iniziati, di quelli che servono a creare le sette. E poi odoravano di integralismo per chi, come altri, eravamo anche usciti gia' dall'Azione cattolica e respiravamo il vento del Concilio. L'articolo usci' il giorno dopo e io mi mescolai di nuovo con i giessini nel grande cinema a seguire gli oratori. Un prete, di cui non ricordo il nome ma che era uno dei leader, attacco' "L'Avvenire d'Italia", ovvero il mio articolo. Nel pomeriggio scrissi il secondo pezzo e lo telefonai come d'accordo. Di li' a mezz'ora mi chiamarono dalla redazione per informarmi che non avrebbero piu' pubblicato una sola mia riga. I dirigenti giessini avevano chiamato la segreteria dell'arcivescovo di Ravenna, mons. Salvatore Baldassarri, per protestare e fare pressione per un'attiva, immediata, censura. Il bel tempo si vede dal mattino. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 852 del 26 febbraio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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