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La nonviolenza e' in cammino. 781
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 781
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 17 Dec 2004 00:31:37 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 781 del 17 dicembre 2004
Sommario di questo numero:
1. Lidia Menapace: Natale
2. Marco Baleani: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
3. Beppe Pavan: Il "Gruppo uomini" di Pinerolo e la prevenzione della
violenza
4. Monica Lanfranco presenta "Donne disarmanti"
5. Mao Valpiana: la nonviolenza e i partiti
6. Marge Piercy: La strada bassa
7. Daniele Lugli: Fuoco
8. Una lettera ai fratelli e alle sorelle americane
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: NATALE
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
E' un ben triste Natale quello in cui si discute se e' giusto contrapporre
Cappuccetto rosso a Gesu' bambino e tutti gli e le ipocrite d'Italia
scoprono che in nome della laicita' bisogna appendere croci ovunque e far
sfilare davanti a presepi nelle scuole scolari scolare ecc.
Tutti sappiamo che la religiosita' nel nostro paese serve soprattutto per un
controllo sociale e non alla liberazione attraverso un messaggio di fede.
Anzi approfittando della generale ignoranza in merito viene fatto credere
che la laicita' dello stato (un principio cristiano, che caratterizza
addirittura il messaggio evangelico rispetto alle altre due religioni
monoteiste) sarebbe confronto tra religioni, o conservazione piu' o meno
tollerante di tradizioni religiose, e non riconoscimento di un proprium
della organizzazione sociale e politica fornita di propria autonomia e
funzionante come spazio di ricerca, criticita', liberta'.
La scoperta della fede avviene meglio nella liberta', altrimenti lo stesso
messaggio religioso diventa oppressivo, costrittivo, censorio, persecutorio;
a vedere come si comportano le sedi di comando delle varie religioni in
questo momento non c'e' bisogno di altre parole.
Sono convinta che il sistema politico democratico dovrebbe avviare una lotta
culturale ben fatta per un rilancio della ragione critica e contro tutte le
superstizioni che ci ingombrano pericolosamente: come si sa la superstizione
e' fonte di paure e sospetti, e avvia persecuzioni: e' gia' successo molte
volte. Ma non abbiamo da cercare tra gli stranieri i colpevoli di orrendi
delitti, avvengono tra noi.
*
E cominciamo da Cappuccetto rosso. A me sembra una pedagogia poco
significativa quella di sostituire il racconto natalizio con una fiaba che
del resto non e' nemmeno orientale. Il fatto, sia pure nelle sue buone
intenzioni, dimostra che la conoscenza dell'Islam e' scarsa. Nessun buon
musulmano puo' essere offeso dalla celebrazione della nascita di Gesu', che
il Corano considera un profeta, cosi' come Maria una donna molto rispettata
e venerata.
Vedo che alcune maestre invece pensano che conoscersi e accettare le diverse
feste e ricorrenze e' meglio che fare pasticci: lasciar agire senza
costrizioni le persone ragionevoli e razionali serve a trovare strade
giuste. Del resto il Natale e' una celebrazione che non puo' essere
offensiva per nessun immigrato.
Racconta di una famiglia modesta che per avere i documenti richiesti dallo
stato (occupante, in quel caso) deve fare un lungo cammino: come possono non
capire quelli che stanno in coda alle questure per i permessi di soggiorno?
E arrivati a un momento difficile perche' Maria sta per partorire, non
trovano posto al Centro di accoglienza e si adattano in un garage
(l'equivalente della stalla di un tempo) e li' nasce il bambino, che poi
viene scoperto e accolto da lavoratori extracomunitari di quelli che fanno
cose umili e negli orari difficili: anche i pastori erano disprezzati ed
emarginati nella gerarchia sociale del tempo, e dovevano difendersi dai
predoni che miravano alle loro greggi stando svegli la notte.
Se poi si soggiunge che la stessa famiglia di li' a due anni prova la
persecuzione politica e deve cercare rifugio in Egitto per sottrarsi alle
vendette di un feroce re fantoccio dell'imperialismo romano come Erode, il
Natale mostra la sua tremenda attualita'. E accusa noi per le nostre
inadempienze.
*
Comunque se il paragone con Cappuccetto rosso e' solo un errore pedagogico
in buona fede, il fatto che invece tutti e tutte le ipocrite del nostro
paese si straccino le vesti perche' "le tradizioni non vengono rispettate"
(viene in mente un famoso episodio del concilio vaticano II a proposito
della fonte della rivelazione, ma ve lo racconto un'altra volta) e' un vero
scandalo, un tradimento teologico che ha del sacrilego: il Natale festa
della gratuita', della generosita', del dono e della pace ("pace in terra a
chi opera bene" vien detto ai pastori) diventa un immondo mercato.
*
Il presepio deve essere fatto nelle scuole, ma nell'atrio della stazione
Termini a Roma, diventata un enorme centro commerciale nel quale
occasionalmente arrivano e partono anche treni, non c'e' piu' posto per il
presepio che i ferrovieri costruivano ogni anno: nella stazione bisogna
cercare i treni e le metropolitane facendo centinaia di passi e scale e
corridoi nei quali non vi e' possibilita' di accesso per chi e' in
difficolta' motorie o anche solo e' anziano, stanca, ha molti bagagli, un
bambino in collo, fretta; se non si "oblitera" (verbo elegantissimo) il
biglietto si pagano 25 euro di multa, ma le macchinette gialle funzionano
una su tre; sono cambiati gli orari e non ci sono i tabelloni aggiornati,
sicche' le persone vagano a caso, ma a ogni sportello si viene richiesti di
dare qualche euro per Telethon e se si chiedono informazioni si viene
dirottati al caso.
Ogni volta dico di no perche' penso che Telethon sia uno scandalo e se penso
che invece di aumentare la spesa pubblica per la ricerca secondo criteri
appunto scientifici, la sorte di chi ammala dipende dal buon cuore dei
viaggiatori, trasecolo: il fisco avrebbe il compito di fornire i mezzi che
servono redistribuendo anche la ricchezza; invece si viene sottoposti a una
richiesta molto"egualitaria": diamo tutti e tutte due o tre euro,
ilpresidente della Confindustria e io, il miliardario e il mio vicino
disoccupato. Anzi no, solo noi perche' ne' il presidente della Confindustria
ne' il miliardario vanno mai a uno sportello a comprare i biglietti: se
questo non e' il contrario della tassazione diretta e proporzionale di cui
parla la Costituzione non so che cosa e'.
Davvero se ci fossero credenti seri si dovrebbero sentire proteste fino al
cielo e sarebbero davvero parole che darebbero, come e' richiesto a Natale,
"gloria a Dio".
2. STRUMENTI. MARCO BALEANI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'...
[Ringraziamo Marco Baleani (per contatti: m.baleani at perigeosondaggi.it) per
questo intervento. Marco Baleani, eugubino, fa parte del comitato di
coordinamento del Movimento Nonviolento, e ha dato un contributo
fondamentale alla promozione della camminata nonviolenta da Assisi a Gubbio
del 2003. "Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento
Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di
riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della
redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax:
0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org;
l'abbonamento annuo e' di 25 euro da versare sul conto corrente postale n.
10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente
bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza
Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta",
via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad
"Azione nonviolenta"]
Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche', come ha detto Hannah Arendt,
"anche nei tempi piu' oscuri abbiamo il diritto di attenderci una qualche
illuminazione".
Prosegue la Arendt: "E' molto probabile che essa arrivera' non tanto da
teorie o da concetti, quanto dalla luce incerta, vacillante, spesso fioca
che alcuni uomini e donne nel corso della loro vita a del loro lavoro,
avranno acceso in ogni genere di circostanze, diffondendola sull'arco di
tempo che fu loro concesso di trascorrere sulla terra".
Ecco, "Azione nonviolenta" rappresenta per me proprio quella luce che
illumina questi tempi bui, ed e' una luce tenuta accesa da donne e uomini
che hanno dedicato la loro vita alla diffusione della nonviolenza.
E' un riferimento irrinunciabile ed un osservatorio privilegiato per poter
capire la realta' che mi circonda e per cercare di introdurre quei
cambiamenti di stile di vita indispensabili per abbassare il livello di
violenza che affligge il mondo. Come diceva Gandhi: "Noi dobbiamo essere il
cambiamento che vorremmo nel mondo".
Ma "Azione nonviolenta" e' anche il collante, il "fil rouge" che mi lega a
tanti amici della nonviolenza con cui condividere questo cammino.
3. ESPERIENZE. BEPPE PAVAN: IL "GRUPPO UOMINI" DI PINEROLO E LA PREVENZIONE
DELLA VIOLENZA
[Ringraziamo Beppe Pavan (per contatti: carlaebeppe at libero.it) per averci
messo a disposizione la seguente relazione tenuta a un convegno svoltosi ad
Aosta l'8-9 ottobre 2004.. Beppe Pavan e' impegnato nella bellissima
esperienza nonviolenta della comunita' di base e del "gruppo uomini" di
Pinerolo, ed in tante altre esperienze di pace e di solidarieta'. Preziosa
e' l'esperienza del "Gruppo uomini" di Pinerolo, un gruppo di uomini messisi
all'ascolto del femminismo con quella virtu' dell'"attenzione" di cui ci
parlava Simone Weil]
Il nostro "Gruppo uomini" e' innanzitutto un gruppo di auto-mutuo-aiuto:
uomini che, attraverso lo scambio e l'ascolto reciproco, desiderano
migliorare il proprio modo di stare al modo come maschi. Non ragionando in
modo astratto e teorico dei massimi sistemi, ma raccontandoci la nostra
vita, le nostre reazioni emozionali, le nostre riflessioni, e imparando ad
ascoltare. Dall'ascolto nascono nuova riflessione e desiderio di
cambiamento.
E' un gruppo di autocoscienza, che ci ha portati, a poco a poco, alla
consapevolezza della nostra parzialita', individuale e di genere,
della responsabilita' del genere maschile per il dominio del patriarcato nel
mondo, quindi della necessita' di un cambiamento collettivo degli uomini,
per collaborare efficacemente con le donne a rimettere al mondo il mondo
Ci guida al rispetto e alla convivialita' di tutte le differenze, e
all'adozione di un linguaggio inclusivo, cioe' capace di riconoscere e
nominare le donne e il femminile.
Lo viviamo quindi come un gruppo di prevenzione della violenza nelle
relazioni, imparando a partire da noi e a cercare di migliorare il nostro
modo di stare nelle relazioni, cominciando da quelle intime e di genere.
*
Il "Gruppo uomini" come prevenzione della violenza
Abbiamo imparato, ad esempio, che il nostro corpo non e' una macchina
incontrollabile, che, se non si sfoga, scoppia. L'autocontrollo non solo e'
possibile, ma e' piacevole e gratificante se impariamo a "stare nelle
relazioni", se ci educhiamo a una vita di relazione e non all'egoismo del
"maschio che non deve chiedere mai": questa e' una competenza che possiamo
imparare.
Non abbiamo ricevuto una formazione alle relazioni paritarie e nonviolente
dagli adulti della nostra infanzia, ma dalle donne del femminismo, quando
abbiamo scelto di ascoltarle: su questa strada abbiamo cominciato a
incontrare la felicita'.
L'apprendimento continua, non solo nel "gruppo uomini", ma anche nei gruppi
e nelle iniziative che sono nate con chi ha scelto di coinvolgersi.
Dal '99 alla "Bottega del possibile" di Torre Pellice (una associazione nata
per diffondere la cultura della domiciliarita') stiamo sviluppando un
percorso seminariale dal titolo "Uomini e Donne nelle relazioni di cura".
Avevamo cominciato parlando di "lavori di cura", perche' e' un percorso
rivolto a chi opera nel vasto campo dell'assistenza, ma gia' dalla seconda
puntata abbiamo imparato che saper prenderci cura richiede che impariamo a
stare nelle relazioni.
L'altro gruppo e' nato a Pinerolo e si chiama genericamente "gruppo
relazioni". Dopo un omicidio-suicidio, con cui un uomo ha posto fine ad un
suo desiderio di relazione, non corrisposto, con una giovane allieva,
abbiamo proposto alla citta' di riflettere sulle modalita' delle nostre
relazioni, sul fatto che una comunita', dalla coppia alla citta', e' prima
di tutto una rete di relazioni, e da questa consapevolezza puo' nascere il
piacere, la convenienza, di imparare a viverle in modo reciprocamente
accogliente e rispettoso. Abbiamo invitato l'amministrazione comunale a
coinvolgersi: il sindaco, un assessore e un consigliere ne sono molto
convinti.
Stiamo coinvolgendo anche le scuole superiori con una piece teatrale che fa
riflettere sulla violenza nelle relazioni intime. Il testo e' nato da un
progetto negli USA ed e' arrivato a noi grazie ad una coppia di ricercatori
che fa la spola tra Los Angeles e il Pinerolese.
Di relazioni e di consapevolezza maschile parliamo, poi, in ogni occasione
che abbiamo di incontrare gruppi di ragazzi e di insegnanti nelle scuole: e'
un'esperienza molto coinvolgente, che si sta allargando perche' aumenta la
domanda.
Vi racconto brevemente cos'e' successo ad Agape, a fine agosto, in un campo
estivo per ragazzi e ragazze dagli 11 ai 13 anni. Lo staff aveva previsto
una giornata "per genere": le ragazze con una donna, i ragazzi con me, a
confrontarsi sulle relazioni tra persone dello stesso sesso. Quando sono
arrivato, mi hanno descritto una situazione un po' problematica, perche' un
gruppetto di ragazzini aveva un comportamento, come dire, un po' bullesco:
avevano preso di mira quelli piu' timidi o piu' piccoli e li angariavano in
mille modi, picchiandoli se non eseguivano i loro ordini (ad esempio:
ballare) in modo soddisfacente.
Erano 40 i maschi pre-adolescenti che mi sono trovato davanti quel giorno.
Ero comprensibilmente preoccupato, anche perche' era la prima volta con
ragazzi di quell'eta'. Sono stati fantastici. Mi hanno ascoltato con
un'attenzione incredibile, senza il piu' piccolo disturbo... e io ho
continuato, cosi' incoraggiato, per un'ora... Ho raccontato le mie relazioni
al maschile e le mie riflessioni; ho parlato di mio padre e di mio figlio e
del "gruppo uomini"... invece di venti minuti, ho parlato per un'ora.
I ragazzi della staff (tra cui mio figlio) poi mi hanno detto che nei giorni
successivi sono cessate le angherie dei prepotenti. Non per merito mio, e'
ovvio, ma perche' anche loro, a quell'eta', sono capaci di ascolto, di
riflessione e di grande coerenza. Hanno bisogno di vivere relazioni con
adulti che sappiano stare nelle relazioni con amore e nonviolenza,
rispettando tutte le differenze, compresa quella di eta'.
Di qui l'importanza, secondo me, del lavoro con gli adulti. Cominciando da
noi; proponendo e stimolando e accompagnando la nascita di altri "gruppi
uomini"; coinvolgendoci in iniziative che ci mettano in contatto con adulti;
parlando di queste cose e della felicita' che andiamo conoscendo...
*
Per sottrarre consenso maschile al patriarcato
Sentiamo forte il desiderio che altri uomini si mettano in gruppo per fare
un cammino analogo di cambiamento. Per questo dedichiamo attenzione ed
energie alle relazioni esterne al gruppo:
- incontri con altri "gruppi uomini" (sono una decina quelli che conosciamo
in Italia);
- partecipazione ad incontri, seminari, dibattiti pubblici, convegni...
- la redazione e diffusione di "Uomini in Cammino" ci ha consentito di
realizzare una rete di contatti e di scambi con alcune migliaia di persone,
uomini e donne, alcune delle quali, a loro volta, lo diffondono per cercare
di creare reti locali di contatti.
*
Infine
Infine, ricordiamo che ogni tanto si avvicina al gruppo qualche uomo che
cerca sostegno e aiuto per affrontare problemi personali nelle relazioni
intime e familiari. Non abbiamo competenze particolari, ma invitiamo questi
uomini a fare un pezzo di strada nel gruppo, dedicandogli attenzione e
ascolto. In genere ci restituiscono la loro soddisfazione per aver imparato
ad essere piu' responsabili e cooperativi. E qualcuno resta nel gruppo.
Vista la disponibilita' che uomini delle istituzioni hanno manifestato in
questa sede, desidero ancora comunicarvi un mio sogno: che nascano "gruppi
uomini" anche nelle questure, nelle caserme di carabinieri, nei palazzi di
giustizia...
Lo dico alla fine, ma sta in cima: e' la nostra riconoscenza alle nostre
donne, alle donne dell'arcipelago femminista e, in particolare, a queste
donne di Aosta. Ci hanno stimolato, sostenuto e spinto, spesso, a metterci
in cammino; hanno fatto circolare "Uomini in Cammino", attraverso altre
donne, per raggiungere altri uomini; ci invitano a prendere la parola
pubblicamente per testimoniare la convenienza, per loro, per noi e per il
mondo, che gli uomini ascoltino e pratichino il loro invito a relazioni
d'amore. Perche' siamo convinti, noi come loro, che se non cambiamo, anche
noi uomini, il nostro modo di stare al mondo, il mondo non potra' cambiare.
4. MATERIALI. MONICA LANFRANCO PRESENTA "DONNE DISARMANTI"
[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: e-mail: mochena at tn.village.it,
siti: www.marea.it, www.marea.it/lanfranco) per questo intervento. Monica
Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo 1959, vive
a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il paese delle
donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale di
formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994 ha
curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con il
quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i mensili
"Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e'' socia fondatrice della societa'
di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA Donne di
sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per giovani
donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due
edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e
fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network
europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro
Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine
secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi:
1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e
politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile
anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha
scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra). E'
stato pubblicato recentemente il suo libro, scritto insieme a Maria G. Di
Rienzo, Donne disarmanti, Intra Moenia, Napoli 2003. Cura e conduce corsi di
formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici)
sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione. Per richiedere
il libro (Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti, Intra
Moenia, Napoli 2003, pp. 290, euro 13) alla case editrice: tel. 081290988, o
anche 081290720, e-mail: awander at tin.it, sito: www.intramoenia.it]
Perche' la nonviolenza riguarda il femminismo, perche' il femminismo
riguarda la nonviolenza.
"Una parola e' morta quando viene detta, dicono alcuni. Io dico che comincia
a vivere soltanto allora". E' il verso di una poesia di Emily Dickinson, che
di parole, e del loro uso, se ne intendeva.
Ma se la poesia vi e' ostica, e preferite la razionalita' della scienza,
ecco quello che affermava Ann Godin, pedagogista: "Le parole sono i chiodi
per attaccare le idee".
In questo libro ci occupiamo molto di parole, del loro uso, del loro abuso,
di come ad esse sia affidato lo straordinario compito di fare o disfare le
cose, creando o distruggendo, costruendo pace o guerra; della
responsabilita' che spesso, senza che ce ne accorgiamo, le parole hanno
accanto e oltre le bombe nella distruzione della nostra umanita'. E ci
occupiamo, come leggerete, di come alle parole, che sembrano talvolta
inoffensive, seguano azioni in grado di portare grande distruzione o grande
riparazione.
Ci sara' un motivo per il quale in moltissime le storiche, le antropologhe,
le filosofe, le giornaliste, le studiose femministe centrano l'attenzione
sull'uso delle parole, e mettono in guardia sulla stretta connessione tra
violenza del linguaggio comune e violenza reale, nelle relazioni quotidiane
come nella politica, nella comunicazione mediatica e quindi nel tessuto
sociale.
Se cercate su qualunque vocabolario la parola nonviolenza non la troverete,
perche' non e' registrata cosi' come la scriviamo, senza trattino o elementi
di separazione; eppure si tratta di una piccola grande rivoluzione
semantica, simbolica e quindi di immensa portata, nel tempo: quella di
coniare una parola che si opponga, nel suo significato, ad un'altra
altrettanto potente proprio perche' la contiene, pero' anteponendo una
negazione.
Al di la' di come la si scrive, nel concetto di nonviolenza la violenza e'
contenuta perche' non la si nega: non troverete un uomo o una donna che si
dicano, sinceramente, nonviolento o nonviolenta, e che non ammettano in
primo luogo che il lavoro piu' duro non e' il contrastare la violenza
esterna, ma la propria. Il lavoro pesante e' proprio questo.
Come lo e' stato, e per ogni nuova generazione di donne lo e', appropriarsi
della consapevolezza che il privato (di solito la sfera destinata alle donne
perche' relativa alle relazioni, ai sentimenti, all'emotivita') e' politico,
e far diventare questa verita' luogo comune anche presso gli uomini.
*
Nonostante le radici delle varie scuole di pensiero sulla nonviolenza
affondino negli albori della storia umana, e ogni epoca storica e cultura a
qualunque latitudine abbia visto uomini e donne cercare soluzioni pacifiche
ai problemi che inevitabilmente le relazioni umani creano e vivono, la
nostra e' una civilta' giovane di fronte a questo tema.
Questo non e' un mondo perfetto, e purtroppo i nostri sono tempi che
definire drammatici, e talvolta bui, e' poco.
Eppure crediamo che questo libro possa contribuire, quantomeno non
cancellando ma invece trasmettendo e rendendo accessibili parte dei
materiali prodotti da anni nella pratica di alcune donne, a infittire quella
rete che c'e', di donne, e di donne e uomini, che credono che l'unico modo
per costruire, qui ed ora, un mondo diverso possibile sia usare la forza
della nonviolenza. Sempre.
5. MAO VALPIANA: LA NONVIOLENZA E I PARTITI
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per
averci messo a disposizione questo suo intervento scritto per il convegno
organizzato dal Prc a San Servolo, Venezia, nel febbraio 2004. Gli atti del
convegno sono stati pubblicati nel volume di AA. VV., Agire la nonviolenza,
Edizioni Punto Rosso - "Liberazione", Milano-Roma 2004; l'intervento che qui
riportiamo e' li' alle pp. 251-252. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle
figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona
dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da
giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con
una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel
sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento
Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore
della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo
Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha
partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento
dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di
coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima
guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare
un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato
assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]
Intervengo su uno dei nodi che considero particolarmente significativo per
proseguire nel difficile cammino della nonviolenza, e cioe' la nonviolenza
nell'organizzazione politica, la nonviolenza dentro la struttura del
partito.
La domanda che si pone e': come applicare la nonviolenza nell'organizzazione
interna di una partito?
Dico questo perche' in Italia abbiamo gia' avuto due partiti che si sono
ispirati alla nonviolenza, addirittura che hanno immesso la nonviolenza
nelle loro carte costitutive, mi riferisco al Partito Radicale, e alla
Federazione nazionale dei Verdi: due formazioni politiche, che si sono
sviluppate dagli anni '70 fino ad oggi, giungendo poi a storie, sviluppi e
vicende varie, due modi diversi di intendere la nonviolenza, secondo me
molto strumentali, giungendo addirittura alla giustificazione dei
bombardamenti. Dunque sono state due esperienze che avevano aperto molto
speranze ma che si sono concluse da questo punto di vista con molta
delusione.
Quindi la nonviolenza interna ai partiti e' il vero nodo da affrontare. Come
deve organizzarsi un partito che voglia definirsi nonviolento? Su questo ci
viene in aiuto Capitini che affronto' il tema gia' dal 1943 con la questione
del Partito d'Azione; egli rifiuto' di entrare nel partito e scelse invece
di rimanere al centro del movimento perche' diceva: "Io ero contrario alla
trasformazione del movimento in un partito, innanzitutto perche' il
movimento significava qualcosa di nuovo e la capacita' di prendere
iniziative piu' larghe, di istituire centri per un rinnovamento
etico-sociale, oltre e piu' che ai partiti, di formare grandi allineamenti
di donne, di giovani e - prosegue - e' da insistere su questo carattere del
movimento, di essere non un partito e un programma esclusivo, ma un
atteggiamento dell'animo, un aprirsi in una direzione, una certezza e una
speranza sempre rinnovantisi. Il nuovo non sta in un nuovo partito ma in un
orientamento della coscienza che include in se' anche coloro che lavorano,
pur con altra mentalita', nella stessa direzione".
Naturalmente su questo terreno ognuno deve trovare la propria strada.
Voi avete iniziato un cammino davvero significativo, per noi importante e al
quale abbiamo guardato e guardiamo con grandissimo rispetto. Diceva ancora
Capitini: "Noi dobbiamo vedere la cosa da un punto di vista severo, bisogna
fare un lavoro fuori dal potere, un decentramento del potere, abituare a
vedere il potere in tante cose fuori dal governo, in tante iniziative, atti,
posizioni, sentimenti, fondare quindi una prospettiva diversa". Aldo
Capitini sollecitava gli amici ad entrare nella politica, a fare esperienza,
a candidarsi nei consigli comunali e regionali, ma diceva che c'e' un
limite: "Io non potrei mai stare in un governo perche' un governo puo'
dichiarare una guerra. Noi dobbiamo dire no alla guerra ed essere duri come
pietre".
In questo cammino della nonviolenza in Italia noi siamo fortunati perche'
abbiamo avuto un fiorire storico di riferimenti e di maestri della
nonviolenza, in Umbria da Francesco d'Assisi ad Aldo Capitini, poi abbiamo
avuto Danilo Dolci, italiano era anche Giovanni Giuseppe Lanza del Vasto,
seguace di Gandhi e fondatore delle Comunita' dell'Arca. In questa
iconografia io ci metto anche Alexander Langer, il prototipo di un
nonviolento che ha voluto sperimentare la nonviolenza dentro le istituzioni
con tutte le contraddizioni ed anche le difficolta' che ha subito dentro la
sua stessa casa. Alex diceva sempre: "Attenti, noi dobbiamo seguire il
Regno, mentre nel partito - si riferiva ai Verdi - rischiamo di seguire
sempre le vicende interne alla Corte". Quindi anche facendo politica attiva,
tutta la nostra attenzione deve essere spesa verso cio' che avviene nel
Regno e dunque nel movimento; io penso che lungo il cammino che voi avete
iniziato a fare sia importante anche recuperare la grande attualita' che
c'e' nell'esempio di queste persone, a partire naturalmente dal pensiero e
dall'opera di Aldo Capitini, non solo dal punto di vista storiografico, ma
anche e soprattutto dal punto di vista politico.
6. VOCI. MARGE PIERCY: LA STRADA BASSA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione questa sua traduzione del seguente testo di
Marge Piercy. Marge Piercy e' nata a Detroit, attiva nei movimenti
femminista, antinucleare e per i diritti civili, poetessa e scrittrice. In
italiano sono stati tradotti i suoi libri: I giorni dell'odio, Sperling &
Kupfer, Milano 1989; Sul filo del tempo, Eleuthera, Milano 1990; Cybergolem,
Eleuthera, Milano 1995]
Cosa possono farti?
Possono farti quello che vogliono.
Possono imprigionarti, batterti,
romperti le dita, bruciarti il cervello con l'elettricita',
confonderti con le droghe fino a che
non saprai piu' camminare, e non ricorderai.
Possono portare via i tuoi bambini,
sbattere contro il muro chi ami;
possono fare tutto quello che tu non fermi.
Come puoi fermarli?
Da solo puoi resistere, puoi rifiutare.
E puoi persino pensare alla riscossa,
anche se loro ti passano sopra.
Ma due persone che resistono, schiena contro schiena,
possono attraversare una folla,
un serpente di fuoco che danza puo' rompere una corda,
le termiti possono tirare giu' un palazzo.
Due persone possono mantenersi sane a vicenda,
darsi reciprocamente sostegno, convinzione,
amore, massaggi, speranza, sesso.
Tre persone sono una delegazione, una cellula, un cuneo.
Con quattro si puo' giocare, e dare inizio a un gruppo.
Con sei puoi affittare una casa intera,
avere focaccia a cena e niente secondi,
e comporre la tua musica.
Tredici fanno un circolo, un centinaio riempiono la sala.
Con mille hai solidarieta' e la vostra newsletter,
diecimila sono la comunita' e i vostri giornali;
centomila una rete di comunita';
un milione il nostro stesso mondo.
Comincia con uno alla volta.
Comincia quando ti preoccupi di agire.
Comincia quando lo fai di nuovo,
dopo che loro hanno detto no.
Comincia quando dici "noi",
e sai bene chi intendi,
e ogni giorno
ne intendi uno di piu'.
7. RIFLESSIONE. DANIELE LUGLI: FUOCO
[Ringraziamo Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) per
averci messo a disposizione questo suo testo pubblicato su "Pollicino -
Terra di nessuno", periodico ferrarese diffuso nelle botteghe del commercio
equo e solidale. Daniele Lugli e' il segretario nazionale del Movimento
Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida
esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile
competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita
gentilezza e saggezza grande]
Il fuoco accompagna la storia delle donne e degli uomini da tantissimo
tempo: da settecentonovantamila anni secondo Naama Goren-Inbar,
paleontologa, che ne ha trovato tracce non equivoche a Gesher Benot Ya'aqov
in Israele. Piace pensare che attorno allo stesso fuoco si ritrovassero sia
l'Homo Sapiens che quello Erectus, in quel periodo, ed in quell'area,
conviventi. Di uomini sapienti e con la schiena diritta, capaci di
convivenza, ci sarebbe oggi un particolare bisogno in quell'area e in tutto
il mondo. Non diro' dunque del fuoco, che come fratello ci accompagna. Ha
gia' detto Francesco frate foco: ello e' bello e iocondo e robustoso e
forte. Accennero' solo al fuoco delle armi, della guerra.
*
Fuoco
Focus ha sostituito nel latino comune la vecchia parola indoeuropea ignis.
E' continuata nelle lingue romanze: fuoco, fuego, fogo, feu, foc. Focus
indicava propriamente il focolare domestico. Il fuoco elemento naturale,
processo della combustione, anche nelle sue appplicazioni distruttive e
belliche era appunto l'ignis: ce se ne poteva armare (ignibus armati), si
poteva scagliare (missilis ignis), si poteva, in unita' col ferro, usarlo
per la distruzione definitiva (ferro ignique). Ha prevalso focus, il suo
carattere domestico, opposto e collegato a quello pubblico, all'ara,
all'altare, al fuoco riservato alla divinita', conteneva implicito un
significato bellicoso: pro aris et focis ancora si combatte, o lo si dice.
Lasciato il dizionario di latino per quello dei sinonimi della lingua
italiana leggiamo Niccolo' Tommaseo, che avvicina e confronta Fuoco e
Fiamma, con parole in cui il carattere distruttivo del fuoco trova eloquente
espressione: "L'uomo da' fuoco a mina o cannone; il corpo infiammato da'
fiamma. L'uomo fa fuoco, il corpo ardente fa fiamma. Il corpo prende fuoco,
il corpo si leva in fiamma. Quel ch'arde, va in fiamme, se tutto distrutto o
presso a distruggersi: non si dice ire in fuoco; ma congiunti i due,
andarsene in fuoco e in fiamma. Necessario e' congiungerli nella locuzione
andare a fuoco e fiamma: di citta' o di casa distrutta dall'ira o
dall'imprevidenza degli uomini".
*
Fuoco!
E' il comando finale nella sequenza canonica "Caricate, Puntate, Fuoco!".
Ottimo per il fuoco di fila, quando ancora non erano in uso i fucili a
ripetizione e per le esecuzioni. Un semplice punto esclamativo rende chiaro
di che fuoco si tratti. Modalita' e caratteristiche richiedono invece
aggettivi e verbi. Come nel notissimo Tamburino sardo di Cuore. Consiglio di
leggerlo o rileggerlo, seguendo i comportamenti del fuoco, che potrebbero
sfuggire ai lettori, piu' attenti alla corsa del tamburino ed al suo esito.
A Custoza una pattuglia italiana asseragliata in una casa faceva un fuoco
fitto sopra gli assalitori. Un tamburino e' uscito da un finestrino sul
retro, perche' il fuoco non batteva che la facciata e i due fianchi della
casa. Ma era un fuoco d'inferno, una grandine di palle di piombo che di
fuori screpolava i muri e sbriciolava i tegoli, e dentro fracassava
soffitti, mobili, imposte, battenti, buttando per aria scheggie di legno e
nuvoli di calcinacci e frantumi di stoviglie e di vetri, sibilando,
rimbalzando, schiantando ogni cosa con un fragore da fendere il cranio. I
nemici per intimare la resa sventolano un panno bianco, senza interrompere
il fuoco. A questa ambigua intimazione il fuoco della difesa infiacchiva. Ma
all'esplicito "Arrendetevi!" ed al "No!" urlato del nostro capitano il fuoco
ricomincio' piu' fitto e piu' rabbioso dalle due parti. Poi arrivarono al
soccorso i nostri, allertati dal tamburino.
Il tamburino e' sgattaiolato dal finestrino perche' e' piccolo e magro: ha
quattordici anni e ne dimostra dodici scarsi. Gli amputano la gamba
sinistra, ferita, che ha sforzato per compiere la sua missione. Il capitano,
che e' un rozzo soldato, si leva il chepi': "Io non sono che un capitano; tu
sei un eroe", e lo bacia tre volte sul cuore.
De Amicis aveva una passione per i bimbi soldato. A me, quando mi
arrampicavo, tremando, sull'albero piu' alto delle scuole di Roncobonoldo,
veniva sempre in mente la piccola vedetta lombarda. Ho sempre pensato che
Enrico Toti, da Roma, volontario Bersaglieri ciclisti, privato, come il
tamburino, della gamba sinistra (un incidente sul lavoro) apprezzasse
soprattutto quel racconto. E lo ricordasse in particolare il 6 agosto del
1916 assaltando la trincea, scagliando la gruccia, baciando il piumetto e
spirando.
Un aggettivo che sempre piu' spesso accompagna la parola fuoco e' amico.
Sarebbe quello che ti raggiunge per errore da parte dei tuoi commilitoni.
Nelle moderne guerre non e' mai in dubbio l'esito militare: a sparare e' una
parte sola. L'altra non e' neppure un contendente. Cerca di sottrarsi come
puo' alla punizione. Il suo comportamento innervosisce e predispone agli
errori. Semmai, a riprova della sua demoniaca natura, comincia a far fuoco e
a uccidere quando e' vinta e la guerra e' finita. Comunque morire di fuoco
amico, tra il rammarico dei compatrioti, puo' non essere la cosa peggiore.
Perche' si dovrebbe preferire morire scannato da estranei, evidentemente
ostili, procurando loro soddisfazione?
"Fuoco!" e' il comando tipico delle fucilazioni e ancora risuona in varie
parti e occasioni. Televisione e giornali ci parlano pero' sempre piu'
spesso di una diversa forma di esecuzione, la decapitazione. E' messa in
atto da entusiasti combattenti convinti, a quel che pare, di attuare anche
cosi' un compito eminentemente religioso, se non addirittura un preciso
precetto. Ci sara' pure un dotto e santo uomo pronto a dimostrare la
derivazione coranica del motto "decapita chi capita"!
*
Fuoco (armi da)
Bisogna ammettere che senza armi da fuoco, e segnatamente Colt 45 e
Winchester 73, non avremmo il western, cioe' il genere piu' alto della
cinematografia, E, forse, possiamo anche considerare con Engels che "le mura
dei castelli nobiliari, sino allora inespugnabili, soggiacquero ai cannoni
dei borghesi, le palle degli archibugi dei borghesi attraversarono le
corazze dei cavalieri. Assieme alle corazze dei cavalieri della nobilta'
cadde anche il dominio della nobilta'". Un progresso indubbio. La pretesa,
che ancora affiora, di affidare alle armi progetti di ulteriore liberazione
si e' mostrata pero' erronea. L'uso delle armi ha l'effetto inverso. Per
questo il potere costituito tiene alla loro produzione ed uso.
L'Italia risulta la settima esportatrice di armi nel mondo nell'ultimo
quinquennio, con un trend in decisa crescita. Niente male. Che sia un titolo
per entrare a far parte dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza
dell'Onu? Verrebbe da pensarlo visto che Francia, Russia, Cina, Gran
Bretagna e (last but non least) Stati Uniti producono l'88% delle armi. Sono
sistemi d'arma sofisticati e sempre piu' letali, anche a tacere dell'ABC
delle armi di distruzione di massa (un po' ovunque presenti, a quanto pare,
salvo che in Iraq): Atomiche, Biologiche, Chimiche. Con armi convenzionali
sono state uccise nell'ultimo decennio piu' di 5 milioni di persone e
costrette alla fuga almeno 50 milioni.
Non sottovaluterei le armi leggere: ogni 60 secondi, in qualche parte del
mondo, una bimba, un bambino, una donna, un uomo viene ucciso da un
proiettile. Si calcolano in 639 milioni le armi dette leggere distribuite
nel mondo, e ogni anno se ne aggiungono 8 milioni. La nostra Beretta,
azienda leader a livello mondiale nel settore, risulta aver esportato
l'ultimo anno solo 250 pistole mitragliatrici e parti di ricambio. Tutte le
altre armi, e ne produce tante, sfuggono al controllo rientrando tra le armi
"civili". Del resto si calcola che almeno il 60% delle armi leggere sia
nelle mani di civili. Delle munizioni non c'e' da preoccuparsi. Dall'Italia
molte ne esporta la Fiocchi Munizioni. In ogni caso ne abbiamo per
sterminare, ripetutamente, l'intera popolazione mondiale.
Le armi leggere, sempre piu' precise e micidiali, sono sempre piu'
maneggevoli e finiscono per sembrare giocattoli. Per questo, forse, sono
affidate anche ai trecentomila bimbi soldato impegnati nei conflitti.
Sistematico nel rapimento dei bambini, per lo piu' adolescenti, e' ad
esempio l'Esercito di resistenza del Signore (Lord's Resistance Army). Ne ha
rapito, secondo l'Unicef , almeno diecimila. E' attivo in Uganda ed e' nato
negli anni '80, su diretta ispirazione dello Spirito Santo, grazie a una
santa donna, che rendeva invulnerabili alle pallottole i suoi seguaci con
acqua santa e unguenti. L'arresto della fondatrice non ha fermato
l'Esercito, diretto da un ex corista cattolico, intenzionato a stabilire uno
Stato basato sui Dieci Comandamenti, distruggendo villaggi e massacrandone a
migliaia gli abitanti.
*
Fuoco (mettere a)
Convinto come sono che piu' delle risposte contino le domande concluderei
con tre delle tante che mi pongo, non da ora, e che quanto ho scritto mi ha
fatto ricordare. Possono essere un contributo a mettere a fuoco
ulteriormente il tema, nel senso mite di illuminarne i dettagli. Le scelgo
tra quelle che cominciano con la lettera E e le propongo in ordine logico ed
alfabetico.
Enrico Toti: il lancio della stampella non ha certamente favorito, se non
interamente causato, la caduta?
Esecuzione: che comando sostituisce Fuoco! nelle decapitazioni? Taglia?
Esercito di resistenza del Signore: perche' azzoppa i ciclisti, soprattutto
le donne?
8. LETTERE. UNA LETTERA AI FRATELLI E ALLE SORELLE AMERICANE
[Ringraziamo Lidia Maggi (per contatti: lidia.maggi at ucebi.it) per averci
inviato questa lettera scritta alcune settimane fa dai fratelli e dalle
sorelle dell'Unione delle chiese evangeliche battiste italiane (Ucebi) ai
fatelli e alle sorelle americane]
Cari fratelli e care sorelle,
gli eserciti dei nostri due paesi sono in Iraq, impegnati in una guerra che
ha l'obiettivo - ci dicono i nostri governi - di determinare chi e come
dovra' guidare questo sventurato paese.
Una guerra costosa: il vostro paese con i 157 miliardi di dollari spesi
avrebbe potuto fornire casa, istruzione e assistenza a decine di milioni di
americani indigenti (tutti i dati citati in questa lettera sono tratti dal
Rapporto dell'Institute for Policy Studies e del Foreign Policy in Focus,
Usa). Il nostro paese spende quest'anno per la guerra in Iraq 220 milioni di
euro, ma non ha versato i suoi 100 milioni di euro al Fondo Internazionale
per la lotta all'Aids, Tbc e malaria.
Una guerra sanguinosa: sono morti 1.157 soldati della coalizione, di cui
1.057 statunitensi, 150 contractors civili, 13.000-15.000 iracheni, piu'
della meta' civili.
Una guerra devastante: i risultati di 2.200 tonnellate di bombe contenenti
uranio impoverito (dati ufficiali del Pentagono) sono la rovina di interi
quartieri, 2.000 edifici scolastici distrutti, il tracollo del servizio
sanitario, la distruzione di strutture produttive, l'inquinamento delle
falde acquifere, lo scatenamento della delinquenza, la fine dei diritti
umani, per non dire delle torture e dei decessi sotto interrogatorio.
Una guerra illegittima e basata sulla menzogna (secondo il segretario
dell'Onu Kofi Annan, gli ispettori dell'Onu e la Commissione d'inchiesta del
vostro Congresso ) delle armi di distruzione di massa di Saddam e dei suoi
legami con Al Qaida.
Una guerra sbagliata e controproducente secondo il movimento internazionale
della pace e l'opinione pubblica degli stessi paesi impegnati nella guerra:
essa ha fatto crescere il reclutamento di Al Qaida (secondo l'Institute for
Strategic Studies) fino a circa 18.000 uomini, mentre in Iraq circa 50.000
uomini si sono arruolati nella resistenza contro l'occupazione.
I nostri governi affermano che le loro intenzioni sono buone: garantire al
popolo iracheno la possibilita' di svolgere elezioni democratiche (il nostro
governo sostiene addirittura di non essere in guerra); ma la democrazia non
puo' essere imposta con la guerra, la quale, al contrario, ha fatto
divampare il terrorismo in Iraq, dove prima non c'era, e ha ristretto la
democrazia (la sicurezza, il diritto di manifestare, la liberta'
dell'informazione) all'interno dei paesi che la promuovono, come l'Italia e
gli Stati Uniti.
Voi e noi tutti i giorni guardiamo con il cuore gonfio di angoscia e senso
di impotenza le immagini delle stragi di innocenti prodotte dalle autobombe
dei kamikaze dei terroristi e dalle bombe e dai missili degli aerei ed
elicotteri della coalizione, secondo la legge dell'"occhio per occhio".
Voi e noi constatiamo che i nostri governanti, come gli esponenti dell'ala
fondamentalista dell'Islam e del terrorismo, agitano le bandiere della
guerra fra civilta' (ammesso che la civilta' abbia qualche rapporto con la
guerra o col terrorismo) e rivendicano Dio dalla loro parte.
Noi crediamo che Dio, che ci ha detto "Non uccidere" e ha mandato Gesu' a
morire per il nostro peccato, sia un Dio della pace, della riconciliazione e
della giustizia, che sta dalla parte delle vittime della guerra: i caduti,
militari e civili, iracheni, americani, ecc., le loro vedove, i genitori,
gli orfani, i carcerati, la popolazione mutilata e ridotta alla miseria ed
alla fame.
Non dobbiamo e non possiamo, care sorelle e cari fratelli, limitarci ad una
pur giusta indignazione e condanna. Quantunque pochi e deboli sentiamo il
bisogno di cooperare con i tanti, cristiani e non cristiani, che in Europa,
negli Stati Uniti, in Medio Oriente, operano per la pace ("Beati quelli che
si adoperano per la pace poiche' saranno chiamati figli di Dio"),
percorrendo le strade alternative alla guerra le quali, quando sono state
percorse con fede e perseveranza, hanno condotto a risultati importanti,
anche contro il terrorismo, i sequestri e le dittature: la diplomazia,
l'Intelligence, la pressione economica, la trattativa, il dialogo paziente e
anche le marce e le manifestazioni. Nel vostro grande paese e' in corso la
campagna per l'elezione del futuro presidente degli Stati Uniti. In Italia
andremo alle urne in primavera. Il dilemma tra proseguire la guerra o
percorrere le vie della pace sara' un parametro d'orientamento importante
per gli elettori; che cosa possiamo fare, noi e voi?
Vi proponiamo due tipi di iniziative.
1. Manifestazioni, tavole rotonde, focus group, riunioni di riflessione
sulle alternative possibili alla guerra - che coinvolgano persone di diverse
confessioni religiose, tendenze culturali, nazionalita' - e incontri con i
candidati per chiedere loro che cosa intendano fare sull'alternativa
guerra/pace.
2. Riunioni di preghiera ecumeniche in cui chiediamo al Signore che tocchi
il cuore dei nostri governanti, come anche dei capi della resistenza
irachena e dei terroristi, e li spinga a cambiare strada (ravvedersi), a far
tacere le armi e ad aprire il dialogo con gli avversari, per predisporre
insieme i tempi e i modi dell'avvicendamento degli eserciti occupanti con
contingenti di paesi neutrali sotto la guida dell'Onu.
Ringrazieremo il Signore di una vostra risposta e dei vostri consigli.
Che Egli benedica i vostri sforzi per la pace.
Shalom, Salam, Peace.
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 781 del 17 dicembre 2004
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