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Lombardia L.R.6/94 Riconversione industria bellica e Legge Iniziativa Popolare
Cari/e amici/he,
Vi invio l'intervento che ho sostenuto ieri 15.12.04, presso l'Auditorium
del Consiglio Regionale, per la modifica ed il rilancio della L.R. 6/94
sulla riconversione della industria bellica.
Nel giro di breve tempo, se come oramai quasi certo tali modifiche non
saranno apportate alla legge suddetta, partiremo con la campagna per la
"Legge di iniziativa popolare regionale" che riproporrà per
questa via la norma come noi la vorremmo modificata, spero di trovare la
Vostra solidarietà e la Vostra disponibilità a sostenere questa,
credetemi, importantissima campagna.
Grazie.
Elio Pagani
Presentazione delle proposte
di modifica della Legge Regionale 6/94 per il suo rilancio.
Auditorium del Consiglio Regionale, via Fabio Filzi, 29, Milano,
15.12.2004
Intervento introduttivo di Elio Pagani
Saluto
Vorrei anzitutto salutare tutti i presenti in sala ed in particolar
modo i promotori dell’appello per la difesa ed il rilancio della L.R.6/94
sulla riconversione dell’industria bellica ed i Consiglieri regionali
presenti, di maggioranza e di opposizione, a cui sono onorato di potermi
rivolgere direttamente per esplicitare la richiesta che poi illustrerò
nel dettaglio.
Presentazione
Ho lavorato per 19 anni in una impresa a produzione militare della
nostra regione.
Assieme a migliaia di colleghi in azienda e a decine di milioni di
persone nel mondo, ciascuno inserito nei propri sistemi, credevo di
contribuire nel mio piccolo alla difesa del mio Paese, ma scoprii ben
presto come tutti assieme si alimentava un colossale traffico di armi che
generava insicurezza, anziché ridurla, e che aumentava il livello di
fragilità nelle relazioni internazionali contribuendo a far avvicinare
l’umanità a soglie critiche per la sua stessa sopravvivenza.
Ho lottato con altri colleghi per la riconversione dell’azienda in cui
operavo, ma nonostante parziali successi, l’azienda fu colta impreparata,
dallo “scoppio della pace” tra Est e Ovest.
Espulso in Cassa Integrazione a zero ore, all’inizio del 1991, costituii
con altri colleghi il “Comitato dei Cassaintegrati Aermacchi per la Pace
e il Diritto al Lavoro”, che, tra le altre cose, decise di fare
pressione sul Consiglio Regionale allora in carica per ottenere una Legge
Regionale che istituisse una Agenzia per la Riconversione dell’industria
bellica e sostenesse finanziariamente le imprese che avessero deciso di
sviluppare prodotti civili alternativi.
Grazie ad un paziente lavoro di contatto con tutti i Gruppi Consiliari e
alla lungimiranza dell’allora Presidente On. Fiorinda Ghilardotti e dei
Presidenti dei Gruppi di maggioranza: DC, PDS, PSI, PR, PRC e Verdi, la
Legge fu approvata, ed ora è conosciuta come L.R.11 marzo1994
n°6.
L’idea era quella di realizzare un supporto istituzionale di livello
regionale alla riconversione, in una regione in cui si concentrava circa
il 20% del fatturato bellico nazionale, con punte del 40% nel settore
aeronautico e dell’80% nel settore delle armi leggere, da affiancarsi a
ciò che andava definendosi a livello nazionale (L.185/1990 e L.237/1993)
e sovranazionale (Programmi Konver I e II della UE) a cui i lavoratori, i
sindacati e le aziende si sarebbero potuto appoggiare nei percorsi di
migrazione verso il civile, anziché rimanere prigionieri della logica
lobbistica che rivendicava maggiori spese militari per salvaguardare
l’occupazione.
Da qualche mese, a fronte della notizia della volontà di questa
Maggioranza di voler cancellare la Legge, e nonostante da anni non ho più
alcun legame con la precedente occupazione, ho ripreso con altri
l’iniziativa per la sua difesa.
E’ grazie a loro, e con loro, che ho l’onore e l’onere di presentarvi
queste proposte per il suo rilancio.
Non parlo dunque solo a nome mio, ma a nome della Rete Regionale per il
Disarmo, di cui faccio parte, e a nome dei Promotori dell’Appello per la
difesa di questa importante Legge - personalità del mondo della cultura e
della scienza, della religione e missionario, dell’associazionismo e del
sindacato -, alcuni dei quali prenderanno successivamente la parola, così
come di quello degli oltre 1500 cittadini lombardi che questo appello
hanno sottoscritto.
Sono anche convinto di interpretare il pensiero del “cartello” di
associazioni regionali, dalle Acli all’Arci, da Legambiente al WWF, da
Pax Christi alla Caritas Ambrosiana, da Mani Tese ad Assopace, da Guerre
& Pace alla Lega Obiettori di Coscienza, ecc.. che già avevano voce
all’interno dell’Agenzia per la riconversione, grazie a due
rappresentanti, i quali sono con noi nella richiesta di rilancio della
legge.
Vorrei sottolineare ancora come in questi mesi l’iniziativa di raccolta
delle firme e di realizzazione di un tessuto di utili relazioni con il
mondo sindacale, culturale e religioso è stata sviluppata dalla Rete
Regionale per il Disarmo, a cui fanno capo una serie di gruppi e
associazioni operanti sul territorio lombardo che si oppongono alla
guerra e ad una globalizzazione fondata sulle leggi di un neoliberismo
rapace e guerrafondaio disponibile a sostenere conflitti armati per
l’accaparramento delle risorse, il cui esito non scontato potrebbe
risultare catastrofico, e all’imposizione di un “modello di sviluppo” non
sostenibile né socialmente né ecologicamente.
Vorrei infine ringraziare le Organizzazioni Sindacali regionali, in
particolare la Fim-Cisl e la Fiom-Cgil, che hanno ripreso l’iniziativa
sulla questione della Legge Regionale, chiedendone il rifinanziamento e
il rilancio delle attività della Agenzia per la riconversione, e che
hanno discusso con noi le modifiche che andiamo a proporvi.
Cosa vogliamo in sintesi
La nostra iniziativa è stata inizialmente caratterizzata dalla
richiesta che fosse evitata la minacciata cancellazione della Legge e che
anzi la sua operatività fosse rilanciata a partire dal suo
rifinanziamento.
Grazie all’Appello delle personalità, alle centinaia di firme raccolte ed
alla iniziativa sindacale che pocanzi ricordavo, la Legge non è stata
soppressa e, tuttavia, la promessa riattivazione della Agenzia non è
stata onorata.
Ciò ci ha indotto a fare una riflessione, sulle vie possibili per un suo
effettivo rilancio considerando il nuovo scenario di guerra e riarmo in
cui tutti operiamo e sulle conseguenti esigenze e urgenze che tali
situazioni impongono a tutti coloro che sentono le proprie responsabilità
nel garantire un futuro di pace e benessere alle nostre società.
Abbiamo provato a rispondere così anche a chi ci chiedeva che senso può
avere una legge per la riconversione dell’industria bellica in una
situazione di riarmo, una domanda, peraltro, che anche noi stessi ci
eravamo posti.
Ecco allora perché chiediamo a tutte le forze politiche, ai gruppi
rappresentati nel Consiglio Regionale di opposizione e di maggioranza, e
dunque alla Giunta, di fare propria la nostra richiesta di modifica della
L.R.6/94 per un suo concreto rilancio: chiediamo a tutti di fare uno
sforzo di immaginazione, di sognare una Regione protagonista dei
necessari processi di riduzione dei conflitti armati e dello sviluppo dei
processi di disarmo che, pur avendo un orizzonte globale, devono avere
soggetti disponibili a fare da traino e da supporto e che devono
trovare spazio nelle architetture istituzionali ed economiche del
prossimo futuro. Processi che non potranno non avere ricadute su un
territorio importante come quello della nostra regione, ricadute che
devono essere positive. La pace, il disarmo, la riduzione dei conflitti
armati non devono far paura a nessuno devono anzi produrre le condizioni
per un nuovo, più equilibrato sviluppo.
Una legge che promuove la riconversione dal militare al civile, deve oggi
promuovere anche il disarmo e la soluzione non armata dei conflitti. Se
ci si vuole contrapporre efficacemente alla logica aberrante e condannata
da più parti della “guerra preventiva” occorre promuovere la “pace
preventiva” attraverso azioni che prefigurino e preparino vie d’uscita
alla logica della risoluzione armata dei conflitti, del riarmo, della
produzione e del commercio di armi, ciò anche attraverso un più concreto
coinvolgimento di risorse vive della società: le associazioni di
base.
Qual era lo scenario
Quando la Legge sulla riconversione fu approvata lo scenario in
termini di struttura produttiva e di condizioni “ambientali” era il
seguente.
La ricerca sull’industria bellica lombarda, promossa dalla stessa
Agenzia, indicava in a 446 il numero delle aziende che, nel 1994, in
Lombardia avevano dichiarato produzioni militari.
Più della metà di loro operava in provincia di Milano, il 20% nella
provincia di Brescia, il 10% in quella di Varese, il 5% tra Como e
Lecco.
In termini di occupazione invece la provincia di Varese era la più
coinvolta con poco meno di 10?000 addetti, seguivano Milano con poco più
di 3?000, Brescia con poco meno di 2?000, Como e Lecco con 900.
Inoltre la provincia di Varese era la più dipendente dalle commesse
militari, 5 volte sopra la media lombarda, seguita da Brescia, Como-Lecco
e Milano, il cui tessuto produttivo è più diversificato.
Schematicamente possiamo dire che nel Varesotto si concentrava la
produzione Aeronautica, nel Bresciano quella delle armi leggere, nel
milanese quella dell’elettronica, informatica e telecomunicazioni, nel
lecchese quella dei proiettili.
Titolari di licenza di esportazione risultavano una quarantina di
aziende, ovviamente le più importanti, facendo capo a queste, la
produzione delle altre.
Il settore della produzione militare era stato scosso, dalla seconda metà
degli anni ’80, dai nuovi scenari internazionali: dopo la dichiarata
disponibilità di Gorbaciov a promuovere significativi passi di disarmo
vengono sottoscritti nuovi trattati per la riduzione degli armamenti
nucleari e convenzionali ed in Europa si respira quell’aria nuova
che porterà nel 1989 al crollo del Muro di Berlino e nel 1991
all’implosione dell’URSS. Nel mondo ed in Europa si parla di dividendi di
pace, di riorientamento delle spese militari verso attività civili, di
riconversione.
A livello nazionale inizia poi ad operare la Legge 185 del 1990 sul
controllo delle esportazioni italiane di armi, che rovesciando in parte
la tendenza ad esportare a paesi in guerra, a regimi dittatoriali o che
si macchiavano di violazioni dei diritti umani, a paesi economicamente
disastrati, addirittura a paesi del Patto di Varsavia, contribuisce ad
approfondire la crisi dell’export di armi verso i paesi del terzo mondo
colpiti da una grave crisi economica che ne aveva diminuito la capacità a
liquidare i pagamenti internazionali.
Le aziende del settore, anche in Italia ed in Lombardia, si sentono
minacciate e danno corso a programmi di ristrutturazione, che puntano
soprattutto ad una riduzione significativa e selettiva del personale ma
che prevedono anche processi di diversificazione e riconversione, è in
questo contesto che si inserisce l’iniziativa che porta a quella che sarà
la L.R.6/94 che istituisce l’Agenzia il cui scopo è quello di permettere
alla Regione Lombardia di promuove, agevolare e favorire i processi di
riconversione delle imprese operanti nel settore della produzione bellica
verso attività di beni e servizi di uso civile, assumendo come
prioritario il mantenimento e lo sviluppo delle risorse umane e
tecnologiche, presenti nel settore.
Cosa prevede in sintesi la L.R.6/94
Come dicevo, la L.R.6/94 ha anzitutto permesso la costituzione presso
la Giunta regionale della “Agenzia regionale per la riconversione
dell’industria bellica” con la finalità di promuove, agevolare e favorire
i processi di riconversione delle imprese del settore.
L’agenzia, presieduta dal Presidente della Giunta regionale (o da un
assessore delegato), e composta da dirigenti regionali dei Servizi
Industria e Mercato del Lavoro, da rappresentanti del Consiglio regionale
di maggioranza e di opposizione, di organizzazioni sindacali e
imprenditoriali così come di associazioni, centri di ricerca o
università, rappresenta per la sua composizione un elemento di
avanguardia in Europa dove pure sono nate agenzie che hanno il medesimo
obiettivo.
Tra i suoi compiti vi è l’elaborazione di studi sulla situazione del
settore, con particolare attenzione al problema del commercio di armi, e
le sue prospettive di riconversione nell’ottica della salvaguardia di
occupazione e competenze tecnologiche, la proposta di indirizzi per la
diffusione e il trasferimento dei principi tecnologici acquisiti verso
applicazioni di uso civile e la formulazione al Parlamento e al Governo
nazionale di proposte per interventi volti ad agevolare tali
processi.
Centrale, tra i compiti, quello di individuare e promuovere, col concorso
dei soggetti pubblici e privati interessati, progetti di intervento
quali: l’elaborazione di studi sulla fattibilità della riconversione ad
opera di imprese e di centri di ricerca specializzati, nonché la
realizzazione di progetti di ricerca e sviluppo attuati dalle imprese
interessate, volti a configurare la conversione integrale o parziale
delle imprese verso il civile, e la realizzazione di attività di
formazione, riqualificazione e aggiornamento volte ad agevolare
l’utilizzo delle risorse umane, presenti nelle imprese belliche, in
attività produttive alternative.
Per l’attuazione di tali progetti la giunta regionale può concedere un
contributo di parte corrente fino al 50% delle spese ritenute ammissibili
ai soggetti che, presentate le proprie proposte se le vedono approvate.
Per ottemperare a questo impegno, la Giunta regionale può promuovere
anche l’utilizzo congiunto delle risorse finanziarie rese disponibili
sugli attinenti programmi nazionali e comunitari.
Come l’Agenzia ha funzionato e come ha smesso di funzionare
Come è noto ai Consiglieri, l’Agenzia iniziò ad operare nel 1994
decidendo di realizzare una ricerca sulla industria bellica in Lombardia
e successivamente di presentare dei “bandi di concorso” per le aziende
che avessero desiderato ottenere dei finanziamenti regionali per
sviluppare progetti di R&S alternativi al militare.
La ricerca, di notevole qualità, realizzata ad opera del GSAD - Gruppo di
Studio Armi e Disarmo della Università Cattolica di Milano e del CISDI,
purtroppo non è stata divulgata come meritava e non ha dunque contribuito
come poteva a far crescere la conoscenza e la sensibilità sulle questioni
oggetto della sua indagine.
I bandi emessi per finanziare la R&S in campo civile furono due e i
progetti aziendali furono controllati dal CESTEC.
Al bando del 1994-1995, che fu finanziato con 3,42 mld di lire, risposero
15 aziende con 26 progetti di riconversione, di questi solo 10 furono
finanziati mettendo in moto un investimento complessivo di circa 12,836
mld di lire.
Il bando successivo non fu reso operativo, in particolare perché si
lamentava una ripetitività delle aziende nel ripresentare progetti
precedenti e perché erano stati posti due problemi: uno relativo alla
necessità di adeguare la norma al principio contenuto nel programma
Konver di non finanziabilità di prodotti ad uso duale, e, il secondo
relativo alla compatibilità con la normativa UE sui limiti ai
finanziamenti alle aziende.
Tra il 1995 e il 1997 l’Agenzia si riunì 13 volte, e nonostante godesse
di soldi stanziati a bilancio per la sua attività non risolse i problemi
sul tappeto ed anzi, nonostante il Consiglio Regionale, che nel frattempo
era mutato, valutasse, nel 1999, ancora validi le finalità e gli
obiettivi della legge, l’Agenzia rimase paralizzata fino a che, nel
dicembre 2003, a fronte della richiesta della attuale minoranza di
rifinanziarla, la maggioranza faceva sapere dell’intenzione di andare ad
una rapida abrogazione della legge che la istituiva.
Le nuove maggioranze, insomma, hanno mostrato quantomeno indifferenza
alle questioni che la Legge poneva sul tappeto.
Pur nella consapevolezza che le risorse messe in campo non erano del
livello che poteva essere utile per promuovere veramente significativi
processi di riconversione, possiamo affermare che l’atteggiamento delle
aziende non è stato il più idoneo, interessato soprattutto ad ottenere
risorse senza molti impegni: nulla assicurava che le aziende una volta
sviluppato il progetto operassero concretamente per industrializzarlo e
proporlo al mercato, inoltre i progetti presentati dalle aziende in
alcuni casi erano ambigui e sbilanciati su prodotti molto contigui a
quelli militari.
Le stesse organizzazioni sindacali non mostrarono adeguati livelli di
protagonismo, e, ad eccezione dell’importante contributo dato nelle
primissime fasi della ricerca sul settore bellico lombardo e della
definizione delle linee guida per la gestione dei bandi, essi non
esercitarono un efficace ruolo di controllo sui progetti sviluppati dalle
aziende, né un ruolo propositivo autonomo, né tantomeno
rivendicativo.
Il nuovo scenario
Ora il quadro in cui operano le aziende del settore è
cambiato.
A livello della struttura del settore, se non si sono modificate le
specializzazioni produttive e territoriali, le principali aziende sono
uscite dalla fase di pesante riduzione di personale e anzi talune hanno
ripreso ad assumere. Le principali sono state coinvolte in processi di
concentrazione e ridefinizione proprietaria, le tendenze alla
diversificazione al civile lasciano ora spazio alla ripresa della
produzione militare.
A livello “ambientale”, le nuove strategie militari dei paesi
industrializzati, che, vorrei sottolineare, hanno origine nel 1991 (per
l’Italia con l’adozione del Nuovo Modello di Difesa) e che si sono solo
rafforzate dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre del 2001, le
guerre combattute direttamente -nonostante l’art.11 della costituzione le
ripudi-, l’aumento del numero dei conflitti, la crescita delle dimensioni
del mercato bellico e la maggiore facilità con cui le armi possono essere
esportate - grazie alla modifica della L.185/1990 (con L.148/2003)-, e
l’aumento delle spese militari, hanno certamente diminuito, se non
annullato l’attenzione delle aziende nei confronti della
riconversione.
Il fenomeno cui siamo di fronte oggi è infatti una riconversione al
contrario: dal civile al militare.
Questo tuttavia apre grosse contraddizioni sul nostro territorio: la sola
provincia di Brescia, nel 2001 ha esportato armi leggere per 197 milioni
di euro (attestando le sue aziende al secondo-terzo posto nella
produzione mondiale). Il 2003 confermava questa crescita. Secondo gli
studi dell'Onu però, nel decennio 1990-2000 le sole, cosiddette, armi
"leggere" hanno provocato nel mondo più di 5 milioni di morti -
la metà dei quali bambini - e 2,5 milioni di disabili gravi. Lo stesso
Segretario Kofi Annan parla delle armi leggere come delle vere “armi di
distruzione di massa”, perché presenti in tutti i conflitti anche i più
dimenticati.
Anche nel settore aeronautico torna a prevalere la produzione militare e
occorre considerare come, oggi a differenza del passato con le armi
prodotte dalle “nostre” aziende lombarde il nostro stesso Paese combatte
guerre che, come lo stesso Kofi Annan ha esplicitamente dichiarato per il
caso di quella combattuta in Iraq, sono guerre illegali. La guerra
preventiva, infinita, unilaterale, costituente è illegale: oltre che
creare devastazioni e lutti nel paese offeso, aggredisce il diritto e le
organizzazioni internazionali come l’ONU preposte a risolvere
diversamente le controversie internazionali, il diritto e la democrazia
negli stessi paesi belligeranti, vedi l’attacco di fatto all’art.11 della
nostra Costituzione.
E’ un fatto recente, poi, la volontà del Governo italiano, ribadita
purtroppo dallo stesso Presidente della Repubblica, di superare l’embargo
europeo sulla esportazione di armi nei confronti della Cina, paese che
viola ancora sistematicamente i diritti umani e in cui milioni di
lavoratori sono ridotti quasi a livello di schiavitù. Finmeccanica ha in
ballo contratti significativi in proposito ed aziende lombarde
importanti, che ad essa fanno capo, sono coinvolte.
Altrettanto grave sarebbe la ratifica dell’accordo, in discussione in
questi giorni al Senato, di collaborazione militare tra Italia e Israele,
che comprende anche quella tra le rispettive imprese belliche: si
aggirerebbero i vincoli presenti nella L.185/90 che vieta l’esportazione
e la coproduzione di armi con paesi che si siano macchiati di gravi
violazioni dei diritti umani. Israele peraltro non rispetta le
risoluzioni ONU sui diritti del popolo palestinese, perpetuando così un
grave e pericolosissimo conflitto, né il Trattato di non proliferazione
nucleare, che neppure ha sottoscritto. In questo caso la prevista
cooperazione per la definizione di apparati per la guerra elettronica
potrebbe coinvolgere aziende milanesi.
Occorre però anche considerare come il processo di armonizzazione in atto
a livello europeo nel settore della produzione bellica potrebbe portare
ad un aumento delle attività nella produzione nazionale e lombarda
oppure, a seconda delle scelte politiche che prevarranno, ad una loro
riduzione in funzione di una ricercata riduzione dei costi ottenuta
attraverso una maggiore standardizzazione, cooperazione e divisione dei
compiti produttivi e/o di una diminuita dipendenza dalle esportazione di
armi determinata dalla ricerca di volumi produttivi
remunerativi.
Vi sono poi delle controtendenze più precise che secondo noi vanno
aiutate a maturare e a svilupparsi: sta crescendo tra i cittadini la
consapevolezza della necessità di limitare la produzione degli armamenti
e dell’urgenza del disarmo.
Per esempio, sta per partire anche in Italia la Campagna internazionale
contro la proliferazione delle armi, di quelle leggere in particolare,
volta a ridurre l’estensione e la gravità dei conflitti armati. Questo è
un importane progetto di disarmo, che viene dal basso oltre che da un
gruppo di “Premi Nobel per la Pace”, e che non può non implicare
correlati progetti per la riconversione delle aziende che producono tali
armi, così come avvenne con la campagna contro le mine antipersona
prodotte in massima parte nel Bresciano.
Vorrei qui ricordare che le Leggi ottenute in conseguenza di questa
campagna (la n°374 del 29.10.1997 “Norme per la messa al bando delle mine
antipersona”, e n°106 del 26.03.1999 che ratificava e dava esecuzione
della relativa convenzione internazionale di Ottawa) hanno liberato il
Paese, la Lombardia ed il Bresciano da questa macchia: ancora oggi
migliaia di persone muoiono o rimangono menomate in tutto il mondo a
causa delle mine. La Valsella che le produceva, grazie alle generose
lotte delle lavoratrici e dei lavoratori è stata riconvertita, anche se
attraverso un processo doloroso e discontinuo.
Effetti analoghi vanno previsti per il dispiegarsi di campagne come
quelle contro le Cluster Bombs, le mine anticarro-antipersona, le armi
all’uranio impoverito, ecc., campagne che, come dicevo, vanno sostenute
anche a livello pubblico come lo è stata quella contro le mine.
Quali sono le proposte di modifica che vogliamo introdurre
Nel ribadire, anzitutto, che tra i principi ispiratori di questa
legge vi è il rispetto dell’art.11 della Costituzione che vogliamo
esplicitato prevedendo esso il “ripudio della guerra quale strumento di
offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali”, le nostre proposte di modifica puntano sui
seguenti elementi:
- 1- Introdurre
tra i compiti dell’agenzia la promozione dei progetti e dei processi di
disarmo e di riduzione degli armamenti;
- 2- Sviluppare
un controllo sistematico sulle attività di produzione e di esportazione
di armi delle aziende lombarde, considerando lo scenario economico,
politico, militare e normativo interno e internazionale (anche istituendo
un Registro per le imprese a produzione militare con sedi o impianti in
Lombardia” e monitorando ad esempio anche la produzione e diffusione di
armi, comprese le corte e non automatiche, e munizioni comuni da sparo
escluse dalla L.185/90);
- 3- Potenziare
le capacità dell’Agenzia a studiare e progettare processi di
riconversione, anche grazie ad un maggior coinvolgimento di centri di
ricerca che ne hanno la vocazione e le Università;
- 4- Vincolare
l’accesso ai fondi per la promozione dei progetti di riconversione da
parte delle aziende alla disponibilità della promozione sul mercato dei
prodotti alternativi sviluppati e alla utilità sociale dei prodotti
stessi;
- 5- Garantire
una migliore assistenza e un più adeguato supporto a quelle aziende che
dovessero o volessero riconvertire completamente la produzione;
- 6- Supportare
l’iniziativa delle associazioni che volessero proporre iniziative di
disarmo e/o riconversione;
- 7- Riequilibrare
le presenze nell’Agenzia, in particolare aumentando la presenza delle
associazioni;
- 8- Potenziare
la capacità di diffondere la cultura del disarmo e della riconversione,
le conoscenze raccolte o prodotte, anche mediante le nuove tecnologie
informatiche, e la capacità a cooperare con altre agenzie con analoghi
compiti, anche straniere;
- 9- Garantire
una più intensa, migliore e più continuativa attività da parte della
Agenzia;
- 10- Rendicontare
annualmente e significativamente sugli sviluppi effettuati.
Il preciso testo delle modifiche è inserito nella copia che avete
tra le mani di quella che dovrebbe secondo noi essere la “nuova
L.R.6/94”.
Rinnovo dell’appello ai consiglieri di maggioranza e di
opposizione
Ci rivolgiamo di nuovo anzitutto a voi, Consiglieri,
chiedendovi di riattivare da subito l’Agenzia per la riconversione
dell’industria bellica e di operare immediatamente il miglioramento
e l’attualizzazione della Legge sulla base di queste nostre
proposte di modifica che vanno nella direzione, come credo di aver
dimostrato, di preparare concrete vie d’uscita al riarmo ed alla logica
della guerra oggi imperante.
Non vogliamo che la Lombardia primeggi nella produzione di strumenti di
guerra e di devastazione. Insieme dobbiamo cambiare le regole di questo
gioco pericoloso per il nostro futuro e per la sopravvivenza del genere
umano. La nostra regione ha risorse materiali, tecniche e umane
sufficienti a garantire altrimenti la propria economia. Il cammino verso
la riconversione della produzione, dell'economia e della cultura legata
alle armi può e deve essere ripreso con decisione.
Nell’affidarvi queste nostre proposte, che ci sembrano estremamente
ragionevoli, siamo altresì decisi a portarle a realizzazione anche
qualora non trovassero e non ce lo auguriamo - la vostra
comprensione, anche se ciò significasse il dover presentare una specifica
proposta di Legge popolare regionale.
Ci rivolgiamo dunque anche a tutti i presenti perché ci aiutino a
sostenere queste nostre proposte per la loro immediata assunzione e negli
eventuali sviluppi che la vicenda dovesse avere.
Grazie a tutti.