La nonviolenza e' in cammino. 787



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 787 del 23 dicembre 2004

Sommario di questo numero:
1. Si' alla legge contro la violenza di genere
2. Silvia Vegetti Finzi: Un paradosso proprio dell'essere umano
3. Maria G. Di Rienzo: Come parlare ai vostri amministratori e legislatori
4. Mao Valpiana: Le guerre di oggi e la nonviolenza di domani
5. Guerra e mondo. Annuario geopolitico della pace 2004
6. Operazione Colomba: Un corso di formazione a gennaio
7. Benito D'Ippolito: Intorno a Lidia Menapace. Una cantata didattica
8. Maria Luigia Casieri: Prima e dopo Emilia Ferreiro
9. Davide Melodia: Scienza e coscienza
10. Luisa Muraro: La forza di sottrarsi ai rapporti di forza
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. APPELLI. SI' ALLA LEGGE CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo appello firmato da un migliaio di intellettuali spagnoli
in appoggio alla nuova legge contro la violenza sessuale. La traduzione e'
di Clara Jourdan, il testo originale con la lista dei firmatari si trova
cliccando www.comfia.info/archivos/notepases.pdf]

Noi firmatari, uomini, diciamo si' alla legge contro la violenza di genere.
Perche' non possiamo essere complici rispetto alla realta' di una violenza
che, anno dopo anno, uccide decine di donne e obbliga molte altre ad
abbandonare il proprio lavoro, la propria casa e la propria citta' per
cercare di sfuggire al loro aggressore; una violenza che provoca ogni anno
il suicidio di centinaia di donne e ne maltratta fisicamente e
psicologicamente centinaia di migliaia.
Perche' la violenza esercitata da uomini contro donne richiede misure
specifiche, dato che non assomiglia in niente, ne' in quantita' ne' come
caratteristiche, ai casi isolati di violenza di donne contro uomini.
Perche' questa violenza asimmetrica e' un terrorismo maschilista che non
accetta l'emancipazione di coloro che lo subiscono, infatti la sua forma
piu' estrema, l'assassinio, ha luogo nella maggior parte dei casi quando la
donna ha rotto o e' in un processo di rottura con l'aggressore.
Perche' questa violenza di dominio colpisce i diritti e le liberta'
dell'insieme delle donne, giacche' non solo maltratta o ammazza quelle
direttamente colpite, ma contribuisce a creare un clima di intimidazione e
timore generalizzato al momento di denunciare i maltrattamenti e rompere con
i maltrattatori.
Perche' il progetto di legge contro la violenza di genere non e'
incostituzionale ne' lo e' singolarizzare il modo di trattare certe forme di
violenza, in funzione della portata del danno sociale che causano.
Perche' l'adozione di misure sociali e penali che combattano in modo
specifico la violenza di genere non e' una discriminazione degli uomini ma
un'azione positiva urgente e imprescindibile.
Perche' non avalleremo con il nostro silenzio infondate obiezioni di
discriminazione maschile, provenienti in molti casi da coloro che piu'
indifferenti sono rispetto alla realta' di una discriminazione delle donne
nel salario e nell'impiego, nella distribuzione del tempo di lavoro non
retribuito, nella composizione degli organi direttivi di entita' pubbliche o
private, e perfino in leggi come quelle che regolano l'ordine dei cognomi o
la successione al trono, in violazione dell'articolo 14 della Costituzione
che proibisce qualunque discriminazione per ragioni di sesso.
Perche' la lotta delle donne ci ha aperto gli occhi.
Perche' la loro liberta' e sicurezza e' la nostra dignita'.
Perche' il loro dolore fa male anche a noi.
Perche' non vogliamo essere complici.
Noi, uomini, diciamo no al terrorismo maschilista, si' alla legge contro la
violenza di genere.

2. MAESTRE. SILVIA VEGETTI FINZI: UN PARADOSSO PROPRIO DELL'ESSERE UMANO
[Da Dacia Maraini, Anna Salvo, Silvia Vegetti Finzi (a cura di Maddalena
Tulanti), Madri e figlie. Ieri e oggi, Laterza, Roma-Bari 2003, p. 11.
"Silvia Vegetti Finzi e' nata a Brescia il 5 ottobre 1938. Laureatasi in
pedagogia, si e' specializzata in psicologia clinica presso l'Istituto di
psicologia dell'Universita' cattolica di Milano. All'inizio degli anni '70
ha partecipato a una vasta ricerca internazionale, progettata dalle
Associazioni Iard e Van Leer, sulle cause del disadattamento scolastico.
Inoltre ha lavorato come psicoterapeuta dell'infanzia e della famiglia nelle
istituzioni pubbliche. Dal 1975 e' entrata a far parte del Dipartimento di
Filosofia dell'Universita' di Pavia ove attualmente insegna psicologia
dinamica. Dagli anni '80 partecipa al movimento femminista, collaborando con
la "Universita' delle donne Virginia Woolf" di Roma e con il Centro
documentazione donne di Firenze. Nel 1990 e' tra i fondatori della Consulta
(laica) di bioetica. Dal 1986 e' pubblicista del "Corriere della Sera" e
successivamente anche di "Io donna" e di "Insieme". Fa parte del comitato
scientifico delle riviste: "Bio-logica", "Adultita'", "Imago ricercae",
nonche' dell'Istituto Gramsci di Roma, della "Casa della cultura" di Milano,
della "Libera universita' dell'autobiografia" di Anghiari. E' membro
dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, della Societa'
italiana di psicologia; della Societe' internationale d'histoire de la
psychoanalyse. Nel 1998 ha ricevuto, per i suoi scritti di psicoanalisi, il
premio nazionale "Cesare Musatti", e per quelli di bioetica il premio
nazionale "Giuseppina Teodori". Sposata con lo storico della filosofia
antica Mario Vegetti, ha due figli adulti, Valentina e Matteo" (questa
notizia biografica abbiamo estratto dal sito dell'Enciclopedia multimediale
delle scienze filosofiche: www.emsf.rai.it). Opere di Silvia Vegetti Finzi:
(a cura di), Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli, Bologna 1976; (con
L. Bellomo), Bambini a tempo pieno, Il Mulino, Bologna 1978; (con altri),
Verso il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1982; Storia della
psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986; La ricerca delle donne (1987);
Bioetica, 1989; Il bambino della notte. Divenire donna, divenire madre,
Mondadori, Milano 1990; (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza,
Roma-Bari 1992; Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere
insieme, Mondadori, Milano 1992; (con altri), Questioni di Bioetica,
Laterza, Roma-Bari 1993; (con Anna Maria Battistin), A piccoli passi. La
psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994;
Freud e la nascita della psicoanalisi, 1994; (con Marina Catenazzi),
Psicoanalisi ed educazione sessuale, Laterza, Roma-Bari 1995; (con altri),
Psicoanalisi ed identita' di genere, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Anna
Maria Battistin), I bambini sono cambiati. La psicologia dei bambini dai
cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996; (con Silvia Lagorio, Lella
Ravasi), Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della
maternita', Il Saggiatore, Milano 1996; (con altri), Il respiro delle donne,
Il Saggiatore, Milano 1996; Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura
e scienza, Mondadori, Milano 1997; (con altri), Storia delle passioni,
Laterza, Roma-Bari 1997; Il fantasma del patriarcato, 1997; (con altri),
Fedi e violenze, Rosenberg & Sellier, 1997; (con Anna Maria Battistin),
L'eta' incerta. I nuovi adolescenti, Mondadori, Milano, 2000. Collabora
inoltre con le riviste filosofiche: "Aut Aut" e "Iride". Molti suoi scritti
sono stati tradotti in francese, inglese, tedesco e spagnolo]

Ecco, io penso che l'amore possa essere anche insegnato dalla mancanza
d'amore o meglio dal bisogno d'amore. Che si possa, per un paradosso che e'
proprio dell'essere umano, dare cio' che non si ha e in tal modo ricevere
cio' che non si e' avuto, perche' dare e ricevere in campo amoroso si
corrispondono e si confondono.

3. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: COME PARLARE AI VOSTRI AMMINISTRATORI E
LEGISLATORI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice
dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di),
Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

Introducete la questione personalizzandola.
Ovvero, mettete in relazione quella legge o quel decreto alla vostra
situazione personale, a quella dei vostri vicini di casa, o di gente che
conoscete personalmente. Inoltre, fate in modo che il vostro interlocutore
sappia alla svelta che voi votate nel collegio nel quale lui (o lei) e'
stato eletto.
*
Identificatevi come parte di uno sforzo collettivo organizzato.
Otterrete piu' attenzione presentando il comitato o i comitati, il tavolo,
la coalizione, ecc. che si stanno occupando della questione, e voi come
portavoce di tali gruppi o di uno di essi.
*
Arrivate al colloquio avendo fatto un po' di "compiti a casa":
E cioe', conoscendo almeno le basi della legge di cui state parlando, avendo
ben riflettuto su cosa direte e su quali saranno i probabili argomenti che
verranno usati contro il vostro punto di vista.
*
Restate nel merito del discorso.
Parlate di cio' di cui siete preoccupati. Non divagate, e non permettete al
legislatore di farlo. Siate cortesi, ma fermi.
*
Non litigate.
Anche se il vostro interlocutore e' scostante o persino offensivo, e vi
farebbe davvero star meglio dirgliene quattro, non fatelo: una disputa
verbale non otterra' alcun risultato. La chiave della vostra vittoria si
chiama "persuasione": ribadite i vostri problemi, i vostri bisogni, il fatto
che la questione affligge parte della comunita' e voi personalmente.
*
Non reagite in modo difensivo.
Gli amministratori potrebbero fare dei commenti critici sulla vostra
posizione, o porvi delle domande difficili. Non evitate questo confronto.
Piu' sarete in grado di dare informazioni certe sulla vostra posizione, piu'
il vostro punto di vista e voi stessi guadagnerete in credibilita'. Tenete
in mente che il processo di formulazione delle leggi comprende spesso la
necessita' di mediazioni, ma anche che voi avete il diritto di entrare
attivamente nel processo. La vostra situazione e le vostre preoccupazioni
sono importanti.
*
Non tirate in lungo il colloquio, non siate sprezzanti o minacciosi, non
guardate il vostro interlocutore come un "nemico".
Avete bisogno di instaurare una relazione a lungo termine con questa
persona, perche' sara' il vostro sindaco, deputato, eccetera, ancora per
anni. Puo' darsi che siate completamente in disaccordo sulla questione che
gli ponete oggi, ma se mantenete la relazione potreste scoprire che egli (o
ella) lavorera' volentieri con voi per risolvere un altro problema domani.
*
Cercate di fargli/farle prendere un impegno.
Il vostro scopo e' ottenere il sostegno di questa persona, percio' siate
specifici: "Lei si opporra' a questo provvedimento in Consiglio comunale?",
"Lei ci aiutera' in Parlamento con il suo voto, un'interrogazione, la
raccolta di firme a sostegno della nostra opzione, ecc.?".
Fate la domanda in modo diretto, e tentate di ottenere una risposta diretta.
*
Siate ottimisti.
La vostra energia e la vostra fiducia nel futuro si riflettono in quello che
dite, e nei modi in cui lo dite. E' piu' facile essere convinti da un
"credente"  ("C'e' davvero interesse alla nostra proposta, sentiamo che la
citta' ci sta sostenendo, percio' abbiamo fiducia di riuscire") che da un
dubbioso ("Non credo che otterremo qualcosa, pero' dovevamo provarci").
*
Siate affidabili.
Se avete promesso di spedire il tal documento in settimana, se vi e' stato
chiesto di chiamare le tali persone il tal giorno, se il vostro
interlocutore vi ha fissato un nuovo incontro... siate puntuali e precisi.

4. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: LE GUERRE DI OGGI E LA NONVIOLENZA DI DOMANI
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per
averci messo a disposizione questo suo intervento scritto per la rivista
"Popoli". Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico,
scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n.
435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario]

Che differenza c'e' tra pacifismo e nonviolenza? La stessa che c'e' tra chi
ha paura di morire, e chi ha paura di uccidere: volere la pace (nel senso di
voler essere lasciati in pace), o cercare la pace (nel senso di costruirla
insieme agli altri).
Ma la nonviolenza e' solo una bella utopia, o puo' essere anche una proposta
politica realizzabile?
Non voglio eludere nessuna obiezione seria che viene fatta alla nonviolenza.
Si dice che essa e' assolutamente inefficace se usata verso il terrorismo
internazionale (non penserete di fermare Bin Laden con le mani nude?).
Certo, oggi le proposte della nonviolenza sono solo teoriche, perche' per
anni, per decenni, non hanno ottenuto nessun credito. Tutte le energie,
tutti i finanziamenti, tutta la politica e' stata indirizzata a preparare
esclusivamente la macchina bellica, che infatti oggi e' pronta e aggressiva,
con portaerei, bombe, truppe, elicotteri, carri armati; tutto ben
organizzato, costruito e finanziato in anni e anni. E dopo aver speso
migliaia di miliardi nell'apparato tecnico-scientifico-militare e non aver
mai investito nemmeno una lira nella preparazione nonviolenta, come si
potrebbe chiedere ai nonviolenti una possibile soluzione della tragedia in
corso? La convulsione storica che stiamo vivendo non e' scoppiata
improvvisamente, come un terremoto, ma e' cresciuta per decenni, nei quali
nulla si e' fatto per evitarne l'esplosione, ne' per preparare una valida
alternativa. E' come trovarsi davanti ad un incendio devastatore senza aver
mai fatto prevenzione e senza avere in mano neppure un bicchiere d'acqua per
spegnerlo. Che si potrebbe fare? Nulla, solo scappare.
Oggi, per rispondere al terrorismo internazionale, di pronto c'e' solo lo
strumento militare; ma si deve avere la consapevolezza che quello strumento
portera' alle estreme conseguenze; se i terroristi alzeranno il livello
della sfida, la risposta dovra' adeguarsi, e gia' qualcuno immagina che si
dovra' passare alle armi nucleari, con le logiche conseguenze: la tragedia
delle torri gemelle rischia di essere moltiplicata per mille.
I nonviolenti sentono l'urgenza di fare qualcosa e l'insufficienza  del solo
mettere a verbale il loro "No!".
La nonviolenza ci pone il problema di un'alternativa efficace e di un
programma costruttivo: quali sono dunque le nostre proposte? Finanziare
istituti di ricerca per la risoluzione nonviolenta dei conflitti
internazionali; istituire, reclutare ed addestrare Corpi Civili di Pace per
la prevenzione dei conflitti; avviare un processo di democratizzazione dell'
Onu; dotare l'Onu di una polizia internazionale; favorire processi di
integrazione con i paesi a rischio; sostenere i gruppi dissidenti dei regimi
dittatoriali; creare una rete di monitoraggio nelle aree a rischio di crisi;
avviare passi di disarmo unilaterale e preparare forme di difesa
nonviolenta; investire in diplomazia e favorire processi di pacificazione,
di riconciliazione, di convivenza; eliminare il commercio di armamenti,
bandire la produzione di armi chimiche, batteriologiche, nucleari.
*
E allora siamo qui a proporre, seriamente, a tutte le forze sociali e
politiche che prendano in considerazione le nostre proposte, sulle quali
lavoriamo da decenni; se non sono applicabili da subito, serviranno almeno
ad evitare la prossima tragedia. Sono le stesse proposte che facemmo al
tempo della guerra del Golfo; rimasero lettera morta, perche' - si  disse
allora - in quel momento servivano i raid aerei. Se dieci anni fa, oltre ai
raid aerei, si fosse almeno iniziato a preparare un'alternativa, forse la
crisi di oggi potrebbe essere affrontata al 95% con mezzi militari e al 5%
con mezzi nonviolenti. Sarebbe gia' molto, perche' forse la crisi successiva
(fra qualche anno) vedrebbe l'80% di intervento militare e il 20% di
intervento nonviolento, e cosi' via...
Invece siamo ancora al 100% di micidiali strumenti militari. E la
nonviolenza viene solo ridicolizzata, o criminalizzata. Si da' per certo
(quasi fosse una verita' assoluta) che le bombe siano efficaci, mentre la
nonviolenza sarebbe fallimentare. Ma e' proprio così?
La guerra e' un'avventura senza ritorno. Un possibile risultato e' quello di
aumentare l'area di consenso attorno al terrorismo fondamentalista (come sta
accadendo in Palestina), di radicalizzare nuove pericolose contrapposizioni.
A chi, in buona fede, e' convinto della bonta' di una "opzione militare"
chiediamo: quando finira' questa guerra? chi firmera' il trattato di resa?
quando si potra' dire, ecco abbiamo vinto? chi potra' assicurare che dal
giorno dopo non ci saranno piu' attentati? fino a quando, per la nostra
sicurezza, dovremo finanziare giganteschi apparati bellici, e quanto dovremo
ancora attendere per dare credito alla nonviolenza?
L'opposizione integrale alla guerra e' il fondamento costitutivo della
nonviolenza. Fra tanti dubbi e incertezze, questo almeno e' un punto fermo.

5. LIBRI. GUERRA E MONDO. ANNUARIO GEOPOLITICO DELLA PACE 2004
[Ringraziamo Luca Kocci (per contatti: lkocci at tiscali.it) per averci messo a
disposizione la seguente nota editoriale di presentazione della nuova
edizione dell'Annuario della pace]

E' uscito da alcune settimane il quarto Annuario geopolitico della pace,
promosso dalla Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace: un volume
collettivo a cui hanno collaborato oltre trenta autori (docenti
universitari, giornalisti, studiosi di politica internazionale, militanti
del movimento per la pace...) fra i quali Giampaolo Calchi Novati, Luisa
Morgantini, Giovanni Levi, Massimo Paolicelli, Isidoro Mortellaro, Manlio
Dinucci, Carlo Gubitosa, Raniero La Valle, Raul Mordenti, Danilo Zolo.
Doveva essere l'anno della pace, solennemente proclamata da Bush il primo
maggio 2003 subito dopo la presa di Baghdad, invece e' stato l'anno della
guerra e del terrorismo, sempre piu' avvitati in una spirale che si
autoalimenta.
Il nuovo Annuario geopolitico della pace racconta, documenta e analizza
tutto quello che e' accaduto nel mondo (nel periodo giugno 2003 - maggio
2004), e che molto spesso e' stato trascurato o rimosso dalla "grande
informazione: 12 mesi di fatti di pace e di guerra, 365 giorni di attivita'
del movimento per la pace, i conflitti cancellati e i dopoguerra
dimenticati, la corsa al riarmo, la privatizzazione delle guerre, il
presente e il futuro delle istituzioni internazionali, le radici economiche
della guerra, le prospettive di pace.
Il volume e' articolato in cinque sezioni:
- Cronologia: le cronologie, giorno per giorno, di un anno di guerre e di 12
mesi di attivita', campagne e iniziative del movimento pacifista italiano e
globale.
- Geografia: approfondimenti geopolitici su alcune "aree calde" del mondo:
Medio Oriente, America latina, Sudan, Grandi Laghi, Libia, Irlanda del Nord.
- Questioni: i temi dell'anno: la guerra permanente e il terrorismo, la
nuova corsa al riarmo, il futuro dell'Onu e della Nato, la Costituzione
europea, la privatizzazione della guerra, le risorse energetiche, le
vittime, il ruolo della Chiesa cattolica.
- Fondamenti: tre riflessioni di ampio respiro sulle radici della pace e
della guerra da tre diversi punti di vista: giuridico, economico,
filosofico-antropologico.
- Pagine arcobaleno: una guida ragionata ai film, ai libri e alle riviste
per la pace.
Il libro e' in vendita nelle Botteghe del commercio equo e solidale (dal
primo dicembre) e nelle librerie (dal primo gennaio). Oppure puo' essere
richiesto all'editore: Altreconomia Edizioni, tel. 0248953031-2, e-mail:
segreteria at altreconomia.it.
*
Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Guerra e mondo. Annuario
geopolitico della pace 2004, a cura di Luca Kocci, Altreconomia edizioni - I
libri di Terre di Mezzo, Milano, 2004, pp. 302, euro 18.
Analisi, articoli, cronologie, interviste e schede di Giacomo Alessandroni,
Salvatore Scaglione, Giampaolo Calchi Novati, Mario Zamponi, Diego Marani,
Claudia Fanti, Graziella Longoni, Laura Quagliuolo, Fabio Corazzina, Luisa
Morgantini, Alessandra Garusi, Giovanni Levi, Giovanni Benzoni, Francesca
Lacaita, Massimo Paolicelli, Michele Paolini, Nella Ginatempo, Fabio
Marcelli, Isidoro Mortellaro, Nicola Vallinoto, Claudia Lamonaca, Giorgio
Beretta, Manlio Dinucci, Carlo Gubitosa, Sergio Tanzarella, Raniero La
Valle, Raul Mordenti, Danilo Zolo, Paolo Borio, Fabiana Danesi, Enrico
Peyretti, Luca Kocci.
Con la collaborazione del settimanale "Internazionale", dell'associazione
PeaceLink, di Archivio Disarmo, della scuola di ricerca e critica delle
antropologie "Vasti" e dei Cinecircoli giovanili socioculturali.
*
Per ulteriori informazioni: Luca Kocci (curatore dell'annuario), tel.
0623232939 e 3406099673, e-mail: lkocci at tiscali.it; Giovanni Benzoni
(Fondazione Venezia ricerca sulla pace), tel. 3282517362, e-mail:
gbenzoni at tin.it

6. FORMAZIONE. OPERAZIONE COLOMBA: UN CORSO DI FORMAZIONE A GENNAIO
[Dagli amici dell'Operazione Colomba (per contatti:
operazione.colomba at apg23.org) riceviamo e diffondiamo]

L'Operazione Colomba, il corpo civile di pace della Comunita' papa Giovanni
XXIII che interviene nei conflitti armati condividendo la vita con le
vittime della guerra, terra' un corso di formazione per volontari.
Il corso e' rivolto a chi e' interessato a dare una disponibilita' a
partecipare ai progetti di Operazione Colomba in zone di guerra per
tre/quattro mesi l'anno. Si terra' a Rimini dal 10 al 15 gennaio 2005 (i
partecipoanti saranno ospitati presso le case-famiglia della Comunita' papa
Giovanni XXIII).
*
Contenuti
- Conoscenza della Comunita' papa Giovanni XXIII (storia, finalita', ambiti
di intervento...);
- conoscenza dell'Operazione Colomba (storia, finalita', stile...);
- la proposta nonviolenta dell'Operazione Colomba: basi spirituali, teoriche
e pratiche;
- i progetti attuali in zone di guerra;
- intervento in zona di conflitto: rapporti con i militari, rapporto con la
gente, metodi decisionali, norme di sicurezza, gestione del gruppo.
*
Metodo
Il corso verra' svolto attraverso lezioni, momenti di riflessione, giochi di
ruolo e studio dei casi.
*
Note tecniche
Ritrovo: lunedi' mattina, 10 gennaio, ore 9, presso Operazione Colomba.
Partenza: sabato 15 gennaio nel pomeriggio.
Costo: 50 euro, comprensivi di vitto e alloggio.
Posti disponibili: sei.
Termine per l'iscrizione: 31 Dicembre 2004. Le adesioni devono pervenire via
mail, via fax o telefononicamente.
Requisiti richiesti:18 anni compiuti, passaporto valido per l'estero, forte
interesse ad un cammino nonviolento, disponibilita' ad un cammino di
approfondimento della nonviolenza e per i credenti della nonviolenza
cristana. Per chi decide di partire, come ulteriore momento formativo,
chiediamo anche un periodo breve di esperienza nelle nostre strutture, in
data da concordare. La partecipazione alla formazione non garantisce
l'automatica accettazione come volontario nell'Operazione Colomba.
Un'eventuale selezione verra' effettuata al termine del percorso formativo.
*
Per informazioni e adesioni
Operazione Colomba, via della Grotta Rossa 6, 47900 Rimini, tel. 0541751498,
fax 0541751624, cell. 3482488102, e-mail: operazione.colomba at apg23.org,
sito: www.operazionecolomba.org

7. MAESTRE. BENITO D'IPPOLITO: INTORNO A LIDIA MENAPACE. UNA CANTATA
DIDATTICA
[Ringraziamo il nostro buon amico Benito D'Ippolito per averci messo a
disposizione questo suo testo che valga a esprimere la gratitudine della
redazione tutta a Lidia Menapace per tutto quanto rappresenta e fa. Lidia
Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel
1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico,
pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto";
e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei
movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior
parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in
quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi
libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della
donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974;
Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di,
ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa,
Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]

I.
Dicono che quando stava per lasciare
Pechino, ormai concluso l'incontro
una donna cinese fermo' Lidia
per dirle "non andartene, rimani".
Perche' sentiva che vi era bisogno
di Lidia li'.

Ma dappertutto di Lidia vi e' bisogno.

II.
E questo sempre mi ha tolto il respiro:
che ovunque chiedi aiuto Lidia arriva.
Deve essere per un vecchio incantesimo,
una virtu' che nella Resistenza
apprese, e piu' non si scrollo' di dosso
(come succede con gli odori buoni
della cucina, e dell'orto).

III.
Cosi' io so che ogni volta occorra
forte una mano e nitido uno sguardo
e soave una voce e ardito un cuore
Lidia posso chiamare e lei verra'.

Di questo ancora in un inchino la ringrazio.
So che per questo i nazi non trionfarono.
So che per questo non trionferanno.

8. RIFLESSIONE. MARIA LUIGIA CASIERI: PRIMA E DOPO EMILIA FERREIRO
[Proponiamo il paragrafo iniziale dell'introduzione del lavoro di Maria
Luigia Casieri, Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei
processi di apprendimento della lingua scritta, Roma 2004; il frammento che
qui riproduciamo e' alle pp. 4-7 del volume primo. Maria Luigia Casieri (per
contatti: nbawac at tin.it), nata a Portici (Na) nel 1961, insegna nella scuola
dell'infanzia ed e' una delle principali animatrici del "Centro di ricerca
per la pace" di Viterbo. Ha organizzato a Viterbo insieme ad altri il
"Tribunale per i diritti del malato"; assistente sociale, ha svolto
un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di assistenza per gli
emigrati italiani; rientrata in Italia si e' impegnata nel settore
educativo; per dieci anni ha prestato servizio di volontariato in una
casa-famiglia per l'assistenza ai minori; dal 1987 e' insegnante di ruolo
nella scuola per l'infanzia; ha preso parte a varie iniziative di pace, di
solidarieta', per i diritti; ha tenuto relazioni a convegni e corsi di
aggiornamento, e contribuito a varie pubblicazioni; dopo anni di lavoro, ha
recentemente concluso la realizzazione di un "opus magnum" in 5 volumi su Il
contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di
apprendimento della lingua scritta. Emilia Ferreiro, argentina, docente in
Messico, psicolinguista e psicopedagogista illustre, e' una delle piu'
grandi studiose viventi del processi di alfabetizzazione; e' di fondamentale
importanza il suo contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e
della scrittura da parte dei bambini. Tra le molte opere di Emilia Ferreiro
si veda in primo luogo l'ormai classico volume scritto in collaborazione con
Ana Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti,
Firenze 1985]

La tesi che presentiamo si prefigge una pluralita' di scopi.
Innanzitutto intende sostenere l'importanza degli studi svolti da Emilia
Ferreiro sia in una prospettiva teorica di espansione e intensificazione
delle conoscenze relative alla lingua scritta e ad una serie di tematiche ad
essa connesse, sia in una prospettiva pratica di perseguimento
dell'obiettivo di alfabetizzazione universale e di rinnovamento delle
pratiche didattiche e di insegnamento.
In particolare intendiamo mostrare come Emilia Ferreiro abbia notevolmente
contribuito alla costituzione di un nuovo campo di indagine e forse anche,
per il futuro, di una nuova disciplina avente ad oggetto la lingua scritta.
Intanto, appare evidente la centralita' delle sue ricerche e della sua opera
teorica per costituire la scrittura a oggetto di studio della linguistica e
per il rinnovamento delle categorie interpretative dell'analisi storica
della scrittura.
L'aver infatti ridefinito la scrittura come sistema di rappresentazione del
linguaggio piuttosto che come codice di trascrizione apre una prospettiva
nuova e densa di sviluppi, in un tempo in cui, a parte isolate
anticipazioni, la scrittura era stata pressoche' esclusa dal campo di
indagine della linguistica ed era oggetto di studi psicologici che si
limitavano a liste di prerequisiti (oggi considerati riduttivi se non
sostanzialmente estranei al processo di apprendimento), e della pedagogia
che si interrogava sui metodi, totalmente prescindendo da un possibile ruolo
costruttivo del bambino.
In questo ambito riteniamo si possa parlare di un prima e un dopo Emilia
Ferreiro.
*
Inoltre intendiamo dimostrare che la sua opera ha prodotto una sorta di
rivoluzione copernicana nell'affrontare la problematica
dell'insegnamento-apprendimento della letto-scrittura, spostando
l'attenzione dai metodi di insegnamento ai processi di apprendimento messi
in atto dal soggetto in sviluppo.
Per la prima volta emerge il processo cognitivo con cui il bambino
costruisce la sua conoscenza di un oggetto culturale di uso sociale, quale
e' la scrittura, e diventa possibile una reale comprensione delle
difficolta' che incontra durante il lungo percorso che lo portera' al
dominio del sistema alfabetico di rappresentazione del linguaggio. Questa
nuova possibilita' di comprensione consente una ridefinizione delle
modalita' di intervento che la scuola puo' porre in atto per favorire
piuttosto che ostacolare (come avviene non di rado) la possibilita' di
realizzare apprendimenti.
Anche nell'ambito della progettazione didattica, del ruolo della scuola, del
bambino e del docente esiste un prima e un dopo Emilia Ferreiro, per quanto
la ricerca di strategie finalizzate all'elaborazione di proposte didattiche
e metodologiche non sia stata nel suo lavoro un tema esplicitamente
affrontato, quanto un'inquietudine spesso affiorante.
*
Ma c'e' un altro motivo non meno importante per cui l'opera di Emilia
Ferreiro costituisce uno spartiacque. Si tratta delle politiche destinate a
livello planetario alla lotta contro l'analfabetismo.
Qui e' da chiedersi, in relazione all'inefficacia delle campagne fin qui
messe in atto, se esse siano di fatto fallite solo per penuria di mezzi o
per inadeguatezza strutturale, soprattutto dell'istituzione deputata alla
prima alfabetizzazione. Infatti se a fronte di un incremento, in certi casi
una generalizzazione, della scolarizzazione infantile si verifica invece che
l'aumento dell'indice di alfabetizzazione, piuttosto l'incremento
dell'insuccesso scolastico, con l'esito di espulsione dal sistema formativo,
c'e' da chiedersi se non sia la scuola a dover rivedere le cause della
propria inefficacia.
E a comprendere le cause dell'insuccesso scolastico e' stata dedicata una
parte dell'opera di Emilia Ferreiro da cui e' possibile desumere che laddove
l'intervento scolastico ha successo e' perche' il percorso di apprendimento
e di costruzione di saperi e conoscenze sulla lingua scritta, realizzato in
ambiente extrascolastico e prima dell'accesso all'istruzione formalizzata,
era idoneo a costruire schemi assimilatori che consentissero di elaborare le
informazioni offerte dall'insegnante sul sistema di scrittura, in modo
adeguato ai tempi resi disponibili dal sistema formativo. In caso contrario
quando cioe' l'ambiente extrascolastico non aveva funzionato da ambiente
alfabetizzatore, i bambini finivano con il non raggiungere gli obiettivi di
padronanza della lettura e scrittura alfabetica nei tempi prefissati, per
quanto avessero realizzato importanti progressi. E' quanto accade ad esempio
in Brasile con circa il 50% di ripetenti nel primo anno di scuola, a
dispetto del fatto che la scuola inizi a 7 anni di eta'.
Un grande impatto hanno avuto le ricerche e le idee di Emilia Ferreiro anche
in sedi istituzionali di definizione delle indicazioni curricolari (in
Messico come in Argentina, in Brasile come in Italia) e in molti progetti di
sperimentazione di nuove indicazioni metodologiche a partire dagli assunti
teorici elaborati da Emilia Ferreiro e da altri ricercatori che in vari modi
e tempi hanno contribuito all'espansione di comuni piste di indagine (in
Messico, in Argentina, in Brasile e Venezuela).
Sappiamo che questo non bastera' a risolvere d'un sol colpo i problemi
dell'analfabetismo nel mondo ma riteniamo si possa affermare che una nuova
strada e' stata aperta.
*
Infine, esiste un prima e un dopo Emilia Ferreiro anche nell'ambito
dell'epistemologia genetica e nella teoria dell'apprendimento formulata da
Jean Piaget. Infatti Emilia Ferreiro ha sottoposto a validazione le
potenzialita' euristiche della teoria dell'apprendimento di Piaget mostrando
che essa puo' essere interpretata appunto come una teoria generale
dell'apprendimento, capace di spiegare la costruzione di conoscenza anche in
ambiti diversi da quelli affrontati dallo stesso Piaget.
Tutto questo riteniamo di poter far emergere con una ricognizione puntuale
degli scritti di Emilia Ferreiro.

9. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: SCIENZA E  COSCIENZA
[Ringraziamo Davide Melodia (per contatti: melody at libero.it) per questo
intervento. Davide Melodia, infaticabile costruttore di pace, e' nato a
Messina nel 1920; prigioniero di guerra nel 1940-46; maestro elementare,
pastore evangelico battista, maestro carcerario, traduttore al quotidiano
"Il Giorno", pittore, consigliere comunale e provinciale, dirigente dei
Verdi; pacifista nonviolento, segretario del Movimento Nonviolento
(1981-'83), segretario della Lega per il Disarmo Unilaterale (1979-'83),
membro del Movimento Internazionale della Riconciliazione, vegetariano,
predicatore evangelico, dal 1984 quacchero. Ma questa mera elencazione di
alcune sue scelte ed esperienze non ne rende adeguatamente la personalita',
vivacissima e generosa. La piu' recente delle opere di Davide Melodia e'
Introduzione al cristianesimo pacifista, Costruttori di pace, Luino (Va)
2002]

Il sogno dell'ecopacifista e' che queste due parole, scienza e coscienza,
divengano un binomio dinamico. Purtroppo non e' ancora cosi'.
Gli scienziati che si adattano a perfezionare i sistemi d'arma, e quelli che
mettono l'energia nucleare a disposizione dei guerrafondai, cosi' come in
altri settori,  dimostrano una scarsa sensibilita' verso l'Ecumene, che ci
e' arrivata, dopo decine di migliaia di anni, relativamente intatta.
Questa stessa ecumene, che in pochi recenti decenni ha avuto un rapido
declino, in altre poche decine di anni potrebbe avere un declino maggiore.
In gran parte gli scienziati ed i ricercatori, come quelli che in campo
genetico hanno messo a punto uno strumento modificatore dei geni di alcune
piante - leggi Ogm - non sentono, evidentemente, la responsabilita' di
giocare con i segreti piu' intimi della natura, e non dimostrano di avere
coltivato, insieme al sapere, la coscienza.
E' cosa questa che solo ecologisti consapevoli fanno, preoccupandosi
dell'impatto negativo che certe scoperte e tecniche moderne hanno sulla
natura e sulla salute della gente, adottando il principio di precauzione.
Essi non sono contro il progresso, come alcuni ottusamente affermano, ma
contro un progresso indiscriminato. Per questo si adoperano a salvaguardare
natura e salute, in altre parole: la vita.

10. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: LA FORZA DI SOTTRARSI AI RAPPORTI DI FORZA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente articolo, apparso sul quotidiano "Il manifesto" del
primo dicembre 2004. Luisa Muraro insegna all'Universita' di Verona, fa
parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue
"Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica:
"Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata
nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si
e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su
invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto
interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo,
dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha
partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli.
Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia
Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini,
che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona
parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli,
Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla
Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine
simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza
divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000).
Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che
pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed
alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei
volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga,
Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata
madre nel 1966 e nonna nel 1997"]

La cosa che piu' stupisce, nel recente confronto tra Ferrara e Cacciari
all'Universita' Cattolica, sui rapporti tra la cultura europea e l'Islam, e'
il ritorno al pensiero forte della modernita' - l'asse Spinoza-Hegel, per
intenderci - da parte di Cacciari. Il filosofo arriva a parlare della
scienza come basata su leggi universali e necessarie. Siamo alla fine del
postmoderno? E' quello che ho pensato. Che previsioni possiamo fare per la
cultura filosofica e politica che ha caratterizzato il passaggio dalla fine
del comunismo allo stato di guerra permanente? Non lo so. Mi ha colpito che
Ferrara registri, a modo suo, che nel confronto con l'Islam le donne
c'entrano, mentre Cacciari, che pure si dilunga sulla relazione di
alterita', nulla dice dell'altro che e' donna. Ne ha mai detto qualcosa?
Forse no, ma almeno, quando scriveva di angeli, aveva l'idea che c'e' altro:
altro dal pensiero della sua formazione filosofica, ma comune alla
tradizione cristiana, ebraica, islamica. Con la guerra, ecco che cosa
succede, che i confronti s'irrigidiscono e alle esperienze, ai linguaggi, ai
saperi che non ci stanno al nuovo regime, arriva l'ordine tacito e
perentorio di sparire. La vicenda delle due Simone parla pero' di un'altra
possibilita'. Forse le due non torneranno piu' in Iraq, ma si sono salvate
e, come fa vedere il loro racconto, a questo esito felice ha contribuito il
fatto che erano due, che erano amiche e che, con l'energia che emanava dalla
loro amicizia, dalla loro bonta', dal loro sesso, sono riuscite a significar
e ai loro sequestratori che c'e' un altro ordine da quello dei rapporti di
forza.
*
Secondo me, la cosa piu' importante in questo momento storico e' che le
donne non spariscano per effetto di un loro adattamento totale al sistema
dei rapporti di forza, che si tratti della guerra o dell'economia. Corrono
questo rischio, di sparire, anche le donne che si schierano all'opposizione,
nei partiti o nei movimenti.
Passo cosi' a parlare del significato che io e altre abbiamo colto nella
Lettera di Ratzinger sulla collaborazione della donna e dell'uomo. Per noi,
quel testo e' importante e nuovo perche' ha idea di un senso libero della
differenza sessuale, e lo fa parlare. Cito una sola frase: "Si deve
accogliere la testimonianza resa dalla vita delle donne come rivelazione di
valori senza i quali l'umanita' si chiuderebbe nell'autosufficienza, nei
sogni di potere e nel dramma della violenza". S'intende, lo fa parlare
secondo la visione del mondo propria dello scrivente, nella quale molte e
molti non si riconoscono. Ma non dobbiamo appiattire una cosa sull'altra:
sarebbe come inchiodare l'altro ad una rappresentazione immodificabile,
qualunque cosa dica.
In un recente dibattito sulla Lettera di Ratzinger, Claudia Mancina mi ha
opposto che la differenza sessuale e' un tema largamente presente gia' nella
filosofia romantica. E' vero, pensiamo per esempio a Humboldt (sul quale
Donatella Di Cesare ha scritto un bell'articolo proprio su questo giornale,
segnalando anche gli scritti sul tema in questione). Ma il punto riguarda il
senso della differenza sessuale: i romantici pensavano la differenza
nell'orizzonte totalizzante dell'Uno. Arrivare a fare uno e' la direzione
dominante del pensiero filosofico e politico della modernita' e in questa
prospettiva la differenza sessuale viene interpretata nella forma della
complementarita'. Il senso libero del nostro essere donne/uomini nasce
quando si mantiene la differenza e si rinuncia alla risposta della
complementarita' (e questa e' la novita' della Lettera, io dico). Il fatto
dell'asimmetria tra i sessi resta cosi' non aggiustato e diventa causa di
lavoro simbolico (e quindi fonte di umanita'): il pensiero (maschile)
rinuncia a ridurre l'altro (che e' donna) nel proprio orizzonte e trova il
suo incipit non piu' nella definizione di se' (nell'identita') ma
nell'ascolto e nell'interlocuzione con l'altro.
*
Questo - detto nei termini piu' intuitivi in un contesto ancora dominato dal
neutro-maschile - e' pensiero della differenza. E corrisponde ad una
rivoluzione simbolica che in molte, uomini non esclusi, abbiamo intravisto,
senza pero' attingerla pienamente. Un criterio che suggerisco sarebbe
questo, che, nella teoria come nella pratica di vita, arriviamo al punto in
cui l'affermazione dell'uguaglianza cede il passo al significarsi della
differenza. Se non ci arriviamo, non ci sara' liberta' delle donne, temo,
oppure si' ma... non ci saranno piu' le donne. Usero' le semplici parole con
cui si e' espressa Mary Catherine Bateson, la figlia di Gregory e di
Margaret Mead: "In misura diversa, ognuna di noi (parla di se' e di alcune
amiche) ha subito discriminazioni per il fatto di essere donna; tutte siamo
state qualche volta trattate come meno che uguali. Ma tutte siamo sempre
alla ricerca di rapporti di differenza, un po' disorientate dalla necessaria
accettazione politica dell'uguaglianza". Quel punto in cui l'uguaglianza,
ossia il diritto, cede il passo al significarsi della differenza, e'
rischioso, poiche' da li' puo' passare la sopraffazione, ma ne vale la pena
poiche' li' si gioca la liberta' femminile - altrimenti messa fuori gioco
dall'applicazione della legge.
*
Torno a Cacciari che tenta, nel confronto con Ferrara, di strapparsi alla
necessita' dei rapporti di forza, che il suo interlocutore gli ha
prospettato: "con la guerra o senza la guerra, dobbiamo difendere il nostro
sistema di vita". Cacciari non riesce nel suo intento ed il suo intervento
termina con frasi intricate. Cosa di cui io non mi sento di fargli carico,
il problema essendo terribilmente intricato esso stesso. Ma una cosa gli
imputo, di non essersi servito della politica delle donne.
L'umanita' di sesso femminile ha una lunga storia di tentativi e di pratiche
per strapparsi ai rapporti di forza e far valere un altro ordine di
rapporti. Oltre alla liberta' femminile che c'e', poca o tanta, anche buona
parte della civilta' di cui ancora godiamo, poca o tanto, viene da questa
lotta. Con il pensiero femminista si e' cercato - non senza conflitti e
contrasti, com'era inevitabile che fosse - di tradurla in un sapere. Abbiamo
capito che il punto di svincolo dalla logica del piu' forte e' nel saper
sottrarsi alle simmetrie e alle contrapposizioni. E che, quando c'e'
relazione, non c'e' identita' irrinunciabile. La nostra formula piu' recente
parla di saper fare un passo indietro, l'abbiamo scoperta grazie ad una
vicenda recente, raccontata sull'ultimo numero della rivista "Via Dogana"
(che l'ha messa nel titolo), nella quale si tratta proprio di rapporti con
una comunita' islamica di Milano. Fare un passo indietro perche' ci sia
posto per l'altro e perche' altro possa avvenire, grazie alla relazione di
scambio. Perche' dobbiamo difenderci, se siamo capaci di cambiare?

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 787 del 23 dicembre 2004

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