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La nonviolenza e' in cammino. 850
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 850
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 24 Feb 2005 00:34:46 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 850 del 24 febbraio 2005 Sommario di questo numero: 1. Giancarla Codrignani: Giuliana 2. Mao Valpiana: Dal banco degli imputati la nonviolenza contro la guerra 3. Peppe Sini: Una dichiarazione di solidarieta' 4. Marta Galli: Bertha von Suttner 5. Lev Tolstoj: La nostra concezione della vita 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. GIANCARLA CODRIGNANI: GIULIANA [Ringraziamo di cuore Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per questo intervento. Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994. Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004); e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005. Dal sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese. Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista"] Ho in mano La schiavitu' del velo. Voci di donne contro l'integralismo islamico (Manifestolibri, Roma 1995), scritto da Giuliana dieci anni fa. Comprende interventi di donne dell'area mediterranea che dicono la loro volonta' di contare e di essere nel mondo contro le politiche violente che le circondano, che intendono farle complici nel silenzio. "La battaglia per la democrazia, ricorda Giuliana Sgrena, passa attraverso il riconoscimento dei nostri diritti, la nostra esclusione e' la negazione della democrazia". Sembra che anche in queste aree dell'Islam ci sia minor visibilita' delle lotte delle donne. I conflitti peggiorano tutto, e la guerra in Iraq ha ricollocato le donne nel ruolo di vittime: madri dolorose, bambini e bambine malridotti dagli attentati e dalle bombe, anziane che deprecano la sorte. Sono le foto scattate da Giuliana che tutti abbiamo visto in questi giorni. Dieci anni fa non avrei pensato che Giuliana fosse a rischio. Ed e' successo che i giornalisti siano diventati bersaglio dei sequestri, soprattutto le giornaliste. E che corrano seri pericoli, anche se (o, forse, soprattutto) esercitano la professione nell'interesse della popolazione civile irachena. Giuliana si fidava perche' era conosciuta come amica ed era uscita per fare le sue interviste di venerdi', ma per i suoi rapitori era soltanto una preda. Io Giuliana la conosco, e ne ho sempre percepito la forza congiunta alla fragilita', forse perche' questi tratti li conoscevo in mia madre; ho sofferto molto quando ho saputo del sequestro, mi sono emozionata fino al pianto al vederla come un uccellino nel video, ho partecipato all'onda di solidarieta'. Adesso voglio dire che desidero vederla presto, mettere fine all'ansia, anche se so bene che l'attesa puo' essere lunga. Ma, come succede quando le persone ci sono amiche, ho paura. Fra poco sara' l'8 marzo: riprenderemo le parole di donne contro la violenza, l'integralismo e le guerre. Insieme con Giuliana. 2. TESTIMONIANZE. MAO VALPIANA: DAL BANCO DEGLI IMPUTATI LA NONVIOLENZA CONTRO LA GUERRA [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Questa mattina, giovedi' 24 febbraio 2005, alle ore 11, mi presentero' al banco degli imputati della Corte d'Appello di Venezia, insieme ad altri amici della nonviolenza. Lo faro' con animo assolutamente sereno, e forse anche con un pizzico di orgoglio. Quattordici anni fa, nel febbraio del 1991, nella stazione di Balconi di Pescantina, pochi chilometri a nord di Verona, decidemmo di realizzare un'azione diretta nonviolenta, per fermare un treno che trasportava armi e carri armati dalla Germania al porto di Livorno, poi diretti in Arabia, per la guerra del Golfo. L'azione fu preparata nei minimi dettagli, con serieta' e consapevolezza dei rischi cui andavamo incontro, ma persuasi della giustezza di cio' che andavamo a compiere. Con quell'azione eravamo coscienti di non poter fermare la guerra; ma ritardare, anche solo di un'ora, il passaggio di quel treno, aveva un significato, semplice e grande insieme: ognuno ha il potere di fare qualcosa contro la preparazione bellica. Il primo passo e' quello di dire no, non collaborare, obiettare, boicottare, resistere, togliere consenso al meccanismo infernale che prepara e realizza la guerra, che e' morte e distruzione. Quella fredda sera eravamo sui binari solo con un megafono, una fiaccola, uno striscione, e il treno della morte si e' fermato. Straordinaria rappresentazione! Da una parte pochi amici della nonviolenza, forti solo della propria persuasione, dall'altra un treno carico di armi micidiali, che si ferma e diventa impotente. Gli amici della nonviolenza invocano l'articolo 11 della Costituzione: "L'Italia ripudia la guerra", e lo Stato manda la polizia a fermarli, arrestarli, denunciarli. E il treno riparte, verso la sua meta di orrore. L'ordine delle cose viene capovolto. Alla polizia che ci trascino' via dai binari non abbiamo opposto resistenza, perche' il conflitto che volevamo drammatizzare non era quello con le forze dell'ordine, ma quello con gli eserciti e le loro armi, strumenti istituzionali per realizzare la guerra. * Ma la nonviolenza e' fiduciosa e non si stanca di ricercare la verita'. Con questo spirito affrontammo il processo in primo grado, a Verona, nel gennaio del 1997. Chiedevamo allo Stato di riconoscere la legittimita' del nostro agire. Non ci sentivamo imputati, perche' non avevamo violato, ma solo obbedito alle leggi: la legge suprema della nostra coscienza: "Non uccidere", e la legge suprema della Repubblica: "Ripudia la guerra". Grazie al lavoro generoso dei nostri avvocati (Canestrini, Corticelli, Ramadori, Chirco) e alle testimonianze morali di padre Cavagna ("la guerra e' immorale") e di Antonio Papisca ("la guerra e' illegittima"), il giudice ha emesso una sentenza di assoluzione. Una bella sentenza, coraggiosa, meritevole di essere letta nelle scuole. Il Pubblico Ministero, che aveva chiesto una condanna ad otto mesi di reclusione, fece ricorso in Appello. * Ed oggi, a 14 anni dal fatto, la giustizia prosegue il suo corso. Anche questa volta il significato simbolico sara' straordinario. La guerra in Irak c'e' ancora, con il suo carico di morte e sofferenza sempre piu' micidiale, e il nostro paese e' partecipe e direttamente coinvolto in quell'orrore, in violazione della legalita' internazionale e costituzionale. Per questo me ne staro' seduto al banco degli imputati con orgoglio. Orgoglioso di essere stato, quella fredda sera di 14 anni fa, un cittadino obbediente alla Costituzione che ripudia la guerra. Orgoglioso di far parte del Movimento Nonviolento. Alla domanda di rito: "l'imputato ha qualcosa da dire?", rispondero' che non mi sento imputato di nulla, che ho fatto solo cio' che in coscienza sentivo di fare, che se l'occasione mi si ripresentasse lo rifarei, perche' e' nostro dovere opporci alla guerra, che e' morte, con la nonviolenza, che e' vita. Dai giudici, che hanno giurato fedelta' alla Costituzione che ripudia la guerra, ci aspettiamo una sentenza di assoluzione e una parola di condanna per la guerra. 3. LETTERE. PEPPE SINI: UNA DICHIARAZIONE DI SOLIDARIETA' [Giovedi' 24 febbraio 2005, alle ore 11, alla Corte d'Appello di Venezia si terra' il processo in secondo grado contro 17 pacifisti e nonviolenti veronesi accusati di "blocco ferroviario e interruzione di pubblico servizio" per aver partecipato ad una manifestazione nonviolenta, il 12 febbraio del 1991, alla stazione di Pescantina (Vr), contro il passaggio di un treno militare che trasportava carri armati destinati alla prima guerra in Iraq. In primo grado (gennaio 1997) gli imputati furono assolti "perche' il fatto non sussiste", ma il Pubblico Ministero fece ricorso. Dopo 14 anni dal fatti si arriva ora al processo di appello. Tra gli imputati vi sono Mao Valpiana (direttore di "Azione nonviolenta"), Mauro Tosi (consigliere regionale), Vincenzo Rocca (del Movimento Nonviolento), Vincenzo Benciolini (rete Lilliput di Verona), Massimo Corradi di Vicenza ed altri. Il collegio di difesa e' costituito dagli avvocati Sandro e Nicola Canestrini (Rovereto), Maurizio Corticelli (Verona), Giuseppe Ramadori (Roma), Nicola Chirco (Bologna). Un appello di solidarieta' con gli imputati e' stato firmato da migliaia di persone in tutta Italia. Per informazioni dettagliate contattare il Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; per interviste e dichiarazioni e' possibile contattare personalmente Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta", cell. 3482863190] Carissimo Mao e carissimi tutti che sarete in corte d'appello a Venezia il 24 febbraio, nell'impossibilita' di essere fisicamente presente, vorrei comunque testimoniarvi con questa lettera la mia solidarieta' e la mia ammirazione per la vostra azione nonviolenta del 1991. Avendo avuto la ventura di essere una delle persone che per aver espresso in forme rigorosamente nonviolente la propria opposizione alla guerra ed aver cercato di promuovere una piu' vasta opposizione nonviolenta alla guerra, ebbi l'onore di essere anch'io processato nel '91, come poi anche nel '99 (con esito fortunatamente entrambe le volte a me favorevole), sento una ancora piu' intensa empatia col vostro agire. Nel 2003 nel nostro notiziario quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" pubblicammo tra altri analoghi i due testi che trascrivo in calce a questa lettera, e che mi sembra esprimano adeguatamente cio' che penso, credo, sento. Grazie di quanto avete fatto, e un forte abbraccio dal vostro * Allegato 1. Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 516 del 23 febbraio 2003 Un'istigazione a non delinquere Del dovere morale e civile di fermare i treni che recano armi per la guerra che si va preparando. Un'istigazione a non delinquere: ovvero a rispettare la Costituzione, a salvare vite umane, a fermare la macchina bellica con l'azione diretta nonviolenta. E' la Costituzione della Repubblica Italiana che dice ai cittadini italiani: "ripudia la guerra". E' uno dei suoi principi fondamentali; e' il valore supremo che afferma nell'ambito delle relazioni internazionali: "ripudia la guerra". Se ad essa Costituzione il governo, il parlamento, il capo dello Stato fossero restati fedeli, se non avessero infranto un solenne giuramento in forza del quale sono legittimati ad esercitare il potere loro attribuito, se non avessero violato la legalita' nella forma piu' flagrante e gravida di sciagurate conseguenze, gli attuali trasporti di materiale bellico in territorio italiano da parte di chi una guerra illegale e criminale scelleratamente prepara ed ha gia' reiteratamente proditoriamente annunciato, ebbene, non avrebbero potuto aver luogo, sarebbero stati proibiti dalle pubbliche autorita' in nome della legge. Quei materiali bellici - se non li si fermera' - di qui a poco saranno utilizzati per commettere crimini di guerra e crimini contro l'umanita'. Il loro uso - se non lo si impedira' - provochera' la morte di innumerevoli innocenti. Il loro transito nel nostro territorio rende l'Italia favoreggiatrice degli stragisti. Permettere che giungano a destinazione vuol dire rendersi complici della guerra onnicida, vuol dire violare il comando supremo della nostra Costituzione: "ripudia la guerra". E dunque e' giusto e necessario bloccare con l'azione diretta nonviolenta i treni che recano gli strumenti della morte, le armi delle stragi annunciate. E dunque e' un atto di fedelta', di rispetto e di inveramento della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico impedire che le armi efficienti alla guerra illegale e criminale possano giungere a destinazione, possano essere usate, possano colpire i loro viventi umani bersagli. Su quei binari a fermare quei treni che trasportano armi ci dovrebbe essere il capo dello Stato della Costituzione supremo garante, ci dovrebbe essere ogni pubblico ufficiale che alla Costituzione ha giurato fedelta'. Se loro non ci sono, cio' va a loro infamia. Ci sono invece dei cittadini italiani che con questa azione diretta nonviolenta si stanno impegnando per salvare delle vite umane, stanno difendendo la dignita' del nostro popolo e la legge fondamentale del nostro paese, stanno obbedendo alla Costituzione, stanno adempiendo a un dovere di legalita' e di umanita'. Si renda loro onore e li si aiuti. Con queste righe, non potendo oggi essere li' fisicamente, vogliamo dichiarare la nostra persuasa condivisione dell'azione diretta nonviolenta per fermare i carichi di armi destinati alla guerra illegale e criminale. E vogliamo dichiarare che intendiamo condividere le conseguenze che per aver realizzato una rigorosa e doverosa azione diretta nonviolenta ai protagonisti di essa, in quanto si atterranno scrupolosamente ai principi della nonviolenza, deriveranno. E vogliamo invitare ancora una volta tutti a sostenere ogni azione diretta nonviolenta che nel rigoroso rispetto della incolumita' e della dignita' di ogni essere umano si opponga concretamente, limpidamente e intransigentemente alla macchina bellica, e con cio' sia di adempimento al dovere di salvare delle vite umane in pericolo, sia di adempimento al dovere sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana: "ripudia la guerra". * Allegato 2. Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 517 del 24 febbraio 2003 Blues del treno della morte [Raccontava nella presentazione parlata l'anonimo autore di questo blues che aveva cominciato il suo impegno politico quando aveva quattordici anni, bloccando treni occupando binari in nome della dignita' di ogni essere umano; e aggiungeva che da allora non aveva piu' smesso di lottare, e sempre piu' si era accostato alla nonviolenza all'ascolto di Mohandas Gandhi, di Martin Luther King, del movimento delle donne; e affermava di pensare che se in Europa nella prima meta' del Novecento tanta piu' gente si fosse messa sui binari, tante stragi e tanti orrori sarebbero stati evitati; poi tossiva, si schiariva la voce, cominciava a maltrattare la chitarra, e diceva, accennando una subito soffocata intonazione, all'incirca le parole seguenti (la traduzione, frettolosa, e' del nostro collaboratore Benito D'Ippolito - che e' anche l'estensore di questa breve nota di presentazione)] E tu fermalo il treno della morte col tuo corpo disarmato sui binari con la voce che si oppone all'urlo roco delle bombe, delle fruste al vile schiocco. E tu fermalo il treno della morte sono pochi gli oppressori, innumerevoli le vittime, non possono arrestarci se tutti insieme ce li riprendiamo i diritti, la terra, la vita. E tu fermalo il treno della morte con la tua persona fragile sconfiggi gli apparati e gli strumenti della guerra e salva il mondo con la tua persona fragile. E tu fermalo il treno della morte perche' tu, cosi' indifeso, puoi fermarlo col tuo corpo, la tua voce, la speranza che sa unire tante braccia, e sa fermarlo maledetto il treno nero della morte. E tu fermalo e cosi' ferma la guerra. 4. MAESTRE. MARTA GALLI: BERTHA VON SUTTNER [Dal sito www.cronologia.it riprendiamo - per estratti - il seguente testo del 2003 di Marta Galli su Bertha von Suttner. Marta Galli nel 2003 era nella classe quinta H dell'Istituto statale per il turismo "Artemisia Gentileschi" di Milano. Bertha von Suttner, 1843-1914, scrittrice, straordinaria militante pacifista, premio Nobel per la pace nel 1905. Opere di Bertha von Suttner: Giu' le armi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989; Abbasso le armi! Storia di una vita, Centro stampa Cavallermaggiore (Torino) 1996. Opere su Bertha von Suttner: Nicola Sinopoli, Una donna per la pace, Fratelli Palombi, Roma 1986] La baronessa Bertha Sophia Felicita Kinsky von Suttner, premio Nobel per la pace nel 1905, ebbe frequenti contatti con Alfred Nobel, ma allo stesso tempo prese le distanze dalle sue teorie secondo le quali la pace doveva essere "armata". La pace armata di Nobel implicava un potenziale di distruzione bellica che, se portava all'eliminazione degli eserciti, metteva pero' in pericolo tutta l'umanita' e comportava uno spreco di risorse e di energie che si potevano utilizzare altrimenti. La soluzione di Bertha consisteva invece nel disarmo totale di tutte le nazioni e nell'istituzione di una corte d'arbitrato che risolvesse i conflitti internazionali facendo ricorso al diritto e non alla violenza. * Una cronologia essenziale 9 giugno 1843: nasce a Praga, figlia di un anziano feldmaresciallo asburgico, conte Franz Joseph, che aveva combattuto a Custoza alle dipendenze del maresciallo Radetsky, e della giovane Sophia Wilhelmine von Koerner, una poetessa. Rimasta orfana di padre molto presto, e' la madre che si dedica alla sua educazione dandole due istitutrici che le insegnano le lingue, la filosofia, la storia e la musica: "nelle ore libere divoravo i grossi e piccoli volumi di storia che trovavo nella biblioteca di mio padre", fa dire a Marta, la protagonista di Abbasso le armi!. L'educazione che riceve e' molto rigida, secondo i canoni dell'aristocrazia asburgica del tempo: e' quindi il prodotto di questa societa' fondata su tradizioni militariste che ella inizialmente accetta, ma che poi contrasta duramente. Gode di un'attiva vita sociale e, in compagnia della madre, intraprende diversi viaggi in Italia e in Inghilterra. 1863: al Congresso Internazionale di Ginevra, Henry Dunant presenta i rapporti sugli orrori della guerra di Crimea e quella del 1859 in Italia. Tali rapporti, letti da Bertha, saranno gli ispiratori del romanzo Abbasso le armi!. E' in questa occasione che Henry Dunant (premio Nobel per la pace nel 1901) lancia un appello per formare, gia' in tempo di pace, societa' volontarie per l'assistenza ai feriti sui campi di battaglia, la futura Croce Rossa, che nascera' l'anno seguente. 1873: si stabilisce a Vienna divenendo, anche per la difficile situazione economica, insegnante e tutrice delle figlie del barone von Suttner, del cui figlio Arthur Gundaccar, di sette anni piu' giovane di lei, si innamora. 1876: Bertha lascia Vienna quando, rispondendo ad un annuncio economico, le viene offerta una sistemazione a Parigi, in qualita' di segretaria di Alfred Nobel. "Alfred Nobel mi fece una favorevole impressione. Nell'annuncio si era definito vecchio e me lo ero immaginato coi capelli grigi, pieno di tic e dolori. Non era affatto cosi'. Aveva appena 43 anni, era piuttosto piccolo e con la barba nera, i suoi lineamenti non erano ne' belli ne' brutti, la sua espressione era illuminata dagli occhi azzurri che esprimevano bonta'. Il tono della voce era ora malinconico, ora ironico. Venne a trovarmi in albergo, dove alloggiavo, e, grazie alle lettere che ci eravamo scambiati, non ci sentivamo affatto estranei. La nostra conversazione divenne presto animata e interessante". Poco dopo ritorna a Vienna per sposare segretamente il giovane barone e a causa della disapprovazione della famiglia Suttner, la coppia si stabilisce nel Caucaso, inizialmente ospite della principessa Mingrehen. Qui per nove anni i due si mantengono, anche se precariamente: Arthur esercita la professione di ingegnere o da' lezioni di disegno, Bertha di letteratura e musica; entrambi cominciano a scrivere opere di notevole successo. 1880: Hodgson Pratt fonda a Londra l'International Arbitration and Peace Association, impegnata nel raggiungimento della pace attraverso il disarmo. 1883: La baronessa scrive il suo primo romanzo "Inventario di un'anima" ispirato al sogno di Nobel, ovvero di poter elaborare mezzi bellici sempre piu' terrificanti che vanificassero qualunque strategia e modo tradizionale di condurre la guerra. Nobel stesso affermo': "il giorno in cui due armate si potranno distruggere reciprocamente nell'arco di un secondo, tutte le nazioni civilizzate non potranno che arretrare inorridite e procedere a smantellare gli eserciti". 1885: la coppia rientra in Austria, dove Bertha scrive la maggior parte dei suoi libri, molti dei quali di novelle. La vita della baronessa, orientata fino a quel momento alla letteratura, subisce una svolta venendo a conoscenza dell'associazione di Pratt. 1886-'87: durante la stagione invernale torna a Parigi e rincontra Alfred Nobel, informandolo sui suoi piani per la pace. 1889: Bertha scrive il suo secondo romanzo, Das Maschinenzeiltalter, "La macchina del tempo", dove viene ampiamente motivata la sua critica verso una societa' troppo mirata al nazionalismo ed all'armamento. Pubblica l'opera che le fa guadagnare notorieta' internazionale: Abbasso le armi! (Die Waffer nieder!), una storia d'amore cui si intreccia la tragedia della guerra. Marta, la protagonista, e' costretta a soffrire tutti gli orrori della guerra: "Dovevo dunque soffrire, nella convinzione che le grandi imprese, di cui la mia anima era assetata, mi sarebbero rimaste per sempre vietate, che lo scopo della mia vita, in conclusione, era fallito". La tesi che emerge dal romanzo, la necessita' della pace, si diffonde in tutti i ceti sociali grazie anche alle numerose traduzioni in quasi tutte le lingue e alle diverse edizioni del libro. Da questo momento, Bertha diviene un'attivista di successo nel campo della pace, alla quale dedica tempo ed energie, partecipando a congressi internazionali come promotrice di progetti pacifisti. 1891: la baronessa avvia l'Austrian Peace Society che presiede per un lungo periodo e per la quale organizza il suo primo congresso internazionale per la pace. A testimonianza del suo impegno, si noti, leggendo i commenti sui giornali della societa' maschile dell'epoca, come la presenza di una donna attivista destasse stupore: "Nel novembre del 1891, in una sala del Campidoglio, inaugurandosi a Roma il Congresso della pace, dopo un discorso di Ruggero Bonghi, dopo il saluto del sindaco, una donna, di nobile e severo aspetto, elegante nel vestire, chiese la parola per spiegare in nome di quali principi ella si presentava. Tutti gli sguardi conversero su di lei; e per la sala corse, bisbigliato, un nome gia' celebre: baronessa Bertha de Suttner, l'autrice di Abbasso le armi!. Ella parlo' in francese, con l'efficacia della convinzione, in uno stile vivo, colorito, in favore dell'ideale della sua vita, la fratellanza tra i popoli, la guerra alla guerra, l'arbitrato internazionale. Prese parte a tutte le sedute del Congresso, vi fu eletta vice-presidente, vi parlp' spesso e cerco' di mettere l'accordo fra le varie tendenze". 1892: insieme al giornalista Alfred Fried, anch'egli vincitore del Premio Nobel per la pace nel 1911, avvia una collaborazione per il giornale "Die waffen Nieder", fino al 1899, quando viene sostituito da "Friedenswarte", la rivista pacifista che si pubblica a Berlino e di cui Bertha cura la parte del commento politico. Continua i contatti con Nobel, che lei stessa informa sugli sviluppi del movimento pacifista convincendolo della sua crescente efficacia. 1895: Alfred Nobel stende il suo testamento, nel quale ricorda in particolare Bertha von Suttner, che lui designa come "Friedensfreitstragerin", ovvero come colei alla quale spetta, per impegno e volonta', il premio per la pace... Fu per ispirazione di Bertha, che Nobel inseri' una clausola che riservava un premio ai propagandisti della pace. 10 dicembre 1896: muore Alfred Nobel. 1899: prima manifestazione pacifista internazionale delle donne all'Aja. Bertha appoggia l'iniziativa della tedesca Margarethe Selenka, che afferma che la questione femminile e il problema della pace coincidono "ambedue nella loro interna natura costituiscono una battaglia a favore della forza del diritto contro i diritti della forza". Bertha von Suttner lavora affiancata dal marito nell'intento di guadagnare consensi per la partecipazione alla Hague Peace Conference, organizzando incontri ed inviando articoli e materiali a diverse testate giornalistiche. 1902: dopo la morte del marito, Bertha rimane ugualmente determinata a proseguire il lavoro che avevano svolto insieme. Intraprende numerosi viaggi per missioni di pace, continuando nel frattempo a scrivere, per diffondere il suo ideale. 1905: le viene conferito l'ambito premio Nobel per la pace. Negli anni seguenti si impegna per ristabilire la pace sul fronte franco-tedesco; denuncia i possibili danni della militarizzazione della Cina e dell'aviazione utilizzata come strumento militare. 1908: partecipa ad un congresso sulla pace tenutosi a Londra dove dichiara come sia necessaria l'unione dell'Europa per prevenire la catastrofe mondiale che sembra essere vicina ed imminente. 1911-1912: guerra di Libia. Su riviste e giornali, Bertha esprime giudizi durissimi sull'Italia: condanna la guerra, ma dimostra simpatia per il popolo italiano, non colpevole di questa avventura. 1912-1913: si reca negli Stati Uniti dove tiene conferenze per divulgare le idee del movimento pacifista. Agosto 1913: gia' affetta da cancro, la baronessa e' onorata del titolo di "generalissimo" del movimento pacifista. Maggio 1914: con le ultime energie, organizza un convegno previsto per il successivo settembre a Vienna. 21 giugno 1914: la sua malattia non le lascia pero' tregua fino alla morte, evitandole comunque di vedere vanificati tutti i suoi sforzi: pochi giorni dopo infatti scoppiera' la guerra mondiale. Le ultime parole che la baronessa pronuncia in punto di morte, raccolte dalla cognata, sono ancora un grido: "Giu' le armi! ditelo a tutti". La baronessa ha lasciato molte lettere preziose inviatele da sovrani e illustri personalita' di ogni nazione. Gennaio 2002: l'euro, la nuova moneta, inizia a circolare in Europa. L'Austria ha scelto di riprodurre sulla moneta da 2 euro il ritratto di Bertha von Suttner, in ricordo degli sforzi compiuti per decenni dall'Austria in favore della pace. Anche questo, come gli altri simboli sono stati scelti da un gruppo nazionale di esperti attraverso un sondaggio pubblico. L'autore e' l'artista Joseph Kaiser. * Una sitografia essenziale - La pagina web www.nobel.se/peace in lingua inglese riporta una biografia di Bertha von Suttner, il discorso tenuto al conferimento del Premio Nobel, il 18 aprile 1906, e discorsi tenuti da alcuni membri della commissione per l'assegnazione del Premio Nobel per la Pace. - la pagina web www.dfg-vk.de/stiftung/suttner01.htm riporta una sintetica biografia di Bertha von Suttner in lingua tedesca. - La pagina web www.phil-fak.uni-duesseldorf.de/frauenarchiv/europa/suttner/ riporta, sempre in lingua tedesca, una approfondita biografia di Bertha von Suttner, documentata con immagini e con alcuni frammenti dei suoi scritti. 5. MAESTRI. LEV TOLSTOJ: LA NOSTRA CONCEZIONE DELLA VITA [Da "Quaderni Satygraha" n. 2, 2002, pp. 14-20, riprendiamo il seguente testo tolstoiano; ringraziamo Rocco Altieri, Giovanni Mandorino, e con essi l'intera redazione per avercelo messo a disposizione. Il testo e' tradotto per la prima volta dal russo a cura di Vladislav Lebedev, dell'associazione "Amici di Tolstoj". Esso e' accompagnato dalle seguenti informazioni sulla sua origine, le sue vicende editoriali, alcuni riferimenti che esso medesimo propone: "In una lettera del 27 febbraio 1907 N. G. Sutkovoj aveva mandato a Tolstoj un particolare appello che aveva l'obiettivo di 'esporre, possibilmente in breve, i principali fondamenti della nostra concezione di vita e diffondere questo foglio il piu' largamente possibile tra il popolo'. Sutkovoj chiedeva a Tolstoj di indicargli i difetti di tale appello oppure esporne lui stesso i principi. Tolstoj l'11 marzo 1907 comunico' a Sutkovoj di non volere cambiare l'appello, in seguito pero' aggiunse di volerlo riguardare meglio. Il 24 marzo 1907 Tolstoj si accinse a lavorare sull'articolo, partendo dall'appello di Sutkovoj e dal manifesto di Garrison. Il 2 giugno mando' il testo, che noi abbiamo, a Certkov per stamparlo. Fu pubblicato la prima volta nella rivista tolstoiana bulgara: "Vyzraidane" nel 1907 e poi in appendice nel'opuscolo di Voinov (Lunatcharkij) dal titolo: La morte di Tolstoj e la societa' russa, pubblicato a Losanna nel 1911 a cura del comitato internazionale di aiuto ai disoccupati. In Russia fu stampato per la prima volta nel 1916 nella rivista "Golos Tolstogo" (La voce di Tolstoj) e poi nel volume 37 della edizione delle opere complete, detta "del Giubileo". Il testo e' pertanto formato da una prima breve dichiarazione, che e' una sintesi di quella di Garrison, una seconda dichiarazione rimaneggiata da Tolstoj, infine un lungo commento strettamente tolstoiano. William Lloyd Garrison (1805-1879) - alla cui figura, pensiero ed azione nel testo si fa ampio e consonante riferimento - e' stata la voce piu' importante del movimento americano per l'abolizione della schiavitu'. Garrison, sostenitore della scelta nonviolenta, teorizzo' e sviluppo' una strategia di non-resistenza attraverso un'attiva non-collaborazione con le leggi ingiuste e le autorita' illegittime che sostenevano il regime di segregazione razziale". Lev Tolstoj, nato nel 1828 e scomparso nel 1910, non solo grandissimo scrittore, ma anche educatore e riformatore religioso e sociale, propugnatore della nonviolenza. Opere di Lev Tolstoj: tralasciando qui le opere letterarie (ma cfr. almeno Tutti i romanzi, Sansoni, Firenze 1967; e alcuni dei piu' grandi racconti, come La morte di Ivan Il'ic, e Padre Sergio), della gigantesca pubblicistica tolstojana segnaliamo particolarmente almeno Quale scuola, Emme, Milano 1975, Mondadori, Milano 1978; La confessione, SE, Milano 1995; Perche' la gente si droga? e altri saggio su societa', politica, religione, Mondadori, Milano 1988; Il regno di Dio e' in voi, Bocca, Roma 1894, poi Publiprint-Manca, Trento-Genova 1988; La legge della violenza e la legge dell'amore, Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona 1998; La vera vita, Manca, Genova 1991; l'antologia Tolstoj verde, Manca, Genova 1990. Opere su Lev Tolstoj: dal nostro punto di vista segnaliamo particolarmente Pier Cesare Bori, Gianni Sofri, Gandhi e Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1985; Pier Cesare Bori, Tolstoj, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1991; Pier Cesare Bori, L'altro Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1995; Amici di Tolstoi (a cura di), Tolstoi il profeta, Il segno dei Gabrielli, S. Pietro in Cariano (Vr) 2000. Per abbonarsi ai "Quaderni Satyagraha" (per contatti: tel. 050542573, e-mail: roccoaltieri at interfree.it, sito: pdpace.interfree.it): abbonamento annuale 30 euro da versare sul ccp 19254531, intestato a Centro Gandhi, via S. Cecilia 30, 56127 Pisa, specificando nella causale "Abbonamento Satyagraha"] Poiche' condividiamo in linea generale lo stesso modo di concepire la vita, il quale non coincide con nessuna delle piu' diffuse dottrine religiose o laiche, e considerando i frequenti appelli e le pressanti richieste che ci pervengono e che non riusciamo a soddisfare, riteniamo opportuno, per evitare fraintendimenti, esporre, per quanto possibile in maniera chiara e succinta, la nostra concezione di vita e il nostro conseguente atteggiamento verso le attuali strutture della societa'. Nel 1838 in America e' stata resa nota una dichiarazione di William Lloyd Garrison, nella quale lui e i suoi discepoli hanno espresso la loro professione di fede. L'essenza di questa professione di fede e' riconducibile ai seguenti punti. Viene riconosciuto un solo re e legislatore, che e' Dio, e di conseguenza si nega qualsivoglia governo umano. Garrison riconosce tutto il mondo come patria e tutti gli uomini come compatrioti. I popoli non devono difendersi dai nemici esterni, ne' aggredirli. Nei loro rapporti personali gli individui non devono aggredire gli altri, ne' difendersi con la forza, perche' cio' e' male. La dottrina ecclesiastica sulla origine divina di tutti gli stati ed autorita' esistenti e' tanto assurda quanto sacrilega. Queste autorita' non hanno mai agito nello spirito della dottrina e dell'esempio di Cristo e percio' non possono esser stabilite da Dio, ma devono essere abolite; non con la forza pero', ma attraverso la rinascita spirituale degli essere umani. Se le guerre, sia offensive che difensive, sono da considerarsi non cristiane e illegittime, allora anche tutti i preparativi di guerra, gli eserciti permanenti, lo stato maggiore militare, il servizio militare obbligatorio, le appropriazioni per mezzo della forza militare, sono non cristiani e illegittimi. Illegittimo e non cristiano e' ogni tribunale, sia civile, che e' fondato su costrizioni forzate, che penale, fondato sulla legge del Vecchio Testamento: occhio per occhio, dente per dente. Tale tipo di tribunale e' stato abolito da Cristo che predica il perdono dei nemici al posto della vendetta, in tutte le circostanze senza eccezioni. Come conseguenza a tutto cio', Garrison e i suoi seguaci rifiutano di occupare posti negli uffici governativi e di eleggere qualcuno a questi uffici e in genere di servire il governo sotto qualsiasi forma. La storia dell'umanita' e' ricolma di prove che il male puo' esser distrutto solo per mezzo del bene, da cio' si desume la veridicita' della dottrina di Cristo fondamentale sulla non resistenza al male con la violenza. Pertanto Garrison nega le dottrine rivoluzionarie che predicano la violenza e la lotta violenta contro i governi esistenti, la quale e' contraria ai precetti evangelici. * Dall'epoca in cui tale dichiarazione fu resa manifesta, sono passati settanta anni, noi ora nel 1907 condividiamo in tutto e per tutto i fondamenti teorici in essa espressi, possiamo aggiungervi solo cio' che segue. Riteniamo che il fondamento della nostra vita non si trovi nel nostro corpo, soggetto alle sofferenze, e alla morte, sempre incombente ed inevitabile, ma in quel principio spirituale che dette e da' la vita all'uomo. Pertanto lo scopo e il bene della nostra vita lo individuiamo nella consapevolezza sempre maggiore e nella manifestazione sempre maggiore di tale principio spirituale. E poiche' questo principio spirituale, al contrario della corporeita' che e' diversa in ogni persona, e' lo stesso in tutti gli esseri viventi, cosi' la coscienza di questo principio ci unisce a tutto cio' che vive e si manifesta nella nostra vita come amore. E percio' amare il prossimo come se stessi e la regola che ne deriva - agisci verso gli altri come vuoi che gli altri agiscano verso di te - noi lo riconosciamo come legge spirituale della nostra vita. Sapendo dunque per esperienza che ogni limitazione forzata della altrui liberta' operata dalla violenza, provoca sofferenza nella gente e sentimenti non buoni contrari all'amore, riteniamo ogni forma di violenza contro le persone, operata sia da singoli, sia da quei gruppi che si chiamano governi, contraria alla legge principale della nostra vita. Pertanto riconoscendo come unica forza che puo' frenare la gente e indurla alla vita pacifica, la legge dell'amore, i cui fondamenti si trovano nell'animo di ogni uomo, noi: I. non riconosciamo a nessun uomo ne' a nessun gruppo il diritto di sottrarre con la violenza o la minaccia i beni di una persona per darli ad altri (tasse); II. non riconosciamo ne' a noi stessi ne' ad altri il diritto di difendere con la violenza il possesso esclusivo di alcuna porzione di terra, che costituisce patrimonio comune di tutti gli uomini; III. non riconosciamo ad alcun uomo - anche se col nome di monarca o governo costituzionale o repubblicano - il diritto di radunare, armare e addestrare gente per uccidere, di aggredire altri e dopo aver dichiarato guerra a gente di altre etnie, depredarla ed ucciderla; IV. non riconosciamo ne' a noi stessi ne' ad altre persone - sotto forma di chiese o enti educatori, scolastici, divulgativi, mantenuti con i fondi raccolti con la violenza - il diritto di dirigere le coscienze e l'istruzione di altri; V. poiche' non riconosciamo ne' ad alcun uomo, ne' ad alcun governo, il diritto di dirigere gli altri con la forza, non riconosciamo neanche alle persone che non fanno parte del governo, il diritto di usare la violenza per distruggere i governi esistenti e stabilire un nuovo governo. Noi non riconosciamo questi diritti ad alcuno, perche' ogni violenza per sua stessa natura e' contraria alla legge fondamentale della vita che noi professiamo, cioe' all'amore. Con la vittoria di una violenza sull'altra infatti la violenza che risulta vincitrice, alla stessa maniera della violenza precedente, provoca l'insorgere di nuove violenze contro di lei e cosi' senza fine. Poiche' non riconosciamo tali diritti a nessuno, di conseguenza noi riteniamo anche tutte le attivita' fondate su tali presunti diritti come dannose e irragionevoli e percio' noi non soltanto non possiamo partecipare a tali attivita' o servircene, ma sempre con tutte le forze lotteremo contro di esse cercando di distruggerne le basi; VI. distruggere o eliminare alla base tutte queste attivita' false e dannose noi lo riteniamo possibile soltanto con un mezzo: render manifesta in noi, con la nostra vita, quella suprema legge dell'amore, che riconosciamo come l'unica, vera ed indubitabile guida della vita umana; VII. di conseguenza tutti i nostri sforzi, tutta la nostra attivita' avra' un solo obiettivo: render manifesta con la nostra vita quella legge dell'amore che in maniera piu' efficace di qualsiasi altro mezzo distrugge il male dell'odierna organizzazione dell'esistenza umana e accelera la instaurazione di quella vera fratellanza fra la gente che l'umanita' sofferente oggi attende cosi' ansiosamente. Crediamo che questo regno sia vicino, "alle porte". * I pensieri espressi in questa dichiarazione, cosi' come in quella di Garrison, non sono nuovi, tutto questo e' stato detto molte e molte volte da tanti uomini saggi: dai bramini, dai buddisti, dai cinesi - e in particolare da uno dei suoi sapienti Miti che predicava l'amore al posto della violenza -, da Socrate, dagli Stoici, e soprattutto nel modo piu' chiaro e definitivo da Cristo (non nella dottrina paolina che e' pseudo-cristiana o in quella ecclesiastica che distorce il vero cristianesimo, ma nella dottrina cristiana autentica, cioe' nel Sermone della montagna). Verita' simili vennero espresse e predicate dagli ebioniti, dagli esseni, dai catari, dagli albigesi, dai fratelli moravi, dai quaccheri, dai nazareni, dai babisti persiani, dai duchobory e da centinaia e migliaia di persone che confessavano e confessavano queste stesse verita'. Finora, pero', tutte queste verita' chiare, semplici, inconfutabili, che danno con certezza alla gente un vero bene al posto delle sofferenze, non hanno cambiato l'organizzazione delle societa' umane, e cosi' la vita della maggioranza della gente continua a seguire gli stessi percorsi di sempre. * La dottrina di tutte queste persone sagge porta a quella verita' che distruggerebbe il male di cui la gente atrocemente soffre: basta smettere di commetterlo. Che cosa c'e' di piu' semplice, piu' comprensibile, piu' convincente di questo? Sembrerebbe che, per capirlo e metterlo in pratica, fosse necessario tanto poco sforzo come per respirare. Sembrerebbe che, se mai, lo sforzo occorresse per astenersene. Tanto piu' che questa semplice verita' fu proclamata per centinaia, migliaia di anni da persone riconosciute universalmente come i piu' grandi saggi della terra; tuttavia l'umanita' non ha compreso ne' accettato questa verita', e continua a vivere cosi' come se le fosse completamente ignota. Qual'e' la causa di cio'? Perche' mai un adolescente intelligente, buono e bravo ode le parole della umana saggezza che lo esortano al lavoro, alla continenza, alla purezza, alla bonta', le ode, ma non ferma su di esse la propria attenzione neppure un istante e non le applica nella sua vita? Un adolescente, innanzitutto, e' occupato dalle sue passioni animalesche o semianimalesche che lo irretiscono con tutta la forza della novita' ed a cui danno esca e sostegno i suggerimenti e gli esempi della maggioranza della gente che lo circonda. Inoltre, se lui si mette a riflettere appena un minuto sulla giustezza della strada intrapresa, subito gli vengono proposte non quelle verita' antiche ed eterne che condannerebbero la sua vita presente, ma teorie le quali lo rassicurano che lui, continuando a vivere cosi' come vive in maniera oziosa e incontinente, fornicatore, aggressivo, pieno di concupiscenze, vive proprio come una persona ragionevole. E l'adolescente, facendo sua qualcuna di queste teorie, politica, economica, scientifica o pseudo-religiosa e aggrappandosi ad essa come ad un'ancora di salvezza, vive e diventa uomo e si rafforza sempre piu' nel suo modo di vivere. Il modo di vivere rafforza la teoria e la teoria rafforza il modo di vivere. E piu' lui vive cosi', piu' si complicano e ingarbugliano le sue condizioni di vita, e sempre piu' difficile diventa per lui - anche se lo volesse - tornare a quelle verita' semplici, necessarie e vitali che egli aveva udito nella sua adolescenza, senza prestarvi ascolto. Ed egli vive cosi', finche' le sofferenze inevitabilmente legate a tale modo di vivere, non lo portino inevitabilmente a quella semplicissima, vecchia verita', che lui conosceva all'inizio, e cioe' che affinche' la vita sia bella, c'e' soltanto un mezzo: bisogna vivere bene. Allora quell'uomo, se non si e' perduto irrimediabilmente, comincia a cambiare la sua vita e compie in maniera parziale, e alla fine della sua vita, quello che avrebbe potuto fare piu' facilmente e completamente fin dall'inizio. Questa e' la via di accostamento alla verita' di ciascuna persona. La via sembra bizzarra. Sembrerebbe piu' semplice non fare tutti quegli errori senza scopo e accettare subito quelle verita'. Ma sembra soltanto. Quegli errori sono necessari, perche' una verita' recepita solo a livello mentale puo' divenire guida delle proprie azioni solo per un esiguo numero di persone. Per la maggioranza, la verita' solo allora diviene una verita', quando e' confermata dalla propria dolorosa esperienza. Soltanto allora la verita' e' la verita', per la maggior parte delle persone quando e' chiaro che abbandonarla porta alla sofferenza, quando cioe' verita' e benessere coincidono. Tale e' la caratteristica della maggior parte delle persone, tale dunque e' la situazione dell'umanita' nel suo insieme. * Tutta l'umanita' vive secondo la sua natura sin dall'inizio (da quell'inizio che ci e' visibile) con quei suoi impulsi animaleschi o semianimaleschi. E allo stesso modo, come presso ciascuna singola persona, la forza di questi impulsi e' potenziata dalla loro novita'. E alla stessa maniera di ciascuno, le rare voci dei saggi che mostrano il vero senso della vita, non vengono ascoltate dalla maggioranza degli uomini, attratta dalla novita' e dalle suggestioni. Alla stessa maniera, appaiono teorie sostitutive, false (per lo piu' le dottrine dei saggi travisate). E tutte queste false dottrine, favorendo le basse passioni, sempre piu' allontanano la gente dalla verita'. E come per la singola persona la difficolta' di cambiare vita aumenta per le situazioni create dal passato vissuto in maniera errata e a cui la persona e' legata, alla stessa maniera anche per l'umanita' nel suo insieme che ha abbandonato la verita', la difficolta' di cambiare aumenta a causa di cio' che e' stato compiuto sulla via dell'errore per la quale da secoli cammina. In cio' sta anche la causa di quel fatto strano per cui la gente, pur conoscendo la verita' semplice e chiara che la salverebbe, vive cosi' come se questa verita' non fosse stata mai da nessuno conosciuta. La causa di cio' risiede anche in quelle false teorie che travisano sia la religione che la scienza e in quelle opere che l'umanita' ha compiuto durante la sua vita sbagliata. L'umanita', vivendo una vita sbagliata sulla base di false teorie, ha prodotto talmente tante cose false ed inutili, sia nel campo materiale che in quello spirituale, che essa ora non puo' piu' decidersi a seguire quelle verita' semplici, chiare e ben comprensibili, le quali renderebbero inutili quasi tutto quello che lei ha fatto con tanta fatica, dedizione e fervore. Tutti questi voli di aerei, i grattacieli, le corazzate, i parlamenti, tutto cio' che viene chiamato scienza ed arte, tutte quelle scoperte scientifiche che non servono a niente e a nessuno, tutte le complicate raffinatezze della vita, tutto cio' sembra talmente importante che rinunciarvi, o solo rischiare di perderne una parte, sembra alle persone del nostro tempo una cosa impossibile o un rischio folle. * Le persone, camminando, si sono avvicinate al fiume. Le piu' sagge di loro sanno che il loro percorso passa per il fiume, che la casa e' sull'altra riva e bisogna attraversare il fiume. La' dove le persone si sono accostate al fiume, il fiume non e' ne' largo ne' profondo, e occorre solo un piccolo sforzo per attraversarlo, ma esse non vogliono fare questo sforzo e per di piu' si trovano fra loro alcuni che assicurano che si puo' evitare questo sforzo e non passare il fiume. E la gente si mette a costeggiare la corrente, cercando un guado, ma piu' va avanti lungo il fiume, piu' questo diviene largo e profondo. La gente avverte confusamente che proseguendo lungo la corrente, non trovera' il passaggio, ma non vuole sprecare il cammino gia' fatto e continua a rassicurare se stessa che il fiume tra poco cessera' di scorrere, oppure succedera' un miracolo, come per gli Israeliti, ed essa lo attraversera' all'asciutto. Ma il fiume diventa sempre pia' largo e sta straripando e sommergendo sia la riva che le persone che camminano lungo di essa. Fin dai tempi piu' remoti le persone sagge hanno compreso quella verita': che la societa' umana puo' fondarsi solo sull'amore e sul servizio spontaneo e reciproco che dall'amore deriva; e, pertanto, il modo attuale di organizzare le societa' umane attraverso la violenza e' sbagliato e il tentativo di distruggere la violenza con la violenza e' un errore evidentissimo, perche' si puo' distruggere la violenza solo non commettendo violenza. Sembrerebbe che questa verita' non possa non esser subito capita, ma le persone non credono in cio' che sia gli uomini saggi sia il buon senso dicono loro, ma credono a quelle persone che dalla violenza traggono vantaggio. Credono loro perche' per astenersi dalla violenza bisogna fare uno sforzo sebbene piccolo, mentre per subire la violenza o parteciparvi non e' necessario alcuno sforzo. Cosi' sono andate le cose fin dai tempi piu' remoti, cosi' sono andate nel Medio Evo, cosi' nell'epoca moderna, cosi' anche oggi. La gente continua ad agitarsi e a correre qua e la' su questo lato del fiume, e spera ancora che il fiume cessi di scorrere o le acque si separino. Ma tutto ha un limite e oggi ci si e' avvicinati a questo limite. Le sventure, follie, stupidita' e ferocia della vita che viene condotta ora dalla gente che tenta di distruggere il male con il male, divengono sempre piu' evidenti, e le persone che capiscono l'inutilita' di continuare per tale strada divengono sempre piu' numerose. Noi pensiamo che adesso, proprio adesso nel 1907 d. C., con il caos e i sofismi delle sue conoscenze inutili - e questo caos e' arrivato all'ultimo grado -, con la sua disunione, la sua rabbia, le sue sofferenze, l'umanita' verra' portata finalmente e necessariamente a capire ed accettare quella antica verita', annunciata agli uomini tanto tempo fa, a tutti nota, semplice, chiara: che l'uomo e' un essere dotato di una coscienza spirituale, percio' puo' e deve fondare la propria vita non sulla forza bruta, come un animale, ma solo su quella sua qualita' specifica che deriva dalla coscienza spirituale: l'amore; e che l'amore soltanto puo' dare a tutte le persone quel bene, che e' l'aspirazione fondamentale della loro vita. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 850 del 24 febbraio 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
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